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L'Anima di ogni apostolato (dom J.B.Gustave Chautard) imperdibile

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 22:19
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05/09/2009 22:11

Capitolo III

La vita liturgica, sorgente di vita interiore e perciò di apostolato



Risoluzione di vita liturgica

Mediante la Messa, il Breviario e le altre funzioni liturgiche, in qualità di membro o ambasciatore della Chiesa, voglio unirmi sempre più alla sua vita e quindi rivestirmi sempre più di Gesù, anzi di Gesù Crocifisso, specialmente se sono suo ministro.

1. Che cos’è la Liturgia?

O Gesù, siete Voi quello che io adoro come centro della Liturgia; siete Voi che date unità a questa Liturgia che posso così definire: «il culto pubblico, sociale e ufficiale reso dalla Chiesa a Dio», oppure: «l’insieme dei mezzi che la Chiesa ci ha dato – specialmente nel Messale, nel Rituale e nel Breviario – e di cui essa si serve per esprimere la sua religione verso l’adorabile Trinità, come pure per istruire e santificare le anime».

O anima mia, è nel seno stesso dell’adorabile Trinità che tu devi contemplare l’eterna Liturgia con la quale le tre Persone si celebrano a vicenda la vita divina e la santità infinita, in quell’inno ineffabile della generazione del Verbo e della processione dello Spirito Santo: Sicut erat in principio...

Ma Iddio ha voluto esser glorificato anche fuori di sé. Crea gli Angeli ed il Cielo risuona delle loro acclamazioni: «Sanctus, Sanctus, Sanctus»; crea il mondo visibile e questo manifesta la sua potenza: «I cieli narrano la gloria di Dio».

Apparve Adamo; in nome della creazione, egli cominciò l’inno della lode, eco dell’eterna Liturgia. Abele, Noè, Melchisedech, Abramo, Mosè, il Popolo di Dio, Davide e tutti i santi dell’antica Legge la cantano a gara. La Pasqua israelitica, i sacrifici e gli olocausti, il culto solenne reso a Jahvé nel suo tempio, le danno una forma ufficiale. Ma tutto questo non fu che un inno imperfetto, soprattutto dopo la caduta: «Non è affatto bella la lode pronunciata dal peccatore» (Eccl. 15, 9).

Voi solo, o Gesù, Voi solo siete l’inno perfetto, poiché Voi siete la gloria vera del Padre. Nessuno può glorificare degnamente il Padre vostro se non per mezzo vostro: «Per Lui, con Lui e in Lui, a Te Dio Padre onnipotente, sia reso ogni onore e gloria»12. Voi siete l’anello di congiunzione tra la Liturgia terrena e la Liturgia celeste, alla quale associate più direttamente i vostri eletti. La vostra incarnazione è giunta ad unire, in un modo sostanziale e vivente, l’umanità e l’intera creazione alla Liturgia divina. E’ un Dio che loda Dio: lode piena e perfetta che ha il suo vertice nel Sacrificio del Calvario.

Prima di abbandonare la terra, o Divino Salvatore, avete istituito il Sacrificio della Nuova Legge per rinnovare la vostra immolazione ed avete anche istituito i Sacramenti per poter comunicare la vostra vita alle anime.

Ma avete lasciato alla vostra Chiesa la cura di circondare questo Sacrificio e questi Sacramenti con simboli, cerimonie, esortazioni, preghiere, eccetera, perché meglio onorasse il mistero della Redenzione, ne facilitasse la comprensione ai suoi figli, li aiutasse a trarne maggior profitto ed eccitasse nelle loro anime un rispetto misto a timore.

A questa stessa Chiesa avete dato la missione di continuare fino alla fine dei secoli la preghiera e la lode che il vostro Cuore non ha mai cessato d’innalzare al Padre vostro durante la vita mortale e che incessantemente gli offre tuttora nel Tabernacolo e negli splendori della gloria celeste.

Con l’amore di Sposa che ha per Voi e con la sollecitudine di Madre che il vostro Cuore ha trasfuso in Lei per noi, la Chiesa ha soddisfatto a questo suo duplice compito. Così si sono formate quelle meravigliose raccolte che contengono tutti i tesori della Liturgia.

D’altronde, la Chiesa unisce la sua lode a quella resa a Dio in Cielo dagli Angeli e dagli eletti; in tal modo essa si prepara a quella che sarà la sua eterna occupazione.

Questa lode e questa preghiera della Chiesa si divinizza unendosi a quella dell’Uomo-Dio e la liturgia della terra si fonde con quella delle Gerarchie celesti nel Cuore di Gesù, facendo eco a quell’eterna lode che scaturisce da quel focolare di amore infinito che è la Ss.ma Trinità.

2. Che cos’è la vita liturgica?

Le leggi della vostra Chiesa, o Signore, esigono a rigore da me solo la fedele osservanza dei riti e l’esatta pronunzia delle parole.

Ma senza dubbio Voi desiderate che la mia buona volontà vi offra di più. Volete che la mia mente e il mio cuore approfittino delle ricchezze nascoste nella Liturgia per unirmi più intimamente alla vostra Chiesa e per giungere quindi ad unirmi più strettamente a Voi.

Attirato dall’esempio dei vostri servi più fedeli, o mio Buon Maestro, voglio sedere con sollecitudine nel ricco banchetto al quale la Chiesa m’invita, sicuro di trovare nell’Ufficio divino, nelle formule, nelle cerimonie, collette, epistole, Vangeli eccetera, che accompagnano l’augusto Sacrificio della Messa e l’amministrazione dei Sacramenti, un nutrimento tanto sano quanto abbondante per lo sviluppo della mia vita interiore.

Alcune riflessioni sull’idea-madre che abbraccia gli elementi liturgici e sui frutti dai quali si riconosceranno i miei progressi, mi preserveranno dall’illusione.

* * *

Ogni rito sacro può essere paragonato ad una pietra preziosa; ma quei riti che si riferiscono alla Messa e all’ufficio, a qual valore e splendore vengono innalzati, se io so incastonarli in quel meraviglioso insieme formato dal ciclo liturgico!13

Mantenuta per tutto un periodo sotto l’influsso di un Mistero, nutrita da ciò che la Scrittura e la Tradizione hanno di più istruttivo e di più affettivo su questo soggetto, orientata costantemente verso un medesimo ordine di idee, la mia anima deve necessariamente subire l’influenza di una tale attenzione e trovare, nei sentimenti suggeritile dalla Chiesa, un nutrimento tanto sostanziale quanto saporito per approfittare della grazia speciale che Dio riserva ad ogni periodo, ad ogni festa di questo ciclo.

Il mistero non soltanto giunge a penetrarmi come una verità che viene assimilata con la meditazione, ma afferra tutto quanto il mio essere, coinvolgendo anche le mie facoltà sensibili per eccitare il mio cuore e determinare la mia volontà. Non si tratta più di un semplice memoriale del passato, un semplice anniversario, ma di un fatto che ha il carattere di un avvenimento presente di cui la Chiesa fa un’attuale applicazione e al quale partecipa realmente.

Nel tempo natalizio, per esempio, festeggiando presso l’altare la venuta del Divino Infante, la mia anima può ripetere: «Oggi Cristo è nato, oggi è apparso il Salvatore; oggi cantano gli Angeli sulla terra»14.

In ogni periodo del ciclo liturgico, il Messale ed il Breviario mi manifestano un nuovo raggio dell’amore di Colui che è per noi ad un tempo Re, Maestro, Medico, Consolatore, Salvatore e Amico. All’altare come a Betlemme, a Nazaret come sulle sponde del lago di Tiberiade, Gesù vi si manifesta come Luce, Amabilità, Tenerezza, Misericordia, ma vi si mostra soprattutto come Amore personificato perché è la sofferenza personificata, l’agonizzante del Getsemani e il Riparatore del Calvario.

Così la liturgia dà alla vita eucaristica il suo pieno sviluppo e la vostra Incarnazione, o Gesù, che ha ravvicinato Dio a noi, mostrandocelo visibile in Voi, continua a renderci l’identico servizio ad ogni mistero che festeggiamo.

In tal modo, per mezzo della Liturgia, io partecipo alla vita della Chiesa e a quella vostra, o Gesù. Con essa assisto ogni anno a tutti i misteri della vostra vita nascosta, pubblica, sofferente e gloriosa, con essa ne raccolgo i frutti. Inoltre, le feste periodiche della Madonna e dei Santi che meglio hanno imitato la vostra vita interiore, mettendomi sott’occhio i loro esempi, mi danno un aumento di luce e di forza per riprodurre in me le vostre virtù e infondere nelle anime dei fedeli lo spirito del vostro Vangelo.

Come potrei io realizzare nel mio apostolato quel desiderio di san Pio X, cioè far sì che, con la mia azione, i fedeli giungano a partecipare attivamente ai santi Misteri ed alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa, che è, come dice questo Papa, la «sorgente principale ed indispensabile» del vero spirito cristiano15, se io stesso passo accanto ai tesori della Liturgia, senza nemmeno sospettarne le meraviglie?

Per dare maggiore unità alla mia vita spirituale e unirmi sempre più alla vita della Chiesa, tenderò a collegare alla Liturgia, per quanto è possibile, i miei altri esercizi di pietà. Per esempio, per la mia meditazione sceglierò un soggetto che si riferisce al periodo o alla festa del ciclo liturgico; a seconda dei tempi, nelle mie visite al Ss.mo Sacramento m’intratterrò più volentieri con Gesù Bambino, Gesù sofferente, Gesù glorioso, Gesù vivente nella sua Chiesa, eccetera. Anche le letture private sul Mistero o sulla vita del santo di cui si onora la memoria, daranno il loro contributo a questo piano di spiritualità liturgica.

O Maestro adorabile, preservatemi dalle contraffazioni della vita liturgica; esse sono dannose ad ogni vita interiore, soprattutto perché diminuiscono la lotta spirituale.

Preservatemi da una pietà che faccia consistere questa vita liturgica soltanto in godimenti poetici o in un affascinante studio di archeologia religiosa, oppure che tenda al quietismo e ai suoi derivati, cioè all’indebolimento di tutto ciò che muove la vita interiore: timore, speranza, desiderio della salvezza e della perfezione, lotta contro i difetti e lavoro per acquistare la virtù.

Datemi la convinzione, o Signore, che in questo secolo di occupazioni assorbenti e pericolose, la vita liturgica, per quanto perfetta essa sia, non può dispensare dall’orazione mattutina.

Allontanate da me il sentimentalismo ed la bigotteria che fanno consistere la vita liturgica nelle impressioni e nelle emozioni, lasciando quindi la volontà in balìa della fantasia e della sensibilità.

Certo, voi non volete affatto che io rimanga insensibile a tutto quanto la Liturgia contiene di bello e di poetico. Tutto il contrario! Con i suoi canti e le sue cerimonie, la Chiesa infatti si rivolge appunto alle facoltà sensibili col fine di penetrare più profondamente le anime dei suoi figli, di presentare meglio alle loro volontà i veri beni, e di innalzarli più sicuramente, più facilmente e più completamente verso Dio.

Posso dunque assaporare tutta l’inalterabile e salutare freschezza dei dogmi messi in rilievo dalla Liturgia; posso lasciarmi commuovere dinanzi allo spettacolo pieno di maestà di una Messa solenne; posso gustare le preghiere dell’assoluzione o i riti così commoventi del Battesimo, dell’Estrema Unzione, delle esequie, eccetera.

Ma non devo mai dimenticare che tutte le risorse offerte dalla sacra Liturgia non sono altro che mezzi per giungere al fine unico dell’intera vita interiore: far morire l’uomo vecchio, perché al suo posto possiate vivere e regnare Voi, o Gesù.

Avrò pertanto la vera vita liturgica quando, penetrato di spirito liturgico, utilizzerò la Messa, le preghiere e i riti ufficiali per aumentare la mia unione con la Chiesa, e così progredire nella partecipazione alla vita interiore di Gesù Cristo, e perciò alle sue virtù, riflettendola meglio agli occhi dei fedeli.

3. Spirito liturgico

Questa vita liturgica, o Gesù, presuppone una speciale attrattiva per tutto ciò che ha relazione con il culto.

Questa attrattiva, ad alcuni Voi la date gratuitamente. Altri invece sono meno privilegiati; ma se ve la domandano aiutandosi con lo studio e la riflessione, l’otterranno.

La meditazione, che io farò più tardi sui vantaggi della vita liturgica, accrescerà in me la sete di acquistarla a qualunque costo. Mi fermo ora a considerare i caratteri che distinguono questa vita e le danno un posto importante nella spiritualità.

Unirsi anche da lontano al vostro Sacrificio, con la Chiesa, mediante il pensiero e l’intenzione; fondere la propria preghiera con la preghiera ufficiale e continua della vostra Chiesa, è cosa ben grande, o Gesù! Il cuore del semplice battezzato vola in tal modo più sicuramente verso Dio, perché portato dalle vostre lodi, adorazioni e azioni di grazie, dalle vostre riparazioni e domande16.

Secondo le parole di san Pio X, prendere parte attiva e cooperare ai sacri Misteri e alla preghiera pubblica e solenne, con una assistenza pia ed illuminata, con la brama di trar profitto dalle feste e dalle cerimonie, o meglio ancora col servire la Messa rispondendo alle sue preghiere, oppure prestando il proprio concorso alla recita o al canto degli uffici, è infatti il mezzo per entrare in comunicazione più diretta col pensiero della nostra Chiesa, e per attingere il vero spirito cristiano alla sua sorgente principale ed insostituibile17.

Quale nobile missione, o Santa Chiesa, in virtù dell’ordinazione sacerdotale o della professione religiosa, in unione con gli Angeli e i Beati, in qualità di vostro titolato ambasciatore, presentarsi ogni giorno davanti al trono di Dio per esprimere la preghiera ufficiale!

Ma quale dignità incomparabilmente più sublime ancora e al di sopra di ogni espressione, allorché, qual ministro consacrato, io divengo un altro Voi stesso, o mio divino Redentore, amministrando i Sacramenti e specialmente celebrando il santo Sacrificio!


Primo principio. – Come membro della Chiesa, devo essere convinto che, quando partecipo da cristiano18 ad una cerimonia liturgica, io sono unito a tutta la Chiesa, non solo mediante la Comunione dei Santi, ma anche in virtù di una cooperazione reale ed attiva ad un atto di religione che la Chiesa, Corpo mistico di Gesù Cristo, offre a Dio come società; devo anche esser convinto che, per mezzo di tale unione, la Chiesa facilita maternamente la formazione della mia anima nelle virtù cristiane19.

La vostra Chiesa, o Gesù, forma una società perfetta i cui membri, strettamente uniti tra loro, sono destinati a formare una società ancor più perfetta e più santa: quella degli eletti.

Come cristiano, io sono membro di questo Corpo di cui Voi siete il Capo e la vita. Così Voi mi considerate, o divino Salvatore; e io vi procuro una gioia speciale quando, presentandomi a Voi, vi considero come mio Capo e considero me stesso come una pecorella di questo ovile di cui Voi siete l’unico Pastore e che racchiude nella sua unità tutti i miei fratelli della Chiesa militante, purgante e trionfante.

Il vostro Apostolo m’insegna questa dottrina che mi dilata l’anima ed allarga il mio spirito quando dice: «Come in un sol corpo noi abbiamo molte membra, così noi, sebbene molti, formiamo un unico corpo in Cristo e individualmente siamo l’uno membro dell’altro» (Rm. 12, 4-5). «Come il corpo – dice altrove – è uno ma ha molte membra, e tutte le membra del corpo, sebbene molte, formano un sol corpo, così è di Cristo» (1 Cor. 12, 12).

Questa è l’unità della vostra Chiesa indivisibile nel suo insieme e nelle sue parti, tutta intera nel suo insieme e tutta intera in ciascuna delle sue parti20, unita nello Spirito Santo, unita a voi, o Gesù, e, mediante questa unione, introdotta nell’unica ed eterna società del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo21.

La Chiesa è l’assemblea dei fedeli che, sotto il governo di una medesima autorità, sono uniti dalla medesima fede e dalla medesima carità, e tendono al medesimo fine, cioè all’incorporazione in Cristo, con i medesimi mezzi che si riassumono nella grazia, i cui canali ordinari sono la preghiera ed i Sacramenti.

La grande preghiera, il canale preferito della grazia, è la preghiera liturgica, la preghiera della Chiesa, più potente della preghiera dei privati ed anche delle associazioni, per quanto potenti e raccomandate dal Vangelo siano la preghiera individuale e quella associativa22.

Incorporato alla vera Chiesa, figlio di Dio e membro di Cristo per il Sacramento del Battesimo, io acquisto il diritto di partecipare agli altri Sacramenti, ai divini uffici, ai frutti della Messa, alle indulgenze ed alle preghiere della Chiesa; posso beneficiare di tutte le grazie e di tutti i meriti dei miei fratelli.

Per mezzo del Battesimo, io sono segnato da un carattere indelebile che mi deputa al culto di Dio secondo il rito della religione cristiana23. Per la consacrazione battesimale, io divengo membro del Regno di Dio e faccio parte della stirpe eletta, del regale sacerdozio, della nazione santa24.

Perciò io partecipo come cristiano al ministero sacro, benché in un modo remoto e indiretto, per mezzo delle mie preghiere, della mia parte di offerta, del mio contributo al sacrificio della Messa e alle funzioni liturgiche, moltiplicando i sacrifici spirituali con la pratica delle virtù, come raccomanda San Pietro, compiendo ogni cosa per piacere a Dio e unirmi a lui, e facendo del mio corpo un’Ostia viva, santa e gradita a Dio25. E’ questo che mi fate intendere, o santa Chiesa, quando dite ai fedeli per mezzo del sacerdote: «Pregate, fratelli, affinché il mio e vostro sacrificio...» Dice ancora il sacerdote nel Canone: «Ricordati, o Signore, di tutti i presenti, per i quali noi ti offriamo, od essi stessi ti offrono, questo sacrificio di lode». E poco dopo: «Accetta placato, o Signore, questa offerta della sottomissione nostra e di tutta la tua famiglia»26.

Invero la Sacra liturgia è talmente l’opera comune di tutta la Chiesa, cioè del sacerdote e del popolo, che il mistero di questa unità vi è sempre presente realmente per la forza indistruttibile della Comunione dei Santi proposta alla nostra fede dal Simbolo degli Apostoli. Il divino Ufficio e la Santa Messa, che sono la parte principale della Liturgia, non si possono celebrare senza che tutta la Chiesa vi sia associata e misteriosamente presente27.

Così nella Liturgia tutto si fa in comune, a nome di tutti, a vantaggio di tutti: tutte le preghiere vengono dette al plurale.

Da questo stretto legame, che unisce tutti i membri tra loro mediante la stessa fede e la partecipazione ai medesimi Sacramenti, nasce nelle anime quella carità fraterna che è il segno distintivo di coloro che vogliono essere imitatori di Gesù Cristo e camminare alla sua sequela: «Dall’amore che avrete gli uni per gli altri, conosceranno che siete miei discepoli» (Gv. 13, 35). E questo vincolo fra i membri della Chiesa si rafforzerà tanto più, quanto più essi parteciperanno, mediante la Comunione dei Santi, alla grazia ed alla carità del Capo che comunica a loro la vita soprannaturale e divina.

Tali verità sono il fondamento della vita liturgica e questa, a sua volta, mi ci riconduce continuamente.

Quale amore per voi, o santa Chiesa di Dio, accende nel mio cuore questo pensiero: io sono vostro membro, sono membro di Cristo! Quale amore m’infonde per tutti i cristiani, perché sono tutti miei fratelli e tutti insieme formiamo una sola cosa in Cristo! Quale amore per il mio divino Capo Gesù Cristo!

Nulla di ciò che vi riguarda potrebbe lasciarmi indifferente; sono triste se vi vedo perseguitata, mi rallegro nel conoscere le vostre conquiste e i vostri trionfi.

Quale gioia quando penso che, nel santificarmi, contribuisco ad accrescere la vostra bellezza e lavoro per la santificazione di tutti i figli della Chiesa, miei fratelli, ed anche per la salvezza della grande famiglia umana!

O Chiesa santa di Dio, per quanto dipende da me, voglio che voi diventiate più bella, più santa e più numerosa, poiché la bellezza del vostro insieme risulta dalla perfezione di ciascuno dei vostri figli, fusi in quella stretta solidarietà che fu l’idea principale della preghiera di Gesù dopo la Cena ed il vero testamento del suo Cuore: «Affinché siano una cosa sola! Affinché siano compiuti nell’unità!» (Gv. 17, 21, 23).

O Chiesa, Madre mia, quanta stima sento in me per la vostra preghiera liturgica! Essendo io vostro membro, essa è anche la mia preghiera, ma lo è soprattutto quando vi assisto o vi coopero. Tutto ciò che voi avete è mio e tutto quello che è mio vi appartiene.

Una goccia d’acqua da sé non è nulla; ma se è unita al mare, partecipa alla sua potenza ed alla sua immensità; altrettanto accade alla mia preghiera unita alla vostra. Agli occhi di Dio, per il quale tutto è presente ed il cui sguardo abbraccia il presente, il passato ed il futuro, essa fa una sola cosa con quel concerto di lodi che la Chiesa, dalla sua fondazione sino alla fine dei tempi, eleva al trono dell’Eterno.

Voi, o Gesù, volete che la mia preghiera sia, sotto certi aspetti, utilitaristica, bisognosa e interessata; ma, stabilendo l’ordine delle domande del Pater Noster, mi avete insegnato quanto desiderate che la mia pietà sia in primo luogo consacrata lodare Dio28 e che, lungi dall’essere egoista, gretta e isolata, mi faccia abbracciare nelle mie suppliche tutti i bisogni dei miei fratelli.

Con la vita liturgica, facilitatemi questa pietà elevata e generosa che, senza danno della lotta spirituale, dà a Dio, e largamente, la lode; pietà caritatevole, fraterna e cattolica che abbraccia tutte le anime e s’interessa di tutte le sollecitudini della Chiesa.

O Santa Chiesa, è vostra missione generare continuamente nuovi figli al vostro divino Sposo e di crescerli «fino alla misura della pienezza dell’età di Cristo» (Ef. 4, 13). Ciò vuol dire che avete ricevuto, e con abbondanza, i mezzi per raggiungere questo fine. L’importanza che attribuite alla Liturgia prova la sua efficacia per iniziarmi alla lode divina e sviluppare i miei progressi spirituali.

Nella sua vita pubblica, Gesù parlava «come uno che ha autorità» (Mt. 7, 29): così parlate anche voi, o Chiesa, Madre mia. Depositaria del tesoro della Verità, avete coscienza della vostra missione; dispensatrice del Sangue redentore, conoscete tutte le risorse di santificazione che il divino Salvatore vi ha confidato.

Voi non vi rivolgete alla ragione dicendole: «esamina, studia!», ma fate appello alla mia fede dicendomi: «Abbi fiducia in me! Non sono forse tua madre? Che altro desidero se non di vederti ogni giorno crescere nella rassomiglianza al divino Modello? Chi conosce il Cristo meglio di me, sua Sposa? Dove troverai meglio lo spirito del tuo Redentore, se non nella Liturgia, autentica espressione dei miei pensieri e dei miei desideri?»

Sì, o Madre santa ed amata, mi lascerò condurre e formare da voi con la semplicità e la fiducia di un fanciullo, dicendo a me stesso: «E’ con mia Madre che prego; sono le sue stesse parole ch’ella mette sul mio labbro per impregnarmi del suo spirito e trasfondere nel mio cuore i suoi sentimenti».

Con voi adunque, o Santa Chiesa, io gioirò: gaudeamus, exultemus; con voi gemerò: ploremus; con voi darò lode: confitemini Domino; con voi implorerò misericordia: miserere; con voi spererò: speravi, sperabo; con voi amerò: diligam. Mi associerò con ardore alle richieste che formulate nelle vostre ammirabili preghiere, affinché le salutari emozioni, che volete far sgorgare dalle parole e dai sacri riti, penetrino più profondamente nel mio cuore, lo rendano più docile alle ispirazioni dello Spirito Santo e arrivino a fondere la mia volontà con quella di Dio.


Secondo principio. – Quando, in una funzione liturgica, io agisco come rappresentante della Chiesa29, Dio desidera che gli esprima la mia virtù di religione avendo coscienza del mandato ufficiale dal quale vengo onorato e desidera che faccia progressi in tutte le virtù, unendomi in tal modo sempre di più alla vita della Chiesa.

In qualità di rappresentante della vostra Chiesa, affinché in suo nome ed a nome di tutti i suoi figli io offra incessantemente a Dio, per vostro mezzo, o Gesù, il sacrificio della lode e della supplica, io sono «persona pubblica che è voce dell’intera Chiesa», secondo la felice espressione di San Bernardino da Siena30 .

In ogni funzione liturgica deve pertanto realizzarsi nella mia persona come uno sdoppiamento, simile o quello che avviene in un ambasciatore. Nella sua vita privata, questi è un privato cittadino come gli altri; ma quando, rivestito delle insegne della sua carica, egli parla od agisce in nome del suo Principe, egli diventa nello stesso istante il rappresentante e, sotto certi aspetti, la persona stessa del suo Sovrano.

Altrettanto mi accade quando compio le mie funzioni liturgiche. Al mio essere individuale si aggiunge una dignità che mi riveste di una missione pubblica; allora io posso e debbo considerarmi come delegato ufficiale di tutta la Chiesa.

Se prego, se recito il mio ufficio, anche da solo, non lo faccio più soltanto a mio nome. Le formule che uso non me le sono scelte, ma è la Chiesa che me le pone sulle labbra31. E’ perciò la Chiesa che prega per mia bocca, parla ed agisce per mezzo mio, come il Re parla ed agisce per mezzo del suo ambasciatore. Allora io sono veramente la Chiesa tutta intera, come ben scrisse San Pier Damiani32. Per mezzo mio, la Chiesa si unisce alla divina Religione di Gesù Cristo e rivolge alla Ss.ma Trinità l’adorazione, il ringraziamento, la riparazione e la supplica.

D’altronde, se ho una certa coscienza della mia dignità, non potrò incominciare il mio Breviario, per esempio, senza che si operi nel mio essere un’azione misteriosa che m’innalza al di sopra di me stesso, al di sopra del corso naturale dei miei pensieri, per gettarmi in pieno nella convinzione di essere come il mediatore tra il Cielo e la terra33.

Che sciagura se dimenticassi queste verità! I Santi ne erano penetrati e ne vivevano34. Dio si aspetta che io me ne ricordi, quando compio una funzione. La Chiesa, con la vita liturgica, mi aiuta continuamente a non dimenticare mai che sono un suo rappresentante, e Dio esige che a questo titolo corrisponda nella pratica una vita esemplare35.

O mio Dio, infondetemi una profonda stima per questa missione che la Chiesa mi confida!

Quale stimolo vi troverei contro la mia viltà nella lotta spirituale! Ma datemi anche il sentimento della mia grandezza di cristiano e concedete che io abbia verso la vostra Chiesa un animo di fanciullo, affinché possa approfittare largamente dei tesori di vita interiore accumulati nella santa Liturgia.


Terzo Principio. – Come sacerdote, quando consacro l’Eucaristia ed amministro i Sacramenti, debbo ravvivare la mia convinzione che sono ministro di Gesù Cristo e perciò alter Christus, e ritenere per certo che dipende da me il saper trovare, nell’esercizio delle mie funzioni, le grazie speciali per acquistare le virtù necessarie al mio sacerdozio36.

I vostri fedeli, o Gesù, formano un sol Corpo, ma in quel Corpo le membra non svolgono tutte la stessa funzione (Rom. 12, 4): «esistono infatti varietà di doni» (1 Cor. 12, 4).

Avendo Voi voluto lasciare visibilmente alla Chiesa il vostro Sacrificio, le avete pure affidato un sacerdozio il cui scopo principale consiste nel continuare la vostra immolazione sull’Altare, nel distribuire il vostro Sangue mediante i Sacramenti e nel santificare il vostro Corpo mistico infondendogli la vostra vita divina.

In qualità di sommo Sacerdote, Voi avete decretato da tutta l’eternità di scegliermi e consacrarmi come vostro ministro, allo scopo di esercitare il vostro sacerdozio per mezzo mio37. Mi avete comunicato i vostri poteri per compiere, con la mia cooperazione38 un’opera più grande della creazione dell’universo, cioè il miracolo della transustanziazione, e mediante questo prodigio, restare l’Ostia e la religione della vostra Chiesa.

Come comprendo le espressioni entusiastiche usate dai Santi Padri per celebrare la grandezza della dignità sacerdotale!39 Le loro parole mi costringono logicamente a considerarmi, in virtù della comunicazione del vostro sacerdozio, come un altro Voi stesso: Sacerdos alter Christus.

E c’è davvero indentificazione tra Voi e me, perché la vostra Persona e la mia sono talmente unite, che queste parole: «Questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio Sangue», le fate vostre nell’istante in cui io le pronuncio40. Io vi presto le mie labbra, per poter dire senza mentire: «mio Corpo», «mio Sangue»41.

Basta che io voglia consacrare, perché lo vogliate anche Voi; la vostra volontà è fusa con la mia. Nell’atto più grande che possiate fare quaggiù, la vostra anima è legata alla mia. Vi presto ciò che ho di più mio, la mia volontà: e la vostra si fonde subito con la mia.

Voi agite talmente per mezzo mio che, se invece di dire sulla materia del sacrificio: «Questo è il mio Corpo», osassi dire: «Questo è il Corpo di Gesù Cristo», la consacrazione sarebbe invalida.

L’Eucaristia siete Voi stesso, o Gesù, sotto le apparenze del pane. Ed ogni Messa viene a mettere in piena luce ai miei occhi che il sacerdote siete Voi stesso, o Sacerdote Unico, sotto le apparenze di un uomo che Voi avete scelto come vostro ministro42.

Alter Christus! Io sono chiamato a rivivere queste parole ogni volta che amministro gli altri Sacramenti. Voi solo potete dire come Redentore: «Io ti battezzo; io ti assolvo», esercitando così un potere tanto divino quanto quello di creare. Ebbene, anch’io pronunzio queste medesime parole e gli Angeli vi assistono, più riverenti che non al Fiat che fecondò il nulla43, poiché esse, o meraviglia!, sono capaci di formare Dio in un’anima e produrre un figlio di Dio che partecipa alla vita intima della divinità.

In ogni funzione sacerdotale mi sembra di sentirmi dire: «Figlio mio, come potresti pensare che, avendoti fatto alter Christus per questi divini poteri, io possa tollerare che nella tua condotta abituale tu sia un senza-Cristo o addirittura un contro-Cristo? Ma come! Nell’esercizio di queste funzioni tu operi identificandoti con Me, e un momento dopo Satana verrebbe a prendere il mio posto per fare di te, con il peccato, una specie di anticristo o ti addormenterebbe sino al punto di farti volontariamente dimenticare l’obbligo d’imitarmi e di lavorare per ‘rivestirti di me’, secondo l’espressione del mio Apostolo?

«Absit! Quando la tua fragilità è la sola causa delle tue quotidiane mancanze, sùbito pentite e riparate, tu puoi contare sulla mia misericordia. Ma accettare a sangue freddo un partito preso d’infedeltà e poi tornare senza rimorso alle tue sublimi funzioni, ciò equivarrebbe certamente a provocare la mia collera!

«Tra le tue funzioni e quelle del sacerdozio dell’antica Legge c’è un abisso. Eppure, se i miei profeti minacciavano Sion a causa dei peccati del popolo e dei governanti, ascolta quanto avvenne per la prevaricazione dei sacerdoti: ‘Il Signore ha scatenato il suo furore, ha sparso la furia della sua ira, ha gettato il fuoco su Sion, che ne è stata divorata fino alle fondamenta. (...) E questo è accaduto per le iniquità commesse dai suoi sacerdoti’ (Lam. Ger., 4, 11-13).

«Per questo, con quanto vigore la mia Chiesa proibisce al sacerdote di salire l’altare e di conferire i Sacramenti, se gli rimane sulla coscienza anche un solo peccato mortale! Per mia ispirazione, la Chiesa va oltre e ti obbliga all’alternativa tra la pietà o l’impostura. Devi deciderti a vivere di vita interiore; altrimenti, dall’inizio alla fine della Messa, mi esprimerai ciò che non pensi e mi domanderai ciò che non desideri. Spirito di compunzione e di purificazione delle minime colpe e perciò custodia del cuore; spirito di adorazione e perciò di raccoglimento; spirito di fede, di speranza e di carità, e perciò direzione soprannaturale della condotta esteriore e delle tue azioni: tutto questo è intimamente legato alle parole sacre ed alle cerimonie».

Mi rendo conto, o Gesù, che indossare i paramenti sacri senza essere risoluto a sforzarmi di acquistare le virtù ch’essi simboleggiano, sarebbe una specie di ipocrisia. D’ora innanzi voglio che genuflessioni, segni e formule non siano più un vano simulacro che nasconde il vuoto, la freddezza, l’indifferenza per la vita interiore, aggiungendo alle mie mancanze quella di una menzognera rappresentazione in faccia all’Eterno.

O Signore, fate che un santo timore s’impadronisca di me, ogni volta che mi accosto ai vostri tremendi misteri e mi rivesto dei paramenti liturgici. Fate che le preghiere con cui accompagno questo atto, le formule del Messale e del Rituale, così piene di unzione e di forza, mi esortino a scrutare il cuore per vedere se è veramente in armonia col vostro, o Gesù, desiderando lealmente e efficacemente d’imitarvi con la vita interiore.

Via i sotterfugi, o anima mia! Essi mi farebbero credere che basti essere alter Christus soltanto nelle funzioni sacre e che per il resto, purché non sia un anticristo, possa dispensarmi dal lavorare per rivestirmi di Gesù.

Dato che sono non solamente ambasciatore di Gesù Cristo crocifisso, ma anche un altro Lui stesso, come potrei pretendere di adagiarmi in una pietà comoda ed accontentarmi di virtù civili?

Invano cercherei di persuadermi che il claustrale sia tenuto più di me a sforzarsi d’imitare Gesù acquistando la vita interiore. Sarebbe un grave errore basato su di una confusione.

Per tendere alla santità, il religioso si obbliga a usare certi mezzi, come i voti di obbedienza e di povertà e l’osservanza della regola. Come sacerdote non sono tenuto a questi mezzi, ma sono tenuto a perseguire e a realizzare l’identico scopo, e a maggior titolo dell’anima consacrata alla quale non sia stata affidata la distribuzione del Sangue divino44.

Me sventurato, dunque, se mi cullassi in una illusione senza dubbio colpevole, giacché per dissiparla mi basterebbe ricorrere all’insegnamento della Chiesa e dei suoi Santi; illusione la cui falsità mi apparirebbe alle porte dell’eternità.

Me sventurato, se non sapessi approfittare delle mie funzioni per riconoscere le vostre esigenze, o se rimanessi sordo alla voce che mi fanno udire i sacri oggetti che mi circondano: altare, confessionale, fonte battesimale, vasi, tessuti ed ornamenti sacri. «Imitamini quod tractatis»45. «Purificatevi, perché portate i vasi del Signore» (Is. 52, 12). «Offrono a Dio incenso e pane, pertanto devono essere santi» (Lev. 20, 6).

Sarei ancor meno scusabile se restassi sordo a questi richiami, o Gesù, perché ognuna delle mie funzioni è occasione di una grazia attuale che mi offrite per modellare l’anima mia a vostra immagine e somiglianza.

E’ la Chiesa che richiede questa grazia; è il suo cuore sollecito di rispondere alla vostra attesa, che ha cura di me come della pupilla dell’occhio; è essa che, prima della mia ordinazione, mi ha fatto risaltare le gravi conseguenze della mia identificazione con Voi:

«Imponi, o Signore, al mio capo l’elmo della salvezza (...) Cingimi col cingolo della purezza (...) affinché mi perdoni tutti i miei peccati. Fa ch’io aderisca sempre ai tuoi comandi e non permettere che mi separi mai da Te», eccetera. Non sono più solo a rivolgere queste richieste in mio favore, ma sono tutti i veri fedeli, tutte le anime fervorose a Voi consacrate, tutti i membri della gerarchia ecclesiastica, che fanno propria la mia povera preghiera. E’ il loro grido che si leva verso il vostro trono; è la voce della vostra Sposa quella che vi giunge. E se i vostri ministri, essendo risoluti a conseguire la vita interiore, adeguano i loro cuori alle loro funzioni, queste suppliche rivolte da loro in nome della vostra Chiesa vengono sempre esaudite da Voi.

Anziché escludermi con la mia negligenza volontaria dai suffragi che io indirizzo al Padre vostro per la comunità dei fedeli, in occasione Messa e nell’amministrazione dei Sacramenti, io voglio approfittare di tali grazie, o Gesù. Ad ogni mio atto sacerdotale aprirò pienamente il mio cuore alla vostra azione e allora Voi vi infonderete i lumi, le consolazioni e le energie che, nonostante gli ostacoli, mi permetteranno d’identificare i miei giudizi, affetti e deliberazioni ai vostri, come il sacerdozio m’immedesima con Voi, o Sacerdote Eterno, quando per mio mezzo vi rendete Vittima sull’altare, o Redentore delle anime.

* * *

Riassumo in poche parole i tre princìpi
dello spirito liturgico.

Cum Ecclesia. – Quando mi unisco alla Chiesa come semplice cristiano, questa unione m’invita a penetrarmi degli stessi suoi sentimenti.

Ecclesia. – Quando impersonifico la Chiesa stessa in qualità di ambasciatore presso il trono di Dio, ancor più fortemente sono incitato a far mie le sue aspirazioni, per essere meno indegno di rivolgermi alla Maestà tre volte santa e per esercitare con la mia preghiera ufficiale un apostolato più fecondo.

Christus. – Ma quando, con la partecipazione al Sacerdozio di Cristo, io sono alter Christus, quali parole potranno mai tradurre i vostri richiami, o Gesù, affinché io assimili sempre di più la vostra divina rassomiglianza, manifestandovi così ai fedeli e trascinandoli alla vostra sequela con l’apostolato dell’esempio?

4. Vantaggi della vita liturgica

a) La Liturgia favorisce la permanenza del soprannaturale in tutte le mie azioni

Quanta difficoltà provo, o mio Dio, ad agire ordinariamente per un motivo soprannaturale! Spinto da Satana e dalle creature, il mio amor proprio sottrae continuamente la mia anima e le sue facoltà alla dipendenza da Gesù che vive in me.

Quante volte lungo la giornata, questa purità di intenzione, la sola che può rendere meritevoli le mie azioni e fecondo il mio apostolato, viene viziata per mancanza di vigilanza o di fedeltà! Solamente a prezzo di continui sforzi io posso, con l’aiuto divino, ottenere che la maggior parte dei miei atti abbiano la grazia come principio vivificatore che li diriga a Dio come a loro fine.

Per questi sforzi mi è indispensabile la meditazione. Ma quale differenza quando questi sforzi si esercitano in seno alla vita liturgica! La meditazione e la vita liturgica sono due sorelle che si aiutano a vicenda. La meditazione che faccio prima della Messa e prima del Breviario mi getta nel soprannaturale. La vita liturgica mi fornisce il mezzo di passare la giornata nella mia meditazione46.

Alla vostra scuola, o santa Chiesa, quanto mi diventa facile acquistare l’abitudine di rendere al mio Creatore e Padre il culto che gli è dovuto! Sposa di Colui che è l’adorazione, l’azione di grazie, la riparazione e la mediazione per eccellenza, attraverso la Liturgia Voi mi comunicate quella sete che Gesù Cristo aveva di glorificare il Padre suo. Dare gloria a Dio: ecco il fine primario che vi siete proposta nello stabilire la liturgia.

Non è forse vero che, se io vivo della vita liturgica, sarò tutto impregnato della virtù di religione, dal momento che tutta la Liturgia altro non è che la pratica continua e pubblica di questa virtù, la più eccellente dopo quelle teologali?

Manifestando la dipendenza da Dio di tutte le mie facoltà, la pietà, la vigilanza e la lotta spirituale possono svilupparsi se io utilizzo i lumi della fede. Ma quanto ha bisogno il composto umano di esser aiutato dall’insieme di tutte le sue facoltà, per fissare lo spirito ai beni eterni, rendere il cuore entusiasta e avido di profitto spirituale, ed eccitare la volontà a domandare con frequenza questi beni e perseguirli senza tregua!

La Liturgia prende tutto quanto il mio essere. Con un complesso di cerimonie, di genuflessioni, inchini, simboli, canti, testi indirizzati agli occhi, alle orecchie, al sentimento, all’immaginazione, all’intelligenza e al cuore, essa mi orienta tutto intero verso Dio; essa mi ricorda che tutto in me – os, lingua, mens, sensus, vigor – tutto deve riferirsi a Dio.

Tutto ciò di cui la Chiesa si serve per rappresentarmi i diritti di Dio e i suoi titoli a ricevere il mio culto di filiale omaggio e di appartenenza totale, tutto sviluppa in me la virtù di religione e quindi lo spirito soprannaturale.

Nella Liturgia tutto mi parla di Dio, delle sue perfezioni, dei suoi benefìci; tutto mi riconduce a Dio; tutto mi dimostra la sua Provvidenza che incessantemente mi offre i mezzi per la mia santificazione attraverso prove, soccorsi, avvertimenti, incoraggiamenti, promesse, lumi e persino minacce.

Così la Liturgia mi mantiene in continuo colloquio con Dio e mi fa manifestare la mia religione sotto le forme più diverse.

Se mi dedico a questa formazione liturgica col desiderio di trarne profitto, come mai, dopo i numerosi e ripetuti esercizi quotidiani richiesti dalle mie funzioni di ecclesiastico, la virtù della religione non metterebbe in me più profonde radici? Come mai non dovrei giungere ad un’abitudine, ad uno stato d’animo e perciò alla vera vita interiore?

* * *

La Liturgia, che scuola della presenza di Dio, anzi della presenza del nostro Dio qual’è stata manifestata dall’Incarnazione! O meglio, è una scuola di presenza di Gesù e della Carità.

L’amore si alimenta con la conoscenza dell’amabilità dell’essere amato, con le prove di amore ch’egli ci ha dato, ma soprattutto con la sua presenza, dice S. Tommaso.

La Liturgia ci riproduce, ci spiega e ci applica le diverse manifestazioni della vita di Gesù Cristo in mezzo a noi; ci mantiene in un’atmosfera soprannaturale e divina, continuando – per così dire – la vita di nostro Signore, e manifestando in tutti i misteri l’amabilità e la tenerezza del suo cuore.

Attraverso la Liturgia siete Voi stesso, o mio Gesù, che continuate la vostra grande lezione e la vostra grande manifestazione d’amore. Io vi comprendo sempre di più, ma non al modo dello storico, cioè attraverso il velo dei secoli, né come spesso vi conosce il teologo, cioè attraverso le ardue speculazioni, voi siete del tutto vicino a me. Siete sempre presso di me, siete sempre l’Emmanuele, il Dio-con-noi, con la vostra Chiesa e perciò con me. Voi siete uno con cui ogni membro della vostra Chiesa vive e che la Liturgia mi porta a mettere in ogni circostanza in primo piano, come modello e scopo del mio amore.

Col ciclo delle feste, con le lezioni prese dal vostro Vangelo e dagli scritti dei vostri Apostoli, con i raggi meravigliosi con cui essa illumina i vostri Sacramenti ma soprattutto l’Eucarestia, la Chiesa vi fa vivere in mezzo a noi e ci fa udire i battiti del vostro Cuore.

Credere che Gesù vive e vuole agire in me, se non ci pongo ostacoli: quale leva di vita soprannaturale mi fornisce la meditazione di questa verità! Ma il nutrirmi frequentemente del dogma della grazia, con i mezzi vari e sensibili che mi offre la Liturgia lungo la giornata; nutrirmi di Gesù che prega, che agisce con ognuno dei membri di cui Egli è la vita, che supplica per loro e perciò anche per me: tutto questo significa mantenermi sotto l’influsso del soprannaturale, significa vivere in unione con Gesù e stabilirmi nel suo amore.

Tutte le forme di amore – di compiacenza, di benevolenza, di elezione, di speranza – splendono nelle mirabili collette, nei salmi, nelle cerimonie e nelle preghiere, penetrandomi l’anima.

Come renderà forte e generosa la mia vita interiore questo modo di rappresentarmi Gesù vivo e sempre presente! E quando, per vivere del soprannaturale, dovrò compiere un atto di distacco o di abnegazione, o dovrò mantenere un obbligo difficile, o dovrò sopportare una sofferenza o un’ingiuria, oh, allora la lotta spirituale, la virtù e la prova perderanno il loro aspetto doloroso e ripugnante se, invece di vedere la nuda croce, io ci vedrò attaccato Voi, o mio Salvatore, che, mostrandomi le vostre piaghe, mi chiedete quel sacrificio come prova del mio amore!

Che prezioso appoggio mi dà inoltre la Liturgia, ripetendomi che il mio amore non va esercitato da solo! Non sono solo a lottare contro il naturalismo che tenta continuamente d’impantanarmi. Preoccupandosi della mia incorporazione in Cristo, la Chiesa mi segue maternamente, mi fa partecipare a tutti i meriti di milioni di anime con cui sono in comunione e che parlano l’identico mio linguaggio ufficiale di amore, e mi rincuora assicurandomi che il Paradiso e il Purgatorio sono con me per incoraggiarmi ed assistermi.

* * *

A mantenere le azioni dell’anima mia rivolte verso Dio, nulla contribuisce quanto il ricordo dell’eternità.

Tutto nella Liturgia mi richiama i Novissimi. Le espressioni «vita eterna», «cielo», «inferno», «morte», «nei secoli dei secoli», e altre equivalenti, vi ritornano frequentemente.

I suffragi, gli uffici per i defunti, le esequie, mi mettono dinanzi agli occhi la morte, il giudizio, le ricompense e i castighi senza fine, il prezzo del tempo e le purificazioni indispensabili da farsi quaggiù o in Purgatorio per entrare in Cielo.

Le feste dei Santi mi parlano della gloria di coloro che mi hanno preceduto in questa vita, mostrandomi la corona che mi è riservata se io cammino sulle loro orme e seguo i loro esempi.

Con queste lezioni, la Chiesa mi grida continuamente: «O anima cara, se vuoi restare fedele alla tua divisa, pensa all’eternità; Dio sia in tutto, sempre e dovunque».

O divina Liturgia, io dovrei parlare di tutte le virtù per riconoscere tutti i benefici di cui ti sono debitore. In grazia dei passi scelti della Scrittura che presenti continuamente al mio sguardo, in grazia dei riti e dei simboli che mi rivelano i divini misteri, la mia anima si trova costantemente sollevata dalla terra ed orientata a volte verso le virtù teologali, a volte verso il timore di Dio, l’orrore del peccato e dello spirito del mondo, verso il distacco, la compunzione, la fiducia o la gioia spirituale.

b) La Liturgia mi aiuta potentemente a conformare
la mia vita interiore a quella di Gesù Cristo

Tre sono i sentimenti, o mio adorato Maestro, che dominano nel vostro Cuore: una dipendenza totale dal Padre vostro e perciò una perfetta umiltà; una carità ardente ed universale per gli uomini; lo spirito di sacrificio.

Umiltà perfetta. – Nel venire in questo mondo, o Signore, Voi diceste: «Padre, eccomi pronto a compiere la vostra volontà» (Eb. 10, 5-7). Nel Vangelo ricordate spesso che tutta la vostra vita intima si riassume nell’incessante desiderio di piacere in ogni cosa al Padre vostro47. Obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil. 2, 8), siete la stessa obbedienza, o Gesù. Ed anche ora obbedite ai vostri sacerdoti, poiché alla loro parola voi discendete sulla terra: «il Signore ha obbedito alla voce di un uomo» (Gios. 10, 14).

A quale scuola mi mette la Liturgia per farmi imitare la vostra sottomissione, se il mio cuore aderisce ai minimi riti con il desiderio di formarsi allo spirito di dipendenza da Dio, doma senza debolezze questo «io» avido di libertà, e piega il mio giudizio e la mia volontà, che sono sempre portati a non imitare quello spirito fondamentale che Voi, o mio Gesù, siete venuto ad insegnare con i vostri esempi, ossia il culto della divina volontà!

Ogni volta che costringo la mia personalità a cancellarsi per obbedire alla Chiesa come a Voi stesso, quale esercizio prezioso per la formazione dell’anima mia! E quando dovrò piegare il mio orgoglio nelle circostanze più difficili, quali effetti produrrà questa fedeltà alle minime prescrizioni delle rubriche!48

Ma c’è di più. Ricordandomi la certezza della vostra vita in me e la necessità della vostra grazia per formulare meritoriamente anche un solo pensiero, la Liturgia combatte quella presunzione e quello spirito di sufficienza che potrebbero distruggere l’intera mia vita interiore. Le parole «per Dominum nostrum», che concludono quasi tutte le preghiere liturgiche, mi ricordano, qualora lo dimentichi, che da solo non posso far nulla, assolutamente nulla, se non peccare o compiere atti senza merito. Tutto m’infonde la necessità di ricorrere con frequenza a Voi; tutto mi ripete che Voi esigete da me questo ricorso supplichevole, affinché la mia vita non devii verso miraggi ingannatori.

Mediante la Liturgia, la Chiesa insiste con sollecitudine per persuadere i suoi figli della necessità della supplica; fa della Liturgia una vera scuola di preghiera e perciò di umiltà. Con le sue formule, con i Sacramenti e i sacramentali, essa m’insegna che tutto mi viene dal vostro prezioso Sangue, e che il grande mezzo per raccoglierne i frutti è quello di unirmi con umile preghiera al vostro ardente desiderio di applicarceli.

O Gesù, fate che io approfitti di queste continue lezioni, per accrescere il vivissimo sentimento della mia piccolezza e per convincermi che, in quell’Ostia che è il vostro Corpo mistico, io non sono che un’umile particella e che, nell’immenso concerto di lodi che voi dirigete, io non sono che una debole voce.

Fate pure che, grazie alla Liturgia, io capisca sempre meglio che soltanto per mezzo dell’umiltà posso rendere sempre più pura questa particella e sempre più limpida questa voce.


Carità universale. – Il vostro Cuore, o Gesù, ha esteso a tutti gli uomini la sua missione redentrice.

Al sitio che voi gridaste al mondo spirando e che continuate a far sentire dall’Altare, dal Tabernacolo e persino dal seno della vostra gloria, deve corrispondere nell’anima, anche in quella del semplice cristiano, un vivo desiderio di prodigarsi per i fratelli, una sete ardente per la salute di tutti gli uomini e per la diffusione del Vangelo, un grande zelo per favorire le vocazioni sacerdotali e religiose, e insistenti preghiere perché i cristiani comprendano l’estensione dei loro doveri e le anime consacrate la necessità della vita loro interiore.

Ma tali desideri devono infiammare ben di più l’anima dei vostri ministri: a loro i riti ricordano che hanno ricevuto da Voi un posto d’onore nel vostro Corpo mistico, affinché v’incorporino il maggior numero possibile di anime; ricordano che sono corredentori e mediatori, i quali devono piangere «tra il vestibolo e l’altare» (Gl. 2, 17) i peccati del mondo, e devono santificarsi non solo per se stessi, ma anche per poter santificare gli altri, formare, istruire e guidare le anime e far circolare in esse la vostra vita: «Io santifico me stesso, affinché anch’essi siano santificati» (Gv. 17, 19).


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