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L'Anima di ogni apostolato (dom J.B.Gustave Chautard) imperdibile

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 22:19
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05/09/2009 22:15

Capitolo IV

La custodia del cuore, chiave di volta della vita interiore e perciò essenziale per l’apostolato

Risoluzione di custodire il cuore


Io voglio che il mio cuore sia abitualmente sollecito di preservarsi da ogni macchia e di unirsi sempre più al vostro Cuore, o Gesù, in tutte le mie occupazioni, conversazioni, ricreazioni, eccetera.

L’elemento privativo, ma indispensabile, di tale risoluzione mi fa rigettare ogni macchia nell’intenzione e nel compimento dell’azione60.

Questa risoluzione sarà il vero termometro del valore pratico della mia meditazione del mattino e della mia vita liturgica, poiché la mia vita interiore sarà quella che è la custodia del cuore: «Custodisci con ogni cura il tuo cuore, poiché da esso proviene la vita» (Pv. 4, 23).

La meditazione e la vita liturgica mi ridanno lo slancio per unirmi a Dio, ma è la custodia del cuore che permette al viaggiatore di usufruire del nutrimento, preso prima del cammino o nelle soste, per mantenersi sempre nella baldanzosa andatura iniziale.

Questa custodia del cuore altro non è che la sollecitudine abituale, o almeno frequente, di preservare tutti i miei atti, man mano che si presentano, da tutto ciò che potrebbe viziare la loro intenzione o la loro esecuzione. Sollecitudine calma, spontanea, senza sforzo, allo stesso tempo umile e forte, perché basata sul ricorso filiale a Dio e sulla fiducia in tale ricorso.

Si tratta di un lavoro più del cuore e della volontà che non della mente, la quale deve rimanere libera per compiere i miei doveri. Ben lungi dall’intralciare la mia azione, la custodia del cuore la perfeziona, regolandola secondo lo spirito di Dio e adattandola ai miei doveri di stato.

Tale esercizio voglio praticarlo ad ogni ora. Esso consisterà in uno sguardo gettato dal cuore sulle azioni presenti e in un’attenzione moderata alle diverse parti di un’azione, man mano che la compio. Sarà l’osservanza esatta dell’ «age quod agis»61. La mia anima, come vigile sentinella, eserciterà la sua sollecitudine su tutti i movimenti del cuore, su tutto ciò che accade nel mio interno: impressioni, intenzioni, passioni, inclinazioni, insomma su tutti i miei atti interni ed esterni: pensieri, parole e azioni.

Naturalmente questa custodia del cuore esigerà un certo raccoglimento e non la si potrà praticare se la mia anima è dissipata. Ma con la frequenza di questo esercizio acquisterò a poco a poco l’abitudine che lo renderà facile.

«Quo vadam et ad quid?»62 Cosa farebbe Gesù? Come agirebbe al mio posto? Cosa mi consiglierebbe? Cosa mi chiede in questo momento? Queste sono le domande che verranno spontaneamente alla mia anima avida di vita interiore.

Quando mi sentirò portato ad avvicinarmi a Gesù per mezzo di Maria, la custodia del cuore rivestirà allora un carattere maggiormente affettivo. Ricorrere a questa buona Madre diventerà per il mio cuore un incessante bisogno.

Così si realizzerà quel «restate in Me ed Io in voi» (Gv. 15, 4) che riassume tutti i principi della vita interiore. Ciò che voi, o Gesù, esprimete come frutto dell’Eucaristia – «egli rimane in Me ed Io in lui» – la mia anima vuole ottenerlo con quella custodia del cuore che mi unirà a voi.

«Rimane in Me...»: si, io mi considererò come veramente a casa mia nel vostro divino Cuore, col diritto di disporre di tutte le vostre ricchezze usando gl’illimitati tesori della grazia santificante e l’inesauribile miniera delle vostre grazie attuali.

«...ed Io in lui». Per mezzo della mia custodia del cuore, anche Voi, o mio amato Salvatore, sarete veramente presente nell’anima mia. E affinché i miei sforzi tendano ad assicurare l’esercizio continuo della vostra regalità sulle mie facoltà, io veglierò per non compiere nulla al di fuori di voi, ma la mia ambizione giungerà sino a voler mettere in ognuna delle mie azioni una forza d’amore sempre più grande.

Il risultato della mia custodia del cuore sarà l’abitudine all’interiore raccoglimento e alla lotta spirituale, una vita laboriosa e regolata ed un incalcolabile aumento di meriti.

Così, o Gesù, la mia unione indiretta con Voi per mezzo delle mie opere, cioè per mezzo delle relazioni che avrò con le creature secondo la vostra volontà, diverrà la continuazione dell’unione diretta con Voi per mezzo della meditazione, della vita liturgica e dei Sacramenti. In entrambi i casi, questa unione procederà dalla fede e dalla carità e si compirà sotto l’influsso della grazia. Nell’unione diretta ho in mira Voi stesso e Voi solo, o mio Dio; in quella indiretta invece mi applico ad altre cose, ma poiché lo faccio per obbedire a voi, queste cose alle quali dedico la mia attenzione divengono mezzi voluti da Voi per unirmi a Voi: nel lasciarvi, vi ritrovo! Siete sempre Voi quello che io cerco e sempre col medesimo cuore, ma rimanendo nella vostra volontà, la quale è il solo faro che la custodia del cuore mi fa sempre fissare per indirizzare la mia attività al vostro servizio. In entrambi i casi posso dunque esclamare: «Il mio bene è aderire a Dio» (Ps. 62, 28).

E’ pertanto errato credere che, per unirmi a Voi, o mio Dio, io debba rinviare l’azione oppure attendere che sia terminata. E’ errato supporre che certi lavori, per loro natura o a causa del tempo in cui vanno eseguiti, possano dominarmi ed impacciare talmente la mia libertà da impedirmi di unirmi a Voi. No, voi mi volete libero; non volete che l’azione mi domini; volete che io ne sia il padrone e non lo schiavo. A questo scopo, se sono fedele alla custodia del cuore, voi mi offrite la vostra grazia.

Dal momento dunque che il pratico senso soprannaturale, mediante i molteplici avvenimenti, le circostanze e i particolari disposti dalla vostra Provvidenza, mi ha fatto capire che una tale azione è davvero voluta da voi, non devo sottrarmene né compiacermene. Devo incominciarla e continuarla, ma unicamente per fare la vostra volontà, perché altrimenti l’amor proprio ne vizierebbe il valore e ne diminuirebbe il merito63. Una volta capito ciò che voi volete e come lo volete, o Gesù, se poi lo compio perché siete voi che lo volete, la mia unione con voi non solo non diminuirà, ma anzi s’intensificherà.

1. Necessità della custodia del cuore

Mio Dio, voi siete la Santità stessa e quaggiù ammettete alla vostra intimità un’anima solo nella misura in cui essa si applica per distruggere o evitare tutto ciò che può macchiarla.

Pigrizia spirituale nell’innalzare il mio cuore a voi, affetto disordinato per le creature, asprezze ed impazienze, rancore, capricci, mollezza, ricerca delle comodità, facilità a parlare (senza giusta ragione) dei difetti altrui, dissipazione, curiosità senza alcun rapporto con la gloria di Dio, pettegolezzi, loquacità, giudizi vani e temerari sul prossimo, vana compiacenza di sé, disprezzo per gli altri, critica della loro condotta, ricerca della stima e della lode, sfoggio di ciò che torna a proprio vantaggio, presunzione, ostinazione, gelosia, mancanza di rispetto all’autorità, mormorazioni, mancanza di mortificazione nel bere e nel mangiare, eccetera... che formicaio di peccati veniali, o almeno d’imperfezioni volontarie, può invadermi e privarmi delle abbondanti grazie che mi avete riservato da tutta l’eternità!

Che mai saranno la meditazione e la vita liturgica, se non mi portano progressivamente a mantenere la mia anima tanto raccolta da poter vegliare anche contro le mancanze di mera fragilità, se non mi aiutano a rialzarmi con prontezza ogni volta che la mia volontà comincerà a cedere, se non m’incitano in certi casi ad impormi una sanzione?

Se manca la custodia del cuore, io posso paralizzare la vostra azione in me, o Gesù! Le Messe, le Comunioni, le confessioni, gli altri esercizi di pietà, la speciale protezione della divina Provvidenza per la mia eterna salvezza, la sollecitudine del mio Angelo custode, perfino la vostra stessa materna vigilanza su di me, o Madre Immacolata, tutto può essere paralizzato e reso sterile per colpa mia.

Se manco di buona volontà nell’impormi quella violenza alla quale alludete, o Gesù, con quelle parole – «sono i violenti a conquistarselo» (Mt. 11, 12) – Satana cercherà senza posa di sorprendere il mio cuore per traviarlo ed indebolirlo, e giungerà fino a pervertire la mia coscienza con l’illusione.

Alcune cadute che tu, o anima mia, ritieni essere dovute a mera fragilità, forse agli occhi di Dio sono già di più grave natura. Come potresti affermare il contrario, se tu non pratichi l’esercizio della custodia del cuore e non tendi a realizzare il programma di consacrare a Gesù l’intenzione di ogni azione?

Senza questa risoluzione della custodia del cuore, non solo mi vado accumulando tremende e lunghe espiazioni per il Purgatorio, ma, seppure evito ancora il peccato mortale, sono sulla china che mi ci porta fatalmente. Non ci pensi, anima mia?

2. La presenza di Dio, fondamento della
custodia del cuore

O Ss.ma Trinità, se sono in stato di grazia, come spero, Voi abitate nel mio cuore con tutta la vostra gloria, con tutte le vostre infinite perfezioni, come abitate nel Cielo, benché nascosta sotto il velo della fede.

Non c’è istante in cui non tenete l’occhio su di me per scrutare le mie azioni. La vostra giustizia e la vostra misericordia operano continuamente in me. In risposta alle mie infedeltà, talvolta mi ritirate le vostre grazie elette o cessate di disporre maternamente degli avvenimenti che dovrebbero tornare a mio vantaggio, talvolta mi colmate di nuovi benefici per richiamarmi a Voi.

Se la vostra abitazione in me fosse la cosa più importante e la più degna di considerazione ai miei occhi, starei io così spesso e per tanto tempo senza pensarci? Non è forse dalla mancanza d’attenzione a questo fatto fondamentale della mia esistenza, che provengono gli insuccessi che fino ad ora sono seguiti ai miei tentativi di custodia del cuore?

Le giaculatorie, succedendosi regolarmente lungo la giornata, avrebbero dovuto ricordarmi questa amorosissima abitazione di Dio in me. Ti sei finora impegnata abbastanza, anima mia, nel ripetere qualche giaculatoria, almeno una volta ogni ora? Hai approfittato abbastanza della tua quotidiana meditazione e della tua vita liturgica, per rientrare di tanto in tanto, anche solo per alcuni istanti, nel santuario intimo del tuo cuore, adorandovi la Bellezza infinita, l’Immensità, l’Onnipotenza, la Santità, la Vita, l’Amore, insomma il Bene supremo e perfetto che si degna di abitarvi e che è il tuo Principio e il tuo Fine?

E le comunioni spirituali? Che posto occupano nella mia giornata? Eppure esse sono in ogni momento a mia disposizione, non solo per ricordarmi la presenza della Ss.ma Trinità, ma anche per accrescere questa inabitazione divina con una nuova infusione del Sangue redentore nella mia anima!

In che conto ho tenuto finora questi tesori posti sulla mia via? Mi sarebbe bastato chinarmi per raccogliere questi diamanti e ornarmene la corona. Come sono lontano da quelle anime che, pur continuando i loro lavori o le loro conversazioni, ritornano al loro Ospite divino migliaia di volte al giorno! Avendo preso questa abitudine, il loro cuore è inchiodato là dove sta il loro tesoro.

3. La devozione alla Madonna facilita
la custodia del cuore

O Immacolata Madre mia, la parola del vostro Figlio sul Calvario mi ha costituito vostro figlio adottivo, affinché voi mi aiutiate a conservare il mio cuore unito alla Ss.ma Trinità per mezzo di Gesù.

Voglio che le giaculatorie sempre più frequenti che vi rivolgerò mirino soprattutto a questa custodia del cuore, allo scopo di purificarne le tendenze, le intenzioni, gli affetti e le decisioni.

Non voglio più ignorare questa vostra dolce voce: «Fermati, figlio mio, risana il tuo cuore! No, non è vero che in questo momento tu cerchi solamente la gloria di Dio!» Quante volte, durante le mie dissipazioni o le mie occupazioni sregolate, mi avete rivolto questo materno invito e quante volte, ahimé, l’ho soffocato!

Madre mia, d’ora innanzi ascolterò questo richiamo del vostro Cuore, e la mia fedeltà vi risponderà con una decisione energica e integra. Forse non avrà che la durata di un lampo, ma sarà sufficiente perché possa pormi l’una o l’altra di queste domande: «Per chi faccio l’azione che compio? E come agirebbe Gesù al mio posto?» Quando diventa un’abitudine, questa intima indagine costituisce la custodia del cuore. Essa mi permetterà di mantenere le mie facoltà e le loro tendenze, fin nei loro minimi dettagli, in un’abituale e sempre più perfetta dipendenza da quel Dio che abita in me.

4. Come s’impara la custodia del cuore

Io gemo nel vedere che, durante il mio lavoro, resto estraneo alla presenza di Dio per lunghi intervalli di tempo; gemo nel costatare che, durante questo tempo di vita esteriorizzata, mi sfuggono molte mancanze.

Qualunque sia lo stato dell’anima mia – mescolanza di fervore e imperfezioni oppure evidente tiepidezza – voglio incominciare da oggi a rimediarvi esercitandomi nella custodia del cuore.

Durante la mia orazione mattutina determinerò, ma risolutamente e chiaramente, un momento del mio lavoro nel quale, pur compiendo con ardore l’opera voluta da Dio, mi sforzerò di vivere il più perfettamente possibile di vita interiore, di custodia del cuore, cioè di vigilanza sotto il vostro sguardo, o Gesù, ricorrendo a voi come se avessi fatto voto di scegliere il più perfetto.

Cominciando con non più di cinque minuti, al mattino e alla sera (64), punterò più alla perfezione di questo esercizio che non alla sua durata; mi sforzerò di compierlo sempre meglio e di agire in mezzo al lavoro, anche e soprattutto se assorbente, imitando i santi nella purezza d’intenzione, nella custodia del cuore in tutte le mie facoltà, nella generosità di condotta, insomma agendo come avrebbe fatto Gesù stesso, se avesse compiuto l’identico lavoro.

Questo sarà un tirocinio di vita interiore pratica; sarà una reazione alla mia abitudine di dissiparmi e di svagarmi. Io desidero Gesù, voglio il suo Regno e voglio che esso continui in me, durante il tempo delle occupazioni esteriori. Non voglio più che l’anima mia sia come un corridoio aperto a tutti i venti mettendosi nell’impossibilità di vivere unita a Gesù, ma voglio anzi che sia vigilante, supplicante e generosa.

In quel breve momento il mio occhio, senza sforzo ma con precisione, vigilerà sulle diverse intenzioni della mia anima, che non si perdonerà nulla. La mia buona volontà sarà a sua volta ardentemente decisa a non risparmiare nulla per vivere con perfezione durante quel breve intervallo. Il mio cuore, da parte sua, sarà risoluto a ricorrere con frequenza al Signore per mantenersi in questo esercizio di santità.

Questo esercizio sarà franco, cordiale e compiuto con espansione di animo. Per mantenermi alla presenza di Dio e negare alle mie facoltà ed ai miei sensi tutto ciò che sa di naturale, mi saranno certamente necessarie la vigilanza e la mortificazione. Ma non mi accontenterò di questa parte privativa. Mirerò soprattutto a temprare questo esercizio in una intensa carità che dia alle mie azioni tutta la loro perfezione e tutto il loro valore, facendomi compiere con la massima cura l’ «age quod agis», dapprima con la purezza d’intenzione e poi con un ardore, una impersonalità ed una generosità sempre crescenti.

Nell’esame generale della sera (o a quello particolare, se prendo come argomento questo esercizio) farò una rigorosa analisi di tali momenti di custodia del cuore più stretta, incondizionata e fatta presso Gesù. Durante questo esercizio di custodia del cuore, cioè di vita interiore unita alla vita attiva, se avrò constatato di non essere stato abbastanza vigilante, fervente, supplichevole, amante, allora m’imporrò per punizione una piccola penitenza: anche solo la privazione di un po’ di vino o di frutta, senza farmi notare, oppure una breve preghiera a braccia in croce, o qualche colpo di riga o d’un oggetto duro sulle dita.

Che meravigliosi risultati produrrà questo esercizio! Che scuola di custodia del cuore! Che nuove vedute su peccati ed imperfezioni di cui prima non sospettavo nemmeno l’esistenza!

Quest’istanti benedetti a poco a poco irraggeranno virtualmente su quelli che li seguiranno. Tuttavia li prolungherò solo se avrò quasi esaurito quanto posso intravedere dell’orizzonte di santità, di perfezione d’esecuzione e d’intensità d’amore.

Più che alla durata, mirerò alla qualità. E la mia aspirazione a non limitarmi a pochi minuti si accentuerà nella proporzione in cui avrò visto più esattamente quel che io sono e ciò che Voi attendete da me, o Gesù. A poco a poco, familiarizzandomi con questo salutare esercizio, ne contrarrò il bisogno, ne acquisterò l’abitudine e Voi scoprirete all’anima mia, così purificata, i segreti della vita di unione con Voi.

5. Condizioni della custodia del cuore

La trama della mia vita è quasi tutta più o meno macchiata. E’ proprio da questa convinzione, dalla quale Satana cerca distrarmi, che nasce la diffidenza verso me stesso e verso le creature. Questo fattore, innestato sul mio desiderio di appartenere a Gesù, produrrà necessariamente:

– vigilanza sincera, esatta, dolce, calma, fiduciosa nella grazia e basata sulla repressione della dissipazione e degli eccessi della premura naturale;

– rinnovamento frequente delle mie riflessioni;

– ricominciamenti continui, pieni di fiducia nella misericordia di Gesù verso l’anima che lotta veramente per arrivare alla custodia del cuore;

– certezza crescente di non combattere da solo ma unito a Gesù che vive in me, a Maria mia Madre, al mio Angelo custode e ai Santi;

– convinzione che questi potenti alleati mi assistono in ogni istante purché io mantenga questa custodia del cuore e non mi allontani dalla loro assistenza;

– ricorso cordiale e frequente a tutti questi divini soccorritori, affinché mi aiutino a fare «ciò che Dio vuole» e a farlo «nel modo che vuole» e «perché lo vuole».

Oh, come si trasformerà la mia vita, o Gesù, se io conserverò il mio cuore unito a Voi! La mia intelligenza potrà essere interamente applicata all’azione in corso; ma voglio giungere ad effettuare in me, anche nelle occupazioni più assorbenti, ciò che ho potuto constatare in anime estremamente occupate il cui cuore tuttavia non cessava di respirare in Voi.

Se ho ben compreso cosa sia la custodia del cuore, il respiro dell’anima mia nell’atmosfera di amore che siete Voi, o Gesù, ben lungi dal diminuire la libertà d’azione necessaria alle mie facoltà per compiere i doveri del mio stato, non farà anzi che aumentarla, rendendo la mia vita serena, illuminata, forte e feconda.

Invece di essere lo schiavo del mio orgoglio, del mio egoismo o della mia pigrizia, invece di gemere sotto la schiavitù delle passioni e delle impressioni, io diventerò sempre più libero. E di questa mia perfezionata libertà potrò farvi, o mio Dio, frequenti omaggi di sottomissione. Così mi stabilirò nella vera umiltà, fondamento senza il quale la vita interiore non sarebbe che inganno; così svilupperò in me quello spirito fondamentale della sottomissione – «submissio ad Deum» – che riassume tutta la vita intima del Salvatore64.

Col partecipare alla fiamma d’amore che vi rese, o Gesù, sempre così attento e docile alla volontà del Padre vostro, io meriterò di partecipare in Cielo a quella gloria di cui gioisce la vostra umanità in ricompensa della sua ammirabile dipendenza di umiltà e d’amore: «Cristo si fece obbediente fino alla morte (...), perciò Dio lo ha esaltato» (Fil. 2, 9).


Capitolo– V –
L’apostolo ha bisogno di un’ardente devozione a Maria Immacolata


Come membro di quell’Ordine Cistercense così strettamente consacrato a Maria, come figlio di quel San Bernardo che per mezzo secolo fu apostolo incomparabile dell’intera Europa, come potrei dimenticare che il santo abate di Chiaravalle attribuiva a Maria tutti i suoi progressi nell’unione con Gesù e tutti i suoi successi nell’apostolato?

Tutti sanno quale fu, in mezzo ai popoli e presso i re, in seno ai Concili e sul cuore dei Papi, l’apostolato di colui che rimane il più illustre figlio del Patriarca San Benedetto. Tutti esaltano la santità, il genio, la profonda scienza delle Sacre Scritture e la penetrante unzione dell’ultimo Padre della Chiesa.

Ma ciò che riassume maggiormente l’ammirazione dei secoli per questo santo Dottore, è il titolo che gli venne decretato di Cytharista Mariae, «Cantore di Maria»; egli non fu sorpassato da nessuno di coloro che hanno celebrato le glorie della Madre di Dio.

San Bernardino da Siena, san Francesco di Sales, Bossuet, sant’Alfonso e san Luigi Grignion de Montfort, tutti attingono a piene mani dai tesori di san Bernardo, quando vogliono celebrarla e trovare argomenti per sostenere quella verità messa in rilievo dal nostro santo Dottore: «Tutto ci viene per mezzo di Maria».

«Vediamo, o fratelli, con quali sentimenti di devozione ha voluto che noi onorassimo Maria quel Dio che ha posto in lei la pienezza di ogni bene. Se c’è in noi qualche speranza, qualche grazia, qualche pegno di salvezza, riconosciamo che tutto questo ci viene da Colei che è ricolma di delizie. (...) Se togliete questo sole che rischiara il mondo, non ci sarà più giorno. Se togliete Maria, questa stella del mare, che rimarrà di questo nostro vasto mare, se non profonda oscurità, ombra di morte e fitte tenebre? E’ dunque dal più intimo dei nostri cuori, dal fondo stesso delle nostre viscere e dei nostri desideri, che dobbiamo onorare la Vergine Maria, perché questa è la volontà di Colui che volle ricevessimo tutto per mezzo di Lei»65.

Fortificato da questa dottrina, non esito a stabilire che l’apostolo, qualunque cosa faccia per la sua salvezza, per il suo progresso spirituale e per la fecondità del suo apostolato, rischia di costruire solo sulla sabbia, se la sua attività non poggia su di una specialissima devozione alla Madonna.

1. Ne ha bisogno per la vita interiore personale

L’apostolo non è sufficientemente devoto verso sua Madre, se la sua fiducia in Lei è priva di entusiasmo e se il culto che Le rende è quasi solo esteriore. Come suo Figlio, la Vergine «intuetur cor», guarda solamente ai nostri cuori, e non ci considera come suoi veri figli se non a misura del vigore con cui il nostro amore corrisponde al suo.

Cuore fermamente convinto delle grandezze, dei privilegi e delle missioni di Colei che è ad un tempo Madre di Dio e Madre degli uomini;

Cuore penetrato da questa verità per cui la lotta contro i difetti, l’acquisto delle virtù, il regno di Gesù Cristo nelle anime e perciò la sicurezza della salvezza e della santificazione, sono in proporzione del grado di devozione verso Maria66;

Cuore dominato dal pensiero che nella vita interiore tutto diventa più facile, più sicuro, più soave e più rapido, quando si agisce con Maria67;

Cuore traboccante di filiale fiducia, qualunque cosa avvenga, verso Colei di cui conosce per esperienza le delicatezze, le premure, le tenerezze, le misericordie e le generosità68;

Cuore sempre più infiammato di amore verso Colei ch’esso non separa da nessuna delle sue gioie, che unisce a tutte le sue pene e per la quale passano tutti i suoi affetti.

Tutti questi sentimenti riflettono bene il cuore di San Bernardo, modello dell’uomo di azione. A tutti sono note le parole che sgorgarono dall’anima del santo Abate quando, spiegando ai suoi monaci il passo evangelico «Missus est», esclamava:

«O tu che, in mezzo al flusso e riflusso di questo mondo, ti accorgi che, invece di camminare sulla solida terra, vai navigando in mezzo alle burrasche: se non vuoi morire nella tempesta, tieni l’occhio fisso su questa stella. Se infuriano i venti delle tentazioni, se urti contro gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei scosso dai marosi della superbia, dell’ambizione, della maldicenza, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se la collera o l’avarizia o la cupidigia assalgono la fragile imbarcazione dell’anima tua, eleva gli occhi a Maria. Se, accasciato dall’enormità delle tue mancanze, confuso per le immonde piaghe della tua coscienza, spaventato dall’orrore del Giudizio, ti senti assalito dalla tristezza e dalla disperazione, pensa a Maria. Maria non sia mai lontana dal tuo labbro, mai lontana dal tuo cuore; e per ottenere il suffragio delle sue preghiere non dimenticare mai l’esempio della sua vita. Se la segui non ti perdi; se la preghi non disperi; se la contempli non cadi in errore; col suo appoggio non cadi; sotto la sua protezione non temi; con la sua guida non ti stanchi; se Ella ti è propizia raggiungerai il porto».

Essendo costretto a limitarmi, ma volendo offrire ai miei confratelli nell’apostolato una sorta di riassunto dei consigli di San Bernardo per arrivare ad essere veri figli di Maria, credo di non poter fare di meglio che invitarli fraternamente a leggere con attenzione quel così solido e prezioso scritto: «La vie spirituelle à l’école du Bienheureux Grignion de Montfort», scritto dal padre Lhoumeau69.

Assieme alle opere di sant’Alfonso, i commentari del padre Desurmont, gli scritti del padre Faber e del padre Giraud di la Salette, nessun altro libro meglio di questo del padre Lhoumeau rieccheggia gli scritti di san Bernardo, del resto citati ad ogni passo. Solida base teologica, unzione, carattere pratico, nulla manca per ottenere il risultato che perseguiva incessantemente l’abate di Chiaravalle: plasmare cioè il cuore dei suoi figli a immagine del suo e dare a loro l’antica caratteristica degli autori cistercensi: il bisogno del ricorso abituale a Maria e la vita d’unione con Lei.

Termino con la parola consolante che la illustre cistercense santa Geltrude, chiamata dal Guéranger «Geltrude la Grande», udì dalle labbra della Ss.ma Vergine: «Il mio amatissimo Gesù non va chiamato mio Figlio unigenito bensì mio Primogenito. Lo concepii per primo nel mio seno, ma dopo di lui, o meglio per mezzo di lui, ho concepito tutti voi perché diveniate suoi fratelli e miei figli, adottandovi nelle viscere della mia materna carità». Nelle opere di questa santa patrona delle Trappiste, tutto riflette lo spirito del padre san Bernardo, riguardo alla vita di unione con Maria.

2. Ne ha bisogno per la fecondità dell’apostolato

Sia che l’uomo di azione debba sottrarre le anime al peccato, sia che debba far sbocciare in loro le virtù, deve sempre aver come primo scopo quello di far nascere in loro Gesù Cristo, sull’esempio di san Paolo. Ora, secondo Bossuet, Dio, avendo voluto darci una volta Gesù Cristo per mezzo della Ss.ma Vergine, non muta più il suo disegno: avendo Ella generato il capo, deve generare anche le membra.

Isolare Maria dall’apostolato, sarebbe ignorare un aspetto essenziale del piano divino. «Tutti i predestinati – dice sant’Agostino – sono in questo mondo nascosti nel seno della Ss.ma Vergine ove sono conservati, nutriti, custoditi e cresciuti da questa buona Madre, finché non li genererà alla gloria dopo la morte».

Dopo l’Incarnazione, conclude giustamente san Bernardino da Siena, Maria ha acquistato una sorta di giurisdizione su ogni missione temporale dello Spirito Santo, per cui nessuna creatura riceve grazie se non dalle sue mani.

Ma il vero devoto di Maria diventa a sua volta onnipotente sul cuore di questa sua Madre. Quale apostolo potrà dunque dubitare dell’efficacia del suo apostolato, se con questa devozione egli dispone dell’onnipotenza di Maria sul Sangue redentore?

Per questo noi vediamo che tutti i più grandi apostoli sono animati da una straordinaria devozione verso la Ss.ma Vergine. Vogliono sottrarre un’anima al peccato? Quale ardore di persuasione hanno, allora, perché si sono identificati, per l’orrore del male e l’amore della virtù, con Colei che si è definita l’Immacolata Concezione!

E’ alla voce di Maria che il Precursore riconobbe la presenza di Gesù e trasalì nel seno di sua madre. Quali accenti Maria potrà dare ai suoi veri figli per aprire a Gesù i cuori finora rimasti chiusi! Quali parole gli intimi della Madre della misericordia sanno trovare, per impedire che la disperazione s’impadronisca delle anime che per lungo tempo hanno abusato delle grazie!

C’è uno sventurato che ignora Maria? La sicurezza con cui l’uomo di azione gliela mostra vera Madre e rifugio dei peccatori, apre nuovi orizzonti agli occhi di quel peccatore.

Il santo Curato d’Ars incontrava talvolta dei peccatori che, accecati dall’illusione, si appoggiavano a qualche pratica esteriore verso la Santa Vergine per tranquillizzarsi, per peccare più facilmente e per non temere le fiamme eterne. Allora la sua parola diventava dominatrice, sia per mostrare al colpevole la mostruosità di una presunzione tanto ingiuriosa alla Madre di misericordia, sia per spingerlo ad usare quell’atto di devozione per implorare la grazia di sfuggire alle strette del Serpente infernale.

In un caso analogo, l’uomo d’azione poco devoto di Maria, con le sue parole dure e fredde, riuscirà solo a far abbandonare al povero naufrago quel relitto che avrebbe potuto diventare per lui la tavola di salvezza.

Maria vivente nel cuore dell’apostolo è la stessa eloquenza materna assicurata all’operaio evangelico per commuovere le anime nelle quali tutto è perduto. Pare che Gesù Cristo, per un’ammirabile delicatezza, abbia voluto riservare alla mediazione di sua Madre le conquiste più difficili dell’apostolato ed abbia voluto accordarle solo a coloro che vivono intimamente uniti a Lei. «Per opera tua, i nostri nemici vengono annientati».

Il vero figlio di Maria non si troverà mai privo di argomenti, di mezzi od perfino di espedienti, quando, nei casi quasi disperati, dovrà fortificare i deboli e consolare gl’inconsolabili.

Il decreto con cui alle Litanie lauretane è stata aggiunta l’invocazione «Mater Boni Consilii», si basa su quei titoli di «Tesoriera delle divine grazie» e di «Consolatrice universale» ben meritati da Maria. Come «Madre del Buon Consiglio», soltanto ai suoi veri devoti ella dà, come a Cana, il segreto per ottenere il vino della forza e della gioia, perché venga distribuito.

Ma è soprattutto quando si tratta di parlare alle anime dell’amor di Dio, che la rapitrice dei cuori – «raptrix cordium», secondo l’espressione di San Bernardo – la sposa dell’Amore sostanziale, mette sulle labbra dei suoi intimi le parole di fuoco che accendono l’amore per Gesù e mediante questo fanno germogliare tutte le Virtù.

Come apostoli, noi dobbiamo amare appassionatamente Colei che san Pio X chiamava Virgo Sacerdos e la cui dignità sorpassa in tutto quella dei sacerdoti e dei pontefici. Questo nostro amore ci dà il diritto di non considerare mai come perduta un’opera, se l’abbiamo incominciata con Maria e vogliamo continuarla con Lei. Maria infatti è fondamento e coronamento di tutto ciò che riguarda il Regno di Dio per mezzo del Figlio suo.

Ma guardiamoci bene dal credere di lavorare con Lei, se ci limitiamo ad erigerle altari o ad intonare canti in suo onore. Ciò che Ella vuole da noi è una devozione che ci permetta di affermare sinceramente che noi viviamo abitualmente uniti a Lei, che ricorriamo al suo consiglio, che i nostri affetti passano attraverso il suo Cuore e che rivolgiamo spesso le nostre richieste per mezzo suo. Ciò che Maria attende soprattutto dalla nostra devozione, è l’imitazione di tutte le virtù che ammiriamo in lei e l’abbandono incondizionato nelle sue mani, affinché Ella ci rivesta del suo divino Figlio.

A questa condizione di ricorrere abitualmente a Maria, noi imiteremo quel comandante del popolo di Dio che, prima di marciare contro il nemico, diceva a Deborah: «Se tu vieni con me, andrò; ma se non vieni, non andrò» (Giud. 4, 8), e compiremo davvero tutte le nostre opere con Lei. Ella parteciperà non solo alle decisioni principali, ma anche a tutti gl’imprevisti e perfino ai dettagli dell’esecuzione.

Uniti a Colei che per noi riassume tutti i suoi privilegi nel titolo di «Nostra Signora del Sacro Cuore», noi non correremo mai il rischio di falsificare le nostre opere permettendo ch’esse vadano contro la nostra vita interiore, che diventino un pericolo per l’anima e possano servire più a gloria nostra che a quella del nostro Dio. Al contrario, per mezzo delle opere noi giungeremo alla vita interiore e quindi alla sempre più intima unione con Colei che deve assicurarci il possesso di suo Figlio per tutta l’eternità.



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