QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Cosa è l'Umiltà, come esercitarla (del can. Maucourant) imperdibile!

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 22:38
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
05/09/2009 22:28

ESERCIZI SULL’UMILTA’

Can. F. MAUCOURANT.

CONSIDERAZIONI SULLE PROVE DI VIRTU’.


Preparazione. - Invocazione allo Spirito Santo. Porsi sotto la protezione di quei santi che più hanno praticata questa virtù: S. Francesco d'Assisi, S. Fran­cesco di Sales, S. Vincenzo de Paoli, S. Benedetto, S. Giuseppe Labre ecc.

Considerazioni e riflessioni. - Il primo gradino (nella scala della perfezione) è l'u­miltà, « nessuna virtù essendovi più neces­saria di questa. » (S. Teresa)

Durante queste prove di virtù, l'anima dev'essere anzitutto docile: bisogna che essa ascolti e metta in pratica le lezioni dei maestri.

1. Lo Spirito Santo. - È già una grande scienza questa, di sapersi tenere a disposi­zione dello Spirito Santo, pronti a seguirne le ispirazioni. Scio cui credidi, so a chi mi confido, dice un'anima docile. Sapendo che Dio stesso la dirige, essa rimane calma nelle sue mani. Di quanto meno tu ti preoccuperai e terrai conto di quella prudenza umana che esita, calcola, e tanto più eviterai gli inconvenienti. É lo Spirito Santo che t'in­vita a fare queste prove di virtù. Confessa la tua incapacità, domanda luce e forze al cielo: saranno le migliori. Queste prove mancheranno al loro effetto, se vorrai agire da sapiente, da indiscreta, se ti terrai qualcosa di più di una povera principiante, ben persuasa della sua ignoranza e incapa­cità al bene.

2. Il Direttore spirituale. - Durante queste prove, Dio affida particolarmente al tuo di­rettore la condotta della tua anima, in rap­porto alla virtù su la quale tu vuoi fare esercizio. Egli riceve le grazie speciali a tal opera e per farti conoscere la volontà di Dio: come dice S. Bonaventura: « Dio si mette nel suo cuore » per parlare a te.

Gli ordini divini non si discutono. Non domandargli dunque il motivo dei consigli o dell'impulso che egli ti darà. Non cercare di sapere perchè ti guida oggi e non do­mani; perchè ricevi incoraggiamento mentre crederesti di meritare rimprovero, e al con­trario perchè le sue parole paiono di scon­tento, mentre tu fai ogni sforzo di buona volontà e d'ubbidienza generosa: egli pro­porziona e adatta, come si dice del Salvatore, la parola, il tono della voce alle necessità delle anime. (Clemente Aless.) Lo spirito di confidenza ti metterà fra le mani dei tuo padre spirituale, come un fanciullo si mette fra le mani di sua madre.

Esponi a lui quel che tu senti: i tuoi gusti, le tue attrattive, le ripugnanze, le dif­ficoltà, in tutta semplicità, senza cercare di influire sul suo giudizio, verso una parte piuttosto che verso l'altra; segui i suoi con­sigli, non cercando di fare nè di più nè di meno, nè altrimenti di quanto ti domanda; secondo il consiglio di S. Francesco di Sales che diceva: « dire in buona fede quello che si prova e farsi perfettamente docili. Allora il Signore sarà contento di te, le tue fati­che produrranno copiosa messe di santi­ficazione e sarai in breve « quella fedele religiosa che ha già un piede in cielo. (Mons. Gay)

3. La maestra delle novizie. - Le virtù hanno, per modo di dire, un corpo e un'a­nima: esse si compongono di convinzioni e di sentimenti interni, e all'esterno, di azioni e di modalità. Al ministro di Dio, incaricato di «formare il Cristo nelle anime,» è riser­vata l'azione principale, quella che forma e sviluppa gli elementi interni. Le maestre si limitano nella formazione per quanto ri­guarda il lato esterno delle virtù che sono in prova.

Questa parte, quantunque secondaria, ha la sua importanza. Anche un semplice con­siglio delle Maestre ha il suo peso dinnanzi a Dio: esse sanno mettere il dito su certe inezie che sfuggono al direttore. È per questo motivo che la regola pone parte della tua formazione in mano delle maestre e superiori, affidandola al loro zelo e alla loro scienza su le cose minime e superfi­ciali. Questa è la seconda voce di Dio che parla alla tua anima: questa pure esige da te semplicità, confidenza e docilità. Una con­fidenza semplice, da buoni fanciulli e l'ub­bidienza « verso la Maestra riempirà il cielo di anime religiose, » disse Santa Giovanna di Chantal. Se tu ne trascurerai i consigli, gli avvertimenti, accadrà che, dopo la tua lunga applicazione allo studio di una virtù, non ne possederai mai la scienza pratica.

Invocazioni. - Spirito Creatore! Dégnati di visitare i tuoi figli e riempi di grazia questi cuori da Te creati. Sacro Cuore di Gesù! fa che durante queste prove io non abbia altra cura se non quella di abbandonarmi interamente a Te e alla tua amorosa provvidenza, lasciandomi guidare da essa, come fanciullo docile e semplice; fa ch'io non abbia altri desideri e altri scopi in tutto quanto io sto in­traprendendo per Tuo amore. Mano divina, lavora Tu su questo nulla che si abbandona a Te. (Santa Margherita Maria)

Esame di coscienza. - Sono ben persuasa dei vantaggi di queste prove dì virtù? della necessità di farle con tutta buona volontà?

- Sono ben convinta della mia insuffi­cienza personale, e, per conseguenza, della necessità di molto pregare e di raccomandarmi a Dio e alla Santa Vergine?

- Sono ben disposta ad abbandonarmi in tutta confidenza e semplicità nelle mani di quelli cui Dio ha af­fidato la condotta della mia anima?



CONSIDERAZIONI GENERALI SULLE PROVE DI VIRTU’.

Considerazioni e riflessioni. - Durante questo esercizio di prova, la volontà dev'es­sere attiva.


Per arrivare alla perfezione non è suffi­iciente la buona volontà in teoria, bisogna che essa arrivi alla pratica. « Il regno dei cieli è per chi usa violenza, e i soli violenti lo rapiscono. » - Il cielo è l'eredità dei for­ti. » - « Coronato sarà chi avrà valorosa­mente combattuto. » - « Aiutati e il ciel t'aiuta. » - La salute eterna è l'opera di due forze associate; come per l'opera della santa Incarnazione, essa implica un Dio e l'uomo: la grazìa di Dio e lo sforzo dell'uomo. (Si­gnora Swetchine) « Quando Dio ci accorda le sue grazie, ci offre un lavoro da farsi. La grazia è un anticipo e una provocazione di­vina, un principio nuovo e superiore di po­tenza e di attività. » (Mons. Gay)

In quest'opera, la parte posta da Dio è la grazia, che a te viene per opera dello Spirito Santo, per mezzo del tuo direttore e della tua maestra, incaricati della tua formazione religiosa.

Ecco ora la parte tua:

1. Preghiera assidua, per ottenere la virtù di cui vuoi far prova. « Quando un'anima prega, essa è capace delle più grandi cose. » (P. Ravignan)

La preghiera è l'espressiobe del desiderio, « il grido suo naturale; » orbene, S. France­sco dì Sales diceva: « Chi veramente desi­dera, ottiene. »

2. Uno studio serio di quella virtù. Spesso si scambia l'ombra delle cose per la realtà. Accostandosi al letto di Davide, i vassallì si accorsero che non era lui che giaceva in ri­poso, ma un ragazzo che era stato messo colà per ingannare i nemici: la virtù guar­data ben davvicino, differisce assai dalle no­stre illusioni.

3. La pratica di quegli atti che devono ben radicarla nella nostra anima. « Chi ama veramente una qualcosa, diceva S. Giovanni della Croce, non è contento se non allor­quando impiega, per quello che ama, tutto quanto egli ha, tutto quello che può. L'amore esige tutto, è nel suo diritto. » Darai dunque all'opera spirituale che intraprendi tutta la tua intelligenza e tutto il tuo cuore.

Ascolta, medita, interroga, lavora; non cessare se non quando avrai ben compreso. Tu dovrai essere, non come lo specchio che nulla ritiene di quanto ha riflesso, ma piuttosto una lastra fotografica su la quale l'immagine proiettata dalla luce, rimane inde­lebile. A questo fine tu pregherai molto, li­bererai il tuo spirito dalla falsa sapienza umana, dalla curiosità, dalle inutili cognizioni, che ostacolerebbero l'azione della grazia. E non temere le prove dolorose: un blocco di marmo non diventa un'opera d'arte, se non a condizione di essere tormentato dallo scal­pello, e, nella celeste Gerusalemme, i posti migliori sono per le pietre preziose che più furono provate dallo scalpello divino.

Non vi è sacrificio per quanto penoso possa essere, che la grazia divina non esiga da una persona che essa ha intrapreso a formare e a ridurre a somiglianza del divin modello. Il corpo potrà ben lagnarsi alle dure prove; la volontà, soggiogata dall'ub­bidienza, potrà ben desiderare di scuotere il giogo, ma la grazia nulla ascolta, essa in­coraggia, eccita, fortifica, spinge, infiamma; essa fa tutto sopportare, sacrificare, sicura che i suoi sforzi saranno magnificamente ricompensati. (M. de Ségur)

Tu devi fare questi esercizi di prova con tutto l'animo. Tu ami Dio. Lo sposo ce­leste esige molto dalle anime che lo amano. Alla conquista della tua perfezione, non devi andare mollemente e senza energie: dà ad essa tutto il tuo coraggio e tutto il tuo en­tusiasmo. Rivedi, al lume dell'amor di Dio, tutti gli angoli più oscuri della tua coscienza, e bandisci da essa tutto quello che non sia gloria e amore di Dio.

Applica infine a quest'opera gli sforzi ge­nerosi e costanti della tua volontà. E non dire mai: basta. I santi non hanno mai detto questa parola, e tuttavia fecero cento volte più di noi: dimenticando il bene già fatto, il cammino percorso, si slanciarono verso la vetta di santità non ancora raggiunta. Essi non vedevano se non quello che rimaneva ancora da farsi, e avanzavano sempre, vo­lendo essere per Gesù quello che Gesù era per essi. « Mai, dice S. Francesco di Sales, le nostre virtù potranno raggiungere in noi la loro giusta statura e quella sufficienza che loro permetta di non suscitare più desideri di fare altri progressi.

Satana affilerà le sue armi contro di te; egli sa che « la vita di ognuno è un avvenimento grave per la storia dell'impero delle ani­me; egli ti tenterà tanto più contro quella virtù che ti sei prefisso di raggiungere.

Di fronte ai suoi attacchi, una volontà inde­terminata e debole non reggerebbe. Non sarà dunque di troppo se tu, per assicu­rarti il trionfo, metterai in opera, nella lotta, tutte le risorse della tua energia e delle gra­zie che certamente riceverai da Dio. Riguardo alle virtù, quello che non costa sforzi, vale nulla. Ah! se tu fossi sola a combattere, tu potresti temere, ma tu puoi dire con l'Apo­stolo: « La grazia di Dio opera in me. Coraggio dunque e confidenza ancora! Per timida, per debole che tu sia, ti si domanda solamente che tu voglia dare alla grazia la cooperazione della tua buona volontà; in contraccambio, tu diverrai non solamente un anima cristiana, ma un'anima veramente re­ligiosa, vale a dire, cristianamente perfetta, per quanto è possibile.

Invocazioni - O Gesù, che tanto mi ami, ascoltami, Te ne prego, che la Tua volontà sia il mio desiderio, la mia passione, il mio amore. Fa che io ami quanto è Tuo, ma sopratutto che io ami Te solo!

Dammi un cuore così pieno d'amore per Te, che nulla possa distrarmi da Te; dammi un cuore fedele e forte che mai tremi, nè s'abbassi; un cuore retto, che non conosca le vie tortuose del male; un cuore indomabile, sempre pronto a lottare; un cuore valoroso, che non indietreggi alla vista degli ostacoli; un cuore umile e dolce come il Tuo, o Gesù. (S. Tommaso)

Esame di coscienza. - Sono disposta a seguire que­ste prove di virtù con cuore indomabile, sempre pronto a ricominciare la lotta? - con cuore generoso che non indietreggia di fronte agli ostacoli? - con cuore retto che abbraccia senza difficoltà le conseguenze delle convinzioni dell'intelletto? - Ho domandato questo a Dio con insistenza, ben convinta che senza la sua grazia nulla io posso, e tutto, se questa non mi manca?



NATURA DELL’UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - « L'umiltà è la verità». Chi si umilia, entra nella pra­tica della verità, facit veritatem, e « se il Signore ama gli umili, è perchè Egli ama la verità, » dice santa Teresa. Difatti, la ve­rità è quel che Dio pensa, vuole e ama. Essere nella verità, è dunque essere nel pensiero, negli intendimenti e negli amori di Dio. (Mons. Gay)

1. L'umiltà ci pone nella verità riguardo a Dio. Essa c'insegna che Dio solo è tutto. Ego sum qui sum. Sono colui che è, e tutto il resto non prende valore se non per me. All'infuori di Dio e dei suoi doni, nulla è possibile se non il nulla stesso.

Vi sono in Dio tre eccellenze: Dio è il principio di ogni cosa, di quanto esiste, nulla esiste senza di Lui.

Dio possiede ogni perfezione. « Salite pure ben alto nei cieli, voi non arriverete mai dove incomincia, Dio; discendete negli abissi dell' inferno, voi non troverete mai luogo dove Dio non vi sia più; percorrete l'universo, non sarà mai abbastanza vasto da poter misurare la potenza divina; consi­derate l'ampiezza dei Mari, questa non vi darà nemmeno la misura di un'ombra delle perfezioni divine. » (S. Dionigì)

Dio ha tutti i diritti su ogni creatura: «Sono il Signore» - «l'uomo è stato crea­to a questo fine: lodare Dio, adorarlo, ser­virlo, e così facendo, salvarsi» (S. Ignazío)

Orbene, l'umiltà ci pone nella verità riguar­do ai nostri rapporti verso Dio, facendoci riconoscere quelle sue tre eccellenze. Essa diventa umiltà di sommissione per servire a Dio Signore, non lasciandocí mai dire: no; oppure forse, o più tardi, o perchè mai? o per qual motivo? - Diventa umiltà di adora­zione, per cui la creatura , s'inabissa nel suo nulla e si prostra a Dio per cantare con la Chiesa: « Tu solo sei santo, Tu solo Si­gnore! Tu solo Altissimo, Gesù, mio Re. »

E ancora: « la mia sostanza è un nulla da­vanti a Te. » - Diventa umiltà di confessione o di glorificazione: « ogni cosa a Te appar­tiene, e noi ti rendiamo di quanto abbiamo ricevuto. » È umiltà di riconoscenza e di amore. Se essa rileva qualcosa in sè di lo­devole, essa conosce la mano che ha inco­ronato il suo capo, e il suo primo gesto è quello dei vecchi dell'Apocalisse per gettare la corona ai piedi di Dio. Così l'umiltà re­gola i veri rapporti dell'uomo riguardo a Dio. (S. Tommaso)

2. L'umiltà ci pone nella verità riguardo a noi stessi. Essa ci insegna che di proprio noi non abbiamo che il nulla: noi abbiamo d'imprestito l'esistenza, il posto che occu­piamo nella creazione, i doni dell'intelletto, le qualità del cuore e, sopra ogni cosa, i doni soprannaturali. Sotto questi gioielli, vi sono le nostre miserie: le dorature abbelli­scono gli oggetti, ma ogni oggetto, malgrado la doratura brillante che lo mette in evidenza, conserva il suo essere in materia bruta e co­mune. Il solo nulla è di nostra proprietà. Al nulla, che in sè è disgrazia piuttosto che col­pa, noi abbiamo aggiunto il peccato: ci siamo spogliati della veste di onore della quale Dio si era compiaciuto adornare il nostro essere. Il peccato non arriva mai solo: il nubifra­gio lascia sempre traccia della sua rovina. Quell'anima che tuttora serviva Dio senza preoccupazioni, volenterosamente, e che ora trova insipida la manna, è perchè essa ram­menta le carni d'Egitto: sono gli avanzi del peccato: oscurità dell'intelletto, depressioni della volontà. Ecco quel che sono. « In questo mio povero io, che sente il suo nulla, io diffido dei miei giudizi pervertiti, non fac­cio gran conto di questa ;mia volontà della quale temo i tradimenti; veglio su questo mio cuore che abbisogna A un guardiano; pongo in strettezza questi sensi, ai quali occorre un freno potente..» (M. Barat)

3. L'umiltà ci pone nella verità riguardo al nostro prossimo. Questo mio prossimo potrà essere dotato meglio di me in quanto a qualità; ma non ha nulla di più, ogni cosa appartenendo a Dio. Se la mano divina si è aperta per favorirmi, ignoro il perchè delle sue preferenze, e io lo so, una cosa è in me aumentata: il mio debito verso Dio. Dunque la modestia, la dolcezza devono regolare i nostri rapporti con il prossimo.

Tale è l'umiltà formata in noi dalla sola verità. Essa però non è sufficiente: manca di calore, dice S. Bernardo; essa ci inabissa nella visione della nostra profonda abiezione; bisogna aggiungere ad essa l'umiltà formata ed infiammata dalla carità. Questa ci eleva, ci consola, ci incoraggia e ci induce ad ac­consentire di buon grado a non voler essere che il nulla, affinchè Dio sia il tutto. La conoscenza di noi stessi, ossia l'umiltà di spirito non è che una preparazione alla virtù cristiana dell'umiltà, che risiede negli affetti del cuore.

Questa umiltà, frutto di fede, che S. Gre­gorio chiama col nome di maestra e madre di tutte quante le virtù, ci viene insegnata dal Divin Maestro: « Imparate da me che sono dolce e umile di cuore, e troverete riposo alle vostre anime.

Invocazioni. - Gesù mio, quel che mi riempe di gioia, è che Tu sei tutto ed io sono nulla; poiché se io non fossi un nulla, Tu non saresti tutto. (S. Agostino)

Dio mio! fammi ben comprendere quelle parole che hai detto alla tua serva fedele, santa Margherita Maria Alacoque: « Che possiedi tu, polvere e cenere? Di che ti glori se non hai altro che il nulla e la miseria? » La mia contentezza sia adunque nelle sole umiliazioni, perchè questo è quanto mi è dovuto, e non mai nelle approva­zioni e nelle lodi che a Te solo sono dovute.

Esame cli coscienza. - Ho la convinzione pratica del sovrano dominio di Dio su di me?..... Se è così, perchè tante rivolte di fronte alle contrarietà, alle umiliazioni, a quel che mi fa soffrire? - Sono ben risoluta per l'avve­nire a sottomettermi più umilmente a quello che piace a Dio, o ai miei superiori di disporre di me? - a soppor­tare giocondamente le piccole umiliazioni che la bontà di Dio m'invia? - a precorrere le umiliazioni a fine di rassomigliare sempre più a Gesù?

Fioretto. - «Dio mio, io non sono che quel che sono davanti a Te.» (S. Francesco d'Assisi)



OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
05/09/2009 22:30

LE CONTRAFFAZIONI DELL’UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - Gli errori sono sempre gravi quando trattasi di cosa di alto valore, perchè la gravità dell'errore è proporzionata al valore delle cose. Che diresti di qualcuno che pagasse per diamante un pezzo di vetro? L'umiltà è falsa quando la sua nozione è inesatta. Si dice, per esem­pio: « Essere umili è come ricadere nel nulla; che rimane di noi se noi accettiamo questa umiltà? » Ebbene, l'insensato, disse Alberto il Grande, non può comprendere la dignità dell'umiltà e, non può stimarne il valore. L'umiltà non è certamente la viltà: il cristiano è l'immagine di Gesù Cristo. Or­bene, dice S. Leone, in Gesù, l'umiltà non ne ha affatto diminuito la maestà, come la maestà non ne ha impedito l'umiltà, anzi, se il Salvatore ha accettato l'umiltà, fu a condi­zione che essa avrebbe rispettato la sua maestà. - L'umiltà trovasi a posto in tutte le anime grandi. L'umiltà non è il nulla: quel che rimane nelle anime umili è Dio stesso. « L'umiltà, dice S. Bernardo, è Dio nelle sue creature. L'umiltà, dice S. Agostino, è difficile a colui cui Dio non è sufficiente. »

Questo errore su l'umiltà, questa specie di umiltà falsa svuota profondamente l'anima, se questa si vuole ostinare a mantenere il vuoto e a non colmarlo coi metterci la pietra fon­damentale: Gesù Cristo. Questo è un voler rimanere uomo e miseria, è dimenticare che « non vi ha nulla di più grande, di più au­gusto, di più magnifico del cristiano, che è un altro Gesù Cristo vivente sulla terra; » (M. Olivier) e così l'edificio manca di base e, malgrado ogni sforzo, nulla si potrà edi­ficare di solido e duraturo. « In questa falsa umiltà manca la luce per produrre alcunchè di bene. » (S. Teresa) La vera umiltà invece deve essere congiunta a parecchie altre virtù, come la confidenza in Dio, « la magnanimità, che ci porta a stimare noi stessi dal punto di vista dei doni del cielo. » (San Tommaso d'Aquino)

« Vi sono persone che si dilettano in una umiltà falsa e puerile che le impedisce di guardare e di vedere in esse quello che Dio vi ha messo di buono; » (S. Franc. di Sales) questo è un accecarsi e nessuna virtù è cieca.

Vedere il lato divino nell'uomo e riferirlo a Dio, non è affatto orgoglio: è l'umiltà nella verità. (S. Bonaventura) E così gli an­geli sono umili nella loto gloria; « colmi di doni e di favori, essi sono tanto più umili in se stessi quanto sono vicini a Dio. » (S. Bonaventura) Se Maria Santissima non avesse voluto vedere i doni di Dio in se stessa, essa non avrebbe mai intonato il cantico di gloria, il Magnificat, « che non è il canto di un'anima che trema e teme, ma quello di una privilegiata, che gioisce delle sue grandezze. » (S. Bérnardo)

Questa falsa umiltà nuoce ai doveri di carità. « Quando questa lo esiga, bisogna prontamente e con franchezza trattare con il prossimo per istruirlo, per essergli utile e di consolazione. » (S. Francesco di Sales) « La carità, evitando l'ostentazione del bene che essa opera, non tralascia di cercare di edificare il prossimo, ben sapendo che è umiltà mal intesa, quella di voler sempre nascondere ogni sorta di bontà; » (Padre De Laveyne) e S. Francesco di Sales ag­giunge: « Le umiltà che portano pregiudizio alla carità, sono indubitatamente false. »

Orgoglio è attribuire a se stesso quello che è di Dio o che proviene da Dio. Il suo male sta nel desiderio sregolato di grandezze, che non ci appartengono affatto, ma il co­noscere in sè e confessare i doni di Dio, è far atto di umiltà, l'umiltà essendo nella ve­rità. Chi è umile, si rammenta che l'eccel­lenza dei doni trae dietro di conseguenza un rendiconto più rigoroso a Dio di questi doni, e obbliga a una più grande generosità nel servizio di Dio. E così che S. Giovanni si dava questo titolo, che maggiormente gli creava obblighi davanti a Dio: « il discepolo che Gesù amava. » Una viva considerazione delle grazie ricevute da Dio ci rende umili, poichè la conoscenza genera la riconoscenza. Certamente, nulla può tanto umiliare di fronte alla misericordia di Dio quanto la moltitu­dine dei suoi benefici, e nulla ancora deve tanto umiliarci davanti alla sua giustizia quanto la moltitudine dei nostri misfatti. » (S. Francesco di Sales)

Questo santo si era immaginato, a quat­tordici anni, che l' umiltà consistesse nel darsi un contegno speciale; teneva il capo inclinato a sinistra e camminava cogli occhi bassi. Ma bentosto gli passò per la mente che tutto questo non era affatto richiesto dal Vangelo; ne parlò al suo confessore che la pensava pure così, e da quel giorno non reclinò più il capo, e camminò diritto. « Non si tratta, dice S. Gregorio Nazianzeno, di torcere il collo, di parlare a bassa voce, di abbassare il capo e di camminare in un certo modo; bisogna avere una grande leva­tura d'animo, tanto splendore divino nel cuore e un'affabile semplicità di modi. » il de­coro principale della santità è il modo non comune col quale si fanno le azioni più comuni. All'interno, come pure all'esterno, l'umiltà è tutta d'un solo pezzo; in essa, l'essere e l'apparire vanno meravigliosamente d'accordo. Dunque, nessuna singolarità di portarnenti, niente di quelle apparenze strane e imbarazzate, nulla di fittizio, e, sopratutto, nessuna posa! L'anima veramente umile non pensa a se stessa; prosegue il suo cammino ingenuamente e francamente; non ha mai l'aspetto compassato; ma fintanto non cam­mina alla leggera e sa rispettare sempre e profondamente la santa presenza di Dio.

Invocazioni. - Che Ti renderò, o Dio, per tutti i beni di cui mi hai ricolmo? O Gesù! qualunque cosa potessi fare, men potrei mai contraccambiare degnamente un solo dei tormenti che Tu hai sofferto per me; la minima delle grazie che perdonarono i miei peccati; la minima di quelle che me ne preservarono; la minima delle tue ispirazioni, nè un solo momento di quella felicità che spero godere in cielo. Sono indegno della minima delle Tue misericordie. » (B. d'Avita) Fa, Signore, che io Ti conosca e conosca pure me stesso: ch'io Ti conosca per amarti, ch'io conosca me stesso per odiarmi.

Esame di coscienza. - Non ho forse tratto una qualche vanità dai doni di Dio? – Ho messo a profitto i talenti che mi ha confidato? - Non ho forse guardato l'umiltà da quel falso punto di vista che sminuisce la grazia di Dio? – Il mio portamento esterno ispira rispetto per la santa presenza di Dio, il cui ricordo mi dev'essere abituale? - Sono semplice di modi, calma, modesta, raccolta?



I GRADI DELL’UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - Per arrivare a quell'umiltà che favorisce lo sviluppo della vita divina in noi, bisogogna salire a gradi, dolcemente, la scala della virtù.

Il primo grado consiste nel disprezzare noi stessi, sinceramente, come degni di disprezzo per le nostre molte miserie. Quest'umiltà di primo grado consiste nello stimarci misera­bili, tal quale siamo realmente. S. France­sco di Sales dice: Il più alto punto di que­sta prima umiltà sta, non solamente nel riconoscere volontariamente la nostra abie­zione, ma nel compiacercene, non per viltà e sconforto, ma per esaltare maggiormente Dio in confronto a noi. « Stimiamoci dunque sempre come grandi peccatori, fra i più grandi, anche allorchè noi sappiamo che altri hanno peccato maggiormente, perchè le colpe da noi commesse, dopo tanti favori di lumi e di grazie, sono più gravi davanti a Dio, che non i peccati altrui, sebbene più nume­rosi. » (S. Alf. de' Liguori) « Tu non avrai ancor tratto profitto di perfezione, dice santa Teresa, fino a tanto che non ti reputerai la peggiore di tutte. » - « Se tu hai all'esterno qualcosa che ti faccia apparire più santa delle altre, pensa che, all'interno, il tuo prossimo ha qualche virtù che lo rende superiore a te. » (S. Agostino)

O quante anime si fermano davanti a que­sto primo gradino dell'umiltà, senza osare di salirlo! Queste anime guardano troppo al prossimo e poco o punto a se stesse. « Delle anime che effettivamente non danno affatto desiderio di essere preferite alle altre se ne trovano, ma come sono rare quelle che vor­rebbero essere abbassate dall'elevazione al­trui. » (P. de Laveyne)

II secondo grado dell'umíltà consiste nel desiderare che tutto il mondo abbia gli stessi nostri sentimenti di disprezzo a nostro ri­guardo, e ci giudichi come noi giudichiamo noi stessi, alla luce della verità e per l'onore e la gloria di Dio. S. Teresa era arrivata a questo punto quando scriveva: « Non igno­rando quel che c'era nel mio cuore, ero così lontana dal voler essere considerata da quelle buone figliuole per migliore di quello elle ero, che non potevo sopportare, senza molta pena, la troppo buona opinione che esse avevano di me. »

Dovranno esservi dunque due misure? dice S. Bernardo. Tu confessi dentro di te stesso che vali poca o nulla; questo hai ve­duto alla luce della verità; poi, con noi, vuoi essere stimato più di quello che hai trovato di valore sulle bilance della verità. Temete Dio, poichè è una vera abbominazione da­vanti a lui il vanto della volontà su quello che la verità ha d prezzato. » - La beata Maria degli Angeli diceva: « Non sono su­perba che sopra un punto, ed è che disprezzo le lodi. Non trovando in me stessa se non miserie e peccato, mi persuado che desidero essere oggetto di orrore per gli altri. »

Saliamo ancora un po' più in alto! Il terzo grado consiste nel compiacersi di essere trattati in conformità a questi grandi pensieri di umiltà. Bisogna arrivare fin qui, per arri­vare alla vera santità solida e veramente de­gna di chiamarsi così. Questo parrà facile a chi abbia già salito i due primi gradini. Pur­troppo! non è così, poiché un edificio non si può supporre costrutto per la sola ragione che se n'è tracciato il piano pro­gettato. Noi ripetiamo bensì e sovente, che siamo cosa da nulla, che siamo miseria e peccato; ma come rimarremmo offesi se qual­cuno ci prendesse in parola e ci manifestasse pubblicamente tali come noi diciamo. (San Francesco di Sales) Ecco una persona che protesta la sua indegnità, che si fa piccina il più possibile parlando di sè; ma provatevi a prenderla in parola e a trattarla senza troppi riguardi, come conviene a una cosa di poco valore, vedrete come scatterà; non avrà ab­bastanza lingua per raccontare qua e là i vostri modi strani, la vostra supineria, e il vostro poco buon senso. Diceva: Son piena di difetti, valgo un bel nulla e merito l'in­ferno per i miei peccati; ma per essere stata rimproverata, perchè le si è detta una parola di biasimo o sgarbata, essa si è adontata immediatamente, si è offesa gravemente; l'u­miltà scompare, è l'orgoglio che domina.

Le anime veramente umili non solo sop­portano le umiliazioni, ma le cercano con premura e le accolgono con vera gioia; esse le amano per l'amore che portano a Gesù, e perchè in questo modo vogliono parteci­pare alle sue umiliazioni e agli obbrobri sop­portati per noi.

Invocazioni. - « Dio mio,Ti amo e intendo di fare quanto posso per piacere a Te. Perdonami i dispiaceri che Ti ho procurato con il mio orgoglio: accordami la forza di essere fedele alla promessa che Ti faccio di non più lagnarmi degli affronti che mi saranno fatti, » (San Alfonso de' Lig.) Signore, desidero di essere sprezzato per amor Tuo, non riceverò se non quello che è dovuto alla mia miseria. Desidero che si riferisca alla Tua gloria, quel tanto di bene che mi sarà dato di fare: in tutto e per tutto io voglio « essere ignorata e stimata per un nulla. » (Imitazione)

Esame di coscienza. - Ho in cuore, e sinceramente, la convinzione di essere la peggiore di tutte? - E allora per­chè mai quei confronti che io faccio così volentieri fra me e le mie consorelle? - Sono felice davvero se occupo il vero posto che mi spetta: l'ultimo? - In che modo accetto le parole di biasimo, le correzioni, le mancanze di riguar­do? - Penso veramente che qualsiasi impiego od occupa­zione, per bassa che sia, è buona per me?

Fioretto. - « Non ti mettere mai più in su del livello comune, e nemmeno al livello comune, ma al disotto di que­sto livello, e rimani lì. »



NECESSITA’ DELL’UMILTA’ COME BASE DI VITA CRISTIANA

Considerazioni e riflessioni. - Tutta la possibilità, nella vita di perfezione, è sinte­ticamente compresa in queste affermazioni: « Senza di me, voi nulla potete. » - « Tutto posso in colui che mi rende forte. » Una del Maestro e l'altra del grande Apostolo. La sola umiltà le sa ripetere a dovere e con sincerità, ponendosi così in condizioni da poter praticare le virtù.

L'umiltà, dice S. Tommaso, non è sola­mente la prima delle virtù per la sua eccel­lenza, ma essa è certamente la prima ancora nella scala delle virtù, perchè base alle altre. - E quand'anche i muri del vostro edificio fossero d'oro, dice S. Alfonso, se voi non avete cominciato a scavare e a mettere buone fondamenta, voi non avete fabbricato nulla di solido. « Voler acquistare le altre virtù senza l'umiltà, sarebbe agire come qualcuno che lasciasse esposta al vento una polvere preziosa; » (S. Gregorio) sarebbe un seminare nel deserto, aggiunge S. Giovanni della Croce. Di qui si può comprendere il perchè di tanti bei titoli dati a questa virtù fin dai primi anni del Cristianesimo: «Sigillo del Cristiane­simo, » - « Tesoro e radice delle virtù » - « Angelo di sentinella alla guardia delle virtù, » - « Precursore della carità » - « Atmosfera della vita cristiana e casa natale di tutte le virtù. » « Se qualcuno di voi mi vuol seguire, ri­nunci a se stesso. » In queste poche parole si trova in germe « quell'incomprensibile se­rietà della vita cristiana, il cui primo atto è di voler far scomparire l'amor proprio nel­l'uomo per cedere il posto allo spirito di Gesù Cristo. » Il vero giusto, perciò il cri­stiano, il discepolo di Gesù è dunque l'u­mile. È più che necessario dunque essere umili, la religiosa non essendo altro che una migliore cristiana.

Secondo la S. Scrittura, l'orgoglio è il principio di ogni peccato, essendo l'eco di quello sfrontato « no » che Lucifero ribelle lanciò al Signore, all'Altissimo; al contrario, l'umiltà cede e sottomette l'anima a Dio. « L'orgoglio è amore di se stesso, che arriva fino al disprezzo di Dio: l'umiltà è amore di Dio che arriva al disprezzo di se stesso. Orbene l'umiltà uccide l'orgoglio, come Davide uccise Golia, come Gesù Cristo vinse il demonio. » (S. Agostino) Tutte le grandi cadute furono causate dall'aver eretto troppo il capo, cioè dai pensieri di orgoglio; al con­trario, tutti i beni ebbero per causa l'abbas­samento del capo, mediante l'umiltà di pen­siero.

L'umiltà non si limita a spargere in noi il seme delle virtù, ma « essa le sviluppa, le conserva, le afferma e le fa trionfare. » (S. Benedetto) Essa ci assicura la perseve­ranza nel bene, perchè si appoggia sopra due colonne incrollabili, su questi due pen­sieri: diffidenza di noi e confidenza in Dio. Chi si scoraggia nella pratica di questa virtù? Quelli che guardano a se stessi e non a Dio, per il loro passato e per il presente. L'umiltà domanda perdono a Dio del passato, si ri­mette alla sua misericordia per il presente e spera tutto da Lui per l'avvenire. Essa possiede il vero timore di Dio: un timore filiale, rispettoso e una confidenza più che abbondante. Nelle anime umili, confidenza e timore sono associate e meravigliosamente intessute assieme, come il filo e la trama di un panno: la confidenza ne è il filo, il timore la trama, e questa trama è formata da quel tanto di timore che conviene al rispetto e alla prudenza. Ma se il panno vuol essere bello, la trama non deve apparire: più si sale in alto nella santità, e meno appare questo timore, perchè si addolcisce man mano fino a diventare confidenza ancor esso.

Dio non mancherà mai per gli umili, dice S. Ignazio, perchè Dio è divenuto pensiero e amore costante nell'anima umile: perchè gli umili non si trovano più sulla soglia della vita cristiana, ma sono già penetrati fino al santuario intimo della vita interiore.

Ma se noi vogliamo corrispondere a una chiamata più intima, se noi sappiamo che Dio ci vuol chiamare ad una più alta ele­vazione in santità, bisognerà che noi ci umi­liamo ancor più. Per arrivare più in alto, bisognerà scavare più basso ancora le fon­damenta. S. Teresa dice 'che la misura della nostra umiltà è la misura della nostra pietà; di tanto noi ci avviciniamo a Dio, quanto noi siamo umili; e S. Giovanni della Croce aggiunge: Per essere tutto, bisogna accon­sentire a essere nulla. E allora, quanto dovranno essere piccole e umili quelle anime privilegiate, che saranno, nel campo del grande Seminatore, come i grandi alberi, all'ombra e fra i rami dei quali cercheranno rifugio, conforto e riposo molte altre anime, perchè se l'affondamento delle loro radici non sarà in proporzione nella loro altezza, le loro cadute saranno disastrose in propor­zione di quella stessa altezza pericolosa. « O nobile virtù di umiltà, quanto sei ne­cessaria in questa vita! » (S. Francesco di Sales)

Invocazioni. - Signore, ho ben compreso che l'umiltà è necessaria a tutti, e che più si ha ricevuto e più si deve di umiltà. Vorrei raggiungere lo scopo della mia vita tutta nella semplice mia qualità di cristiana e di religiosa; voglio dunque innalzare molto in alto l'edificio della mia perfe­zione. Voglio quindi appoggiarmi solidamente all'umiltà, perchè conosco che una novizia non incomincia bene se non è ben risoluta di tenere, in religione, l'ultimo posto fra tutte; e che non potrà mai perseverare nello stato re­ligioso se non ha risoluto di umiliarsi, di tutto cuore per amore di Gesù.

Esame di coscienza. - Ho lavorato seriamente a ben convincermi del mio nulla? - Sono ben risoluto a lasciarmi trattare come nulla? - È sul fondamento dell'umiltà che io intendo elevare l'edificio della mia perfezione? - La mia volontà è ben sottomessa a Dio? - Ho già incomin­ciato a vivere di questa vita interiore in cui Dio è tutto?



NECESSITA’ DELL’UMILTA’ NELLA VITA RELIGIOSA

Considerazioni e riflessioni. - Una reli­giosa è ritenuta come un'ausiliaria di Dio, un tratto di unione fra Dio e le anime. A questi titoli essa è tenuta primieramente, a rispettare i piani di Dio; secondariamente, a non appoggiarsi che su Dio.

1. L'umiltà s'accorda ammirabilmente a ri­spettare i piani di Dio. Anzitutto, essa ricono­sce che la vocazione è un dono divino. Essa gioisce di essere stata la preferita, poichè se pure si può, in mezzo alle grandezze e le vanità del secolo, rimanete umili di cuore con Gesù, tuttavia non si arriva a rassomi­gliare a Lui fino al punto di essere, per li­bera scelta, in uno stato di continua dipen­denza e di umiliazione, come avviene nello stato religioso. Essa si guarda da quei ri­torni di compiacenza sul passato, che la fa­rebbero perdere anche fra le braccia della penitenza, dopo aver rinunciato al mondo. La novizia umile non ricorda quel che, forse, si disse di essa nel mondo: « Voi siete una santarella: oppure essa sa che le santarelle di una parrocchia no» sono le sante di co­munità; che per essere e per fare la religiosa, bisogna togliere di mezzo la signorina, » (M. Barat) con la perfetta pratica delle rinun­cie e con lo spezzamento della propria vo­lontà.

Novizia o professa, l'anima umile desidera di estendere il regno di Dio, ma essa non si prende nessun incarico, senza essere chia­mata da Dio, che solo feconda lo zelo an­nettendo le sue grazie alle missioni speciali.

La santa indifferenza è lo stato dei per­fetti, diceva S. Vincenzo de' Paoli. E come l'umiltà mette bene in pratica questa santa indifferenza! Scegliere il posto mio nella vi­ta? Quale imprudenza! Determinare a Dio quello che deve fare per me? Quale presun­zione! Essere poveri strumenti di Dio e nulla più, ecco la nostra parte. Dio non abbiso­gna di nessuno per compiere le sue opere; tanto più noi ci ritiriamo, e tanto più egli metterà del suo per la buona riuscita dei suoi piani. Una buona religiosa nulla desi­dera e nulla rifiuta. Se Dio le dà qualche carica e la costituisce in dignità, essa si umi­lia ancor più, allo stesso modo di Ester che, alla corte di Assuero, deponeva davanti a Dio i segni orgogliosi della sua potenza.

Fortunate le comunità, l'ultimo rango è il solo disputato!

2. L'unailtà si appoggia unicamente sul soccorso divino.

Essa diffida di se stessa. « Anche allor­quando si camminasse sulla via a passi da gi­gante, bisogna considerarsi come fanciullo di due mesi.» (S. Teresa) Allo stesso tempo l'umiltà pone in Dio tutta la sua confidenza. Se noi non riusciamo è perchè noi contiamo su di noi, dice S. Vincendo de' Paoli; nelle cose di Dio non bisogna credere ai mezzi umani, come non si crede all'aiuto del dia­volo. - « In una impresa, abbandonatevi tutto a Dio dal quale dipende il buon suc­cesso; e nella scelta dei mezzi, lavorate come se il successo dipendessi da voi stessi, dice S. Ignazio. Aspettando tutto da Dio, più si è poveri di mezzi, e più il coraggio ingran­disce. I santi agirono e agiscono secondo queste massime, e di ciascuno di essi si può dire quel che S. Giovanna di Chantal disse di S. Francesco di Sales: Era l'anima la più ardita, la più generosa, là più capace a sop­portare i lavori che Dio gli affidava. Mai si ri­traeva, e diceva che Dio ci fa pure vincere le difficoltà di qualsiasi, impresa ch'egli ci ha affidata. »

Chi calcola prima scrupolosamente tutte le difficoltà, non farà mai nulla nel servizio di Dio, disse S. Ignazio. L'umiltà, dopo essersi munita di tutte le precauzioni della prudenza, lascia molto alla Provvidenza.

L'umiltà, essendo il segno pratico dei di­vino, pone interamente la religiosa al servizio di Dio e le lascia credere che Dio può grandi cose per mezzo di essa, precisamente a causa della sua piccolezza. Se noi non facciamo grandi cose, questo non proviene da Te, mio Dio, ma dalla nostra mancanza di confidenza e di coraggio, diceva S. Teresa. Tre soli val­gono più di dieci, quando il Signore mette mano nelle imprese, e la mette sempre al­lorchè ci toglie i mezzi umani. (S. Vincenzo de' Paoli) a Tu tremi, le difficoltà ti fanno tremare! Che Dio ti benedica, eterna paurosa; per me, il mio nulla e la mia miseria aumen­tano la mia confidenza. » (M. Barat) L'anima umile è felice, perchè la sola gloria di Dio scaturirà dai suoi lavori e dalle sue fatiche; essa si stringe fortemente a Gesù; essa dif­fida del desiderio di veder tutto riescire nel modo migliore; essa comincia con fermezza, continua con costanza, interrompe con ras­segnazione, riprende con calma e finisce con un po' di lentezza; e questo è segno certo e sicuro di anima virtuosa e forte. Quest'anima è veramente la collaboratrice di Dio, e quanto stabilisce bene il Suo sogno quaggiù!

Invocazioni. - Dio mio, amabile cuore di Gesù, voglio abbandonare e dimenticare assolutamente me stessa, per non avere e per non vedere altro che la Tua volonta. Cuore di Gesù, guidami Tu. Tu mi sei sufficiente!

Fa di me e in me quel che sarà più glorioso per Te senza badare alla mia soddisfazione. Contenta Te stesso questo mi è sufficiente. (S. Margherita Maria Alacoque) Io non sono nulla, ma mi approprio quello che Tu dicc all'umile penitente, Margherita da Cortona: « Sii fori figlia mia: poveretta, sii forte in me, Gesù Cristo, Signore: sono con te e ti benedico!»

Esame di coscienza. - Mi sono tenuta indifferea almeno nella volontà, nei differenti impieghi che mi ve nero affidati? - Sono pronta ad abbandonarli al primo cenno dei miei superiori? - Mi sono appoggiata a Gesù per ben riuscire? - I miei insuccessi non furono forse causa dalla mancata mia confidenza in Dio? e da una ingerenza troppo naturale e personale, negli impieghi di mio gusto?



VANTAGGI DELL’UMILTA’ CHE CI PERVENGONO DA DIO

Il suo favore.

Considerazioni e riflessioni. - « L'umiltà è in grande favore alla corte del gran Re. L'umiltà parrebbe essere una virtù che ci allontana da Dio, che sta sulla cima del monte, in quanto essa ci fa discendere per avvilirci, abbassarci e sprezzarci; tuttavia succede il contrario assolutamente, perchè man mano che noi ci abbassiamo, ci ren­diamo più capaci di salire su per il mistico monte, ove noi troviamo il Padre celeste. (S. Francesco di Sales) Di tanto tu sarai grande davanti a Dio, quanto tu sarai vile ai tuoi occhi, disse Papa Leone XIII. L'u­miltà imprime un forte movimento di retro­cessione all'anima, dal quale essa prenderà tutto lo slancio per correre a Dio. Meglio ancora, è Dio stesso che accorre, spinto dalla sua grande misericordia. Questa va in­cessantemente alla ricerca dei miseri, dice S. Francesco di Sales; e sono i più miseri quelli che maggiormente attirano la sua com­passione. « Umiltà! virtù bella, che hai la possanza di inclinare Dio fino a noi! (San Bernardo) Nella nostra condizione di deca­denza e di riscatto, noi nulla siamo, nessun valore abbiamo e nulla possiamo se non per mezzo dell'altare, per Jesum Christum: ma all'altare non si è ben visti se non a con­dizione che si offra sacrificio. Orbene, diceva S. Giovanni Crisostomo, l'umiltà è il più grande dei sacrifici. Essa offre dunque a Dio la migliore cosa possibile per contrarre alleanza con Lui.

E Dio spande a piene mani nell'anima umile, divenuta suo giardino di delizia e suo cielo, le migliori sue grazie.

Questa virtù ha il potere speciale e incom­parabile di innalzarci a Dio e di attirare su di noi le sue grazie di predilezione, grazie che Egli non concede che ai piccoli e umili di cuore. Più essa si abbassa e più si attira la maestà di Dio; quanto più essa teme il ba­cio glorioso, tanto più se ne avvicina e lo attrae. Forse che tutto non proclama ben alto la predilezione di Dio per tutto quanto è piccolo, umile, oscuro? Non è certo su al­beri giganteschi Egli fa nascere la regina dei fiori; ma sopra un arbusto; è all'ombra negletta, fra le erbe calpeste dagli animali e dall'uomo, che egli benedice la viola, lar­gendole il più delicato profumo; è nelle vi­scere della terra e dei monti che egli pose l'argento, l'oro, i diamanti, lo smeraldo, i rubini; è fra gli abissi del mare che l'uomo deve cercare le perle, il corallo e l'ambra profumata. E fu ancora a pastori, a gente umilissima di condizione, che Egli rivelò, prima che ad altri, la maestà, annientata nel­l'umanità nostra, del suo unico Figlio Gesù. Ed è sull'abbassamento, sulle umiliazioni, sugli obbrobrii di quel suo caro figlio che Egli ancora ammassò tutte le sue glorie. E sant' Idelfonso disse di Maria Santissima: « Essa è stata proclamata piena di grazia, perchè trovata vuota completamente di se stessa. » Dio è la fontana, dice S. Giovanni della Croce, e da essa traggono più acque quelli che vanno ad essa con secchi più profondi. E perciò, per fare provvista ampia di grazie, vi ha un recipiente adatto a ciò; S. Giovanni Grisostomo ce la designa così: « l'umiltà recipiente è ricettacolo della grazia. »

Un cuore ben svuotato dall'umiltà, e ben abbassato per abbiezione, attira spontanea­mente a sè lo Spirito Santo; Egli è così at­tratto da questa virtù che slanciasi spontaneo nel vuoto lasciato da essa nei nostri cuori. Poichè l'umiltà attira la grazia, noi pos­siamo applicare ad essa le parole di san Tommaso: « Essa unisce l'anima a Dio. » - Dove ho abbandonato me stesso, lì ho trovato Dio; dove mi sono ritrovato, lì ho perduto Dio. » (Tauler)

Nostro Signore, disse san Francesco di Sales, riposa il suo spirito sui poveri e su gli umili. Egli rifugge dai nostri cuori altez­zosi e orgogliosi, si comunica ai semplici e concede ad essi il suo spirito, col quale essi operano grandi cose. « Le anime più piccine sono le più amate e son quelle che prima di accendere il fuoco dell'amor di Dio hanno tolto accuratamente dal camino le fuliggini dell'amor proprio. » (M. Barat) Per essere santi e per compiere grandi cose, nessuna cosa è più forte dell'umiltà, perchè Dio trovasi tutto in essa. « Voglio che tu sii il meno possibile te stessa: che tu sii semplicemente la scorza del Cristo. Bisogna che Gesù si formi in te in tutto il suo sviluppo. Più tu sei Gesù e Gesù solo, e più tu entrerai nell'opera divina. Essere te stessa anche un solo minuto, ciò mi ferme­rebbe, mi ritarderebbe per il fine che io mi proposi in te. »

Signore, vedo e comprendo, e applico a me queste parole che Tu dicesti ad una fra le tue serve fedeli.

Invocazioni. - Dio della mia vita, conosco quel che Tu ami! Mi abbasserò, mi farò piccina poiché è agli umili che Tu concedi le Tue grazie. Sono cenere e pol­vere. Se mi stimo qualcosa di più, Tu sorgi contro di me, e i miei peccati rendono del mio nulla una testimonianza che io non posso contraddire. Ma se mi abbasso, se mi riduco al nulla, se sprezzabile ai tuoi occhi io cado nella polvere, mia unica dote, la Tua grazia mi sarà propizia e la tua luce s'avvicinerà al mio cuore. « Che io non dimentichi mai che solo un cuore dolce e umile può pe­netrare nel Tuo cuore adorabile! » (S. M. Maria)

Esame di coscienza. - Ho ben compreso che Dio mi prepara le sue grazie, mediante l'umiltà, e il progresso per mezzo delle umiliazioni? - Qual è la mia abilità nello scoprire i mille inganni del mio amor proprio nei pensieri, negli affetti e nelle azioni? - Amo davvero l'umiltà? - Traggo profitto dalle umiliazioni?



VANTAGGI DELL’UMILTA’ DA PARTE DI NOI STESSI

La pace.

Considerazioni e riflessioni. - Alle ani­me che cercano nelle virtù il cammino della felicità, l'umiltà offre una pace santa la cui dolcezza « sorpassa ogni concezione. » Essa ce la procura giustificandoci davanti a Dio e rendendoci pazienti verso noi stessi.

1. L'umiltà ci giustifica davanti a Dio. Ri­cordiamoci il buon pubblicano e quel che gli meritò l'umile confessione delle sue colpe: questa lo avvicinò di tanto al cuore di Dio, di quanto egli si teneva lontano dall'altare.

Fossimo anche dei scellerati, dice San Vincenzo de' Paoli, se noi ricorriamo all'u­miltà, essa ci farà diventare giusti.

L'umiltà ci purifica anche dalle colpe quo­tidiane, perchè « le colpe veniali vengono cancellate in un atto di umiliazione a Dio. » (S. Francesco di Sales)

L'umiltà, disse M. Barat, è un ago col quale si rammendano molti strappi. Con essa noi siamo in condizione adatta e più forti, per strappare ogni minima radice di quelle erbacce che rimangono nell'anima, e che non possono essere strappate che dal­l'umiltà. (S. Teresa)

Allora noi dispereremo un po' meno di potere crescere agli occhi di Dio. « Le grandi santità mi fanno paura, diceva la venerabile fondatrice delle Suore del Sacro Cuore; tuttavia vi è almeno un lato per il quale io potrò sempre accostarmi e avvici­narmi a quei grandi modelli: è l'umiltà. È da questo lato che io proverò sempre a Dio che lo amo. » Su questa base incrollabile, l'anima è stabilita nella pace interiore, e al­lorquando essa prende lo slancio per salire, lo fa con giocondità di cuore; e sale per darsi completamente a Dio. « Un'anima, da­tasi così al suo Signore, non cammina più, ma slanciasi e vola; la croce non pesa più, la croce non è più croce, ma bastone da viaggio; le spine non sono più spine, ma sono corone che, ad esempio di S. Caterina da Siena, volentieri essa calcherebbe ognora più sul capo per dimostrare maggiormente il suo amore con la gioia di soffrire. » (M. Ba­rat) L'anima non ha più altri movimenti, ma solo quelli che portano a Dio, il cuore non ha più emozioni, se non quelle che fanno spasimare al contatto con il Cuore di Gesù.

E non è sola pace, è anche felicità, perché Dio è vicino. « L'anima umile ha Dio in petto come in un tempio. » La felicità umana non è mai completa, perchè componendosi di tante parti, qualcuna manca sempre, ma l'u­miltà è felicità completa. « Allorchè Dio ha occupato pienamente un'anima - per mezzo dell'umiltà - nulla rimane degli accidenti della vita, a darle pena. » (Sant'Ignazio) L'anima ha trovato i suo cielo. Se il cielo è un luogo, è pure anzitutto uno stato, stato di santità, di vera vita, di pace, di fe­licità: il cielo è il regno di Dio nella crea­tura. (M. de Ségur)

2. - L'umiltà ci procura la pace renden­doci pazienti verso noi stessi. « Alla pace e dolcezza del cuore è inseparabilmente unita l'umiltà: quello che ci turba incessantemente proviene sempre dal nostro amor proprio e dalla stima che noi abbiamo di noi stessi. Se noi conoscessimo, e sapessimo quel che siamo realmente, invece di stupire se ci tro­viamo a terra, stupiremmo di essere in piedi. Il Signore ci concederà la pace, quando noi ci umilieremo, adattandoci a vivere con calma in guerra. » (S. Francesco di Sales)

Le nostre imperfezioni spiacciono certa­mente anzitutto a noi stessi, e noi vorremmo volentieri disfarcene e buttarle, come si fa di un abito vecchio e sgualcito: questo non è possibile. La perfezione è lavoro di cesello, lungo e paziente. Noi cominciamo oggi a vivere di virtù e vorremmo svegliarci domani al culmine della perfezione: questo desiderio è irragionevole, è troppo vivace. « Il riposo dell'anima si trova nella pazienza dei desi­deri. » L'umiltà sola può darci questa pa­zienza, che bisogna avere con noi stessi, « pazienza che addolcisce il disgusto che noi proviamo dal vederci trattenuti sulla via della virtù dalla nostra miserabile umanità, - persuadendoci che Dio spesso ci manda buoni desideri pei quali si contenterà della nostra buona volontà, senza pretendere il fatto. » (S. Giovanna di Chantal)

Un'anima umile facilmente si accontenta, quantunque essa sia più esigente delle altre. Essa lo sa: Gesù è con lei, e questo le basta. Essa rimane soddisfatta abbastanza di ser­vire di tempio a Dio e di servirlo umilmente, nelle stesse condizioni di quella povera ca­valcatura che portò Gesù la Domenica delle Palme, per le vie di Gerusalemme, fra gli osanna degli uni e la congiura dei Farisei, - aspettando pazientemente quell'ora in cui si sentirà abbastanza migliorata da riposare sul cuore di Gesù, come il discepolo predi­letto alla Cena Eucaristica. Essa non arriverà a questo punto che penosamente, di tappa in tappa, fra lotte continue, passando dai momenti di zelo a quelli di scoraggiamento, fra le pene a torrenti e le gioie a gocce: ma essa è umile e Dio ne è contento; Egli bene­dice ai suoi sforzi e trova la sua gloria nel perdonarle, nell'incoraggiarla e questo le ba­sta: essa non cerca soddisfazioni a se stessa, ma di contentare Dio. La sua felicità è tutta qui! « Felice colui, la cui vita tende molto in alto e il cui spirito è ben umile! » (S. Nilo)

Invocazione. - O cuore amabile e divino, eccomi din­nanzi a Te prosternata per adorarti, amarti, benedirti, e riconoscere i diritti della Tua sovranità sopra di me, e la mia intera sommissione; non voler respingere queste pro­teste del mio amore e della mia fedeltà, e dégnati di rendermi docile e umile di cuore. Agli umili e dolci di cuore Tu promettesti « il riposo del cuore; » concedimi, Te ne prego, queste virtù, affinhè io sia più agile a camminare verso la perfezione.

Esame di coscienza. - Sono, fedele nel seguire questi esercizi di umiltà? - Ho sopportato pazientemente quelle piccole umiliazioni che i miei difetti mi attirano? - A ogni caduta, confesso sinceramente la mia debolezza e impo­tenza, o cado nello scoraggiamento? - Termino i miei esami con questa convinzione che tutto cammina per i meglio, per chi non si perde di coraggio e sa perseve­rare e aspettare? - Sono rassegnata a lasciare che la mia miseria serva di trono alla misericordia divina in attesa del momento che Egli giudicherà opportuno di as­secondare i miei sforzi e mi voglia santificare Egli stesso?



VANTAGGI DELL’UMILTA’ DA PARTE DI NOI STESSI (seguito)

La grandezza.

Considerazioni e riflessioni. - L'umiltà conduce alla vera grandezza.

Ai nostri giorni si è perduta assai la no­zione del valore della grazia di Dio: i doni di questa sono assai meno apprezzati che non i doni naturali. Eppure, nella Sacra Scrit­tura, le anime santificate dalla grazia sono chiamate « le montagne di Dio. » I primi doni della grazia noi li riceviamo col santo battesimo, che eleva di tanto l'anima nostra da far dire a Tertulliano che « nessuna cosa è più grande di un cristiano. » - « Tu sei di una grande razza, » diceva l'arcangelo a Tobia. Noi cristiani siamo della giù grande razza, della razza divina, poichè noi siamo fratelli di Gesù Cristo, che è figlio di Dio. Dunque una santa fierezza sta bene al cri­stiano. Abbassiamoci pure per umiltà, per carità di fratelli, facciamoci piccoli per ac­condiscendenza e per guadagnare e ricon­durre le anime a Dio, ma non abbassiamo mai quel che proviene dal nostro stato di grazia, non abbassiamo mai il nostro carat­tere di cristiano: stimati come tali dalla mente divina, non dobbiamo misurarci con un criterio puramente umano. La virtù che conserva in noi questa grandezza, mentre parrebbe abbassarla, è precisamente l'umiltà. L'incenso si conserva prezioso e intatto nel­l'incensiere; ma viene distrutto, allorchè i car­boni ardenti ne hanno rivelato il profumo. « I giusti camminano verso la grandezza me­diante l'umiltà, disse S. Agostino. » - « Ove vi ha una grande umiltà, ivi trovasi una di­gnità immensa. « L'umiltà è il piedestallo della gloria. - L'umiltà di spirito va diret­tamente alla grandezza.» - Chi si umilia, sarà esaltato. - La saggezza dell'umile rialza il suo capo e lo pone fra i ranghi della no­biltà. - L'umile, fra gli altri, rifulge come stella. Dio lo eleva mari mano che egli si abbassa, come Gesù è disceso pure agli in­ferni prima di salire al cielo. Nelle sue umili apparenze, egli rassomiglia al diamante che, per emergere nel suo splendore, dev'essere incastonato con semplicità, senza ornamenti decorativi attorno. » (Cornelio Lapierre ) « L'umile ha i piedi nella polvere, il cuore fra le spine, ma il capo in cielo. » (M. Barat) « Un bel giglio vide un giorno un grano di buon frumento a terra che, calpesto dai passanti, rimase sepolto nella polvere. Ben­tosto germogliò: apparve lo stelo, si formò la spiga e venne a maturità. Perché mai questa differenza? disse il giglio sorpre­so. Buttato a terra, io perdo la bellezza e la vita; tu, calpesto e sepolto, ricevi un'ener­gia divina, che ti fa crescere e prosperare. La spiga risponde: lo trovo la vita in quel elle pare la mia morte; quelle cose che sono dotate di una grande virtù interna, vedono il loro vigore accrescersi, vedono la loro elevazione allorquando le loro apparenze vengono sacrificate, abbassate e sembrano in deperimento. » (Cornelio Lapierre)

Nell'umile tutto si eleva: carattere, cuore: l'anima viene acquistando visioni elevate sulle cose, fondate sull'abitudine di verità, che la ispira, la determina e la guida; il suo carattere diventa sicuro, perchè riposa sui diritti di Dio e i doveri della coscienza; il suo cuore acquista nobiltà e fierezza, « non declina, nè traballa mai. »

Talvolta, lo splendore di questa grandezza pare velato. L'umile lavora in silenzio, eser­cita il suo zelo, dilata il regno di Dio; poi scompare come servo inutile, fugge le lodi umane e respinge tutto l'onore di quelli che lo hanno incoraggiato e consigliato: ma Dio deve compiere la sua promessa: « Chi si umilia sarà esaltato.» Gli umili, dice Pietro il Venerabile, nascondono accuratamente le loro opere, ma le stesse pietre levano la voce per cantare i loro successi, e per parlare delle opere loro; perciò S. Tommaso disse: « Nell'umiltà vi è una grande abilità. » Quaggiù sulla terra, l'umiltà ci dà la scienza migliore, la più utile, la più vera e quella felice libertà, che forma la più gloriosa indi­pendenza. Essa ci rende veramente simili a Dio, che si annienta per amore delle sue crea­ture, e associandoci ai suoi obbrobrii, ci as­socia pure alle sue grandezze. Allo stesso modo che Dio, per mezzo dell'umiltà, discese fino al nostro nulla, è ancora per mezzo di essa che il nostro nulla si eleva fino a Dio. « Io ti stimo assai più con l'umiltà e malgra­do molte imperfezioni, che non con maggior perfezione e meno umiltà. » (S. Fr. di Sales) Parmi che Dio doveva alla sua magnificenza e giustizia questa elevazione degli umili: que­sti posseggono l'amor di Dio fino all'annien­tamento di loro stessi; orbene, Dio non è mai l'ultimo in generosità e non vuol essere da meno di noi. E ancora: la corona di onori che essi ripudiano, ponendola sull'altare, merita che Dio la restituisca loro, aggiungendovi un qualche diamante del suo reale tesoro.

Invocazioni. - Mio Gesù, Tu hai voluto tracciare la mia via prima di me, e vivere di una vita bassa e umile. Betlemme, Nazaret, il Getsemanì, il Calvario e la S. Eucaristia, mi dicono chiaramente quanto sia stato il Tuo amore al silenzio, alle rinuncie, all'umiltà, agli ob­brobrii, e come questa sia la via da Te seguita per ar­rivare alla gloria, e all'adorazione, agli omaggi del mondo e degli angeli. Gesù mio, dammi Tu la forza per seguirti fra questi aspri sentieri; fa ch'io sia abbastanza elevato di spirito per saper abborrire e rifiutare ogni onore quaggiù, per trovare la gloria, perdendomi interamente in Te.

Esame di coscienza. - Ho ben compreso che umi­liarsi significa camminare verso la vera grandezza? - Praticamente, sono ben disposto a non cercare approva­zioni o lodi dalle creature? a riferire a Dio ogni cosa in suo onore? - So tener celate le mie buone opere, le mie mortificazioni, i favori divini? - Cerco seriamente di na­scondere i miei meriti quando l'opera mia è stata di una qualche utilità? - Posseggo quella fierezza cristiana che reputa di nessun valore se non ciò che è divino?

OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
05/09/2009 22:32

VANTAGGI DELL’UMILTA’ DA PARTE DEL PROSSIMO

La dolcezza.

Considerazioni e riflessioni. - Nostro Si­gnore ha voluto accoppiare insieme la dol­cezza e l'umiltà: « Siate umili e dolci di cuo­re. È per presentare a noi queste due virtù in qualità di sorelle gemelle, che mai si di­vidono e che vivono di una stessa vita. Allo stesso modo di certi metalli preziosi che si usano fusi assieme, perchè l'uno conferisca la solidità agli oggetti e l'altro lo splendore, completandosi così reciprocamente, così av­viene di queste due virtù: l'umiltà guada­gna a noi il cuore di Dio, e la dolcezza attira e soggioga in nostro favore il pros­simo. L'umiltà dispone alla carità e alla dol­cezza, perchè solo le anime dimentiche di loro stesse sono disposte a sacrificarsi.

L'orgoglio genera egoismo. L'egoismo, che è diametralmente opposto all'abnega­zìone ed alla carità reciproca, è una specie di culto a se stesso, è ricerca di se stesso, è disinteresse per tutto ciò che non riguarda il proprio « io. » L'orgoglio genera con l'egoismo la durezza di cuore, quella du­rezza egoistica che impedisce il compati­mento, che ignora l'indulgenza, che tratta con ruvidezza senza necessità. Dall'orgoglio dipende pure spesse volte l'avere quel che chiamasi un « carattere difficile, » cioè quella sgradevole propensione a imbronciarsi, ad offendersi per un nonnulla, a parlare aspra­mente e a seguire i capricci del proprio umore bizzarro e ineguale: dall'orgoglio pro­viene pure la troppa suscettibilità. L'umiltà invece sa che la migliore ricchezza sta nel possedere l'affetto di tutti, (M. de Chantal) sa che la pietà vera è fatta di amor filiale a Dio e di amor fraterno per il prossimo; e la religiosa umile parte dunque da questi principi per realizzare la sua alta vocazione di « ausiliaria di Dio e dei suoi ministri, di apostolato. »

Essere dolci, mansueti di cuore è la prima condizione per possedere i cuori e per dare gloria a Dio e pace agli uomini. Se non si posseggono questi cuori, attraendoli con la dolcezza, come mai si potrà volgerli al bene, a Dio, per la sua gloria e per il bene stesso del prossimo? « Bisogna farsi amare da tutti, affinchè non rimanga una persona alla quale non si possa fare del bene. » (Malebranche) Rendersi volontariamente sgradevoli è al­lontanare volontariamente da noi anime, alle quali si sarebbe potuto forse molto giovare in bene.

L'umiltà procura all'animo una grande pazienza capace di sopportare le miserie pic­cole e grandi del prossimo. - Ogni riu­nione di persone appartenenti alla stessa fa­miglia è come un ospedale, ove ciascuno porta le proprie infermità morali: di qui la necessità della reciproca tolleranza, di qui la necessità dell'umiltà, fattrice di pazienza, di cordialità, di abnegazione. « La facoltà di sopportare - facoltà così necessaria nella vita - è generata dall'umiltà, che ci fa di­mentichi di noi stessi, e che produce la bontà, la tolleranza, il perdono, l'indulgenza, la cordialità, l'abnegazione. » (Faber)

All'umiltà poco costa a dimostrarsi ama­bile e cortese verso tutti. Oh quanto racco­mandava questo mezzo per guadagnare i cuori il santo vescovo di Ginevra! « Con­servate quella gaiezza cordiale che edifica il prossimo! Cercate di procurare, a quanti vi avvicinano, il più che potete di contentezza e di consolazione, per fare stimare e desi­derare in essi la divozione. » L'anima umile prosegue col viso raggiante, con franchezza e con amabile sorriso, dice la sapienza. Essa ricorda sempre, quando deve ricorrere al rimprovero, che quelli che si occupano del prossimo guadagnano molto di più con una modestia umile, che facendo sentir troppo l'autorità. » (S. Ignazio) Essa avverte dolce­mente, consilia con persuasione e riprende piuttosto con preghiera che con comando. Vi sono moltissime circostanze in cui l'umiltà è più potente con la sua dolcezza, che non il rigore e la fierezza, ed anche che non il diritto e la ragione. » (S. P. Fourier)

È dunque così che gli umili e mansueti posseggono la terra. L'anima umile è amata e stimata da tutti. « Tu avrai certamente co­nosciuto qualcuna di quelle anime buone, dolci, affettuose, che posseggono il dono di piacere a tutti: esse posseggono un qualche cosa di speciale che attira e, allorquando si sono temprate nel cuore di Dio, allora esse posseggono tutto quel tesoro di virtù ne­cessario a compiere il massimo bene. Così fanno gli angeli in cielo: i più elevati nella gloria e in amore lasciano cadere il sop­prapiù del loro intelletto e del loro amore; illuminano e infiammano così gli angeli in­feriori e, con la più dolce e più potente delle attrazioni, li avvicinano alla sorgente di ogni bene. » (Mons. Landriot) Ecco la

funzione e la potenza dell'umiltà, quando è giunta a tal punto di rinuncia da saper lottare solamente contro la propria perso­nalità e non contro gli altri, da essere qual angelo premuroso la cui vita è occupata tutta in premure per gli altri, come l'uccel­lino vuole a qualunque costo edificare un nido soffice ai suoi piccini. Seminate dun­que la gioia nelle anime, voi che desiderate vedervi sbocciare le grandi virtù. Prima di pretendere di veder unti quelli che voi amate, rendeteli contenti. Nessuna cosa pre­para meglio l'anima alla grazia di Dio della gioia che noi avremo ad essa procurata.

Invocazioni. - Signore, dammi la pace, l'unione, la concordia, e questa virtù speciale che attira i cuori così facilmente. Ben lo so che per arrivare a questo è neces­saria una grande umiltà, camminando sulle tue divine tracce. Tu sei l'Agnello di Dio e chi vuole seguirti deve pur potersi chiamare tale per la sua mansuetudine; de­gnati di farmi comprendere bene il significato di questo altissimo simbolo di umiltà e di dolcezza, e poichè l'anima non può essere dolce e mansueta senza essere umile, in­segnami, o Gesù, a essere tutt'insieme dolce e umile di cuore.

Esame di coscienza. - Ricordo spesso lo scopo della mia vocazione: guadagnare anime a Dio? - Sono ben persuasa che la pazienza e la dolcezza dànno migliori ri­sultati che non la durezza e il rigore? - Non confondo forse la fermezza con la durezza di cuore? - Sono in­dulgente con le altre e severa con me stessa? - Non sento forse disprezzo verso le consorelle, osservando i loro piccoli difetti? - Il desiderio di migliorare le altre, non mi fa forse perdere di vista il mio miglioramento?



L’UMILIAZIONE PUO’ ESSERE UN CASTIGO

Considerazioni e riflessioni. - Umiltà è conoscenza del nostro nulla: l'umiliazione è una prova che si impone a noi, nostro mal­grado, e che ha per inevitabile risultato il nostro abbassamento e il farci comprendere in pratica quelle verità che meditazioni e letture ci hanno fatto conoscere; e perciò S. Francesco di Sales diceva: Le umiliazioni precedono e spesso introducono l'umiltà.

1. L'umiliazione è spesso un castigo. - Noi ci attiriamo le umiliazioni per colpa nostra: esse divengono necessità alla quale noi condanniamo noi stessi. In questi casi, l'umiliazione non è affatto segno che Dio agisca direttamente, con intenzione di farci progredire nell'umiltà. E così, per esempio, una novizia scopre in se stessa un difetto che non conosceva; - Dio le concede abba­stanza lumi da vedere la sua deformità, ed essa né è confusa; ma la causa di questa sua confusione sta in se stessa. Un'altra non sa moderare la sua lingua attirandosi piccole persecuzioni, e si immagina che è destinata alla santità per il fatto che si mormora di es­sa. Non è così: quanto succede è puramente frutto della sua leggerezza; ecco tutto.

Per ben trar profitto dalle umiliazioni bi­sogna: 1° Dire con convinzione quel che disse il profeta: « L'umiliazione non è ve­nuta che in seguito alla mia colpa. » È più che naturale che uno cada, si ferisca, si in­sudici, se ha la leggerezza di camminare sui margini di una cattiva strada. Poi, è necessario rialzarsi con un sincero atto di contrizione: rifiutare di umiliarci, almeno davanti a Dio, riconoscendo la nostra miseria, sarebbe ri­bellione contro la giustizia divina.

2. Ricordando che non vi ha fumo senza fuoco, esaminar bene la nostra coscienza per scrutare se noi non diamo in qualche modo occasione alle critiche che ci afflig­gono. Ben considerato, diceva S. Teresa, noi non veniamo mai accusati di aver man­cato, senza che abbiamo commesso una qualche colpa, poichè noi cadiamo incessan­temente, e anche il più giusto pecca spesso. Se noi non possiamo arrivare al punto di non commettere più falli, ringraziamo Dio, almeno, di averci fatto conoscere quelli che commettiamo. (B. G. d'Avita)

Di quel che si dice di noi, non tutto sarà vero forse, ma certamente neppure tutto è menzogna: ebbene, riconosciamolo sincera­mente e francamente.

Dio misericordioso renderà dolce questa pillola amara. Diciamo francamente: « Sì, quei difetti sono veramente miei, che pure mi credevo una santa: tutti li conoscono, e il piedestallo della mia vanità è ben scalci­nato, se pure ha mai esistito. »

Ma facciamo qualcosa di più: confessia­moli coraggiosamente questi falli alle altre ancora. « Sapete, madre? lo credereste, so­relle? Fui così sciocca da dire la tal cosa, da fare la tal altra. » Così facendo il valore dell'umiltà, ne sarà raddoppiato, perchè non solo ci saremo abbassati; ai nostri occhi, ma ancora di fronte al nostro prossimo.

3. « Talvolta, diceva S. Francesco, il pros­simo si sbaglia di porta, ma bussa sempre a casa nostra. Tu ti credi mal compresa oggi, mal giudicata dalla superiora: ebbene, riguardo a quanto tu vieni rimproverata, vi è solo un errore di data. Ma supponendo pure che tu sia pure vittima di una qualche deplorevole prevenzione, concedi pure allora il primo tributo alla verità giustificandoti modestamente, e dà in seguito all'umiltà e alla carità tutto il resto, tacendo pacifica­mente. « Sono un grande peccatore, diceva S. Francesco da Paola: si è detto molto più male di Nostro Signore e tuttavia non si è affatto giustificato. » Se tu saprai ridurre così l'umiliazione in umiltà, farai rapidi progressi: una grazia ne chiama sempre un’altra.

­D'altra parte i santi ci dicono Che Dio si nostra umiltà. « Non vi stancate mai di subire umiliazioni; esse faranno diventare abi­tudine il disprezzo di se stesso; non rifiu­tate le umiliazioni, esse sono perle e diamanti che Dio vi manda per abbellire la corona che vi aspetta in cielo. « Meglio sarebbe aver un demonio in corpo, piuttosto che es­sere privi di queste croci. » (S. Vinc. de' Paoli)

Invocazioni. - O Gesù! Per guadagnare l'amicizia del Tuo divin cuore bisogna dunque essere umili e dolci di cuore, ma di una umiltà che mi renda mansueta e sot­tomessa a chiunque mi faccia soffrire per le mortificazioni e con le umiliazioni che mi attiro con i miei difetti; ma occorre che questo sia senza ch'io mi scusi o me ne lagni, pensando che mi spetterebbe molto di più.

O Gesù innocente! quando Tu fosti accusato, tacesti: dovrò io lagnarmi, così colpevole come so di essere? « Quando arriveranno a me le pene, le afflizioni o le mor­tificazioni, dirò: Prendi in pace quanto il Sacro Cuore t'invia per unirti a lui. » (S. Margherita Maria)

Esame di coscienza. - Ho ben compreso che senza le umiliazioni, non si arriva all'umiltà? – Il primo moto del­l'animo mio non è forse di scusare le mie colpe, di dimi­nuirne la gravità, o forse ancora di negarle? - Ho il coraggio di precorrere l'umiliazione, accusandomi volon­tariamente? - Quando vengo umiliata, non si rivela forse il mio orgoglio dal mio portamento pensieroso e triste? - Con parole e maniere aspre e silenzi significativi? - Non arrivo al punto di trasandare, per scoraggiamento, il compito attorno alla mia perfezione?



L’UMILIAZIONE E’ UNA PROVA PROVVIDENZIALE

Considerazioni e riflessioni. - L'umilia­zione può essere una prova diretta o indi­retta della Provvidenza divina. Quelle che provengono direttamente da Dio, sono le migliori e le più efficaci.

Talune di esse sono esterne. In certi mo­menti, una infinità di piccole noie e disap­punti piovono su di noi da ogni parte, senza alcuna provocazione da parte nostra. Le nostre migliori intenzioni rimangono sco­nosciute e senza effetto: le migliori conso­relle non ci comprendono più; i superiori paiono scontenti: tutto va male, anche dove prima riuscivamo con facilità. È Dio che combatte il nostro amor proprio, seriamente: se Egli vede che può agire come Dio agisce, lo farà, e i suoi colpi si faranno sentire terri­bili, togliendoci tutto quanto ci dava un po' di credito, di stima e di conforto mondano: parenti, amici, salute, fortuna, talenti.

Le umiliazioni interne, provenienti da Dio, risultano da una conoscenza più netta e più profonda di noi stessi, e dalla sparizione di certe illusioni che noi avevamo su di noi. Dio mette in luce certi punti oscuri della nostra anima, fa convergere i raggi della sua luce di verità divina; su qualcuna delle nostre miserie, e noi ci gioviamo schiacciati improvvisamente da questa rivelazione. Tut­tavia Egli non fa altro che indicarci, e con misericordiosi temperamanti, quel che noi siamo davanti a Lui. Per trar profitto da questi doni di umiliazione bisogna: 1° Co­noscere praticamente il valore di queste pa­role di S. Bernardo: « Se voi non accettate l'umiliazione, non arriverete all'umiltà. » L'u­miliazione non è quel che ci giustifica, ma è l'umiltà che da quella deve derivare: quante sono le persone, umiliate, e che non pertanto non sono umili! All'opera di umiltà non arriva se non chi dice con gioia: « Oh! quanto l'umiliazione mi è cara! »

Gli abbandoni e il disprezzo del prossimo ci obbligano a cercare in noi stessi una migliore testimonianza: quella di Dio. « Dio ci vuole chiaroveggenti e capaci di ricono­scere i suoi doni, ed ecco perchè egli ci serve di fiele. » (S. P. Fourier) Ogni prova di malevolenza, di sospetto, di malattia, di solitudine, di abbandoni è un rimedio che Dio applica alla nostra anima malata per guarirla, o per premunirla da una grave ma­lattia, o per impedire una qualche grave colpa che noi saremmo per commettere. Il timo, erbetta amara, che fornisce il miglior miele, dice S. Francesco di Sales. Fino a tanto che Dio non giudica abbastanza ge­nerosa un'anima da poter sopportare l'umi­liazione che viene da Lui, non potrà fare alcun calcolo su la sua virtù. Quando la superiora è obbligata a calcolare l'effetto che produrrà su di te quella piccola correzione, è vero segno che non hai ancora fatto un passo sulla via dell'umiltà. Domanda dunque a Dio, non l'umiliazione, ciò sarebbe pre­sunzione, ma l'umiltà e la distruzione di quelle illusioni che ti fanno tanto dete­stare le umiliazioni, e spesso le provocano temerariamente. Poi ad ogni prova che ar­riva, sia da parte di Dio che da parte del prossimo, pensa che tale è la volontà di Dio, e pronuncia con massima devozione queste parole: « Sia fatta, Signore, la tua volontà. »

- « La sapienza infinita di Dio permette le prove dolorose per motivi giusti e giustis­simi, buoni e buonissimi. » (S. P. Fourier) Sotto l'influsso dell'umiliazione interiore, la quale arreca spesso un'aridità invincibile nella preghiera e una profonda sensazione della

propria miseria, l'anima vede chiaramente che essa produce poco bene e lo produce ma­lamente. Se essa non bada che al suo nulla, rischierà di scoraggiarsi. Solleviamo, invece il nostro cuore in alto, ove trovasi Dio, e invece di logorarci nella contemplazione delle miserie quotidiane, svuotiamo tutto il nostro cuore in quello, di Dio. « Forse il buon Signore vuole mettere la sua mano in tutti i ripostigli del mio cuore per purificarlo, e per spogliarlo di tutto. Bisogna subire i colpi di frusta che egli ci dà, e baciare te­neramente la verga che ci percuote. Egli colpisce per amor nostro. » (S. Giovanna di Chantal)

Gesù disse un giorno a una sua fedele serva: « Fanciulla, tu pensi troppo a quello che porti e non abbastanza a me che t'aiuto a portare. Cara figlia, è penoso, lo so: ma io sono la forza e tu hai la forza in me: il tuo sforzo dev'essere d'inabissarti in me. Con me non temere, sii coraggiosa, e sop­porta tutto giocondamente. » Così farà la religiosa veramente umile, e « la profondità del suo abbassamento è l'espressione delle sue gioie. Qual fortuna più grande per la sposa di Gesù che quella di dissetarsi al calice del suo sposo! » (Mons. Pie)

Invocazioni. - Gesù, Tu mi vuoi rivestire di umilia­zioni. Mi cedi così quel mantello che hai portato. Così rivestita su questa terra, io condividerò pure, un giorno, il Tuo manto di gloria. Signore, così va bene, sii bene­detto e ringraziato di ogni cosa! Bentosto non sarò più qui, abbassando i miei occhi di fronte all'umiliazione, ma mi troverò sotto gli sguardi degli Angeli e dei Santi, be­nedicendo quei momenti di dolore nella mia vita, che mi valsero le gioie del Paradiso. O Signore, di tutto sii rin­graziato e benedetto!

Esame di coscienza. - Ho accettato le occasioni di umiliazione come provenienti dalla mano di Dio? - E con pazienza e prontezza? - Con gioia? - Non mi scoraggia la vista delle mie miserie? - Sopporto senza tristezza i malintesi e le noie, profittando di tutto per av­vantaggiarmi nell'umiltà?



PRATICA NELL’UMILTA’ VERSO DIO

L’Umiltà nella preghiera.

Considerazioni e rifissioni. - « Siate umili sempre nella preghiera: umiliatevi sempre cominciandola e, continuando, rimanete umili. La preghiera dell'umle, dice il Savio, pene­trerà i cieli. Quanti insuccessi nella preghiera provengono dal non essersi data la pena e la premura di umiliarsi davanti a Dio prima di incominciare!

Chi sei tu? Chi è colui che prega? Voi domandate, supplicate; siete mendicanti alla porta del gran ricco; non potete pensare seriamente al vostro stato di coscienza senza sentirvi colpevoli in faccia al giudice, al quale troppe volte avete dovuto presentare i vostri ricorsi di grazia e di perdono. Pre­gate per ringraziare? siete debitori indiscu­tibilmente, perchè a Dio dovete i soccorsi e la vita, largiti dalla sua munificenza; a Lui dovete tutte le grazie comuni e speciali,. delle quali forse avete abusato, o che avete trascurato. Se lo adorate, voi riconoscete la vostra piccolezza di fronte a Dio infinita­mente grande. Dunque tutti gli atti di pre­ghiera sono per se stessi atti essenzialmente di umiltà.

Sei ben convinta di questo tuo stato di assoluta dipendenza da Dio? « Usciti dal cuore divino, come palpiti del suo amore, compiuto il nostro ciclo, a traverso il tempo e lo spazio, sulla terra, noi dobbiamo tor­nare a Lui; e anche durante le nostre evo­luzioni vitali di un giorno, e per la durata tutta del nostro pellegrinaggio quaggiù, Egli è il principio del nostro essere e dei nostri movimenti. » (Mons. Landriot) « Tu devi rimanere sempre, davanti a Dio, in atteggia­mento di tutta riverenza e umiltà, sempre considerando che tutto quanto tu hai, l'hai avuto da Lui, e pensando che tu gli devi tanto onore, quanta è la distanza fra il nulla e l'infinito, e che di tanto dovrai essere umile di quanto l'hai offeso. Dunque tu devi avere tanta confusione che, per umiltà e vergogna, tu possa ritornare al nulla dove eri, nullità assoluta di virtù e di qualità, fin che a Dio non piacque trarti da quel misero stato per fare di te una serva fedele. »

« Noi tutto ricevemmo da Dio, e per di più noi ricevemmo i beni soprannaturali del santo amore. Teotimo, se noi abbiamo un po' di amore per Dio, l'onore e la gloria vadano a Lui, che tutto fa in noi, perchè questo è condivisione della sua bontà divina con noi. » - « Se a noi pare di aver rice­vuto un qualche bene, dobbiamo confessare di averlo ricevuto da Dio, che potrà pure riprendercelo, come spesso avviene per di­sposizione della suí Provvidenza divina. (S. Teresa) - « Tutto quanto noi abbiamo, proviene da Dio, e tuoi non potremmo nem­meno (senza voler essere un po' Dio) pro­nunciare con merito il nome di Gesù. Senza il soccorso divino, che sarebbe l'uomo, an­che il più santo? Sarebbe quello che fu San Pietro, allorchè rinnegò il Maestro; quello che era S. Paolo, quando lo perseguitava nei suoi discepoli; quello che noi eravamo, prima che Dio ci rinnovasse il cuore. » (B. G. d'Avila) Senza Dio, alla prima ten­tazione seguirebbe la caduta. Diciamo dun­que presto e sempre: Signore, venite in mio aiuto, affrettatevi a soccorrermi.

Se noi abbiamo acquistato un qualche merito, o fatto un po' di bene, la verità e la giustizia ci obbligano a ripetere le parole di Sant'Agostino: « Quando rivedo i conti della mia anima, al capitolo dell'avere non trovo che i vostri doni. » - Quanto poco noi siamo, allorchè la grazia si nasconde?

Siate benedetto, Signore, voi che mi trovate come acqua putrida, e mi purificate, diven­tando io così degno di essere servito alla vostra mensa! » (S. Pietro d'Alcantara)

Tuttavia il vaso non cessa di essere d'ar­gilla, malgrado venga riempito di pietre pre­ziose. « Nessuno dovrà mai inorgoglirsi, se Dio opera grandi cose per mezzo suo. Egli rimane un semplice strumento, tal quale rimaneva un fragile legno la verga con la quale Mosè operava prodigi. » (S. Vincenzo de' Paoli) « Forse che il mulo cessa di essere una povera bestia, perchè carico di mobili preziosi? » diceva S. Francesco di Sales.

Anzitutto, applicati dunque a essere umile in tutti i tuoi rapporti con Dio. « Davanti a Dio, abbassa ed inclina il tuo corpo fino a terra, e umilia la tua anima fino al nulla, alla razza del quale tu appartieni. »

A questo precetto, che S. Francesco di Sales dava a S. Giovanna di Chantal, egli aggiungeva il buon esempio, « tenendosi davanti a Dio, in atteggiamento di fanciullo amoroso. » Dio esaudisce gli umili! Se un mendicante si presentasse a noi arrogante­mente, a fronte alta, non lo lasceremmo forse a mani vuote? Ma se un piccino fred­doloso, a cui manca la madre per dargli un pane, si presenta a noi cogli occhi bassi, o li alza fino a noi, con quell'espressione di miseria che commove, noi ne siamo tocchi e commossi e, prima che abbia parlato, egli è già esaudito. In questo caso, è il cuore di Gesù che serve di modello e di forma al nostro. Siate umili e vi esaudirà. Non ha egli detto che ama i « piccoli? »

Invocazioni. - Signore, insegnami a pregare. « Maria, Madre di umiltà, ecco ai suoi piedi una scolara ignorante: degnati di istruirla. Tu mi dici, per bocca di S. Ambrogio, che pregare è domandare: con umiltà. Finora, lo confesso, non avevo ben compreso l'umiltà;; vedo ora che lungi dall'avvilirmi, essa abbassandomi, mi nobilita poichè mi avvicina a Te. Ormai voglio mantenermi al mio posto: il più basso possibile nell'estimazione mia e delle creature, per essere più vicina a Te, mio Gesù.

Esame di coscienza. - Sono umile e piccina nei miei rapporti con Dio? - Comprendo bene la mia assoluta dipendenza e come sarebbe fuori proposito al mio nulla un'aria fiera e superba, o certe maniere di indipendenza? - Sopporto con pazienza e umiltà i rinvii, che Dio si permette prima di esaudire? - Qual è la mia attitudine in chiesa, nelle preghiere? Ritengo forse per un nonnulla, senza importanza, le genuflessioni, gli inchini e le altre cerimonie?



PRATICA DELL’UMILTA’ VERSO DIO (1)

Umiltà di rassegnazione.

Considerazioni e riflessioni. - La rasse­gnazione è un atto di fede che noi facciamo verso la carità divina, riguardo ai disegni che Dio ha su noi. L'umiltà arriva con fa­cilità alla pratica della rassegnazione: essa pone la creatura fra le mani del Creatore; la tiene pacificamente e amorosamente sotto­messa a tutti gli avvenimenti della divina Provvidenza, vale a dire, a tutto quanto Dio permette che tocchi a noi. Essa dispone l'anima a trovare in ogni cosa quel bene che Dio vi pone per parte sua, cioè la sa­pienza infinita, un' adorabile giustizia, un amore senza confini.

L'umiltà dice all'anima: « Il Signore cono­sce il meglio. » - « Dio nulla ci dà che non sia migliore di quello che noi possiamo desiderare o volere. » (S. P. Fourier)

E così, nell'umiltà, l'anima trovasi pieghe­vole, arrendevole e dolce: vive senza pre­ferenze, staccata da ogni cosa, e prende volentieri la croce; non apre bocca se non per dire sì alla grazia e no alla natura. E come mai potrebbe mormorare? Sa che Dio è il più esperto lavoratore nel coltivare le anime; sa che essa soffre sotto l'aratro divino: questa sofferenza, è quella che la renderà feconda. Essa ama, e, secondo queste parole d'oro del P. de Laveyne, « il vero amore è sempre Umile, la vera umiltà ama sempre.

Sapendo che essa vien guidata dall'amore, trovasi bene ovunque Dio la conduce e la pone; e la sua grande regola è questa: Tutto quello che Dio vuole e come lo vuole, e quando lo vuole; e la sua unica appren­sione è di spiacere a Dio. « Il fanciullo, dice S. Vincenzo, non s'inquieta se la nu­trice lo pone sui braccio destro o sul sinistro, purchè egli stia presso al suo seno, egli si trova contento. Così dobbiamo dire noi: Dio è nostro Padre, mi ponga di qua o dì là, so che egli mi rende forte, confido in Lui. » Se non posso essere la sacra pisside ove Gesù riposa, nè la seta che orna il suo tabernacolo, nè la lampada che brucia din­nanzi a Lui, e neppure il candeliere d'ar­gento, sono contenta anche di essere sola­mente il tappeto che tutti calpestano, purchè io stia nella sua casa. Il P. Alvarez era stato adibito all'ufficio di cuoco e a chi trovava la cosa strana rispondeva: « Non esistono funzioni troppo umili nella casa del Signore, al servizio di Dio. » Così rassegnata, l'a­nima umile è come quelle stelle di cui parla il profeta, le quali trovano tutta la loro gioia a sfavillare per chi le ha create.

La religiosa veramente umile è contenta qualunque sia la situazione nella quale venga a essere posta; essa ha assunto quel nome che voleva avere un santo vescovo: Quod Deus vult, quel che Dio vuole. Consolazioni o desolazioni, essa tutto accetta di buon grado dalla mano di Dio, e se arriva a stu­pire di qualche cosa, sarà allorchè le parrà di essere privilegiata, e dirà con S. Teresa: « Dio mio, non mettete un liquore prezioso in un vaso screpolato, poichè avete visto così spesso che non rimane a lungo senza span­dersi; che l'eccesso del vostro amore, o mio Re, non voglia far sì, che rischiando alla sventura pietre di così grande valore, possa lasciar supporre che voi non lo stimate di troppo valore, perchè voi le lasciaste in custodia a una donna così cattiva quale sono. » (S. Teresa)

L'anima umile vede in ogni caso un segno di amore, e tutto la riempe di amore, di gioia e la spinge ad amare sempre più.

Essa tuttavia non è, mai così felice che quando vede Dio amarla tanto, e per conse­guenza far tanta stima di essa, da renderla compartecipe delle sante umiliazioni di Gesù. (Mons. Gay) Non pretendendo a nessuna gloria, essa si glorifica delle sue infermità, secondo l'esempio e la parola dell'Apostolo: rassegnata, essa pone Dio fra il dolore e se stessa. Fragile come il vetro, sa che Dio la sostiene, e dal suo cuore non sale che una parola: Sì, mio, Dio! Sì, è la parola ripetuta sempre dagli; angeli in cielo e dai santi sulla terra: sì, è la parola che ogni creatura deve a Dio che parla, che desidera, a Dio che comanda, a Dio che si fa rap­presentare. Sì, vuol dire: Tutto quanto voi volete, io pure lo voglio, tutto quello che comanderete, io eseguirò. Oh! domandiamo a Dio di voler noi sempre dire sì a tutto quello che è buono, bello e santo; sì, a tutti i movimenti del cuore, allorchè ci spin­gono sia a un sacrificio voluto da Dio, sia a un atto di abnegazione, come ad uno sforzo di volontà necessario a compiere un dovere. (Pagliette d'oro)

Invocazioni. - O Cuore del mio Divin Maestro, è per Te che io sacrifico, senza riserva, la mia libertà e la mia propria volontà al tuo beneplacito; fa che io sia sempre disposta a tutto eseguire, a tutto soffrire nella calma, nell'umiltà e nella pace di un'anima perfettamente abbandonata nelle tue mani. Abbandono del corpo, disposto indifferentemente alla salute come alla malattia, al lavoro come al riposo. Abbandono dello spirito, accettando le aridità e le desolazioni allo stesso modo che accetto le dolcezze e le consolazioni; abbandono del cuore e della volontà, lasciando a Te, Gesù, di volere, per me, tutto quanto piacerà a Te. Trattami da padrone, facendo tutto quanto Ti par meglio di me; contentati pure a mie spese, tutto mi sarà gradito! Purchè Tu sia contento, Gesù, e che io t'ami; questo solo mi basta. (S. Margherita Maria)

Esame di coscienza. - Posseggo quello spirito di viva fede che reputa ogni cosa proveniente da Dio? - che l'accetta còme la migliore? - che con amore e abbandono si lascia trattare come il bambino che sa di essere amato dalla madre? - E questa condotta abbraccia essa tutte le circostanze della vita, grandi e piccole? - Se così fosse, nulla potrebbe ormai turbarmi. - Se la minima contrarietà basta per turbare I' animo mio e inquietarmi assai, è segno che non voglio ancora quel che Dio vuole.



PRATICA DELL’UMILTA’ VERSO DIO (2)

Umiltà di azione.

Considerazioni e riflessioni. - Una parola precisa riguardo a questa specie di umiltà, è la risposta della santissima Vergine all'Ar­cangelo: Ecce ancilla Domini: fiat nihi se­cundum verbum tuun. Son la serva del Si­gnore, faccia Lui secondo la sua volontà.

Per rimanere umili nella volontà di Dio, bisogna:

1. Essere ove Dio ci vuole. Riguardo alla vocazione, Dio, .olo dispone: egli non ha consultato chicchessia per creare le stelle, ognuna secondo la grandezza e lo splendore dovuto. La parte del direttore spi­rituale si limita a indicare questa volontà di Dio. Ciò fatto, l'anima umile si rimette sem­plicemente al volere divino, pregando Dio a voler disporre di essa, senza informarsi delle modalità divine. Simile a quegli animali misteriosi, che il profeta ammirò in quella certa visione, essa si mantiene fra il cielo e la terra, pronta a recarsi ove verrà spinta dal soffio divino. (P. Monsabrè) E quando quest'anima è un'anima di religiosa, essa ricorda che il suo stato è anzitutto e in tutto uno stato di consacrazione, di donazione di se stessa e di completa appartenenza a Dio. (Mons. Gay) « Tu sei religiosa, ovunque tu sia, tu devi esser contenta; consacrandoti a Dio, hai rinunciato a ogni patria, come a ogni volontà: se Dio ti chiamasse a sè, non ti domanderebbe in qual paese sei morta, ma quali opere hai compiuto. Non hai nulla da sperare di buono, ove ti trovi? Tanto me­glio, sorella mia; è per questo che bisogna che tu rimanga lì; è lì che si ha necessità del tuo ministero, lì che potrai fare un poco di bene. (Madre Adele di Murinais) « I fiori del campo non cambiano di sito per andare alla ricerca dei raggi del sole: Dio si prende cura di fecondarli là dove essi si trovano. Essi non sono gelosi fra loro; il filo d'erba ha la sua bellezza, come l'hanno il fiore e il frutto perchè egli pure ha la sua utilità. Rimanete ove Dio vi ha posto e fruttificate in quello che egli vi domanda. » (Mad. Swetchine)

2. Fare quel che Dio vuole. Al musico la musica; al pittore la pittura; a ciascuno i suoi doveri speciali, secondo la vocazione speciale; e bisogna dedicarsi a questi con tutta l'anima, senza occuparsi delle mansioni altrui. « La nostra scelta, diceva santa Gio­vanna di Chantal, guasta tutto; la volontà di Dio dev'essere il supremo nostro governo e la nostra reggente... Che la pratica vostra suprema di umiltà sia di ubbidire in tutto e per tutto quello che vi sarà comandato.

Più noi siamo graditi a Dio, più egli ci ha favorito, di tanto più egli aspetta e esige da noi. Le sue esigenze prendono talvolta aspetto capriccioso, secondo il nostro modo di veder le cose, col nostro carattere strano. Dio, per esempio, ci addita uno scopo e im­mediatamente pare che ci sospinga dalla parte opposta: ci apre una strada e subito, fin dai primi passi, il sentiero si chiude o si perde. Un giorno tutto pare indicare ch'egli ci segue, che è con noi; e non so che sia, quel giorno stesso egli scompare. Ci comanda un'impresa, e allo stesso tempo ci toglie tutti i mezzi sui quali noi ragionevolmente contavamo per riu­scire in essa. In tutto quello che egli opera, come nell'opera della creazione, Dio si fa legge d'onore di partire dal nulla. O sa­pienza imperscrutabile! Chi potrà mai raccon­tare le tue vie? Chi può comprendere i tuoi scherzi? Sono scherzi sapienti, santi, bene­fici, anche allorquando ci incutono timore. Chi ci dirà dei tuoi secreti? Con la grazia dello Spirito di Sapienza, noi vogliamo perciò abbandonarci ai tuoi scherzi, con un abban­dono confidente e semplice, e sorriderti ado­rando, anche nelle vie le più oscure e peri­colose! Così desideriamo.

3. Fare quello che Dio vuole e come lo vuole. L'impero della volontà divina deve esercitarsi su di noi anche nelle più minute circostanze della vita. » Indietro quella vo­lontà che tradisce, disse S. Giovanni Cli­maco. - Noi siamo operai a contratto: Dio ci ricompenserà alla fine di questa giornata che chiamasi vita, se ogni mattina noi ci poniamo a sua disposizione per fare quello che egli vorrà e come lo vorrà. (Pagliette d'oro) - Dio non mi domanda il successo, ma lo sforzo. Se vuole che io faccia quello, ed io lo farò malamente, poichè nulla posso fare di bene, ma lo farò meglio che potrò: se riesco, benedirò Dio; se no, me ne umilierò. » (M. Adele de Murinais) - E così adem­pio alla mia parte come l'adempie 1'erbetta che nasce e che fiorisce, come l'adempiono le stelle e i grandi astri del cielo.

Per infima che sia la nostra parte nella vita, in essa noi compiamo un'opera prov­videnziale. Se lavoriamo fedelmente, noi ri­maniamo nell'ordine, nell'armonia del piano stabilito da Dio. È da questa volontà di collaborare a questo piano con fedeltà, che noi ricaviamo meriti sovrabbondanti, e la no­stra gloria eterna sarà di aver impresso il si­gillo di questa volontà ordinata alle minime cose di nostra vita, ogni giorno. « Aver sem­pre uno stesso volere con Dio e in Dio, è un paradiso anticipato su questa terra. O quanto poco ci vuole per essere santi! Ma il mezzo sovrano e quasi unico è quello di abituarsi a compiere la volontà di Dio in ogni cosa. » (San Vincenzo de' Paoli) « Il massimo punto della perfezione consiste nel voler essere come Dio vuole che noi siamo. » (S. Gio­vanna di Chantal)

Invocazioni. - O santa volontà del cielo, che mi hai circondata delle tue misericordie, ti adoro dal più pro­fondo del cuore; con tutta energia e afretto io unisco ora a Te, per sempre, la mia volontà, e particolarmente per tutto quello che farò e che ti piacerà di voler da me in questo giorno, consacrando nuovamente alla tua gloria sovrana la mia anima, il mio corpo, tutte le mie azioni, pensieri, parole, opere, supplicandoti con tutta umiltà di compire in me i tuoi eterni disegni, non permettendo mai che io vi ponga ostacolo alcuno. (S. Giovanna di Chantal) È questo un patto che il mio cuore fa con il Tuo, o di­vino Gesù, di essere ove Tu vuoi, di fare quello che Tu vuoi, e come lo vuoi, di tutto, compiere per amore e u­mile ubbidienza, e di voler vivere e morire in questo santo esercizio. (S. Marg. Maria)

Esame di coscienza. - Forse che, in pratíca, non preferisco la mia volontà a quella di Dio, alla cui dipen­denza non mi devo sottrarre senza essere ingiusta? – Il capriccio e il piacere non sono essi talvolta la sola re­gola delle mie azioni? - È la volontà di Dio quella che io consulto su la mia vocazione, su i particolari di mia vita, su l'impiego del tempo? - Sono disposta ad abban­donare quel posto, quell'ufficio, allorchè i miei superiori lo esigeranno? - La volontà di Dio è essa sola la mia volontà?



OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
05/09/2009 22:34

PRATICA DELL’UMILTA’ VERSO IL PROSSIMO

Il rispetto.

Considerazioni e riflessioni. - L'umiltà è il senso pratico del divino: non esiste e non esisterà mai al mondo una persona nella quale il divino non esista, in questa o in quella misura. Anche secondo natura, noi tutti siamo fatti ad immagine di Dio; ma la grazia ci fa salire ancor più in alto: per essa il divino penetra in noi, in modo da divenire come una seconda natura; è quello che si può chiamare il divino per eccellenza.

Un altro divino, riservato ad alcuni, è il divino dell'autorità. (Morks. Gay)

È questo divino che l'umiltà scorge in ogni creatura, e quel che la induce ad in­chinarsi, è la parentela del prossimo con Dio.

L'umiltà anzitutto ci mantiene in perfetta sudditanza e soggezione a tutti quelli che sono stabiliti in autorità su di noi. Essa fa sì, che noi rendiamo a quelli gli omaggi e il rispetto loro dovuto come una specie di culto, perchè la fede, oltrepassando subito e sempre quanto è visibile e umano, ci mette di fronte a una realtà spirituale e divina: l'auto­rità. (Mons. Gay) Che devono interessare a noi le miserie e le imperfezioni dei nostri superiori? Noi ben sappiamo che, per difen­dere l'orto e il giardino, non si scelgono le piante più preziose, ma quelle più adatte.... D'altra parte, noi veneriamo nei superiori l'autorità, l'immagine di Dio. Ma l'umiltà, anche se si trova solo dinanzi al divino, non speciale dell'autorità, ma comune a tutti i cri­stiani, si inchina ancora con sentimento pro­fondo di riverenza, perchè il divino, sia esso in questa o in quell'altra misura, esige sem­pre rispetto. Non vi ha persona, per malvagia che sia, che non abbia in sè qualche dono divino. Non trova forse il sapiente di che arricchire le sue collezioni anche sui ghiac­ciai, su le vette le più denudate? L'anima umile osserva le imperfezioni in se stessa, e negli altri le buone qualità; essa pone la sua gloria nel servire i servi di Dio, perchè essa li vede in Dio e vede Dio in essi. In una co­munità religiosa un'altra causa spinge ancora al rispetto, ed è che, malgrado le loro im­perfezioni e i loro difetti, tutte le persone, che hanno abbandonato il mondo per servire Dio solo, per consacrarsi tutte a Lui, se fe­deli, otterranno la vita eterna. Vivo dunque predestinata, fra predestinate. Queste care consorelle, fra le quali compio il viaggio della vita, sono amiche di Dio, tutto me lo dà a sperare, ed elette per il cielo.

Questo titolo cancella dunque tutti i nomi, tutte le grandezze della terra: eleva fino a Dio le più semplici e le più umili. Oh! quanto queste riflessioni mi rendono facile il compatimento, il sopportare, il rispetto, la benevolenza, la cordialita! Quanto mi fanno paziente e buona, anche! malgrado le mie ri­pugnanze naturali e le mie antipatie troppo istintive.

E di fronte a un peccatore manifesto, de­plorando il suo stato d’umiltà continua a onorare nella persona il divino naturale che vi ha nella creatura, mantenendosi ostinata in questa sola visione. Le colpe altrui ci servano solo di esempio per affidare di noi e ci provochino alla riconoIcenza in Dio. Sarei caduta come le altre, se Dio non mi avesse sostenuta, diceva santa Teresa. E S. Ago­stino aggiunge: Fra il più grande criminale e me non vi ha altra differenza che la grazia di Dio. Appoggiata a questi pensieri, l'a­nima umile guarda ai peccati altrui con più compassione che passione.

Trattate il peccatore come una madre tratta il suo bambino ammalato: essa a lui prodiga ben più carezze che non allorchè trovasi in salute. (S. Ignazio) Quanta indul­genza nella vera umiltà! L'indulgenza è virtù divina, lo spirito d'indulgenza è imitazione di Gesù. La severità, il rigore sono debo­lezza, piccolezza e viltà. La fortezza è dol­cezza e misericordia. « Per essere indulgenti, occorre molto buon senso e un pizzico di pietà nel cuore. » (Mad. Swetchine) La seve­rità verso i peccatori, che indica orgoglio e poca fede, diverrebbe cosa comune se ve­nisse a mancare l'umiltà.

Signore, diceva S. Francesco di Sales, fra poco rimarremo Tu ed io soli ad amare i peccatori.

Invocazioni. - Signore, Tu solo puoi dare a noi la docilità, la fedeltà, l'ubbidienza, l'indulgenza del divino. È a Te, divin Maestro, che appartiene il comandare al nostro cuore, affinchè Tu sia ubbidito. Tu sei la regola perenne da seguire, il modello da imitare, la carità che noi dobbiamo amare, la vita che dobbiamo vivere, la ri­compensa che aspettiamo. Degnati d'insegnare a noi che, nè la solitudine, nè il lavoro, nè il martirio, sono un sa­crifizio così gradevole come l'ubbidienza e l'umiltà. Dà a noi una carità sincera e tutta pura, una carità che si estenda fino alle persone più vili, secondo l'apprezzamento del mondo. (P. de Laveyne)

Esame di coscienza. - Posseggo quello spirito di fede, che mi fa riconoscere Dio in ogni autorità? - Se lo avessi, quale sarebbe il mio rispetto interno e esterno, il mio spirito di ubbidienza interno nelle opere? - Se io giudico, se biasimo, se esamino quel che non mi riguarda, non è forse per mancanza di fede, e per l'orgoglio che vuole signoreggiare ogni cosa?- Chi sono io per eri­germi arbitra a censurare le miè consorelle? e talvolta la stessa autorità?



PRATICA DELL’UMILTA’ VERSO IL PROSSIMO (2)

Cortesia e premurosità.

Considerazioni e riflessioni. - « Abbiate viscere di carità per il vostro prossimo, molta affabilità e dolcezza, cercate con santa avi­dità di essere compiacenti in tutto; ma sem­pre allo scopo di onorare il Signore, » disse un papa illustre. Tale è il carattere dell'u­miltà che, inclinando l'anima a guardare quello che vi ha di buono nel prossimo, piuttosto di badare al male che vi si trova pure, in­vita e persuade noi stessi a considerare invece i difetti nostri, senza fermarsi in os­servazione su le virtù che possono man­care a quelli. S. Agostino reputava che non vi è persona che non abbia in sè, allo stato latente, una qualche qualità da renderla su­periore a noi. E S. Benedetto aggiunse: « Questo pensiero è fatto apposta per re­primere il nostro orgoglio. Non pensate che le vostre qualità rifulgano come il sole e che brillino alla vista di tutti. Al contrario, per­suadetevi che nel cuore del vostro fratello trovasi, come filone d'oro, una qualche virtù che lo rende più stimabile di voi. » Con questi principi ci sarà facile comprendere e praticare quel precetto di S. Paolo il quale do­manda che, nella nostra reciproca e comune umiltà, noi ci stimiamo reciprocamente in­feriori l'un all'altro.

« In noi, dice S. Tommaso, vi sono, come nelle medaglie, due faccie, quella umana e quella divina: se noi mettiamo la nostra fac­cia umana in confronto alle faccia divina del prossimo, facilmente confesseremo, nell'u­miltà, la sua superiorità su di noi stessi. Se al contrario, noi mettiamo in confronto le due faccie divine, la verità non ci vieta di scor­gere, nel caso, la superiorità dei doni divini in noi, restandone sempre (la gloria a Dio solo; ma guardiamocene bene, perchè l'illu­sione è facile e il confronto pericolosissimo.

Chi è umile, temendo sempre di sbagliare, e bastandogli il badare al divino, è sopra­tutto nel prossimo che ammira il divino e i buoni lati di una persona. « Egli interpreta nel miglior modo quello che vede: se du­bita, si persuade di aver mal osservato o ve­duto. » (S. Francesco di Sales) « Se non può approvare le azioni, ne scusa le intenzioni. »

Egli non si lascia sedurre dai beni che i cattivi posseggono, nè scoraggiare dal male che scorge nei buoni. – Non vuole che si abbia cattiva opinione degli altri ugualmente come di se stesso. Rende onore a Dio nel suo prossimo, si dimostra premuroso con tutti e servizievole per quanto possibile. L’umile né disprezza, né giudica e neppure deride; non prende né i fatti, né le parole alla lettera e nel peggiore significato, ma scusa, dimentica, perdona e interpreta tutto nel miglior significato; tratta ogni cosa e con ogni persona con dolcezza, con amabilità; si vale dalla ragione, della preghiera e della benevolenza e stima che val meglio perdere mille scudi piuttosto che contristare il suo prossimo. (S. P. Fourier) E se talvolta trattasi di ridurre all’ordine quelli che furono affidati alla sua autorità e carità, l’umiltà sa che il miglior modo di mantenerli o di rimetterli nell’ordine è di riprenderli con dolcezza e di confessarsi semplicemente molto inferiore a loro per molti aspetti.

L’umiltà rende pure facile la lode. – Non la lode adulatrice po malsana e perfida, ma quella che può essere dovere, essendo un inno di riconoscenza a Dio per i doni largiti agli altri, e un canto di speranza che incoraggia il prossimo. Appartiene alla virtù di amicizia, dice S. Tommaso, il lodare il proprio fratello, per consolarlo nelle pene ed eccitarlo al bene. » - « La lode eccita l'emulazione, questa pro­duce la virtù e con la virtù la felicità. » (S. Gregorio Nazianzeno) « Può ancora succe­dere che lodando qualcuno di qualità che non possiede che esteriormente, lo si spinga, o almeno lo si inviti a diventare in realtà quel che non appare che esteriormente: gli si fa­cilita così la virtù. » (Alberto il Grande)

Quanto bene può cagionare una lode data con discrezione! Il giardiniere distribuisce con moderazione l'acqua ai suoi fiori, secondo le loro necessità; « la gente onesta ammira poco e loda moderatamente, e le lodi che Dio accorda sono brevi e semplici. » (Fénelon) Quella parola di bontà, quel tono di voce, quel piccolo riguardo usato, sono il sorriso dell'angelo custode sopra, l'azione da lui i­spirata; tutto ciò rimarrà nel cuore, come eco di un'armonia che ispirerà coraggio e confidenza a proseguire fra le difficoltà. Vi sono caratteri timidi e facilmente scoraggiati per natura, che hanno immenso bisogno di incoraggiamento, e che un'approvazione, una buona parola, una lode ricevuta a proposito conferma nel bene, dilata e spinge avanti, più di ogni ragionamento: per questi la lode, invece di essere uno scoglio e un impaccio alla virtù loro, è un soccorso e uno stimolo, e diventando più confidenti, diventano so­vente anche più umili. (Mons. Gay) In que­sto modo l'umiltà diviene apostolica e, di una comunità, può formare un paradiso e il vestibolo del cielo.

lnvocazione. - Dolce cuore de comprenda queste lezioni che provengono da Te, diffondi in me il Tuo spirito d'intelligenza i dammi la sapienza necessaria a farmele amare e gustare perchè « le Tue pa­role sono più dolci del miele. » Spirito di forza, degnati di compiere in me un'opera alla quale mi sento insufft­ciente. Quante volte ho io contristato il mio prossimo per difetto di umiltà e di carità! Liberami da tutte le asprezze dell'orgoglio e dai rancori dell'amor proprio; fa che il mio cuore sia sempre come il Tuo, umile e caritatevole verso tutti, senza eccezioni, e sempre pervaso da una dolcezza uguale e uniforme.

Esame di coscienza. - E così che io agisco: guardare al bene negli altri e al male in me stessa? - Non sono forse severa, parziale, ingiusta nei miei giudizi? - Ho in orrore la maldicenza? - posso constatare che la mia umiltà semplifica i rapporti e rende la vita facile e dolce attorno a me? - Non sono forse, al contrario, difficile di carattere, scontrosa, puntigliosa e facile al sospetto? - Non mi arrogo forse il diritto di esaminare la condotta delle mie consorelle, come se Dio mi avesse stabilita giu­dice e padrona? - All'occasione, sono felice di lodare il prossimo e fuggire le occasioni di lode per me?



PRATICA DI UMILTA’ VERSO SE STESSI (1)

Considerarsi con sincerità.

Considerazioni e riflessioni. - S. Agostino domandava insistentemente a Dio due cose: di poterlo conoscere e di conoscere se stesso. Noi tutti dobbiamo rivolgere a Dio la stessa preghiera, non potendo sperare di essere salvi senza quella scienza, dice S. Giovanni della Croce. Applicati dunque sovente a que­sto dovere di considerare te stesso. Osser­vati attentamente, seriamente, senza timidezza nè debolezza, senza adulazioni nè illusioni, e ancora, riguardo ad un vero apprezza­mento, senza indulgenza, dice Monsignor Gay. Questa conoscenza di noi stessi ci porterà alla conoscenza di Dio, allo stesso modo che, nel tempio di Salomone, il sacer­dote doveva fare un giro all'esterno del tem­pio per introdursi nel Sancta Sanctorum.

Alla luce dell'umiltà, che è verità, tu con­staterai, che nulla possiedi che non ti sia stato dato in dono. L'esistenza ci è stata data da Dio: solo colui che è tutto ha abusato delle grazie di Dio, abbiamo rivolto contro di Lui i suoi benefizi. Noi abbiamo tutto guastato, per malizia, o almeno per de­bolezza e, se non abbiamo rovinato, non c'è cosa che non sia stata da noi almeno danneg­giata. « Da noi stessi non abbiamo alcun buon pensiero: se la grazia si fa sentire, noi le resistiamo: se operiamo, lo facciamo vil­mente, cioè per interesse; per vanità, per cento motivi personali, e sopprimono tanto alla grazia da non rimanervi più che la nostra personalità infima. (Veri. Giov. d'Avita) « Se qualcuno dice di se stesso di aver qualcosa di buono, costui seduce se stesso.

Peccatore, ascolta: « Se pure non vi fosse che una sola colpa grave fra le azioni della nostra vita, noi avremmo meritato l'inferno, e, se fosse mancata a noi l'infinita miseri­cordia di Dio, noi già vi saremmo. Ma quante colpe e quali peccati hanno insozzato que­sta vita! (Mons Gay) Quale persona sarà così generosa d’ammettere, conoscendolo, tutto il male che ha fatto, senza scusarsi e cercare diminuzioni di responsabilità? E così, non è più un'umiltà di soggezione quella che conviene al peccatore, ma una umiltà di abiezione. Il peccatore è un essere di­sprezzabile: egli ha il dovere verso di sè e verso Dio di disprezzarsi.

Nullità e peccato: ecco quel che siamo; eppure tu hai vissuto di vanità e di orgoglio: E rifletti bene: non vi ha peccato la cui gra­vità possa confrontarsi con l'orgoglio: esso precipitò gli angeli dal cielo nell'abisso; ha corrotto tutto il genere umano; ed è causa di questa infinità di mali che non periranno, se non con l'umanità: quanto è degno di disprezzo e di odio!

« L'orgoglioso è abbominato da Dio; bu­giardo e mentitore, si attribuisce quello che non ebbe o quello che è di Dio; se si ri­vestisse con una gualdrappa d'oro un ca­vallo avente un briciolo di ragione, non se ne glorierebbe di troppo, ben sapendo che lo si può spogliare. » (S. Alf. de' Liguori)

Nullità, peccato, orgoglio: ecco quel che si trova in te. Se il panorama ti fa orrore, tanto meglio! Ciò vuol dire che la tua co­scienza vede bene e che la grazia di Dio ti illumina. Non dimenticare mai da quale al­bero tu provieni, affinchè tu, ramoscello, possa essere ben innestato sul grande e pre­zioso albero della vita: Gesù Cristo. Umíliati sinceramente e profondamente, solo così po­trai dare qualche frutto.

Invocazioni. - « Considera bene quel che sei e quello che merití, e tu riconoscerai di dove provengono i beni che possiedi; inabissa il tuo nulla nella mia grandezza e guardati di mai uscirne, perchè tu non vi rientreresti più. » (N. Signore a S. Margh. Maria). « O mio Gesù ! voglio ben mantenermi piccola e abbassata nel mio stato, per crescere nel Tuo cuore. Cuor del mio Gesù, Tu sei il trono della misericordia, al quale, le più miserabili sono le meglio ricevute, purchè l'amore le presenti nell'abisso delle loro miserie e del loro nulla. Cuore d'amore, io grido verso Te dall'abisso della mia miseria: salvami con l'eccesso delle Tue misericordie » (S. Margh. Maria)

Esame di coscienza. - Comprendo bene che io, nulla essendo, tutte le umiliazioni mi sono dovute? - Che devo dire allora dopo tutti i peccati che ho aggiunto al nulla? - Dopo tante omissioni, imperfezioni, ricerche di me stessa, e reticenze quotidiane nelle accuse? - Conosco me stessa, e cerco di lasciarmi conoscere quale sono? - Non cerco forse la stima, dando assai importanzà ad essa?



PRATICA DELL’UMILTA’ VERSO SE STESSI (2)

Rialzarsi con semplicità.

Considerazioni e riflessioni. - É onore e tormento tutt'assieme, all'uomo decaduto, il non potersi adattare al suo stato di miseria. Principe spodestato e spostato, per colpa dei primi parenti, egli conservava tuttora, in fondo al cuore, il sentimento della sua no­biltà di origine. Ad ognuna delle sue cadute, egli a mala pena reprime un'esclamazione di stupore, come se gli fosse accaduto qualcosa di straordinario. Si direbbe Sansone privato delle sue forze da una perfida mano. « In piedi! gli si grida, i Filistei son qui! » E si rialzava, poveretto, immaginandosi di domi­nare, come per il passato, il nemico, dimen­ticando che il suo vigore non era più.

La fede c'insegna che la natura nostra ri­mane ferita, malaticcia, cieca e inclinata al male; di qui avviene che, malgrado le nostre buone risoluzioni e i nostri ottimi desideri, noi cadiamo ancora e più spesso di quello che avremmo creduto. È l'effetto della nostra concupiscenza: fortunatamente per noi, pos­siamo opporre ad essa la grazia di Dio con la quale noi possiamo tutto.

Ma se disgraziatamente noi dimentichiamo questa verità, e ci lasciamo trasportare dalla tristezza, arriviamo all'inquietudine, allo sco­raggiamento e al disgusto. Ma la vera divo­zione si afferma contro i sentimenti tumul­tuosi e dice con san Francesco di Sales: « Non stupire mai di vederti miserabile. » Se noi conoscessimo bene chi siamo, in­vece di stupire di trovarci a terra, stupiremmo del come possiamo tenerci in piedi. E spe­cialmente riguardo alle colpe di amor proprio. « Non bisogna stupire di trovare in noi sempre l'amor proprio, perché esso non se ne va affatto. Dorme talvolta come una volpe, poi d'un tratto si getta sulle vostre spalle; ed è perciò che occorre vigilare costante­mente su di lui e difendersene con pazienza e dolcezza.

L'anima umle, appoggiata a queste giustis­sime considerazione, odia i suoi difetti, ma di un odio tranquillo e quieto, non di un odio inquieto e collerico; e casi essa sop­porta di vederseli fra i piedi e ne cava il profitto di un santo abbassamento di se stessa. » (S. Francesco di Sales)

Essa non si perde di coraggio. « Bisogna pure, essa dice, che per l'esercizio dell'u­miltà, noi veniamo talvolta feriti nella lotta spirituale; ma noi non ci riteniamo mai per vinti fino a che non avremo perduta la vita o il coraggio. Orbene, le imperfezioni e le colpe veniali non possono ancora toglierci la vita spirituale, poichè essa non si perde che col peccato mortale; non rimane dun­que che a badare che esse non ci facciano perdere il coraggio nel proseguire. » Libera­temi, Signore, dalla viltà, diceva il Profeta. Tutto bisogna perdere, piuttosto che il co­raggio: la debolezza non è un grande male, allorquando il coraggio la rimette in piedi a poco a poco. Non si rompono le corde, nè si abbandona lo strumento, allorchè ri­velasi una stonatura; ma bisogna prestare orecchio per cercare di vedere da dove viene la dissonanza e tendere oppure rilassare dol­cemente la corda, secondo il caso. » (San Francesco di Sales)

La grande lezione sta lì: agire con dolcezza. Sentiamo santa Giovanna di Chantal. « La mia povera anima è così magra, disfatta e abbattuta, che m'ispira vera pietà; tenterò anzitutto di ristorarla e di rimetterla in piedi; la tratterò dolcemente per non spaventarla. » E sentiamo ancora S. Francesco di Sales: « Per me, se avessi un gran desiderio di non cadere nel vizio della vanità, e nondimeno vi fossi caduto, non vorrei rimproverare il mio cuore, per esempio, in questo modo: Non sei tu forse un gran miserabile e degno di abbominazione? Esserti lasciato traspor­tare dalla vanità, dopo tante risoluzioni con­trarie? Muori di vergogna, non alzar più gli occhi al cielo, traditore e sleale verso il tuo Dio! Non questo direi, ma vorrei correg­gerlo ragionevolmente e per via di compas­sione. Povero mio cuore! eccoci caduti an­cora nel fosso che le tante volte noi avevamo deciso di sfuggire. Ah! rialziamoci dunque subito e abbandoniamolo per sempre. Implo­riamo la misericordia di Dio e rimettiamoci sulla strada dell'umiltà. Coraggio, Dio ci aiu­terà, e noi faremo molte cose. » È così dunque che bisogni fare: ricominciare di buona volontà. « Dopo esserti umiliata, ricomincia di bel nuovo; il Sacro Cuore ama questo modo di agire che mantiene l'anima in pace. » (S. Margh. Maria) « Felice colui che ricomincia ogni mattina ad essere buono! » come il sole che riprende la sua corsa, come il fiore che riapre la sua corolla diffondendo il suo profumo, come l'uccellino che ripete il suo canto di ieri, come Dio che spande i suoi tesori sul mondo e la sua grazia sulle anime di buona volontà. O Gesù! la mia sicurezza è in Te: « se faccio qualche falso passo, Tu mi tendi la mano! » (Santa Teresa)

Invocazioni. - Si, voglio, « allorchè avrò commesso un qualche fallo, non turbarmi, perchè il turbamento, l'inquie­tudine e la fretta allontanano le nostre anime da Te, mio Dio, e Ti scacciano dal nostro cuore. Ma domandando perdono, pregherò il Tuo cuore a voler soddisfare per me, e dirò confidentemente al Tuo amabile cuore: Mio unico amore, paga Tu per questa tua povera schiava, e ripara al male che ha fatto: fallo ritorcere verso la Tua gloria, all'edificazione del prossimo e alla salute della mia anima; e in questo modo le mie cadute serviranno molto ad umi­liarmi e a conoscere me stessa e quanto sia utile a me l'essere nascosta nell'abisso del mio nulla. Dopo essermi umiliata, ricomincerò subito ad esserti fedele nuovamente; e sopratutto sarò gaia, gioconda e contenta, poichè ciò è segno del Tuo spirito, mio Dio, che vuoi essere servito in pace e nella contentezza. » (S. Margh. Maria)

Esame di coscienza. - Traggo profitto di umiltà dalle mie colpe? - Sono ben persuasa che lo scoraggiamento proviene dall'orgoglio? - Desidero, accetto o domando le correzioni che mi spettano? - Mi rialzo con nuovo co­raggio, dopo le cadute? - Non mi lascio forse trascinare dalla tristezza? - Sono vile di fronte alle miserie? -



LA CORREZIONE

Esercizio della correzione attiva.


Considerazioni e riflessioni. - L'accusa pubblica di se stesso, che si fa in presenza della comunità, tende alla distruzione del culto che si ha di se stesso.

Noi abbiamo troppo orgoglio. « Ne ho pieno il mio sacco, » diceva santa Giovanna di Chantal ma questo orgoglio si sa nascon­dere. Nell'anima religiosa non è più l'or­goglio volgare e grossolano, che salta agli occhi immediatamente, allorchè osser­viamo le fanciulle del secolo: egli si fa clau­strale come noi, prende l'abito della divo­zione, le apparenze religiose; si avanza sotto le apparenze del iene con pretesti di spiri­tualità. L'accusa propria in pubblico ha per scopo di smascherarlo: essa arriva e tocca quelle imperfezioni esterne che hanno la loro radice nel cuore; quanto ci è umili che gli altri conoscano i nostri difetti!

Noi ci accusiamo pubblicamente; non è più il solo orecchio del confessore, pozzo senza fondo che si perde nell'abisso, che ricerca la nostra accusa; ma sono le conso­relle che vivono con noi, e che forse ci stimano soverchiamente, e più dei nostri me­riti. Di mano in mano che le consorelle si accusano, i punti oscuri della nostra anima vanno rischiarandosi, perchè noi cadiamo nelle stesse colpe che esse si rimproverano e in noi si va facendo un lavoro interno di umiliazione: noi comprendiamo esattamente come noi siamo anime poverelle e malaticcie. Allora noi tendiamo le mani verso Nostro Signore, e la sua grazia ci renderà umili, semplici e contrite. La nostra anima, dunque, va epurandosi e fortificandosi nella virtù, per mezzo di queste pubbliche accuse in comu­nità, all'albergo ove venne trasportato il Sa­maritano ferito, per essere curato; effettiva­mente è lì che la misericordia dei Superiori applica le dolci unzioni di consolazione, e il vino generoso dei rimproveri.

Per ottenere il suo scopo l'accusa va fatta:

1. Con umiltà. Allorchè il corpo si pie­ga, l'anima deve pure piegarsi e meglio an­cora. È un'opera di riparazione, e l'anima deve parteciparvi interamente. L'attitudine, la sincerità delle accuse, la fedeltà nell'evitare le scuse e le esagerazioni, tutto insomma deve dimostrare umiltà. Il superiore tiene il posto di Dio. Gesù Cristo si pose un giorno a lato del monaco Ildebrando, mentre que­sti riceveva le accuse dei suoi confratelli, e a lui suggeriva quanto doveva dire per una opportuna ed efficace correzione dei suoi religiosi. Pensate dunque che Nostro Signore è li e prendete l'attitudine indicata da S. Giovanni Climaco: «quella di un colpe­vole già condannato, che tiene gli occhi ri­volti a terra. » E tutto ciò sia fatto lietamente. Per ben preparare e profittare della corre­zione, onde non rimangano sentimenti e aridità di cuore, umiliatevi di una umiltà dolce e pacifica, e non con umiltà turbata e triste. Gli atti di una umiltà annoiata e col­lerica non tranquillizzano il nostro spirito e rimangono infruttuosi. (S. Franc. di Sales)

2. Con semplicità. Nell'esame che la pre­cede, non bisogna torturarsi l'anima per trovarvi, anche sotto pretesto di umiltà, altre mancanze, all'infuori delle nostre miserie reali. L'anima abituata; al raccoglimento e agli esami di coscienza ne trova sempre di miserie, nella sua povera vita. Quella che ha veramente zelo di percezione scorge, senza sforzo, quello che nel suo portamento este­riore pare segnare negligenza o leggerezza. Nelle espressioni dirai semplicemente quello che è, senza lusso di frasi scelte o inutili. Tu sai che in quel luogo « non vi sono che persone che si amano in Dio e che si uni­scono per migliorarsi reciprocamente e che si riprendono dei proprii difetti per rendersi meglio capaci di piacere a Dio. » (S. Teresa)

3. Con pietà. Ancorchè non vi sia in questo atto nè sacramento, e nemmeno un sacramentale, vi ha tuttavia un atto di viva fede e di mutua carità. Per questo motivo Dio se ne compiace e vi trova la sua gloria. Bisogna dunque compiere bene e dare impor­tanza a questa piccola cosa, e perciò avere nell'esame, nell'accusa, e nel ricevere la peni­tenza, sentimenti interni profondamente reli­giosi. « Se la natura sente troppa ripugnanza, per questo atto di umiliazione, incoraggiate il vostro spirito con qualche buon pensiero: ricordate che questo giudizio trattiene e pre­viene il giudizio di Dio. La vostra accusa volontaria vi preserverà dall'accusa neces­saria che il vostro nemico vi preparerà con rabbia, per quell'ora terribile in cui la vostra anima lascerà il vostro corpo, per entrare in quel che S. Bernardo chiama « la regione sconosciuta. » Là, verosimilmente, si trove­ranno con Dio, giudice supremo, la Santa Vergine, san Michele, principe stabilito da Dio per le anime degli eletti, i fondatori o le fondatrici del vostro Ordine o Congregazio­ne, e i santi patroni del vostro monastero, davanti ai quali saranno esaminate e rigoro­samente giudicate tutte quelle colpe delle quali avete avuto tanta vergogna. E al giu­dizio universale, tutti i santi e tutte le conso­relle di cui voi arrossite, conosceranno le vo­stre colpe. » (Giornata religiosa)

Invocazioni. - Ecco davanti a Te, o Gesù, questa prodiga che Ti è stata infedele, dissipando i beni dei quali Tu l'avevi arricchita. Dio, io mi prostro ai Tuoi piedi per domandare perdono di tutte le mie viltà, tepidezze e infe­deltà, dell'abuso fatto delle Tue grazie, del poco profitto tratto dai Tuoi sacramenti, di tutti i peccati che ho com­messo, dei quali mi pento con tutto il cuore per amor Tuo, o mio Gesù, che amo mille volte più della mia vita. Io mi correggerò dei miei difetti e me ne accuserò il più presto possibile: accetto fin d'ora tutte le penitenze che mi saranno imposte, tutte le correzioni che mi verranno fatte, promettendo, mediante la Tua grazia, di emendar­mene. (S. Margh. Maria)

Esame di coscienza. – Come rendo bene tutta l'impor­tanza del capitolo delle colpe per umiliarmi e correggermi? - Faccio la mia accusa con umiltà, semplicità e pietà? - Sono semplice, verace, senz'altro desiderio che di umi­liarmi, di convertirmi di piacere a Nostro Signore? - Ricevo le correzioni in spirito di perfezione e ricono­scenza? - Ne parlo con le consorelle? - Mi reputo come la più colpevole in rapporto alle grazie ricevute?



DOPO LA CORREZIONE

Umiltà nella penitenza ricevuta.


Considerazioni e riflessioni. - La propria accusa è seguita da una ammonizione e da una penitenza. Esse devono essere distri­buite con tutta discrezione e carità. Im­porta assai di riceverle con sentimento di religione e di riconoscenza.

1. Dio concede spesso ai superiori, in quel momento, una grazia particolare di luce, di sapienza, di forza e e di bontà. È Dio che mette sulle labbra della superiora le parole appropriate ad una correzione opportuna. Dio farà sì che essa sappia illu­minarti, senza farti perdere il coraggio, bia­simando il difetto e sollevando la conso­rella che viene meno al dovere.

Questo ammonimento termina e corregge l'esame che si è fatto di sè. Quante imper­fezioni, con le quali si vive, senza nemmeno supporne l'esistenza! La superiora saprà de­licatamente, ma sicuramente porre il dito su certe piccole miserie che s'insinuano, a tua insaputa, nel tuo portamento, nelle tue parole, nei tuoi rapporti con le consorelle, con il mondo, con i fanciulli. Sii dunque con­tenta che si vedano i tuoi difetti, i tuoi mancamenti, e se non hai quei difetti che ti vengono rimproverati, se non hai fatto quello che viene esposto, umiliati profonda­mente; e credi pure che hai commesso colpe ben maggiori, che rimangono nascoste agli occhi delle creature e anche ai tuoi, e che non si potrà mai accusarti assolutamente a torto. (S. Giovanna ''i di Chantal)

Di più, in quello che viene ripreso ad una consorella, noi riconosciamo spesso di es­serne colpevoli; quel che si consiglia ad essa, conviene pure a noi ugualmente. Può accadere ancora che la maestra delle novizie insista sopra un'imperfezione di qualcuna delle compagne, allo scopo di attirare deli­catamente la tua attenzione su quella miseria, che si rivela in te più saliente di quello che lo sia nella norma, giudicandoti ancora troppo debole per saper profittare di una ammonizione diretta. Troverai pure nelle virtù delle consorelle un'abbondante raccolta e ricca materia di virtù da imitare, se tu le studi con cuore umile e sincero, come quel religioso di cui ci parla S. Bernardo che, gettatosi ai suoi piedi gli disse: Padre, ho contato finora, in uno dei miei confratelli, fino a trenta virtù ed io non ne ho una sola! E il santo aggiunge: Forse le trenta virtù contate da quel umile religioso non valevano la sua umiltà unita a una così santa e grande emulazione.

2. Come bisogna ricevere gli ammoni­menti e la penitenza?

Umiliandosi più profondamente che non nell'accusa. L'orgoglio può trovare allora dei palliativi, qui gli manca il terreno sotto ai piedi. La correzione cade direttamente su di te: accettala senza scusarti, e quando ti si fa una qualche rimostranza, ricevila pure e sempre dolcemente.

S. Giovanni Crisostomo dice che il giusto ripreso, si pente del fallo commesso, ma l'or­goglioso si affligge, dal sapere conosciuta quella sua colpa.

I santi, dice S. Alfonso, anche allor­quando vengono accusati a torto, non si di­fendono, a meno che questo sia necessario ad evitare uno scandalo; se manca questo motivo, tacciono offrendo tutto a Dio. Nel caso di un'accusa infondata, scusati dol­cemente, negando di essere colpevole; tu devi questo alla verità e alla edificazione del tuo prossimo: fatto ciò, se l'accusa viene mantenuta, non cercare di far ammettere le tue scuse perchè, dopo aver compiuto il tuo dovere verso la verità, devi compierlo pure verso l'umiltà. (S. Frane. di Sales) Gesù era innocente e tacque. Pensa ancora, dice san Pietro Damiani, che quello sarà di profitto ad altri, che hanno mancato o che avrebbero mancato, senza quella correzione di cui fosti oggetto, malgrado la tua innocenza.

Infine, se sei umile, avrai riconoscenza per quelli che ti usarono la carità di una correzione. Medita queste belle massime della Santa Scrittura: « Il saggio, se corretto, ama ancor più; chi corregge, avanza molto più nelle buone grazie del saggio di colui che lo inganna con le carezze della parola. » L'umile si riconosce allora debitore spiri­tuale, e ringrazia come un povero che riceve un'elemosina, come il malato riconoscente al chirurgo che lo libera da un membro in cancrena. Frate Bernardo facilitava assai questo gran dolore della ammonizione, quando diceva -. S. Francesco: « In nome dell'obbedienza, ti ordino di riprendermi di tutti i miei difetti. » (Fioretti di S. Francesco) Riguardo poi a quelli che ti danno ammo­nimenti, cerca di avere questi sentimenti ri­chiesti da S. Francesco di Sales: « Pretendo che mi siate riconoscente per le mie corre­zioni, perchè, esse sono la più grande prova di affetto che io possa darvi. Non posso sof­frire in voi la benchè minima imperfezione, perchè vi amo immensamente; quel che nelle altre mi pare un moscerino, in voi mi pare elefante, per causa dell'affetto che nutro per voi. » E non dimenticare mai nelle tue pre­ghiere quella che è per te una così buona madre.

Invocazioni. - Gesù, Tu hai detto: In verità, se non vi convertite e non vi fate piccoli come questi fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. » Mio signore, fammi dunque la grazia di essere sorda a tutte le suggestioni dell'amor proprio; cieca sui difetti delle mie consorelle per non giu­dicarle; e cieca pure riguardo a me stessa, onde io mi lasci condurre e riprendere come un bambino; e muta per lodarmi, scusarmi o compatirmi. (S. Margherita Maria)

Esame di coscienza. - Mi accuso sinceramente e con spirito di fede? - Se ho questo spirito, devo essere sem­plice, umíle e verace; e non presentarmi nè migliore nè peggiore di quello che sono; - devo accusarmi senz'altra preoccupazione, cercando solo di arrivare allo scopo che mi sono prefisso: l'avanzamento nella virtù. - Ricevo con buono spirito i consigli che mi vengono dati, gli av­vertimenti e anche i rimproveri? - Non rimane un po' di rancore verso quelli che mi correggono e che si ma­nifesta con la freddezza nei modi? - Sono ingegnosa nell'approfittare dei consigli anche minimi?


OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
05/09/2009 22:36

I SEGNI DI RICONOSCIMENTO DELLA VERA UMILTA’ (1)

La rinuncia sincera.


Considerazioni e riflessioni. L'umiltà sup­pone la rinuncia a se stesso.

« Non più viver per se, non più operare per interesse nostro, ma tutto compiere per Dio: ecco la vera umiltà. » In teoria, noi confessiamo la nostra nullità; ma da questa confessione alla pratica di essa, nella vita, nelle nostre opere, la distanza è enorme. È così che le nostre opere smentiscono spesso le teorie, che pur si vogliono ammet­tere e professare: la nostra vita smentisce il nostro pensiero. l'anima umile invece di essere, come noi, una smentita costante, una vivente contraddizione, porta sulla fronte que­sto segno: Verità. Tutto in essa porta il si­gillo della verità: il suo pensiero è la sua pa­rola e la sua parola è esattamente il suo pen­siero. La verità che tutto illumina in essa, è questa: Dio è tutto; essa, nulla: il suo onore è amare Dio, la sua sola ambizione, servire a Lui; e anche quando essa ha fatto qualcosa per Dio, essa si considera come lo scolaro che non può scrivere se non gli si tiene la mano appositamente. Mentre le opere dell'or­goglioso rassomigliano alle foglie disseccate dal vento, che nessun altro risultato danno di sé, se non quel poco di rumore che fanno cadendo al suolo; le sue opere sono, al contrario, piene di vita e i loro effetti si estendono meravigliosamente fino alle altre anime. In queste anime nulla vi ha di me­schini interessi personali, di sogni chime­rici e di ambizioni: esse adempiono alla loro vocazione, tutta di sommissione. L'anima umile non è altro se non il piedestallo di Gesù Cristo - mistico cero: - è Dio che illumina per mezzo loro e non esse; se esse sono qualcosa, lo sono per Lui: la loro voca­zione, la loro parte è di essere il candelabro che mantiene fermo e ritto il cero divino: nulla più. Noi non siamo se noti quello che siamo davanti a Dio, diceva S. Francesco d'Assisi. E S. Francesco di Sales chiamava il mondo un ciarlatano che esagera il biasimo come gli elogi, e non merita di essere preso sul serio nei suoi apprezzamenti, siano essi lode o disprezzo.

L'umiltà ci mantiene fissi su questi grandi principi; e senza cadere in quella esagera­zione, biasimata da santa Teresa in essa stessa, che consiste nell'apparire malvagi agli occhi altrui, la religiosa umile si man­tiene calma nel suo stato: essa non si pre­occupa di quel che le consorelle possono pensare e giudicare di essa, di quello che può perdere o guadagnare nella stima dei superiori. Rimanendo umile, essa si industria per riferire a Dio la gloria delle sue azioni, e per attirare l'attenzione delle altre su Dio e sopra se stessa. È l'artigiano di­vino che opera in essa: essa non è che « un facchino incaricato di portare i doni di Dio. » (S. Vincenzo de' Paoli) Il suo cuore scende per quella china segnalata da S. Giovanni della Croce, « per la quale l'a­more dà tutto all'oggetto amato, nulla rite­nendo per sè. » Essa neppure desidera l'approvazione, perchè vi ha, in questo desi­derio, un'ombra almeno di vanità, e perchè si rischia di stornare a proprio profitto una gloria che è dovuta a Dio solo.

L'umiltà lavorando per Dio, pensa di guadagnare tutto quanto pare perdere nella stima delle creature; e così, quando essa si trova sotto lo sguardo divino, essa agisce con altrettanta cura che se dovesse trovarsi sotto gli sguardi del mondo intero. Essa dà retta a questo consiglio di S. Francesco di Sales: « Non lavorate come i ragni, ma come le api. Il ragno fabbrica la sua tela in vista di tutti: egli la ordisce un po' dapper­tutto, sui tetti, nel magazzino, su gli alberi, sul pavimento, come alle finestre della casa: egli assomiglia assai agli spiriti vani e ipocriti che non agiscono se non quando sanno di essere visti e ammirati. Le api invece, più sagge e prudenti, producono il loro miele negli alveari chiusi agli occhi profani, nelle piccole loro celle, di nascosto: esse bene simbolizzano le anime umili ritirate in loro stesse, che si contentano di sapere che Dio vede e conosce le loro opere. « Un'o­pera compiuta in segreto è un tesoro ine­stimabile; ma se essa viene ad essere cono­sciuta, per nostra negligenza, essa perde quasi tutto il suo valore, come un bel frutto beccato dagli uccelli. »

Era ben umile quel santo della leggenda che, supplicato dagli angeli a voler doman­dare a Dio un qualche favore, rispose: « Che io faccia molto di bene senza neppure sa­perlo; » e l'ombra sua guariva i malati pas­sando e a sua insaputa, di modo che il popolino gli affibbiò l'umile nome di « La santa ombra. » L'ammirazione umana cercata, è il raggio sgargiante che farà svanire colori delicati di una stoffa preziosa: è soffio umido e gelato di vento che ammmollisce, curva e fa appassire il fragile stelo.

Quell'azione, fatta per essere conosciuta e ammirata, è un fiore già passato per pa­recchie mani, non più presentabile a Dio. (Pagliette doro)

Invocazioni. - Cuore amabile del mio Gesù, sii Tu solo la mia occupazione, il mio amore. Io voglio tutto compiere per amore, con amore e nell'amore del Tuo Sacro Cuore, senza alcuno sguardo su me o sulle crea­ture. Io rinuncio a cercare nelle mie azioni, l'affetto e l'interessamento delle creature sono sempre per Te, amore dell'anima mia. Tutto Ti voglio dare! Nulla alle creature e nulla a me sessa; tutto per il Sacro Tuo Cuore. (S. Margheríta María) « Povera anima mia, sii il fiore del deserto, che cresce, si apre e sboccia, perchè Dio glielo impose, e che non si preoccupa se l'uccello che passa, lo scorge, e il vento disperde le sue foglie. » (Pagliette d'oro)

Esame di coscienza. - Havví la verità nelle mie pa­role, nei miei pensieri, nelle mie intenzioni? - Non mi servo forse di piccoli raggiri per attrarre l'attenzione altrui sulle mie opere? - Sono aliena da quei piccole calcoli interni di amor proprio e di interessamento pei me stessa, pei quali avrei vergogna se venissero cono­sciuti?



I SEGNI DI RICONOSCIMENTO DELLA VERA UMILTA’ (2)

La rinuncia lieta.

Considerazioni e riflessioni. - La rinuncia sincera può essere conveniente al tutto di Dio e al nulla dell'uomo; ma non lo è più alla misericordia di Dio e alle potenti ener­gie che la grazia sviluppa in noi. Confessare il proprio nulla, nascondersi, eclissarsi, è bene; amare la propria nullità, perchè essa mette in più evidenza la grandezza divina, è meglio ancora; ma la perfezione sta nel mettere a disposizione di Dio la propria nul­lità, nel prendere i suoi ordini e nell'eseguirli coraggiosamente e con gioia: questo chia­masi la rinuncia lieta. A ogni volontà di Dio, la rinuncia sincera risponde: Si, mio Dio; la rinuncia lieta risponde umilmente: Magni­ficat! Alleluia! Avanti, anima mia, coraggio. Dio ha dato uno sguardo al tuo nulla e giu­dica a proposito di impiegarlo in qualche cosa di utile.

Certi veri santi, umili per eccellenza, dis­sero talvolta come S. Vincenzo de' Paoli:

« E ben comodo per me, che Dio compia le sue opere senza disturbarmi. » Questi santi ebbero tema di ingerirsi in quelle opere che non esigono il loro concorso, stiman­dosi per guastamestieri e come una quinta ruota al carro. E lo stesso Santo così spiega il suo pensiero: « Solo quelli che sono ve­ramente umili, e che hanno un vero disprezzo per loro stessi, sono adatti alle opere di Dio. » Questi tali non credono affatto di possedere questa virtù, essendo proprietà di questa virtù l'ignorare se stessa. Tuttavia essi così pregano: « Signore, nulla io sono: fatemi compiere qualcosa che possa ridon­dare a vostra gloria; » in seguito, venuti a conoscenza della volontà di Dio, eccoli all'o­pera, eccoli in attività. Di dove viene questa loro santa energia? - Da Dio solo. « È cer­tissimo che non viene da me stesso; non avrei la forza da sopportare quella tal cosa, ma ne son, egualmente contento, in quanto che sarà la Tua forza, Signore, che agirà in me. » (S. Francesco di Sales)

« Senza dubbio, è Dio che si degna di servirsi di questa strumento: è piccolo e mi­serabile, è nulla, è il nulla. Sia gloria a Dio! Poichè è precisamente a causa della sua nul­lità che Dio l'ha scelto. Egli vuole essere tutto, » e così l'anima gode, contenta di non trovare in sè alcuna cosa su cui ap­poggiarsi e di vedersi nella necessità di get­tarsi tutta fra le braccia della potenza divina. (S. Giovanna di Chantal) Dio trova il suo interesse nel servirsi di tali anime, poichè la sua gloria non ne rimane menomata per nulla. Dio onnipotente diede uno sguardo, dice S. Francesco d'Assisi, e non vide, fra i peccatori, nessuno più miserabile e più povero di me; per realizzare le sue opere prodigiose, non seppe trovare altra creatura più vile: ecco perchè mi ha scelto.

Persuasa così che il mondo pure ha la stessa opinione sulla sua nullità, e non cu­randosi che degli interessi divini, l'anima umile ne prova un accrescimento di gioia. Così va bene, essa dice, bisognerà bene che si dica che Dio solo ha fatto tutto quanto! Ma in noi vi ha un'estrema ripugnanza a questa abiezione assoluta. Non temere: è un'impressione naturale e involontaria. Se la tua volontà è libera e gode sinceramente di questa distruzione completa che esalta Dio, tu sei sulla strada dell'umiltà.

Questa rinuncia lieta è una forma dell'a­more perfetto. Dio disse a una santa anima: Figlia mia, S. Vincenzo de' Paoli, trovò l'a­more nell'umiltà, tu troverai l'umiltà nell'a­more. - Nulla io sono, ma Dio è tutto; la vita, per il mio amore, consiste nel vedere il tutto di ogni perfezione nell'oggetto del mio amore: se a me riservassi anche la ben­chè minima cosa, Quelli non avrebbe più il tutto. Di più, Egli mi ha scelta a sua fidan­zata sulla terra e a sua sposa in cielo; tutto quello che a Lui appartiene, sarà pure per me! Così ragionano le sante e i santi, e in questo modo la loro umiltà è un perpetuo Alleluia. Essi non conoscono che queste due parole: Amen, Alleluia! Amen è: si; Alleluja è: grazie: » Amen è il grido dell'a­nima che vuole solo tutto quel che Dio vuole: Alleluja, il grido dell'anima felice in tutto quel che Dio permette. - Amen, il grido dell'amore - che si sottomette; - Alle­luja, quello dell'anima che precorre la volontà di quei Dio, che essa ama con tutte le sue forze. E allorquando sulla terra, un'anima, che già seppe dire Amen, sa dire pure Al­lelaaja, si forma fra Dio ed essa una unione ineffabile, che le procura la più invidiabile pace, e che permetterà a Dio di presentarla agli angeli designandola così: Questa ha vissuto dei miei pensieri e del mio amore! »

Invocazioni. - « Signore, è più che certo che io sono un nulla, che sono ignorante, cieca, incapace di fare alcunchè di bene: lo credo, lo confesso e acconsento a che tutti abbiano di me questa opinione: è la verità! A Te solo la gloria, Dio mio; e a me l'essere disprezzata e trattata come merito. » Quanto sei buono, Signore, di vo­lermi amare! « La mia anima glorifica il Signore e il mio spirito è rapito di gioia in Dio, mio Salvatore, perchè si degnò i dì dare uno sguardo alla bassezza della sua serva. Egli ha fatto grandi cose in me, e santo è il suo nome! » (S. Luca, 1, 46, 49)

Esame di coscienza. - Nelle mie opere, non cerco forse la stima altrui, invece di attribuire tutto a Dio? - Mi attristo allorché non si attribuire a me il successo? - E quando la mia abnegazione rimane sconosciuta? - E quando si equivoca su le mie intenzioni? - Calcolo uni­camente su Dio? - La mia timidezza e i miei esagerati timori non provengono forse dal mio amor proprio? - La considerazione del mio nulla mi scoraggia, oppure mi rende lieta al pensiero che io sono un nulla, e Gesù che io amo, è tutto?



IL GRAN MODELLO DI UMILTA’

Gesù Cristo.


Considerazioni e riflessioni. - L'umiltà, dice S. Tommaso: è quel freno che modera i desideri disordinati di grandezza, e con­chiude dicendo: «Però Dio non può entrare in questi sentimenti, perchè in Lui tutto è in perfetta armonia, nessuna cosa vi ha da moderare in Lui.» Ma non pare però che Dio abbia attrattive per gli umili? Non è forse umiltà, in Dio, quel movimento che lo spinse a volgersi verso il nulla per creare? Quella Provvidenza ineffabile sempre a ser­vizio del creato? Quella pazienza, quella bontà, quell.e premure verso il peccatore? Dio aveva lasciato vedere la sua onnipotenza alla beata Angela da Foligno - fatto questo, le disse: « Ora vedi la mia umiltà » e vidi, dice la beata, un abisso spaventoso per pro­fondità: era il movimento di Dio verso l'uomo, verso ogni cosa creata.

Questa umiltà divina trovasi anzitutto in Nostro Signore, perchè Egli è Dio. Oltre quella, Egli ha ancora un'umiltà tutta propria, che è quella dell'Uomo-Dio. Questa umiltà, fu quella che lo spinse negli abissi dell'ab­bassamento, dei dolori, delle sofferenze, negli abissi della morte sulla croce. É questa umiltà che rivestiva, per mezzo della sua umanità, quei caratteri commoventissimi e inesprimibili di compassione, di tenerezza, di sollecitudine, di ardore, che si esprimeva con parole, immagini, delicatezze, emozioni e la­crime tali da far scendere fino in fondo al nostro intimo dei cuore l'impressione intima e la gioia del divino. (Mons. Gay) Infine, Gesù ha l'umiltà delle altre creature, e sic­come l'umiltà cristiana e vera é una grazia, le altre creature non hanno umiltà, se non dalla sovrabbondanza dell'umiltà di Gesù Cristo in esse.

« Pare che questa virtù sia stata la prefe­rita del suo cuore, dice S. Francesco di Sales, e che non sia disceso dal cielo che per amore di essa. Non è forse umiltà personificata, il suo passaggio dal cielo al seno di Maria santissima? alla stalla di Betlemme? alla bot­tega di Giuseppe? E le persecuzioni dei Giu­dei, il tradimento di Giuda, l'agonia, il rin­negamento di Pietro, l'iniquo processo, l'in­degna preferenza del popolo beneficato per Barabba, gli insulti dei servi al pretoria, la flagellazione, la corona di spine, la croce, la morte, il sepolcro? Ed ancora. Noi tro­viamo l'essenza dell'umiltà sua nei veli euca­ristici, che ne nascondono agli occhi umani tutta l'immensurabile sua grandezza, lascian­do pervenire solamente a noi l'ineffabile sua bontà, che si rivela in tesori di grazie.

L'obbligo il più sacro e la più dolce oc­cupazione, per una religiosa, è di contem­plare, di, conoscere e studiare a fondo le disposizioni interne del cuore di Gesù, per conformarsi il più possibile a esso, scrisse una fondatrice. Vi ha una religiosa che non sappia trovare lì il codice primo dei suoi doveri? Orbene, dice santa Teresa, o noi siamo le spose di un Dio eterno o non lo siamo. Se lo siamo esiste forse una qualche sposa onesta che, dolendolo o no, non par­tecipi agli oltraggi e agli obbrobri del suo sposo, essendc i loro beni e i loro mali in comune fra loro? E poichè in questa qua­lità di spose noi pretendiamo di regnare con questo nostro sposo, in tutta la pienezza della sua gloria e felicità, non sarebbe forse follía il pretendere di non condividere le sue pene e le sue umiliazioni? Dell'umiltà dun­que, tu dovrai fare uno studio continuo e speciale, e dell'umiliazione il tuo pane quoti­diano. E non cadere nell'errore di molti che si ingannano grandemente pensando che l'umiltà sia cosa per i soli novizi e prin­cipianti, e, fatto un po' di cammino nelle vie del Signore, si persuadono facilmente di poter rilassarsi e trascurare la pratica di questa virtù, pensando di essere bastante­mente virtuosi: in questo essi certamente abusano grandemente. Non vedono costoro che Nostro Signore si è umiliato fino alla morte, vale a dire per tutto il tempo di sua vita. (S. Francesco di Sales)

Invocazioni. - O Gesù, insegnami ad essere dolce e umile di cuore! Amo la santa Eucarístia nella quale Tu mi dai la grande lezione di umiltà e di annientamento: amo la croce, simbolo della massima umiliazione dolorosa. Se Tu l'avessi voluto, i Giudei Ti avrebbero incoronato come Re: se Tu l'avessi desiderato, legioni di angeli sarebbero accorse in Tua difesa: se Tu avessi voluto agire come Dio, visibilmente, tutti avrebbero adorato la Tua divina maestà, ma Tu volevi la mia, la nostra sal­vezza e perciò Ti sei umiliato fino all'ultimo estremo limite. Quale esempio per me, per il mondo, per l'orgoglio umano! O Gesù, io voglio essere umile per essere degna di Te; voglio amare l'umiltà e l'umiliazione per partecipare alle Tue preferenze. Degnati dunque di riformare il mio spirito e la mia volontà affinchè io possa ben comprendere e imitare il Tuo cuore.

Esame di coscienza. - Studio e conosco sufficiente mente il gran modello di umiltà: Gesù? - Amo di leggere il Vangelo e di meditare su la croce? - Pensando a cielo, non sono forse un po' portata a trascurare e di mentícare la vera strada per giungervi: l'umiltà? - Leggendo e ascoltando parole di disprezzo per il mio abito ligioso e per la mia vita di umile, non arrossisco forse el mio Sposo? - A ogni umiliazione, so sorridere e pen­sare che molto più si è umiliato Gesù?



MODELLI DI UMILTA’

Maria Vergine, i santi e i fondatori di ordini religiosi.


Ascoltiamo S. Francesco di Sales. Egli dice a noi che « il Santo dei Santi, Maria santis­sima e tutti i santi hanno onorato e amato sempre questa virtù. Gesù Cristo doveva a se stesso di praticare l'umiltà in Dio; i santi tutti dovevano a Gesù di seguire le sue tracce, il più presso possibile. A capo di tutti i santi, nella pratica dell'umiltà, sta la santis­sima Vergine, madre di Dio. Come Gesù, che fu il perfetto religioso del Padre eterno, Maria fu la perfetta religiosa di Gesù, poichè essa « compì il suo postulandato nel ritiro al tempio di Gerusalemme, il suo noviziato a Nazaret, ove la sua fedeltà allo Spirito Santo e la sua docilità alle parole dell'Ar­cangelo, le meritarono di possedere e di portare Dio in seno, e infine fece la sua pro­fessione a Betlemme, ove la madre di Dio comincia a dare il figlio suo al mondo. (Pa­dre Varin) È dunque più che utile che noi cominciamo dal conoscere questo bel mo­dello di umiltà.

Dio sdegna l'altezzosità, allo stesso modo del sole da lui creato, che inaridisce coi suoi raggi le vette e feconda invece le valli. Maria fu piena di grazie, perchè essa si inabissò come la valle, e si fece così piccina da pia­cere all'Altissimo: E per la sua umiltà che essa attirò in sè Gesù, dice san Bernardo. - Essa fu umile! Così umile che, nel tem­pio, voleva essere l'ancella di tutti: così u­mile che essa domandava a Dio di poter servire quella che sarebbe destinata ad essere la madre del Messia. Fu così da tremare allorquando l'Arcangelo la chiamò piena di grazia, dimostrando tutta la sua umiltà in quelle parole: Ecce ancilla Domini: Ecco la serva di Dio. Così umile che, fe­condata per virtù divina, preferì esporsi ai sospetti del suo casto sposo, piuttosto che divulgare la sua altissima dignità di madre del Messia divino. E fu umile ancora allor­quando, Madre di Dio, proclama la sua bas­sezza con un cantico immortale. Fu così umile che, dicesi, non volle che gli Apostoli raccontassero le sue glorie. Umile e umiliata, ma coraggiosa sempre « ritta ai piedi della croce. Tale fu la madre di Dio, la cui vita, unica nella sua perfezione, merita di essere norma di vita e regola per ogni altra vita. (S. Ambrogio)

Dopo aver parlato della santissima Ver­gine, S. Francesco di Sales dice: « Chi po­trà immaginare una umiltà più perfetta di quella di S. Giuseppe, padre putativo di Gesù e sposo della madre di Dio! » L'umiltà e la docilità sono le caratteristiche che distin­guono la fisionomia dei santi. Essi non do­mandano, nè provocano la loro missione, anzi la temono. Il sentimento che appare per primo in essi, è formato dal timore, senten­dosi essi, nella loro umiltà, schiacciati dalla sproporzione fra l'opera e le loro forze. An­che la loro elevazione morale e la stima non li distoglie dalla loro modestia, semplicità e ingenuità, cose tanto amabili, che attirano tutti verso di loro, e per mezzo delle quali noi ci possiamo avvicinare ancor più. Essi sono divinamente grandi, perché la virtù del­l'Altissimo li ricopre della sua ombra; ma ri­mangono umanamente piccini, perchè essi sentono che questa forza divina è in loro, ma senza loro. E così si forma quell'armo­nia di tutte le elevazioni e di tutti gli abbassamenti, di cui Maria è il prototipo e il Magnificat è l'inno, della quale l'a­nima dei santi è la riproduzione immortale. » (Mors. Baunard)

Ed ora udiamo in proposito qualche pa­rola dei santi. S. Francesco di Sales dice: « Sono un povero scudiere, che divide per gli altri e nulla ritiene per sè; - sono un'in­segna qualunque che invita gli altri ad en­trare e a star bene, ma che passa la notte al freddo e alla pioggia; - sono un liuto sordo ai propri suoni. » - Santa Giovanna di Chantal: Per scavare fondamenta non occorre che uno strumento, l'umiltà! »

Ma è cosa superflua il raccogliere di que­sti detti, perché nell'umiltà è dove i santi tutti si rassorrligliano. E così tutti i santi fondatori di ordini o di istituti ripetono con­cordi che i lori figli spirituali devono essere morti a se tessi. « Come cadaveri » diceva S. Ignazio « come bastone fra le mani del superiore » diceva il serafico patriarca d'As­sisi. Si pone, così in pratica, letteralmente, quella parola apostolica che gli altri cristiani non possono praticare così perfettamente come il religioso. « Voi siete morti, e la vostra vita è nascosta in Dio, con Gesù Cristo. » Ecco i modelli da imitare.

Invocazioni. - « Essere disprezzato per Te, soffrire per Te! E questo che i santi hanno ripetuto spesso e pra­ticato per tutta la vita. Signore, io sono certamente molto meno di essi, ma sono molto nel Tuo amore; questo a­more è la sola mia grandezza e a me viene da Te. L'u­miltà è il solo lato pel quale io posso avvicinarmi ai santi e inabissarmi in Te. Non voglio più d'ora innanzi ascoltare il mio amor proprio, che cerca la grandezza e la stima del mondo, ma la voce dell'umiltà, che mi invita ad av­vicinarmi a Te. Mia unica gloria sarà di appartenerti e per mezzo dell'umiltà io sarò meno me stessa e più vi­cina a Te. Maria santissima, dégnati di rendermi simile a te, per essere ancor io l'umilissima serva del mio Signore, Gesù.

Esame di coscienza. - Apprezzo e amo abbastanza le vite dei santi? - Ne faccio oggetto di letture spirituali, applicandomi ad imitarli e a far tesoro dei loro detti? - La loro perfezione mi attira, mi spinge o mi fa perdere di coraggio? - La mia divozione alla santissima Ver­gine è sopratutto divozione di imitazione? - Se prego i santi per evitare pericoli, per il buon successo di qual­che pratica, per grazie comuni, li prego pure per otte­nere la grazia dell'umiltà? - Mi studio di mettere in pra­tica i consigli e le massime dei fondatori o fondatrici del mio istituto?



OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
05/09/2009 22:38

SPIRITO E ABITUDINE DI UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - « Fra umiltà, spirito di umiltà e abitudine all'umiltà, vi ha una differenza sensibile. E’ umiltà fare qual­che atto per umiliarsi; 1'abitudine è di farli in ogni occasione che si presenti e ad ogni momento; ma allo spirito di umiltà è di com­piacersi nell'umiliazione, è cercare l'abiezione e l'umiltà in ogni cosa, vale a dire che, in qualsiasi cosa noi facciamo, diciamo o de­sideriamo, il nostro scopo sia quello di umi­liarci e di avvilirci. » (S. Francesco di Sales) L'umiltà di spirito deve abbracciare tutte le tue facoltà…

1. Devi rendere il tuo cuore moderato assai negli atti, nel desiderio di averne, e nell'uso di quelli che la bontà di Dio si sarà compiaciuta di concederti e di arricchire la tua vita; sobrio sopratutto nel desiderio naturale di vedere questo affetto dimostrato e di goderne. (Mons. Gay) Una fra le debo­lezze più comuni del cuore umano è quella di volere essere ricordati. « Se la mia persona occupa un cuore umano, che è trono dì Dio, io prendo il suo posto, e allorquando una persona pensa a me, non pensa più a Dio; quando si occupa di me, non potrà più occuparsi di Dio. » (Le Jeune) « È un grande amor proprio il voler essere molto amato, diceva santa Giovanna di Chantal. Se Dio permette, per la sua maggior gloria, che un'anima si affezioni a te, mantienti con essa come il rovere e l'edera, cercando o dando un appoggio, o come la lampada che arde nel santuario di Dio, che trasalisce di gioia quando gli si aggiunge olio, unicamente per­chè si consumeranno assieme ad onore di Gesù.

Lo spirito di umiltà dà alla condotta tutta di una persona « un carattere divino, di ri­serva, di discrezione, di saggezza. Nelle ca­riche non vede altro che una occasione per una più vasta virtù, per un sacrificio più completo di se stesso. L'umile non accetta di divenire il più elevato in dignità, il più alto per situazione, se non per aver il pri­vilegio di essere il miglior servo dei proprii confratelli. » (Mons. Gay)

2. Dal cuore ove essa risiede, l'umiltà si estende allo spirito: essa, lo rettifica, lo eleva, lo ammansa e trasforma. Essa distrugge quella mania di contestare su tutto, mania che S. Paolo dice non dover esistere nelle abitudini cristiane. Sarà la morte della ca­parbietà che, da segreta radice, proviene da orgoglio e da vanità. All’infuori di quel che riguarda la fede, l'umiltà non difende nulla accanitamente: essa non tiene ad aver sem­pre ragione, e se ha ragione sopporta vo­lentieri che non lo si voglia riconoscere. Essa dice: « Preferisco ritirarmi in tempo, piuttosto che espormi al pericolo di ferire la carità o anche me stessa; è più importante il conservare la pace» ed essa termina ogni discussione con una parola spiritosa e gio­viale che non offende alcuno e salva la carità.

L'umiltà è assai moderata nel giudicare, lenta nel condannare, pronta a scusare. Essa pensa sempre bene del prossimo, e le sue misericordiose interpretazioni delle cose o delle parole sono una imitazione della mise­ricordia del Salvatore, ingegnosa nel saper scusare le creature. Essa arriva così ad una più grande lucidità nei suoi giudizi e all'op­portunità delle applicazioni che ne seguono: « la misericordia irrobustisce il giudizio. Eccola arrivata a quella nobile e robusta vi­rilità, che S. Paolo chiama « l'età perfetta del Cristo. »

3. Passando dal cuore allo spirito, l'u­miltà arriva ancora al corpo, abbassando e santificando tutto quanto Dio vuole per sè, e Dio vuole tutto. In santa Caterina da Bo­logna l'umiltà poneva una grande avversione alle cure minute intorno all'abbigliamento, perchè l'orgoglio può benissimo insinuare anche nel vestito di penitenza, come, insinua fra le stoffe intessute di seta e d'oro. « Sorelle mie, diceva la santa, allorquando siete tentate di ben aggiustare il vostro velo e la vostra tonaca, affinchè tutto sia ben liscio e senza pieghe, ritorcete invece tutto e spie­gazzate bene: tali atti attirano molte grazie, e questa è una delle mie divozioni. » L'u­miltà apporta pure una fede gioconda in quelle osservanze della vita religiosa che abbassano più di quanto facciano soffrire: tale il baciare terra ecc. o il occupare certi uffici che sono alquanto penosi e ripugnanti alla natura umana.

Questi riflessi dell'umiltà proiettano luce sul corpo tutto, gli dànno quell'impronta di modestia, di bella riservatezza e di conte­gno, che invano si cercherebbe nelle spìglia­tezze della vanità: si sente l'anima che vive continuamente in rapporti con Dio; si in­dovina il servo la cui attitudine sola pare dire: il Padrone mi vede! Per la mansuetu­dine e per la modestia di Gesù, noi ve ne preghiamo: Siate umili.

Invocazioni. - O Gesù, degnati di concedermi questo spirito di umiltà che mi renderà modesta, riservata, mo­derata e sapiente della Tua sapienza. Questo spirito di umiltà mi preserverà da tutti quegli errori che hanno la loro origine nell'amor proprio: questa virtù è la chiave della scienza, la madre e la regina di tutte le virtù mo­rali; è essa che darà solidità e consistenza a tutto l'edi­ficio della nostra perfezione. Se la mia virtù è umile, sarà vera, solida e durevole e degna del Tuo cuore. Gesù mio, dammi l'umiltà, e tu, umiltà, dammi Gesù! Maria santis­sima, dammi il tuo Gesù e le tua umiltà.

Esame di coscienza. - Ho questa umiltà, questa mo­derazione, questa sapienza qel cuore? - Mi adatto facil­mente alle opinioni altrui o discuto accanitamente? - Sono premurosa nell'ubbidire nelle piccole cose che riguardano l'ordine, la pulizia, l'arredamento della cappella, l'ora dell'ufficiatura, la scuola e ogni altro esercizio? - Pra­tico veramente la modestia religiosa con il mio contegno? nelle parole ? in tutto?



GLI OSTACOLI ALL’UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - La perfetta umiltà ha in noi due grandissimi avversari la presunzione e lo scoraggiamento.


1. La presunzione. Avrete visto talvolta fan­ciulli che s'incamminano per fare una lunga passeggiata. Eccone uno: è pieno d'ardore, corre da un sentiero all'altro, vorrebbe rac­cogliere tutti i fiori che vede, e dar la caccia a tutte le farfalle. Lo si avverte che la strada è lunga, gli si dice di non affaticarsi troppo, per aver forze bastanti pel ritorno. Fiato spre­cato! Non si ferma, si sente in forze; ma, dopo qualche tempo ancora di scorrerie, ec­colo, poveretto, stanco e al ritorno è sfinito; si siede e non cammina più: presuntuoso! Così succede in certi giorni a certe anime, specialmente all'inizio della vita spirituale o religiosa. Si parte a vele spiegate con il vento favorevole e si è esposti così, nell'entusiasmo del momento, a dimenticare che bisogna pur tener calcolo delle proprie miserie: se si dimenticano queste, si corre pericolo di ur­tare negli scogli o, forse peggio, di naufra­gare completamente.

In materia spirituale la battaglia si guadagna lentamente.

Noi ci lamentiamo troppo della misteriosa ed estrema lentezza con la quale Dio agisce su noi; c'immaginiamo che quel che si è fatto valga già l'opera compiuta; cerchiamo d'imitare troppo alla lettera la condotta dei santi; scambiamo il valore della grazia divina con la fermezza della nostra volontà. L'e­sperienza non ci ha ancora detto che la vit­toria, nella vita spirituale, si acquista a prezzo di non poche disfatte; ma ce ne accorgeremo presto o tardi, poichè in esse vi ha una grande sorgente di umiltà. Non presumete dunque delle vostre forze, e, se volete la pace, pre­paratevi alla guerra.

2. Lo scoraggiamento. Se l'anima si preoc­cupa troppo della sua nullità, dimentica e perde di vista l'altro lato della verità: la vita di Gesù in essa. Essa si crede da Lui isolata, come se si fosse spezzata la catena misteriosa dell'unione intima, e diviene preda della tristezza e dello scoraggiamento. « Molte anime, chiamate alle perfezione, non vi ar­rivano a causa dello scorraggiamento. Con­centrate su doveri minuti, su motivi esteriori, sotto l'azione dello Spirito Santo, esse di­vengono più impressionabili, scorgono più facilmente il peccato, e il sentimento del do­lore causato da esso si fa più vivo. D'altra parte, lavorando esse su i modelli più ele­vati - Gesù e i santi - malgrado i loro sforzi, si sentono e si trovano talmente inferiori a quello che si erano proposto, che non pos­sono impedire di trovarsi grandemente disil­luse; allora si perdono di coraggio e, metà per cattivo umore, metà per reale deficenza di forze, incominciano a lagnarsi di Dio, a imbronciarsi con Lui e a fare meno sforzi per mortificarsi e piacere a Lui. Un tale scoraggiamento è vera prova che esse hanno posta troppa confidenza nelle forze proprie e che avevano concepito di loro stesse una troppo alta opinione. Con un po' più d'umiltà si sarebbero stupite di non aver fatto peggio, invece di trovarsi deluse di non aver fatto di più. » (P. Faber)

Diamo retta ai santi. Tu sarai imperfetta per tutta la vita, e sempre vi sarà molto da correggere;... non si ha mai finito, bisogna sempre ricominciare e di buona volontà;... non vi scoraggiate, purchè voi non amiate le vostre imperfezioni;... nutrite la vostra cara anima di cordiale confidenza in Dio e, man mano che vi troverete circondata da imperfezioni e miserie, rialzate il vostro co­raggio a ben sperare.....

La bontà celeste non vi lascia cadere per abbandonarvi, ma per umiliarvi e far sì che voi vi teniate ben stretta e ferma alla mano della sua misericordia. » (S. Francesco di Sales)

Dunque, nè presunzione, nè scoraggia­menti! Noi nulla siamo, ma Dio è tutto per noi. Il compito di tutta la vita tua consi­sterà nel mantenerti in equilibrio fra questi due eccessi, e vi arriverai per mezzo del­l'umiltà.

Nel mondo delle anime, vi ha pure la zona torrida, dal calore soffocante e la zona gla­ciale, ove il freddo paralizza ogni vitalità. L'u­míltà sarà per te il clima temperato, nel quale l'anima tua godrà di perfetta salute; il ricordo di quello che sei tempererà gli ardori della tua anima, e la confidenza in Dio scalderà a sufficienza il tuo cuore. Ritieni dunque questa massima e fa in modo che essa penetri, con la pratica, nella tua vita: Poco e bene e lungamente, ecco il segreto delle opere du­rature. Dio non è mai affrettato e tuttavia arriva sempre a tempo: è perchè noi lo precorriamo, che non riusciamo a fare nulla di stabile. (Pagliette d'oro)

Invocazioni. - « Ti adoro, Gesù, re potente, sul Tuo trono di amore e di misericordia. Ricevimi come tua schiava e perdonami, Te ne prego e se Ti piace, le resistenze e le ribellioni al Tuo dominio su la mia anima, e la mia vita, così piena d'orgoglio fino ad oggi. Purtroppo, o mio re, Tu non potresti essere misericordioso se Ti mancassero sudditi miserabili. Stendi dunque, Te ne scongiuro, la Tua mano per soccorrere la mia indigenza estrema, con il pre­zioso dono dell'umiltà e del Tuo santo amore, dopo avermi liberata completamente da tutto il miserabile mio amor, proprio. » (S. Margh. Maria)

Esame di coscienza. - Sono ben risoluta a fuggire, con l'aiuto della grazia divina, la presunzione e lo sco­raggiamento? - Approfitto dei momenti di fervore per premunirmi contro le aridità? - Non mi pare in quei mo­menti, che non dovrei mai cadere? - Al contrario, in altri momenti, non mi pare che tutto sia perduto ? - Non tralascio forse i miei esercizi di pietà, i doveri, sotto pre­testo che sono insensibile? - Sono ben risoluta a man­tenere sempre uguale condotta e ad agire con la volontà, malgrado tutto ?



PERSEVERANZA NELLE FATICHE DELL’UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - « Sarà salvo chi avrà perseverato fino allo fine. » La per­severanza nell'umiltà domanda, esige che si arrivi e si vada con gioia all'umiliazione: che non si scruti troppo se stessi, lo riguardo ai progressi compiuti: che si rimanga umili pure collettivamente.

1. Andare incontro all'umiliazione con gioia. « Se per caso cadete in una colpa, siate più desolati dell'aver offeso Dio che dell'abbas­samento in cui siete caduto. Se si parla male di voi, più ancora dell'esserne rassegnati, sen­titene gioia e dite: Deo gartias, grazie a Te, Signore! I nostri nemici sono i migliori nostri maestri: essi ci insegnano spesso quello che i nostri amici non oserebbero dirci. (P. Fourier)

Signore, è veramente così, diceva il santo curato d'Ars; se si parla male di me, è la verità; se si parla in modo lusinghiero, è per scherzare alle mie spalle.

Nelle umiliazioni, sul primo momento, dimenticherai spesso di ringraziarne il Si­gnore; ma tornata la calma e la riflessione sui grandi principii di fede e di virtù, tu avrai ricorso a Dio, allora prendi coraggio per dir­gli di tutto cuore, malgrado le ripugnanze: Signore, sii benedetto, l'essere umiliata mi arreca un gran bene.

2. Non scrutare troppo se stessi sui pro­gressi compiuti. « Fossimo anche i più perfetti nel mondo, disse S. Francesco di Sales, noi non dobbiamo nè saperlo, nè conoscerlo, ma stimarci sem­pre imperfetti. »

Non ti fara’ mai questa domanda: Ho pro­gredito nell'umiltà? ma quest'altra: Ho lavo­rato a divenire umile? I veri umili non sanno di possedere questa virtù; essi rassomigliano ai naviganti in pieno oceano che non s'ac­corgono se avanzano o indietreggiano, con­tentandosi di pensare che il pilota lo sa be­nissimo. » (S. Francesco di Sales) Avviene dei nostri progressi nella grazia quel che av­viene dell'ora della nostra morte, la quale nessuno può conoscere con esattezza. Noi stentiamo già a rimanere umili, anche allor­quando le nostre imperfezioni sono eviden­tissime a tutti, e che quel poco di bene che può esserci in noi è quasi invisibile. (P. Faber) Uno sguardo troppo esclusivo su te stessa snerverebbe la tua anima, perchè allorquando uno si applica ad una virtù in modo spe­ciale, si è sempre tentati più fortemente dal vizio contrario a quella. Di più, l'amor pro­prio si mortifica in noi, è vero, ma non muore; esso si comporta come quei rami che il col­tivatore curva a terra per moltiplicare le sue piante e che prendono radice per conto loro. Contentati dunque di sapere che tu vivi più puramente, cadi più di rado, e ti rialzi più presto. (S. Bernardo) Fatto questo, teniamoci ai piedi di N. S., in compagnia; della Madda­lena, e pratichiamo le virtù adatte alle nostre piccole miserie. Sono virtù chi si praticano più discendendo che salendo! e perciò più adatte alle nostre gambe: copie la pazienza, l'affabilità, il sopportare il prossimo e le stesse nostre imperfezioni. (S. Francesco di Sales)

3. Rimanete umili collettivamente, cioè come membri di associazione. Lo spirito di umiltà ci libererà, in quanto appartenete a famiglia spirituale, da quel sen­timento che chiamasi « spirito di corpo » e che non è che una estensione di egoismo messa in comune. « Nostro Signore non solo fu umile in sè, ma lo fu ancora come ap­partenente alla piccola compagnia dei suoi discepoli. Compose quella con poca gente rustica, di poca scienza e civiltà, che non s'accordavano nemmeno fra loro e che in­fine l'abbandonarono. Accade alle compagnie umili quel che accade alle vallate, che atti­rano a spese della montagna gli elementi di ricchezza del sotto suolo. (S.Vinc. de' Paoli) L'umile fondatrice dell'Istituto del Sacro Cuore diceva abitualmente: « Ci si lasci l'umiltà e ci si prenda pure tutto il resto: se altre fanno meglio di noi, il Cuore di Gesù ne ritrarrà più gloria; è abbastanza ampio da permettere che parecchie famiglie vi si trovino bene ugual­mente. »

Forse che i Serafini disprezzano i piccoli angeli? E i grandi santi disprezzano forse i minimi? Dov'è, in cielo, l'immagine su cui potremmo formare idee di spirito di corpo?

Dopo tutto chi più amerà sarà il più amato, e chi avrà amato di più, sarà più glorificato. (S. Francesco di Sales) Prega spesso per po­ter rimanere sempre umile e piccola ai tuoi occhi, perchè una famiglia religiosa che pra­ticasse l'orgoglio, la vanità in forma collet­tiva, cadrebbe sotto i colpi della maledizione divina. -

Invocazione. - Dio mio, quanto sei buono per avermi ispirato questo esercizio di prova di virtù; dégnati di fis­sare nel mio spirito i pensieri e nel mio cuore i senti­menti, che mi hai ispirato in questi trenta giorni di esercizio; e sopratutto, dégnati di consolidare le mie risoluzioni. Care risoluzioni! Voi siete il bell'albero di vita piantato dalla mano di Dio nel mio cuore; l'albero che il divin Salvatore vuole irrigare con il suo sangue per farlo fruttificare. O belle e sante risoluzioni!

Se io vi conservo, voi conserverete me: se vivete nella mia anima, essa vivrà in voi; rimanete dunque e vivete eternamente in me: che io non vi abbandoni mai! (S. Fran­cesco di Sales).



LA CORONA DELL’UMILTA’

Considerazioni e riflessioni. - In tutte le nostre opere, compresa quella della nostra perfezione, noi difficilmente perdiamo di vi­sta il salario, la retribuzione che ci spetta: si lavora propter retibutionem per la re­tribuzione. Questa speranza, in questo la­voro di perfezione, è tanto più legittima, poi­chè Dio ha detto: « Io stesso sarò la vostra ricompensa. » Ma nelle Sacre Scritture vi ha una parola che ha fatto tremare tutti i santi: « Nessuno sa se è degno d'amore o di odio. » La mia coscienza non mi rimprovera nulla, disse S. Paolo; tuttavia questo non mi assicura della mia giustizia; come se avesse avuto lo stesso pensiero S. Agostino diceva: Tu non scorgi nulla nella tua co­scienza, ma può esser che Colui, che pos­siede migliore vista di te, ben veda qualcosa; e aggiungeva: « Fintanto che si rimane in questo mondo, noi non possiamo dire quel che saremo domani, e nemmeno quel che siamo oggi. » Occorrerebbe una rivelazione speciale di Dio, e conosciuta, con certezza, per essere sicuri della nostra santità, perse­veranza e predestinazione.

Tuttavia esistono delle probabilità, degli indizi, dei segni d'elezione. Sono segni che solo gli eletti portano in sè. Fra questi se­gni noi mettiamo l'umiltà. L'umile non è ancora re, ma la sua corona è, preparata, è, per modo di dire, sospesa sul suo capo, e non aspetta che l'ora di Dio per discendere.

Dio lo ha promesso: «Chi sarà stato umiliato, vivrà nella gloria. » (Giobbe) - « Le ossa umiliate trasaliranno di gioia. - Signo­re, tu non sprezzi il cuore contrito e umi­liato. » (Salmi) - « Umiliati in ogni cosa e troverai grazia dinanzi a Dio. » (Eccles.) - « Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi in­nalzerà. » (S. Giacomo) - « Come il sole e la luce che partono dal basso dall'orizzonte per elevarsi fino al meriggio, così gli umili vanno alla loro esaltazione. » (Ester) - « Egli salverà gli umili di spirito. » (Salmi) - « L'u­miltà è preludio alla gloria. »(Prov.) - Il Si­gnore ha riassunto la promessa con queste parole: « Chi si umilia sarà esaltato. Il più grande nei cieli sarà colui che si sarà fatto piccino come questo fanciullo. » (Vangelo) - E volendo il divin Maestro dare una for­mula che abbracciasse tutte le sue lezioni di perfezione, disse: « Imparate da me che sono dolce e umile di cuore. » Riassunto perfetto! « Ove vi ha umiltà, lì si trova la sapienza. » (Proverbi) I santi e i maestri di perfezione hanno imparato a queste purissime sorgenti.

Il primo segno di predestinazione è l'u­miltà, la vera umiltà, l'umiltà di cuore. È certissimo che gli umili saranno salvi e, viceversa, che nessuno sarà salvo, se non umile. (Mons. de Ségur) Il nostro divin Re­dentore Gesù vive e regna nel cuore degli umili; al contrario, Satana vive e regna in quello dell'orgoglioso; dal che ne concludo che il segno più manifesto di riprovazione è l'orgoglio, e, per antitesi, il segno più si­curo di predestinazione è l'umiltà. Cercate quale dei due regna nel vostro cuore e voi saprete di quale re voi siete suddito: le opere di ciascuno di essi sono segnate da un si­gillo che indica il sovrano al quale noi ub­bidiamo. (S. Gregorio) Chi saranno gli eletti? I santi. Orbene, « la vera e perfetta umiltà è un pegno certissimo, è sarà sicura di grande santità. » (P. Fourier) « ...Gli umili solamente, fanno fortuna per il cielo. » (M. Barat) È passando per la strada dell'umiltà che si sale alle altezze dei cieli. (Papa Leone XIII)

Inoltre, i santi assegnano come misura della gloria in cielo la stessa misura di umiltà praticata sulla terra, come sta scritto: « Pro­porzionate il suo tormento e il suo dolore alla grandezza del suo orgoglio. » - « L'umiltà marcia in capo alla colonna coane portaban­diera: chi si abbassa di più salirà più in alto. » (S. Cipriano) - « Volete avvicinarvi più a Dio, aver posto a fianco del suo trono? Nascondetevi ora nella più profonda umiltà. » (S. Ambrogio) Santa Maddalena de' Pazzi diceva delle religiose: « Le basi della loro perfezione sono l'amor di Dio, il disprezzo di loro stesse: la religiosa che più si sarà abbassata sulla terra, vedrà Dio in cielo con più chiarezza. » In una visione, un santo vide un trono in cielo che oltrepassava in altezza e splendore tutti gli altri attorno, e intese queste parole: « Fu il trono di uno fra i più belli angeli: è rimasto vuoto dalla sua caduta; aspetto un umile per darlo à lui, e questi è il mio servo Francesco (d'As­sisi). » (S. Bonaventura)

Con queste considerazioni, ti supplico vi­vamente e di tutto cuore a esercitarti fedel­mente nella santa umiltà, affinchè un giorno la tua anima sia tutta di Dio e sua sposa amatissima. Oh! qual abito propizio e can­dido, l'umiltà, per arrivare e conservare la santità! Oh! quanto felici le anime che, in questa vita, si esercitano nell'umiltà, poiché esse verranno esaltate lassù in cielo! » (San Francesco di Sales)

Considerazioni. - Signore, mio Dio, Tu sei il mio solo tesoro. E chi sono io da osare di parlarti? la più meschina delle tue serve, un vermiciattolo più abbietto e più spregevole di quello ch'io sappia e osi dire. Ricor­dati, Signore, che io non sono nulla, non valgo nulla e non posseggo nulla. Tu solo sei buono, giusto e santo: Tu solo sei l'onnipossente. Tu possiedi tutte le eccellenze, e la tua immensità riempie ogni cosa.

Ricorda, Signore, le tue misericordie, e degnati di col­mare di grazia il vuoto del mio cuore, Tu che non vuoi che le mie opere restino vane e inutili. - Degnati di segnarmi con la vera umiltà, il segno degli eletti. (Imita­zione)

Esame di coscienza. - Il pensiero della mia eternità ha preceduto e accompagnato questi esercizi di umiltà? - ispirato le mie risoluzioni? - Sono ben convinta che la più piccola sulla terra sarà la più grande in cielo? - Sono ben decisa a trarre profitto della grazia insigne di queste prove? - a far conoscere le mie attrattive e le mie ripu­gnanze riguardo a questa virtù? - a lasciarmi lavorare dall'azione dello Spirito Santo e dei miei direttori ? - a favorire con tutte le mie forze la grazia divina? - a vivere nell'umiltà e nella bassezza? - a morire a me stessa, affinchè Gesù viva in me? - Sarò riconoscente a Dio di tante grazie?



ESAME INTIMO SULL'UMILTA’

Invocazione. - Spirito di verità, di timore e di amore, dégnati di farmi conoscere in che Ti ho rattristato: dégnati di liberarmi dalle illusioni e dalle vanità che impediscono la mia santificazione, e ritarda l'avvento del Tuo regno attorno a me.

Esame della vita passata. – Il primo ri­sveglio della mia ragione non è stato forse segnato dalla manifestazione di un orgoglio nascente? Qual era la forma abituale dell'or­goglio in me, nella fanciullezza? L'insubor­dinazione, la disubbidienza, il bisogno di dominare, un carattere altezzoso, imperioso, sdegnoso, oppure la suscettibilità, la gelosia, la dissimulazione?

La mia prima comunione ha portato qual­che cambiamento, riguardo a quello? - Ho pensato allora a correggermi? - Oppure, ho lasciato sviluppare liberamente quei difetti di infanzia?

Il desiderio di piacere, di essere stimata, lodata ha dominato il mio spirito e il mio cuore? - Questa disposizione persiste an­cora? - Ha esercitata una qualche grande o piccola influenza su le mie conversazioni, i miei modi, le mie abitudini?

Mi sono data alla civetteria, alle ricerca­tezze di abbigliamento, alle ricercatezze di ogni genere, per farmi valere agli occhi del prossimo? Ho tratto vanità dai doni di Dio, dalle doti naturali, dalla fortuna, dalla paren­tela, dalla mia intelligenza, dalle bellezze na­turali, dalle relazioni? Questa vanità non è stata causa della più parte delle mie colpe?

Ho cercato di ingannare l'opinione altrui a mio vantaggio, facendomi valere più ricca, più istruita, di condizione sociale più elevata? - Non ho avuto sentimenti di ribellione in una situazione più modesta e dipendente?

Ho accettato, senza mormorare contro Dio e la Provvidenza, le prove che mi hanno spogliata dei vantaggi esterni dei quali mi gloriavo, fortuna, salute, bellezza ecc.?

Non sono stata un po' schiava del rispetto umano, non osando confessare i miei prin­cípi religiosi, i miei sentimenti di pietà, le mie convinzioni, le mie abitudini di pietà e di religione praticata? - Non vi è stata va­nità nella mia pietà? - Non mi sono creduta santa, o quasi, sforzandomi di sostenere questa parte con gli altri, con le amiche e magari con il confessore?

II timore di perdere la stima spinta talvolta a dissimulare o a cosa nelle mie confessioni? o a qualche pratica, destinata a far cadere su altri le con­seguenze dei miei falli o difetti?

Esame dello stato attuale. - Ho un sin­cero rimorso dell'orgoglio, della vanità della mia vita passata? - Sono ben risoluta a qualunque sacrificio per sorreggere e vin­cere il mio carattere?

Ho abbandonato le abitudini esterne della mia vanità, contrarie alla serietà cristiana: ri­cercatezza, affettazione di modi e di parole?

Qual è attualmente in me la forma abi­tuale dell'orgoglio? - Quali vittorie ho già riportate riguardo a questò?

Qual è ordinariamente la mia attitudine di fronte alle umiliazioni che mi vengono da Dio, causate dagli avvenimenti? - e quando l'umiliazione è causata dal sentimento dei miei peccati e dalle mie miserie? - È sen­timento di rivolta, di ira, oppure di abbatti­mento e di scoraggiamento?

Sono ben persuasa che tutto devo im­parare riguardo a pietà? - che nelle cose soprannaturali, nulla posso senza una parti­colare assistenza della grazia? - che la mia debolezza ha bisogno di appoggiarsi all'ub­bidienza?

Sono veramente benevole, apostolica, premurosa?

Sono ben decisa a domandare le correzioni? - a riceverle con riconoscenza e desiderio sincero di approfittarne? Questo esercizio d'umiltà m'ha ben illumi­nata sule mie imperfezioni esterne? - quali ho trovato in me? - Ho pregato qualcuno a vo­lermi far osservare quelle che non conosco? Son certa che, senza umiltà, non posso di­ventare un'anima religiosa? - Ho veramente un grande desiderio di praticare questa virtù? - Sono pronta a seguire i consigli del diret­tore spirituale, riguardo a questa virtù? - Quali risoluzioni sottometterò al suo parere? Sono riconoscente a Dio della grazia di questi esercizi di prova? - Ne affido il buon successo alla santa Vergine? Preghiera. - Gesù vivente in Maria, venite e vivete in noi con lo spirito della vostra santità, nella pienezza del vostro potere, nella perfezione delle vostre vie, nella verità delle vostre virtù, nella comunione dei vostri misteri. Dominate, con il vostro spirito e per la gloria del celeste Padre, su qualsiasi potenza che si opponga al vostro regno in noi. Così sia! Regina Virginum, ora pro nobis!

caritatevole, umilmente.

Pratiche opportune allo sviluppo'di umiltà.

1. Domandare, ogni giorno, a Dio la grazia dell'umiltà durante le preghiere, la Messa, la visita al Santissimo Sacramento ecc.

2. Rinnovare i buoni propositi dopo la comunione.

3. Fare ogni giorno l'esame particolare su questa virtù.

4. Ripetere spesso questi giaculatoria: « Gesù, dolce e umile di cuore, rendi il mio

cuore simile al Tuo. »

5. Applicarsi con cura speciale alla pra­tica della dolcezza e dell'umiltà in tutti i rapporti con il prossimo.

Conclusione pratica.

Consacrate l'ultimo giorno di questi eser­cizi alle risoluzioni da prendersi e a ringra­ziare il Signore. Fate la santa comunione, con l'intenzione di ringraziare Dio dei lumi ricevuti e promettetegli di approfittarne se­riamente. Rendete conto al vostro direttore spirituale del lavoro spirituale fatto e coma­categli le risoluzioni prese.


[SM=g27998]

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:19. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com