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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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TUTTI IDOLATRI?

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2009 11:35
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06/09/2009 11:33

11. Gesù le dice: Dammi da bere. I suoi discepoli erano andati in città per acquistare provviste. La donna samaritana, dunque, gli dice: Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana? I Giudei, infatti, non sono in buoni rapporti con i Samaritani (Gv 4, 7-9).

Ecco la prova che i Samaritani erano stranieri. I Giudei non si servivano assolutamente dei loro recipienti; e la donna, che portava con sé un recipiente per attingere l'acqua, si stupì che un giudeo le chiedesse da bere, cosa che i Giudei non erano soliti fare. Ma, in realtà, colui che chiedeva da bere, aveva sete della fede di quella donna.

[Il dono di Dio è lo Spirito Santo.]

12. Ascolta, adesso, chi è colui che chiede da bere. Gesù rispose: Se conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice "dammi da bere", l'avresti pregato tu, ed egli ti avrebbe dato un'acqua viva (Gv 4, 10). Chiede da bere, e promette da bere. E' bisognoso come uno che aspetta di ricevere, ed è nell'abbondanza come uno che è in grado di saziare. Se conoscessi - dice - il dono di Dio.
Il dono di Dio è lo Spirito Santo. Ma il Signore parla alla donna in maniera ancora velata, solo a poco a poco penetra nel cuore di lei. Intanto la istruisce.
Che c'è di più soave e di più amabile di questa esortazione: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice "dammi da bere", l'avresti pregato tu, ed egli ti avrebbe dato un'acqua viva? Finora la tiene sulla corda. Infatti, comunemente si chiama acqua viva quella che zampilla dalla sorgente. L'acqua piovana, che si raccoglie nei fossi o nelle cisterne, non vien chiamata acqua viva. Potrebbe anche essere acqua di sorgente, ma se è stata raccolta in qualche luogo e non è più in comunicazione con la sorgente, essendone tagliata fuori, non si può più chiamare acqua viva.
Acqua viva si chiama solo quella che si attinge alla sorgente. Ora, tale era l'acqua che si trovava in quel pozzo. Come poteva allora Cristo promettere ciò che chiedeva?

13. Tuttavia, interdetta, la donna esclamò: Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo (Gv 4, 11). Come vedete, acqua viva per lei è l'acqua del pozzo. Tu mi vuoi dare acqua viva, ma io possiedo la brocca con cui attingere, mentre tu no. Qui c'è l'acqua viva, ma tu come fai a darmela? Pur intendendo un'altra cosa e ragionando secondo la carne, tuttavia bussava alla porta,
in attesa che il Maestro aprisse ciò ch'era chiuso. Bussava più per curiosità che per amore della verità. Era ancora da compiangere, non ancora in condizione d'essere illuminata.

14. Il Signore parla più chiaramente dell'acqua viva. La donna gli aveva detto: Saresti tu più grande del padre nostro Giacobbe, che ci ha dato il pozzo e ha bevuto da esso, lui e i suoi figli e le sue greggi? Tu non puoi darmi di quest'acqua viva perché non hai un recipiente per attingere; forse vuoi promettermi l'acqua di un'altra sorgente? Saresti da più del nostro padre, che ha scavato questo pozzo e se n'è servito insieme ai suoi? Ci spieghi, dunque, il Signore che cosa intende per acqua viva. Rispose Gesù: Chiunque beve di quest'acqua avrà sete ancora; ma chi beve l'acqua che io gli darò non avrà sete in eterno: l'acqua che io gli darò diverrà in lui sorgente d'acqua zampillante per la vita eterna (Gv 4, 12-14). Il Signore ha parlato in modo più chiaro: Diverrà in lui sorgente d'acqua zampillante per la vita eterna. Chi beve di quest'acqua non avrà sete in eterno. Nulla è più evidente che egli non prometteva un'acqua visibile, ma un'acqua misteriosa. Nulla è più evidente che il suo linguaggio non era materiale ma spirituale.

15. Tuttavia la samaritana continua ad intendere il linguaggio di Gesù in senso materiale. E' allettata dalla prospettiva di non dover più patir la sete, e crede di poter intendere in questo senso materiale la promessa del Signore. Certamente il Signore estinguerà la nostra sete, ma lo farà quando i morti risorgeranno. La samaritana, invece, voleva che si realizzasse fin d'ora quello che un tempo il Signore aveva concesso al suo servo Elia, il quale per quaranta giorni non patì né fame né sete (cf. 1 Re 19, 8). Colui che aveva concesso questo per quaranta giorni, perché non poteva concederlo per sempre? A questo aspirava la samaritana: a non aver più alcun bisogno, a non dover più faticare. Ogni giorno doveva recarsi a quella sorgente, venir via carica, e di nuovo ritornare alla sorgente non appena l'acqua attinta era esaurita; e tutti i giorni la stessa fatica, perché quel bisogno, momentaneamente soddisfatto, non si estingueva. Aspirando solo a non dover più patire la sete, prega Gesù che le dia quest'acqua viva (cf. Gv 4, 15).

16. Ma non dimentichiamo che il Signore prometteva un dono spirituale. Che vuol dire: Chi beve di quest'acqua avrà sete ancora? Questo vale per l'acqua naturale, e vale pure per ciò che essa significa. L'acqua del pozzo è simbolo dei piaceri mondani nella loro profondità tenebrosa; è da lì che gli uomini li attingono con l'anfora della cupidigia. Quasi ricurvi, affondano la loro cupidigia per poterne attingere il piacere fino in fondo; e gustano questo piacere che hanno fatto precedere dalla cupidigia. Chi infatti non manda avanti la cupidigia, non può giungere al piacere. Fa' conto, dunque, che la cupidigia sia l'anfora e il piacere sia l'acqua profonda. Ebbene, quando uno giunge ai piaceri di questo mondo: il mangiare, il bere, il bagno, gli spettacoli, gli amplessi carnali; credi che non avrà di nuovo sete? Ecco perché il Signore dice: Chi beve di quest'acqua, avrà sete ancora; chi invece beve dell'acqua che gli darò io, non avrà sete in eterno. Saremo saziati - dice il salmo - con i beni della tua casa (Sal 64, 5). Allora, qual è l'acqua che ci darà lui se non quella di cui è stato detto: Presso di te è la sorgente della vita? E come potranno aver sete coloro che saranno inebriati dall'abbondanza della tua casa (Sal 35, 10 9)?

17. Il Signore prometteva abbondanza e pienezza di Spirito Santo, e quella ancora non capiva; e siccome non capiva, che cosa rispondeva? Gli dice la donna: Signore, dammi codesta acqua affinché non abbia più sete e non venga fin qui ad attingere (Gv 4, 15). Il bisogno la costringeva alla fatica, che la sua debolezza mal sopportava. Oh, se avesse sentito l'invito: Venite a me, quanti siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò (Mt 11, 28)! Infatti Gesù le diceva queste cose, perché non si affaticasse più. Ma lei ancora non capiva.

18. Volendo che finalmente capisse, Gesù le dice: Va', chiama tuo marito e torna qui (Gv 4, 16). Che vuol dire: chiama tuo marito? Voleva darle quell'acqua per mezzo di suo marito? Oppure, siccome non riusciva a capire, voleva ammaestrarla per mezzo di suo marito, secondo quanto l'Apostolo raccomanda alle donne: Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti (1 Cor 14, 35)? Ma l'Apostolo dice: Interroghino i loro mariti a casa, dove non c'è Gesù che insegna; e poi si trattava delle donne, alle quali l'Apostolo vietava che parlassero nelle adunanze. Ma qui era presente Gesù in persona, e parlava ad una donna che era presente: che bisogno c'era di parlarle per mezzo di suo marito? Forse aveva parlato attraverso un uomo a Maria, quando ella stava seduta ai suoi piedi e accoglieva la sua parola, mentre Marta era tutta indaffarata e mormorava per la felicità di sua sorella (cf. Lc 10, 39-40)? Quindi, fratelli miei, ascoltiamo e cerchiamo di capire che cosa intendeva il Signore quando disse alla donna: Chiama tuo marito. Forse anche all'anima nostra dice: Chiama tuo marito. Chi può essere il marito dell'anima? Perché non dire subito che Gesù stesso è il vero marito dell'anima? Facciamo attenzione, perché quanto stiamo per dire difficilmente può essere capito da chi non è attento; facciamo dunque attenzione per capire: il marito dell'anima potrebbe essere l'intelletto.

19. Gesù vedendo dunque che quella donna non capiva, e volendo che capisse, chiama - le dice - tuo marito. Ecco perché tu non capisci ciò che dico, perché il tuo intelletto non è presente; io parlo secondo lo spirito, e tu ascolti secondo la carne. Ciò che dico non ha relazione alcuna né con il godimento delle orecchie, né con quello degli occhi, né dell'olfatto, né del gusto, né del tatto; solo lo spirito può cogliere ciò che dico, solo l'intelletto; ma se il tuo intelletto non è qui presente, come puoi intendere ciò che dico? Chiama tuo marito, rendi presente il tuo intelletto. A che ti serve avere l'anima? Non è gran cosa, ce l'hanno anche le bestie. Perché tu sei superiore ad esse? Perché hai l'intelletto che le bestie non hanno. Che vuol dire dunque: Chiama tuo marito? Tu non mi capisci, non mi intendi; io, ti parlo del dono di Dio e tu pensi a cose materiali; non vuoi più soffrire la sete materiale, mentre io mi riferisco allo spirito; il tuo intelletto è assente, chiama tuo marito. Non voler essere come il cavallo ed il mulo, che non hanno intelletto (Sal 31, 9). Dunque, fratelli miei, avere l'anima e non avere l'intelletto, cioè non usarlo e non vivere conforme ad esso, è un vivere da bestie. C'è infatti in noi qualcosa che abbiamo in comune con le bestie, per cui viviamo nella carne, ma l'intelletto deve governarlo. L'intelletto regge dall'alto i movimenti dell'anima che si muove secondo la carne, e desidera effondersi senza misura nei piaceri della carne. Chi merita il nome di marito? Chi regge, o chi è retto? Senza dubbio, quando la vita è ben ordinata, chi regge l'anima è l'intelletto, che fa parte dell'anima stessa. L'intelletto non è infatti qualcosa di diverso dall'anima; così come l'occhio non è una cosa diversa dalla carne, essendo un organo della carne. Ma pur essendo l'occhio parte della carne, esso solo gode della luce; le altre membra del corpo possono essere inondate di luce, ma non possono percepirla; soltanto l'occhio può essere inondato di luce e goderne. Così, ciò che chiamiamo intelletto è una facoltà della nostra anima. Questa facoltà dell'anima che si chiama intelletto o mente, viene illuminata da una luce superiore. Questa luce superiore, da cui la mente umana viene illuminata, è Dio. Era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 9). Questa luce era Cristo, questa luce parlava con la samaritana; ma essa non era presente con l'intelletto, perché potesse essere illuminata da quella luce: e non solo per essere inondata da essa, ma per poterne godere. Insomma, è come se il Signore volesse dirle: colui che io voglio illuminare, non è qui; chiama tuo marito; usa l'intelletto mediante il quale potrai essere illuminata, e dal quale potrai essere guidata (molti fratelli separati purtroppo non usano l’intelletto per discernere, ma si fidano ciecamente dei loro pastori, ndr).
Dunque, fate conto che l'anima, senza l'intelletto, sia la donna, e che l'intelletto sia come il marito. Ma questo marito non potrà guidare bene la sua donna, se non è a sua volta governato da chi è superiore a lui. Il capo della donna infatti è l'uomo, il capo dell'uomo è Cristo (cf. 1 Cor, 11, 3).
Il capo dell'uomo parlava con la donna, ma l'uomo non era presente. E' come se il Signore volesse dire: Fa' venire il tuo capo, affinché esso accolga il suo capo; quindi, chiama tuo marito e torna qui; cioè, prestami attenzione, sii presente; perché, non intendendo la voce della verità qui presente, è come se tu fossi assente. Sii presente, ma non da sola; vieni qua insieme a tuo marito.

20. La donna che ancora non aveva chiamato quel marito, non comprende ancora, ed essendo assente il marito ragiona ancora secondo la carne. Dice: Non ho marito. E il Signore prosegue nel suo linguaggio denso di mistero. Bisogna tener presente che davvero in quel momento la samaritana non aveva marito, ma conviveva con un marito illegittimo, che quindi più che un marito era un adultero. Le dice Gesù: Hai ben detto "non ho marito". Ma allora perché, o Signore, hai detto: Chiama tuo marito? Il Signore sapeva che la donna non aveva marito; e affinché ella non credesse che il Signore le aveva detto: Hai ben detto "non ho marito", perché l'aveva appreso da lei e non perché questo lo sapesse in quanto era Dio, aggiunge una cosa che la donna non aveva detto: Hai avuto, infatti, cinque mariti e quello che hai adesso non è tuo marito; in questo hai detto la verità (Gv 4, 17-18).

21. Ed ecco che anche a proposito dei cinque mariti, ci costringe ad approfondire il significato di questo fatto. Non è assurda né improbabile l'interpretazione di molti, che hanno creduto di scorgere nei cinque mariti di questa donna i cinque libri di Mosè, utilizzati anche dai Samaritani, i quali vivevano sotto la medesima Legge e praticavano anche la circoncisione (vedete quant’è profonda la Parola di Dio?,ndr).  Ma ciò che segue e cioè: quello che hai adesso non è tuo marito, c'induce a scorgere nei primi cinque mariti dell'anima i cinque sensi del corpo. Infatti, quando uno nasce, prima di giungere all'uso dello spirito e della ragione, è guidato unicamente dai cinque sensi del corpo. L'anima del bambino ricerca o fugge soltanto ciò che ascolta, ciò che si vede, ciò che odora, che gusta, che tocca. Ricerca tutto ciò che alletta questi cinque sensi, rifugge da tutto ciò che li offende. Il piacere attrae questi cinque sensi, e il dolore li ferisce. L'anima vive dapprima secondo questi cinque sensi come fossero mariti, perché da essi è guidata. E perché vengono chiamati mariti? Perché sono legittimi. Sono stati creati da Dio, e da Dio donati all'anima. L'anima che è guidata da questi cinque sensi e agisce sotto la tutela di questi cinque mariti, è ancora debole; ma quando sarà giunta all'età della discrezione, se accetta il metodo più maturo e l'insegnamento della sapienza, a quei cinque mariti vedrà succedere il marito vero e legittimo, che è migliore dei precedenti, e che la guiderà meglio: egli la guiderà all'eternità, la educherà e l'addestrerà per l'eternità. I cinque sensi, invece, non ci indirizzano all'eternità, ma solo a ricercare o a fuggire le cose temporali. Quando, poi, l'intelletto iniziato alla sapienza, comincerà a guidare l'anima, allora essa saprà non soltanto scansare la fossa e camminare su strada sicura che gli occhi possono mostrare all'anima debole; non soltanto saprà godere voci armoniose rifiutando quelle stonate; o dilettarsi di odori gradevoli rifiutando quelli sgradevoli; o ancora lasciarsi prendere da ciò che è dolce, offesa da ciò che è amaro; o lasciarsi accarezzare da ciò che è morbido difendendosi da ciò che è ruvido. L'anima malferma ha ancora bisogno di tutto questo. Quale sarà, invece, la funzione dell'intelletto? Non insegnerà a discernere il bianco dal nero, ma il giusto dall'ingiusto, il bene dal male, l'utile dall'inutile, la castità dall'impudicizia, perché ami quella ed eviti questa; la carità dall'odio, perché coltivi quella e rifugga da questo.

22. Questo marito non aveva preso, nella samaritana, il posto di quei cinque mariti. E dove esso non prende il loro posto, domina l'errore. Infatti, quando l'anima acquista la capacità di ragionare, una delle due: o è guidata da una mente sapiente o è guidata dall'errore. L'errore, però, non guida ma conduce alla rovina. Così quella donna andava ancora errando dietro i cinque sensi, e l'errore l'agitava violentemente. Quell'errore, però, non era il marito legittimo, ma un adultero; perciò il Signore le dice: Hai ben detto "non ho marito"; hai avuto, infatti, cinque mariti. Dapprima sei stata guidata dai sensi della carne; poi sei giunta all'età in cui si deve usare la ragione, e non hai raggiunto la sapienza, anzi sei caduta nell'errore; (cosa che fanno i protestanti, ndr) perciò, dopo quei cinque mariti, quello che adesso hai non è tuo marito. E se non era un marito, cosa era se non un adultero? Dunque, chiama, ma non l'adultero, chiama tuo marito, affinché con l'intelletto tu possa comprendermi, e l'errore non debba procurarti una falsa opinione di me. Infatti quella donna viveva ancora nell'errore, aspirando all'acqua terrena, dopo che già il Signore le aveva parlato dello Spirito Santo. E perché viveva ancora nell'errore, se non perché era unita ad un adultero invece che al vero marito? Via, dunque, l'adultero che ti corrompe, e va' a chiamare tuo marito. Chiamalo, e torna qui con lui, e mi comprenderai.

23. Gli dice la donna: Signore, vedo che sei un profeta (Gv 4, 19). Comincia ad arrivare il marito (l’intelletto,ndr), ma non è ancora arrivato del tutto. Considerava il Signore un profeta; ed in effetti, egli era profeta; parlando di se stesso aveva detto: Un profeta è disprezzato soltanto nella sua patria (Mt 13, 57). E a proposito di lui era stato detto a Mosè: Io susciterò loro un profeta, di mezzo ai loro fratelli, simile a te (Dt 18, 18). S'intende simile quanto alla natura umana, non quanto alla potenza della maestà. Vediamo dunque che il Signore Gesù è stato chiamato profeta. Perciò quella donna non è più tanto lontana dal vero: Vedo - ella dice - che sei un profeta.
Ha cominciato a chiamare il marito e a mandar via l'adultero: Vedo che sei un profeta. E comincia a parlare di ciò che per lei costituiva un grosso problema. Era in corso una discussione vivace tra i Samaritani e i Giudei, per il fatto che i Giudei adoravano Dio nel tempio costruito da Salomone, mentre i Samaritani, esclusi, non adoravano Dio in quel tempio. Perciò i Giudei si ritenevano migliori per il fatto che adoravano Dio nel tempio. I Giudei, infatti, non sono in buoni rapporti con i Samaritani, i quali a loro volta dicevano: Come potete vantarvi e ritenervi migliori di noi, solo per il fatto che voi avete un tempio e noi no? Forse che i nostri padri, che piacquero a Dio, lo hanno adorato in quel tempio? non lo hanno forse adorato su questo monte dove noi abitiamo? Dunque siamo più nel giusto noi, che preghiamo Dio su questo monte dove lo hanno pregato i nostri padri. Gli uni e gli altri contendevano tra loro, privi, gli uni e gli altri, della conoscenza di Dio perché non avevano marito: e si gonfiavano gli uni nei confronti degli altri, i Giudei per il tempio, i Samaritani per il monte.

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