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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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LA CONFESSIONE

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2009 12:03
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06/09/2009 12:01

dal sito www.cristianicattolici.net

Fu da questo sacramento e dalla distorsione che ne fecero alcuni preti, che partì la grande protesta di Lutero. A causa della “vendita” delle indulgenze, che rientrano nel sacramento della Riconciliazione, ad opera di alcuni preti e vescovi tedeschi, Lutero maturò ciò che probabilmente già da tempo pensava di fare, riformare la Chiesa dal suo interno, cosa che non gli riuscì, e che anzi provocò una rivoluzione religioso-politica, spinta dai tanti principi e feudatari tedeschi che mal sopportavano di pagare la decima alla chiesa di Roma.

 

Da una giusta protesta contro un reale abuso, circoscritto in quella particolare epoca, si passò allo scisma, che lentamente provocò il formarsi di una “nuova” dottrina sempre più distante da quella cattolica. “Ma il Sacramento della remissione dei peccati subì sin dai primordi molti attacchi. Tale accanimento aveva ed ha radice nella volontà diabolica di far perire nell’impenitenza i cristiani, sì da dannarli per tutta l’eternità. Il primo attacco si ebbe con il rigorismo di coloro che non volevano perdonare i lapsi, i cattolici cioè che, di fronte alla prospettiva del martirio avevano rinnegato la fede, ma poi chiedevano di essere riammessi nella Chiesa. San Cipriano, morto martire nel 258 difese il sacramento e la sua universalità salvifica anche di fronte a peccati gravissimi come l’apostasia, l’adulterio, l’infanticidio e l’omicidio. Questa era la pratica costante delle Chiese sia

 

Romana che Orientali, pratica che non venne annullata da qualche eccezione locale di rigore usato specialmente verso coloro che erano caduti nella apostasia una seconda volta. Nella prima metà del III secolo il grande teologo Origene spiega che i peccatori sono incatenati ai loro peccati <<sino a quando non li sciolgono, per volere di Gesù, quelli che ne hanno la facoltà>> (Omelia su Lazzaro) e chi siano questi è chiaro quando dice: <<il peccatore non deve arrossire quando indica al sacerdote del Signore il suo peccato e ne riceve la medicina>> (Omelia sul Levitico). Intorno al 250 sempre san Cipriano vescovo di Cartagine, dice che ai peccatori <<viene lavata la coscienza con la mano del sacerdote>> e li esorta a <<confessare ciascuno il proprio delitto…poiché la remissione fatta per mezzo dei sacerdoti è gradita al Signore>> (De Lapsis, 16 e 29). Nello stesso periodo l’opuscolo Contra Novatianum spiega che il penitente <<ottiene la remissione in virtù di Cristo, per mezzo del sacerdote>>. Nella prima metà del IV secolo san Giovanni Crisostomo ammonisce il peccatore: <<Ti vergogni di confessare i peccati? Vergognati piuttosto di commetterli>> (De Labaro, 4,4). E’ evidente che non ritroviamo in questi antichi testi l’identica disciplina penitenziale dei nostri giorni, poiché nel corso dei secoli si è perfezionata e arricchita; ma vi ritroviamo i medesimi elementi fondamentali: l’esistenza di una prassi di riconciliazione del peccatore nella Chiesa, la mediazione dei ministri sacri che ascoltano e giudicano l’entità della colpa, la riammissione alla comunione ecclesiale dopo un’adeguata espiazione. Altri attentati al sacramento avvennero per interesse e con la violenza, come nel caso di san Giovanni Nepomuceno (1330/1340 circa – 1393), sacerdote e predicatore alla corte di re Venceslao che lo fece uccidere, dopo lunghe torture, per annegamento, a causa del suo rifiuto di rivelare le confessioni della regina. Il martire della libertà ecclesiastica è perciò venerato anche come testimone del sigillo sacramentale, il segreto assoluto cui è sempre tenuto il confessore riguardo a notizie conosciute in confessione, sotto pena di scomunica. L’attacco più duro e durevole, però, si ebbe con l’eresia luterana e le sue ramificazioni che eliminarono la Confessione dal novero dei Sacramenti.” (cfr, Il Timone n.61 – a cura di Giovanni Zenone e don Claudio Crescimanno). Più avanti fornire le prove bibliche relative alla confessione presso i presbiteri. “La frase ricorrente presso i contestatori del Sacramento della Confessione è:”perché devo andarmi a confessare da un prete? Io mi confesso direttamente con Dio”. Questo Dio però prende fatalmente i contorni di un dio “fai da te”, del “mio dio”, cioè tecnicamente di un “idolo”.

 

Può diventare un dio bonaccione, a cui qualunque mio comportamento va sempre bene (che non riesce però mai a rassicurarmi fino in fondo…) oppure un dio terribilmente rigoroso ed esigente, sempre pronto a cogliermi in fallo e a condannarmi, tale da suscitare in me il desiderio più o meno consapevole di disfarmene per mezzo di qualunque argomento mi capiti tra le mani (la scienza ha dimostrato che Dio non serve; c’è troppo male nel mondo; è uno spauracchio inventato dai preti; ecc. ecc.)..” (cfr don Pietro Cantoni, da Il Timone n.40)

 

Lo svigorimento e la banalizzazione di questo sacramento porta ad un cristianesimo svigorito e quasi di superficie, perché è certo che lo spessore e l’autenticità della nostra vita di fede e di carità dipendono per larga parte dalla serietà con cui si ha stima e si fa uso della confessione sacramentale. Questa crisi ha avuto tra i suoi effetti più deleteri anche quello di banalizzare l’Eucaristia.

 

Ci vuole parecchia umiltà per andarsi a confessare con un altro uomo, pur se ministro di Dio. Gesù ci ha sempre insegnato proprio l’umiltà, tutta la sua vita terrena è umiltà, e nella confessione serve soprattutto umiltà. Il riconoscersi peccatori davanti a Dio e davanti agli uomini -nella figura del ministro di Dio- è un gesto di grande umiltà. Spesso copriamo la mancanza di umiltà con mille scuse, argomentando circa i peccati che gli stessi ministri di Dio commettono. Ma l’umiltà sta proprio nel considerare solo i propri peccati e non quelli degli altri.

 

Quando un cristiano si sforza e si applica nello studiare e capire il significato vero delle Sacre Scritture rimane sbalordito di fronte alle affermazioni dei contestatori perché le loro obiezioni stravolgono, stranamente, tutte le realtà relative al Sacramento della Confessione, e non solo. Una sola cosa ci appare di una certa logicità e cioè: che i nostri fratelli non cattolici, avendo ereditato dai loro “capostipiti” come sistema razionale “la protesta” contro la Chiesa cattolica, essi ne fanno largamente uso, anche irrazionalmente e forse anche senza rendersene conto.

Il Vangelo è molto chiaro e non ammette interpolazioni. Esso suona così:

 

Gv 20,19-23: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato… venne Gesù e disse:

Pace a voi!.. Gesù disse di nuovo Pace a voi! Come il padre ha mandato me, anch’io mando voi.

 

Dopo… alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”.

 

Non credo che occorra molto spremersi le meningi per capire che Gesù abbia voluto istituire, con queste parole, il Sacramento della Penitenza (Riconciliazione).

 

E’ chiaro che agli Apostoli che ascoltano viene affidata da Gesù la stessa missione che il Padre ha affidato a Lui. Sì, sono cose sorprendenti, quasi incredibili per la mente umana.

 

Sappiamo che il termine apostolo significa mandato, inviato. E’ quindi logico pensare che Gesù, con quelle parole si sia rivolto agli apostoli e non a tutti i presenti, sempre ammettendo che vi fossero altre persone presenti, e che Giovanni comunque non cita, rafforzandoci nell’idea che le parole di Gesù riferite da lui sono da ritenere indirizzate proprio a coloro che egli cita espressamente, ignorando eventuali altri presenti, come fu per il sacramento dell’Eucaristia.

 

E’ chiarissimo ad esempio, che tra coloro che Egli manda, sono assolutamente da escludere le donne, mentre nelle osservazioni protestanti sono incluse pure loro, visto che parlano genericamente di discepoli, e ne abbiamo conferma da alcune denominazioni, come ad esempio i Valdesi; in questo gruppo anche le donne svolgono la funzione di “sacerdote”. La conferma di questo errore protestante la troviamo nelle lettere di Paolo che vieta assolutamente alle donne di insegnare.

 

Comunque anche nel mondo protestante c’è chi vieta alle donne di fare “il pastore”, a dimostrazione delle molteplici e variegate dottrine protestanti. Come potevano avere, le donne, uno specifico mandato da parte di Gesù che poi Paolo avrebbe immediatamente interdetto? Dunque occorre ben discernere a chi Gesù indirizzava quelle parole, per non trovarsi in errore. Il potere di rimettere i peccati è direttamente connesso con lo sciogliere e il legare. E’ evidente che tale potere non è riservato a tutti, altrimenti ognuno potrebbe rivendicare di poter sciogliere e legare quel che più aggrada e, portare la Chiesa nella più totale anarchia e divisione, con il risultato dimostrato appunto dalla scissione inarrestabile delle denominazioni non cattoliche.

 

“Abbiamo due aspetti del perdono: uno è quello che tutti come battezzati siamo chiamati ad esercitare ed è il perdonarci a vicenda, l'altro è il Sacramento; perché andare dal sacerdote? Perché quando abbiamo peccato ci mettiamo anche contro tutta la comunità dei credenti, non solo abbiamo peccato contro Dio, ma Paolo ci dice che quando un membro soffre tutta la Chiesa soffre,

 

abbiamo allora bisogno che sia la stessa Chiesa a riammetterci alla Comunione. Non basta che ci siamo perdonati a vicenda, bisogna anche che la Chiesa rappresentata dai ministri che hanno ricevuto il mandato, ci riabilitino nelle membra. Cristo quando parla della Sua Chiesa la raffigura sempre ad un corpo di cui Lui è il capo, peccando quindi si offende sia il Capo che il resto del corpo. Se qualcuno infatti mi da un pugno allo stomaco, non dico che solo il mio stomaco è stato colpito, ma che è stata colpita la mia persona tutta intera. Il sacerdote quindi rappresenta la parte visibile della Chiesa, le membra visibili ancora pellegrinanti su questa terra, Cristo è il Capo invisibile. Bisogna quindi chiedere perdono tramite il visibile all’invisibile, tramite le membra visibili (ministri) al Capo invisibile.

 

Nelle parole del sacerdote che dice “Io ti assolvo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” è la Chiesa che parla, è la Chiesa che ci assolve in nome di Gesù e ci riabilita alla comunione ecclesiale con tutta la Chiesa.”

 

A degli uomini viene affidata la potestà di Cristo-Dio: quella di rimettere i peccati!...

 

Mt 16,18-29: “… E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

 

Mt 18,18: “…In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche il cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo”.

 

Sono difficili queste parole?

 

Non mi sembra proprio, sono chiarissime, precise. Anche qui, come a Pietro, Gesù fa una promessa che si sarebbe realizzata.

 

Infatti in Gv 20,19-23 Gesù ritorna su questo argomento e realizza la sua promessa alitando sugli Apostoli lo Spirito Santo, e affida loro il mandato di rimettere i peccati degli uomini nel Suo Nome.

 

Se il fratello non cattolico Nisbet nel suo libro “Il Vangelo non dice così” vorrebbe far credere che sia stato papa Innocenzo III nel Concilio Lateranense IV (1215) a istituire il Sacramento della Penitenza è una grossolana falsità (cfr, Frà Tommaso Maria di Gesù).

 

Chiunque afferma questo ignora, o vuole ignorare tutta la storia precedente, e soprattutto veritiera, in merito alla confessione. Innocenzo III non fece altro che disciplinarne l’uso, comandando che tutti i cristiani si confessassero almeno una volta l’anno. In quell’epoca infatti molti cristiani si confessavano raramente e il papa intervenne a ragione.

 

In 1 Cor 5,3-5 “Orbene, io assente con il corpo, ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fosse presente colui che ha compiuto tale azione… nel nome del Signore… con il potere del Signore nostro Gesù, questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.”

 

E’ palese che s.Paolo qui si sta proprio riferendo al potere di legare e di sciogliere affidatogli da

 

Gesù Cristo, da questi versetti si evince pure che il legare e lo sciogliere riferito agli apostoli, non è il predicare, ma il decidere, disciplinando così i membri della Chiesa. Evidentemente per la comunità di Corinto non era sufficiente che quel “fedele” si fosse pentito del suo operato, ma doveva essere giudicato da qualcuno che detenesse autorità apostolica. Non fu detto al peccatore,

 

“pentiti davanti a Dio, confessagli il tuo peccato” ma fu comunicato a Paolo il suo operato, e quest’ultimo lo condannò! L’accusato poteva benissimo dire “ma io ho confessato i miei peccati direttamente a Dio, e Lui mi ha assolto, quindi chi è Paolo per potermi giudicare?” Invece la comunità allontana quell’individuo dopo l’ordine di s.Paolo. Questo episodio ci descrive in che modo la disciplina veniva amministrata nella Chiesa dei primi cristiani. (cfr, Frà Tommaso…) Nelle comunità protestanti la mancanza di autorità riconosciute e rispettate da tutti produce anarchia, ognuno è libero (o quasi) di dissentire dal pastore, se lo fa viene allontanato dalla comunità, e magari se ne va a formare una propria, tutta nuova, rispecchiante la propria mentalità e le proprie vedute dottrinali. Non si capisce perché poi si sentano “fratelli” di tutti gli altri protestanti (mai dei cattolici), basta credere in Gesù Cristo come personale salvatore, svilendo così il vero messaggio cristiano. Se un uomo crede in Cristo Gesù, ma sconosce i tanti aspetti della dottrina cristiana, lo chiamerà fratello minore, come uno che ha bisogno di crescere spiritualmente per vedere bene tutta la verità, che ci è data di conoscere qui sulla terra. Ma un po’ come molti fratelli minori, spesso accade che questi si sentano più preparati e sapienti dei grandi, criticando e accusando ciecamente. Chi sono i fratelli grandi? Sicuramente i padri e i dottori della Chiesa.

 

Tra i fratelli minori infatti troviamo chi considera Cristo come una creatura, perfetta fin quanto si voglia, ma pur sempre creatura, chi non crede alla SS.Trinità e battezza nel nome di Gesù solo, chi ammette al sacerdozio le donne, chi ammette gli esperimenti sugli embrioni umani, chi l’eutanasia, chi i matrimoni gay, ecc.. e magari, dicono di essere i soli veri cristiani.

 

Molti pentecostali poi, non vogliono essere associati ai classici protestanti, ma al tempo stesso pretendono di essere loro, e solo loro, i veri portatori del messaggio di Cristo.

 

Ma continuiamo ad analizzare alcuni versetti che parlano di peccati e modalità di assoluzione. 2 Tes 3,14-15 “ Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e

 

interrompete i rapporti, perché si vergogni; non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello”.

 

Tt 3,10-11 “ Dopo una o due ammonizioni sta lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stesso.”

 

2 Cor 2,18-20. In questo passo S. Paolo è più esplicito e le parole sono abbastanza chiare e precise:

 

Dio ha affidato a noi il ministero della riconciliazione”. Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro”.

 

Abbiamo visto che s.Paolo in 1 Cor 5,3-5 praticamente scomunica il peccatore che si era macchiato di quella grave colpa.

 

“Riconciliatevi con Dio” (2 Cor 5,20), Paolo sottolinea la loro funzione di ambasciatori, cioè di ministri di Dio a cui è stato affidato il ministero della riconciliazione.

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