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LA CONFESSIONE

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2009 12:03
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06/09/2009 12:03

Quindi non se ne abbia a male nessuno se citiamo tra i cristiani dei primi secoli i cattolici: la Chiesa cattolica esiste da 2000 anni, è stata fondata da Gesù Cristo e non è colpa sua se altre confessioni sono nate secoli e secoli dopo Gesù Cristo. Torniamo, dopo aver risposto a questa eventuale obiezione, alla storia dei primi secoli del Cristianesimo e ricordiamo il grande San Girolamo, Padre e dottore della Chiesa, vissuto nel IV secolo.

 

San Girolamo afferma che è compito dei sacerdoti legare e sciogliere non già ad arbitrio, ma solo

dopo udite le varie specie di peccati” (In Matth., 3,16,19).

 

Come vedete, ci sono Padri della Chiesa che, fin dai tempi antichi, fin dai primi secoli, sostengono la necessità della Confessione, sostengono che i sacerdoti possono “legare e sciogliere” non a loro arbitrio, ma dopo avere udito dai penitenti l’accusa dei peccati. Ma questo corrisponde proprio a ciò che facciamo noi cattolici oggi, in sintonia con il Vangelo e con la prassi bimillenaria della Chiesa.

 

I Padri e i grandi santi della Chiesa ci hanno lasciato anche interpretazioni molto ricche e suggestive di brani del Vangelo per sostenere la necessità della Confessione.

 

Sant’Ambrogio e sant’Agostino ci ricordano l’episodio della risurrezione di Lazzaro. Come a

Lazzaro Gesù disse: “Vieni fuori (Gv 11,43) e quindi fu sciolto dalle fasce che lo tenevano legato, così e necessario che il peccatore metta fuori, cioè, manifesti i suoi peccati mediante la confessione, perché il peccatore, come Lazzaro, possa venire sciolto dai ministri della Chiesa .

 

Proseguiamo. La storia della Chiesa dei primi secoli ci tramena documenti e prove che testimoniano come la Confessione doveva essere fatta al sacerdote o al vescovo.

 

Sant’Ambrogio e san Giovanni Crisostomo, nel IV secolo, insegnano che la Confessione deve essere fatta in chiesa, deve essere confessione orale dei peccati, deve riguardare i singoli peccati, quindi non deve essere una confessione generica e superficiale, e insegnano che il peccatore deve vincere la paura di arrossire, la vergogna che si può provare quando umilmente svela al Ministro di Dio i propri peccati.

 

Riflettiamo un momento: tutti questi suggerimenti, tutte queste ammonizioni non si spiegherebbero si capirebbero se la Confessione doveva essere fatta solo a Dio, in un colloquio personale con Dio, senza accusare i peccati davanti al sacerdote. Noi cattolici, ancora oggi, seguendo la prassi bi millenaria della Chiesa, confessiamo i nostri peccati a Dio attraverso i sacerdoti.

 

Credo che con queste ultime riflessioni possiamo considerare giunta al termine la nostra conversazione. Che cosa ci resta di quel che abbiamo detto?

 

Suggerisco due considerazioni, tra le tante possibili: anzitutto, un preghiera di ringraziamento a Dio per averci donato, attraverso il Sacramento della Riconciliazione o Confessione la possibilità di ottenere con assoluta certezza il perdono di Dio per i peccati che abbiamo commesso. Poi, ci resta la consapevolezza che quando andiamo ad inginocchiarci dinanzi al sacerdote per accusarci dei peccati e chiederne la remissione, noi ci comportiamo come vuole il Signore, il Vangelo scrive e i cristiani hanno sempre fatto.” Giampaolo Barra.

 

Continuiamo il discorso sulla confessione puntualizzando che i peccati mortali sono quelli che uccidono (spengono) lo spirito che è in noi, tutti quegli uomini che pur sapendo di peccare, peccano, gustando il piacere del peccato questi commettono un peccato mortale, perché conoscendo gli insegnamenti di Dio e trasgredendoli volontariamente, provandone pure gusto peccano contro lo Spirito Santo.

 

Se un cristiano sa che non deve uccidere e invece lo fa provandone soddisfazione e piacere disprezzando così Cristo, allora questo è un peccato contro lo Spirito Santo, “e chi pecca contro lo Spirito non sarà perdonato” anche Gesù quando ha detto queste parole ha fatto una distinzione, chi pecca contro lo Spirito commette un peccato mortale, cioè uccide la propria anima, perché questa andrà in perdizione eterna, quindi nella morte eterna.

 

Anania e Zafira membri della Chiesa pur sapendo che non dovevano mentire a Pietro, lo fecero, quindi peccarono contro lo Spirito Santo e come segno esteriore che servisse da ammonimento per gli altri presenti, morirono all’istante. Quindi, anche nella Bibbia viene fatta distinzione tra peccato mortale e peccato veniale. I mafiosi che si vantavano di aver ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e ben sapendo che non si deve mai uccidere ne provavano gusto, hanno commesso peccato mortale.

 

Agli Apostoli è stato affidato il ministero della riconciliazione, che indubbiamente è diverso da quello della evangelizzazione, tutti i discepoli sono (e siamo) chiamati ad evangelizzare, a predicare la buona novella, ma non tutti sono chiamati a svolgere il ministero della riconciliazione.

 

La confessione e la riconciliazione sono legate assieme, perché non c’è dubbio che per esserci riconciliazione prima ci deve essere una ammissione dei propri peccati e un pentimento sincero davanti a Dio. E’ logico che il pentimento deve essere nei confronti di Dio, perché è Lui che abbiamo offeso principalmente con i nostri peccati, quindi dopo aver confessato i propri peccati con sincero pentimento, si ottiene la riconciliazione con Dio, per mezzo dei ministri di Dio, parte visibile del Corpo di Cristo. “E’ come se Dio vi esortasse per mezzo nostro” dice Paolo, i ministri di Dio ci esortano a riconciliarci con Lui.

 

In Gv 20,21-24

“Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi».

 

Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù

 

Abbiamo visto anche prima che Gesù dopo aver dato lo Spirito Santo agli Apostoli, dice: “A chi rimettere i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”

 

Anche le parole che Gesù rivolse a Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”

 

(Mt 16,19) indicano che questo incarico di legare e di sciogliere che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio del Apostoli.

 

Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo della vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio.

 

I fratelli non cattolici (come ad esempio lo scrittore protestante Nisbet)  invece affermano che

 

“quando un cristiano annunzia l’Evangelo della grazia, egli scioglie le anime dai loro peccati, non certo per una sua particolare capacità, ma per la potenza della predicazione cristiana. Se però le anime che ascoltano non accettano l’Evangelo, esse rimangono legate, vincolate al loro peccato.”

 

In effetti c’è da rimanere frastornati a sentire o leggere queste affermazioni.

 

I fedeli non cattolici leggendo o sentendo le parole di Nisbet si convincono ancora di più di essere nella verità, ma se questi fratelli imparassero a fare l’analisi logica delle frasi, -proprio come si faceva e si fa a scuola- si accorgerebbero che le loro interpretazioni sono completamente errate.

 

Se io predico l’Evangelo e (secondo loro) sciolgo le anime che ascoltano la mia predicazione e accettano l’Evangelo, di contro le anime che non accettano, tramite la mia predicazione l’Evangelo rimangono legate al peccato. Si nota chiaramente che non dipenderebbe da me -predicatore- il legare o sciogliere, ma dalle anime che ascoltano, le quali sono libere di accettare o non accettare l’Evangelo, quindi io non sto legando né sciogliendo un bel niente, ma sto soltanto predicando, sto evangelizzando, che è cosa ben diversa dal legare e sciogliere.

 

Se gli uomini sono liberi di accettare o non accettare Cristo dopo aver udito la mia predicazione, io cosa lego, e che cosa sciolgo?

 

In questo caso sarebbero gli ascoltatori a legare o sciogliere, ma come possono gli ascoltatori pagani prima ancora di ricevere lo Spirito Santo legare o sciogliere se stessi?

 

Loro possono semplicemente accettare o non accettare Cristo, il che non c’entra niente con il legare e lo sciogliere.

 

Se Gesù durante lo stesso discorso rivolto agli Apostoli, parla di legare e di sciogliere, poi alitando su di loro gli dona lo Spirito Santo (quindi li riveste di autorità) e gli dice “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessie questo significherebbe semplicemente predicare, allora gli Apostoli erano liberi di predicare e sciogliere dal peccato alcuni, ed altri no, invece Gesù ha detto chiaramente che bisogna predicare a tutti gli uomini di ogni luogo. Il potere di legare e di sciogliere dunque è stato dato ai ministri di Dio, non agli ascoltatori, quando

 

Gesù disse “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi ha forse detto agli apostoli che potevano anche decidere di non predicare ad alcuni, e ad altri sì? Il Vangelo deve essere predicato a tutti i popoli, quindi come si può conciliare la frase “a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” con il significato che gli danno molti protestanti?

 

Seguendo le loro dottrine sembrerebbe che gli apostoli e quindi i ministri potrebbero decidere di non predicare il Vangelo a qualche popolo, lasciandolo legato al peccato, contraddicendo così il comando di Gesù “andate e predicate la mia Parola a tutte le genti”, o se dobbiamo considerare

 

(sbagliando) che siano gli ascoltatori a decidere di rimanere legati al peccato (rifiutando la Parola), o di sciogliersi dal peccato accettando Cristo. Staremmo chiaramente sbagliando ancora, perché come abbiamo visto il potere di legare e di sciogliere è stato dato ai ministri predicatori non agli ascoltatori, ma i ministri di Dio non legano o sciolgono semplicemente predicando, ma assolvendo (sciogliendo) i peccati dei fedeli nel nome del Signore. Così fece Paolo quando scomunicò il fedele incestuoso di Corinto (1 Cor 5,3-5), Paolo non rimise i peccati a quell’uomo, e quindi gli rimasero non rimessi. In quell’episodio Paolo non convocò il consiglio degli anziani, non consultò i diaconi e i presbiteri di quella Chiesa per vedere cosa era meglio fare, ma si comportò da vescovo, mostrando tutta l’autorità conferitale da Cristo e decidendo di non rimettere quel peccato così orrendo e grave, all’uomo di Corinto, che quindi fu abbandonato a satana, affinché un giorno si potesse ravvedere.

 

Si può asserire che con quelle parole (a chi rimetterete…) Gesù abbia voluto conferire tale potere a tutti i fedeli e non ai soli Apostoli, e quindi ai loro successori?

 

Gesù ha sempre detto di evangelizzare e perdonare tutti, noi cristiani che non abbiamo incarichi di guida e di responsabilità all’interno della Chiesa, dobbiamo perdonarci tutti a vicenda, quindi non è possibile considerare quelle parole di Gesù rivolte a tutti i fedeli.

 

Attenzione Paolo fa questo nel nome di Dio, quando invece Gesù assolveva i peccatori lo faceva nel proprio nome. Infatti quando Gesù rimetteva i peccati, non diceva: “io ti rimetto i tuoi peccati nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” ma diceva semplicemente “i tuoi peccati ti sono rimessi”, quindi parlava con autorità, perché Lui stesso era ed è Dio. Paolo invece esercita tale potere nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, perché ha ricevuto tale mandato, infatti Gesù dice: “come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”, il Padre e Gesù e lo Spirito Santo sono la stessa cosa, la stessa sostanza divina. I ministri di Dio invece hanno ricevuto l’incarico da Gesù, e nel suo nome perdonano i peccati, quando si accertano che qualche fratello pecca e tenta di ingannare la Chiesa con atteggiamenti peccaminosi, e per giunta se ne compiace, allora in questi casi il ministro di Dio può decidere di allontanare tale fratello dalla Chiesa scomunicandolo, allo stesso modo di Paolo.

 

Questo è il potere di legare e di sciogliere, cioè di decidere per il bene della Chiesa, Dio nella storia dell’umanità si è sempre servito degli uomini per amministrare la sua Chiesa, e anche in questo caso ha affidato agli uomini il mandato di legare e di sciogliere, di rimettere o ritenere i peccati dei fedeli. Diversamente la Chiesa sarebbe nel caos più totale, ognuno farebbe di testa sua, auto-giudicandosi, invece di assoggettarsi al giudizio della Chiesa.

 

Catechismo cattolico par. 1458: chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d’accordo con Dio. Egli condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L’uomo e il peccatore sono due cose distinte: l’uomo è opera di Dio, il peccato è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto.

 

Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive.

 

Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità e così vieni alla Luce.

 

Noi fedeli, che non siamo ministri di Dio, ma semplici cristiani, membri della Chiesa, siamo chiamati a perdonare il nostro prossimo sempre e comunque, come Gesù dice a Pietro che bisogna perdonare sempre; ma poiché nella Chiesa deve regnare l’ordine e la disciplina cristiana, ci doveva e ci deve essere qualcuno che decide e guida la comunità ecclesiale, e questo qualcuno sono i ministri di Dio. Come abbiamo visto in Matteo 18,15 si capisce chiaramente che un fratello deve per prima cosa cercare di riprendere l’altro fratello che pecca; dapprima privatamente, se questi non vuole sentire ragione si riprenda davanti a due o tre persone, se questi non si convince sia richiamato dalla Chiesa, e se continua a non convincersi dei propri errori, sia trattato come un pagano, cioè sia allontanato dalla Chiesa, perché i pagani ovviamente non fanno parte della Chiesa. E chi nella Chiesa ha autorità di decidere se allontanare o no un fratello ?


 

Il ministro di Dio, il presbitero che guida quella Chiesa locale, lo stesso presbitero che è chiamato a tenere ordine e guidare la comunità dei fedeli.

 

Quindi è il presbitero che ha autorità di rimettere o di non rimettere i peccati al fratello che ha sbagliato.

 

Se il fratello che viene portato davanti alla Chiesa non si convince del proprio peccato e insiste nel dire che secondo lui non ha sbagliato, la Chiesa ha il potere di non rimettere i peccati di questo fratello così ostinato, quindi ha il potere di allontanarlo e considerarlo come un pagano, non da odiare ma da ri-evangelizzare.

 

Gesù ha conferito questo potere agli uomini, (Mt 9,8) non ha tutti gli uomini ma solo ai suoi ministri, che sono chiamati a mantenere l’ordine nella Chiesa; è Dio ha perdonare i peccati, ma molti fratelli protestanti dimenticano che Cristo lo delegò agli uomini, e precisamente agli Apostoli il potere di perdonare i peccati, tanto è vero che Matteo usa il plurale “agli uomini”, non dice

 

“a un uomo” ma “agli uomini” perché Matteo quando scrive il suo Vangelo ben sapeva e ben aveva compreso il vero significato delle parole di Gesù in riguardo al sacramento della riconciliazione.

 

Il primo a manifestare questo potere è stato Gesù, come sommo sacerdote perdonava i peccati dicendo “io ti perdono” manifestando quindi una netta differenza con i suoi Apostoli, perché questi ultimi hanno avuto trasmesso tale potere da Gesù, e assolvono il ministero della riconciliazione, riconciliando nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo;

 

Dalle parole di Matteo 9,8 si capisce che Gesù ha trasmesso questo potere agli uomini, perché Matteo scrive dopo circa cinquanta anni dalla risurrezione di Gesù, quindi già esistevano le prime Chiese locali, le prime comunità cristiane, Matteo di conseguenza conosceva bene l’ordinamento e la disciplina che vigeva in tali comunità, e di sicuro non ha sbagliato a usare il plurale quando

 

in quei versetti dice: “A tal vista le folle furono prese da stupore e glorificarono Dio per aver dato un tale potere agli uomini.”

 

A prima vista sembrerebbe che le folle rimasero stupite nel vedere il miracolo del paralitico guarito, ma bisogna considerare che gli ebrei consideravano le malattie una conseguenza del peccato, quindi una persona malata lo era a causa dei propri peccati.

 

Oltre che dai documenti storici, ciò si capisce anche dalle parole di Gesù, leggendo Matteo 9 fin dall’inizio del capitolo, Gesù quando vede il paralitico non dice semplicemente: “alzati e cammina” oppure “la tua fede ti ha guarito, alzati”; ma ben sapendo che gli ebrei consideravano la malattia frutto del peccato gli dice: “Coraggio, figliolo, sono rimessi i tuoi peccati !” e come conseguenza della guarigione spirituale successivamente gli dice “Alzati e cammina” dopo la guarigione spirituale avviene quella carnale. Cristo non parlava in modo casuale ma sapeva quello che diceva, e le sue parole sono precise e misurate, quindi prima dice “ti sono rimessi i tuoi peccati” e poi “alzati e cammina” e gli ebrei si stupirono che Dio avesse dato un tale potere agli uomini, cioè quello di rimettere i peccati, perché un peccatore non poteva guarire rimanendo peccatore, prima doveva lavarsi il cuore dai peccati, dopo, e solo dopo, poteva guarire nella carne.

 

Essendo che la guarigione carnale può avvenire solo dopo quella spirituale, Gesù con queste parole fa capire che Lui ha sia il potere di perdonare i peccati, sia quello di operare guarigioni corporee visibili ai nostri occhi.

 

Il plurale che usa Matteo è riferito proprio agli uomini che guidano la Chiesa, e cioè ai ministri di Dio quindi anche Matteo medesimo rientra in quel plurale.

 

Ma a differenza di Gesù che diceva “i tuoi peccati sono perdonati” parlando con autorità divina, gli uomini che hanno ricevuto tale potere non sono padroni del perdono, il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di Dio.

 

Gesù parlava da padrone perché lo era, e lo è, i confessori riconciliano i fedeli nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, quindi non sono padroni ma servi, cui è stato affidato il ministero della riconciliazione. Nella prima lettera di Giovanni 5,16 l’Apostolo dice chiaramente che c’è un peccato che conduce alla morte, e un peccato che non conduce alla morte, “ogni iniquità è peccato, ma vi è peccato che non conduce alla morte”.

 

Giovanni stesso fa distinzione tra peccato mortale e peccato veniale, e se non vi piace la parola

 

veniale” magari evidenziando che nella Bibbia non c’è scritta, ve la spiego io, peccato veniale significa peccato che non conduce alla morte spirituale, questo è scritto nella Bibbia. Che poi i fratelli separati si appigliano ad ogni singola parola è ormai risaputo, tentando di deridere e sbeffeggiare parole coniate nei secoli successivi come “transustanziazione” additandola come parola inventata dalla Chiesa cattolica, parola che nella Bibbia non esiste.

 

Fratelli ma allora tutte le parole moderne che usiamo nel nostro linguaggio dovremmo abolirle,

 

e che dire della parola “Trinità” dovremmo forse dare ragione ai testimoni di Geova i quali negano la Trinità anche perché non trovano tale parola scritta nella Bibbia?

 

Negano che lo Spirito Santo sia una persona divina perché non trovano scritto chiaramente che lo

 

Spirito Santo è una persona, e poi inventano la parola “forza attiva” per loro lo Spirito Santo è la “forza attiva di Dio”, la loro mente offuscata non riesce a capire che nemmeno la parola “forza attiva” è presente nella Bibbia ma loro continuano ad usarla, forse sono stati proprio i testimoni di Geova ad ispirare gli agenti pubblicitari della Dixan, i quali per pubblicizzare questo detersivo e per demarcare il potere smacchiante del Dixan usavano la parola “forza attiva” i testimoni di Geova dovrebbe farsi pagare i diritti d’autore.

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