QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

EUCARISTIA E SANTA CENA

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2009 15:29
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 14:45

L’EUCARISTIA

 

Spesso discutendo via Internet con fratelli evangelici circa le verità cattoliche, mi viene rimproverato di ricorrere ai padri della Chiesa per cercare di affermare le verità dottrinali. Precisando che non si tratta di affermare ma di provare, non vedo cosa ci sia di male nel farlo, visto che io leggo e capisco la Bibbia in un modo e il fratello evangelico, gli stessi versetti li capisce in modo diverso. Per abbreviare le lunghe e annose polemiche si deve per forza ricorrere a pareri autorevoli. Diversamente ci si chiude nella propria verità, rendendosi impermeabili a tutto ciò che ci viene detto o dimostrato. E‘ un po‘ come fanno gli eccentrici, che nella loro deformazione ideologica si creano la loro verità e non vogliono o -non riescono- più a capire ciò che gli viene detto o dimostrato.

 

La loro mente purtroppo diventata refrattaria verso l‘esterno, si è ormai chiusa, rifiutando ogni spiraglio di ragione. Naturalmente non voglio offendere i fratelli evangelici, e nemmeno voglio discriminare gli eccentrici, ho usato questo esempio per meglio rendere l‘idea di certi comportamenti verso le verità cattoliche, rispettando sia i fratelli eccentrici, sia i fratelli evangelici, riferendomi piuttosto allo stato mentale che alle persone, cioè all‘impermeabilità. Uno stato mentale che rifiuta a priori ogni altra verità o tesi differente dalla propria.

 

Adottando questo metodo, ognuno di noi si può creare la propria verità e renderla inattaccabile da qualsiasi altra tesi, resta così fermamente ancorata nei meandri del nostro cervello. Ci creiamo così tanti cristi personalizzati, e tante infinite verità.

 

La Verità invece resta UNA sola e non preclude l‘uso della ragione per conoscerla e apprezzarla, fede e ragione non sono agli antipodi ma anzi si sposano benissimo. E‘ la ragione che fa meglio assaporare la bellezza della fede.

 

Citare quindi gli autorevoli pareri dei padri della Chiesa è d‘importanza fondamentale per capire, con la ragione, dove sta la verità.

 

Anzi era prassi delle prime comunità cristiane, in contrasto con le correnti eretiche, come gli gnostici, gli ariani, ecc., che fin dai primi anni dopo Cristo tentavano di alterare la sana dottrina spiegando la Bibbia a modo loro, mostrare le prove della loro apostolicità esibendo la successione dei vescovi partendo dagli apostoli. A quei tempi era questa la carta d‘identità della vera Chiesa di

 

Gesù Cristo. Citare quindi i pareri autorevoli dei padri della Chiesa era prassi assai diffusa, per contrastare le dottrine eretiche che covavano all‘interno della Chiesa. Ricordiamo che spesso molti eretici erano ex presbiteri.

 

Per cui Ignazio di Antiochia 107 d.C. nella sue lettere agli Sminersi 8,1 e agli Efesini 20,2 parla chiaramente dell‘Eucaristia come corpo e sangue di Cristo. Lo stesso fa Giustino martire nella sua Apologia cap.65 che invia all‘imperatore pagano Antonino Pio. Ireneo di Lione, Tertulliano,

 

Atanasio, Cipriano, Gregorio di Nissa, Cirillo di Gerusalemme, Ambrogio di Milano, Agostino di Ippona, Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzo, sono fra i più famosi ed autorevoli vescovi, padri e dottori della Chiesa a parlare per primi della presenza reale del corpo e sangue di Cristo

 

Gesù nell‘Eucaristia. La Nuova Alleanza fatta da Gesù Cristo mediante il suo unico sacrificio, si rinnova in forma gloriosa durante la Santa Messa, è verità di fede.

 

Voglio ricordarvi come fu stipulata la Vecchia Alleanza sottolineandone le precise e non casuali modalità.

 

In Esodo 24,9 leggiamo: Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dellalleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

Mosè quindi prese il sangue dei giovenchi e con esso asperse il popolo.

 

Notiamo qui che il sangue era fisicamente presente, la Vecchia Alleanza fu fatta con il sangue del sacrificio, non solo a parole.

 

―Uno stesso sangue fu asperso da Mosè sul popolo e sulle pietre dell‘altare che rappresentava Dio. Vi è una relazione un po‘ misteriosa nel libro del Levitico (capitolo 17) riguardo al sangue. E‘ scritto con insistenza che “il sangue espia in quanto è vita” e ancora che “la vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto sua vita”. Dunque una stessa vita doveva tenere unito il popolo


 

ebreo al suo Dio. Questo il significato profondo del rito compiuto da Mosè. Quasi tredici secoli dopo questo evento, Dio farà un ‗ Nuovo patto ‘ non più con un solo popolo ma con tutto il genere umano. Vi sarà ancora una vittima, vi sarà ancora del sangue. La vittima sarà il Figlio di Dio, Gesù il Cristo. Egli verserà il suo sangue negli spaventosi supplizi della sua passione fino alla morte di croce. (cfr Anna Maria Cenci, Il Timone n.50)

 

Non bisogna dimenticare il gesto di Melkisedek, figura del sacerdozio che non tramonta, figura di

Cristo, che non offrì l‘immolazione di animali ma pane e vino come sacrificio di lode al Dio

 

Altissimo (Gn 14,18). Questo gesto così misterioso, diverso, insolito per la mentalità sacrificale dell‘epoca sarà svelato da Cristo nel Nuovo Testamento. I sacrifici cruenti lasceranno il posto a quello incruento, unico sacrificio di Cristo, che s‘immola come agnello di Dio, col Suo corpo glorioso, ormai libero dalle leggi fisiche umane, ogni giorno sugli altari di tutte le Chiese, per essere gloriosamente presente in mezzo a loro, in maniera nettamente diversa rispetto alla sola presenza spirituale, ottenibile con la preghiera. Il Pane del Cielo si dona per essere mangiato dai fedeli, e diventare un tutt‘uno con essi.

 

Se analizziamo bene le parole e i gesti che Gesù fece nell‘ultima cena, tenendo presente la modalità con la quale è avvenuto il Vecchio Patto, non possiamo fare a meno di notare che il punto fondamentale per i due patti è la presenza fisica del sangue.

 

Nel primo vi fu la presenza fisica e reale del sangue, ne consegue che nel secondo vi doveva per forza essere la stessa presenza di sangue. Oltre al sangue sparso sulla croce, Cristo rinnova ogni giorno il suo sacrificio in maniera gloriosa. Ecco che le parole di Gesù “questo è il mio corpo che

 

è dato per voi” e “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi” ci indicano la presenza del suo sangue, in quel preciso momento, notiamo che Gesù durante l‘ultima cena non parla al futuro, ma al presente. Infatti, non dice: ―questo sarà il mio corpo, e questo sarà il mio sangue, che verserò per voi. Se analizziamo la frase, risulta palese che è tutta al presente, cioè il suo corpo e il suo sangue li ha dati da mangiare agli apostoli in quel preciso momento della santa cena. Del resto se voleva stipulare il Nuovo Patto sulla croce, nel momento in cui tutti poterono vedere il suo sangue scorrere, poteva farlo benissimo, pronunciando quelle parole dall‘alto della croce, magari facendo discendere un torpore simile a quello che colpì Abramo per la Vecchia Alleanza. Non ci fu nessun torpore, ma piuttosto il cielo si oscurò e le tenebre avvolsero quel luogo, nessuno, infatti, capiva veramente ciò che stava accadendo. In quel momento non capivano che il mistero della salvezza si stava adempiendo davanti i loro occhi avvolti dalle tenebre. Ci volle la discesa dello Spirito Santo per la Pentecoste, per squarciare quelle tenebre, con una luce radiosa e purificante. Gesù vuole la fede prima di ogni altra cosa, è facile credere dopo aver visto, ma negli insegnamenti del Maestro è sempre presente il mistero, vi sono sempre elementi chiaramente spiegabili con la ragione umana, e altri che per crederli è necessaria la fede. Se gli insegnamenti e le azioni di Gesù fossero tutti umanamente ben provabili e scientificamente spiegabili, la fede non sarebbe più necessaria, basterebbero la fisica e la matematica per credere in Lui. Invece il chiaro-scuro in cui è avvolto tutto il suo insegnamento dà spazio a chi vuole credere come anche a chi non vuole. Dio non obbliga nessuno a credere, ecco perché troviamo misteri nel suo insegnamento, chi crede merita la salvezza, perché si fida della Sua Parola. Il Padre vuole la fiducia dei figli, se la riceve, li premia con la vita eterna. La fiducia è qualcosa che va oltre la ragione umana, qualcosa che ci viene data dall‘alto.

 

Probabilmente se Cristo avesse pronunciato le parole della nuova alleanza dalla croce e poi magari ne fosse sceso, tutti i presenti avrebbero creduto, forse, ma la fiducia avrebbe lasciato il posto alla matematica, facendo leva sull‘equivalenza ―io credo perché ho visto e toccato, matematico. Di questo passo il cristianesimo non sarebbe durato a lungo, perché tutte le genti che non assistettero al sacrificio sulla croce non avendo visto e toccato non avrebbero creduto. Figuriamoci poi tutte le generazioni future, ecco l‘importanza della fiducia.

 

Del resto anche gli scribi e farisei chiesero più volte a Gesù di dimostrare in maniera inequivocabile la Sua potenza, in modo che essi potessero finalmente credere. Gesù scelse di non farlo, forse per un profondo atto di misericordia nei loro confronti, in modo da non renderli


 

inescusabili, qual‘ora anche assistendo ad un portentoso prodigio avessero trovato degli ulteriori cavilli per non credere.

 

Resta il fatto che Gesù fece il Nuovo patto il giorno prima del suo sacrificio sulla croce, e che il Patto, come da prassi biblica esigeva la presenza reale del sangue.

 

Colui che aveva cambiato a Cana l‘acqua in vino, colui che aveva creato tutto, compreso il sangue umano, poteva forse aver difficoltà a rendere presente il suo sangue in quel preciso momento? Sicuramente no, ma il chiaro-scuro fa parte del mistero della salvezza, agli apostoli era stato preannunciato quell‘evento, ed erano rimasti sbigottiti e frastornati nell‘udire ciò che per loro era impossibile da realizzarsi, cioè mangiare la carne del proprio maestro e berne il sangue.

 

Che valore avrebbe la nostra fede, se vedessimo veramente il corpo e il sangue di Cristo nell‘Eucaristia? Non si tratterebbe più di credere in fede, ma semplicemente di costatare visivamente e poi magari anche scientificamente.

 

Certo se nell‘ultima Cena avrebbero visto materializzarsi il corpo e il sangue di Gesù nel pane e nel vino, avrebbero creduto senza difficoltà, ma la fiducia nel loro maestro sarebbe scomparsa. Gli apostoli credettero per fiducia, e ancora oggi la Chiesa crede che ogni volta che si celebra la Santa Messa si rinnova il nuovo patto tra Cristo è l‘umanità credente.

 

Del resto il profeta Malachia già lo aveva detto secoli prima ―Poiché dalloriente alloccidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura…”(Ml 1,11)

 

Certamente l‘oblazione pura non è il nostro sacrificio quotidiano, la nostra croce, che offriamo a Dio. I nostri sacrifici in nome della fede, pur essendo bene accetti da Dio, sicuramente non si possono definire puri. Loblazione pura è una sola, perché solo Gesù fece il sacrificio perfetto, in quanto lui stesso era perfetto agli occhi di Dio, e questo sacrificio puro, perfetto, lo ripete ogni volta che si celebra il suo memoriale. Gli ebrei non offrivano sacrifici in ogni luogo, ma solo nel Tempio, e soprattutto non si poteva parlare di oriente e occidente (cioè tutta la terra) ma solo di

 

Gerusalemme. L‘offerta pura è solo Gesù Cristo, non esistono altre oblazioni pure e, nelle offerte fatte a Dio era sempre realmente presente il sangue. Molti miscredenti vorrebbero vedere fisicamente il sangue nel calice, e Gesù materializzarsi nel pane, ma in questo modo la fede che fine farebbe?

 

Dio ha scelto di dare abbastanza luce a chi vuole credere e abbastanza ombra a chi non vuole credere. Quel Dio che sembra giocare a rimpiattino con gli uomini: se si scoprisse interamente, non vi sarebbe alcun merito nel credere in Lui; se si scoprisse del tutto, non vi sarebbe la fede Così diceva Blaise Pascal. Dunque, gli increduli che pretenderebbero dalla Messa la materializzazione di Cristo, neppure sospettano che se ciò non avviene in modo così spettacolare, come un numero da prestigiatore, è per misericordia. Come se Dio, in qualche modo, limitasse la sua potenza per limitare così anche la responsabilità di chi lo nega. Sì, responsabilità. Perché è fondato il sospetto che qualcuno troverebbe sempre qualche pretesto. Direbbero: è verosimile che, in certe condizioni ancora indefinite la natura (cfr di V. Messori, Ipotesi su Maria) o la cosiddetta parapsicologia, possa far materializzare un corpo o l‘apparenza di esso, e dare l‘illusione che nel calice dopo la consacrazione ci sia reale sangue umano (ndr), si comincerebbero a fare ipotesi di allucinazioni collettive, che la scienza ancora non è in grado di spiegare, insomma ci sarebbe sempre qualcuno lì pronto ad abbozzare pseudospiegazioni scientifiche. Direbbero: la scienza spiegherà anche questo un giorno, scuoterebbero il capo e chiederebbero qualche altra performance e così all‘infinito.

In questo modo però aumenterebbe la loro ―colpa, sarebbero davvero ―rei secondo la parola di

 

Paolo: “Essi sono dunque inescusabili perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria, né gli hanno reso grazie come Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti” (Rm 1,21).

 

Ma l‘Eucaristia non è spettacolo, non è illusionismo, è il Sacrificio di Gesù Cristo che si rinnova in modo misterioso, e chi vuole lo crede per fede.


Qui di seguito approfondiremo l‘argomento citando il parere di autorevoli padri e dottori della

Chiesa, oltre ad analizzare dettagliatamente i passi biblici che parlano dell‘Eucarestia.

 

dal discorso 301 di S. Agostino

 

Con l'eucarestia diventiamo corpo di Cristo.

 

―3. Prendete dunque e mangiate il corpo di Cristo, ora che anche voi siete diventati membra di Cristo nel corpo di Cristo; prendete e abbeveratevi col sangue di Cristo. Per non distaccarvi, mangiate quel che vi unisce; per non considerarvi da poco, bevete il vostro prezzo. Come questo, quando ne mangiate e bevete, si trasforma in voi, così anche voi vi trasformate nel corpo di Cristo, se vivete obbedienti e devoti. Egli, infatti, già vicino alla sua passione, facendo la Pasqua con i suoi discepoli, preso il pane, lo benedisse dicendo: Questo è il mio corpo che sarà dato per voi. Allo stesso modo, dopo averlo benedetto, diede il calice, dicendo: Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che sarà versato per molti in remissione dei peccati. Questo già voi lo leggevate o lo ascoltavate dal Vangelo, ma non sapevate che questa Eucarestia è il Figlio stesso; ma adesso, col cuore purificato in una coscienza senza macchia e col corpo lavato con acqua monda, avvicinatevi a lui e sarete illuminati, e i vostri volti non arrossiranno. Perché se voi ricevete degnamente questa cosa che appartiene a quella nuova alleanza mediante la quale sperate l'eterna eredità, osservando il comandamento nuovo di amarvi scambievolmente, avrete in voi la vita.

 

Vi cibate, infatti, di quella carne di cui la Vita stessa dichiara: Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo, e ancora: Se uno non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà la vita in se stesso.

 

Se dunque avrete in lui la vita, sarete con lui in una sola carne. Non è infatti che questo sacramento dia il corpo di Cristo per poi lasciarvene separati. E l'Apostolo ricorda che questo era già stato predetto nella santa Scrittura: I due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande, soggiunge, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa. E in un altro passo, riguardo a questa medesima Eucarestia, dice: Uno solo è il pane, e noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo Presenza reale del corpo e del sangue di Cristo.

 

2. Cristo Signore nostro dunque, che nel patire offrì per noi quel che nel nascere aveva preso da noi, divenuto in eterno il più grande dei sacerdoti, dispose che si offrisse il sacrificio che voi vedete, cioè il suo corpo e il suo sangue. Infatti, il suo corpo, squarciato dalla lancia, effuse acqua e sangue, con cui rimise i nostri peccati. Ricordando questa grazia, operando la vostra salute (che poi è Dio che la opera in voi), con timore e tremore accostatevi a partecipare di quest'altare. Riconoscete nel pane quello stesso [corpo] che pendette sulla croce, e nel calice quello stesso [sangue] che sgorgò dal suo fianco. Anche gli antichi sacrifici del popolo di Dio, nella loro molteplice varietà, prefiguravano quest'unico sacrificio che doveva venire. E Cristo è nel medesimo tempo la pecora, per l'innocenza della sua anima pura, e il capro, per la sua carne somigliante a quella del peccato. E qualsiasi altra cosa che in molte e diverse maniere sia prefigurata nei sacrifici dell'Antico Testamento si riferisce soltanto a questo [sacrificio] che è stato rivelato nel Nuovo Testamento. Ma vi sono tra voi alcuni che non credono (Gv 6,65). Non dice: Vi sono tra voi alcuni che non capiscono; ma, spiegando il motivo per cui non capiscono, dice:

 

Vi sono tra voi alcuni che non credono; ecco perché non capiscono: perché non credono. Il profeta disse: Se non crederete, non capirete (Is 7,9 sec LXX). Per mezzo della fede ci uniamo a Lui, per mezzo dell'intelligenza veniamo vivificati. Prima uniamoci a Lui per mezzo della fede, per essere poi vivificati per mezzo dell'intelligenza. .... Non giova nulla la carne nel senso in cui costoro la intesero: essi la intesero nel senso della carne morta fatta a pezzi, come si vende al macello, non nel senso della carne vivificata dallo Spirito.

 

(E‘ questo che Agostino sta contestando perché noi NON MANGIAMO UN MORTO, non siamo cannibali, nè antropofagi, ndr)


 

Così anche in questo caso: la carne non giova nulla, cioè la carne da sola; se però, alla carne si unisce lo Spirito, allo stesso modo che alla scienza si unisce la carità, allora gioverà moltissimo. Se, infatti, la carne non giovasse nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne, per abitare fra noi. Se tanto ci ha giovato il Cristo mediante la carne, come si può dire che la carne non giova nulla? Ma è lo Spirito che mediante la carne ha operato la nostra salvezza.

 

E‘ in questo senso che Agostino parla di Eucarestia e Spirito, e non intendendo spirituale, ma resa vera non perché mangiamo un morto, ma perché mediante lo Spirito Santo (che non si traduce in spirituale), questo cibo è reso vivo e vero.

 

Infine il verso 11....s., Agostino spiega in questo testo il senso anche dell'Eucarestia intesa come comunione spirituale fra tutti i credenti.

 

Tutto ciò dunque, o dilettissimi, ci serva di lezione, affinché non abbiamo a mangiare la carne e a bere il sangue di Cristo solo sacramentalmente, come fanno anche tanti cattivi cristiani; ma affinché lo mangiamo e lo beviamo in modo da giungere alla partecipazione del suo Spirito e da rimanere nel corpo senza scandalizzarci se molti di coloro che con noi mangiano e bevono la carne e il sangue, ma solo esteriormente, saranno alla fine condannati ai tormenti eterni.

 

Al presente il corpo di Cristo non è ancora purificato, come il grano sull'aia; ma il Signore sa chi sono i suoi (cf. 2 Tim 2, 19). Quando batti il grano, tu sai che la massa dei chicchi sta nascosta e che la battitura non distrugge ciò che il ventilabro deve purificare; così siamo sicuri, o fratelli, che quanti siamo nel corpo del Signore, e rimaniamo in Lui in modo che anch'Egli rimanga in noi, dovremo, in questo mondo e sino alla fine, vivere in mezzo agli iniqui. E non parlo degli iniqui che bestemmiano Cristo; poiché ormai non sono molti quelli che lo bestemmiano con la lingua, ma sono molti quelli che lo bestemmiano con la vita. E' necessario dunque che viviamo in mezzo a loro sino alla fine......

 

Nelle righe appena sopra, Agostino stava parlando del corpo di Cristo quale Chiesa ed è molto chiaro. Dalla Lettera 54 di sant'Agostino ai Donatisti, la corrente eretica, sulla Comunione scriveva:

 

2. 2. Altre pratiche poi variano secondo i luoghi e delle regioni, come quelle per cui alcuni digiunano il sabato e altri no, alcuni si comunicano ogni giorno col corpo e sangue del Signore, altri invece lo ricevono in determinati giorni; in alcuni luoghi non si lascia passar nessun giorno senza offrire il Sacrificio, in altri lo si offre solo il sabato e la domenica e in altri solo la domenica: l'osservanza di tutte le altre pratiche che si possono ricordare simili a queste è lasciata alla libertà di ciascuno; la regola migliore cui si può attenere un serio e prudente cristiano è quella di agire nel modo in cui vedrà agire la Chiesa in cui si troverà....

 

2.3. ......... Quanto poi a me, pensando spesso a quel parere, l'ho sempre ritenuto come se l'avessi ricevuto da un oracolo celeste. Ho sentito spesso con dolore e pena che si generano nei deboli molti turbamenti per la cocciutaggine nel litigare o per la superstiziosa timidezza di qualcuno dei nostri fratelli: litigano per questioni di tal genere che non possono arrivare a nessuna determinata soluzione né basandosi sull'autorità della Sacra Scrittura né sulla Tradizione della Chiesa universale né sull'utilità di rendere più santa la vita.

 

La frequenza della S. Comunione.

 

3. 4. Qualcuno dirà che non si deve ricevere l'Eucarestia tutti i giorni. Se tu gli domandassi perché, ti potrebbe rispondere: "Perché si devono scegliere i giorni in cui si vive con maggior purezza e continenza per accostarsi degnamente a un sì augusto sacramento, poiché chi mangerà indegnamente, mangia e beve la propria condanna ". Un altro invece potrebbe dire: "Al contrario, se la piaga del peccato è così grave e tale la violenza del morbo spirituale, che si debbano differire


 

siffatte medicine, uno dev'essere allontanato dall'altare per ordine del vescovo affinché faccia penitenza; solo in seguito dev'essere riconciliato con Dio con l'assoluzione impartita dalla medesima autorità: si riceverebbe infatti indegnamente il sacramento, se si ricevesse nel tempo in cui uno deve far penitenza; nessuno dovrebbe di proprio arbitrio astenersi dalla comunione o accostarsene quando gli aggrada. A ogni modo, se i peccati non son così gravi da meritare la scomunica, nessuno deve star lontano dalla medicina quotidiana del Corpo del Signore". Fra i due forse risolve meglio la questione chi inculca di rimanere soprattutto nella pace di Cristo; ciascuno poi faccia quel che crede dover fare secondo la propria fede e il sentimento della sua pietà. Nessuno dei due oltraggia il corpo e il sangue del Signore; tutti e due al contrario fanno a gara per onorare il sacramento ch'è fonte della nostra salvezza. Nemmeno Zaccheo e il Centurione si trovarono in contrasto fra loro né alcuno di essi si ritenne superiore all'altro, anche se l'uno pieno di gioia accolse il Signore nella sua casa e l'altro disse: Non son degno che tu entri sotto il mio tetto: tutt'e due onorarono il Salvatore in maniera diversa e per così dire contraria: ambedue erano miserabili peccatori, ambedue ottennero misericordia. Come simbolo di ciò può servire quanto accadde all'antico popolo ebraico: come la manna aveva in bocca il sapore che ciascuno voleva, così pure nel cuore di ciascun cristiano ha diversi sapori il Sacramento con cui è stato vinto il mondo. Poiché l'uno, per onorarlo, non osa riceverlo quotidianamente, l'altro invece, per onorarlo, non osa tralasciarlo alcun giorno. Questo cibo esclude solo il disprezzo, come la manna la ripugnanza.

 

Ecco perché l'Apostolo dice che fu ricevuto indegnamente da coloro che non lo distinguevano dagli altri cibi con la particolare devozione dovutagli: poiché dopo aver detto: Mangia e beve la propria condanna, subito soggiunge dicendo: perché non fa distinzione di tal corpo come appare chiaro da tutto quel passo della prima Lettera ai Corinti, se si considera attentamente.

 

E riporto ancora dallo stesso forum:

 

Sempre nella medesima Lettera 54 Agostino tenta di spiegare fin anche L'USO DEI RITI DEL GIOVEDI' SANTO....evidentemente qualcuno si preoccupava di come e quando dovesse essere il digiuno se PRIMA O DOPO L'EUCARESTIA..al chè Agostino dice:

 

dovremmo discutere non come si debba celebrare il rito, ma come penetrare il significato del rito medesimo....Lo stesso dicasi di riti e usanze osservate da tutta la Chiesa. Poiché mettere in dubbio se si debbano o non si debbano seguire, sarebbe segno d'insolentissimo insania.

 

Sia lodato Gesù Cristo e lode a Maria aiuto dei Cristiani.

 

San Lorenzo, spiega l'effetto dell'Eucarestia e dice:

 

Ora, in quella lenta morte, in quei tormenti, siccome aveva mangiato e bevuto al banchetto eucaristico, saziato di quel cibo e inebriato di quel calice, non sentì i tormenti. Era presente in lui chi ha detto: E' lo Spirito che vivifica (Gv 6, 64). La carne ardeva, ma lo Spirito vivificava l'anima.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 14:52

LE OBIEZIONI DEI PROTESTANTI

 

I fratelli protestanti solitamente chiedono:

 

Secondo te che differenza vi è tra credere che nella Santa Cena vi è la presenza spirituale di Gesù e credere che nella Santa cena vi è la presenza reale di Gesù?

 

Dopo la risposta con i testi di Agostino che ribadiscono già dall'anno 400 d.C. cosa credeva la Chiesa e cosa insegnava, qual è la differenza?


 

La differenza ce la segnala già S.Giustino -nei primissimi anni del cristianesimo- che parla di TRASFORMAZIONE delle specie, e ce lo dice pure la Didachè, parlando di cibo santo e sacro, oltre che tanti altri autorevoli padri della Chiesa.

 

Quindi molto tempo prima di Costantino, e del presunto inquinamento dottrinale, anzi constatiamo la linearità della dottrina cristiana partendo dalle primissime comunità ad arrivare fino ai giorni nostri. La Chiesa cattolica romana può provare, che nonostante la zizzania sia sempre cresciuta in mezzo al buon grano, anche all‘interno del suo campo, di credere nella stessa dottrina degli apostoli e quindi di Cristo.

 

Ora se quel pane NON contenesse veramente la presenza reale di Cristo, sarebbe idolatria, perché essendo privo della reale presenza, voi rendete sacro ciò che sacro non è, la Didachè dice anche di non dare le cose sante ai cani, il problema è che forse molti fratelli protestanti confondono l'azione dello Spirito Santo quando essa è diretta, con il termine spirituale che vuol dire un altra cosa.

 

―Rifiutano l‘incalcolabile dono che il Signore ci ha fatto con la santissima Eucaristia coloro che, pur professandosi cristiani, misconoscono la retta dottrina circa questo Sacramento. Come già abbiamo ricordato l‘Eucaristia è il cuore del Corpo mistico di Cristo e il motore delle sue azioni: coloro che estirpano questo cuore e paralizzano questo motore uccidono la vita della Chiesa e la vita soprannaturale di ogni cristiano. Vediamo dunque brevemente le correnti ereticali che nel corso della storia cristiana hanno attentato alla retta dottrina circa il Sacramento dell‘altare.

 

Nei primi secoli doceti, gnostici e manichei, accomunati da una considerazione negativa della realtà materiale, pur non rigettando questo Sacramento, ne diedero un‘interpretazione riduttiva in senso spiritualistico, facendo delle specie eucaristiche dei puri simboli della presenza del Signore, il quale, secondo la loro visione, non può ―mischiarsi con cose di questo mondo: né il corpo fisico di

Gesù di Nazareth, né i segni eucaristici del pane e del vino.

 

Nel V secolo i nestoriani, in linea con la loro dottrina cristologia, ammettevano la reale presenza del Signore nel pane consacrato, ma negavano che ciò avvenisse mediante transustanziazione; professavano piuttosto la coesistenza delle due sostanze, quella del pane e quella del corpo di

 

Cristo, secondo la teoria dell‘impanazione: il corpo di Cristo di rende presente nel pane insieme alla sostanza del pane, non al posto di essa. Nell‘XI secolo Berengario di Tours, probabilmente per opposizione al realismo di altri teologi, divenne propugnatore di un‘interpretazione fortemente simbolica dell‘Eucaristia, secondo la quale, con la consacrazione, il pane e il vino non mutano realmente, ma diventano solo una rappresentazione del Cristo che siede nei Cieli; di conseguenza coloro che li ricevono realizzano un‘unione puramente intenzionale con il Signore Gesù. Poco dopo i catari, a causa dell‘impostazione manichea del loro pensiero, negano la reale presenza di Cristo nelle specie consacrate e ripropongono l‘interpretazione simbolica, rifiutando di fatto di considerare l‘Eucaristia un sacramento. In epoca moderna la rivoluzione protestante, <<compendio di tutte le eresie che furono prima di essa>> (san Pio X, Compendio della dottrina cristiana. Breve storia della religione, n.129) raccoglie e ripropone gli errori che abbiamo fin qui descritto, anche se con accentuazioni diverse a secondo della posizione di ciascuno dei suoi protagonisti:

 

-Lutero ammette la reale presenza, ma nega la transustanziazione, sostenendo una coesistenza della sostanza del corpo e sangue di Cristo con la sostanza del pane e del vino molto simile alla teoria dell‘impanazione professata dai nestoriani; inoltre, limita la presenza di Cristo nelle specie al solo momento della celebrazione, finita la quale svanisce anche la presenza;

 

-Calvino e Melantone negano la presenza reale e sostengono che nel pane e vino ―benedetti si rende presente soltanto una forza soprannaturale che promana dal Cristo glorioso in Cielo, e che di questa si nutre l‘anima del fedele che li riceve;

 

-Zwingli e Carlostadio negano recisamente qualunque relazione anche solo spirituale tra il pane e il vino e il corpo e sangue del Signore, e propongono un’interpretazione assolutamente simbolica: il pane e il vino sono i segni materiali grazie ai quali noi ricordiamo Gesù che muore e risorge;


 

- la riforma anglicana resta inizialmente legata a posizioni favorevoli alla retta dottrina, ma in seguito dà spazio ad una progressiva trasformazione dei contenuti e dei riti in senso protestante; attualmente è divisa in due correnti principali: la Chiesa Alta, più vicina alla visione iniziale, e la Chiesa Bassa, nella quale coesistono posizioni di tipo luterano e altre di tipo calvinista.

 

All‘interpretazione puramente simbolica, la più radicalmente ostile all‘Eucaristia, si rifanno tutte le confessioni di derivazione protestante nate a partire dal XVIII secolo, come ad esempio avventisti, mormoni, testimoni di Geova, pentecostali, per citare quelli a noi più familiari. Questi gruppi negano in generale tutto l‘impianto sacramentale, riducono la cena eucaristica ad una pura commemorazione e il pane e il vino a ―emblemi di Gesù morto e risorto, del quale tra l‘altro non tutti riconoscono la natura divina. Nel secolo scorso anche all‘interno della teologia cattolica sono affiorate alcune correnti, numericamente circoscritte, ma di una certa influenza che, pur senza fuoriuscire formalmente dal corpo ecclesiale, hanno tentato di introdurre autentiche e pericolose deviazioni della fede; le loro tesi sono state tempestivamente condannate dal magistero della Chiesa:

 

-agli inizi del novecento il movimento modernista, all‘interno di un progetto globale di sovvertimento dei fondamenti della fede, sostenne una svalutazione della storicità dei racconti dell‘istituzione dell‘Eucaristia così come sono proposti nei vangeli e in san Paolo, minando quindi alla base la fede nel Sacramento. Il modernismo fu condannato dal papa san Pio X con il decreto

Lamentabili e l‘enciclica Pascendi;

 

-negli anni Sessanta alcuni teologi proposero di sostituire il concetto di transustanziazione, legato a categorie filosofiche ritenute ormai inadeguate, con quello di tran significazione e di trans finalizzazione, che di fatto accantona il senso oggettivo della presenza reale, per renderla dipendente dalla fede soggettiva del credente; altri ancora sostennero la limitazione della presenza reale al solo tempo della celebrazione, sul modello luterano, attentando così alla secolare pratica del culto eucaristico fuori della messa. Entrambi gli errori vennero condannati dal papa Paolo VI nell‘enciclica Mysterium fidei.

 

Le posizioni di tutti costoro, nonostante le diversità poggiano sui medesimi argomenti. (cfr, L‘Eucaristia, quaderni de Il Timone, di Claudio Crescimanno).

 

 

 

 

 

LO CHIAMATE ANCHE SACRAMENTO

 

 

Un Sacramento che deriva dal termine sacro, lo è nel momento in cui vi è l'azione diretta della Trinità tutta, attraverso una consacrazione, e che l'Eucarestia era intesa una consacrazione fin dal primo secolo, ce lo conferma come abbiamo visto la Didachè, che ci informa che questo pane consacrato veniva portato agli assenti malati. Allora o si portava agli assenti un idolo, o si portava il Cristo nella specie eucaristica. La stessa morte di S.Tarcisio, il primo martire dell'Eucarestia ci rende chiaro che il giovane stava portando ai carcerati cristiani le ostie consacrate, (già si usava infatti una particola simile a quella di oggi, farina e acqua, conosciuta come pane azzimo), quando un gruppo di giovani scoperto che era un cristiano, voleva scoprire "quel tesoro che Tarcisio custodiva con riverenza sul petto", i primi cristiani dunque o erano idolatri, o sapevano benissimo che quell'Ostia dopo la consacrazione del sacerdote diventava un’altra cosa a loro sacra...

 

Infine, la differenza è enorme, perché ciò che i fratelli separati pensano di fare bene in realtà è una illusione, santa quanto vogliono, fin quando c'è la buona fede di molti, (Dio è più misericordioso di quanto pensiamo) tuttavia diventa una eresia quando essendone informati continuano ad ignorare la verità. Santa, certamente, perché Gesù è sempre presente nelle preghiere, ma è una cena


 

imperfetta, primo perché loro non credono; secondo perché manca la consacrazione, la quale avviene soltanto attraverso la legittimazione del sacerdote consacrato a questo compito.

 

"A voi è stato dato il potere di…" dirà Gesù ai suoi, i primi nuovi sacerdoti della Nuova Alleanza i quali, attraverso appunto la confermazione del mandato, hanno dato inizio alla Chiesa con i suoi specifici compiti e ruoli. Non è affatto vero che il sacerdozio fu abolito da Gesù, perché ad essere abolito fu solo il sacerdozio levitico e quindi i sacrifici cruenti, non la figura del sacerdote ministro della Chiesa.

 

Ml 1,10-13 “Oh, ci fosse fra di voi chi chiude le porte, perché non arda più invano il mio altare!

Non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti, non accetto l’offerta delle vostre mani!

 

Poiché dalloriente alloccidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti. Ma voi lo profanate quando dite: «La tavola del Signore è contaminata e spregevole ciò che vè sopra, il suo cibo». Voi aggiungete: «Ah! che pena!». Voi mi disprezzate, dice il Signore degli eserciti, e offrite animali rubati, zoppi, malati e li portate in offerta! Posso io gradirla dalle vostre mani? Dice il Signore.”

 

Ecco cosa fu abolito, anche Malachia lo profetizza, ma ci dice pure che:

 

Poiché dalloriente alloccidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura…

 

L‘oblazione pura è Gesù Eucaristia, oblazione significa offerta, l‘offerta pura di Gesù Eucaristia, quindi il sacrificio eucaristico incruento.

 

Qualche pagina addietro, nel commento di S. Agostino leggevamo:

 

―Cristo Signore nostro dunque, che nel patire offrì per noi quel che nel nascere aveva preso da noi, divenuto in eterno il più grande dei sacerdoti, dispose che si offrisse il sacrificio che voi vedete, cioè il suo corpo e il suo sangue

 

Se Malachia profetizza ―…dall‘Oriente all‘Occidente… è chiaro che si riferisce all‘offerta del sacrificio eucaristico, perché la religione ebraica era praticata solo in Israele, l‘Occidente era abitato dai popoli pagani. Con l‘avvento di Cristo la Buona Novella fu annunciata ovunque, quindi anche in

 

Occidente, il sacrificio eucaristico quindi veniva -e viene- offerto dall‘Oriente all‘Occidente. La profezia di Malachia risulta quindi chiarissima!

 

Possiamo ora ricollegarci ai testi di Agostino sopra esposti.

 

Se i fratelli separati avessero ragione, dovrebbero spiegarci questo:

 

L'Eucarestia sarebbe stata interrotta, dal momento che la Chiesa ha da sempre creduto nella reale presenza, mentre loro hanno iniziato a dubitarne soltanto a partire dalla fine del 1500, ma poiché molti pentecostali non si riconoscono nei Protestanti, i loro dubbi risalgono alla fine dell'1800, su matrice però protestante.

 

Il primo a dubitare della presenza reale nell'Eucarestia non fu Lutero ma Zwingli, il quale ebbe per questo una disputa con Lutero, il quale credeva, ma non gli piaceva il termine transustanziazione. Lo abbiamo visto nelle pagine precedenti.

Ora sarebbe utile porsi delle domande, i pentecostali sono per caso Calvinisti??

 

Perché prima di loro nessuno dubitò mai della reale presenza, a parte qualche gruppo eretico smontato poi da S.Agostino, dunque Zwingli, non accettato nemmeno da Lutero, secondo i pentecostali era più illuminato dei Padri della Chiesa?

Ma ancora più importante è la seguente domanda:


 

Noi per dimostrare che la Chiesa ha da sempre creduto nella Reale Presenza abbiamo portato documenti dell'epoca, i pentecostali per confermare le loro teorie, che cosa ci portano?

 

Ci portano la Bibbia, ma anche noi ce l‘abbiamo, il problema quindi resta l’interpretazione, loro non credono e non capiscono (o non vogliono capire) noi cattolici crediamo per fede, e quindi comprendiamo l‘Eucaristia.

Non con formule fisiche, ma perché crediamo alle parole di Gesù.

 

I pentecostali dicono di capire bene perché divinamente guidati, tutti i protestanti dicono altrettanto, e noi cattolici asseriamo la stessa cosa, quindi chi ha ragione?

 

Dobbiamo anche seriamente considerare come in un contesto dove vige la ―sana interpretazione per mezzo della preghiera, diventando addirittura infallibile, non esista coesione e uniformità interpretativa. Abbiamo visto qualche pagina addietro come all‘interno del mondo protestante esistano tesi diverse circa l‘Eucarestia e non solo, come può accadere ciò se si basano sulla sola

 

Bibbia? Come mai ognuno di essi dà spiegazioni diverse agli stessi versetti? Chi di loro ha ragione? Con molti di loro, specie i pentecostali, non si può dialogare tanto facilmente, essi respingono nettamente il termine ―interpretazione, affermando che la Bibbia non si interpreta. Ho tentato diverse volte di fargli capire che la Bibbia si deve per forza interpretare, a partire dalla traduzione dall‘ebraico e dal greco fino alla moderna esegesi, che proprio tramite l‘interpretazione ci fa gustare in maniera mirabile la profondità della Parola di Dio.

 

Molti di loro rifiutano di capire il significato della parola ―interpretazione, minando così le basi di ogni sano ed edificante dialogo chiarificatore. Dicono di capire la Bibbia sotto la guida dello Spirito Santo, non la interpretano, punto e basta.

 

I fautori di questo metodo ―esclusivo, tendente alla promozione di ghetti, comunità cioè che si isolano spiritualmente dal resto dei credenti, autoproclamandosi nella verità, e quindi salvate, dovrebbero chiedersi come mai altre comunità pentecostali, che affermano e garantiscono, anche loro, la speciale guida dello Spirito Santo nel capire bene la Bibbia, poi seguano dottrine diverse, come ad esempio fanno i pentecostali antitrinitari.

 

Questa presunzione di guida divina, si condanna da sé, mettendo in evidenza l‘incongruenza dei risultati dottrinali contrastanti tra loro.

 

Per capire bene la Bibbia è vero che occorre umiltà e preghiera, gli sfugge però che umiltà significa saper ammettere anche i propri limiti culturali, e sottomettersi alle autorità incaricate di spiegare correttamente i sacri versetti. Io credo che il voler capire da se stessi, e a tutti i costi, la Bibbia sia più sintomo di orgoglio che di umiltà. Non tutti infatti siamo dotati della stessa intelligenza e della stessa cultura, non voler chiedere spiegazioni ad altri più preparati in materia, è sintomo di superbia più che di umiltà!

Leggendo queste righe qualcuno si renderà conto che questa tesi del ―capir sempre da soli la

 

Bibbia non sta in piedi, perché in fondo ogni buon protestante, va a chiedere lumi al pastore, quando incontra qualche passo difficile, quindi capisce da se stesso la mancanza di coerenza tra quello che dicono e quello che fanno.

 

 

 

 

GESU‘ NON SEMPLIFICA SUI PUNTI

 

FONDAMENTALI DELLA FEDE

 

 

E‘ interessante   fare un parallelo tra due insegnamenti fondamentali che dà Gesù nei Vangeli.

 

Egli nel riferimento a Matteo 19,1-12 sta parlando proprio ai suoi che dopo aver ascoltato la questione del divorzio e dell'indissolubilità del matrimonio e quindi consacrandolo mediante

 

il sacramento, gli dicono "se le cose stanno così meglio non sposarsi" Gesù non dirà loro che si sono sbagliati a capire, ma anzi, rinforza ciò che avevano ben compreso, dicendo loro che anche


 

l'essere eunuchi per il regno dei cieli è un sacramento (mistero), ed è talmente profondo che non a tutti sarà dato di comprendere! Ma essendo questi dei punti fondamentali Gesù non usa un linguaggio più semplice, perché non c‘era nulla da chiarire ulteriormente, chi vuol capire capisca, chi non vuole faccia come crede. E non si può nemmeno dire che qui stia parlando in parabole, il significato di questi insegnamenti è preciso.

 

Stesso discorso, vale anche per l‘insegnamento del mistero Eucaristico, Gesù vede che i discepoli non capiscono, perché pensano al cannibalismo ―…chi mangia la mia carne… ma non semplifica, dice piuttosto di questo vi meravigliate? Le mie parole sono spirito e vita (cioè per voi uomini) l‘uomo infatti è fatto di spirito e vita. Vediamo che anche qui Gesù non torna sui suoi passi, vedendoli andar via non li richiama dicendogli ―ma che avete capito?….io volevo dire…. No,

 

Gesù resta ferreo sul suo insegnamento eucaristico, come lo rimase per l‘indissolubilità del matrimonio. A differenza di quando raccontava le parabole o parlava in simboli, ―la porta, la vigna, ecc., Gesù quando si tratta dei sacramenti non semplifica, quelli sono, e quelli restano, infatti coloro che non capirono e non ebbero fede sufficiente si allontanarono da Lui.

 

In questo discordo Gesù stabilisce un parallelo tra la manna, che è il pane dato da Mosè agli israeliti, e il Pane del Cielo, quello che darà Dio Padre mediante il Figlio medesimo, che è misticamente il Figlio stesso, il Pane di vita è Cristo. Questo accostamento implica che alla realtà della manna corrisponda allo stesso modo la realtà Eucaristica. Come la manna non fu un simbolo, ma cibo concreto, così pure l‘Eucaristia.

 

La differenza sta nell‘efficacia di questo cibo, la manna alimentava il corpo, l‘Eucaristia alimenta lo spirito dell‘uomo.

 

Abbiamo visto che vedendo l‘allontanamento di molti discepoli, e anche l‘imbarazzo degli apostoli, Gesù non fa nulla per dissipare l‘eventuale equivoco a favore di una interpretazione in senso puramente spirituale delle sue parole.

 

Vi è forse una mancanza di sensibilità da parte di Gesù verso quei discepoli che si allontanarono? Non credo, perché in altre occasioni dove le espressioni da lui usate erano davvero simboliche, egli si è affrettato a spiegarle, vediamo ad esempio la necessità di dover rinascere nel dialogo con Nicodemo (Gv 3,4-6); il discorso sull’acqua viva, nel dialogo con la samaritana (Gv 4,11-16); la disputa con i giudei riguardo alla preesistenza del Verbo incarnato rispetto ad Abramo (Gv 8,56-59); la confusione dei discepoli per la morte di Lazzaro (Gv 11,11-15). In questi episodi vediamo che Gesù inizialmente usa un linguaggio misterioso, ma di fronte alle domande dei suoi interlocutori spiega e chiarisce ogni cosa. Non possiamo parlare quindi di mancanza di sensibilità da parte di Gesù, quando per i sacramenti del matrimonio e dell‘Eucaristia pur vedendo lo scetticismo dei presenti non chiarisce ulteriormente. Non c‘era nulla da chiarire, se volevano dovevano accettare quegli insegnamenti in maniera netta e precisa, anche se non capivano fino in fondo, questo richiedeva e richiede, un atto di fede, che a molti manca.

 

Leggendo bene i discorsi che Gesù faceva ai discepoli ci accorgiamo di come usava il linguaggio dell‘epoca, in maniera precisa, usando simbologia proprie di quel tempo.

 

Pastore, pecorelle, agnello, vigna, grano, zizzania, ecc., erano simboli comprensibili a tutti, perché ben radicati in quel contesto linguistico culturale. ―Nel linguaggio semitico mangiare la carne e bere il sangue di un uomo in senso figurato non significa affatto, come concludono sbrigativamente i simbolisti, nutrirsi del suo insegnamento, ma significa perseguitare a morte, cioè nutrire il proprio odio verso di lui distruggendogli la vita; se noi quindi escludiamo il senso letterale, dobbiamo ritenere che in questo brano Gesù abbia insegnato che per essere suoi amici e discepoli bisogna odiarlo e perseguitarlo a morte, il ché è evidentemente assurdo; oppure se ammettiamo che egli non può aver inteso questo, dobbiamo ritenere che abbia usato un linguaggio metaforico estraneo ai canoni della metafora tipici del suo contesto culturale, e quindi incomprensibile per i suoi ascoltatori; anzi fuorviante, e per giunta rifiutandosi di proporne la giusta interpretazione, il che è altrettanto assurdo; le parole di Gesù <<è lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla…>> non sminuiscono il realismo del discorso che le precede, ma solo ne escludono il senso materiale, cioè cannibalistico. Non è certo il cibarsi fisicamente della carne di Gesù che può produrre un


 

effetto spirituale; al contrario è l‘azione dello Spirito vivificante che rende la presenza eucaristica di Cristo cibo e bevanda di vita, mezzo spirituale di grazia. (cfr, Claudio Crescimanno, L‘Eucaristia).

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 14:54

L’Eucaristia, memoriale dei “mirabilia Dei”

 

1. ―Tra i molteplici aspetti dell‘Eucaristia spicca quello di ―memoriale, che sta in rapporto con un tema biblico di primaria importanza. Leggiamo, ad esempio, nel libro dell‘Esodo: “Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe” (Es 2,24). Nel Deuteronomio invece è detto:

 

“Ricordati del Signore tuo Dio” (8,18). “Ricordati di quello che il Signore tuo Dio fece…” (7,18). Nella Bibbia il ricordo di Dio e il ricordo dell‘uomo s‘intrecciano e costituiscono una componente fondamentale della vita del popolo di Dio. Non si tratta, però, della pura commemorazione di un passato ormai estinto, bensì di uno zikkarôn, cioè un ―memoriale. Questo ―non è soltanto il ricordo degli avvenimenti del passato, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini. La celebrazione liturgica di questi eventi, li rende in certo modo presenti e attuali

 

(CCC 1363). Il memoriale richiama un legame di alleanza che non viene mai meno: “Il Signore si ricorda di noi e ci benedice” (Sal 115,12). La fede biblica implica quindi il ricordo efficace delle opere meravigliose di salvezza. Esse sono professate nel ―Grande Hallel, il Salmo 136, che - dopo aver proclamato la creazione e la salvezza offerta a Israele nell‘Esodo - conclude: «Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi perché eterno è il suo amore (…). Ci ha liberati (…), ha dato il cibo a ogni vivente, perché eterno è il suo amore» (Sal 136,23-25). Simili parole troveremo nel Vangelo sulle labbra di Maria e Zaccaria: ―Egli ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia (…). Egli si è ricordato della sua santa alleanza (Lc 1,54.72).

 

2. Nell‘Antico Testamento il ―memoriale per eccellenza delle opere di Dio nella storia era la liturgia pasquale dell‘Esodo: ogni volta che il popolo di Israele celebrava la Pasqua, Dio gli offriva in modo efficace il dono della libertà e della salvezza. Nel rito pasquale, si incrociavano pertanto i due ricordi, quello divino e quello umano, cioè la grazia salvifica e la fede riconoscente: «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore (…). Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente infatti il Signore ti ha fatto uscire dall‘Egitto» (Es 12,14; 13,9). In forza di questo evento, come affermava un filosofo ebreo, Israele sarà sempre «una comunità basata sul ricordo»

 

(M. Buber).

 

3.L‘intreccio tra il ricordo di Dio e quello dell‘uomo è al centro anche dell‘Eucaristia che è il ―memoriale per eccellenza della Pasqua cristiana. L‘―anamnesi, cioè l‘atto di ricordare, è infatti il cuore della celebrazione: il sacrificio di Cristo, evento unico, compiuto ef’hapax, cioè ―una volta per tutte (Eb 7,27; 9,12.26; 10,12), diffonde la sua presenza salvifica nel tempo e nello spazio della storia umana. Ciò è espresso nell‘imperativo finale che Luca e Paolo riportano nella narrazione dell‘Ultima Cena: ―Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me… Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me (1Cor 11,24-25; cfr Lc 22,19). Il passato del ―corpo dato per noi sulla croce si presenta vivo nell‘oggi e, come dichiara Paolo, si apre al futuro della redenzione finale: ―Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga

 

(1 Cor 11,26). L‘Eucaristia è, dunque, memoriale della morte di Cristo, ma è anche presenza del suo sacrificio e anticipazione della sua venuta gloriosa. È il sacramento della continua vicinanza salvatrice del Signore risorto nella storia. Si comprende pertanto l‘esortazione di Paolo a Timoteo:

 

“Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti” (2 Tm 2,8). Questo ricordo vive e opera in modo speciale nell‘Eucaristia.

 

4.               L‘evangelista Giovanni ci spiega il senso profondo del ―ricordo delle parole e degli eventi di

Cristo. Di fronte al gesto di Gesù che purifica il tempio dai mercanti e annunzia che esso sarà


 

distrutto e fatto risorgere in tre giorni, egli annota: ―Quando fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù

 

(Gv 2,22). Questa memoria che genera e alimenta la fede è opera dello Spirito Santo ―che il Padre manderà nel nome di Cristo: “Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). C‘è, quindi, un ricordo efficace: quello interiore che conduce alla comprensione della Parola di Dio e quello sacramentale che si realizza nell‘Eucaristia. Sono le due realtà di salvezza che Luca ha unito nello splendido racconto dei discepoli di Emmaus, scandito dalla spiegazione delle Scritture e dallo ―spezzare il pane (cfr Lc 24,13-35).

 

5. ―Ricordare è pertanto ―riportare al cuore nella memoria e nell‘affetto, ma è anche celebrare una presenza. ―L‘Eucaristia, vero memoriale del mistero pasquale di Cristo, è capace di tenere desta in noi la memoria del suo amore. Essa è, perciò, il segreto della vigilanza della Chiesa: le sarebbe troppo facile, altrimenti, senza la divina efficacia di questo richiamo continuo e dolcissimo, senza la forza penetrante di questo sguardo del suo Sposo fissato su di lei, cadere nell‘oblio, nell‘insensibilità, nell‘infedeltà (Lettera Apostolica Patres Ecclesiae, III: Ench. Vat., 7, 33). Questo richiamo alla vigilanza rende le nostre liturgie eucaristiche aperte alla venuta piena del Signore, all‘apparire della Gerusalemme celeste. Nell‘Eucaristia il cristiano alimenta la speranza dell‘incontro definitivo con il suo Signore. ―

 

L‘Eucaristia quindi è il fulcro dell‘intera vita cristiana, la fonte di vita per i cristiani, è di importanza fondamentale capire bene il suo significato, il suo ruolo salvifico, la sua potenza salvifica. Gesù è presente nell‘Eucaristia in anima e corpo, ecco perché chi si accosta ad essa entra in comunione intima con Cristo Gesù.

 

Ecco perché Paolo ci ammonisce, ci avverte, che dobbiamo stare attenti a non accostarci all‘Eucaristia essendo nel peccato, perché così facendo abuseremmo della corpo e del sangue di Cristo, (non dice ―del ricordo di quel sacrificio) questa azione sicuramente è grave, e ne dovremmo rendere conto a Dio. Anche molti cattolici oggi non conoscono bene il valore dell‘Eucaristia, ecco perché vi si accostano con estrema facilita e leggerezza d‘animo. Attenti fratelli perché accostarsi indegnamente all‘Eucaristia è un peccato grave. Nella nostra epoca siamo spettatori di una leggerezza pericolosa da parte di molti fedeli cattolici, direi pure di un‘ignoranza pericolosa, e dall‘altra parte, (cioè tra i protestanti) notiamo una sicurezza nello smentire la dottrina cattolica, che lascia stupefatti. Vedendoli così sicuri molti cattolici sono tentati a dargli credito, avvalorando così le loro tesi. L‘ignoranza è una brutta bestia, il Signore ebbe ha dire:

 

Ma nessuno accusi, nessuno contesti; “contro di te, sacerdote, muovo laccusa. Tu inciampi di giorno e il profeta con te inciampa di notte e fai perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e io dimenticherò i tuoi figli. (Osea 4,6)

 

Il Signore si riferiva ai sacerdoti ebrei che portavano il popolo a sbagliare, ma anche oggi ci sono molti pastori protestanti che portano i loro fedeli a sbagliare.

 

Faccio notare che S.Ireneo vissuto intorno al 170 d.C. nella sua opera ―Contro le eresie nel suo IV libro dice:

 

―Stolti ancora quelli che disprezzano tutta l‘economia di Dio e negano la salvezza della carne e spregiano la sua resurrezione dicendo che essa non è capace d‘incorruttibilità. Ma se questa non ci salva, allora né il Signore ci redense davvero col suo sangue né il calice eucaristico è comunicazione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del corpo.

 

Non c‘è infatti sangue se non dalle vene e dalle carni e dalla rimanente sostanza dell‘uomo, quale divenne davvero il Verbo di Dio. Ora col suo sangue ci redense, come dice l‘Apostolo: ―nel quale


 

abbiamo la redenzione, remissione dei peccati mediante il suo sangue (Col 1,14). E poiché siamo sue membra egli ci nutre per mezzo delle cose create: egli stesso mette a nostra disposizione le creature facendo sorgere il sole e piovere come vuole (cf Mt 5,45); egli ancora riconobbe come proprio sangue la bevanda presa dalla natura creata e lo versò nel suo sangue ed affermò essere suo proprio corpo il pane preso dalla natura creata e col quale fa crescere i nostri corpi.

 

Dal momento che la bevanda mista e il pane ricevendo la parola di Dio diventa Eucaristia, sangue e corpo di Cristo e con questi cresce e si compone la sostanza della nostra carne, come possono negare che carne, nutrita con del sangue e del corpo di Cristo e suo membro, sia incapace di ricevere il dono di Dio che è la vita eterna? Anche il beato Apostolo dice nella lettera agli Efesini:

 

―Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa (Ef 5,30): egli non parla di un uomo spirituale e invisibile ―che lo spirito non ha ossa né carne (Lc 24,39), ma della struttura dell‘uomo vero che è fatto di carne, nervi ed ossa, che è nutrito della sua bevanda che è il suo sangue e del suo pane che è il suo corpo.

 

Fratelli, qui vediamo chiaramente che S. Ireneo crede nella presenza reale del corpo e del sangue di Gesù nel pane e nel vino, dopo la consacrazione (preghiera di benedizione), cioè dopo l‘invocazione dello Spirito Santo, avviene la trasformazione del pane e vino, in vero corpo e vero sangue di Gesù, e teniamo presente che Ireneo visse intorno al 170 d.C. quindi aveva bene in mente gli insegnamenti degli apostoli, sicuramente molto più di quanto li possiamo avere noi a distanza di 2000 anni.

 

Ireneo non fu certo un eretico, ma un autorevole vescovo di Lione, citato spesso anche dagli stessi protestanti, peccato che lo citino solo parzialmente, e non citano mai le sue opinioni circa l‘Eucaristia o il primato di Pietro, oppure sul canone del biblico. Sarebbe troppo scomodo per loro citare qualcuno che dia ragione alla Chiesa cattolica e alla sua dottrina, confermandone l‘apostolicità e la genuinità.

 

Ireneo fu diretto discepolo di Policarpo, che a sua volta seguiva Giovanni apostolo, rileggiamo cosa ci dice Giovanni in merito all‘Eucaristia:

 

Gv 6,48-66 ―Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

 

Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio delluomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nellultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?E se vedeste il Figlio delluomo salire là dovera prima? È lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».

 

Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.


 

Notiamo che Gesù nei versetti di cui sopra dice chiaramente che la sua carne è vero cibo, e il suo sangue vera bevanda, quindi non parla per simbologia, non dice che la sua carne è simbolo di cibo e il suo sangue simbolo di bevanda, Egli qui sta preannunciando la passione, e quindi l‘Eucaristia che di lì a poco istituirà.

 

Richiama alla memoria degli ebrei la manna che mangiarono nel deserto, essa era una prefigurazione dell‘Eucaristia. La manna fu mangiata non ascoltata, quindi voler dire che in questo episodio Gesù intende dire che ―mangiare significa ―ascoltare la Parola di Dio è sbagliato, in quanto proprio il parallelo tra la manna che fu mangiata, e il pane del cielo che deve essere mangiato fuga ogni residuo dubbio sul giusto significato delle parole di Gesù.

 

Gesù non disse ―i vostri padri ascoltarono la mia Parola nel deserto e perirono… ma: ―i vostri padri mangiarono la manna nel deserto e perirono…

 

Quindi i versetti di Gv 6,48 ci fanno capire che Egli intendeva proprio dire ―mangiare il pane della vita, cioè, il suo corpo, nell‘Eucaristia.

 

Anche i discepoli che ascoltarono queste parole non intesero che ―mangiare significava ―ascoltare la Parola ma le intesero correttamente, per questo si scandalizzarono, per questo gli risposero ―questo tuo linguaggio è duro, cioè difficile da capire, i discepoli compresero che Gesù non stava parlando in parabole, figure o allegorie, ma in senso reale, quindi per questo non capirono. Gesù vedendo questi loro dubbi non semplificò in parabole, non chiarì, non c‘era nulla da chiarire perché mangiare significava cibarsi, nutrirsi tramite la bocca e i denti, quindi non c‘era proprio nulla da chiarire perché i discepoli avevano udito bene quelle parole, non capivano il modo come si potesse realizzare una cosa simile, per questo quelle parole gli sembrarono di difficile comprensione. ―Il pane e il vino non sono né in se stessi, né nella concezione semitica, simboli del corpo e del sangue di una persona, e non si trova un solo esempio di un tale riferimento simbolico in tutta la letteratura ebraica; se dunque il vero senso delle parole di Gesù fosse quello di indicare nel pane e nel vino solo un simbolo del suo corpo e del suo sangue, noi ci troveremmo in presenza di una voluta ambiguità, anzi di un vero e proprio inganno perpetrato da Gesù ai danni degli apostoli: questi infatti erano persone semplici e, in mancanza di una valida alternativa, non potevano che prendere le parole del loro maestro alla lettera. Gesù non poteva ignorare questo, quindi se avesse voluto che fossero intese in altro modo lo avrebbe chiaramente spiegato. I migliori interpreti del pensiero di Gesù sono gli evangelisti: appare chiaro dal clima di solennità di cui circondano la cena e soprattutto dalla scelta dei vocaboli, che essi non propendono certo per un‘interpretazione simbolica; risalta in special modo proprio la scelta del verbo ―essere (estìn) quando la lingua greca offre un‘ampia gamma di altri vocaboli più opportuni per chi volesse attenuarne il realismo: evidentemente per fedeltà alle parole di Gesù e con la consapevolezza del loro profondo significato, gli evangelisti hanno scelto diversamente (cfr,

 

Claudio Crescimanno).

 

Il fatto stesso che Gesù sia nato a Betlemme -che significa casa del pane- in una mangiatoia la dice lunga sul profondo ed intrinseco significato di tale fatto. Egli nacque povero, in un grotta, ma per dimostrare povertà estrema, umiltà infinita, c‘era anche bisogno che fosse deposto in una mangiatoia? Noi cristiani sappiamo che le parole o i singoli fatti nella Bibbia hanno sempre un preciso significato, a volte può risultare palese, altre volte più velato, ma nulla in Essa è scritto come semplice riempitivo. Nella mangiatoia veniva e viene messo il cibo per gli animali ruminanti, anche le pecorelle d‘inverno si cibano nella mangiatoia. Il neonato Re dei Re viene deposto nella mangiatoia perché ciò prefigura il banchetto eucaristico, ―chi non mangerà la mia carne e non berrà il mio sangue… il pane vivo e vero disceso dal cielo viene deposto in una mangiatoia per prefigurare l‘Eucaristia.

 

Padre Raniero Cantalamessa ci insegna che: ―Il discorso Eucaristico del capitolo sesto di Giovanni si sviluppa secondo un andamento tutto particolare che possiamo chiamare a spirale, o a scala a chiocciola. Nella scala a chiocciola, si ha l‘impressione di girare sempre su sé stessi, ma in realtà a ogni giro ci si ritrova a un livello un po‘ più alto (o più basso, se si scende). Così qui. Gesù sembra


 

ritornare continuamente sugli stessi temi, ma, a guardare bene, ogni volta viene introdotto un elemento nuovo che ci porta sempre più in alto (o ci fa scendere sempre più in profondità) nella contemplazione del mistero.

L‘elemento nuovo e la nota dominante del brano di Giovanni ha a che fare con il pane.

 

Ben cinque volte ricorre questa parola. I sacramenti sono segni:    - producono ciò che significano.

 

Di qui l‘importanza di capire di che cosa è segno il pane tra gli uomini. Di quante cose è segno il pane! Di lavoro, di attesa, di nutrimento, di gioia domestica, di unità e solidarietà tra quelli che lo mangiano…Il pane è l’unico, tra tutti i cibi, che non dà mai nausea; lo si mangia tutti i giorni e ogni volta il suo sapore ci riesce gradevole. Si sposa con tutti i cibi. Le persone che soffrono la fame non invidiano ai ricchi il caviale, o il salmone affumicato, invidiano soprattutto il pane fresco. In un certo senso, a capire l‘Eucaristia, prepara meglio il mestiere del contadino, del mugnaio della massaia o del panettiere, che non quello del teologo, perché costoro, sul pane ne sanno infinitamente di più dell‘intellettuale che lo vede solo al momento in cui arriva sulla tavola e lo mangia, magari anche distrattamente.

Vediamo ora cosa succede quando questo pane arriva sull‘altare ed è consacrato dal sacerdote.

 

La dottrina cattolica lo esprime con la parola transustanziazione. Con essa si vuol dire che al momento della consacrazione il pane cessa di essere pane e diventa corpo di Cristo; la sostanza del pane cioè la sua realtà profonda che si percepisce, non con gli occhi, ma con la mente e con il cuore cede il posto alla sostanza, o meglio alla persona, divina che è il Cristo risorto e vivo, anche se le apparenze esterne (nel linguaggio teologico, gli ―accidenti) restano quelle del pane.

 

Per capire transustanziazione, chiediamo aiuto a una parola a essa imparentata e che ci è più familiare, la parola ―trasformazione, che significa passare da una forma a un‘altra, mentre transustanziazione è passare da una sostanza ad un’altra. Facciamo un esempio. Vedendo una signora uscire dal parrucchiere con un‘acconciatura nuova, viene spontaneo esclamare: ―Che trasformazione!. In questo caso nessuno si sogna di esclamare: ―Che transustanziazione!. Sono cambiati infatti la sua forma e l‘aspetto esterno, ma non il suo essere profondo e la sua personalità.

 

Se era intelligente prima, lo è ora; se non lo era prima, mi dispiace ma non lo è neppure ora. Sono cambiate le apparenze, non la sostanza.

Nell‘Eucaristia avviene esattamente il contrario: cambia la sostanza, ma non le apparenze.

 

Il pane viene transustanziato, ma non trasformato, le apparenze infatti (forma,sapore, colore, peso) restano quelle di prima, mentre è cambiata la realtà profonda: il pane è diventato corpo di Cristo.

 

Si è realizzata la promessa di Gesù ascoltata nel brano di Giovanni ―il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. L‘Eucaristia illumina, nobilita e consacra tutta la realtà del mondo e l‘attività umana. Nell‘Eucaristia la stessa materia sole, terra, acqua viene presentata a Dio e raggiunge il suo fine che è quello di proclamare la gloria del creatore. L‘Eucaristia è il vero ―cantico delle creature.

 

Sì, la realtà che si nasconde dietro l‘Eucaristia è affascinante, bellissima, meravigliosa, e racchiude in sé tutta la fede cristiana.

 

I chicchi di frumento, che già sono di per sé qualcosa di produttivo, morendo, il chicco, produce altri altre spighe, e quindi altri chicchi, in questo semplice simbolo si racchiude la bellezza della solidarietà cristiana, morire a sé stessi per portare frutto. Poi c‘è la realtà comunitaria, il chicco isolato produce poco frutto, invece associato assieme ad altri chicchi ne scaturisce molto frutto, da qui l‘importanza delle comunità cristiane. I chicchi messi assieme stanno vicini l‘uno all‘altro, ma non si può dire che siano una cosa sola, morendo a sé stessi e diventando farina, formano una sostanza più uniforme, più compatta rispetto alla forma iniziale.

 

Ma ancora non possiamo dire che la farina sia compatta e indivisibile, basta un soffio di vento per spargerla. L’acqua è l‗elemento che unisce la farina facendola diventare una massa più compatta, meno disperdibile, e l’acqua è figura del battesimo, che ci fa diventare UNO in Cristo, ci rende uniti a Cristo.

 

Ma la pasta è, sì, unita, ma non ancora cibo, serve il fuoco per farla diventare pane, il fuoco simbolo dello Spirito Santo, che trasforma, che rende vivi, utili, nutrienti.


 

Ecco come il simbolo del pane racchiuda in se tutta una teologia affascinante e stupefacente, e Gesù scelse proprio il pane come simbolo rappresentativo del proprio corpo, uniti a Cristo tramite segno visibile, utile a noi uomini che non siamo ancora spiriti liberi.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 14:56

Gesù da vero maestro si è sempre rivolto agli uomini con segni materiali, lo vediamo ad esempio usare il fango per guarire un cieco, che bisogno aveva Gesù di usare il fango, non bastava un semplice gesto della mano?

 

No, fintantoché l‘uomo resta nella carne ha bisogno di segni per meglio capire, e Gesù da vero maestro usava gli elementi materiali di questa terra, come segni.

 

Ecco perché usa il pane come simbolo del proprio corpo, simbolo di unità, simbolo di cibo reso

 

UNO prima dall‘acqua e poi dal fuoco. E il primario scopo di Gesù è proprio quello di farci diventare Uno in Lui. Tramite l‘Eucaristia, noi tanti chicchi diventiamo Uno in Lui, cibandoci del

 

Suo corpo, e del Suo Sangue, tenendo sempre presente che il corpo di Gesù contiene anche il sangue, e viceversa.

 

―Poi Gesù al discorso sul pane aggiunge quello sul vino, all‘imagine del cibo viene accostata quella della bevanda, al dono della sua carne quello del suo sangue. Il pane è segno di nutrimento, di comunione tra coloro che lo mangiano insieme; attraverso di esso giunge sull‘altare e viene santificato tutto il lavoro umano. Ci poniamo la stessa domanda per il sangue. Cosa significa e cosa evoca per noi la parola sangue?

 

Evoca in primo luogo tutta la sofferenza che c‘è nel mondo. Se dunque nel segno del pane giunge sull‘altare il lavoro dell‘uomo, nel segno del vino vi giunge anche tutto il dolore umano;

 

vi giunge per essere santificato e ricevere un senso e una speranza di riscatto grazie al sangue dell‘Agnello immacolato, cui è unito come le gocce d‘acqua mescolate al vino nel calice. Ma perché, per significare il suo sangue, Gesù ha scelto proprio il vino? Solo per l‘affinità di colore? Cosa rappresenta il vino per gli uomini?

Rappresenta la gioia, la festa; non rappresenta tanto l‘utile (come il pane), quanto il dilettevole.

 

Non è fatto solo per bere, ma anche per brindare. Gesù moltiplica i pani per la necessità della gente, ma a Cana moltiplica il vino per la gioia dei commensali. La Scrittura dice che ―il vino allieta il cuore dell‘uomo e il pane sostiene il suo vigore (Sal 104,15).

 

Se Gesù avesse scelto, per L‘Eucaristia, pane e acqua, avrebbe indicato solo la santificazione della sofferenza (―pane e acqua sono infatti sinonimi di digiuno, di austerità e di penitenza).

 

Scegliendo il pane e vino, ha voluto indicare anche la santificazione della gioia. Come sarebbe bello se imparassimo a vivere la gioia della vita, eucaristicamente, cioè con rendimento di grazie a Dio. La presenza e lo sguardo di Dio non offuscano le nostre gioie oneste, al contrario le amplificano. Ma il vino, oltre che gioia, evoca anche un problema grave. L‘apostolo Paolo ammonisce i fedeli dicendo: ―Non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito (Ef 5,18). Suggerisce di combattere l‘ebbrezza dello spirito un‘ebbrezza con un‘altra. Oggi ci sono tante iniziative di recupero per le persone con problemi di alcolismo.

 

Esse cercano di utilizzare tutti i mezzi suggeriti dalla scienza o dalla psicologia. Non si può che incoraggiarle e sostenerle. Chi crede non dovrebbe però trascurare anche i mezzi spirituali, che sono preghiera, i sacramenti e la parola di Dio.

 

RICONOSCERE GESU‘

 

 

I discepoli di Emmaus lo riconobbero nello spezzare il pane Lc 24,35 ―Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come lavevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

E‘ bene non correre mai sui versetti delle Sacre Scritture, perché analizzandoli e meditando su di essi spesso se ne scoprono le profondità.

 

Tutti sappiamo che Gesù aveva fatto l‘ultima cena con i soli apostoli, come fecero quindi i discepoli di Emmaus a riconoscerlo proprio nello spezzare il pane visto che non lo avevano visto?


 

Evidentemente gli apostoli avevano raccontato a tutti quell‘episodio, anche perché fu un evento importantissimo e primario nella vita di Gesù, ma resta il fatto che oltre agli apostoli nessuno aveva visto ―il primo spezzare il pane di Gesù.

 

Se l‘ultima cena (l‘Eucaristia) serviva solo a ricordare il sacrificio di Gesù, ed Egli stesso disse fate questo ―questo è il mio corpo….in memoria di me… evidentemente usò le stesse identiche parole anche con i due discepoli, questi forse avevano appreso dagli apostoli le precise parole che disse Gesù nello spezzare il pane e offrire il calice!

 

Egli nello spezzare il pane con i discepoli di Emmaus stava ricordando se stesso? Stava cioè ricordando il suo sacrificio a se stesso?

 

Oppure è più corretto pensare che Gesù intese ripetere il prodigio del Mistero Eucaristico alla presenza dei due discepoli di Emmaus, e quindi donarsi a loro sotto le forme del pane e del vino? Visto che Gesù in quel momento era lì, presente, accanto a quei due discepoli, che bisogno c’era di ricordare il suo sacrificio tramite lo spezzare il pane? Lo poteva fare benissimo a viva voce, gli poteva spiegare il valore ―simbolico del Suo sacrificio, glielo poteva ricordare Lui. Perché invece preferì spezzare il pane assieme a loro?

 

Notiamo che le parole del memoriale pronunciate dal presbitero sono identiche a quelle che Gesù pronunciò nell‘ultima cena, il sacerdote dice ―…questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi.., e poi questo è il mio sangue… in questo momento il sacerdote sta semplicemente ricordando o ripentendo il sacrificio? Lo sta ripetendo in maniera incruenta, allo stesso modo di come fece Gesù con i discepoli di Emmaus, ripeté il Sacrificio Eucaristico in forma incruenta. O dobbiamo credere che anche Gesù ripeté il suo sacrificio cruento quando spezzò il pane per i discepoli di Emmaus?

 

Se io dovessi attraversare una porta -come fece Gesù, dopo la risurrezione- dovrei farlo in maniera cruenta, mi spaccherei le ossa, ma non attraverserei un bel niente, o mi rompo io o si rompe la porta; ma come fece allora Gesù ad attraversare la porta con il suo corpo?

 

Più o meno alla stessa maniera di come rende presente il Suo corpo nel pane, non obbedendo più alle leggi fisiche umane.

 

Anche il fratello Paolo Blandini ci viene in aiuto con alcuni suo dialoghi con i fratelli separati, i quali gli chiedevano come mai neppure una volta Gesù ha detto ai discepoli:

 

―Io sarò presente con voi nella Santa Eucaristia, Paolo Blandini risponde: Gesù ha detto: ―Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo e qui è compresa la Santa Eucaristia che è la carne di Gesù e se è la sua carne, è Gesù.

 

E Gesù, avvicinatosi, disse loro: Mt 28,18-20 «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

Qui Gesù non sta parlando dello Spirito Santo, ma di se stesso, anche Lui sarà con noi fino alla fine del mondo. Gesù è con noi nell‘Eucaristia.

 

Quando invece parla dello Spirito Santo (il Consolatore) lo dice chiaramente:

 

Gv 16,7-8 ―Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.”

 

Il fatto che la Chiesa cattolica spesso offre solo il pane ai fedeli, non significa che l‘Eucaristia non

 

è completa, o di valore dimezzato. Non si tratta di reagenti chimici per cui se manca un elemento la sostanza finale non si forma. Nel pane dopo la preghiera di consacrazione fatta da Cristo per mezzo del presbitero, si rende presente tutto Gesù Cristo; lo stesso nel vino.


 

Non è una formula magica che richiede indispensabilmente i due ingredienti per divenire Cristo, ma trattasi del corpo glorioso del Verbo incarnato che si manifesta in forma invisibile a noi umani. Ma se un qualcosa non si vede non vuol dire che non esiste. Le onde elettromagnetiche ad esempio, non si vedono eppure esistono. Le onde che arrivano sulle antenne dei nostri apparecchi elettronici non si vedono ma esistono. Le radiazioni nucleari non si vedono, ma anche loro esistono. La nostra anima non si vede con nessun strumento diagnostico, eppure esiste.

 

Qualcuno invece pretende di vedere Gesù Cristo chiaramente visibile nel pane e nel vino, diversamente la sua presenza reale nei due elementi non esiste…

 

Riguardo al potere decisionale in materia di fede e quindi delle chiavi del regno dei cieli, ne dò una prova biblica.

 

Leggiamo Genesi 17:1011:

 

Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno dellalleanza tra me e voi.

 

e Luca 2:21

 

Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dallangelo prima di essere concepito nel grembo della madre.”

 

quindi come leggi, caro fratello, Dio ordina la circoncisione come patto di alleanza, di cui lo stesso Gesù ne usufruisce, e questa legge di Dio continuò fin dopo la morte di Gesù, fino a che nel verso Atti 21:2021

 

Quandebbero ascoltato, essi davano gloria a Dio; quindi dissero a Paolo: “Tu vedi, o fratello, quante migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla legge. Ora hanno sentito dire di te che vai insegnando a tutti i giudei sparsi tra i pagani che abbandonino Mosè, dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non seguire più le nostre consuetudini.

 

e in 1 Corinzi 7:17-19

 

Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le Chiese (dispone Paolo non Gesù). Qualcuno è stato chiamato quando era ancora circonciso?

 

Non lo nasconda! E stato chiamato quando non era circonciso? Non si faccia circoncidere!

 

La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece losservanza dei Comandamenti di Dio.

 

A questo punto a Paolo apostolo, chi gli ha dato l‘ordine di togliere la circoncisione (ordine dato da Dio)?

 

Se ciò, al posto di Paolo, l‘avesse fatto Giovanni Paolo II (il nostro Pontefice) o qualche altro Pontefice, avrebbe fatto un grave peccato contro Dio?

 

E Paolo ha fatto peccato contro Dio? No! Né Paolo, né se l‘avesse fatto qualche altro vescovo, perché in Matteo 16:19, Gesù stesso dice:

 

A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli


 

Quindi se la Chiesa fa qualche cambiamento, che non intacca nessun dogma tipo nel dare la Santa Eucaristia senza il vino, noi Cattolici ci fidiamo, perché Gesù stesso ha detto alla sua Chiesa:

 

Luca 10:16    Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me

 

Riflettere sui versetti in maniera profonda, studiarli in maniera metodica e seria, aiuta molto, imparare il giusto metodo di studio della Bibbia è necessario, e la preghiera aiuta moltissimo in tal senso. Gli scritti dei Padri ci aiutano per confrontare le nostre convinzioni circa la Parola con la loro dottrina e quindi con la dottrina degli apostoli. Leggendoli ci accorgiamo di come vivevano i primi cristiani, che sicuramente avevano le menti e i cuori molto meno inquinati dei nostri.

 

Ma i fratelli separati non demordono, quando sembra che stiano per ammettere di avere torto, lanciano subito un‘altra domanda. E tanto per voler a tutti i costi dimostrare (utopisticamente) che Gesù è presente solo spiritualmente (e non realmente) nell‘Eucaristia citano Gv 6,63

 

è lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla …le mie parole sono spirito e vita….

 

Lo abbiamo visto e lo ripetiamo che è lo Spirito vivifica, ma certo, è lo Spirito Santo che dà vita al pane e al vino, il pane è il vino prendono vita tramite lo Spirito Santo, infatti i presbiteri invocano la terza persona della SS. Trinità (così come fece Gesù, con la preghiera di benedizione) affinché il pane diventi vero corpo, e il vino vero sangue di Gesù Cristo. Dopo la consacrazione il pane e il vino cambiano di sostanza, vengono vivificati dallo Spirito di Gesù, non diventano delle entità vive separate da Lui, ma diventano Gesù stesso, Gesù Eucaristia, il pane del cielo, sotto forma gloriosa. Le nostre menti non possono in questa terra concepire come sia fatto il corpo glorioso. Eppure il corpo di Gesù attraversò la porta chiusa, e poi mangio il pesce e questi non cadde a terra come succede ad un corpo totalmente spirituale. Se il corpo di Gesù fosse stato solo Spirito allora il pesce una volta ingerito doveva cadere a terra. Notiamo invece che le viscere di Gesù si comportarono come quelle di qualsiasi corpo materiale, ingerirono il pesce.

 

Alludere poi che spezzando il pane dell‘Eucaristia, si spezzerebbe il corpo di Gesù, è una ridicola illazione. Leggendo velocemente e con scarsa attenzione questi versetti sembrerebbe che nella frase del versetto 63 si tratti dello stesso spirito, ―lo Spirito che vivifica, e poi …le mie parole sono spirito e vita , e invece no cari fratelli, non si tratta dello stesso spirito, nella prima parte della frase infatti si tratta dello Spirito Santo, nella seconda invece si tratta dello spirito umano, dello spirito che anima la carne umana.

 

E‘ bene notare però che quando Gesù dice ―Le mie parole sono spirito e vita “spirito” è scritto in minuscolo, mentre quando dice “E lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla”, notiamo come la parola ―Spirito è scritta in maiuscolo, proprio perché nella seconda frase si tratta dello Spirito santo, nella prima no, “spirito e vita” stanno ad indicare il significato umano (e quindi i discepoli che si allontanarono avevano ben capito, che si trattava proprio della carne di Gesù, non intuendo che si trattasse di quella gloriosa) ecco perché ―spirito è scritto in minuscolo.

 

Le parole di Gesù, sono spirito e vita, parole umane, che però contengono realtà divine, che sfuggono alla conoscenza umana, parole dal significato umano, che provengono dal divino.

 

Le parole quindi e solo esse sono divine, perché provengono da Dio, ma il significato di tali parole è per gli uomini, è umano, è concreto, è spirito e vita. Queste parole cioè sono dette per noi uomini fatti da ―spirito e vita, anche Gesù era composto da Spirito Santo e vita, (ma lo spirito di Gesù non è lo stesso del nostro) Lui era un uomo composto dallo Spirito Santo e dalla vita, spirito e vita=umanità. Gesù parlò con parole umane, ma per intenderle a pieno, la carne, deve avere la fede. Il pane ed il vino dopo la consacrazione vengono vivificati, diventano cioè tutto l‘essere di

 

Gesù, “se le ascolterete e le comprenderete avrete la vita in voi, perché comprendendole mangerete la mia carne e berrete il mio sangue questo ha inteso dire Gesù con quelle parole. L‘uomo credente, il cristiano, è spirito e vita, ma anche gli atei hanno lo spirito che gli anima il


 

corpo, ed è lo spirito, il soffio vitale, che ci dona Dio, al momento del nostro concepimento, il nostro corpo poi può diventare tempio dello Spirito Santo, che è cosa ben diversa dallo spirito iniziale che abbiamo. L‘uomo che all‘atto della nascita ha uno spirito macchiato dal peccato di

 

Adamo, al momento del battesimo ne viene mondato e, rinasce a vita nuova, diventando tempio dello Spirito Santo.

 

La profondità di queste parole si può comprendere solo se si ha lo Spirito di Dio che apre gli occhi, altrimenti ci si rompe la testa cercando invano di capirle.

Ma andiamo ancora più in profondità, per scoprire meglio l‘enorme significato delle parole di Gesù.

 

Non si può affermare -come abbiamo già detto- che Gesù stia usando simbolismi in questi versetti, perché i suoi discepoli capivano quando si trattava di simboli, la roccia, la porta, il buon pastore, la vite, i tralci, la via, ecc.

 

In Gv 10,7-9 leggiamo: Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.”

 

In questi versetti vediamo Gesù paragonarsi ad una porta, per indicare che solo Lui è la salvezza, la porta verso l‘amore eterno, che aprendosi si rivela. Notiamo benissimo come i discepoli che lo stanno ascoltando capiscono benissimo che si tratta di un simbolismo, la porta è un simbolo, usato per raffigurare la soglia di accesso alla salvezza, si accede alla salvezza solo tramite Gesù. Nessun discepolo non capisce, nessun discepolo si allontana dubbioso quando sente questi simbolismi.

 

In Gv 10,14-16 leggiamo ancora: Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di questovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.”

 

Anche qui vediamo che usa un linguaggio simbolico, infatti si paragona ad un buon pastore, per far capire l‘unità della Chiesa, la cura e l‘amore che ha per i suoi discepoli, Gesù ci vuole sottolineare l‘importanza che il pastore ricopre nella guida del gregge. E‘ utile sapere che a quei tempi la maggior parte della Giudea era un altipiano dal suolo aspro e duro, più adatto alla pastorizia che all‘agricoltura, l‘erba era scarsa e il gregge doveva spostarsi continuamente; non c‘erano muri di protezione, e questo richiedeva la costante presenza del pastore in mezzo al gregge. Il pastore non poteva rilassarsi sotto un albero, come spesso accade nelle nostre zone, ma doveva continuamente vigilare il suo gregge, per evitare che qualche pecorella morisse cadendo giù dai dirupi. In certi paesi d‘Europa, gli ovini sono allevati principalmente per le carni; in Israele erano allevati soprattutto per la lana e il latte. Esse perciò rimanevano per anni e anni in compagnia del pastore che finiva per conoscere il carattere di ognuna e chiamarla con qualche affettuoso nomignolo.

 

E‘ chiaro ciò che Gesù vuole dire con queste immagini. Egli conosce i suoi discepoli (e, in quanto Dio, tutti gli uomini), li conosce ―per nome che nel linguaggio biblico vuol dire nella loro più intima essenza, i presenti capiscono anche questo simbolismo e nessuno interviene o si allontana.

 

E in Gv 10,19-20 vediamo come anche i giudei capivano benissimo questi simbolismi tanto è vero che leggiamo: Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. Molti di essi dicevano: «Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?”

 

Capivano che Gesù si paragonava al Padre, parlava come Figlio di Dio, con la stessa autorità del Padre, del supremo pastore, solo che le povere menti dei molti non accettavano la buona notizia, anzi lo scambiavano per un bestemmiatore.


 

In Gv 15,5-6 leggiamo ancora: Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.”

 

Anche qui non vi furono dubbi tra i discepoli, tutti capirono il simbolismo.

 

Ed ancora, in Gv 14,6-11 leggiamo: Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: Es 33,18+ «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.

Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.”

 

Ancora qui i discepoli non ebbero dubbi, ma nel brano di Gv 6,60-62 i discepoli capendo benissimo che Gesù non stava usando un linguaggio simbolico non compresero il senso, e glielo fecero notare (Gesù già sapeva che molti non avrebbero capito), ecco perché gli rispose come segue:

 

Questo vi scandalizza? (Il pane che io darò è la mia carne...ecc.,ndr) E se mi vedeste salire la dovero prima vi scandalizzereste di più? E’ lo Spirito che vi fa comprendere; la carne da sola non può comprendere; e le mie parole sono spirito e vita. Ma alcuni di voi non avendo lo Spirito non credono”…“Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 14:57

Il significato delle parole di Gesù è proprio quello appena scritto.

 

“Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui…”

 

(perché scandalizzati dalle parole dette da Gesù, proprio perché non erano simboliche, dato che era ed è proibito mangiare carne umana).

 

Che il discorso di Gesù non fosse simbolico lo si capisce pure dalla conclusione:

 

E se vedeste il Figlio delluomo salire là dovera prima?”, anche questa frase dovrebbe essere simbolica, visto che fa parte dello stesso discorso, e se fosse simbolica Gesù non sarebbe mai salito dov‘era prima. Non vi pare? Realtà fu dunque la prima Eucaristia, e il primo mangiare degli apostoli, la carne, e bere il sangue del Signore, come realtà fu il suo salire dov‘era prima…

 

Quindi l‘Eucarestia è il sacramento che contiene veramente e realmente il corpo ed il sangue, l‘anima e la divinita‘ di Gesù Cristo, sotto le apparenze del pane e del vino. Ma le parole spirito e vita indicano anche (come abbiamo accennato prima) la realtà umana, l‘uomo, la cui carne viene resa viva dallo spirito. Ma vediamo meglio quale significato dà la Bibbia alle parole ―spirito e vita.

 

In Giudici 15,19 Sansone bevve, il suo spirito si rianimò, ed egli riprese vita, cioè il suo corpo continuò a vivere, essendo l‘uomo composto da spirito e vita, intrinsecamente legati tra loro.

 

2 Mac 7,22-23 «Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato alla origine luomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi».

 

E ancora:


 

Is 38,16 Signore, in te spera il mio cuore; si ravvivi il mio spirito. Guariscimi e rendimi la vita.”

 

Anche in 2° Maccabei e in Isaia vediamo che ―spirito e vita indicano l‘uomo in se stesso, l‘uomo composto da spirito e vita, l‘uomo non può essere tale se gli manca una delle due componenti, Isaia sperando nel Signore dice, ―si ravvivi il mio spirito, ma subito dopo aggiunge: guariscimi e rendimi la vita, proprio perché l‘uomo è spirito e vita, ha bisogno sia dello spirito che della vita, quest‘ultima non cessa se manca lo spirito.

 

Gen 6,3 “«Il mio spirito non resterà sempre nelluomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni».”

 

Gb 33,4 “Lo spirito di Dio mi ha creato e il soffio dellOnnipotente mi dá vita”.

 

Ez 37,10 “Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi

 

Rm 8,10 ―E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione.”

 

Qui Paolo ci dice che lo spirito dell‘uomo viene salvato dalla sacrificio di Cristo e quindi reso vivo, la giustificazione dona la vita all‘uomo. Attenzione Gesù se intendeva specificare che stava parlando in senso spirituale poteva dire ―le mie parole sono Spirito o ―per il vostro spirito, invece usa il simbolismo che descrive l‘uomo credente, che prende vita dallo spirito.

I pagani non consideravano lo spirito dell‘uomo, ma solo ciò che vedevano, la materia.

 

Quindi Gesù dicendo: ―le mie parole sono spirito e vita, sta dicendo che le sue parole sono per gli umani, abbiamo che i discepoli avevano inteso bene quelle parole, non ne capivano il profondo significato, ma avevano ben sentito; le sue parole indicano che Lui si presenta in tutto se stesso, lo Spirito che vivifica l‘Eucaristia. Quelle parole pur indicando qualcosa di trascendentale e quindi di poco comprensibile, sono dal significato umano, per gli umani, e gli umani sono composti da spirito e vita. I discepoli forse cercano di intuirne il significato spirituale, ma Gesù ribadisce che hanno ben capito, si è espresso in senso umano ―le parole che vi ho detto sono spirito e vita cioè sono precise e per gli umani, ―e avete perfettamente compreso quello che intendo dire nonostante non ci credete perché la vostra mente non arriva a comprendere come ciò possa avvenire. Questo ha inteso dire Gesù ai suoi discepoli con quelle parole, molti dei quali non si fidarono, non ebbero fede in Lui e si allontanarono, ma gli apostoli, anche non comprendendo (in quel momento) ebbero fede, si fidarono di Lui, e rimasero con Lui. Fu dopo lo Spirito Santo, a rivelare loro il vero significato del mistero Eucaristico.

 

Pietro non disse: Signore noi ti crediamo, perché abbiamo capito che stavi parlando in senso spirituale, o simbolico, ma credette in fiducia, per fede. Quelle parole gli risultavano ancora misteriose, ―…tu solo hai parole di vita eterna… gli disse, e la vita eterna è una verità per il credente, anche se non sa ancora come si svolgerà di preciso, si fida del Maestro. Le parole di Gesù erano, e sono, vere, anche se a volte qualche mistero sfugge alla nostra mente, noi crediamo.

 

 

 

TESTIMONIANZE STORICHE


 

S. Giustino vissuto intorno al 130-150 d.C. scrive in una sua lettera apologetica all'imperatore Tito Elio Adriano Antonino Pio Cesare Augusto e al figlio Verissimo filosofo, ed a Lucio, figlio del Cesare filosofo e, per adozione, del Pio, amante del sapere, al Sacro Senato ed a tutto il popolo romano.

 

E' carne e sangue di quel Gesù incarnato. Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione (battesimo), e vive così come Cristo ha insegnato.

 

Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato.

 

Nella seconda lettera apologetica inviata al senato di Roma, Giustino dice:

 

―Che cosa ci impedisce di confessare pubblicamente che anche queste azioni sono oneste, e di dimostrare che sono una filosofia divina, sostenendo che noi celebriamo i misteri di Cronos, se uccidiamo uomini e ci saziamo di sangue (come si dice), esattamente come avviene per l'idolo da voi onorato, che aspergete del sangue non solo di animali, ma anche di uomini, voi che, attraverso la persona più insigne e più nobile, fate l'aspersione del sangue di uomini immolati?

 

Perché non imitiamo Zeus e gli altri dèi nello stuprare fanciulli e nel congiungerci impunemente con donne, adducendo a giustificazione gli scritti di Epicuro e dei poeti?

 

Poiché, al contrario, ci sforziamo di persuadere a fuggire simili dottrine e quanti le praticano, insieme con i loro imitatori - come anche adesso abbiamo tentato di fare con questi discorsi -, in tutti i modi ci si fa guerra. Ma noi non ce ne curiamo, poiché sappiamo che Dio è giusto osservatore di tutto.

 

Oh, se ci fosse anche adesso qualcuno che salisse su un alto palco e gridasse con voce di tragéda: "Vergognatevi, vergognatevi di addossare ad innocenti ciò che voi fate impunemente, e di attribuire le azioni vostre e dei vostri dèi a costoro, che non ne sono nemmeno minimamente partecipi. Pentitevi, rinsavite".

 

Mi vanto di essere cristiano!

 

Qui si vede come i cristiani erano accusati di mangiare la carne di uomini uccisi e bere il loro sangue, perché nella celebrazione eucaristica dicevano di mangiare e bere il corpo e il sangue di Gesù Cristo, questo secondo i pagani era un atto di cannibalismo, se un cristiano sottoposto a interrogatorio ammetteva che mangiava e beveva il corpo e il sangue di Cristo, i giudici lo accusavano di cannibalismo, perché nel loro modo di pensare pagano, i cristiani si comportavano come gli adoratori di Cronos.

 

Ma non era più semplice per i cristiani che venivano interrogati ammettere che in realtà si trattava solo del celebrare il ricordo (come fanno i protestanti) della Cena del Signore, o del simbolo del suo sacrificio sulla croce? Se era solo un simbolo bastava ammetterlo, e tante vite sarebbero state risparmiate dai carnefici.

Come mai i cristiani in loro difesa non ammettevano che si trattava solo di simboli e di ricordo?

 

Perché i cristiani preferivano morire, ma non cambiavano una virgola nelle loro dichiarazioni, circa la celebrazione eucaristica?

 

Giustino, nelle sue lettere apologetiche perché non chiarì che si trattava solo di simboli?

 

Egli nelle sue lettere difendeva i cristiani, ma al tempo stesso professava la verità, difendeva i cristiani dicendo la verità e, se egli dice che:


 

abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato.

 

Vuol dire che i primi cristiani questo credevano fermamente, e lo professavano anche a costo della vita.

 

Anche Cirillo di Gerusalemme nella sua catechesi I mistagogica dice:

 

―Ma anche quello che si appende nei templi degli idoli e nelle feste, come carni, pani e altre simili cose contaminate dalla invocazione di demoni infami, è da inserire nella pompa del diavolo. Il pane e il vino dell’Eucarestia prima della santa epiclesi dell’adorabile Trinità, erano pane e vino comuni. Dopo l’epiclesi, invece, il pane diventa corpo di Cristo e il vino sangue di Cristo. Allo stesso modo gli alimenti della pompa di satana, che sono per loro natura comuni, con l‘invocazione dei demoni diventano impuri.

 

Nella sua III catechesi mistagogica (parla della cresima) Cirillo dice:

 

―Attento però a non pensare che quello sia un semplice balsamo. Come il pane dell‘Eucarestia, dopo l‘invocazione dello Spirito Santo non è più semplice pane, ma corpo di Cristo, così anche questo sacro balsamo, dopo l‘invocazione, non è più semplice balsamo, o come si potrebbe dire comune, ma crisma di Cristo, divenuto efficace della sua divinità per la presenza dello Spirito Santo. Ti vengono unti simbolicamente di quel balsamo la fronte e tutti gli altri sensi. Il corpo è unto di questo balsamo visibile, ma l‘anima è santificata dallo Spirito Santo vivificatore.

 

La Bibbia in più parti ci parla dell‘olio santo usato per le unzioni sacre come ad esempio quelle dei re o dei sacerdoti

 

1 Sam 16,13 “Samuele prese il corno dell’olio e lo consacrò con lunzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi. Samuele poi si alzò e tornò a Rama.”

 

Qui Cirillo sta parlando del crisma della confermazione (cresima) e fa un chiaro parallelo con l‘Eucaristia, cosa certa era l’Eucaristia con la trasformazione della sostanza del pane e del vino e cosa certa era la trasformazione dell’olio usato per il crisma, lo Spirito Santo vivificatore ungeva (e unge) tramite quell‘olio, lo Spirito Santo trasforma in carne e sangue di Gesù il pane e il vino.

 

E ancora Cirillo ci parla ulteriormente dell‘Eucaristia:

 

―Egli di sua volontà una volta cambiò a Cana di Galilea l‘acqua in vino, e non è degno di fede se muta il vino in sangue? Invitato alle nozze fisiche fece questo miracolo strepitoso. E noi non lo confesseremo molto più, avendo dato ai figli dello sposo la gioia del suo corpo e del suo sangue?

 

Portatori di Cristo

 

Con ogni sicurezza partecipiamo al corpo e al sangue di Cristo. Sotto la specie del pane ti è dato il corpo, e sotto la specie del vino ti è dato il sangue perché tu divenga, partecipando al corpo e al sangue di Cristo, un solo corpo e un solo sangue col Cristo. Così diveniamo portatori di Cristo, essendosi diffusi il suo corpo e il suo sangue per le nostre membra. Così secondo il beato Pietro noi diveniamo «partecipi della natura divina».


Il fraintendimento degli ebrei

 

Una volta Cristo parlando ai giudei disse: «Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avete in voi la vita». Quelli non intendendo spiritualmente le sue parole se ne andarono scandalizzati, credendo che il Salvatore li invitasse alla sarcofagia.

 

Il pane e il Logos

 

C‘erano nell‘Antico Testamento i pani della proposizione i quali proprio perché dell‘Antico

 

Testamento sono terminati. Nel Nuovo Testamento è un pane celeste e un calice di salvezza che santificano l‘anima e il corpo. Come il pane è proprio per il corpo, così il Logos è proprio per l‘anima.

 

La fede non i sensi

 

Non ritenerli come semplici e naturali quel pane e quel vino: sono invece, secondo la dichiarazione del Signore, il corpo e il sangue. Anche se i sensi ti inducono a questo, la fede però ti sia salda. Non giudicare la cosa dal gusto, ma per fede abbi la piena convinzione, tu che sei giudicato degno del corpo e del sangue di Cristo.

 

 

Questi scritti testimoniano ancora una volta che le prime comunità cristiane vissute nei primissimi secoli, intendevano l‘Eucaristia (come anche la cresima ecc.) proprio come oggi la intende la

Chiesa cattolica romana.

 

Vediamo come la Didachè (dottrina degli apostoli) testimonia il carattere sacrificale della celebrazione eucaristica, proprio come lo intende la Chiesa cattolica.

 

―1. Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro.

 

2.Ma tutti quelli che hanno qualche discordia con il loro compagno, non si uniscano a voi prima di essersi riconciliati, affinché il vostro sacrificio non sia profanato.

 

3. Questo è infatti il sacrificio di cui il Signore ha detto: «In ogni luogo e in ogni tempo offritemi un sacrificio puro, perché un re grande sono io - dice il Signore - e mirabile è il mio nome fra le genti.

 

Anche la didachè non parla di ricordo o di simbolo, ma di sacrificio. Vediamo che al capitolo 14 parla di ―sacrificio riferendosi alla profezia di Malachia 1,11; lo stesso sacrificio incruento che la Chiesa cattolica offre nella celebrazione eucaristica. E‘ Cristo che tramite il suo ministro si offre come oblazione pura, da Oriente a Occidente.

 

Basterebbe solo che molti fratelli separati mettessero da parte i loro pregiudizi anticattolici, per capire l‘immenso valore e significato dell‘Eucaristia, ammettendo che la Chiesa cattolica ha sempre professato e difeso la vera dottrina cristiana.

 

 

 

IL DOGMA DELL‘EUCARISTIA


 

 

Molti fratelli separati male informati dicono che la dottrina della transustanziazione risale al

 

IV Concilio del Laterano nel 1215, ―prima di allora si era liberi di crederci o di respingerla.


 

Prego questi fratelli di adeguare le proprie idee alla storia e non alla fantasia, perché la storia viene documentata, e chiunque può verificare.

 

Infatti la verità della transustanziazione non fu mai posta in dubbio o negata dai credenti dei primi secoli, e quando dico mai, significa mai, solo gli eretici come ariani, catari, manichei, consideravano simbolo il sacrificio Eucaristico.

 

Abbiamo visto che i padri del protestantesimo variamente respinsero la verità cattolica. Lutero respinse la transustanziazione, non la presenza reale parlando di consustanziazione; Calvino e Zwingli respinsero anche la presenza reale.

 

Calvino riducendola ad una presenza spirituale dinamica (lo Spirito era presente durante la celebrazione nel pane e nel vino, finita la celebrazione svaniva), Zwingli invece pensava ad una presenza simbolica.

 

E le varie professioni protestantiche moltiplicarono poi le varie interpretazioni, tutte concordi nel respingere la verità cristiana, ossia cattolica, apostolica, romana.

L‘istituzione della Eucaristia, (questa realtà, la più sublime e ineffabile, in cui culmina l‘amore di

 

Dio per gli uomini) non è stata il prodotto di uno slancio passeggero di sentimento del Divin Salvatore. No. Essa risponde a un grande disegno di Dio già prestabilito e manifestato nei secoli precedenti.

 

La prima figura la troviamo ai primordi del mondo, e fu l’albero della vita, posto da Dio nel

 

Paradiso terrestre, il quale aveva la virtù di far crescere l‘uomo sempre vegeto, robusto, comunicandogli il dono della incorruttibilità e immortalità… Altra figura incontriamo nel pane e nel vino, che offrì al Signore il sacerdote Melchisedech… Andando avanti nei secoli, altre due figure furono l’Agnello pasquale e la Manna del deserto; l‘Agnello pasquale, che per gli Ebrei era tutto insieme vittima e alimento… e liberò infine il popolo del Signore dalla schiavitù di Egitto col suo sangue segnato sulle porte… La Manna del deserto che conteneva ogni più delizioso sapore, ecc.. Altre figure: l’Arca dell’Alleanza, i pani della propiziazione, il capro emissario che cadeva vittima di espiazione per tutte le iniquità del popolo.

Nel Nuovo Testamento troviamo la conversione dell‘acqua in vino alle nozze di Cana;

 

la moltiplicazione dei pani e, più di tutto, i discorsi del Salvatore ai discepoli e alle turbe, dove si trovavano le più chiare promesse.

 

Come abbiamo visto una prova inconfutabile di come intendevano l‘Eucaristia le prime comunità cristiane la troviamo nella prima apologia di S. Giustino, scritta appena 150 anni dopo Cristo. Giustino parla con estrema sicurezza e tranquillità dell‘Eucaristia, e ci descrive: ― non è lecito partecipare ad alcuno, se non a chi crede essere vero ciò che è insegnato da noi, e ha ricevuto il battesimo… e vive così come Cristo ha insegnato

 

poiché noi non la riceviamo come pane consueto né consueta bevanda; ma come abbiamo appreso che, per il Verbo di Dio, il nostro Salvatore Gesù Cristo fatto uomo ebbe carne e sangue per nostra salvezza, così abbiamo appreso che quel cibo consacrato con la prece delle parole da Lui stesso proferite e dal quale il nostro sangue e le nostre carni sono nutrite per assimilazione,

 

è carne e sangue di quel  Gesù che si è fatto uomo

 

Nel 1215 fu approvata soltanto il termine ―transustanziazione che etimologicamente e sinteticamente indicava molto bene quello che esprimeva, o si esprime con molte più parole, ossia il cambiamento della sostanza del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di N.S. Gesù Cristo. Cercare di annullare o svilire prove come quelle che ci portano gli scritti di Giustino (e altri padri), è da persone calunniose, Giustino era (ed è) realmente un Santo, un autorevole servo di Dio, non una persona ignota della quale sono trovati scritti che non si sa se giudicare romanzi, o prove storiche del cristianesimo dei primi secoli. Giustino non era dunque un ignoto, ma un santo di Dio, una persona di fede provata, e ci sono molti documenti ad attestarlo.

 

Molti fratelli separati vogliono sminuire a tutti i costi l‘importanza degli scritti dei padri e dei dottori della Chiesa per poter spadroneggiare nelle loro singolari e fantasiose interpretazioni

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:01

Molti fratelli separati vogliono sminuire a tutti i costi l‘importanza degli scritti dei padri e dei dottori della Chiesa per poter spadroneggiare nelle loro singolari e fantasiose interpretazioni bibliche, facendo credere ai fedeli che per loro la Bibbia è l‘unica fonte autorevole e pertanto ―vi si attengono scrupolosamente, interpretando arbitrariamente, e alterando il significato di alcune verità. Il problema non è la Bibbia, ma le interpretazioni errate che i protestanti ne traggono.

 

La Bibbia indubbiamente è la fonte autorevole alla quale tutto deve essere ricondotto e confrontato, ma i gruppi protestanti strumentalizzano la Bibbia per fargli dire ciò che non dice. Se non si impara il giusto metodo di interpretazione e lo si segue in maniera corretta, ognuno potrebbe (come in effetti succede) interpretare a modo suo la Bibbia, ecco perché nascono sette come i testimoni di Geova, i Moon, i Bambini di Dio, pentecostali antitrinitari, ecc., ecc.; non che voglia fare di tutta l‘erba un fascio, oppure paragonare i pentecostali trinitari alle sette sopra indicate, ho fatto questo esempio per far capire che senza metodo di interpretazione e l‘autorità ecclesiastica affidata da Gesù alla Sua Chiesa, il primo ―sapientone che si alza la mattina inventa nuove teorie bibliche spacciandole per verità, magari lui stesso è fermamente convinto di ciò che insegna, ma ciò non vuol dire che insegni la verità.

 

Infatti il reverendo Moon è fermamente convinto di essere il Messia, e porta talmente tanti di quei versetti (distorti) e spiegazioni varie ai suoi discepoli che essi gli credono.

 

I suoi discepoli non sono dei menomati mentali, ma delle persone intelligenti che gestiscono interessi finanziari a livello mondiale; ma in materia biblica nonostante essi dicano di essere preparati, lo sono veramente? I testimoni di Geova che si sentono maestri biblici, fanno ricerche per appurare gli inganni che il Corpo Direttivo da molti anni attua nei loro confronti? NO, ogni Testimone è sicuro di essere nella verità, e anzi si scaglia duramente contro chi vuole aprirgli occhi, nutre troppa fiducia nel Corpo Direttivo di Brooklyn, eppure il Testimone tanto fervente e zelante viene ingannato.

 

Se ognuno dice la sua, come si fa a capire chi ha ragione? Indagando… Gli scritti dei Padri non sono assolutamente più autorevoli o più importanti della Bibbia, ma più semplicemente provano come vivevano e capivano la Parola di Dio le prime comunità cristiane, che sicuramente erano meno inquinate di quelle di oggi. La Bibbia è la verità, e costituisce materia di indagine di ogni buon cristiano, gli scritti patristici sono le prove.

 

Quindi non si possono equiparare (come qualcuno dice) i libri dei padri con un qualsiasi altro libro antico. Il libro dimenticato in un cassetto o sotto una pietra, che dopo molti anni viene ritrovato, non acquista valore storico se non vengono trovati riscontri con altri documenti della stessa epoca, servono prove che identifichino l‘autenticità del libro, altrimenti il suo contenuto ha solo il valore di un romanzo, non si può parlare certamente di autorevolezza, ma solo di bei contenuti, di contenuti poetici o fantasiosi, che magari sono belli da leggere, ma sicuramente di nessun valore storico-probatorio. Per avere valore probatorio servono dei riscontri scientifici, metodici, precisi, soprattutto se il libro ritrovato parla del cristianesimo e di come vivevano la Parola di Dio le prime comunità cristiane. Quindi chi vorrebbe asserire (come fanno alcuni pentecostali) che gli scritti cristiani antichi non hanno alcun valore probante pecca di estrema superficialità, nel caso si tratti di un semplice fedele protestante; se chi porta questo genere di esempi invece è un pastore allora questi pecca anche di calunniosità, tentando in maniera goffa di occultare la verità.

 

Non si può scadere nel sincretismo nel nome dell‘ecumenismo, il cammino ecumenico è bello ma lento, molti gruppi protestanti sono molto incalzanti; i cattolici titubanti quando si sentono elencare tutti i punti di discordia che cosa dovrebbero fare? Aspettare l‘ecumenismo?

 

Nel frattempo rischiano di cadere negli errori del protestantesimo, (come stava succedendo a me) quindi servono risposte urgenti e precise, per aiutare chi è titubante.

 

L‘ESSERE E IL RAPPRESENTARE

 

Pur parlando di consustanziazione lo Lutero scrive in una lettera: ― Devo confessare che se qualcuno mi avesse potuto persuadere che nel sacramento non cè nulla tranne pane e vino, costui mi avrebbe fatto un gran favore… ho sudato molto intorno a questo punto, ho cercato tutti i modi per districarmi… ma vedo che non cè nessuna via di uscita; il testo evangelico è troppo chiaro e


 

lampante”.


 

Quando Gesù dice: ―questo è il mio corpo non si riferisce a qualsiasi pane, non sta usando la simbologia del corpo, e nemmeno la simbologia del pane, altrimenti avrebbe detto: ― io sono il pane ―o io sono l‘acqua viva come ha detto in altre circostanze, riferendosi al significato nutrizionale che ha il pane o al potere dissetante dell‘acqua, (Gesù nutrisce e disseta), ma nel caso dell‘Eucaristia Gesù si riferisce ad un pane specifico, cioè quello che in quel preciso momento sta tenendo in mano, e che poco prima aveva consacrato, quindi sta dicendo che proprio quel pane è il suo corpo, non è una affermazione generica o allegorica.

 

Quindi il pane consacrato non rappresenta il corpo di Gesù, ma E’ il corpo di Gesù, così come il vino E’ il Suo sangue. C‘è differenza tra l‘essere e il rappresentare. L‘agente di commercio di una ditta, rappresenta il titolare, ma non è il titolare.

 

Anche il fratello Paolo Blandini ci fa un esempio in una sua lettera rivolta a un fratello protestante leggiamo:

 

Ti faccio un esempio. Se per caso l‘insegnante di tuo figlio vuole parlarti a tutti i costi, e tu per un tuo inderogabile appuntamento di lavoro non puoi andare, allora mandi un tuo amico fidatissimo o un tuo parente, e tuo figlio alla riunione presentando il tuo amico o parente dice: ―Questo rappresenta mio padre, non dice: ―Questo è mio padre altrimenti l‘insegnante lo prenderebbe per bugiardo perché (l‘insegnante) ti conosceva già. Oppure se al posto dell’amico ci vai tu, tuo figlio dice:

 

―Questo è mio padre non dice: ―Questo rappresenta mio padre. Così ha detto Gesù riguardo al pane o alla Specie Eucaristica: ―Questo E’il mio corpo; e proprio questo ha scandalizzato i Giudei

 

(Giovanni 6:48..) (Il pane che io darò E’ LA MIA CARNE...). I testimoni di Geova infatti sapendo che ciò non è simbolico hanno dovuto truccare la Bibbia in Matteo 26:26 Marco 14:22 Luca 22:19 — i Corinti 12:24 e 25, che invece di tradurre ―questo E‘ il mio corpo hanno tradotto:

―questo SIGNIFICA il mio corpo.

 

Il fratello Paolo Blandini   ci viene ancora incontro con un altro esempio tratto da una sua lettera

 

Al fratello protestante James,  dice:

 

―Ho letto attentamente e con pazienza l‘articolo che mi hai spedito e ho notato che artefattamente cerca di allontanarti dall‘idea che ―Questo è il mio corpo è reale, facendoti degli esempi che non c‘entrano per niente con la frase su menzionata. Ti faccio un esempio: a pag. 116 dell‘articolo leggo: ―Ci sono molti altri passi nelle Sacre Scritture nei quali il verbo ‗essere‘ è adoperato nel significato di ‗rappresentare‘. Per esempio nel libro della Genesi 49,9: ―Giuda è un giovane leone...

 

Isaccar è un asino robusto ‘ Gen 49,14 ―, ma qui caro James non significa che ―Giuda rappresenta un giovane leone ecc., prova a dire tu stesso a un tuo amico: ―Sai Giovanni, Filippo rappresenta un giovane leone, sicuramente Giovanni ti guarderebbe in faccia prendendoti per matto. Ma se gli dici: ―Sai Giovanni, Filippo è un giovane leone, possibilmente Giovanni ti risponderebbe: ―Hai ragione è proprio un giovane coraggioso. Sì, perché quando dici: ―E’ un leone — ―E’ un asino

 

— ―E’ un mulo e come se dicessi: ―E‘ un coraggioso — ―E‘ un cretino — ―E‘ un testardo, quindi come vedi non significa ―rappresenta ma significa ―è, il verbo “essere” non può essere adoperato nel significato di “rappresentare”. Non s‘inganna la gente così per allontanarli dalla fede ed evitando di spiegare i Corinzi 11:2334.

 

Infatti, l‘apostolo Paolo, ad un certo punto dice: “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore”. (Corinzi 11:27)

 

Che significa: sarà reo del Corpo e del sangue del Signore? — Che c‘entra il corpo del Signore col pane se è (come dici tu) simbolico? Tranne, come dico io, che il pane (spezzato [Eucarestia] è il CORPO DI CRISTO (quindi reale).


 

e ancora ―Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia (il pane) e beve (il vino) senza riconoscere il corpo del signore, mangia e beve la propria condanna ― (1 Corinzi 11:28—29).

 

Hai letto cosa dice Paolo apostolo?: ―che se mangi il pane (spezzato[Eucarestia]) e se nel pane non riconosci il corpo del Signore mangi la tua condanna e così per il vino. Come vedi caro James per quello che tu hai chiesto:

Se Gesu’ e’ nella Sacra Eucarestia ha risposto S.Paolo in 1 Corinzi 11:2334.

 

Se come dicono i protestanti accostandosi indegnamente alla Santa Cena si offende il sacrificio di

 

Cristo, c‘è qualcosa che non torna. Infatti il sacrificio del Signore si può offendere in diversi modi, e non soltanto nella Santa Cena. Chi si rifiuta di credere offende Gesù, chi lo bestemmia, chi uccide, chi ruba, chi commette adulterio, ecc., disubbidendo agli insegnamenti di Cristo Gesù si offende il suo sacrificio. L‘apostolo Paolo invece dice in maniera precisa che non ci si può accostare indegnamente all‘oblazione pura che è l‘Eucaristia, altrimenti si viene condannati da Dio. Paolo ci dice chiaramente che gli indegni oltraggiano il corpo e il sangue di Cristo, e non semplicemente il ricordo del suo sacrificio. Ci sono troppi elementi specifici per pensare al solo ricordo simbolico. Menzionando specificamente il corpo e il sangue di Cristo Paolo ci sta dicendo qualcosa di preciso, e non di simbolico. Poteva scrivere più genericamente ―Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore, avrà oltraggiato il ricordo del sacrificio di nostro Signore” invece menzionando specificamente il corpo e il sangue di Cristo ci sta dando una precisa indicazione.

 

Ora, ti sei mai chiesto perché Gesù ha voluto che dobbiamo mangiare la sua carne (che si trova nel pane spezzato o Eucarestia benedetta) e bere il suo sangue (che si trova nel vino benedetto)?

 

Per capire ciò dobbiamo fare qualche passo indietro nel Vecchio Testamento e precisamente Esodo cap. 29 da verso l0 a verso 46:

 

“Farai poi avvicinare il giovenco davanti alla tenda del convegno. Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. “Immolerai il giovenco davanti al Signore, allingresso della tenda del convegno. Prenderai parte del suo sangue e con il dito lo spalmerai sui corni dellaltare. Il resto del sangue lo verserai alla base dellaltare.

 

Prenderai tutto il grasso che avvolge le viscere, il lobo del fegato, i reni con il grasso che vi è sopra, e li farai ardere in sacrificio sullaltare. «Ma la carne del giovenco, la sua pelle e i suoi escrementi, li brucerai fuori del campo, perché si tratta di un sacrificio per il peccato.

 

Prenderai poi uno degli arieti; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa, «Immolerai lariete, ne raccoglierai il sangue e lo spargerai intorno all’altare. Poi farai a pezzi lariete, ne laverai le

viscere   e  le  zampe   e

le

disporrai

sui   quarti

e

sulla  testa.  Allora

brucerai  in

soave  odore  sullaltare  tutto  lariete. E

un olocausto in

onore  del  Signore,  un   profumo  gradito,  una  offerta  consumata dal

fuoco per il Signore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi

prenderai il

secondo  ariete;  Aronne e i suoi figli poseranno le

mani

sulla

sua

testa.   Lo  immolerai, prenderai parte del suo sangue e

ne

porrai

sul

lobo  dellorecchio destro di Aronne, sul lobo dellorecchio

destro

dei

suoi

figli,

sul

pollice

della  loro

mano

destra

e

sullalluce

del

 

loro

piede

destro;

poi

spargerai  il

sangue

intorno

allaltare.

Prenderai

di  questo  sangue

dallaltare

e  insieme  un  po

                             

 

dolio  dellunzione  e  ne   spruzzerai  Aronne  e  le  sue  vesti,  i figli di

 

Aronne e le loro vesti: così sarà consacrato lui con le sue vesti e insieme con lui i suoi figli con le loro vesti.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:03

ESODO 29,22

 

Investitura dei sacerdoti

 

Poi prenderai il grasso dellariete: la coda, il grasso che copre le viscere, il lobo del fegato, i due reni con il grasso che vi è sopra, e la coscia destra, perché è lariete dellinvestitura. Prenderai anche un pane rotondo, una focaccia allolio e una schiacciata dal canestro di azzimi deposto davanti al Signore. Metterai il tutto sulle palme di Aronne e sulle palme dei suoi figli e farai compiere il gesto di presentazione proprio dellofferta agitata davanti al Signore. Poi

riprenderai  ogni   cosa  dalle  loro  mani

e  la brucerai in odore soave

sullaltare,

sopra

lolocausto,

come

profumo

gradito

davanti  al

Signore:

è

unofferta consumata dal fuoco in onore del Signore.

Prenderai

il

petto

dellariete dellinvestitura di Aronne e compirai

il    gesto    di    presentazione    dellofferta,    agitandola  davanti  al

Signore:

sarà

la  tua porzione.

Consacrerai il petto, presentato con il

gesto  dellofferta,  e  la  coscia

del

contributo,

prelevati

dallariete

dellinvestitura:    queste    cose    saranno

di   Aronne  e  dei  suoi  figli.

Dovranno appartenere ad Aronne e ai suoi figli come porzione loro

riservata    dagli    Israeliti    in    forza  di

legge  perenne.

Perché  è  un

contributo,  un  prelevamento  cioè  che

gli

Israeliti dovranno operare

in

tutti

i  loro

sacrifici  di  comunione,

un

prelevamento

dovuto  al

Signore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le

vesti

sacre

di Aronne passeranno, dopo di lui, ai suoi figli, che

Se

ne  rivestiranno

per   ricevere  lunzione e linvestitura.

Quello dei

figli

di

Aronne,  che  gli   succederà  nel  sacerdozio  ed

entrerà  nella

tenda  del  convegno  per   officiare

nel  santuario,  porterà queste vesti

per sette giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

                           

 

Pasto sacro

 

“Poi prenderai lariete dellinvestitura e ne cuocerai le carni in luogo santo. Aronne e i suoi figli mangeranno la carne dellariete e il pane contenuto nel canestro allingresso della tenda del convegno.

Mangeranno così ciò che sarà servito per fare la espiazione, nel corso della loro investitura e consacrazione. Nessun estraneo ne deve mangiare, perché sono cose sante. Nel caso che al mattino ancora restasse carne del sacrificio dinvestitura e del pane, brucerai questo avanzo nel fuoco. Non lo si mangerà: è cosa santa.

 

Farai dunque ad Aronne e ai suoi figli secondo quanto ti ho comandato. Per sette giorni ne farai linvestitura.

 

Consacrazione dell’altare degli olocausti.


 

In  ciascun  giorno   offrirai

un  giovenco   in sacrificio per il peccato,

in

espiazione;

toglierai

il

peccato  dallaltare  facendo  per   esso  il

         

 

sacrificio espiatorio e in seguito lo ungerai per consacrarlo. „Per sette giorni farai il sacrificio espiatorio per laltare e lo consacrerai. Diverrà allora una cosa santissima e quanto toccherà laltare sarà santo.

 

Olocausto quotidiano

 

Ecco ciò che tu offrirai sullaltare: due agnelli di un anno ogni giorno, per sempre. Offrirai uno di questi agnelli al mattino, il secondo al tramonto. Con il primo agnello offrirai un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hin di olio vergine e una libazione di un quarto di hin di vino. Offrirai il secondo agnello al tramonto con unoblazione e una libazione come quelle del mattino: profumo soave, offerta consumata dal fuoco in onore del Signore.

 

Questo è l’olocausto perenne per le vostre generazioni, allingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore, dove io vi darò convegno per parlare con te.

 

Io darò convegno agli Israeliti in questo luogo, che sarà Consacrato dalla mia Gloria. Consacrerò la tenda del convegno e laltare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli, perché siano miei sacerdoti. Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese dEgitto, per abitare in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio.”

 

e Levitico capitolo 3 da verso 1 a verso 17:

 

Il sacrificio di comunione

 

“Nel caso che la sua offerta sia un sacrificio di comunione e se offre un capo di bestiame grosso, sarà un maschio o una femmina, senza difetto; loffrirà davanti al Signore, poserà la mano sulla testa della vittima e la immolerà allingresso della tenda del convegno e i figli di Aronne, i sacerdoti, spargeranno il sangue attorno allaltare. „Di questo sacrificio di comunione offrirà come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore il grasso che avvolge le viscere e tutto quello che vi è sopra, i due reni con il loro

 

grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato, che distaccherà al di sopra dei reni; „i figli di Aronne lo bruceranno sullaltare, sopra lolocausto, posto sulla legna che è sul fuoco: è un sacrificio consumato dal fuoco, profumo soave per il Signore.

 

Se la sua offerta di sacrificio di comunione per il Signore è di bestiame minuto sarà un maschio o una femmina, senza difetto. Se presenta una pecora in offerta, la offrirà davanti al Signore; poserà la mano sulla testa della vittima e la immolerà davanti alla tenda del convegno; i figli di Aronne ne spargeranno il sangue attorno allaltare; di questo sacrificio di comunione offrirà quale sacrificio consumato dal fuoco per il Signore il grasso e cioè lintiera coda presso lestremità della spina dorsale, il grasso che avvolge le viscere e tutto quello che vi è sopra, „i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato, che distaccherà al di sopra dei


 

reni;  il sacerdote li brucerà sullaltare: è un alimento consumato dal


fuoco per il Signore.

Se la sua offerta è una capra, la offrirà davanti al Signore;

 

poserà la mano sulla sua testa e la immolerà davanti alla tenda del convegno; i figli di Aronne ne spargeranno il sangue attorno allaltare. Di essa preleverà, come offerta consumata dal fuoco in onore del Signore, il grasso che avvolge le viscere, tutto quello che vi è sopra, “i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi

 

e al lobo del fegato, che distaccherà al di sopra dei reni; “il sacerdote li brucerà sullaltare: è un cibo consumato dal fuoco per il Signore. Ogni parte grassa appartiene al Signore. “È una prescrizione

 

rituale perenne per le vostre generazioni in ogni vostra dimora: non dovrete mangiare né grasso né sangue».

 

Come abbiamo appena letto, per essere in comunione con Dio e avere tolto il peccato, bisognava sacrificare un‘agnella e mangiarla.

 

Dio in Esodo 29:42 ci dice: “Questo è lolocausto perenne per le vostre generazioni” e in Levitico 3:17: “E una prescrizione rituale perenne per le vostre generazioni…”

 

Perenne: significa destinato a durare in eterno.

 

Come mai quest‘ordine dato da Dio e che Lui stesso ha detto che doveva durare in eterno, oggi non viene più eseguito da noi? Mentre Gesù stesso in Matteo 5:17 ci dice: ―Non, pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti, non son venuto per abolire, ma per dare compimento.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:03

Ma allora se Gesù non è venuto ad abolire la Legge chi ha abolito la prescrizione data da Dio? Questa prescrizione in sostanza è stata abolita o no? (Esodo 29:10-46 / Levitico 3:117) Tale prescrizione rituale non è stata mai abolita.

 

Ma allora quando viene immolato l‘agnello e mangiato per togliere il peccato e avere la comunione con Dio?

 

Ce lo dice la Sacra Bibbia in (Giovanni 1:29): (Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse:

―Ecco l‘agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!)

 

in 1 Pietro 1:19 “ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” l‘oblazione pura di cui profetizzò Malachia.

 

In Apocalisse 5:6 “Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato da quattro esseri viventi e dai Vegliardi un Agnello, come immolato”

 

In Apocalisse 5:12 “…e dicevano a gran voce: “LAgnello che fu immolato”.

 

Quindi come vediamo per la legge di Dio (Esodo 29:10-46 / Levitico 3:1-17) l‘Agnello

 

(Gesù Cristo = EUCARESTIA) non può essere mangiato simbolicamente, se no a cosa sarebbe servita la sua immolazione? O forse anche la Sua immolazione è simbolica? E se non sbaglio nel Vecchio Testamento non mangiavano simbolicamente ma realmente, altrimenti non potevano avere né comunione con Dio e né perdono, anche per Giovanni 6:48 è la stessa cosa: (chi mangia la mia carne [carne dell‗Agnello immolato a Dio] e beve il mio sangue ha la vita eterna).

 

Quindi il significato simbolico che vogliono attribuire alla Santa Cena, definendo il pane simbolo del corpo e il vino simbolo del sangue, si infrange contro le chiarissime parole di Gesù ―questo è il mio corpo ―…questo è il mio sangue. Gesù non disse ―questo pane è il simbolo del mio corpo,


 

oppure ―questo pane rappresenta il mio corpo o ―tramite questo pane vi ricorderete del mio corpo o del mio sacrificio ma disse ―questo è il mio corpo.

 

I fratelli protestanti tentano di usare la logica e la razionalità umana; gettandosi la zappa sui piedi, infatti dicono:

 

―Come è mai possibile che Gesù si possa materializzare nel pane o nell‘ostia ? E se fosse così allora significa che i cattolici sono cannibali, perché mangiano la carne di Gesù, e ancora, come si può spiegare che dopo aver spezzato il pane Gesù rimane tutto intero in ogni singolo pezzetto, e in ogni briciola ?

 

I fratelli separati non si comportano proprio come quei discepoli che dissero a Gesù ―maestro questo tuo parlare è duro?

 

Agli altri miracoli ci credono per fede, il miracolo Eucaristico invece lo vorrebbero spiegato con le leggi scientifiche.

 

Sempre san Giustino martire, vissuto molto tempo prima di re Costantino (quest‘ultimo è preso come punto di riferimento, anzi come punto di inquinamento dottrinale, da moltissimi fratelli separati) in una sua lettera -di cui prima ne abbiamo citato alcune parti- continua a scrivere:

 

―Questo alimento noi lo chiamiamo Eucaristia, e non è dato parteciparne se non a chi crede veri gli insegnamenti nostri, ha ricevuto il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione e vive secondo le norme di Cristo. Poiché noi non lo prendiamo come un pane comune e una comune bevanda; ma come Gesù Cristo salvatore nostro, incarnatosi per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così il nutrimento consacrato con la preghiera di ringraziamento formata dalle parole di Cristo e di cui si nutrono per assimilazione il sangue e le carni nostre, è, secondo la nostra dottrina, carne e sangue di Gesù incarnato. Gli apostoli difatti nelle loro Memorie, dette Evangeli, tramandarono che Gesù Cristo lasciò loro tale legato: preso un pane e rese grazie egli disse loro: Fate ciò in memoria di me; questo è il mio corpo (Lc 22,19-20; 1Cor 11,23-25; Mt 25,28); e preso similmente il calice e rese grazie, disse: Questo è il mio sangue; e a loro soli li offerse.

 

San Giovanni Crisostomo nacque ad Antiochia di Siria nel 354 d.C. e anche lui fa parte delle prime comunità cristiane, dopo Costantino.

 

A proposito dell‘Eucaristia scrive: ―Mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane, lo spezzò” (Mt 26,6). Perché celebrò il mistero dell‘Eucaristia durante la Pasqua?

 

Perché tu imparassi che Egli è l‘autore della legge antica, che conteneva in figura ciò che lo riguardava.

 

A questa immagine ha sostituito la realtà. Anche il fatto che fosse sera ha un suo significato: rappresentava la pienezza dei tempi e il compimento finale delle cose... Se la Pasqua, che era una semplice figura, ha potuto liberare gli ebrei dalla schiavitù, quanto più la realtà non libererà l‘universo?...

 

Prendete e mangiate, dice Gesù, questo è il mio corpo, che è per voi (1Cor 11,24).

 

―L‘assoluta indifferenza verso i dati della tradizione apostolica e patristica dei primi secoli con le sue innumerevoli attestazioni, di cui abbiamo riportato all‘inizio alcuni brevi esempi. E‘ la pietra angolare che sta alla base dell‘edificio dottrinale di tutti i movimenti ereticali: separare la sacra Scrittura dalla Tradizione, cioè dalla vita della Chiesa, quale condizione base per poter poi dare della Scrittura stessa un‘interpretazione soggettiva. Slegata dalla fede dei credenti, nella quale è nata e nella quale deve essere letta e compresa, la Parola di Dio può essere facilmente piegata alle interpretazioni arbitrarie dei singoli e dei gruppi, usata strumentalmente come puntello per reggere le dottrine preconfezionate degli innovatori.


 

In realtà è vero il contrario: non si può comprendere il senso autentico dei dati di fede contenuti nella Bibbia se non guardando come sono capiti, interpretati e vissuti dall‘insieme dei credenti, generazione dopo generazione. A questo scopo Cristo stesso ha provveduto alla sua Chiesa l‘assistenza dello Spirito: <<Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto…Quando verrà lo Spirito di verità.

 

Egli vi guiderà alla verità tutta intera>> (Gv 14,26 e 16,13). La Chiesa, quindi, legge, interpreta, custodisce, vice e annuncia la Parola di Dio, sotto la guida del Magistero e illuminata dallo Spirito Santo: tutto questo costituisce la sua Tradizione, cioè il suo cammino progressivo e indefettibile verso quella ―pienezza della verità promessa da Gesù. In definitiva è proprio quando leggiamo le testimonianze della Tradizione circa la fede della Chiesa nell‘Eucaristia che noi comprendiamo quale sia la retta interpretazione dei testi biblici su questo Sacramento, mentre prescindendo da tali testimonianze, per ciò stesso ci si espone ad una lettura arbitraria e quindi inaffidabile. I movimenti religiosi che non riconoscono il valore normativo della Tradizione hanno dato vita alle più svariate interpretazioni, ed è significativo che esse riultino in contrasto tra loro partendo dai medesimi testi biblici.(cfr, Claudio Crescimanno, il Timone) ―Fidiamoci dunque pienamente di Dio. Non facciamogli obiezioni, anche se quello che dice sembra contrario ai nostri ragionamenti e a quello che vediamo. La sua parola sia padrona della nostra ragione e del nostro modo di vedere. Abbiamo questo atteggiamento di fronte ai sacri misteri: non vediamoci solamente quello che cade sotto i nostri sensi, ma teniamo soprattutto conto delle parole del Signore.

 

La sua Parola non inganna, mentre i nostri sensi ci ingannano facilmente; essa non è mai colta in errore, mentre i sensi si sbagliano spesso. Quando il Verbo dice: Questo è il mio corpo, fidiamoci di Lui, crediamo e contempliamolo con gli occhi dello spirito. Perché Cristo non ci ha dato nulla di puramente materiale: nelle stesse realtà sensibili, tutto è spirituale.

Col battesimo ci viene amministrata una realtà sensibile nel dono dell‘acqua, ma la sua efficacia

 

è di ordine spirituale, quello della rinascita e del rinnovamento. Se tu fossi un essere incorporeo, questi doni incorporei ti sarebbero dati senza intermediari; ma poiché l‘anima è unita al corpo, i doni spirituali ti sono comunicati attraverso realtà sensibili.

 

Quanta gente dice oggi: «Vorrei vedere il volto di Cristo, i suoi lineamenti, le sue vesti, i suoi sandali». Ebbene, è lui che vedi, che tocchi, che mangi! Desideri vedere le sue vesti; ed è lui stesso che si dona a te non solo per esser visto, ma toccato, mangiato, accolto nel cuore. Nessuno dunque si avvicini con indifferenza o con mollezza; ma tutti vengano a lui con l‘anima ardente di amore. Questo lo dice S. Giovanni Crisostomo dottore della Chiesa.

 

 

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:07

LA NON BIBLICITA‘ DEL TERMINE

 

TRANSUSTANZIAZIONE

 

 

―L‘ostilità o quanto meno il disagio riguardo al concetto di ―transustanziazione perché termine non biblico, perché legato alle categorie di una specifica filosofia, perché astruso rispetto alla mentalità dell‘uomo moderno. Riguardo al termine ―transustanziazione occorre spiegare che:

 

È vero che non compare nei Testi biblici, ma vi compare certamente il contenuto che viene adeguatamente espresso con questa parola; d‘altronde questo vale per tanti altri termini con cui definiamo contenuti centrali della nostra fede e che non compaiono nel testo biblico: l‘esempio più lampante è ―Trinità, che definisce il più importante contenuto della rivelazione cristiana senza essere presente nei libri del Nuovo Testamento. La nostra fede si esprime in parole umane, le più adatte che la riflessione teologica abbia trovato, per rappresentare i misteri divini; ma la Bibbia stessa non è forse ―Parola di Dio espressa in parole umane?

 

Troppi gruppi protestanti garantiscono di essere nella verità, poi però si scopre che ognuno di essi segue verità diverse.

 

Ma è mai possibile che su un punto così fondamentale della dottrina cristiana lo Spirito Santo suggerisca a ciascuno significati diversi attribuibili all‘Eucaristia? Come mai Lutero, Calvino,

 

Zwingli e altri erano tutti in disaccordo tra loro sul significato e il valore dell‘Eucaristia, nonostante ognuno di essi affermava di essere illuminato dallo Spirito Santo?

 

 

 

L‘UNICITA‘ DEL SACRIFICIO SALVIFICO

I fratelli protestanti respingono l‘affermazione che nella Messa viene rinnovato il sacrificio di

 

Cristo, perché ―noi siamo stati santificati, mediante lofferta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre” (Eb, 10,10).

 

Evidentemente i fratelli non cattolici si attengono molto alle congetture ed alle apparenze, noi cattolici invece crediamo alla Parola di Dio ed al Magistero ecclesiastico istituito da Cristo per darci chiarezza e sicurezza. Il Magistero ci da la definizione della Messa in questi termini:

 

Essa è il sacrificio della Nuova Legge, è offerta la stessa vittima del Calvario, Gesù Cristo, per riconoscere il supremo dominio di Dio e per applicare ai fedeli i meriti acquistati sulla Croce”.

 

La natura propria della Messa è quella di essere un sacrificio. Non si tratta di un nuovo sacrificio, diverso dal sacrificio della Croce. La Croce è l’unico sacrificio del Nuovo Testamento; non vi sono altri sacrifici, quasi che quello fosse incompleto e manchevole (Eb 16,10-12).

 

E‘ attraverso una nuova offerta di esso al Padre, da parte del sacerdote, della Chiesa, dei fedeli. Perché molti fratelli protestanti faziosamente o incoscientemente vanno dicendo che i presbiteri cattolici pretendono di ripetere sempre quell‘unico sacrificio di Cristo sulla Croce?

 

I presbiteri cattolici non hanno mai messo (né con le mani, né con il pensiero) Gesù di nuovo sulla croce per torturarlo di nuovo, ma offrono semplicemente quell’oblazione pura di cui profetizzava Malachia nel suo libro (Ml 1,11). E‘ Cristo stesso che tramite il suoi ministri celebra il suo sacrificio in maniera gloriosa.

 

Molte discussioni si sono fatte per precisare meglio questo rapporto essenziale per cui la Messa, non potendosi dire un nuovo sacrificio diverso da quello della Croce, non si può tuttavia neppure ridurre a una semplice memoria o commemorazione di esso, ed ha ragion vera di sacrificio:

 

laugusto sacrificio dellaltare – dice Pio XII nella M.D., 55 non è una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio”.

 

Comprendo le gravi difficoltà che possono sorgere su tale argomento che la Chiesa definisce “mistero della fede”, quasi a significare che è uno dei più grandi misteri, se non assolutamente il più grande, dei misteri del Cristianesimo.

 

La Messa, sacrificio incruento, “anziché diminuire la dignità del sacrificio cruento, ne fa risaltare come afferma il Concilio di Trento, la grandezza e ne proclama la necessità. Rinnovato ogni giorno, ci ammonisce della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo.” (dalla Mediator Dei 65, di Pio XII).

 

Il Catechismo di Pio X, inoltre, aggiunge che “sulla Croce Gesù Cristo meritò ogni grazia per noi; invece sullaltare Egli… ci applica i meriti del Sacrificio della Croce”

 

Sul Calvario solo Gesù è vittima e sacerdote; nella Messa, insieme con Lui, che rinnova l‘offerta attraverso il ministero del sacerdote, si unisce la Chiesa tutta e si uniscono i fedeli partecipanti… La Messa è l‘offerta sacrificale del Cristo intero, persona fisica e persona mistica, di Gesù e della

 

Chiesa, prolungamento di Cristo nella storia. In tal senso il Salmo 109,4 richiama Gen 14,18 Tu sei sacerdote in eterno secondo lordine di Melchisedech”

 

Questo salmo, che da tutti è ritenuto messianico afferma tre cose: Cristo è sacerdote e pertanto offre il sacrificio; Egli compirà questa funzione sacerdotale per sempre; la sua offerta sacrificale sarà fatta secondo il rito di Melchisedech (Gen 14,18).

 

L‘inciso ―ed era sacerdote dell‘Altissimo suggerisce l‘idea di una oblazione sacrificale di pane e vino, fatta da Melchisedech per la vittoria di Abramo…

 

Tale profezia si può ritenere pienamente verificata soltanto nell‘ipotesi che la Messa sia un vero sacrificio; infatti solamente nella Messa quotidiana con l‘offerta del pane e del vino consacrati, Cristo appare sacerdote che offre perpetuamente un sacrificio secondo il rito di Melchisedech. Nel secolo V a.C., il profeta Malachia, come abbiamo visto, riprendendo la tiepidezza dei sacerdoti dell‘Antico Testamento, che offrivano roba di scarto (animali ciechi o zoppi), così si esprime:

 

“Io non sono contento di voi, dice il Signore degli eserciti, io non accoglierò più il sacrificio delle vostre mani, perché dallOriente allOccidente il mio nome è grande fra le genti e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un’oblazione pura, poiché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti (Mal 1,10-11).

 

In questa profezia Malachia parla di un vero sacrificio, che sarà offerto nell‘età messianica, caratterizzata dall‘abrogazione del levitismo, dalla universalità e dalla santità.

 

La visione profetica di Malachia che vede l‘offerta, il sacrificio puro all‘unico Dio, ha il suo compimento perfetto nella Messa, che da ogni punto della terra e da tutte le stirpi è offerta come

“ostia immacolata al Signore.

 

Se Malachia si riferiva al sacrificio di Gesù sul calvario e basta, doveva indicare una sola persona (Gesù) e non usare l‘espressione ―dall‘Oriente all‘Occidente ―…e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un’oblazione pura” indicando così tutti i popoli. Attenzione

 

Malachia qui non ha scritto ―…e in ogni luogo si ricorda il mio sacrificio… non parla affatto di semplice ricordo, ma parla in maniera chiara e inoppugnabile di, sacrificio, infatti dice ―…si sacrifica e si offre al mio nome un‘oblazione pura.

 

Qui appare chiaro il carattere sacrificale della Santa Messa, nella quale viene offerta

 

“l’oblazione pura”, l‘Agnello puro, l‘Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo; e come può essere offerto se come dicono molti fratelli protestanti la santa cena è solo una commemorazione?

 

Vorrebbero spiegare con ragionamenti umani ciò che solo lo Spirito Santo rivela, ciò che avviene tramite la potenza dello Spirito che vivifica il pane e il vino facendoli diventare il corpo e il sangue di Gesù nostro Signore. E‘ lo Spirito che vivifica la carne non giova a nulla! E‘ lo Spirito

 

Santo che dà vita al pane è al vino trasformandoli nel corpo e sangue di Cristo. Questo parlare è duro, chi lo può comprendere?

 

Lo comprendono coloro che credono per fede, e non per ragionamenti logici; e se gli increduli vedessero Gesù salire al Cielo sotto i loro occhi che direbbero?

 

Direbbero forse che si tratti di un fantasma? O di qualche manifestazione satanica, travestita da angelo di luce?

 

C‘è troppa gente che in buona fede punta duramente il dito contro la Chiesa cattolica e i suoi insegnamenti, che altro non sono se non quelli di Gesù.

 

Il Nuovo Testamento offre molti indizi certi e, chiare testimonianze riguardo al carattere sacrificale della Messa. Nell‘ultima Cena Gesù compì un vero è proprio sacrificio quando disse che il suo Corpo era “dato, ed il suo sangue era ―versato. Queste due espressioni nello stile biblico, anche separatamente prese (vedi, Mt 20,28; Rm 8,12; Gal 1,4; 2,20; Ef 5,25; 1 Tm 2,6;

 

Tit 2,14; Eb 10,10; per l‘effusione del suo sangue, vedi: Rm 3,25; 5,9; Ef 1,7; 1Cor 14,20; Eb 9,7 1 Pt1,19; 1 Gv 1,7) indicano sempre un‘immolazione sacrificale.

 

Gesù quella sera compì il miracolo Eucaristico, sotto gli occhi degli Apostoli, il più grande dei miracoli, e per questo il più incomprensibile. Ci teneva moltissimo Gesù a fare l‘ultima Pasqua con i suoi Apostoli, perché in quella sera sapeva che doveva fare il più grande dei miracoli, donare il suo corpo e il suo sangue sotto forma apparente di pane e di vino, secondo l‘ordine di

 

Melchisedech (Gen, 14,18). Grande e potente è il Signore! In tutto questo l‘idolatria dove sta?

 

Come fanno i fratelli separati ad accusare di idolatria i cattolici che adorano l‘ostia consacrata? L‘ostia consacrata è Gesù stesso, dov‘è l‘idolatria?

 

Nel pane e nel vino consacrati c‘è Gesù con il suo corpo glorioso, quindi non soggetto alle leggi fisiche, lo stesso corpo che attraversò la porta, lo stesso corpo toccato da Tommaso Apostolo, lo stesso corpo che ingerì il pesce alla presenza degli apostoli; come faccia questo corpo a non sottostare alle leggi fisiche noi non lo sappiamo per ora, lo sapremo quando saremo risorti, rinati a vita nuova ed eterna.

 

Pertanto si considera stabilita la Nuova Alleanza nel Sangue eucaristico, con manifesta allusione ad Es 28,8. Le due Alleanze sono viste nella prospettiva sacrificale dell‘effusione del sangue delle vittime. In questo stesso sfondo l‘Eucaristia è considerata come la nuova Pasqua, la quale, nel Sangue dell‘unico Agnello che toglie il peccato dal mondo (Gv 1,29), fa cessare gli innumerevoli sacrifici della Legge.

 

S. Paolo (1 Cor 10,20-21) affianca le testimonianze evangeliche:

 

“…No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demoni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demoni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni.

 

“…chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna." Chiaro, chiarissimo, qui Paolo si riferisce proprio al corpo del Signore, non al ricordo del Suo sacrificio sulla croce.

 

L‘Apostolo, stabilendo un‘antitesi tra i riti pagani e quelli cristiani, riconosce presso entrambi l‘esistenza di un sacrificio.

 

Il fratello non cattolico Nisbet (studioso valdese) scrive che la dottrina della Messa così come è oggi insegnata dalla Chiesa cattolica, è sorta col Concilio Laterano del 1215; il fratello Nisbet si sbaglia perché fin dalla nascita la Chiesa di Cristo circondò il rito della frazione del pane di cerimonie e di preghiere, nelle quali, in forma semplice, venne espressa la fede comune che rivive l‘indole sacrificale del culto eucaristico.

 

Abbiamo visto che ne parlano diversi documenti ecclesiali, la Didachè (14,1-3) affermò che l‘Eucaristia è il sacrificio predetto da Malachia, S. Giustino ne fornì la prima descrizione liturgica. Con S. Ippolito ne viene introdotto il ricordo nel primo Canone romano, e con Serapione nasce la prima anafora orientale.

 

L‘immolazione incruenta e sacramentale rappresenta la morte cruenta del Calvario e ne rinnova perennemente la memoria: ci parlano di ciò S. Cipriano, Serapione di Thmuis, S.Agostino e tanti altri.

 

IL PANE SPEZZATO

 

I fratelli separati continuano però a non capire come possa esserci Gesù nel pane e nel vino, come possa spiegarsi il fatto che anche spezzando il pane Gesù sia in ogni briciola di quel pane. Già abbiamo fatto qualche esempio in merito, ma ne facciamo ancora un altro: se ad esempio un laboratorio di analisi chimiche analizza un chilogrammo di pane troverà la sostanza che compone il pane, la sostanza che noi chiamiamo pane, se spezziamo il pane in due pezzi, la sua sostanza non cambia, rimane sempre sostanza del pane, anche una minuscola briciola contiene la sostanza del pane, Gesù che è la sostanza del pane consacrato vi è presente in ogni sua briciola, perché quel pane solo apparentemente rimane pane, ma la sua sostanza cambia, la sua sostanza è Gesù.

 

Cristo non è presente nel pane secondo il modo della quantità ma della sostanza.

 

La presenza di Cristo è unica e mirabile; tuttavia possiamo trovare qualche altra analogia per aiutare a capire. Possiamo per esempio paragonare il modo di essere presente del Corpo di Cristo nell‘Eucaristia col modo con cui sono presenti nelle cose materiali le realtà immateriali.

 

Così per esempio il pensiero di chi scrive è presente nello scritto, ma non diventa né grande né piccolo al variare del tipo di caratteri di stampa usati dalle diverse case editrici, né si moltiplica fotocopiando lo scritto oppure si divide se si strappa le sue pagine, il pensiero dello scrittore quello è e quello rimane, anche se lo scrittore non è presente.

 

Si tratta di analogia, perché il modo della presenza di Cristo nel Sacramento è un modo unico e speciale, esclusivo di questo Sacramento: lo si suole denominare appunto ―presenza sacramentale

 

Un altro punto dove i fratelli non cattolici puntano il dito è quello dell‘Eucaristia sotto le due specie, accusano infatti la Chiesa cattolica di dare solo il pane e non il vino ai fedeli, ma dicono che solo il prete può comunicarsi sotto le due specie.

 

Inizio col dire che questo non è vero, perché io personalmente frequentavo una comunità di catecumeni e mi comunicavo sotto le due specie come tutti i miei fratelli; tuttavia è pur vero che in molte parrocchie viene dato solo il pane (ostia), non vedo però dove sta l‘errore che additano i fratelli non cattolici.

 

Essi devono sapere che nel pane c‘è Gesù tutto intero, così come nel vino, altrimenti sembrerebbe che Gesù si formasse dall’unione del pane e del vino, il pane conterrebbe solo mezzo Gesù, e l‘altra metà sarebbe contenuta nel vino, per cui se il fedele non si comunica con entrambe le specie prenderebbe solo mezzo Gesù. Ragionamenti di questo tipo sono molto pittoreschi Nel mistero eucaristico Gesù è presente sotto le due specie, intero in ognuna di esse, la comunione sotto le due specie serve da segno, per meglio rappresentare la santa cena, ma non possono esserci dubbi sul fatto che Gesù sia tutto intero nel pane e tutto intero nel vino.

 

Gesù disse: ― In verità in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo (Gv 6,22-23)

 

Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo

 

“ Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me, e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo,… Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,57-58)

 

In queste parole Gesù non fa riferimento al calice. Egli è tutto intero nel pane, è per motivi igienici, e per la precauzione di non spargere per qualche sorso maldestro il prezioso sangue di Gesù, che la Chiesa cattolica romana preferisce dare solo il pane ai fedeli. Tuttavia è doveroso sottolineare che non è vero che essa proibisce la comunione sotto le due specie, ma tutti i fedeli che vengono sensibilizzati nel maneggiare con cura il calice possono comunicarsi anche con il vino, io stesso ne rendo testimonianza perché mi sono comunicato più volte sotto le due specie.

 

E‘ impossibile separare il Sangue di Cristo dal Suo Corpo, dalla Sua Anima e dalla Sua Divinità, e questo in forza di quella concomitanza che tiene indissolubilmente uniti il Corpo, il Sangue, l‘Anima e la Divinità di Gesù Cristo.

 

“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, dice Gesù, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20).

 

Mantenere uniti coloro che si amano è frutto di una grande e forte amicizia. Mi chiederete: «Vi sono persone così miserabili da non desiderare Cristo in mezzo a loro?».

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:08

Sì, noi stessi, noi che siamo in lotta gli uni contro gli altri. Qualcuno forse replicherà in modo ironico: «Che cosa dici? Non vedi che siamo tutti sotto lo stesso tetto, dentro la stessa chiesa, concordi nello stesso ovile, senza il minimo dissenso, gridando all‘unisono sotto la guida dello stesso pastore, ascoltando insieme quello che dice, e pregando in comune; e tu parli di lotte e di discordie!». Sì, parlo di lotte e non sono pazzo e nemmeno m‘inganno. Vedo ciò che è evidente e so che siamo tutti nel medesimo ovile e sotto lo stesso pastore. Per questo ritengo tanto più deplorevole che, nonostante tutti i nostri segni di unione, siamo divisi. «Ma - mi direte - quale divisione vedi tra noi?». Qui nessuna, ma quando la nostra assemblea è terminata, l‘uno critica l‘altro; questo ingiuria pubblicamente il fratello; il tale è roso dall‘invidia, dall‘avarizia o dalla cupidigia; il tal altro si abbandona alla violenza; un altro ancora alla sensualità, all‘impostura o alla frode. Se le nostre anime potessero essere messe a nudo, vedreste allora l‘esattezza di tutto questo, e riconoscereste che non sono pazzo... Diffidando gli uni degli altri, ci temiamo a vicenda, parliamo all‘orecchio del vicino e se vediamo avvicinarsi un terzo ripiombiamo nel silenzio e cambiamo discorso. Questo non è certo un segno di fiducia, ma piuttosto di una diffidenza estrema».

 

«Non facciamo questo per nuocere agli altri - direte - ma per proteggerci». È proprio quello che mi addolora: vivendo tra fratelli, sentiamo il bisogno di stare in guardia per non ricevere dei torti, e riteniamo necessario prendere tante precauzioni. La causa di tutto questo è la frequenza della menzogna e dell’inganno, la grande diminuzione della carità, le querele senza tregua. Così troverete molta gente che ha più fiducia nei pagani che nei cristiani. Ecco un motivo di confusione, di lacrime e di gemiti...

 

Rispettate, rispettate dunque questa mensa a cui tutti ci comunichiamo; rispettate il Cristo immolato per noi; rispettate il sacrificio che viene offerto... Dopo aver partecipato a una simile tavola ed esservi comunicati con un simile alimento, dovremmo forse prendere le armi gli uni contro gli altri?

 

Dovremmo invece armarci, tutti insieme, contro il demonio! Ecco che cosa ci rende così deboli. Invece di riunire i nostri scudi in un solo fronte contro di lui, ci uniamo a lui per combattere i nostri fratelli; ci poniamo ai suoi ordini invece di combattere soltanto lui. Ripetiamolo; è contro i fratelli che dirigiamo i nostri colpi.

 

«Quali colpi?» direte. Quelli lanciati dalla lingua e dalle labbra.

 

Non ci sono soltanto le frecce e le lance che feriscono: certe parole causano ferite ben più profonde. Come porre fine a questa guerra?

 

Pensando che una parola pronunciata contro il tuo fratello è un veleno versato dalla tua bocca, e le tue calunnie raggiungono un membro di Cristo «Ma - dirai - io sono stato oltraggiato». Se il tuo prossimo ti ha ingiuriato, prega Dio di usargli misericordia. È tuo fratello, un membro del tuo corpo; egli è invitato alla stessa tavola, come te.

 

Crisostomo Giovanni, Omelie 8, sulla lettera ai Romani, 8

 

Queste parole di san Giovanni Crisostomo ci fanno ancor di più innamorare di Cristo, ci fanno riflettere su ciò che siamo, perché in esse vediamo dipinta la nostra vita quotidiana, i nostri gesti e comportamenti nei confronti dei nostri fratelli.

 

Purtroppo la mancanza di vera conoscenza, induce a sbagliare; i fratelli non cattolici ad esempio sbagliano a dare il giusto senso ai versetti di Paolo in 1 Corinzi 10, 14-21 “Perciò miei cari, fuggite il culto degli idoli. Parlo a voi come a gente assennata; giudicate voi stessi quanto io dico. Il calice di benedizione, che noi benediciamo non è forse una comunione col sangue di Cristo? Il pane che spezziamo non è forse una comunione col corpo di Cristo?

 

Dal momento che vi è un solo pane, noi, che siamo molti, formiamo un solo corpo, poiché noi tutti siamo partecipi di questunico pane. Guardate lIsraele terrestre! Non sono forse in comunione con laltare, quelli che mangiano le vittime? Che intendo dunque dire? Che la carne immolata agli idoli abbia un qualche valore ? Ovvero che un idolo sia qualcosa ? No, ma che quanto sacrificano i pagani, lo sacrificano ai demoni e non a Dio. Ora, non voglio che voi siate in comunione con i demoni; non potete prendere parte alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni”

Nonostante nelle pagine precedenti sia stato dato qualche accenno in merito a questi versetti, è bene gustarli appieno soffermandosi un po‘ a meditarli.

 

Perché Paolo fa quest‘accostamento tra la carne immolata agli idoli, e il corpo e sangue di nostro Signore?

 

Nell‘altare dei pagani veniva posto un animale, sgozzato e tagliato, ne fuoriusciva del sangue, carne e sangue, erano (e sono) questi i due elementi che facevano entrare in comunione con i demoni, o con Dio nel caso dei sacrifici offerti dagli ebrei.

 

Se la carne veniva offerta agli idoli, ossia ad altri dei, allora chi mangiava di quella carne e beveva di quel sangue entrava in comunione con i demoni. Nel Vecchio Testamento in Israele, l‘animale veniva offerto a Dio, e i partecipanti entravano in comunione con Lui.

 

Paolo fa quest‘accostamento perché intende far capire ai discepoli, che la Santa Cena ha un carattere sacrificale, è cioè un vero sacrificio.

 

Mentre però nell‘Antico Testamento il sacrificio veniva ripetuto materialmente, (sacrificio cruento, con spargimento di sangue) immolando un agnello sull‘altare, nel Nuovo Testamento l‘agnello è l‘Agnello di Dio, cioè Gesù, che si è sacrificato un volta per tutte, liberando l‘umanità dalla schiavitù del peccato e sconfiggendo la morte.

 

Allo stesso modo Paolo quando fa l‘accostamento tra comunione con i demoni e comunione con

Cristo, lo fa per far meglio capire che si tratta in entrambi i casi di sacrificio.

 

Paolo parla di comunione spirituale, comunione con il corpo glorioso di Gesù, partecipando all‘Eucaristia si entra in comunione con il corpo e con il sangue di Gesù.

 

Così come era realmente presente il corpo e il sangue dell‘agnello nell‘altare, anche nell‘Eucaristia è realmente presente il corpo e il sangue di Cristo, solo così si può dare un senso alle parole di Paolo, altrimenti si potrebbe dire che Paolo abbia fatto un accostamento insensato. Paolo però scriveva sotto ispirazione divina, quindi il suo accostamento non può essere casuale. I fratelli protestanti dicono di credere per fede alla Parola di Dio, e allora come mai la loro fede si ferma davanti al mistero eucaristico, come mai non credono per fede alla presenza reale di Gesù nell‘Eucaristia ?

 

Con la loro razionalità tra le altre cose, dovrebbero spiegare come può Dio non aver avuto principio, perché Dio è sempre esistito, perché non vi fu mai un tempo in cui Dio non c‘era?

 

Con la razionalità dovrebbero pure spiegare il mistero della Trinità. Vi sono molti altri esempi presi dalla Bibbia, che si potrebbero fare come pure i miracoli che operava Gesù, come spiegano questo i fratelli separati ?

 

Quando Tommaso toccò le mani e il costato di Gesù, le sue mani toccarono realmente Gesù, non lo attraversarono da parte a parte come se fosse una visione fantasma.

 

E quando Gesù mangiò del pesce, quest‘ultimo non cadde a terra come se lo stesse mangiando un fantasma, ma fu ingerito da Gesù come lo ingerisce un normale uomo in carne ed ossa.

 

In quale apparato digestivo andò a poggiare il pesce per non cadere a terra? In quelle di Gesù, ovvio, ma come erano fatti questi tessuti, che trattenevano corpi estranei, ma che poco prima avevano attraversato la porta chiusa?

Come spiegano tutto ciò i fratelli separati?

 

Il corpo glorioso di Gesù non obbedisce più alle leggi fisiche, trascende la logica umana, la razionalità umana non può spiegare simili eventi, è qui che interviene la fede dei cristiani. Si deve credere per fede, la nostra mente non sa spiegarselo però crede per fede.

 

Quando parlo dell‘Eucaristia lo faccio con estrema riverenza, essendo pienamente cosciente che sto parlando di nostro Signore Gesù Cristo, non mi sento degno di spiegarlo io con parole umane, trattandosi un argomento così importante.

Tuttavia è per amore di Cristo che sto scrivendo queste riflessioni, per amore della

 

Verità, e quindi ne parlo per confutare le molte inesattezze che diffondono e sostengono i fratelli separati, la maggior parte di loro inconsapevolmente, con la speranza di aprire i loro occhi, con l‘aiuto del Signore.

 

 

L‘EUCARISTIA TUTTI I GIORNI

 

La Chiesa cattolica inoltre è accusata di aver travisato la Parola di Dio anche per il fatto che celebra l’Eucaristia tutti i giorni, quando invece i fratelli separati la celebrano solo quando ne sentono il bisogno interiore, quindi come al solito, loro sarebbero nel giusto e la Chiesa Cattolica no. Eppure in Atti 2,46 Luca dice che i primi cristiani ogni giorno erano assidui nel frequentare insieme il tempio e nella case spezzavano il pane”

 

Luca qui dice ogni giorno non una volta ogni tanto, i primi cristiani sentivano il bisogno di spezzare il pane ogni giorno, e allora se gli Atti degli Apostoli sono Parola di Dio, chi la travisa? Risulta chiaro e lampante che la travisano i fratelli protestanti.

 

Quando si parla con loro e gli si pone una domanda subito rispondono con una contro-domanda, spesso io ho fatto notare che da Atti 2,46 si capisce che i primi cristiani soprattutto ogni Domenica spezzavano il pane. Alcuni pentecostali subito mi risposero con un'altra domanda: ―ma la Chiesa cattolica spezza il pane ogni giorno quindi non segue alla lettera gli insegnamenti cristiani. Sarebbe così, se non fosse per le parole di Luca che dice: ―ogni giorno erano assidui nel frequentare insieme il tempio e nella case spezzavano il pane”

 

Io ho detto soprattutto la domenica, ma i primi cristiani spezzavano il pane ―ogni giorno, quindi si differenziano dai pentecostali che spezzano il pane ogni tanto, una volta al mese, e spesso con intervalli di tempo anche più lunghi. Ma la differenza principale non sta nella frequenza, ma nella sostanza, i pentecostali, come spiegato, non intendono l‘Eucaristia come facevano i primi cristiani.

 

Fratelli basta leggere con lentezza e attenzione la Bibbia per trovare le risposte, in Atti 2,46 si trova la risposta alla osservazione pentecostale sull‘Eucaristia giornaliera, e fa capire che sono loro a non seguire in maniera esatta gli insegnamenti cristiani.

 

San Giustino martire in una sua lettera rivolta all‘imperatore pagano Antonino Pio verso l‘anno

 

155 d.C. descrive dettagliatamente la Messa domenicale, con la sua liturgia eucaristica, e guarda caso la Chiesa cattolica ancora oggi si attiene a quella descrizione.

 

Aprite gli occhi fratelli, se non credete a me, verificate se Giustino martire era un eretico oppure un campione di fede, che ha dato la sua vita (in tutti i sensi) per Cristo.

 

Nell‘155 la Chiesa era ancora pura, e si celebrava la Messa cosi come la si celebra oggi nella Chiesa cattolica, verificate se sono invenzioni o verità. Chi ama veramente la Verità deve verificare di persona, leggendo i documenti che parlano di questi fatti.

 

Evidentemente non hanno capito il vero significato della cena del Signore, ed è per questo che non sentono il bisogno di celebrarla ogni giorno.

 

 

 

 

I SIMBOLI

 

 

Ho accennato che nella simbologia ebraica il sangue non veniva rappresentato dal vino, così come il pane non era il simbolo del corpo.

 

Il fuoco era simbolo di distruzione, e con Cristo e lo Spirito Santo diventa anche simbolo di purificazione.

 

L‘acqua è simbolo di purificazione, simboleggia la Parola di Dio, in Apocalisse il fiume di acqua viva simboleggia lo Spirito Santo, eppure mai nessun profeta o Apostolo ha detto che chi beve l‘acqua viva nel peccato, pecca contro lo Spirito Santo, e nemmeno se si uccide una colomba che è il simbolo dello Spirito Santo si pecca contro lo Spirito.

 

Se non si rispetta un agnello nel periodo pasquale, simbolo di Cristo Agnello di Dio, non si sta peccando contro Gesù. Quando noi cristiani pecchiamo offendiamo Cristo, calpestiamo il suo sacrificio sulla croce. Per offendere Cristo non c‘è bisogno di abusare della santa cena, ma lo si può fare semplicemente peccando in mille modi diversi.

 

Si può entrare indegnamente anche in Chiesa, senza essersi realmente pentiti dei propri peccati, ma tuttavia non significa abusare del corpo e del sangue di Cristo. Cibandosi però indegnamente dell‘Eucaristia si abusa, come di Paolo, del corpo e del sangue di Cristo.

 

Se il pane e il vino consacrati fossero solo simboli, Paolo non ammonirebbe i discepoli dicendo che ―si abusa del corpo e del sangue di Cristo, ma semplicemente si abuserebbe della bontà di nostro Signore, e del suo sacrificio.

 

E‘ chiaro che l‘Apostolo ripete corpo e sangue, perché nell‘Eucaristia diventano realmente presenti, Gesù diventa realmente presente nelle due specie.

 

La verità è che Cristo Gesù, morto e risuscitato per noi, sta alla destra di Dio e intercede per noi, è presente in molti modi nella Chiesa: nella sua Parola, nella preghiera della Chiesa, ―la dove sono due o tre riuniti nel suo nome, nei poveri, nei malati, nei prigionieri, nei sacramenti di cui Egli è l‘autore, nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro. Ma soprattutto è presente sotto le specie eucaristiche.

 

San Giovanni Crisostomo dice:

 

Non è l‘uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo stesso, che è stato crocifisso per noi.

 

Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. San Paolo dice che chi mangia il pane e beve il vino durante la santa cena entra in comunione con il corpo e il sangue di Cristo, e come si può entrare in comunione con qualcosa che è solo simbolo? Se il presbitero impone le mani a un discepolo che crede e vuole ricevere lo Spirito Santo, il discepolo entra in comunione con lo Spirito Santo, lo riceve, entra in comunione con lo

 

Spirito perché Egli è realmente presente, l‘imposizione delle mani non è solo un simbolo ma trasmette lo Spirito Santo, per volere di Dio. Allo stesso modo se durante la Messa matrimoniale, essendo immerso in preghiera, tocco una colomba (che alcune volte viene usata durante le cerimonie), o la prendo tra le mie mani, non entro di certo in comunione con lo Spirito Santo, eppure la colomba lo simboleggia.

 

Se il pane e il vino dopo la consacrazione restassero simboli, di certo chi ne mangia non entrerebbe in comunione con il corpo e il sangue di Cristo.

 

Abbiamo visto che durante la celebrazione eucaristica Gesù non parla in modo generico, mentre nella parabole sì. E‘ Lui la figura primaria, la luce viene assimilata a Lui, la porta viene assimilata a Lui, la Via viene assimilata a Lui, in queste espressioni Gesù non dice questa luce, riferendosi ad una luce in particolare, non dice questa porta, toccandone o indicandone una in particolare, non dice questa Via, indicandone una in particolare; nella santa cena invece usa parole precise, , non parla più in similitudini, ma dice: ―questo è il mio corpo ―questo è il mio sangue

 

―questo cioè quello che sta tenendo fra le pani in quel preciso momento, il pane e il vino dopo la preghiera di benedizione diventano vero corpo e vero sangue di Cristo, e gli Apostoli hanno gustato per primi la nuova Pasqua che il Signore ha istituito quella sera.

 

Cristo raccomanda ai suoi Apostoli di ripetere il memoriale del suo sacrificio, con le stesse parole da lui usate, e con la stessa preghiera di benedizione, durante la quale invocò lo Spirito Santo.

 

Per concludere rivolgendomi ai fratelli separati di buona volontà, che dispongono di animo sincero e imparziale proteso verso la ricerca della Verità, propongo di verificare i miracoli eucaristici che ho indicato nelle pagine precedenti; si accorgeranno della potenza del Signore, vedranno con i loro stessi occhi e rimarranno impietriti chiedendo perdono a Dio per la loro incredulità. E‘ pure utile conoscere testimonianze archeologiche e storiche come quelle qui di seguito.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:16

Il Sacramento dell'Eucaristia

attraverso le testimonianze delle pitture catacombali


 

I primitivi monumenti cristiani sono tutti esclusivamente sepolcrali; cioè sono iscrizioni poste sulle tombe dei cimiteri sotterranei cristiani, o affreschi dipinti sull'intonaco delle rozze pareti di quelle cripte scavate nella viva roccia del tufo, o sarcofagi adorni di figure simboliche. Su quelle pietre ed in quelle pitture domina un linguaggio figurato e simbolico che trova la sua spiegazione nei libri del vecchio e del nuovo Testamento ed in alcuni brani degli scrittori cristiani. Quei simboli sono però tutti concordi nel ricordare la fede professata dai defunti nei dogmi del cristianesimo e l'uso da loro fatto dei sacramenti, e di invocare perciò a quelle anime la pace e la beatitudine eterna, che la fede stessa e la pratica della vita cristiana avevano loro meritato.

 

Un simbolo assai antico del Sacramento dell'Eucaristia fu la vite e questo si vede in alcuni dei più antichi centri delle catacombe romane, quali sono il vestibolo dei Flavi nel cimitero di Domitilla e la cripta di Ampliato nello stesso ipogeo, che appartengono senza dubbio alla fine del primo secolo della Chiesa.

 

Poco dopo, la rappresentazione simbolica tanto nota del buon pastore dà occasione ad un altro simbolo più chiaramente eucaristico, cioè a quello del latte che è il mistico nutrimento dato dal pastore al suo gregge. Ed ecco in un cubicolo del cimitero di Callisto una bella pittura del Pastor bonus con il secchio del latte chiaramente riconoscibile dal colore biancastro. E in un'altra cripta poco discosta, il recipiente col simbolico cibo è posto su di un'ara in mezzo a due pecore; gruppo importantissimo che ci mostra il latte eucaristico sostituito al pastore stesso in mezzo alle pecore e così pure l'altare eucaristico attorniato e custodito dai fedeli di Cristo.

 

La migliore illustrazione di questo simbolo possiamo ricavarla dagli atti di S. Perpetua, documento preziosissimo dell'antica letteratura cristiana, e scritto dalla martire stessa sul principio del terzo secolo mentre attendeva in carcere il momento del supplizio. Ivi è narrata una visione che ebbe la santa durante il sonno, quando le apparve appunto il pastore simbolico e per prepararla al vicino martirio le diè a gustare del latte dolce rappreso che essa devotamente mangiò mentre gli astanti dicevano in coro il liturgico amen.

 

Ma il simbolo più arcano e più solenne del mistero eucaristico è senza dubbio il pesce. Non può stabilirsi con assoluta certezza quale sia la vera origine storica di questo simbolo, che troviamo adottato dai primordi del Cristianesimo. Secondo la interpretazione più comune esso deriverebbe dalla parola greca IXTUS Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore ». Il pesce è assai spesso nei monumenti unito al pane; e taluni Padri, citando quel simbolo, alludono evidentemente alla prodigiosa moltiplicazione ed al pesce mangiato da Cristo con i suoi discepoli dopo la risurrezione onde è più naturale che la genesi storica di quel mistico segno sia stata la memoria dell'episodio della moltiplicazione del pane e dei pesci. E forse questo antico concetto fece poi pensare alla ingegnosa combinazione delle lettere del nome greco, che riproducono la formula di fede in Cristo figlio di Dio e Salvatore del mondo.

 

È dunque il pesce il simbolo arcano e solenne di Cristo nei monumenti dei primi secoli, e rappresenta semplicemente Cristo quando trovasi isolato e posto come segno ideografico a completamento di una frase epigrafica. Così sopra un loculo dell'antichissimo cimitero di Priscilla leggiamo l'espressione ALEXANDER. IN..... e subito dopo è graffito il pesce, che completa la frase ALEXANDER IN CHRISTO.

 

Nello stesso modo il delfino, ossia il pesce creduto l'amico ed il salvatore dell'uomo, è rappresentato in un prezioso affresco delle catacombe intrecciato al tridente, simbolo della croce, per esprimere in modo velato e simbolico la crocifissione di Cristo, scena che nei primi secoli non si aveva il coraggio di rappresentare dai fedeli nella sua storica realtà.

 

Ma il pesce unito al pane acquista un significato speciale e rappresenta senza dubbio l'Eucaristia. Hanno questo significato pertanto i numerosi affreschi delle catacombe, che riproducono le moltiplicazioni operate da Cristo, ove vediamo costantemente, disposti in bell'ordine, i canestri ricolmi di pani che sopravanzarono secondo il racconto evangelico.

 

La quale scena è effigiata in due modi; e cioè nel momento stesso in cui Cristo distribuisce ai discepoli i pani e i pesci, ovvero col banchetto in cui i discepoli mangiano il pane e il pesce, la quale scena è unita talvolta a quella del battesimo come in questa pittura. (Fig. 1).

 

 

FIG.1 SOPRA

 

Battesimo ed Eucaristia. -- Pittura del III secolo. (Catacombe di S. Callisto).


 

Senza dubbio le rappresentazioni trascendono la realtà storica ad esempio in un sarcofago di Arles accanto al prodigio della moltiplicazione è rappresentata la mensa col pesce, che non può essere un accessorio storico del fatto biblico, ma indica senza dubbio il significato eucaristico di quel gruppo. Negli accennati conviti dipinti nelle catacombe si nota quasi sempre il numero costante di sette personaggi; e questo ci fa pensare a quei sette discepoli che secondo il racconto di S. Giovanni mangiarono con Gesù risorto là sulla sponda del lago di Tiberiade. E talvolta la rappresentanza di questo fatto è resa più manifesta dal particolare che i convitati sono dipinti quasi ignudi per indicare che essi erano pescatori, e che venivano appunto dalle loro barche dopo aver pescato tutta la notte, come narra il Vangelo. E appunto questa disposizione speciale di sette persone con i canestri ricolmi di pani ci fa distinguere negli affreschi cimiteriali il banchetto eucaristico da quello che simboleggia soltanto il convito celeste, ove il numero dei convitati è qualunque.

 

Un altro simbolo non meno importante, ma più raro nelle pitture cimiteriali, è quello della prodigiosa mutazione dell'acqua in vino avvenuta nelle nozze di Cana; tipo anche questo e figura del banchetto eucaristico e della trasformazione sacramentale. Ed in maniera assai espressiva lo vediamo in due affreschi del cimitero del Ss. Pietro e Marcellino congiunto al banchetto celeste, di cui l'Eucaristia è un pegno sicuro; e così pure su numerosi sarcofagi. Ma la Celebrazione del culto dell'Eucaristia è in modo più chiaro e solenne attestata da alcuni speciali dipinti veramente preziosi Il primo per antichità è un gruppo ripetuto due volte in un cubicolo del cimitero di Callisto sulla via Appia in quelle che vengono chiamate  Cripte di Lucina. L'affresco non è posteriore agli esordi del secondo secolo. Vi è dipinto un pesce unito ad un canestro di vimini ricolmo di pani, fra i quali appare chiaramente un piccolo vaso rosseggiante di vino. È evidente che in questo gruppo il ricordo della moltiplicazione evangelica fu messo in relazione all'Eucaristia, giacché l'elemento del vino non ha che fare con quel prodigio è dà alla pittura il significato eucaristico. (Fig. 2-3).

 

 

 

Simboli eucaristici: Il pesce con i pani. -- II secolo (Catacombe di S. Callisto).

 

Deve riconoscersi in questo affresco una vera e propria dichiarazione della fede cristiana nel dogma della presenza reale; giacché l'unione materiale del pesce col canestro contenente gli elementi eucaristici esprime chiaramente la compenetrazione delle sacre specie con Gesù Cristo stesso.

 

Sempre nel cimitero di Callisto, il massimo dei cimiteri romani, in quelle cripte che diconsi dei


 

sacramenti si ammira una serie nobilissima di pitture simboliche non posteriori al principio del terzo secolo.

 

A capo della serie è raffigurato Mosè nell'atto di far scaturire l'acqua dalla rupe del deserto, simbolo della Chiesa, la quale dalla pietra mistica raffigurante Cristo trae l'acqua della grazia, origine dei sacramenti. Da quell'acqua infatti, che è sgorgata giù dalla rupe, il mistico pescatore trae un piccolo pesce, rappresentando simbolicamente il battesimo, e a questo fa poi seguito un altro simbolo battesimale, cioè la figura del paralitico risanato nella piscina.

 

Dopo il sacramento della iniziazione cristiana, in un altro cubicolo prossimo sono dipinte due scene allusive al gran mistero eucaristico. Nel centro vi è il consueto banchetto dei sette personaggi accompagnato dai canestri. Questi convitati, che mangiano pane ed il pesce, sono i fedeli, i quali purificati dalle acque della grazia si siedono al banchetto dell'agnello divino, che è preparazione e caparra della beatitudine celeste. (Fig. 4.).

 

 

 


 



 

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:19

Ma poi il significato eucaristico del gruppo è reso anche più manifesto dall'altra scena effigiata a sinistra ed unica fino ad ora (4). (Fig. 5.).

Figure 5
Fig. 5.
Oblazione eucaristico. --
III secolo.
(Cimitero di Callisto).

Qui è rappresentato un personaggio vestito di solo pallio, ritto in piedi ad un tripode su cui sta un pane ed un pesce, e l'uomo protende verso quei cibi la mano destra in atto evidentemente consecratario. D'altro lato del tripode è collocata una figura muliebre che alza le braccia in atteggiamento di preghiera.

La spiegazione del nostro gruppo è chiaro. Noi abbiamo qui riprodotta l'azione del sacrificio eucaristico ed il momento stesso dela consecrazione, quando il pane diviene ιχϑυς, cioè il corpo di Cristo Figlio di Dio Salvatore. La donna orante alla destra è da taluno spiegata come l'anima della defunta sepolta in quel cubicolo, giacchè è noto che le oranti rappresentano le anime de' trapassati. Ma troppo nobile sarebbe quel posto per una persona privata ed è chiaro che qui l'artista ha voluto effigiare la Chiesa, la quale pure si dipingeva sotto l'allegoria di una donna orante. Qui dunque è rappresentata la Chiesa che innalza le sue preghiere innanzi all'altare del sacrificio eucaristico; e ciò corrisponderebbe al pensiero di S. Cipriano, che scrisse essere le più possenti preghiere quelle fatte innanzi alle offerte consecrate. E l'interpretazione del sacrificio data al gruppo, di cui ci occupiamo, è confermata ancora dall'altra scena della stessa parete che fa simmetria a quella descritta. Ivi infatti è dipinto l'episodio del sacrificio d'Abramo, figura e tipo del grande sacrificio della redenzione. Se ora questa veneranda cripta del cimitero di Callisto passiamo ad una contigua, ci troveremo innanzi ad un altro gruppo simbolico, che merita pure la nostra attenzione.

Nell'alto della parete entro un semicerchio è ripetuto lo stesso tripode con il pane ed il pesce e questo è colocato fra i sette canestri della moltiplicazione. Evidentemente anche qui si volle ricordare il prodigio che fu tipo e figura dell'Eucaristia.

Ma la disposizione di quel pane e di quel pesce sulla mensa in forma di altare che è collocata nel posto d'onore, accenna senza dubbio alle specie eucaristiche già consecrate e preparate per i fedeli, accenna alla mensa Domini; e giungerei a dire che implica quasi il concetto della adorazione del gran mistero.

A queste preziose pitture illustrate dottamente dal De Rossi e da altri archeologi, che ne hanno seguito gli ammaestramenti, si aggiunge pochi anni or sono un altro monumento insigne scoperto nell'antichissimo cimitero di Priscilla. L'affresco si vede nel fondo di una grande cripta già conosciuta in quel cimitero e adorna di altri dipinti antichissimi. Esso per il luogo ove trovasi e per lo stile fi giudicato dagli archeologi opera del principio del secondo secolo. (Fig. 6).

Figure 6
Fig. 6.
La « Fractio panis » Comunione eucaristica. --
II secolo.
(Cimitero di Priscilla).

Una tavola di forma ricurva intieramente ricoperta di un drappo quale usavasi dagli antichi, occupa in lunghezza tuto il campo del quadro e su questa sono collocati due piatti, uno con alcuni pani, l'altro con un pesce. Alla mensa sono assisi sei personaggi, cinque uomini cioè, ed una donna velata. A capo del tavolo a sinistra del riguardante è seduto un personaggio barbato, il quale con ambo le mani protese sopra il tavolo sta in atto di spezzare il pane mentre a lui dinanzi è posto il calice del vino.

A destra e a sinistra del banchetto sono disposti i consueti sette canestri che ricordano, come sempre, il prodigio della moltiplicazione. Quest'ultimo particolare ci mostra per le cose già dette, che nel convito delle catacombe di Priscilla noi dobbiamo riconoscere il convito eucaristico. Posto ciò tutto si spiega assai facilmente. Il personaggio barbato in quel nuovo atteggiamento è il sacerdote, o il vescovo, il προεστος, o presidente nominato da Giustino, il senior di tertulliano, il quale preseiede l'adunanza liturgica e compie il rito della fractio panis ricordato come il rito eucaristico per eccellenza negli atti degli apostoli e nelle lettere di S. Paolo; i sei personaggi sono i fedeli che assistono alla liturgia e si dispongono a mangiare il pane divenuto ιχϑ;υς, cioè il corpo di Cristo, ed a bere il calice salutare.

Questa pittura è preziosa per la sua antichità e per la novità della composizione; e può ben dirsi che essa rappresenta la liturgia eucaristica del secondo secolo, in quale doveva celebrarsi appunto in quella cripta cimiteriale che è un vero santuario dell'ipogeo priscilliano (5).

Però in questa pittura la liturgia non è rappresentata in modo reale come vorrebbe taluno, ma piuttosto in maniera simbolica con l'aggiunta di un particolare al tutto realistico, quale si è la figura del personaggio che spezza il pane. Infatti non può ammettersi che nel secondo secolo la liturgia eucaristica si celebrasse insieme all'agape come apparisce nell'affresco di Priscilla, perchè tale uso era stato già abbandonato fino dai primi anni di quel secolo; e la presenza stessa dei canestri dei pani moltiplicati basta per dare un significato simbolico a tutta la scena.

Abbiamo dunque nell'insigne dipinto un'altra rappresentazione simbolica del sacrificio diversa da quella descritta del cimitero di Callisto, più antica di quella e con l'aggiunta dell'atto liturgico quale operavasi dal sacerdote. E possiamo dire che se nella prima è rappresentato l'atto della consacrazione, nella seconda è più specialmente riprodotto il momento della comunione.

Dopo aver parlato di monumenti così insigni sarebbe forse superfluo accennare ad altri minori che si riferiscono al grande mistero; ma per non trascurare nulla di ciò che può riguardare il mio tema li accennerò soltanto di volo.

I pani ed i pesci sono talvolta incisi o scolpiti sulle pietre sepolcrali delle catacombe e sempre collo stesso significato eucaristico. Ed essi talvolta sono disposti per modo da esprimere un concetto speciale, cioè l'ardente desiderio dei fedeli verso l'eucaristia; e così può intendersi il gruppo dei pesci che corrono verso i pani crocesignati (6). Ed il pensiero stesso è pure indicato nell'altra composizione più frequente della colomba che si dirige verso il vaso simbolico o che becca il grappolo della mistica vite.

Ma questo misterioso simbolismo eucaristico, costantemente riprodotto nei monumenti delle catacombe romane e che tanto bene si accorda colle testimonianze dei padri e degli scrittori ecclesiastici, trova pure una splendida conferma in due insigni iscrizioni, una appartenente alla Chiesa orientale, l'altra alla occidentale. La prima è l'iscrizione sepolcrale di Abercio vescovo di Jeropoli nella Frigia, dei tempi di Marco Aurelio, il cui testo ci era già noto dagli atti di quel santo pubblicati dal Metafraste e dai Bollandisti, epigrafe rinvenuta alcuni anni or sono ma in due soli frammenti che ora si custodiscono nel museo cristiano Lateranense. (Fig. 7). Divagherei dal tema se io volessi qui trattare diffusamente del monumento insigne e delle recenti controversie archeologiche cuo esso ha dato luogo; cose tutte che possono leggersi nei vari scritti da me e da altri pubblicati su tale argomento (7), Dirò solo che gli sforzi di alcuni protestanti desiderosi di mostrare il carattere pagano di quell'epigrafo sono riusciti inutili e vani.

Figure 7
Fig. 7.
Frammento della iscrizione di Abercio. --
II secolo.
(Museo lateranense).

E noi possiamo continuare a considerare insieme al De Rossi questa iscrizione come la regina delle iscrizioni cristiane.

Or bene l'iscrizione di Abercio importante per tanti punti del dogma cattolico lo è sopratutto per l'Eucaristia, ed io ne riporterò qui una parziale versione (Fig. 5).

« Io son Abercio, il discepolo del Pastore immacolato che pasce le sue greggi per i monti e per le valli, che ha grandi occhi che vedono tutto. Egli mi insegnò la dottrina della vita, e mi mandò a Roma a contemplare un regno ed una regina vestita di oro e con aurei calzari: ed ivi io vidi un popolo decorato da uno splendido segno; e vidi i campi della Siria e Nisibi passato l'Eufrate. E dovunque io trovai fratelli riuniti insieme..... E la fede mi fu sempre di guida e mi diè per cibo il pesce grande che la Vergine casta estrasse dalla fonte e diè a mangiare ai suoi amici avendo ottimo vino e ministrando loro una mescolanza di vino e di acqua insieme al pane ». - Chi non riconosce in queste frasi di Abercio lo stesso pensiero che guidò i pittori delle catacombe romane rappresentando in diverse maniere il pane ed il pesce con la coppa di vino? Chi leggendo questo carme non corre colla mente al celebre affresco callistiano della consacrazione eucaristica dove sulla mensa è imbandito il pane e il pesce, e dove la donna, mentre rappresenta la Chiesa può anche simboleggiare la Fede che porge ai cristiani il cibo divino secondo l'espressione di Abercio? Lo stesso linguaggio simbolico troviamo in un'altra epigrafe contemporanea scoperta prima assai nelle Gallie e precisamente ad Autan. Il cristiano per nome Pettorio, cui essa appartenne, si rivolge agli altri fedeli chiamandoli figli dell' ιχϑυς celeste e li invita a purificarsi del cibo eucaristico.

« O divina prosapia del pesce celeste conserva sempre un cuor puro e ricevi qui fra i mortali la sorgente immortale delle acque. - O amico, cura la tua anima con l'acqua largitrice di sapienza. - Ricevi il cibo dolce come il miele del Salvatore dei Santi, mangia con grande desiderio tenendo il pesce nelle tue mani ».

Parole preziose che si rannodano allo stesso ordine d'idee fin qui commentate, e ci richiamano pure al pensiero l'acqua della grazia dipinta nei cubicoli di San Callisto insieme al pesce eucaristico e il dolce latte della visione di S. Perpetua espresse egualmente nelle pitture cimiteriali; e che finalmente ci ritraggono al vero lo stesso atto liturgico della comunione dei primi secoli, quando i fedeli nelle loro mani ricevevano il cibo eucaristico.

La corrispondenza meravigliosa delle due iscrizioni di Abercio e di Pettorio con i monumenti delle catacombe romane ci mostra l'accordo perfetto sul dogma dell'Eucaristia fra le due Chiese di Oriente e di Occidente fin dal secondo secolo; e ci autorizza pure a supporre che Abercio abbia veduto quelle pitture che noi abbiamo descritto o altre dello stesso soggetto.

E possiamo pure supporre che egli, accennando alle adunanze dei fedeli, alle quali intervenne, e dove la fede gli presentò il mistico nutrimento del pesce volesse ricordare pur quelle che tenevansi nelle catacombe romane innanzi forse a quelle stesse pitture che noi ancora vediamo.

L'epigrafe di Abercio allude alle adunanze dei primi fedeli, e ciò mi offre l'opportunità di accennare alle sinassi eucaristiche nei cimiteri di Roma.

E cosa certissima che fin dai primi tempi si usò celebrare la liturgia sulle tombe dei martiri; e basterebbe la testimonianza degli atti di S. Policarpo scritti poco dopo la morte di lui, nel 155, ove si accenna al sagrificio, che doveva offrirsi sulla sua tomba nel giorno anniversario. La stessa cosa è riferita in altri atti sinceri di martiri; ma se pure i documenti storici restassero muti, basterebbero le catacombe romane a mostrare la verità di un tal fatto presentandoci esse numerose cripte di forme svariate, le quali senza dubbio servirono alle adunanze dei fedeli anche nei secoli delle persecuzioni. E tali adunanze tenevansi con piena libertà certamente anche prima di Costantino; giacchè è certo che i cristiani ebbero il libero possesso dei loro cimiteri nei primi tre secoli, essendo quei luoghi garantiti e difesi dalle leggi romane che tutelavano la inviolabile proprietà delle tombe. Siffatta libertà ebbe però delle interruzioni; giacchè sotto il regno di Valeriano nel 258 e poi durante quello di Diocleziano le catacombe furono confiscate. Anche allora però i cristiani continuarono il pio costume di adunarsi a pregare nei cimiteri. Ma la violenza dei persecutori li raggiunse anche in quei profondi recessi; e là sulla Salaria innanzi all'avello dei SS. Crisanto e Daria la Messa dei Martiri fu interrotta dal martirio stesso degli adunati; e sull'Appia il pontefice Sisto II venne sorpreso dagli sgherri imperiali, mentre celebrava sulla cattedra, e fu condannato a morire nel luogo stesso ove aveva adunato i fedeli. E fu allora che egli venne raggointo dal santo levita Lorenzo, cui il vecchio Papa predisse imminente il glorioso martirio.

E a queste adunanze vietate da Valeriano ai fedeli si collega probabilmente l'episodio di quella comunione nelle catacombe, che resterà memorabile nei fasti della Chiesa perseguitata, perchè diè occasione alla tragica morte di Tarsicio, il primo martire dell'Eucaristis. Fu là sulla via Appia, la via dei trionfatori romani, divenuta, poi la via trionfale dei Martiri, fu là che il giovane accolito, recante le sacre specie ai confessori racchiusi nelle prigioni, volle piuttosto morire che cedere ai profani i misteri divini. Onde meritò poi dal gran Damaso il bellissimo elogio che venne inciso sul suo sepolcro:

TARSICIVM SANCTVM CHRISTI SACRAMENTA GERENTEM CUM MALE SANA MANUS PETERET VVLGARE PROFANIS IPSE ANIMAM PITIVS VOLVIT DIMITTERE CAESVS PRODERE QVAM CANIBVS RABIDIS COELESTIA MEMBRA
Con queste parole il poeta Pontefice del quarto secolo attestò solennemente la fede della Chiesa sulla presenza reale nella Eucaristia, giacchè egli chiamò le specie aucaristiche « il corpo di Cristo ». - Coelestia membra. -

Ecco adunque una insigne ed esplicita testimonianza che l'antica Chiesa non ammetteva la presenza reale nel momento soltanto della comunione come ammettono i protestanti, ma che riconosceva tale presenza anche molto tempo dopo la consecrazione e quando le specie consecrate si portavano lungi dal luogo dove si era celebrata la liturgia.

La Chiesa antica pertanto, di cui Damaso rappresenta la tradizione, aveva su questo punto così importante del dogma cristiano la fede stessa che ha presentemente la Chiesa Cattolica.

Ma quando vennero i giorni della pace costantina non cessò l'uso delle sotterranee adunanze liturgiche sulle tombe dei Martiri. Basiliche risplendenti si innalzarono allora sui loro sepolcri: ma il pio costume delle riunioni liturgiche negli ipogei continuò ancora.

E così Prudenzio, che alla fine del quarto secolo visitò i cimiteri romani, descrivendo la cripta di S. Ippolito sulla via Tiburtina ci indica l'altare donde dispensavasi il Sacramento ai fedeli.

Illa sacramenti donatrix mensa eademque
Custos fida sui martyris apposita
Servat ad aeterni spem iudicis ossa sepulcri.
Pascit idem sanctis tybricolas dapibus.

Il poeta accenna in quel carme alle turbe numerose di visitatori che si affollavano nei sotterranei ambulacri; e di tanta pietà ci restano a testimonio i nomi stessi dei fervorosi devoti, che, discesi in quelle cripte, graffivano qua e là sull'intonaco delle pareti acclamazioni e preghiere.

Ai devoti pellegrinaggi succedettero i giorni di abbandono per le catacombe, allorquando le spoglie gloriose degli eroi della fede vennero tolte da quei sotterranei e trasferite nelle grandi basiliche dell'eterna città; e per più di dieci secoli cessò ogni adunanza liturgica nelle cripte venerande crollate sotto le rovine.

Ma era riservata ai giorni nostri la gloria e la gioia di restituire allo studio e alla pietà gli obliati avelli di tanti martiri e di rinnovare l'oblazione eucaristica e la comunione dei fedeli fra quelle pareti che videro le adunanze dei primi secoli.

Il ricordo dell'Eucaristia e dell'ardente brama che i fedeli avevano di quel mistico cibo apparisce per ogni dove nei venerandi santuari delle catacombe e ci accompagna sotto le varie forme ed allegorie dai tempi apostolici fino all'abbandono di quei sacri luoghi. E la schiera nobilissima di quei monumenti ed il significato loro in rapporto alla vita futura ed alla celeste beatitudine ci mostra sempre più chiaramente che il dogma eucaristico è giunto dai tempi apostolici fino a noi intemerato, e che per gli antichi fedeli l'Eucaristia non era già uno sterile ricordo della cena, come pretendono i protestanti, ma era veramente il centro del culto, l'anima della vita cristiana, il sole splendidissimo della Chiesa.

Della liturgia eucaristica primitiva si svolse poi quella più complicata che dicesi la Messa, la quale conservando sempre la parte sostanziale stabilita fino dai tempi apostolici prese nuove forme a secondo dei diversi tempi e dei luoghi diversi con le belissime varietà dei riti orientali ed occidentali. Ma in tanta varietà il pensiero in quei riti è uno solo; ed essi ci attestano che anche le chiese separate, prima della loro separazione da Roma, avevano la stessa fede nel dogma della Eucaristia ed in quello della comunione dei Santi. E perciò quelle antichissime liturgie, le quali si accordano tutte in modo mirabile, sono la più splendida confutazione del protestantesimo che le mutilò in mille modi e le deformò nelle innumerevoli chiesuole nelle quali si suddivise e ne travisò intieramente il significato primitivo.


OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:23

Miracolo Eucaristico di Siena, Italia (1730)

A Siena si conservano intatte delle Ostie

vecchie quasi 300 anni


CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 22 dicembre 2004 (ZENIT.org).- Per approfondire il tema del Sacramento dell’Eucaristia ZENIT pubblica una serie di storie legate ai Miracoli Eucaristici, curata da Antonia Salzano Acutis, Presidente dell’Istituto San Clemente I Papa e Martire (info@istitutosanclemente.it) e Curator della Pontificia Accademia “Cultorum Martyrum”.

L'Istituto San Clemente sta preparando un libro su 80 Miracoli Eucaristici corredato di disegni e fotografie a colori, che uscirà nel marzo del 2005.

* * *


Miracolo Eucaristico di Siena, Italia (1730)



A Siena, nella Basilica di San Francesco, si custodiscono da 274 anni 223 Ostie che miracolosamente si mantengono intatte da allora, contro ogni legge fisica e biologica. Uno dei documenti più autorevoli riguardo al Prodigio è una memoria coeva del 1730, scritta da un certo Macchi. Ma vediamo cosa avvenne precisamente. Il 14 agosto del 1730, alcuni ignoti ladri penetrarono nella chiesa di San Francesco a Siena, tenuta dai Frati Minori Conventuali e rubarono la pisside contenente 351 Ostie consacrate. Appena il furto venne scoperto, si sospese anche il celebre Palio in segno di riparazione.


Nonostante le diligentissime ricerche condotte dalle autorità religiose e civili, le sacre Particole furono ritrovate, casualmente, la mattina del 17 agosto nel vicino santuario di S. Maria in Provenzano, ove i ladri sacrileghi le avevano nascoste dentro la cassetta delle elemosine in mezzo alla polvere e alle ragnatele. Le Ostie allora furono piamente ripulite, esaminate e debitamente identificate come quelle rubate. Tutto il popolo accorse ad omaggiare con una solennissima processione le sante Ostie, che furono riportate in S. Francesco in un tripudio di canti e di preghiere. Intanto il tempo passava, ma nessun segno di alterazione si notava in esse, a differenza di quanto ci si sarebbe dovuto attendere.


Più volte, a distanza di decenni, uomini illustri le esaminarono con ogni mezzo che il progresso metteva loro a disposizione, moltiplicando però, nel contempo, cause ed elementi che avrebbero dovuto favorirne la corruzione (travasamenti, scuotimenti, contatti, conteggi, pulviscolo, umidità, ecc.). Ma la scienza ha sempre concluso i suoi esami, affermando che "le sacre Particole sono ancora fresche, intatte, fisicamente incorrotte, chimicamente pure e non presentano alcun principio di corruzione". L’Arcivescovo Tiberio Borghese ordinò anche una controprova: fece chiudere per 10 anni in una scatola di latta sigillata alcune Ostie non consacrate. Alla riapertura della scatola la Commissione scientifica preposta trovò al posto delle Ostie solo vermi e frammenti putrefatti.


L’ultimo esame fu autorizzato da Papa San Pio X e ad esso parteciparono illustri studiosi. Questo fu il verdetto della commissione, composta da eminenti professori di bromatologia, igiene, chimica e farmaceutica, che compì il grande esame scientifico del 10 giugno 1914; il verbale che stesero diceva: "le Sante Particole di Siena sono un classico esempio della perfetta conservazione di particole di pane azzimo consacrate nell'anno 1730, e costituiscono un fenomeno singolare, palpitante di attualità che inverte le leggi naturali della conservazione della materia organica. È un fatto unico consacrato negli annali della scienza".


Dirette ed immediate constatazioni si rinnovarono nel 1922, quando il Card. Giovanni Tacci trasferì le sante Ostie in un cilindro di puro cristallo di rocca; nel 1950, allorché furono collocate in un più prezioso Ostensorio; nel 1951, nella dolorosa circostanza di una nuova manomissione sacrilega nella quale i ladri, anche questa volta non identificati, strappati i sigilli e rovesciate tutte le sacre Particole in un angolo del piano marmoreo del Tabernacolo, trafugarono il cilindro di cristallo con tutti gli annessi preziosi.


Oggetto di stupore, di ammirazione e di venerazione da parte di gruppi, di pellegrinaggi organizzati, di personaggi celebri, di dignitari ecclesiastici e laici, le sacre Particole furono adorate anche da Sua Santità Giovanni Paolo II, nel corso della visita pastorale effettuata alla città di Siena il 14 settembre 1980. In quella occasione, dopo averne ascoltata la storia, commosso, esclamò: "E' la Presenza!" Il Miracolo Eucaristico permanente di Siena, per il quale il tempo si è fermato, offre a tutti - dai più scettici ai più distratti - la possibilità di vedere coi propri occhi e di toccare con le proprie mani una delle più grandi meraviglie di Cristo sulla terra, dinanzi alla quale anche la Scienza ha piegato la fronte.


Il Miracolo permanente delle SS. Particolare si custodisce nella cappella Piccolomini nei mesi estivi, e nella cappella Martinozzi nei mesi invernali. La devozione viene alimentata da iniziative varie: l'omaggio delle Contrade; l'ossequio dei bambini della prima Comunione; la solenne processione nella festa del
Corpus Domini; il solenne Settenario Eucaristico di fine settembre, la giornata eucaristica il 17 di ogni mese a ricordo del ritrovamento avvenuto il 17 agosto 1730; e da varie funzioni settimanali per le vocazioni sacerdotali e religiose.

Il grande scienziato Enrico Medi, si espresse così riguardo al Miracolo di Siena: "Questo intervento diretto di Dio, è il miracolo (...) miracolo nel senso stretto della parola, compiuto e mantenuto tale miracolosamente per secoli, a testimoniare la realtà permanente di Cristo nel Sacramento Eucaristico. In questi tempi, tanto difficili per la cristianità e per la Chiesa, in cui riaffiorano dottrine false che vorrebbero inclinare la nostra fede, la città di Siena alza il suo segno e mostra al mondo il suo miracolo".
[Modificato da (Gino61) 06/09/2009 15:27]
OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
06/09/2009 15:28

IL MIRACOLO DI LANCIANO
Il Miracolo Eucaristico di Lanciano


Il Miracolo Eucaristico di Lanciano è avvenuto circa l'anno settecento. Ciò si desume da circostanze e concomitanze storiche dovute alla persecuzione in Oriente da parte dell'Imperatore Leone III, l'Isaurico, il quale iniziò una feroce persecuzione contro la Chiesa e il culto delle immagini sacre (iconoclastia). In concomitanza della "lotta iconoclasta" nella Chiesa orientale, molti monaci greci si rifugiarono in Italia, tra essi i monaci basiliani, discepoli di San Basilio (329-379) Vescovo di Cesarea di Cappadocia (nell'attuale Turchia Orientale). Alcune comunità di esse si rifugiarono a Lanciano.
 

Un giorno un monaco mentre celebrava la Santa Messa fu assalito dal dubbio circa la presenza reale di Gesù nella Santa Eucaristia. Pronunziate le parole della consacrazione sul pane e sul vino, all'improvviso, dinanzi ai suoi occhi vide il pane trasformarsi in Carne, il vino in Sangue.


La tradizione, non attenta come noi oggi ai particolari delle vicende umane, non ci ha consegnato i dati anagrafici del monaco-sacerdote tra le cui mani si è verificato lo straordinario e inatteso mutamento. Sappiamo che era un monaco di rito orientale, greco, appartenente alla grande famiglia spirituale dei basiliani. Un documento del 1631, che riferisce il Prodigio con dovizia di particolari, ci aiuta ad entrare nel mondo interiore dell'anonimo protagonista, dipingendolo "non ben fermo nella fede, letterato nelle scienze del mondo, ma ignorante in quelle di Dio; andava di giorno in giorno dubitando, se nell'ostia consacrata vi fosse il vero Corpo di Cristo e così nel vino vi fosse il vero Sangue".
Un uomo dunque tormentato dal dubbio, disorientato dalle varie correnti d'opinione, anche nel campo della fede, lacerato dalla inquietudine quotidiana.

Quale fu la sua reazione di fronte alla inattesa mutazione che coinvolse anche le specie sacramentali? Attingendo dal citato documento, leggiamo: "Da tanto e così stupendo miracolo atterrito e confuso, stette gran pezzo come in una divina estasi trasportato; ma, finalmente, cedendo il timore allo spirituale contento, che gli riempiva l'anima, con viso giocondo ancorché di lacrime asperso, voltatosi alle circostanti, così disse: 'O felici assistenti ai quali il Benedetto Dio per confondere l'incredulità mia ha voluto svelarsi in questo santissimo Sacramento e rendersi visibile agli occhi vostri. Venite, fratelli, e mirate il nostro Dio fatto vicino a noi'". E' il sentimento comune che si accompagna ad ogni esperienza di Dio e del suo misterioso agire con i figli degli uomini. Il pane e il vino, investiti dalla forza creatrice e santificatrice della Parola, si sono mutati improvvisamente, totalmente e visibilmente in Carne e Sangue.
 

La datazione


Non abbiamo nessun elemento in mano che ci permetta di fissare il giorno, il mese o l'anno preciso in cui l'Evento si è verificato. La voce della testimonianza storica tardiva e la testimonianza della tradizione orale unanime inquadrano il Fatto entro la cornice dell'VII secolo, senza ulteriori precisazioni.

Un qualche aiuto ci viene dalla storia del secolo in questione. Sappiamo per certo che in Oriente, sotto l'Imperatore Leone III, si scatenò virulenta la lotta iconoclasta contro il culto delle immagini sacre, culto ritenuto legittimo e teologicamente ineccepibile dalla Chiesa romana. Una dolorosa vicenda datata all'anno 725 e che determinò un incremento del flusso migratorio dei monaci greci in Italia, tra cui la piccola comunità approdata a Lanciano.

Alla luce di questo generale quadro di riferimento, possiamo ritenere fondatamente e ragionevolmente che il Miracolo si sia verificato tra gli anni 730-750 dell'era cristiana, con buona approssimazione.
 

La conferma documentaria


Prescindendo dai positivi risultati della ricerca scientifica, chi desidera conoscere la storia e il culto delle Reliquie del Miracolo Eucaristico, ha disponibili altri dati informativi disseminati nel tempo; tuttavia non dovrebbe sorprendere nessuno la scarsità del materiale documentario su un evento che risale al 700 d.C. Purtroppo e non solo dalla frequentazione archivistica, ma anche da altre fonti risulta di constatare la scomparsa sconsiderata di documenti e la distruzione incosciente di pergamene avvenuta in Lanciano e altrove. In generale, ciò può attribuirsi sia alle precarie condizioni politiche e sociali verificatesi su vasta scala, soprattutto intorno al mille, sia ad altre cause: alla scarsità dei mezzi di comunicazione scritta (quasi tutto era affidato alla tradizione orale o all'opera indefessa dei pochi amanuensi) si aggiungano gli incendi e i saccheggi divoratori, le frequenti guerre e gli immancabili terremoti, l'incuria umana e l'indifferente utilizzazione delle pergamene come copertine di volumi, come coppe per l'illuminazione a petrolio o comune carta per avvolgervi merce varia.

Il primo documento scritto è del 1631 e riferisce nei minimi particolari l'accaduto al monaco. Nei pressi del presbiterio del santuario, sul lato destro della Cappella Valsecca, si può leggere l'epigrafe datata 1636, dove in sintesi è narrato l'Evento.

Possiamo aggiungere in questa sezione anche le diverse Ricognizioni sul Miracolo. Esse sono verifiche storiche e giuridiche per affermare nei secoli l'autenticità del Miracolo da parte dell'Autorità ecclesiastica.

La prima Ricognizione avvenne nel 1574 dall'Arcivescovo Gaspare Rodriguez, il quale constatò che il peso totale dei cinque grumi di sangue equivaleva al peso di ciascuno di essi. Questo fatto straordinario non fu verificato ulteriormente. Il peso attuale complessivo di grumi è di g. 16,505, quello di ciascuno di essi è di g. 8; di g. 2,45; di g. 2,85; di g. 2,05 e di g. 1,15. Bisogna aggiungere mg. 5 di polvere di sangue. Diversi documenti attestano a partire dal secolo XVI, la venerazione resa alle "reliquie" e l'uso che si aveva di portarle in processione in momenti di necessità gravi e urgenti.
Altre ricognizioni avvennero nel 1637, 1770, 1866, 1970.

Per onestà intellettuale si deve anche affermare che il peso di uno quanto tutti, si verificò solo nel 1574. Ciò non fu riscontrato in nessuna delle successive ricognizioni, compresa quella del Linoli del 1970-71. Casualità, miracolo? Non si sa. Questo fatto però per il Miracolo di Lanciano é solo marginale. Lo si dice perché é scritto nella lapide del 1636.
 

La localizzazione


Siamo nel "bel Paese", l'Italia, nella regione Abruzzo, in provincia di Chieti, nella città di Lanciano. A due passi dalla centralissima piazza Plebiscito, nel cuore del centro storico era aperta al pubblico una chiesetta dedicata a San Legonziano, affidata dal senato e dal popolo di Lanciano ad un modesto nucleo di monaci basiliani, approdati nel capoluogo frenano come profughi. Il Miracolo Eucaristico si verificò in tale tempio e tra le mani di uno di questi monaci orientali.

Recenti ricerche archeologiche confermano abbondantemente la presenza di bizantini in zona all'epoca di cui parliamo. Si sono, infatti, rinvenuti reperti ceramici decorati a bande, tipici dell'età bizantina. L'archeologo Andrea Staffa sostiene: "Esattamente al di sotto dell'attuale altare del Santuario (della chiesa di san Francesco) è stata evidenziata un'aula in muratura di conci quadrangolari di pietra, forse riconducibili all'impianto originario del luogo di culto".

Le Reliquie del Miracolo furono custodite nella chiesetta originaria sino al 1258, passando successivamente dalle mani dei basiliani in quelle dei benedettini (c. 1074) e, dopo la parentesi arcipretale (1229-1252), nelle mani dei francescani. La vicinanza del fiorente monastero di san Giovanni in Venere (alla periferia di Fossacesia), monastero oggi affidato ai Padri Passionisti, in coincidenza con il tramonto della presenza bizantina, favorì l'insediamento dei benedettini nella chiesa di San Legonziano, appunto tra gli anni 1047 e 1076. Il monastero benedettino cominciò a vivere e a conoscere la sua inarrestabile parabola discendente a partire dagli anni 1225, in seguito a fattori interni e a comportamenti antimperiali, che ne decretarono l'espulsione da Lanciano nel 1229.

E così la chiesa del Miracolo fu affidata al clero locale, nella persona dell'arciprete fino alla venuta dei francescani il 3 aprile dell'anno 1252. Nel 1258 i frati francescani ricostruirono la chiesa e la dedicarono a San Francesco. Questi religiosi, a loro volta, dovettero lasciare il luogo nel 1809, quando Napoleone I soppresse gli ordini religiosi. Essi riebbero il loro antico convento solo nel giugno 1953.

Le reliquie, chiuse in un reliquiario d'avorio, furono custodite prima nella chiesa di San Legonziano, poi in quella di San Francesco. Al tempo delle incursioni dei turchi negli Abruzzi, un frate minore, chiamato Giovanni Antonio di Mastro Renzo, volle salvarle e, il 1 agosto 1566, partì portandole con sé. Ma dopo aver camminato tutta la notte, si trovò il mattino dopo, ancora alle porte di Lanciano.

Capì allora che lui e i suoi compagni dovevano rimanervi per conservare le reliquie. Queste, una volta passato il pericolo, furono poste su un altare degno di esse, sul lato destro dell'unica navata della chiesa conventuale.

Furono chiuse in un vaso di cristallo, deposto, questo, in un armadio di legno, chiuso con quattro chiavi. Nel 1920, furono poste (le reliquie) dietro il nuovo altare maggiore. Dal 1923, la "carne" è esposta nella raggiera di un ostensorio, mentre i grumi di sangue disseccato, sono contenuti in un specie di calice di cristallo ai piedi di questo ostensorio.
 

L'esame scientifico


In novembre 1970, per le istanze dell'arcivescovo di Lanciano, Monsignor Perantoni, e del ministro provinciale dei Conventuali di Abruzzo, e con l'autorizzazione di Roma, i Francescani di Lanciano decisero di sottoporre a un esame scientifico queste "reliquie" che risalivano a quasi 12 secoli. Certamente era una sfida: ma né la fede cattolica (che qui non era affatto in gioco), né una tradizione storica certa hanno nulla da temere dalla scienza, perché ciascuna rimane nel proprio campo.

Il compito fu affidato al dott. Edoardo Linoli, capo del servizio all'ospedale d'Arezzo e professore di anatomia, di istologia, di chimica e di microscopia clinica, coadiuvato del prof. Ruggero Bertelli dell'Università di Siena. Il dott. Linoli effettuò dei prelevamenti sulle sacre reliquie, il 18 novembre 1970, poi eseguì le analisi in laboratorio. Il 4 marzo 1971, il professore presentò un resoconto dettagliato dei vari studi fatti. Ecco le conclusioni essenziali:

1. La "carne miracolosa" è veramente carne costituita dal tessuto muscolare striato del miocardio.
2. Il "sangue miracoloso" è vero sangue: l'analisi cromatografica lo dimostra con certezza assoluta e indiscutibile.
3. Lo studio immunologico manifesta che la carne e il sangue sono certamente di natura umana e la prova immunoematologica permette di affermare con tutta oggettività e certezza che ambedue appartengono allo stesso gruppo sanguigno AB. Questa identità del gruppo sanguigno può indicare l'appartenenza della carne e del sangue alla medesima persona, con la possibilità tuttavia dell'appartenenza a due individui differenti del medesimo gruppo sanguigno.
4. Le proteine contenute nel sangue sono normalmente ripartite, nella percentuale identica a quella dello schema siero-proteico del sangue fresco normale.
5. Nessuna sezione istologica ha rivelato traccia di infiltrazioni di sali o di sostanze conservatrici utilizzate nell'antichità allo scopo di mummificazione. Certo, la conservazione di proteine e dei minerali osservati nella carne e nel sangue di Lanciano non è né impossibile né eccezionale: le analisi ripetute hanno permesso di trovare proteine nelle mummie egiziane di 4 e di 5.000 anni. Ma è opportuno sottolineare che il caso di un corpo mummificato secondo i procedimenti conosciuti, è molto differente da quello di un frammento di miocardio, lasciato allo stato naturale per secoli, esposto agli agenti fisici atmosferici e biochimici.

Il prof. Linoli scarta anche l'ipotesi di un falso compiuto nei secoli passati: "Infatti, dice, supponendo che si sia prelevato il cuore di un cadavere, io affermo che solamente una mano esperta in dissezione anatomica avrebbe potuto ottenere un "taglio" uniforme di un viscere incavato (come si può ancora intravedere sulla "carne") e tangenziale alla superficie di questo viscere, come fa pensare il corso prevalentemente longitudinale dei fasci delle fibre muscolari, visibile, in parecchi punti nelle preparazioni istologiche. Inoltre, se il sangue fosse stato prelevato da un cadavere, si sarebbe rapidamente alterato, per deliquescenza o putrefazione.
 

Nuovo esame scientifico


La relazione del prof. Linoli fu pubblicata in Quaderni Sclavo in Diagnostica, 1971, fasc. 3 (Grafiche Meini, Siena) e suscitò un grande interesse nel mondo scientifico. Anche nel 1973, il Consiglio superiore dell'Organizzazione mondiale della Sanità, O.M.S./O.N.U. nominò una commissione scientifica per verificare, mediante esperimenti di controllo, le conclusioni del medico italiano. I lavori durarono 15 mesi con un totale di 500 esami. Le ricerche furono le medesime di quelle effettuate dal prof. Linoli, con altri complementi. La conclusione di tutte le reazioni e di tutte le ricerche confermarono ciò che già era stato dichiarato e pubblicato in Italia.

In maniera precisa, fu affermato che i frammenti prelevati a Lanciano non potevano essere assimilati da tessuti mummificati. La loro conservazione dopo quasi dodici secoli, in reliquiari di vetro e in assenza di sostanze conservanti, antisettiche, antifermentative e mummificanti, non è scientificamente spiegabile: infatti i vasi che racchiudono queste reliquie non impediscono l'accesso dell'aria e della luce né l'entrata di parassiti d'ordine vegetale o animale, veicoli ordinari dell'aria atmosferica. In quanto alla natura del frammento di carne, la commissione dichiara senza esitazione che si tratta di un tessuto vivente perché risponde rapidamente a tutte le reazioni cliniche proprie degli esseri viventi.

Questo responso perciò conferma pienamente le conclusioni del prof. Linoli. E non è meno sorprendente constatare che un miracolo italiano dell'alto medioevo abbia interessato sino a questo punto l'OMS e le Nazioni Unite! Ma, è questa un'altra sorpresa, l'estratto-riassunto dei lavori scientifici della Commissione Medica dell'OMS e dell'ONU, pubblicato in dicembre 1976 a New York e a Ginevra, dichiara nella sua conclusione che la scienza, consapevole dei suoi limiti, si arresta davanti alla impossibilità di dare una spiegazione. L'ultimo paragrafo non è certamente una dichiarazione di fede religiosa, ma è almeno l'apologia dell'umiltà che deve possedere colui che si dedica alla ricerca scientifica. Lo scienziato, a un certo momento delle sue investigazioni, deve ricordarsi che egli non è altro che un uomo sul pianeta terrestre.
 

Alcune illustrazioni per meglio spiegare gli esami scientifici svolti

 

Fig. 1 - (Eosina x 200). Aspetto istologico generale di un campione della Carne , con fibre raccolte in fasci ad andamento longitudinale, come negli strati superficiali esterni del cuore.

Fig. 2 - Il Cuore del miracolo di Lanciano. (Mallory x 250). Un arteria e, molto vicino, un ramo del nervo vagale.

Fig. 3 - Il Cuore del miracolo di Lanciano. (Mallory x 400). Si puo' vedere il classico aspetto "ruvido" dell'endocardio;; la struttura sincitoide del tessuto del miocardio.

Fig. 4 - (x 80). Sopra: Test di emoagglutinazione eseguito su un campione di Sangue di Lanciano: a sinistra, siero anti-A; a destra, siero anti-B. Sotto: Test di emoagglutinazione eseguito su un campione di Carne di Lanciano: a sinistra, siero anti-A; a destra, siero anti-B. Appare così che la Carne e il Sangue di Lanciano appartengono al gruppo sanguigno AB.

Fig. 5 - Tracciato da elettroforesi delle proteine del Sangue

Il profilo delle frazioni proteiche del siero è sovrapponibile con quello di un campione di sangue fresco. In conclusione si può dire che la Scienza, chiamata a testimoniare, ha dato un certo ed esauriente responso, riguardo dell'autenticità del Miracolo Eucaristico di Lanciano.

Fonte: www.miracoloeucaristico.eu

[Modificato da (Gino61) 06/09/2009 15:29]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:22. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com