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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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EUCARISTIA E SANTA CENA

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2009 15:29
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06/09/2009 14:54

L’Eucaristia, memoriale dei “mirabilia Dei”

 

1. ―Tra i molteplici aspetti dell‘Eucaristia spicca quello di ―memoriale, che sta in rapporto con un tema biblico di primaria importanza. Leggiamo, ad esempio, nel libro dell‘Esodo: “Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe” (Es 2,24). Nel Deuteronomio invece è detto:

 

“Ricordati del Signore tuo Dio” (8,18). “Ricordati di quello che il Signore tuo Dio fece…” (7,18). Nella Bibbia il ricordo di Dio e il ricordo dell‘uomo s‘intrecciano e costituiscono una componente fondamentale della vita del popolo di Dio. Non si tratta, però, della pura commemorazione di un passato ormai estinto, bensì di uno zikkarôn, cioè un ―memoriale. Questo ―non è soltanto il ricordo degli avvenimenti del passato, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini. La celebrazione liturgica di questi eventi, li rende in certo modo presenti e attuali

 

(CCC 1363). Il memoriale richiama un legame di alleanza che non viene mai meno: “Il Signore si ricorda di noi e ci benedice” (Sal 115,12). La fede biblica implica quindi il ricordo efficace delle opere meravigliose di salvezza. Esse sono professate nel ―Grande Hallel, il Salmo 136, che - dopo aver proclamato la creazione e la salvezza offerta a Israele nell‘Esodo - conclude: «Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi perché eterno è il suo amore (…). Ci ha liberati (…), ha dato il cibo a ogni vivente, perché eterno è il suo amore» (Sal 136,23-25). Simili parole troveremo nel Vangelo sulle labbra di Maria e Zaccaria: ―Egli ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia (…). Egli si è ricordato della sua santa alleanza (Lc 1,54.72).

 

2. Nell‘Antico Testamento il ―memoriale per eccellenza delle opere di Dio nella storia era la liturgia pasquale dell‘Esodo: ogni volta che il popolo di Israele celebrava la Pasqua, Dio gli offriva in modo efficace il dono della libertà e della salvezza. Nel rito pasquale, si incrociavano pertanto i due ricordi, quello divino e quello umano, cioè la grazia salvifica e la fede riconoscente: «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore (…). Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente infatti il Signore ti ha fatto uscire dall‘Egitto» (Es 12,14; 13,9). In forza di questo evento, come affermava un filosofo ebreo, Israele sarà sempre «una comunità basata sul ricordo»

 

(M. Buber).

 

3.L‘intreccio tra il ricordo di Dio e quello dell‘uomo è al centro anche dell‘Eucaristia che è il ―memoriale per eccellenza della Pasqua cristiana. L‘―anamnesi, cioè l‘atto di ricordare, è infatti il cuore della celebrazione: il sacrificio di Cristo, evento unico, compiuto ef’hapax, cioè ―una volta per tutte (Eb 7,27; 9,12.26; 10,12), diffonde la sua presenza salvifica nel tempo e nello spazio della storia umana. Ciò è espresso nell‘imperativo finale che Luca e Paolo riportano nella narrazione dell‘Ultima Cena: ―Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me… Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me (1Cor 11,24-25; cfr Lc 22,19). Il passato del ―corpo dato per noi sulla croce si presenta vivo nell‘oggi e, come dichiara Paolo, si apre al futuro della redenzione finale: ―Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga

 

(1 Cor 11,26). L‘Eucaristia è, dunque, memoriale della morte di Cristo, ma è anche presenza del suo sacrificio e anticipazione della sua venuta gloriosa. È il sacramento della continua vicinanza salvatrice del Signore risorto nella storia. Si comprende pertanto l‘esortazione di Paolo a Timoteo:

 

“Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti” (2 Tm 2,8). Questo ricordo vive e opera in modo speciale nell‘Eucaristia.

 

4.               L‘evangelista Giovanni ci spiega il senso profondo del ―ricordo delle parole e degli eventi di

Cristo. Di fronte al gesto di Gesù che purifica il tempio dai mercanti e annunzia che esso sarà


 

distrutto e fatto risorgere in tre giorni, egli annota: ―Quando fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù

 

(Gv 2,22). Questa memoria che genera e alimenta la fede è opera dello Spirito Santo ―che il Padre manderà nel nome di Cristo: “Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). C‘è, quindi, un ricordo efficace: quello interiore che conduce alla comprensione della Parola di Dio e quello sacramentale che si realizza nell‘Eucaristia. Sono le due realtà di salvezza che Luca ha unito nello splendido racconto dei discepoli di Emmaus, scandito dalla spiegazione delle Scritture e dallo ―spezzare il pane (cfr Lc 24,13-35).

 

5. ―Ricordare è pertanto ―riportare al cuore nella memoria e nell‘affetto, ma è anche celebrare una presenza. ―L‘Eucaristia, vero memoriale del mistero pasquale di Cristo, è capace di tenere desta in noi la memoria del suo amore. Essa è, perciò, il segreto della vigilanza della Chiesa: le sarebbe troppo facile, altrimenti, senza la divina efficacia di questo richiamo continuo e dolcissimo, senza la forza penetrante di questo sguardo del suo Sposo fissato su di lei, cadere nell‘oblio, nell‘insensibilità, nell‘infedeltà (Lettera Apostolica Patres Ecclesiae, III: Ench. Vat., 7, 33). Questo richiamo alla vigilanza rende le nostre liturgie eucaristiche aperte alla venuta piena del Signore, all‘apparire della Gerusalemme celeste. Nell‘Eucaristia il cristiano alimenta la speranza dell‘incontro definitivo con il suo Signore. ―

 

L‘Eucaristia quindi è il fulcro dell‘intera vita cristiana, la fonte di vita per i cristiani, è di importanza fondamentale capire bene il suo significato, il suo ruolo salvifico, la sua potenza salvifica. Gesù è presente nell‘Eucaristia in anima e corpo, ecco perché chi si accosta ad essa entra in comunione intima con Cristo Gesù.

 

Ecco perché Paolo ci ammonisce, ci avverte, che dobbiamo stare attenti a non accostarci all‘Eucaristia essendo nel peccato, perché così facendo abuseremmo della corpo e del sangue di Cristo, (non dice ―del ricordo di quel sacrificio) questa azione sicuramente è grave, e ne dovremmo rendere conto a Dio. Anche molti cattolici oggi non conoscono bene il valore dell‘Eucaristia, ecco perché vi si accostano con estrema facilita e leggerezza d‘animo. Attenti fratelli perché accostarsi indegnamente all‘Eucaristia è un peccato grave. Nella nostra epoca siamo spettatori di una leggerezza pericolosa da parte di molti fedeli cattolici, direi pure di un‘ignoranza pericolosa, e dall‘altra parte, (cioè tra i protestanti) notiamo una sicurezza nello smentire la dottrina cattolica, che lascia stupefatti. Vedendoli così sicuri molti cattolici sono tentati a dargli credito, avvalorando così le loro tesi. L‘ignoranza è una brutta bestia, il Signore ebbe ha dire:

 

Ma nessuno accusi, nessuno contesti; “contro di te, sacerdote, muovo laccusa. Tu inciampi di giorno e il profeta con te inciampa di notte e fai perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e io dimenticherò i tuoi figli. (Osea 4,6)

 

Il Signore si riferiva ai sacerdoti ebrei che portavano il popolo a sbagliare, ma anche oggi ci sono molti pastori protestanti che portano i loro fedeli a sbagliare.

 

Faccio notare che S.Ireneo vissuto intorno al 170 d.C. nella sua opera ―Contro le eresie nel suo IV libro dice:

 

―Stolti ancora quelli che disprezzano tutta l‘economia di Dio e negano la salvezza della carne e spregiano la sua resurrezione dicendo che essa non è capace d‘incorruttibilità. Ma se questa non ci salva, allora né il Signore ci redense davvero col suo sangue né il calice eucaristico è comunicazione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del corpo.

 

Non c‘è infatti sangue se non dalle vene e dalle carni e dalla rimanente sostanza dell‘uomo, quale divenne davvero il Verbo di Dio. Ora col suo sangue ci redense, come dice l‘Apostolo: ―nel quale


 

abbiamo la redenzione, remissione dei peccati mediante il suo sangue (Col 1,14). E poiché siamo sue membra egli ci nutre per mezzo delle cose create: egli stesso mette a nostra disposizione le creature facendo sorgere il sole e piovere come vuole (cf Mt 5,45); egli ancora riconobbe come proprio sangue la bevanda presa dalla natura creata e lo versò nel suo sangue ed affermò essere suo proprio corpo il pane preso dalla natura creata e col quale fa crescere i nostri corpi.

 

Dal momento che la bevanda mista e il pane ricevendo la parola di Dio diventa Eucaristia, sangue e corpo di Cristo e con questi cresce e si compone la sostanza della nostra carne, come possono negare che carne, nutrita con del sangue e del corpo di Cristo e suo membro, sia incapace di ricevere il dono di Dio che è la vita eterna? Anche il beato Apostolo dice nella lettera agli Efesini:

 

―Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa (Ef 5,30): egli non parla di un uomo spirituale e invisibile ―che lo spirito non ha ossa né carne (Lc 24,39), ma della struttura dell‘uomo vero che è fatto di carne, nervi ed ossa, che è nutrito della sua bevanda che è il suo sangue e del suo pane che è il suo corpo.

 

Fratelli, qui vediamo chiaramente che S. Ireneo crede nella presenza reale del corpo e del sangue di Gesù nel pane e nel vino, dopo la consacrazione (preghiera di benedizione), cioè dopo l‘invocazione dello Spirito Santo, avviene la trasformazione del pane e vino, in vero corpo e vero sangue di Gesù, e teniamo presente che Ireneo visse intorno al 170 d.C. quindi aveva bene in mente gli insegnamenti degli apostoli, sicuramente molto più di quanto li possiamo avere noi a distanza di 2000 anni.

 

Ireneo non fu certo un eretico, ma un autorevole vescovo di Lione, citato spesso anche dagli stessi protestanti, peccato che lo citino solo parzialmente, e non citano mai le sue opinioni circa l‘Eucaristia o il primato di Pietro, oppure sul canone del biblico. Sarebbe troppo scomodo per loro citare qualcuno che dia ragione alla Chiesa cattolica e alla sua dottrina, confermandone l‘apostolicità e la genuinità.

 

Ireneo fu diretto discepolo di Policarpo, che a sua volta seguiva Giovanni apostolo, rileggiamo cosa ci dice Giovanni in merito all‘Eucaristia:

 

Gv 6,48-66 ―Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

 

Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio delluomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nellultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?E se vedeste il Figlio delluomo salire là dovera prima? È lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».

 

Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.


 

Notiamo che Gesù nei versetti di cui sopra dice chiaramente che la sua carne è vero cibo, e il suo sangue vera bevanda, quindi non parla per simbologia, non dice che la sua carne è simbolo di cibo e il suo sangue simbolo di bevanda, Egli qui sta preannunciando la passione, e quindi l‘Eucaristia che di lì a poco istituirà.

 

Richiama alla memoria degli ebrei la manna che mangiarono nel deserto, essa era una prefigurazione dell‘Eucaristia. La manna fu mangiata non ascoltata, quindi voler dire che in questo episodio Gesù intende dire che ―mangiare significa ―ascoltare la Parola di Dio è sbagliato, in quanto proprio il parallelo tra la manna che fu mangiata, e il pane del cielo che deve essere mangiato fuga ogni residuo dubbio sul giusto significato delle parole di Gesù.

 

Gesù non disse ―i vostri padri ascoltarono la mia Parola nel deserto e perirono… ma: ―i vostri padri mangiarono la manna nel deserto e perirono…

 

Quindi i versetti di Gv 6,48 ci fanno capire che Egli intendeva proprio dire ―mangiare il pane della vita, cioè, il suo corpo, nell‘Eucaristia.

 

Anche i discepoli che ascoltarono queste parole non intesero che ―mangiare significava ―ascoltare la Parola ma le intesero correttamente, per questo si scandalizzarono, per questo gli risposero ―questo tuo linguaggio è duro, cioè difficile da capire, i discepoli compresero che Gesù non stava parlando in parabole, figure o allegorie, ma in senso reale, quindi per questo non capirono. Gesù vedendo questi loro dubbi non semplificò in parabole, non chiarì, non c‘era nulla da chiarire perché mangiare significava cibarsi, nutrirsi tramite la bocca e i denti, quindi non c‘era proprio nulla da chiarire perché i discepoli avevano udito bene quelle parole, non capivano il modo come si potesse realizzare una cosa simile, per questo quelle parole gli sembrarono di difficile comprensione. ―Il pane e il vino non sono né in se stessi, né nella concezione semitica, simboli del corpo e del sangue di una persona, e non si trova un solo esempio di un tale riferimento simbolico in tutta la letteratura ebraica; se dunque il vero senso delle parole di Gesù fosse quello di indicare nel pane e nel vino solo un simbolo del suo corpo e del suo sangue, noi ci troveremmo in presenza di una voluta ambiguità, anzi di un vero e proprio inganno perpetrato da Gesù ai danni degli apostoli: questi infatti erano persone semplici e, in mancanza di una valida alternativa, non potevano che prendere le parole del loro maestro alla lettera. Gesù non poteva ignorare questo, quindi se avesse voluto che fossero intese in altro modo lo avrebbe chiaramente spiegato. I migliori interpreti del pensiero di Gesù sono gli evangelisti: appare chiaro dal clima di solennità di cui circondano la cena e soprattutto dalla scelta dei vocaboli, che essi non propendono certo per un‘interpretazione simbolica; risalta in special modo proprio la scelta del verbo ―essere (estìn) quando la lingua greca offre un‘ampia gamma di altri vocaboli più opportuni per chi volesse attenuarne il realismo: evidentemente per fedeltà alle parole di Gesù e con la consapevolezza del loro profondo significato, gli evangelisti hanno scelto diversamente (cfr,

 

Claudio Crescimanno).

 

Il fatto stesso che Gesù sia nato a Betlemme -che significa casa del pane- in una mangiatoia la dice lunga sul profondo ed intrinseco significato di tale fatto. Egli nacque povero, in un grotta, ma per dimostrare povertà estrema, umiltà infinita, c‘era anche bisogno che fosse deposto in una mangiatoia? Noi cristiani sappiamo che le parole o i singoli fatti nella Bibbia hanno sempre un preciso significato, a volte può risultare palese, altre volte più velato, ma nulla in Essa è scritto come semplice riempitivo. Nella mangiatoia veniva e viene messo il cibo per gli animali ruminanti, anche le pecorelle d‘inverno si cibano nella mangiatoia. Il neonato Re dei Re viene deposto nella mangiatoia perché ciò prefigura il banchetto eucaristico, ―chi non mangerà la mia carne e non berrà il mio sangue… il pane vivo e vero disceso dal cielo viene deposto in una mangiatoia per prefigurare l‘Eucaristia.

 

Padre Raniero Cantalamessa ci insegna che: ―Il discorso Eucaristico del capitolo sesto di Giovanni si sviluppa secondo un andamento tutto particolare che possiamo chiamare a spirale, o a scala a chiocciola. Nella scala a chiocciola, si ha l‘impressione di girare sempre su sé stessi, ma in realtà a ogni giro ci si ritrova a un livello un po‘ più alto (o più basso, se si scende). Così qui. Gesù sembra


 

ritornare continuamente sugli stessi temi, ma, a guardare bene, ogni volta viene introdotto un elemento nuovo che ci porta sempre più in alto (o ci fa scendere sempre più in profondità) nella contemplazione del mistero.

L‘elemento nuovo e la nota dominante del brano di Giovanni ha a che fare con il pane.

 

Ben cinque volte ricorre questa parola. I sacramenti sono segni:    - producono ciò che significano.

 

Di qui l‘importanza di capire di che cosa è segno il pane tra gli uomini. Di quante cose è segno il pane! Di lavoro, di attesa, di nutrimento, di gioia domestica, di unità e solidarietà tra quelli che lo mangiano…Il pane è l’unico, tra tutti i cibi, che non dà mai nausea; lo si mangia tutti i giorni e ogni volta il suo sapore ci riesce gradevole. Si sposa con tutti i cibi. Le persone che soffrono la fame non invidiano ai ricchi il caviale, o il salmone affumicato, invidiano soprattutto il pane fresco. In un certo senso, a capire l‘Eucaristia, prepara meglio il mestiere del contadino, del mugnaio della massaia o del panettiere, che non quello del teologo, perché costoro, sul pane ne sanno infinitamente di più dell‘intellettuale che lo vede solo al momento in cui arriva sulla tavola e lo mangia, magari anche distrattamente.

Vediamo ora cosa succede quando questo pane arriva sull‘altare ed è consacrato dal sacerdote.

 

La dottrina cattolica lo esprime con la parola transustanziazione. Con essa si vuol dire che al momento della consacrazione il pane cessa di essere pane e diventa corpo di Cristo; la sostanza del pane cioè la sua realtà profonda che si percepisce, non con gli occhi, ma con la mente e con il cuore cede il posto alla sostanza, o meglio alla persona, divina che è il Cristo risorto e vivo, anche se le apparenze esterne (nel linguaggio teologico, gli ―accidenti) restano quelle del pane.

 

Per capire transustanziazione, chiediamo aiuto a una parola a essa imparentata e che ci è più familiare, la parola ―trasformazione, che significa passare da una forma a un‘altra, mentre transustanziazione è passare da una sostanza ad un’altra. Facciamo un esempio. Vedendo una signora uscire dal parrucchiere con un‘acconciatura nuova, viene spontaneo esclamare: ―Che trasformazione!. In questo caso nessuno si sogna di esclamare: ―Che transustanziazione!. Sono cambiati infatti la sua forma e l‘aspetto esterno, ma non il suo essere profondo e la sua personalità.

 

Se era intelligente prima, lo è ora; se non lo era prima, mi dispiace ma non lo è neppure ora. Sono cambiate le apparenze, non la sostanza.

Nell‘Eucaristia avviene esattamente il contrario: cambia la sostanza, ma non le apparenze.

 

Il pane viene transustanziato, ma non trasformato, le apparenze infatti (forma,sapore, colore, peso) restano quelle di prima, mentre è cambiata la realtà profonda: il pane è diventato corpo di Cristo.

 

Si è realizzata la promessa di Gesù ascoltata nel brano di Giovanni ―il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. L‘Eucaristia illumina, nobilita e consacra tutta la realtà del mondo e l‘attività umana. Nell‘Eucaristia la stessa materia sole, terra, acqua viene presentata a Dio e raggiunge il suo fine che è quello di proclamare la gloria del creatore. L‘Eucaristia è il vero ―cantico delle creature.

 

Sì, la realtà che si nasconde dietro l‘Eucaristia è affascinante, bellissima, meravigliosa, e racchiude in sé tutta la fede cristiana.

 

I chicchi di frumento, che già sono di per sé qualcosa di produttivo, morendo, il chicco, produce altri altre spighe, e quindi altri chicchi, in questo semplice simbolo si racchiude la bellezza della solidarietà cristiana, morire a sé stessi per portare frutto. Poi c‘è la realtà comunitaria, il chicco isolato produce poco frutto, invece associato assieme ad altri chicchi ne scaturisce molto frutto, da qui l‘importanza delle comunità cristiane. I chicchi messi assieme stanno vicini l‘uno all‘altro, ma non si può dire che siano una cosa sola, morendo a sé stessi e diventando farina, formano una sostanza più uniforme, più compatta rispetto alla forma iniziale.

 

Ma ancora non possiamo dire che la farina sia compatta e indivisibile, basta un soffio di vento per spargerla. L’acqua è l‗elemento che unisce la farina facendola diventare una massa più compatta, meno disperdibile, e l’acqua è figura del battesimo, che ci fa diventare UNO in Cristo, ci rende uniti a Cristo.

 

Ma la pasta è, sì, unita, ma non ancora cibo, serve il fuoco per farla diventare pane, il fuoco simbolo dello Spirito Santo, che trasforma, che rende vivi, utili, nutrienti.


 

Ecco come il simbolo del pane racchiuda in se tutta una teologia affascinante e stupefacente, e Gesù scelse proprio il pane come simbolo rappresentativo del proprio corpo, uniti a Cristo tramite segno visibile, utile a noi uomini che non siamo ancora spiriti liberi.

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