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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Il Sacro Cuore di Gesù e il Sacerdozio (da regalare ai Sacerdoti)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 15:17
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07/09/2009 15:02

IL SACRO CUORE E IL SACERDOZIO [SM=g27998]

Madre Luisa Margherita Claret de la Touche

Serva di Dio

Brevissima biografia

Margherita Claret de la Touche è nata a Saint-Germain-en-Laye il 15 mar­zo 1868. È entrata nella Visitazione di Romans il 20 novembre 1890. Il 6 giugno 1896 ha il suo primo incontro con il p. Alfredo Charrier, s.j., che diventa il suo principale confidente e direttore spirituale.

Il 5 giugno 1902 suor Luisa Margherita riceve le prime comunicazioni so­prannaturali in merito a un'Opera da fondare per unire di più i sacerdoti fra loro e farli annunziatori e testimoni di Dio Amore Infinito, perché il suo regno di amore si diffonda,nel mondo. Tali comunicazioni vengono regolarmente trasmesse al p. Charrier e annotate per scritto dalla suora; parte di questi scritti formeranno il materiale del libro Il Sacro Cuore e il Sacerdozio (per le vi­cende relative alla stesura di questo piccolo libro si veda l'introduzione).

Il 6 marzo 1906 suor Luisa Margherita, insieme con tutta la comunità, si trasferisce a Revigliasco (Torino), a causa dell'espulsione dalla Francia. Il 16 maggio 1907 suor L. Margherita viene eletta superiora, e in tale carica resterà sei anni, durante i quali la comunità si trasferirà prima a Mazzè (Torino) e quindi a Parella (Torino); queste due ultime località si trovano nella diocesi di Ivrea il cui vescovo - mons. Matteo Fílipello - prende a cuore la vicenda della nostra suora e si fa promotore nell'attuazione dei desideri manifestati dal Signore.

Nel maggio 1910 esce la prima edizione de Il Sacro Cuore e il Sacerdozio. L'Opera per i sacerdoti, con la denominazione di Alleanza sacerdotale, verrà istituita in diocesi di Ivrea da mons. Fílipello il 16 giugno 1918.

Nel frattempo suor Luisa Margherita aveva aperto in Vische (Torino) una nuova Visitazione con l'intento speciale di pregare per i sacerdoti (19 mar­- zo 1914). A Vische essa muore il 14 maggio 1915.

L'Alleanza Sacerdotale è il ramo centrale di un'Opera più vasta, l'Opera del­l'Amore Infinito, che comprende pure: l'istituto femminile di vita contemplativa Betania del Sacro Cuore, gli Amici e le Amiche di Betania, e le Missionarie del­l'Amore Infinito (istituto secolare); tutti i rami hanno lo scopo di vivere la consacrazione a Dio Amore e di pregare per i sacerdoti.



Parte prima

IL SACERDOTE, CREAZIONE DELL’AMORE INFINITO



CAPITOLO I

Il sacerdote, creazione dell'Amore Infinito


Da tutta l'eternità Dio regnava nella sua pace. Ma l'Amore Infinito sgorgava dal suo cuore: strappò dal nulla, per la potenza del suo Verbo, incomparabili meraviglie, e infine creò l'uomo, si­gnore e centro della creazione.

Nessuno potrà mai dire cosa uscì allora dal cuore di Dio a vantaggio di questa creatura privilegiata. L'Amore Infinito si vestì di tutte le forme: fu generoso e magnifico come un amore divino, previdente e saggio come l'amore di un padre, tenero, delicato e profondo come l'amore di una madre. L'uomo fu ricco di doni, di grazia e bellezza.

L'Amore continuò a effondersi, inesauribile, volta a volta, e im­provviso, come un amore che ripara, che conserva, che dà vita; un amore che protegge, perdona, attende; un amore che riscatta, puri­fica, salva.

Cristo, amore incarnato e salvatore, venne sulla terra. Viveva la stessa vita dell'uomo, toccava le sue debolezze, capiva le sue necessità. Ma soprattutto amava appassionatamente gli uomini, a cui si era intimamente unito.

L'Amore Infinito sgorgava dal suo cuore; voleva qualcuno che potesse continuare la sua opera, che venisse incontro a tutte le ne­cessità dell'uomo per sostenerlo, illuminarlo, ricordargli Dio: creò il sacerdote.

A lui, creatura dell'Amore Infinito del suo cuore, Cristo offrì di partecipare alla sua potenza: gli diede dedizione, disponibilità al servizio, bontà, misericordia. Gli donò umiltà e purezza, riempì il suo cuore d'amore. E, parallelamente alle quattro grandi neces­sità dell'uomo, gli attribuì quattro funzioni.

L'uomo è profondamente ignorante. Anche dopo la grazia del battesimo, le ombre del peccato annebbiano ancora la sua intelli­genza. I peccati personali rendono questa nebbia ogni giorno più fitta: avvolto dall'oscurità, immerso nell'ignoranza e nell'incertezza, l'uomo cammina, senza rendersene conto, verso lo smarrimento eterno. E il prete insegna. Apre l'uomo alla verità, gli fa vedere la strada che conduce a Dio; fa scoprire alla sua anima gli orizzonti luminosi della fede. La sua missione è di dissipare l'oscurità e far splendere di fronte a tutti la verità di Dio, che è, insieme all'amore, la vita dell'uomo.

L'uomo è peccatore. In lui rimangono le tracce indelebili del peccato, e lo spingono al male. Una specie di cedimento si fa sen­tire continuamente nella sua intelligenza come nel suo corpo e, malgrado la grazia che lo solleva e l'Amore Infinito che lo attira a sé, non smette di peccare. Sempre di nuovo imbrattato, ha biso­gno di essere sempre di nuovo purificato.

E il prete assolve. Depositario del sangue di Gesù, lo versa sulle ferite del peccato; attinge nel tesoro infinito dei meriti di Cristo, e offre all'anima purificata nuove energie e aiuti nuovi.

L'uomo è infelice. Bandito dal cielo, vive nella fatica e nel dolore; la sofferenza lo stringe da ogni parte. A volte attacca il suo corpo con la malattia; a volte fiacca il suo cuore con delusioni e lutti; a volte tormenta la sua anima con la paura, i rimorsi o il dubbio.

E il prete consola. Fa conoscere il premio della sofferenza; fa sperare in un'eternità felice in cambio di un dolore passeggero; apre davanti ai cuori afflitti e abbandonati le profondità dell'Amore Infinito; solleva chi è abbattuto rivelandogli la misericordia di Dio e, diffondendo intorno a sé la luce e l'amore, consola ogni dolore e disperde ogni timore.

L'uomo infine ha bisogno di Dio. La sua debolezza deve ap­poggiarsi sulla forza divina, la sua povertà reclama i tesori del cielo; il suo nulla ha un continuo bisogno di appoggiarsi alla sorgente degli esseri. E tuttavia il peccato lo spinge lontano dalla santità di Dio: Dio è grande, è puro, è inaccessibile verità e giustizia. Ci va un mediatore tra Dio e l'uomo, ed è Cristo. Ma tra Cristo e lui, l'uomo, tanto è miserabile, ha bisogno di un altro mediatore: il prete.

E il prete sacrifica. Prende nelle sue mani consacrate la Vit­tima divina; la solleva verso il cielo; Dio, a questa vista, si china sulla terra; la misericordia scende; l'Amore Infinito sgorga più ab­bondante dal seno dell'Eterno. Il Creatore e la creatura si sono riavvicinati, si sono abbracciati in Cristo: si sono riuniti nell'amore. Il prete insegna, assolve, consola, sacrifica per gli uomini. Pri­ma di lui lo aveva fatto, con perfezione suprema, Cristo. Avrebbe voluto continuare per sempre, se fosse stato possibile. Tuttavia, era opportuno che dopo essere passato attraverso la sofferenza, il Cristo fosse stabilito nella gloria. Il suo amore misericordioso for­mò allora il sacerdote, nel quale egli si perpetua, e rivive senza fine la sua vita di amore per gli uomini, suoi fratelli. È attraverso il prete che continua a istruire, purificare, consolare e riavvicinare a Dio tutte le generazioni che si succedono sulla terra.

Nella fase dolorosa che attraversa oggi il mondo, gli uomini sperduti sentono più che mai necessità immense. Chiedono di es­sere nutriti di verità, liberati dal male, consolati dalle loro tristezze, riavvicinati a Dio, riscaldati dall'amore.

Sembrerebbe quasi che Gesù debba tornare di nuovo sulla terra. Ma non è così: può restare nella gloria del Risorto. Ha provve­duto a tutti i bisogni del mondo, lasciandogli la sua Eucaristia e il suo sacerdozio.

Con l'Eucaristia, l'uomo può nutrirsi della verità eterna e del­l'Amore Infinito, divinizzare, in un certo senso, la debolezza che lo porta verso il peccato. Nel sacerdozio, può trovare quegli aiuti che gli sono continuamente necessari nel corso della sua povera vita. Tuttavia, se nell'Eucaristia Gesù è sempre lo stesso, eternamente vivo, nel prete la sua vita divina è più o meno intensa; non per­ché non si doni con uguale abbondanza, ma perché il prete, di questa ricchezza, prende ora più ora meno. Poiché Cristo rivive nel prete, il prete deve vivere di Cristo.

L'Amore Infinito, effondendosi da Dio, aveva creato l'uomo; questo stesso amore, effondendosi dal cuore di Cristo, ha creato il sacerdote; e allo stesso modo in cui l'uomo non trova la sua auten­tica vita e perfezione se non ritornando in Dio, così il prete non può vivere in pienezza, e neppure avere la perfezione del suo sacerdozio, se non andando verso il cuore di Cristo. Ed ecco per­ché, oggi che il ministero sacerdotale è così necessario al mondo, Cristo chiama i sacerdoti al suo cuore: perché essi attingano a que­sta fonte divina novità di grazia e, rituffandosi nell'oceano di amore da cui sono nati, vi trovino un rinnovamento e una crescita di vita sacerdotale.

Il prete, che ha una missione così grande e un ministero ricco di fecondità, vada a Cristo, si stringa a lui. Ripensi a ciò che ha fatto, ascolti la sua parola, penetri i suoi pensieri, lo segua passo passo nel Vangelo, impari da questo Maestro perfetto a compiere degnamente il suo ministero consacrato. Gesù lo ha fatto per pri­mo: il prete non ha che da seguire le sue tracce divine. Rivestirsi di Cristo è imitarlo, riprodurre le sue virtù, le sue azioni sante, fino ai suoi gesti divini. Se qualcuno deve essere rivestito di Cristo, questo è soprattutto il sacerdote, che deve darlo al mondo.



O Gesù, Pontefice eterno, divino Sacrificatore, tu che in uno slancio in­comparabile d'amore per gli uomini tuoi fratelli, hai fatto sgorgare dal tuo Sacro Cuore il sacerdozio cristiano, degnati di continuare a versare nei tuoi sacerdoti le onde vivificanti dell'Amore Infinito.

Vivi in essi, trasformali in te, rendili per mezzo delle tue grazie gli strumenti delle tue misericordie; opera in essi e per essi, e fa' che, dopo di essersi rivestiti di te, per mezzo della fedele imitazione delle tue ado­rabili virtù, essi facciano in tuo nome e per la forza del tuo Spirito, le opere che hai compiuto tu stesso per la salvezza del mondo.

O divin Redentore delle anime, vedi quanto grande è la moltitudine di quelli che dormono ancora nelle tenebre dell'errore; conta il numero di quelle pecorelle infedeli che camminano sull'orlo del precipizio; considera la folla dei poveri, degli affamati, degli ignoranti e dei deboli che gemono nell'abbandono.

Ritorna a noi per mezzo dei tuoi sacerdoti; vivi, o buon Gesù, in essi, opera per essi, e passa di nuovo in mezzo al mondo insegnando, perdo­nando, consolando, sacrificando, riannodando i sacri vincoli dell'amore fra il cuore di Dio e il cuore dell'uomo. Amen.



CAPITOLO II

Gesù è Maestro


Dopo una preparazione lunga e silenziosa di trent'anni, Gesù iniziò a predicare. Possedeva in pienezza tutte le scienze; la sua intelligenza umana, estesa e perfezionata attraverso l'unione con l'In­telligenza divina, giungeva a tutte le conoscenze più alte, e pene­trava fino al minimo dettaglio delle cose. L'armonia meravigliosa tra la sua intelligenza e il suo cuore, l'equilibrio perfetto che re­gnava in tutta la sua persona, regolavano il suo pensiero. Senza aver avuto bisogno di faticare per istruirsi, come tutti gli altri uomini, era padrone della sapienza allo stesso modo in cui, senza ostacolo, racchiudeva l'amore nel suo cuore.

Il mondo attendeva la sua lezione per rinascere alla vita e alla luce; ma Gesù lasciò passare trent'anni prima di manifestare la sua sapienza. Ci si può chiedere il perché di questa attesa, che per molto tempo ha privato gli uomini della luce per dissipare la notte della loro ignoranza. Ma anche in questo Cristo è nostro modello: sapeva che l'uomo ha bisogno di un lungo lavoro e di pesanti fati­che per impadronirsi dei tesori di saggezza e di scienza necessari per istruirsi e ha voluto così dare ai suoi preti l'esempio di una lenta e seria preparazione.

Al professore di una scuola basta sapere ciò che insegna ed essere capace di insegnare; ma quando si tratta di dare Dio agli uomini, non basta coltivare l'intelligenza. Deve essere trasformata la persona intera; e il maestro per primo deve passare per un sus­seguirsi di prove, iniziando almeno ad acquisire quella conoscenza esperienziale dei dolori, delle debolezze, delle miserie dell'umanità che dovrà possedere per istruire e illuminare i suoi fratelli.

Senza dubbio il prete può compiere questa funzione del suo ministero prima d'aver compiuto i trent'anni. Ma in questo ca­so, avrà bisogno di molta prudenza, di diffidenza nei confronti di se stesso e del ricorso umile ad altri che lo illuminino. Deve im­parare soprattutto alla scuola di Cristo: studi questo sublime mae­stro di anime, e si abitui a parlare come lui e a insegnare come lui.

Quando Gesù, lasciando la vita nascosta, iniziò a rivelare i te­sori di verità che portava in sé, il mondo intero era avvolto dal­l'oscurità del peccato. Il paganesimo, con i crimini da esso gene­rati, regnava dappertutto e anche fra il popolo eletto la verità ini­ziava a coprirsi di ombre. I Giudei, che fino allora erano stati i custodi del deposito della verità divina, sembravano vicini a perderlo. Nu­merose sette laceravano la Sinagoga: l'amore per le ricchezze, il desiderio degli onori avevano a poco a poco fatto cadere il muro che separava Israele dai pagani. Per le perfide insinuazioni di una filosofia bugiarda, stretti in un sensualismo snervante e nel dilagare delle passioni, i figli di Abramo sentivano vacillare la loro fede, e vedevano la luce spegnersi nelle loro mani.

In questa situazione apparve Gesù.

Verbo non creato, « Luce da Luce, Dio vero da Dio vero », veniva a portare agli uomini la verità, assoluta, senza confusioni e senza ombre, come è in Dio, nella sua eternità, limpida e sovra­namente pura. Veniva a dare nuova vita alla giustizia e alla verità, senza le quali gli uomini non possono che vagare sperduti nel loro cammino lungo il tempo. Veniva ad affermare, con tutta l'autorità della sua divina Sapienza, i diritti di Dio e i doveri dell'uomo, la misericordia di Dio e la miseria dell'uomo; veniva infine a rimettere ordine nell'intelligenza, sconvolta dagli errori del paganesimo.

La peccatrice di Samaria gli disse un giorno: « So che deve venire un Messia, cioè il Cristo, l'inviato di Dio. Quando verrà, ci spiegherà ogni cosa ». Era questa - istruire gli uomini - la grande missione del Salvatore. Il suo insegnamento è stato uni­versale. Su tutti gli argomenti e in ogni campo ha portato la luce della verità. Ha combattuto gli errori di allora e ha abbattuto in anticipo quelli cui sarebbe giunta in seguito l'attività sregolata del pensiero umano. Ha insegnato, prima con l'esempio e poi con le parole, cosa l'uomo può conoscere di Dio. Lo ha fatto vedere crea­tore potente, infinitamente santo e sovranamente giusto; ma soprat­tutto, lo ha rivelato Padre, ineffabilmente buono e misericordioso.

Il dogma, la morale, i rapporti dell'uomo con il suo Dio e con i suoi simili, i grandi princìpi che devono reggere la famiglia, la società, e orientare la coscienza dell'uomo fra le ombre della vita: tutto è stato penetrato dai raggi luminosi della verità di Cristo. Non trascurava nessuna occasione per istruire la folla: « erano me­ravigliati per questi suoi insegnamenti. Infatti egli li ammaestrava come uno che ha autorità e non come i loro maestri della legge ».

È sufficiente guardare quante volte Gesù, di solito così sobrio e misurato nel parlare, ripete: « In verità, in verità vi dico: noi parliamo di quel che sappiamo e siamo testimoni di quello che abbiamo visto ». Così quando esclama sotto il portico del tempio: « Io sono la via, la verità e la vita; chi mi segue, non cammina nelle tenebre ». E più tardi, all'inizio della Passione, in piedi nel cortile del pretorio, risponderà a Pilato, con maestà incomparabile: « Io sono nato e venuto nel mondo per essere un testimone della verità. Chi appartiene alla verità ascolta la mia voce ».

Questa voce, così umile e così dolce, non risuonò che per tre anni in un piccolo angolo del mondo, privilegiato fra tutti. Pochi uomini la udirono.

Ciò che insegnava, il contrario delle idee allora di moda, sem­brava delirio e follìa: ma era la verità. E la verità resta, prima o poi sconfigge la menzogna, e non muore mai, perché è nata da Dio, ed è immortale come lui.

La verità: ecco ciò che, dopo Gesù e con Gesù, il prete deve dare al mondo. Ma per insegnarla, per comunicarla agli altri, bi­sogna che la possieda in se stesso, e per possederla deve andarla ad attingere alla sua sorgente divina: deve andarla a cercare dal Maestro. Ricevendo la missione di insegnare, il prete riceve una ricchezza di luce che deve sviluppare in sé. Bisogna che renda salda e conservi intatta la verità che ha ricevuto; e sono così numerosi gli errori che la circondano che il prete la difende e la conserva integra non senza fatica e non senza lotta.

La verità di Dio è immutabile e non può cambiare. La Chiesa, inabitata dallo Spirito Santo, la possiede interamente. Se attraverso gli avvenimenti e le vicissitudini dei tempi, sembra che cambi, non è che apparenza. L'intelligenza dell'uomo, in quanto è più o meno pura, la percepisce più o meno luminosa.

La verità può accrescersi e svilupparsi, o al contrario sminuirsi nella comprensione dell'uomo; ma - in se stessa - è una e inva­riabile. Può precisarsi, affermarsi meglio, definirsi e chiarirsi - e questo giustifica lo sviluppo lento, ma incessante, delle verità in­segnate dalla Chiesa. Verità del tutto nuove, ancor più se in con­traddizione con la verità primitiva e antica, non possono esistere.



Il sacerdote, maestro degli uomini

Il prete, dunque, per conservare intatta la verità divina, ver­sata da Cristo nella sua anima il giorno della sua consacrazione, deve restare saldo contro gli attacchi dell'errore. Questi gli ven­gono da tre fronti:

1. Satana, lo spirito cattivo, l'eterno sobillatore di discordia e di odio, che cerca di distruggere la verità ovunque la trova, e cerca soprattutto di strapparla dal cuore del prete, suo nemico, sempre in lotta contro la sua azione infernale.

2. Lo spirito del mondo, i suoi princìpi, che tendono incessan­temente a indebolire la verità; il prete vive nel mondo, respira la sua aria di menzogna, e subisce quasi senza accorgersene l'influsso rammollente delle sue false dottrine.

3. Molti fermenti di errore vivono infine allo stato latente, in lui stesso, là dove il peccato originale ha lasciato le sue tracce. La minima ventata di orgoglio può risvegliarli, la minima impurità può farli proliferare.

Per sconfiggere questi nemici, il prete ha a sua disposizione tre armi potenti, che sempre assicurano la vittoria.

In primo luogo, l'unione alla Chiesa, l'attaccamento instancabile alla Cattedra di Pietro, organo infallibile della verità.

Le imprese di satana infatti non possono nulla contro la roccia su cui è fondata la Chiesa. Non si può smarrire chi cammina con quel Pietro a cui Gesù disse: « Ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno; tu, quando ti sarai convertito, prega per i tuoi fratelli ».

Il prete sconfigge lo spirito del mondo con l'unione a Cristo, vincitore del mondo; e questa unione si produce con lo spirito di preghiera, con lo studio del cuore di Cristo e delle sue adorabili virtù, con la separazione interiore, ma reale, da tutto ciò che nel mondo Gesù riprova e condanna.

Ma per sconfiggere se stesso, per cancellare in sé ogni genere di er­rore, per diventare inaccessibile alle falsità e saldo contro tutti gli attac­chi, per possedere con sicurezza i tesori della verità e conservarli intatti, il prete deve prosternarsi nell'umiltà. Una santa e giusta diffidenza nei confronti di se stesso, del suo giudizio personale, un facile ricorso ai lumi altrui, una umile sottomissione di fede: ecco ciò che è necessario al prete per rimanere integro, premunirsi con­tro le illusioni di una falsa scienza; per essere, in una parola, come Giovanni, lampada sempre accesa che illumina i popoli; per essere, con Cristo, la luce del mondo.

Gesù ha insegnato la verità a tutti, grandi e piccoli, poveri e ricchi, bambini e vecchi. Dal sommo sacerdote alla samaritana, tutti sono stati istruiti dalla sua parola, tutti hanno ricevuto la verità dalla sua divina bocca. Sempre con una meravigliosa elasticità del­l'intelligenza e una incomparabile umiltà, ha saputo mettersi alla portata di quelli che doveva istruire.

Con Nicodemo, dottore in Israele, è profondo, sublime. Af­fronta i misteri più alti; con i sacerdoti, gli scribi, il suo insegna­mento poggia sulla legge, i profeti, la Bibbia. Con la gente, è sem­plice, familiare. Si esprime con similitudini, prese dal lavoro dei campi, e sono le sue parabole: il seminatore, il granello di senape, la vigna, ecc. Si adatta sempre al suo uditorio; ma non è mai vol­gare, mai affettato, mai oscuro, anche parlando degli argomenti più grandi. È il fascino di questo insegnamento di Gesù, luminoso e semplice, tanto ricco di dottrina celeste, eppure spoglio di ogni orna­mento superfluo. Tutto vi è grande: serietà affabile, dignità mo­desta, forza persuasiva, chiarezza di espressione, grazia. In questi paragoni presi dalla natura c'è una poesia penetrante e sublime. Si potesse comprendere nei particolari l'incanto di Gesù... È il Verbo del Padre, il Maestro divino sceso dal cielo a istruire le anime: dir questo, è dire tutto.

Anche il prete deve offrire a tutti l'insegnamento della verità. Se vuol essere davvero un apostolo, autentico sacerdote di Cristo, deve, come Gesù farsi tutto a tutti. Il suo unico scopo dev'essere comunicare la verità che possiede e l'amore di cui brucia.

Siamo ben lontani, dunque, dal cercare uno stile particolare, un metodo nuovo o personale che tutt'al più possono interessare a qualcuno: il prete si sforzi di mettersi al livello di chi lo ascolta. Sempre chiaro, sempre preciso: dica la verità semplicemente, preoc­cupato solo di fare del bene. Troverà così il segreto di quella unzione penetrante che viene dal cuore e che il duplice amore di Cristo e degli uomini, diffonde naturalmente sulle sue labbra. Inse­gnando la verità, il prete deve donare il meglio di sé; senza disprez­zare nessuno, deve buttarsi completamente nella sua missione su­blime di educatore delle anime.



Difficoltà dell'insegnamento

Gesù, nel suo insegnamento, ha incontrato spesso ostacoli, dif­ficoltà, sofferenze. Ha avuto una pazienza infinita. Non si è lasciato scoraggiare né dalla grossolanità di coloro che incontrava, né dalla loro lentezza nel comprendere, né dalle obiezioni campate per aria. Le critiche, gli insulti, la doppiezza di coloro che cercava di istruire e illuminare non sono riuscite a stancarlo. Non ha mai cercato la gloria per sé: non aveva in vista il successo umano.

Ha gettato a piene mani e con tutto il cuore il seme divino nelle anime, e ha lasciato allo Spirito d'amore il compito di farlo schiu­dere e maturare. Sapeva che insegnando la sua morale, dolce sì, ma anche austera, ne avrebbe allontanati molti. Sapeva, perché era Dio, che molti di coloro che istruiva, o avrebbero lasciato morire in loro il germe della vita per negligenza, o l'avrebbero strappato con le loro mani. Ma non ha smesso di offrire a tutti i suoi inse­gnamenti divini, di aprire a tutti i tesori della saggezza.

Contraddizioni, disprezzo, difficoltà di ogni tipo sono anche sul cammino del prete: ma non deve lasciarsi abbattere. Gesù è con lui: le sue promesse possono confortare nelle sofferenze. Il sacerdote prenda dunque la croce del Maestro, e cammini. Ma si guardi bene, con il pretesto di conciliare lo spirito del mondo e lo spirito di Cri­sto, dall'ammorbidire il Vangelo; dal fare, per solleticare le pas­sioni umane, un cristianesimo di fantasia. Le verità del Vangelo si impongono da sole agli uomini, il prete deve solo farle vedere come sono, illuminate dai riflessi della dolcezza e della misericordia del cuore di Cristo.

Affermi i diritti di Dio, le sue leggi giuste e forti, e anche la sua pazienza, la sua bontà, l'amore ineffabile del Redentore; e non si abbassi mai ai compromessi, al modo di ragionare corrente, alla ricerca colpevole del successo personale.

« Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe ». Sono le parole che Gesù disse ai suoi apostoli, mandandoli ad annunziare la buona novella. E lui stesso, nel suo insegnamento, ha unito la sempli­cità e la prudenza. Era molto prudente, quando ammaestrava gli uomini: andava per gradi, sopportava le debolezze, chiedeva a cia­scuno ciò che ciascuno poteva dare, aspettando, con pazienza infi­nita, che si aprisse all'azione della grazia, e rispondesse alle sue proposte misericordiose. Preparava i cuori lentamente e con dol­cezza, prima di far loro vedere la verità; incoraggiava chi era ab­battuto, non pretendeva nulla con durezza.

Anche nel suo insegnamento pubblico era prudente. Si mo­strava sempre rispettoso delle legittime autorità, amico della pace. Sapeva sconcertare, con la sua sapienza, l'astuzia dei suoi nemici; dopo tre anni di predicazione in cui aveva insegnato una dottrina e dato delle leggi opposte a quelle del mondo, non si trovò nes­suno che testimoniasse contro di lui, quando era accusato di fronte ai Giudei e ai capi dei sacerdoti.

Quando sferzava i vizi e gli errori, non faceva mai i nomi dei colpevoli. Ricordiamo la sua discrezione nel colloquio con l'adul­tera. E la riservatezza nelle parole con cui spiegava alla gente i precetti più delicati della morale, rivelando la santità del matri­monio o il fascino divino della verginità. Su quest'ultimo punto, la sua prudenza era così grande, le sue parole così caste che il bimbo più candido e più innocente può leggere e rileggere il Van­gelo senza che nulla lo possa inquietare o fargli intravedere del­le ombre.

Anche il prete allora, sull'esempio di Cristo, unisca nel suo inse­gnamento la prudenza e la semplicità. Se vuol fare del bene al­l'ambiente corrotto in cui vive, deve parlare e agire con la sapienza di Dio. Prudente nella predicazione: più apostolo che polemista, e molto più dispensatore dei doni di Dio e ministro di misericordia, che violento riformatore del mondo.

L'odio non è sconfitto che dall'amore, il peccato è distrutto solo dal sangue di Gesù, mite e umile di cuore. Qualche volta bisogna essere forti: ma la prudenza deve temperare la forza, contenere i giusti rigori, ispirare la punizione altrettanto bene che il perdono. Il prete sia prudente nel suo insegnamento privato; studi bene le anime, prima di divenirne il direttore; sia prudente nel decidere sulla loro vocazione; attento a non far loro contrarre legami che potrebbero vincolarne l'avvenire e, forse, turbare la loro coscienza. Soprattutto il prete sia prudente nei confronti delle ragazze e delle donne: sono già troppo spesso imprudenti loro! Ci sono troppe famiglie turbate, troppi sposi divisi, troppe anime disorientate e qualche volta gettate fuori strada nel loro cammino spirituale da un consiglio dato imprudentemente, da parole certo in sé giuste e sante, ma che potevano essere male interpretate.

Il prete di Cristo, sul suo esempio, si avvolga di prudenza. È anche lui maestro, maestro di anime; è maestro di santità e di virtù. Le sue parole siano allora l'eco delle parole di Cristo, impre­gnate di sapienza, di misura e di verità.



Insegnamento con l'esempio

Cristo non si è limitato a insegnare con le parole, con la pre­dicazione e con i colloqui a tu per tu; ha soprattutto insegnato con l'esempio. « Prima ha fatto - dice la Bibbia - poi ha insegnato »

La miglior lezione è quella dell'esempio. Ciò che l'orecchio non riesce sempre a udire, l'occhio lo vede, ed è più forte, più viva, l'impressione lasciata da ciò che si è visto. Il cuore si accende più facilmente per aver veduto che per aver sentito. Gesù lo sapeva: ed è per questo che, venuto per insegnare le virtù, ha cominciato con il metterle in pratica tutte.

Le faceva vedere in sé così belle, così desiderabili, così sedu­centi che i cuori si accendevano del desiderio di possederle.

Ed è il ricordo delle virtù che lui ha vissuto sulla terra che ci spinge ad imitarle. Pensare alla sua divina pazienza ci rende pazienti, pensare alla sua umiltà ci fa accettare le umiliazioni. Molto più delle poche parole che ha detto e che il Vangelo riporta, è l'esem­pio della purezza sua e della Vergine sua Madre che ha fatto fio­rire ovunque la verginità.

La nostra povera natura era stata così profondamente ferita dal peccato originale che le parole di Gesù, del Verbo incarnato, per potenti che fossero, non avrebbero potuto, forse trasformare gli uomini così prontamente, se il Salvatore non vi avesse unito il suo esempio.

Tutto quello che ha chiesto di virtù e di santità all'uomo rige­nerato, Cristo lo ha fatto per primo. Ha aperto la strada: si è impegnato per primo attirando dietro di sé tutti gli uomini di buona volontà. Si è posto come un modello di fronte all'uomo, sfi­gurato e pallido, che da molto tempo aveva perso la somiglianza con Dio e gli ha detto: « Guardami, e riproduci sulla tela della tua anima i miei tratti divini ». Gesù ha lavato questa tela nel suo sangue, e l'ha resa candida.

È venuta la Chiesa, che, vedendo l'umanità debole e sprovve­duta, l'ha presa maternamente per mano e le ha guidato il pennello. Ed ecco che presto sono apparse copie del Salvatore: alcune erano così somiglianti che il Padre vi ha riconosciuto il suo Figlio. Erano i santi, formati sull'esempio di Gesù, nutriti dalla sua parola, vi­venti la sua vita.

Come Gesù, il sacerdote insegna soprattutto con l'esempio. Deve essere una copia vivente di Cristo, presentare sempre agli occhi del mondo questa immagine divina. Offra dunque, in se stesso, un modello perfetto di virtù, modello vivo e visibile, facile da imi­tare. Uomo debole come gli altri, ma innalzato dalla grazia al di sopra delle miserie e delle bassezze della terra, deve aiutare con il suo esempio gli altri uomini, suoi fratelli, a salire fino all'altezza di Cristo.

« La vostra modestia - diceva l'apostolo ai cristiani - splen­da di fronte a tutti gli uomini ». E la modestia è un velo traspa­rente che tempera, senza nasconderle, due sublimi virtù; il loro pro­fumo insensibilmente si diffonde nei cuori, li attira e li trasforma: è il profumo dolcissimo dell'umiltà e della purezza. L'apostolo rac­comanda questa virtù ai credenti; ancor più va raccomandata ai preti.

Questa virtù divina splendeva sui lineamenti e in tutto l'aspetta di Cristo; nasceva dalla sua profonda umiltà e dalla sua perfetta purezza. Sia anche l'ornamento del prete: lo avvolga da ogni parte, si mescoli a tutte le sue azioni, si incontri nelle sue parole, lo ac­compagni nell'esercizio del suo ministero ed egli sarà una predica­zione vivente della verità e delle virtù di Gesù.

Tutto, nel prete, deve istruire, tutto deve edificare. Messo come un ponte tra Gesù e gli uomini, deve condurli a Cristo e unirli a lui nella sua stessa persona. Bisogna che le anime salgano a Cristo attraverso il sacerdote. Le sue parole, le sue azioni, la purezza, la umiltà, la dedizione della sua vita devono essere leve potenti che sollevano le anime, dei fari luminosi che le conducono a Dio.



Cristo, luce ineffabile, focolare divino della verità increata, vieni a il­luminare le anime.

Tu che sei il Verbo del Padre, splendore della sua gloria e luce del mondo, vieni e allontana le ombre che si stendono sul nostro orizzonte. Ogni giorno parli e insegni nel tuo sacerdozio. La tua luce ci giunga attraverso i tuoi preti, e come dalle loro mani noi riceviamo il tuo Corpo, così dalla loro bocca possiamo ricevere la tua verità. Confermali nel pos­sesso della giustizia e della verità, in modo che non si allontanino mai dalla tua via.

Uniscili intimamente a te; pensino solo ciò che tu pensi, non insegnino che la tua sapienza. Uniscili così strettamente fra loro che siano forti contro lo spirito dell'errore e invincibili all'assalto dei peccato. Riempi il loro spirito della tua luce e il loro cuore del tuo amore casto, perché illu­minino a loro volta le anime che tu hai loro affidato.

Amen.



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