QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Il Sacro Cuore di Gesù e il Sacerdozio (da regalare ai Sacerdoti)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 15:17
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
07/09/2009 15:12

PARTE TERZA

L'AMORE DEL VERBO INCARNATO PER 1 SUOI SACERDOTI



CAPITOLO I

Amore di Cristo per i suoi sacerdoti prima della sua nascita


Il Verbo, Dio da Dio, luce da luce, generato e non creato, ge­nerato dall'Amore Infinito, Amore egli stesso, tanto autenticamente Amore quanto autenticamente Dio, è rimasto lo stesso anche nell'in­carnazione. E poiché Gesù Cristo, Verbo incarnato, è Dio, è anche l'Amore.

L'umanità di Cristo, unita a questo Amore, penetrata da lui, animata da lui, deve amare, e ama: ama di un amore appassionato e ardente. Ama, per tutta la sua vita, in pienezza. Il cuore di Cristo ha dei battiti che i nostri cuori non ci hanno mai fatto ascoltare. Ora che il Salvatore è nella gloria, continua ad amare. Amerà nello spazio immenso dei tempi e, come Gesù risorto non muore più, così anche il suo cuore non può più smettere di amare. Per tutta l'eternità amerà di un amore senza cedimenti e senza fine.

Questo amore di Cristo che non avrà mai fine, ha però avuto un inizio. Il Verbo ama da sempre; ma il cuore d'uomo di Cristo, creato nel tempo, ha iniziato a battere un giorno preciso: un giorno ha iniziato ad amare. Quando vediamo un grande fiume scorrere maestosamente, pensiamo con naturalezza che quelle onde che si spingono e si succedono andranno infine a perdersi nel mare, in quell'oceano immenso nel quale si confonderanno. Ma qualche volta ci fermiamo a pensare alla sorgente da cui questo fiume dalle larghe onde è uscito, e risaliamo il suo corso per cercare il luogo, in genere solitario e nascosto, da cui stillano le prime gocce delle sue acque. Così, meditando sull'amore infinito di Cristo, possiamo non soltanto considerarlo nella sua durata eterna; possiamo cercare l'inizio di questo amore, risalire fino al primo battito del suo cuore.

Il Verbo si abbassava nell'incarnazione per glorificare il Padre dei cieli e riscattare gli uomini dal peccato e dalla morte. I primi palpiti del cuore di Gesù furono quindi certamente per il Padre suo, per la Vergine che gli aveva dato il suo sangue e la sua carne, per l'uomo peccatore che veniva a salvare. Ma, accanto a questi tre grandi amori, vediamo nascere in Cristo un'altra predilezione che dominerà l'intera sua vita e di cui non cesserà mai di fornire le prove.

Appena concepito nel seno verginale di Maria, ispira sua Madre a dirigersi verso le montagne ed entrare in casa del sacerdote Zac­caria. Ha fretta di comunicare a Giovanni, ancora nel seno materno, la purezza e la santità.

È questo l'amore di Cristo per i suoi sacerdoti, per quel sacer­dozio di cui egli è il Capo. Sacerdote in eterno nell'ordine di Melchi­sedech, unico sacerdote in cui e per cui soltanto ogni altro sacerdote è tale, Cristo ama, con un amore di predilezione, coloro che rende partecipi del suo sacerdozio. Li ama: e riconosce, nel bambino di Elisabetta, l'anello misterioso che congiunge il sacerdozio dell'Antica Alleanza, che sta per scomparire, al nuovo sacerdozio che egli sta per fondare. Grazie a Giovanni, la catena sacerdotale non sarà spez­zata. Per mezzo suo il germoglio che nasce dal ceppo abbattuto di Aronne potrà trarre la sua linfa da un passato glorioso, mentre il fuoco dello Spirito e la rugiada del sangue di Cristo gli faranno crescere fiori meravigliosi e frutti squisiti. Ecco che cosa ha attratto il Verbo incarnato verso il figlio di Elisabetta e di Zaccaria.

Ma, si potrebbe obiettare, Giovanni non fu un sacerdote. Non successe a suo padre nelle funzioni del culto. Non lo si vide, al Tempio, offrire l'incenso o sacrificare agnelli sull'altare. Non mangiò mai la carne delle vittime offerte a Jahwè. Non visse il ministero del sacerdozio cristiano; non prese parte alla Cena del Signore; non consacrò il calice del sangue di Gesù; non amministrò i sacramenti vivificanti della nuova Alleanza.

Siccome doveva servire da ponte fra i due sacerdozi, non doveva appartenere completamente né all'uno né all'altro, e tuttavia parte­cipava di ciascuno di essi.

L'Evangelista sembra compiacersi nel far risaltare il carattere sacerdotale del Battista, quando annota, all'inizio del suo libro, che non solo Zaccaria, ma anche Elisabetta erano della stirpe di Aronne. L'annuncio del prossimo concepimento di Giovanni è dato, a suo padre, nel Tempio, e nella parte riservata ai sacerdoti, mentre Zac­caria offre l'incenso, nel pieno quindi del suo servizio sacerdotale. Giovanni nasce. Ben presto si ritira nel deserto ed è là che cresce separato dal resto degli uomini, educato soltanto da Dio.

Giovanni è in un certo senso sacerdote. Il suo tempio è il de­serto. E’ là, sotto lo splendido cielo d'Oriente, che fa salire verso Dio l'incenso della sua adorazione e il canto armonioso del suo amore; è là che offre una vittima, certo migliore di quelle della legge an­tica e tuttavia inferiore alla Vittima della nuova Alleanza: offre se stesso, immolandosi con la spada di una rigida penitenza.

Come i preti del sacerdozio cristiano, annuncia la buona novella, predica la penitenza, indica il Salvatore agli uomini, insegna, illu­mina, rimprovera. Giovanni è una magnifica figura di sacerdote, di­staccato dai legami del mondo, puro nella sua vita, appassionato della verità, in tutto dedito agli uomini, forte nella condanna del male. Il rigore della legge del timore si sente nella sua predicazione, che non è ancora stata penetrata dalla misericordia di Cristo. Ma è umile, dimentico di se stesso, rispettoso e tenero con Gesù.

Giovanni era il precursore di Cristo; ogni prete è chiamato ad essere come lui precursore di Gesù. « Ecco l'Agnello di Dio »: dopo diciannove secoli, i preti lo ripetono ancora presentando l'Eucaristia, e sono un'eco della parola del Battista.

È stato quindi l'amore per i suoi sacerdoti che ha condotto Gesù dal Battista, per donargli l'abbondanza della grazia. Purificandolo, santificandolo, colmandolo di gioia nel seno di sua madre, purificava il suo sacerdozio, lo separava, lo innalzava sull'umanità. E più tardi, quando, sulle rive del Giordano, chiese a Giovanni il suo battesimo e si chinò sotto la sua mano, lo fece certo per assumere la forma del peccatore e rendersi simile a noi; ma era anche un omaggio al suo sacerdozio. Alludeva a quell'atteggiamento di sottomissione che

avrebbe assunto nei confronti dei suoi preti, rimettendosi nelle loro mani, obbedendo alla loro volontà (nell'Eucaristia).

Cristo ha donato ai preti le primizie del suo amore, nella per­sona di Giovanni. $ una consolazione, per essi, saperlo. Sono loro che erano amati già nel precursore; loro cui si rivolgeva la grazia preveniente di Cristo; loro che egli muniva dei suoi doni. È una consolazione, e uno stimolo: ad amare, ad offrire a Cristo la pro­pria giovinezza, i primi battiti d'amore del proprio cuore.



CAPITOLO II

Amore di Cristo per i suoi sacerdoti durante la vita nascosta e la vita pubblica


Gesù ha amato i suoi sacerdoti fin dall'aurora della sua vita, da quell'istante in cui i primi lineamenti della sua umanità sono stati formati in Maria. E come un recipiente si impregna e conserva a lungo il profumo del primo liquore di cui è stato riempito, così il cuore di Cristo era stato, fin dall'inizio, colmato di amore per i suoi preti, essendone compenetrato più profondamente che da qual­siasi altro amore. In tutta la sua vita ha lasciato trasparire questa predilezione per il suo sacerdozio.

Dei lunghi anni della sua vita nascosta a Nazareth ci è giunto soltanto un frammento. Salito a Gerusalemme per la festa, all'età di dodici anni, Gesù rimane, all'insaputa di Maria e Giuseppe, in città e viene ritrovato dopo tre lunghi giorni di ricerche. È rimasto al Tempio. Viene ritrovato là, non in adorazione davanti all'Arca, non accanto all'altare dei sacrifici, ma con i dottori e i sacerdoti, mentre li ascolta e li interroga?

Più tardi, nella vita pubblica, questo rispetto per i sacerdoti rimane. Un giorno, guarisce un lebbroso: « Va' - dice -, e fatti vedere dal sacerdote ». Rendigli omaggio, riconosci la sua autorità, fa' ciò che vuole, sembra aggiungere. Obbligato, per illuminare il popolo, a sferzare i vizi e le degradazioni di questo sacerdozio giu­daico, un tempo così grande e ora caduto così in basso, Cristo non dimentica di far notare la dignità sacerdotale, e di indicare i sa­cerdoti e i dottori dispensatori della verità e maestri degli uomini: « Sono seduti sulla cattedra di Mosè: fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno ».

Giovanni, nel Vangelo, riferendo questa parola di Caifa: « E’ meglio che un solo uomo muoia per il popolo », ci fa notare la grandezza del sigillo sacerdotale e i privilegi che conferisce: « Pro­fetizzò - dice il Vangelo -, perché era Sommo Sacerdote ». Mal­grado la propria indegnità, a dispetto dell'odio e della gelosia da cui è animato, Caifa, per il fatto solo che è Sommo Sacerdote, ri­ceve da Dio il dono della profezia. Rivela, con quelle poche parole, forse senza saperlo, il mistero della Redenzione. Sì, anche quando il prete ha sbagliato, anche quando il peccato lo avvilisce e lo macchia, bisogna ancora rispettare la sua dignità. Dio la rispetta anche quando la vede abbassata e avvilita in un Caifa.

Nelle ultime ore della sua vita, Gesù rispetta ancora quel sacer­dozio antico che vacilla sulle sue fondamenta. Si mostra deferente e rispettoso nei confronti di quelli che si sono fatti suoi giudici. In piedi di fronte al Sommo Sacerdote, lo ascolta e gli risponde. Il suo contegno testimonia che ne riconosce l'autorità. Non gli sfugge una parola di protesta. Si lascia colpire, e perdona.

Cristo insegna il rispetto per il sigillo sacerdotale. Il prete co­nosce le debolezze: è un uomo. Gettiamo un velo su queste miserie umane: guardiamo più in alto. Scorgiamo le grandezze di Dio na­scoste sotto la bassezza e la nullità; riconosciamo l'azione di Cristo nascosta sotto ombre umane. E anche quando la decadenza è com­pleta, rispettiamo ancora il prete: è una rovina, piangiamo su questi resti sparsi di un tempio che Dio aveva scelto come sua casa, e che oggi serve di ricovero alle bestie selvatiche. Piangiamo e preghiamo. Se Gesù ha rispettato il sacerdozio giudaico, ancor più ha amato quello cristiano. Lo ha scelto, lo ha formato con le sue mani. È la sua opera preferita, l'opera del suo cuore. Seguiamo Gesù nei tre anni della vita pubblica: lo vedremo senza sosta impegnato nella formazione, nell'istruzione, nel perfezionamento dei suoi sacerdoti. È lui che li sceglie e li chiama a seguirlo. Il suo sguardo si fissa su di loro. Vede le loro possibilità e, a dispetto delle loro miserie e della loro debolezza, li attira a sé. Alcuni, chiamati da lui, si ritire­ranno dopo averlo seguito; altri sentiranno, fin dall'inizio, il loro coraggio vacillare di fronte ai sacrifici che questa chiamata impone. Cristo soffrirà di queste defezioni, e volgendosi verso quelli che gli sono fedeli dirà: « Volete andarvene anche voi? ».

Dopo aver fatto dei Dodici i capi della sua Chiesa, separa an­cora dalla folla dei discepoli, settantadue persone, più fedeli e di­sponibili. Dà loro le istruzioni; trae dal tesoro del cielo la pie­nezza dei doni di Dio; poi li manda, a due a due, ad annunciare la salvezza ad ogni creatura. Quando ritornano dai loro viaggi apo­stolici, li accoglie e li invita con affetto a riposarsi. « Venite, e ri­posatevi un poco ».

Alle folle, parla in parabole, velando lo splendore delle verità di Dio con l'ombra delle immagini, per non abbagliare i deboli occhi della gente. Ma, quando i discepoli gli chiedono, in privato, qualche spiegazione, risponde volentieri ad ogni loro domanda: « A voi è concesso di conoscere i misteri del regno di Dio ». Se li vede spaventati da qualche suo prodigio: « Abbiate fiducia - dice loro -, sono io, non temete ».

Indirizza loro parole sempre soavi, illumina ogni loro dubbio e risolve ogni difficoltà. Attento alle loro minime necessità, cerca oc­casioni per insegnare loro a conformarsi a quelle virtù sacerdotali di cui è lui stesso la pienezza e il modello.



CAPITOLO III

Amore di Cristo per i suoi sacerdoti nelle ultime ore della sua vita


Nelle ultime ore della sua vita mortale, Gesù fece apparire in maniera ancor più evidente il suo amore per i sacerdoti. Nel discorso della Cena che Giovanni ci ha conservato, la tenerezza di Cristo risplende si può dire ad ogni parola: sono le effusioni più intime del suo amore.

« Ho desiderato molto - dice - di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire ». Desiderava rendere partecipi del suo sa­cerdozio gli apostoli, segnarli con il sigillo che li innalza oltre le gerarchie angeliche. Era ansioso di mettersi nelle loro mani nel­l'Eucaristia, di offrirsi totalmente a loro, di dipendere da loro. Come un artista impaziente di veder sorgere sotto le sue mani il capola­voro che ha sognato, Gesù affrettava con il suo desiderio il mo­mento in cui doveva costituire l'opera sognata dal suo Cuore: il sacerdozio cattolico.

« Ho desiderato molto... ». E’ un'aspirazione profonda. Ha desí­derato molto di mangiare questa Pasqua. Altre volte prima di al­lora aveva mangiato la Pasqua con i discepoli: ma non era questa Pasqua, nel corso della quale avrebbe istituito il suo sacerdozio. Come un padre in mezzo ai suoi figli, presiede il pasto; poi si alza e, umilmente, si inginocchia di fronte agli apostoli e rende loro il servizio di uno schiavo, lavando loro i piedi e asciugandoli. Per diminuire, in qualche modo, la distanza che li separa da lui; per incoraggiarli e renderli meno indegni, anche ai loro occhi, della sua bontà. Dice loro: « Voi siete puri »? Fa ancora di più. Li innalza fino a sé. Li rende uguali a sé e si spinge fino ad assicurarli che « chiunque riceverà colui che egli avrà mandato, riceverà lui stesso » La bontà di Cristo non avvolge soltanto i suoi discepoli puri, si estende fino all'apostolo infedele. Con avvertimenti pieni d'affetto cerca di toccare il cuore del traditore. Si sforza di far nascere in lui la fede e la confidenza che potrebbero ancora distoglierlo dal suo peccato.

Il momento solenne è giunto. L'Amore Infinito sta per produrre il suo capolavoro; la sapienza e la potenza di Dio stanno per agire insieme. Sarà il dono per eccellenza della carità di Dio: l'Eucari­stia. Dio con noi, Dio in noi; Gesù Cristo, Dio e uomo, unito spirito a spirito, cuore a cuore, corpo a corpo con l'uomo riscattato e sal­vato: « Prendete e mangiate, prendete e bevetene tutti ».

Ma lo sforzo dell'Amore non è terminato. Gesù non sarà sempre presente, nella sua forma umana e palpabile, a operare il miracolo. Bisogna che altri uomini rivestiti della sua potenza gli succedano e rinnovino, lungo i secoli, la misteriosa transustanziazione che ha ap­pena compiuto. In quel momento il sacerdozio scaturisce dal cuore di Cristo. Coloro che circondano Gesù in quest'ora ricevono quel si­gillo sacro e incancellabile che li rende sacerdoti per l'eternità e che, di generazione in generazione, i chiamati dall'Amore porteranno per la gloria di Dio e la salvezza del mondo.

Appena gli apostoli sono rivestiti del sigillo del sacerdozio, Gesù sente il proprio amore per loro aumentare ancora. Non può più contenerlo in se stesso. Bisogna che lo testimoni loro: « Per voi che siete stati con me anche nella prova, io preparo un regno come il Padre mio lo ha preparato a me »' Come una madre, li chiama « bambini miei ». Non vuole che si lascino prendere dalla tristezza: « Non sia turbato il vostro cuore, ( ... ) vado a prepararvi un posto... ritornerò e vi prenderò con me ». « Pregherò il Padre perché vi mandi il Consolatore... Non vi lascerò orfani ». « Chi mi ama sarà amato dal Padre mio... »

Poi, parla loro della vite e dei tralci, di questa unione misteriosa che stabilisce in lui la comunione di un solo sacerdozio. Raccomanda loro di stringere ogni giorno di più i legami di questa unione indi­spensabile, senza la quale non potranno portare frutto: « In questo è glorificato il Padre mio, se portate molto frutto. Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi. Rimanete nel mio amore ».

Il Battista si era attribuito il titolo magnifico di « amico dello Sposo ». Gesù lo aveva approvato e se ne era servito lui stesso per qualificare i suoi apostoli, rispondendo un giorno ai discepoli del Battista: « Gli amici dello Sposo non possono digiunare e pian­gere quando lo Sposo è con loro ». Ma, in quest'ultima sera, Gesù riprende questo titolo e lo offre solennemente ai suoi sacerdoti, come loro nome: « Voi siete miei amici; non vi chiamerò più servi, ma amici... ». Amico: è il nome proprio della persona amata, della persona scelta dall'amore. Un padre, un fratello, addirittura uno sposo possono non essere affatto amati; ma un amico no. Si è amici soltanto perché si è amati, e se si cessasse di esserlo, si smetterebbe pure di essere chiamati amici.

Il prete è dunque l'amico più caro di Gesù. In mezzo al popolo di Dio, che Gesù ama, Cristo lo ha distinto, e lo ha chiamato alla sua amicizia. Così, dice agli apostoli: « Sono io che vi ho scelti e vi ho costituiti ». E aggiunge: « Vi ho separato dal mondo... ». Cristo separa il prete dalla massa, ma per innalzarlo e unirlo più intimamente a sé.

Infine, per completare la testimonianza del suo affetto e per in­coraggiarli, li rassicura dell'amore del suo Padre dei cieli: « Il Padre vi ama perché voi mi avete amato... ». « Vi ho detto tutte queste cose perché troviate in me la vostra pace. Nel mondo, voi sarete oppressi dalle tribolazioni. Ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo ».

Cristo prorompe in una preghiera ardente. Gli occhi rivolti al cielo, le mani alzate, Gesù raccomanda al Padre il sacerdozio che ha appena istituito. Sa che presto uscirà dal mondo, e che non sarà più visibilmente in mezzo ai suoi apostoli per sostenerli e consolarli. Sa anche che sono deboli, e che nel mondo in cui li invia, come agnelli in mezzo ai lupi, saranno esposti a molte sofferenze e a molti pericoli. Così, in quest'ora suprema in cui sta per abdicare in qualche modo alla sua divinità e alla sua potenza per essere sol­tanto più vittima di espiazione, prova il bisogno di confidare al Padre le attese più vicine al suo cuore: « Prego per loro ».

Tra poco pregherà per i suoi fedeli, per quelli che « crederanno per la loro parola »? Ma ora, pensa soltanto ai suoi preti: « Io non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato ». Chiede per loro la comunione perfetta dei cuori e delle volontà, necessaria per compiere il bene; quell'unione di pensiero e di azione che, sola, è forza e che permetterà alla sua Chiesa di attraversare senza cedi­menti le onde del male e le tempeste della persecuzione: « Che siano uno come noi lo siamo ». Infine, dopo aver ripetuto più volte che i suoi sacerdoti non sono del mondo - indicando anche, con questa insistenza, che se essi devono vivere nel mondo, non devono però assumerne lo spirito, né conformarsi alle sue abitudini - Gesù con­clude con umiltà e tenerezza: « E io mi santifico per loro, affinché anche loro siano santificati nella verità ».

Quando una madre vuole insegnare al suo bambino a camminare, fa ella stessa, davanti a lui, dei piccoli passi, come lui li dovrà fare; e quando, più tardi, gli insegna a leggere, còmpita anche lei, come i bambini, le prime parole del libro. Gesù, che vuole santi i suoi preti, santífica se stesso nelle debolezze e nelle necessità dell'uomo. Li vuole in tutto simili a sé e inizia col rendersi in tutto simile a loro. Così per tutte le virtù: si assoggetta alle precauzioni che richiede il conservare la castità, lui infinitamente puro; e si lascia qualche volta assalire dalla tristezza, per insegnare loro a vincere tentazioni del genere. Si santifica per servire da modello, per essere il tipo eterno del sacerdote cattolico, il tipo completo della perfe­zione sacerdotale.

Le ore sono trascorse rapidamente in questo colloquio intimo, in cui Cristo si è mostrato colmo d'affetto per i suoi discepoli. L'agonia è venuta a ferire il suo cuore... Gesù tuttavia si è rialzato ed è avanzato coraggiosamente verso la coorte che si avvicinava per catturarlo... Giuda gli dà il bacio del tradimento. Gesù potrebbe folgorare con lo sguardo il discepolo infedele, coprirlo di meritati rimproveri o schiacciarlo con un silenzio sprezzante: non fa nulla di tutto questo. Ha visto, sulla fronte del traditore, il sigillo del sacerdozio. Lo rispetta ancora; ama ancora quest'uomo che aveva innalzato e che vede precipitare così in basso: « Amico cosa sei ve­nuto a fare qui? » Qualche istante più tardi, mentre si sta consegnando ai suoi ne­mici, Cristo pensa ancora ai suoi discepoli. Accetta, vuole per sé la prigione e le catene, ma per loro desidera la pace e la libertà:

« Se è me che cercate - dice al capo della coorte, lasciate an­dare costoro ».

Quando Gesù, nell'agonia della Croce, pensò ai suoi apostoli, ai suoi preti che aveva colmato di tanti benefici, il suo cuore si deve essere colmato di amarezza. Pietro, che aveva reso capo e pontefice del suo sacerdozio, l'aveva rinnegato tre volte, dicendo sprezzante: « Non conosco quell'uomo ». Giuda, cui aveva testimoniato una confidenza particolare, lo aveva tradito e venduto, e ora, rifiutando la misericordia, si abbandonava alla disperazione e alla morte.

A eccezione di Giovanni, il fedele, che Gesù vedeva ai piedi del suo patibolo, tutti lo avevano vigliaccamente abbandonato; tutti lo avevano lasciato indifeso e privo di aiuto nelle mani dei carnefici... Restava solo nel dolore... Solo... ma con il suo amore invincibile, e il cuore colmo di perdono.



CAPITOLO IV

Amore di Cristo per i suoi sacerdoti dopo la risurrezione


La morte poteva, per qualche ora, irrigidire il cuore pulsante di amore di Gesù e impedirgli di battere. Ma appena fosse apparsa l'aurora radiosa della risurrezione; appena la vita fosse rientrata trion­fale nell'Umanità del Salvatore, l'Amore avrebbe nuovamente fatto battere il cuore di Cristo, e per primo ne sarebbe traboccato l'amore per il suo sacerdozio.

Le prime parole di Gesù a Maddalena, dopo essersi fatto rico­noscere, sono per i suoi preti: « Va' a dire ai miei fratelli che io risalgo al Padre mio e Padre vostro, al mio Dio e vostro Dio ». I miei fratelli. Non dice: va' a dire ai miei discepoli, o ai miei apo­stoli. Queste parole sono troppo fredde per soddisfare il suo amore. « Andate a dire ai miei fratelli », ripete alle donne venute al se­polcro. I tradimenti, le ingratitudini, le viglíaccherie della vigilia, tutto è dimenticato. Questo amore supera le possibilità di essere capito.

I quaranta giorni che il Salvatore trascorre sulla terra dopo la risurrezione saranno tutti impiegati all'edificazione definitiva della Chiesa e alla formazione dei suoi preti. In precedenza, si offriva alla folla: insegnava, consolava, guariva i malati e accarezzava i bam­bini. Si faceva tutto a tutti. Ora, sembra aver ripreso la vita soltanto per dedicarla ai suoi apostoli. La sua parola, i miracoli, le sue be­nedizioni saranno soltanto per loro. Li copre con la sua potenza, li colma di beni tanto che nessuna creatura potrà eguagliarli. Li in­nalzerà così in alto che i re della terra dovranno inchinarsi a loro e i principati del cielo potranno invidiarli. Li rivestirà a tal punto di se stesso, vivrà a tal punto in loro che compiranno le opere che egli ha compiuto, e anche più grandi ancora. E’ l'amore più grande quello che opera un'unione così totale.

Dopo essere apparso alle donne, il cui coraggio e attaccamento a lui meritavano una simile preferenza amorosa, Gesù apparve a Pietro. Questo discepolo, malgrado la sua caduta così dolorosa per Cristo, è tuttavia il primo a ricevere le sue benedizioni. Perché è il capo del sacerdozio nuovo, pastore supremo del gregge di Cristo. La sera dello stesso giorno, dopo aver illuminato e consolato i due discepoli sulla strada di Emmaus, ed essersi rivelato loro nel­l'Eucaristia, il Salvatore viene al Cenacolo, e appare fra i suoi apo­stoli riuniti. Il suo volto è raggiante; le sue parole colme di tene­rezza: « La pace sia con voi... Perché avete paura?... »' Mostra loro le mani e i piedi, e con semplicità chiede qualcosa da mangiare per convincerli del tutto della realtà della sua risurrezione. Allora, quando la fede entra in loro, Gesù si china e con il suo soffio comunica loro lo Spirito vivificatore.

Al tempo della creazione, Dio aveva formato l'uomo dal fango della terra, gli aveva dato vita con il suo soffio e aveva conferito alla sua anima l'immortalità. Al tempo della Redenzione, questo stesso soffio onnipotente, uscendo dalla bocca del Cristo, comunica ai preti il potere di dare la vita alle anime, di risuscitarle dalla morte del peccato: « Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti ». Quasi una partecipazione offerta ai preti alla potenza creatrice di Dio.

Otto giorni dopo, Gesù appare nuovamente nel Cenacolo. Viene a soddisfare la curiosità del discepolo ostinato e incredulo. « Tom­maso - gli dice -, vieni qui: metti le tue dita nella ferita del mio costato, e non essere più incredulo, ma credente ». Sembra dire: metti la tua mano nel mio cuore e ascolta i suoi palpiti di amore. Tommaso non poteva non riconoscere, in questa bontà, il suo Si­gnore e il suo Dio.

Un giorno gli apostoli, spinti dalla necessità, avevano ripreso le loro barche e le reti ed erano andati a pescare, su quel lago di Ti­beriade che spesso era stato testimone dei miracoli di Gesù. Dopo una lunga notte di lavoro infruttuoso, era giunto il mattino. Ed ecco che sulla riva, alle prime luci dell'aurora, apparve una figura: era Gesù. La sua voce risuonò sulle onde, nel silenzio della natura an­cora addormentata: « Figli miei, non avete niente da mangiare? ». È la bontà di un padre: « Figli miei... ». E quando gli apostoli ap­prodano, trainando le reti miracolosamente cariche di pesci, trovano un fuoco acceso, la colazione preparata e Gesù, come il più piccolo fra loro, che apparecchia ogni cosa e si prepara a servire egli stesso il pasto.

Al termine, Gesù si avvicina a Pietro. Per rimproverargli le sue cadute? Per toglierli il primato e darlo a qualcuno più degno e più fedele? Per metterlo ancora alla prova, e rimetterlo di fronte alla sua debolezza? Niente di tutto questo. Cristo è troppo delicato per fare anche soltanto un'allusione al passato: « Simone, mi ami tu più di costoro? - Signore, io ti amo. - Pasci i miei agnelli », cioè governa il mio popolo, sii loro capo e loro padre, nutrili con le tue attenzioni e le tue fatiche.

E Gesù riprende ancora: « Simone, mi ami tu? - Sì, Signore. - Pasci i miei agnelli! ». Sii madre per il mio popolo, portalo nel tuo cuore, nutrilo di te, offri la vita per lui.

E di nuovo Gesù domanda: « Simone, mi ami tu? ». Due affer­mazioni non sono bastate al Maestro per convincerlo dell'amore di Pietro? Certo sono bastate, e per questo la cura di reggere il popolo di Dio gli è stata affidata. Ma Gesù vuole ancora donare qualcosa al suo apostolo. Vuole affidargli la parte del suo gregge più cara al suo cuore e, per questo, esige un amore più grande e più forte.

Pietro, rattristato da questa inspiegabile insistenza, risponde: « Signore, tu sai ogni cosa, e sai dunque bene che ti amo ». Questa risposta non è solo un atto di amore, come i due precedenti; è anche un atto di fede solida nella divinità di Cristo: « Tu sai ogni cosa », e di assoluta confidenza in lui: « tu sai bene che ti amo ». Gesù aspettava proprio questo. Dice a Pietro: « Pasci le mie pecore ». Sii il capo, il pastore del mio sacerdozio; conduci i miei preti ai pa­scoli della verità. Dedica le tue attenzioni più vigili a queste pecore così teneramente amate; fa' che siano forti e feconde, perché è attraverso di loro che il mio gregge si accresce.

Gesù aveva detto ai suoi discepoli di portarsi su un monte della Galilea, e di raccogliere intorno a sé molti discepoli. Quando fu­rono tutti riuniti, apparve. Questa volta, il Maestro non si accon­tenta più dell'intimità degli Undici. Sta per compiersi qualcosa di grande; vuole che una folla di fedeli sia testimone di ciò che sta per fare, e possa raccontare alle generazioni future l'immensa ge­nerosità e i doni inauditi di grazia e di amore che sta per spargere sui suoi sacerdoti. Tutti si sono prostrati di fronte a lui e lo hanno adorato. Tuttavia Cristo non si rivolge alla folla rispettosa e rac­colta che lo contempla. Chiama a sé gli apostoli, i suoi preti, e di fronte a questi cinquecento testimoni, li riveste della propria po­tenza e conferisce loro la pienezza dei suoi doni.

Con quella autorità sovrana, che gli appartiene; con quella maestà che è anche dolcezza e che sempre lo avvolge, Cristo parla: « Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate e insegnate a tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte e ciascuna le cose che vi ho confidato ».

Ogni potere mi è stato dato, e io vi associo alla mia potenza. Tutto ciò che ho fatto, lo farete anche voi. I miei poteri, ve li do. Andate, non più come uomini deboli e impotenti, ma come Cristi, inviati di Dio. Andate per tutta la terra e ammaestrate tutte le nazioni. Dissipate le tenebre dell'ignoranza; offrite la verità alle in­telligenze; siate i maestri del mondo e gli educatori degli uomini.

Siate preti, ministri del Dio vivente. Agendo in nome della Trinità, purificate gli uomini, trasformateli, innalzateli fino al cielo con la potenza del Padre, con la sapienza del Figlio, con la carità ardente dello Spirito Santo. Tutti quelli che crederanno alla vostra parola, tutti quelli che si sottometteranno alla vostra autorità, saranno sal­vati; quelli che respingeranno il vostro insegnamento saranno con­dannati.

E Gesù termina con queste grandi parole: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli ». Non si indi­rizza alla folla, in questo momento; non vuole quindi parlare qui dell'unione di grazia che deve avere con tutti i cristiani. Non è neppure quell'unione generale che produce la sua presenza eucari­stica, perché tutti possono avvicinarsi al tabernacolo e ogni fedele in grazia può nutrirsi del Corpo del Signore. È di una grazia particolare di unione con i preti che Gesù in questo momento intende parlare; grazia tutta speciale, che unisce così intimamente il prete a Gesù che essi sono un unico sacerdote; unione così stretta che la parola del prete è la parola stessa di Cristo: « Chi ascolta voi, ascolta me », e che disonorare il prete è disonorare Cristo: « Chi vi disprezza, disprezza me ».

Unione d'amore, attraverso la quale Gesù non solo attira il prete a sé, ma penetra in lui, vive in lui per farne un altro se stesso: un altro Gesù nella potenza sugli uomini, nella luce al cuore degli uomini, nella tenerezza per loro.

I quaranta giorni fissati da Gesù volgono al termine; per un'ultima volta, egli si manifesta agli apostoli prima di andare a prendere pos­sesso della sua gloria. Compare in mezzo a loro, a Gerusalemme, e, questa volta, mettendo da parte la sua dolcezza e la sua indulgenza abituali, rimprovera loro la durezza del cuore, la loro lentezza nel credere alla sua risurrezione, il loro orgoglio e la loro viltà.

È ancora il suo amore per gli apostoli che lo spinge a parlare così. Li ha innalzati alle più sublimi grandezze; li ha fatti i maestri del mondo; tra pochi istanti aprirà il loro spirito, dando loro la comprensione delle Scritture; altri doni mirabili saranno loro ben presto comunicati dallo Spirito Santo. Occorre un contrappeso a tanta grazia; bisogna che siano convinti della propria debolezza e della loro miseria di uomini, per non inorgoglirsi, per non esaltarsi, credendosi dei, per i benefici del loro Maestro.

Dopo aver loro svelato il senso nascosto delle Scritture, e aver loro ricordato ciò che era stato scritto di lui e ciò che aveva portato a compimento, dice loro: « Ora, voi siete testimoni di queste co­se... »; « abiterete in Gerusalemme finché non sarete rivestiti di forza dall'alto. Riceverete lo Spirito Santo che scenderà in voi, e mi renderete testimonianza in Samaria, in Giudea... e fino all'estre­mità della terra... ». I confini, i limiti che Gesù mette all'apostolato dei suoi sacerdoti e alla loro azione divinizzante sono soltanto le estremità della terra!

Terminate queste parole, Gesù esce con gli Apostoli e li con­duce sul monte degli Ulivi. Percorre ancora una volta con loro quella strada che avevano fatto insieme, quaranta giorni prima, la sera della Cena, e dove aveva fatto loro ascoltare quelle parole traboc­canti tenerezza che abbiamo riportato più sopra. Attraversa il giar­dino del Getsemani, testimone della sua agonia, sale, sale ancora.

Giunto in cima al monte, Gesù si volge verso i suoi discepoli. Li guarda, con quello sguardo profondo, luminoso, che penetra fino nell'intimo dell'anima. Tutto il suo amore ardente, fedele, buono passa in quello sguardo che getta sugli apostoli prostrati ai suoi piedi. Alza le braccia per benedire e, lentamente, come rincresciuto di lasciare i discepoli che ama, si innalza nel cielo limpido, splendente del sole di primavera, sale a poco a poco, allontanandosi gradata­mente dalla terra. Presto una nube di luce lo avvolge; gli apostoli distinguono soltanto più le mani tese che continuano a benedire; poi, tutto si perde nella luce: Cristo è entrato nella gloria.



Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:12. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com