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Il Sacro Cuore di Gesù e il Sacerdozio (da regalare ai Sacerdoti)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 15:17
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07/09/2009 15:13

CAPITOLO V

Amore di Cristo per i suoi sacerdoti dopo l'ascensione


Appena formato nel seno di Maria, il cuore di Cristo aveva pal­pitato d'amore per il suo sacerdozio. Il figlio di Zaccaria era stato il primo ad avvertirne gli effetti e, come abbiamo visto, tutta la vita di Gesù è stata una lunga serie di testimonianze di questo amore. Nelle ultime ore della sua vita, fino alla sua morte, amò i suoi sa­cerdoti. Dopo la risurrezione, si dedica ad essi completamente, li ricolma della pienezza delle sue grazie e li uguaglia, per così dire, a se stesso.

Ma dopo che è salito al cielo? Nella beatitudine in cui regna, nella gloria eterna che gli apparteneva di diritto e che tuttavia ha voluto conquistare, il suo amore non è cambiato. Ciò che amava nella sua vita terrena, lo ama di un amore eterno, senza turbamenti e senza fine.

Così, vediamo Cristo, nel momento in cui abbandona la terra, lasciare ai suoi sacerdoti un altro segno della tua tenerezza. Mentre sale verso il cielo, dalle sue mani benedicenti cade sui discepoli un dono di grazia immenso, precursore di quei doni ancor più meravi­gliosi che presto lo Spirito comunicherà loro.

L'autore ispirato nota espressamente che dopo l'Ascensione gli apostoli lasciarono il monte degli Ulivi e rientrarono pieni di gioia in Gerusalemme.' Avevano perso la presenza visibile, così consolante e fortificante, del Maestro. Si vedevano soli di fronte a un avvenire colmo di persecuzioni e sofferenze; senza forza, senza luce, in un'at-

tesa colma di incertezza, con il peso di una missione schiacciante. Tristezza, inquietudine, scoraggiamento, dolore travagliavano il loro cuore, e tuttavia tornavano colmi di gioia.

Questa gioia, era il dono di Cristo al suo sacerdozio. Non era affatto una consolazione vana, un godimento terreno; ma una un­zione santa, uscita dalla carità di Dio e passata dalle mani di Gesù fin nel più intimo del cuore degli apostoli. Era, se così ci si può esprimere, la gioia sacerdotale.

Il prete soffre, e soffre più di altri, forse, perché deve vivere quotidianamente al di sopra di se stesso, separato costantemente da tutto ciò che è soltanto umano. Ma, se è fedele, prova con tutto questo, nel profondo di se stesso, un sentimento di gioia che supera la natura, una tranquilla serenità, una unzione particolarmente dolce che, dal suo intimo, si diffonde fin sul suo volto.

Di solito, il prete fedele e fervente è gioioso. [ ... ] La purezza della sua vita, l'unzione della gioia sacerdotale, gli conservano in­fatti la giovinezza e, fino a un'età avanzata, il prete conserva una freschezza d'animo, una vivacità di sentimenti, una delicatezza di impressioni che gli altri uomini non saprebbero avere.

Un solo amore riempie il cuore del prete: l'amore di Dio. Questo unico e vivificante amore non delude. Una sola ambizione lo spinge e lo guida: la gloria di Dio. E questa nobile ambizione non è mai delusa. Così la gioia lo invade, ed è per lui una prima e magnifica, ricompensa per i sacrifici che ha accettato. È un saggio della beati­tudine promessa ai valorosi soldati di Cristo, assicurata agli amici più cari del Salvatore.

Dieci giorni dopo l'Ascensione, il Consolatore promesso, lo Spi­rito di amore che procede dal Padre e dal Figlio, è inviato da Gesù agli apostoli per completare la sua opera in loro, per ultimare di istruirli, per illuminarli, fortificarli e arricchirli dei doni più belli. L'Amore Infinito quel giorno non ha badato a misure o a riserve, e si è diffuso così totalmente sul suo sacerdozio che Pietro e i suoi fratelli riuniti non furono soltanto nutriti e saziati dalla grazia, ma furono davvero inebriati, e talmente trasportati dall'amore che un solo istante bastò a trasformarli.

Dopo questo dono dello Spirito Santo fatto da Gesù al suo sacerdozio, non ci fu neppure un giorno, forse neppure un'ora che non fosse segnata da testimonianze nuove dell'affetto di Cristo per i suoi preti. Nella lunga serie dei secoli, vediamo questo Amore In­finito avvolgere il sacerdozio, e il Maestro divino lavorare con lui, combattere per lui, vivere in lui.

Nel corso dei lunghi secoli in cui il sangue dei cristiani inondava la terra, il sacerdozio era là, nella prima fila dei martiri, incoraggiando i deboli, sostenendo quelli che vacillavano. Molti pontefici e preti hanno ricevuto allora la palma della vittoria.

Al sorgere delle eresie, il sacerdozio era presente per difendere la verità in pericolo. Sono i Gregorio, i Basilio, gli Agostino che Gesù illumina ed erge come una barriera invincibile di fronte al­l'errore e alla menzogna.

Cristo rende grande il sacerdozio in Ambrogio, che ferma l'impe­ratore eretico sulla porta della cattedrale e lo spinge a inginocchiarsi in penitenza. Lo rende potente in Leone, che ferma con un gesto il torrente in piena dei barbari.

E, mentre quel nuovo periodo di trasformazione si delineava come una civiltà nuova, è ancora il sacerdozio che illumina le na­zioni sorgenti e i popoli nuovi. Sono molti i santi papi sulla cattedra di Pietro. Molti i santi vescovi che portano in ogni regno, insieme alla fede cristiana, lo splendore della morale del Vangelo. Più tardi, è la voce di un papa, la voce di un prete che incita l'Europa intera e la getta, entusiasta, alla conquista del sepolcro di Cristo.

La teologia, la filosofia, le scienze, le stesse arti ricevono dal sacerdozio un impulso nuovo. Si vede ancora sotto il suo soffio vivo l'opera immortale di un Tommaso d'Aquino e di un Bonaventura, insieme alla meravigliosa architettura delle cattedrali gotiche.

Accanto alle arti e alle scienze, splendono le virtù più sublimi e, se seguiamo il corso dei secoli, vedremo sempre Gesù colmare dei suoi benefici i suoi papi e i suoi preti. Cristo incorona il suo sa­cerdozio di ogni gloria; gli affida la direzione delle anime; lo rende grande, potente, disinteressato, caritatevole e misericordioso come lui. Lo rende umile nelle persecuzioni, coraggioso nella sofferenza, forte contro i nemici della fede, ardente alla conquista delle anime.

Sono, volta a volta, Domenico e i suoi predicatori; i figli umili e poveri di San Francesco; il cavaliere Ignazio e il suo esercito d'élite; Filippo Neri e i santi preti che lo seguono. E’ il grande vescovo di Milano che unisce alla porpora cardinalizia la povertà di Cristo e l'austerità degli anacoreti. È il vescovo di Ginevra, dolce e forte, il maestro della pietà e dottore dell'amore.

È, per fermarsi soltanto alla Francia in questi secoli così fe­condi, un Vincenzo de' Paoli colmo della carità del Salvatore, e la schiera dei preti santi, Bérulle, Condren, Olier e i loro ferventi di­scepoli. Sono i grandi oratori che fanno splendere la verità dal­l'alto della cattedra cristiana, e quella folla di missionari, chiamati da tutti i popoli, che fanno germogliare con il loro sudore e il loro sangue, su ogni spiaggia, nuove comunità cristiane.

Durante i giorni bui della Rivoluzione francese, Cristo ha con­cesso a molti preti fedeli 1'onore e la grazia di versare il loro sangue nel suo nome. Altri hanno preso la strada dell'esilio; altri ancora, con dedizione ammirevole, hanno rischiato la vita per la salvezza delle anime.

Anche nel secolo appena terminato Cristo non ha cessato di distribuire i suoi doni. Vediamo incoronati con la tiara papi ammi­revoli: Pio IX, colmo della bontà del Salvatore, grande nella sfor­tuna, paziente e forte nelle disgrazie, colui che ha proclamato i dogmi dell'Infallibilità e dell'Immacolata Concezione. E Leone XIII, che ha illuminato il mondo con le sue encicliche immortali, re senza territorio, senza tesori e senza esercito, che domina tutti i re della terra e diviene loro arbitro.

In Germania, in Italia, in Francia, ovunque dei vescovi, degni successori degli apostoli, resistono, con la forza che viene loro da Cristo, al dilagare delle rivoluzioni, offrendo se stessi ai colpi del­l'empietà per difendere le pecore del proprio gregge. Ne vediamo morire sulle barricate, o sotto i proiettili dei nemici di Dio, vittime sante immolate per il popolo. E molti preti che creano opere di apostolato, molti che combattono con la parola, molti ferventi e pii... E quelli, i piccoli e gli ignoranti: i Vianney, gli Eymard, gli Chevrier, i Cottolengo, i Bosco e molti altri giganti della santità, premiati da Gesù, l'amico degli umili, con i suoi doni più grandi.

È questo l'amore che ha avuto Cristo per il suo sacerdozio. Ha offerto infinite prove del suo amore immortale durante i diciannove secoli che hanno seguito il suo ingresso nella gloria. Cristo non ha cessato un istante di vivere nei suoi preti, e sono le sue virtù, la sua intelligenza, lo splendore della sua anima e la bontà del suo cuore che abbiamo visto di volta in volta risplendere in loro. Cristo ha donato la sua anima, ha comunicato il suo cuore al suo sacer­dozio: ecco il 'motivo della grandezza di tanti preti nella storia; ecco ciò che li ha resi puri, buoni, ricchi di carità e di luce.



CAPITOLO VI

Amore di Cristo per i suoi sacerdoti oggi


Un così grande numero di doni d'amore non ha esaurito il cuore infinitamente amante di Cristo. All'aurora di questo ventesimo secolo è così ardente, così tenero nei confronti del sacerdozio come al tempo in cui personalmente formava i suoi sacerdoti e, dopo averli edu­cati con la sua parola e con l'esempio, li inviava in missione. Dall'alto del trono della gloria, dal buio dei suoi tabernacoli so­litari e troppo abbandonati, Cristo ha visto gli uomini, traviati da un soffio d'indipendenza, spezzare il giogo benefico della legge e uscire dalla retta via. Ha visto le onde del male avventarsi sulle anime. Ha visto l'idolatria della materia, il culto della ragione umana rimpiazzare nell'uomo la fede nell'Essere creatore, la coscienza del proprio nulla e la speranza nel suo destino immortale.

Ha visto l'egoismo freddo e i suoi calcoli indegni divorare, come un cancro, il cuore dell'uomo, creato per un amore infinito e per gli slanci del dono di sé. Ha visto lo scetticismo, la negazione di ogni azione soprannaturale, l'avidità dell'oro e gli avvilimenti del­l'impurità agire come solventi potenti su tutte le società umane, e, spezzando ogni legame, disgregare e distruggere la famiglia, la fra­ternità sociale e l'omogeneità delle nazioni.

Ha visto il mondo vacillare sulle sue fondamenta e, mosso da una immensa pietà per quest'umanità riscattata dal suo sangue, per questa umanità ingrata che si distoglie da lui, si è chinato verso i suoi sacerdoti e ha detto loro: Venite a me, miei fedeli, miei pre­diletti; venite ad aiutarmi a riconquistare le anime! Ecco che, nuova­mente, io vi mando per ammaestrare le nazioni: offrite loro la salvezza con la verità delle vostre parole e con la luce del vostro esempio.

Dovrete combattere, e soffrire; ma, poiché lavorerete per la mia gloria e mi offrirete le anime, voglio farvi un regalo, il più pre­zioso di tutti i doni: vi regalo il mio Cuore! Ve lo do come spada e scudo nelle vostre battaglie; come guida e luce nel vostro cammino; come consolatore nelle vostre sofferenze. Attingete senza timore ai tesori d'amore che contiene.

Attingetene innanzitutto per voi stessi; arricchitevi della sua pie­nezza; riempitene i vostri cuori fino a farli traboccare. Attingetene ancora per gli altri; diffondete il mio amore fra gli uomini; portate ovunque questo fuoco di Dio che deve purificare e rinnovare la terra. E Gesù, attirando il suo sacerdozio a sé, gli ha donato il suo cuore, segno del suo incomparabile amore.

Ma Cristo ha pensato che non tutti forse ci avrebbero creduto, e che qualcuno avrebbe dubitato della sua parola. Allora ha tratto dal suo cuore un dono di amore visibile a tutti. Ha fatto al suo sacerdozio ancora una grazia, questa volta visibile e tangibile.

Una grande luce si era appena spenta nel cielo della Chiesa; un grande papa era disceso nel sepolcro, e il mondo era in attesa. I figli del secolo, nella loro folle presunzione, designavano anticipa­tamente, secondo le proprie preferenze, il successore di Pietro. I fe­deli pregavano; i cardinali incerti cercavano l'eletto del Signore. Ma lo Spirito Santo, Spirito d'amore, scese sul Conclave, e la sua divina influenza fece uscire dal sacro calice il nome di Giuseppe Sarto. Il mondo rimase ammutolito dallo stupore, e la Chiesa si inginocchiò per ricevere, dalle mani di Gesù Cristo, il vicario che si era scelto.

Il clero comprese presto quale ineffabile regalo il cuore di Cristo gli faceva dandogli come padre e guida il patriarca di Venezia. Nes­suno meglio di lui sarebbe stato capace di guidare il gregge di Cristo: gli agnelli e le loro madri. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto comprendere sia la grandezza del prete, sia le difficoltà che egli incontra, l'azione che può esercitare e i bisogni della sua anima e del suo cuore.

Originario di un'umile famiglia, come la maggioranza dei preti, il nuovo papa aveva vissuto, nella sua giovinezza, la vita austera e laboriosa degli studenti poveri. Si era innalzato, con le sole forze della sua intelligenza, al di sopra della sua condizione. Più tardi, come tanti altri, era stato debitore a caritatevoli protezioni del suo ingresso in seminario. Aveva poi percorso tutti i gradi del sacerdo­zio. Aveva conosciuto l'umile dipendenza e le fatiche del viceparroco, la solitudine della piccola parrocchia di campagna, la vita frugale del povero curato del villaggio. Per molto tempo, per la sola gloria di Dio, aveva offerto il meglio di se stesso alle anime affidate alle sue cure.

Poi la sua luce aveva brillato agli sguardi. Distinto dagli altri per le sue virtù forti e dolci, aveva salito poco a poco i gradi su­periori della gerarchia e, sempre fedele a se stesso, modesto allo stesso modo sotto la mitra del vescovo e sotto la porpora del car­dinale che nell'umile canonica di un villaggio, era apparso ovunque come il modello del prete, del prete secondo il cuore di Dio: fer­vente nella preghiera, votato agli interessi di Gesù, appassionato della verità, rivestito della bontà e dell'umiltà del Salvatore, casto e austero nella sua vita, misericordioso con i peccatori, colmo di amore per Gesù, suo adorabile Maestro, per Maria, sua Madre im­macolata, per la Chiesa e per le anime.

E’ stato appena innalzato sulla cattedra di Pietro che, spinto da un'ispirazione divina, si rivolge ai sacerdoti. Nella sua prima enci­clica, nelle sue prime parole rivolte al mondo, Pio X lascia emergere il suo grande amore per i preti.

Come Gesù, li vuole santi, disponibili, ferventi e dedicati alle anime. Li vuole superiori a tutti per la scienza, certo, ma soprattutto per la virtù. Li vuole colmi dell'ardore apostolico dei primi preti formati da Gesù. Si sente, nelle parole di Pio X, un cuore permeato della grandezza e della bellezza del sacerdozio; un cuore deciso a circondare della sua sollecitudine questa parte più nobile ed eletta del suo gregge. Questo padre, questo pastore delle pecore di Cristo, è un dono d'amore del cuore di Gesù ai suoi preti.

Cristo ha offerto loro questa testimonianza visibile del suo amore. Ha porto loro, presentando il suo cuore, il calice divino da cui l'Amore Infinito si effonde. Non poteva donare loro di più. Ma può donarsi di nuovo ogni giorno; può stringere sempre più strettamente a sé i suoi sacerdoti, amati così appassionatamente per venti secoli; può rendere i preti sempre più simili a lui, sempre più degni del suo amore immortale.

All'inizio abbiamo paragonato l'amore di Cristo a un fiume dalle limpide acque, ed eravamo risaliti verso la sua sorgente, per vedere l'amore per il sacerdozio fluire dal suo Cuore fin dal primo istante del concepimento. Da allora, non ha mai smesso di effondersi. Sem­pre, la tenerezza appassionata di Gesù per il suo sacerdozio è uscita dal suo cuore con una regale abbondanza. Abbiamo cercato di se­guire, attraverso il tempo, il corso di questo fiume d'amore. Sarebbe stato bello sederci sulle sue sponde, fermarci a lungo, contemplare per lunghe ore il limpido succedersi delle onde... Siamo dovuti an­dare avanti...

Scorrerà ancora per molto tempo questo fiume divino, fecondando le sue rive. La fedeltà dei preti santi nel corrispondere all'amore di Cristo, le loro virtù, la loro dedizione e la loro purezza saranno gli affluenti da cui sarà ingrandito, e andrà infine a precipitare la sua abbagliante massa d'acqua nell'oceano immenso dell'Amore eterno. L'amore di Gesù per i suoi sacerdoti non finirà... Dopo aver dato loro, nel tempo, la giurisdizione sulle anime, li chiamerà ac­canto a sé nel giudizio finale e, per tutta l'eternità, rimarranno con lui, Sacerdote eterno e Vittima eterna, sempre sacerdoti e sempre vittime, proprietà di Dio. Saranno per sempre di fronte alla Maestà suprema, insieme all'Agnello sempre immolato, come un sacrificio perpetuo di lode e di adorazione.

Per sempre l'Amore Infinito, a cui renderanno onore e gloria, li colmerà dei suoi doni, e li inebrierà per sempre delle sue delizie perché avranno lavorato sulla terra a diffondere le sue fiamme ar­denti.

zione, la confidenza, l'amore. È per mezzo loro che vuoi compiere tutto ciò che la tua Carità ha deciso di compiere per la salvezza dell'umanità. È per mezzo loro che vuoi chiamare il mondo a te; con le loro braccia vuoi abbracciare gli uomini e stringerli a te; con le loro fatiche e il loro sudore vuoi fecondare la terra; con l'ardore del loro amore vuoi riscaldare il mondo. t su di loro che fai affidamento per vincere il male; è da loro che vuoi ricevere la gloria del trionfo. Cristo, misericordiosa bontà, quan­to ami i tuoi sacerdoti!



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