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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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La Parrocchia: è possibile aiutarla? (amare la Parrocchia lettera di un Parroco)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 16:34
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07/09/2009 16:30

LA PARROCCHIA

È possibile aiutarla?


Il Padre Abate di Castellana Sicula ai suoi Parrocchiani

(pro manuscriptu)

A Maria Madre della Divina Grazia è dedicato questo volumetto. Possa la sua Mediazione di Grazia trasformare le istanze in esso contenute in altrettanti doni di grazia per le anime impegnate nella costruzione del Regno di Dio nelle parrocchie e nelle comunità cristiane.



Libretto non commerciabile

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Centro Mater Divinae Gratiae 10090 Rosta (Torino) Tel. (011) 95.40.170



Presentazione

Miei carissimi figlioli!

«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap. 3,20).

Così disse il Signore Gesù al Vescovo di Laodicea. Così dice oggi a ciascuno di noi. E noi vogliamo ascoltare la voce di Gesù, aprire la porta dell'anima nostra alla grazia. Vogliamo corrispondere all'azione di Dio, per la nostra conversione e la salvezza della parrocchia, affidata alle cure dei Gruppi ecclesiali e dei fedeli im­pegnati, ma soprattutto del Parroco.



La Parrocchia

La parrocchia che, con l'aiuto di Dio e di Maria, vo­gliamo aiutare, è una realtà di primaria importanza. «La parrocchia è come una cellula della Diocesi». Cellula, cioè parte viva che riceve e assicura la vita dell'intero organismo.

La parrocchia non è la Chiesa, ma una Comunità in cui si esprime la Chiesa. È questo il modello uscito dal Vaticano II.

« La parrocchia, popolo di Dio che si trova accampato sotto le tende in un dato luogo, è la presenza della Chiesa universale di Gesù Cristo. La parrocchia è in­sostituibile nella vita della Chiesa, perché essa sola of­fre l'occasione agli umili come ai grandi, ai poveri co­me ai ricchi, ai giovani come agli anziani, di ogni raz­za e di ogni cultura, di partecipare al mistero della Chiesa universale»



Un detestabile formalismo

Vogliamo essere realisti. Quindi, senza pessimismo, pur constatando che tanto bene c'è nella nostra parrocchia (e nel mondo intero), molte volte nascosto e silenzio­so, dobbiamo riconoscere che molti vanno verso la per­dizione: vivono senza fede, speranza e carità. Bestem­miano Dio, sono lontani da Lui, sordi ai richiami del Vangelo di Cristo, immersi nell'odio e nell'egoismo, dediti solo al divertimento assordante, prostrati al dio-quattrino con l'attaccamento ai beni di questa terra, con l'ingiustizia..., infangati nella disonestà... La bel­lezza, da tante donne, è mistificata, al punto da in­carnare da sola la femminilità. Eleganza, lusso, gioiel­li, pietre preziose, accessori firmati, vengono conside­rati, purtroppo, come ideali di vita.

Diversi vivono nell'ipocrisia, recitano... la loro parte con la maschera di cristiani. Fingono bontà, umiltà, giustizia, vita cristiana... nascondendo i loro peccati. Chiudono il loro cuore indurito all'azione della grazia in un detestabile formalismo. Cambiano l'accessorio, l'accidentale, il secondario con l'essenziale, con la so­stanza delle cose, con il primario. «Dicono e non fan­no»; «fanno le loro opere per essere ammirati dagli uomini». In pratica sono oppositori di Cristo.

Gesù, sempre dolcissimo, «mite ed umile di cuore» (Mt. 11,29), è tremendo dinanzi all'ipocrisia. Per ben 7 volte dice: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti... » (Mt. 23,13).



Indifferenza religiosa

In parrocchia altri si consegnano al materialismo. C'è una coalizione di diverse correnti contro il Vangelo. C'è un vuoto nelle partecipazioni agli atti di culto (Mes­sa, Sacramenti...) da parte di giovani e di uomini. C'è in molti tanta superbia, unita ad una grande ignoranza religiosa. L'appartenenza alla Chiesa di tanti credenti è solo un fatto marginale, tradizionale, folkloristico e non un impegno missionario e di santità. La lingua non si tiene a freno. La scristianizzazione in molti è in atto. Tutti, in parrocchia, lo vediamo e ne parlia­mo con grande sofferenza, anche perché la colpa, in parte, è del Sacerdote e delle anime impegnate. Quel­lo che oggi ci preoccupa di più è l'indifferenza religio­sa. La riflessione moderna è sganciata dall'altra vita: la vita eterna. Dio appare estraneo alla vita quotidia­na. Vorremmo che la parrocchia « proiettasse i cristia­ni oltre l'indifferenza».

Domenico Giuliotti direbbe che è «l'ora di Barabba», «l'ora di Satana».



Avere fiducia

E noi cosa facciamo? Non possiamo assolutamente ri­manere pigri, passare le giornate protestando e mor­morando. Lo hanno detto chiaramente i Vescovi e i laici al Sinodo dell'ottobre 1987. Non possiamo e non dobbiamo lasciarci prendere dalla malinconia e vive­re, sfiduciati e tristi, come tanti salici piangenti. Ma dobbiamo essere «quali pini al vento», sempre inna­morati della Chiesa, ed avere fiducia senza dubitare della possibilità di salvare la nostra parrocchia e il mon­do intero. Sacerdoti e laici dobbiamo instancabilmente agire per distruggere il regno di satana ed edificare il regno di Cristo.

Dobbiamo lavorare affinché la parrocchia passi «da selvatica ad umana e da umana in divina».



La santità

Soltanto i santi salvano le anime
Per convertire la parrocchia i rimedi ci sono. Li usò S. Giov. M. Vianney. Di questi intendiamo brevemen­te trattare.

Innanzitutto è necessario che il Sacerdote e le anime impegnate siano santi o che tendano seriamente alla santità. Esser Santi vuol dire: «Fare benissimo il pro­prio dovere»;

vivere perfettamente «la spirituali­tà, cioè il modo di essere cristiani, del quotidiano »;

«fare straordinariamente bene le cose ordinarie».

« Santo è colui che tende alla perfezione del Padre, con­sapevole di essere, però, sempre peccatore».

Il Santo Curato d'Ars, patrono dei parroci, ha il me­rito di aver tracciato la strada adatta a conquistare le parrocchie. Questa strada non è pavimentata dai bei discorsi, ma da rinunzie e da mezzi che portano alla conversione e alla santità. Dice Gesù: « Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua Croce ogni giorno e mi segua» (Lc. 9,23). Dobbiamo, con tutte le nostre forze, aiutati dallo Spirito Santo e dalla Madonna, tendere alla santità (Cfr. L.G., 39). Non cercare di «fare», ma soprattutto di «essere». Solo i Santi salvano le anime. Una sola fra­se detta da uno che ha conservato in sé la scintilla della Santità e che parla con l'unzione dello Spirito Santo, vale molto di più di cento discorsi pronunziati da al­tri non Santi, non pieni di Dio. Anzi potrebbe ba­stare la sua sola presenza per fare tanto bene. «Un buon prete non ha nulla da dirmi: io lo guardo e que­sto mi basta». Solo i Santi lasciano un solco nelle anime e nella storia. « Non è forse la santità nostra la prima predicazione del Vangelo?». «Solo i Santi con la loro presenza carismatica possono convertire e vin­cere l'indifferentismo e l'ateismo contemporaneo». «La Chiesa di oggi non ha bisogno di nuovi riforma­tori. La Chiesa ha bisogno di nuovi santi! ». « So­lo i Santi ringiovaniscono la Chiesa».



La santità genera Santi

«La Chiesa di Francia ha bisogno di Santi! », escla­mava Barrés in un celebre discorso. «Forse oggi la Chiesa ha troppi dottori e invece ha bisogno di San­ti».

Tanti non si convertono, sono indifferenti..., perché vedono dei cristiani senza fede e senza coerenza, de­motivati, incapaci di «render conto della speranza che è nel Vangelo », senza identità autentica e senza un vero stile di vita ispirato alle Beatitudini e al «Ma io vi dico », di Gesù Cristo. Dunque la crisi di conver­sione è la crisi della nostra Fede. La fede genera fede, l'amore genera amore, la santità genera santi e par­rocchie sante.

Se i Sacerdoti e le anime impegnate fossero Santi, «il popolo beneficerebbe di tante grazie in più; riverse­rebbero su di esso la luce e la forza, lo spirito cristia­no e il senso cattolico; formerebbero delle generazio­ni granitiche che non sarebbero mai morse né dalla tignola dell'indifferenza religiosa, né dal dragone dei cattivi costumi». Purtroppo oggi, «la mediocrità sta diventando la triste, la tristissima divisa di molte anime consacrate e di molte anime impegnate! È cala­to l'anelito alla Santità».

Ed allora, per convertire la parrocchia, il primo dove­re delle anime apostoliche è quello di farsi Santi. «La conversione della mia parrocchia dipende dalla mia santità », diceva Don G. Balbo. E giurò di farsi santo, per questo. Ecco perché i fedeli hanno il dovere di pre­gare soprattutto per la santificazione del sacerdote, af­finché questo a sua volta possa santificare loro. « Il cri­stiano di domani sarà un mistico, cioè uno che ha spe­rimentato qualche cosa, un santo, oppure sarà nulla ». Gli uomini sentono talmente il bisogno della santità che quando si accorgono che un uomo ne porta un raggio in sé, vanno all'arrembaggio, all'assalto. « O Signo­re, abbiamo bisogno di preti e di anime impegnate che ci trasmettano TE, senza mezzi termini... Che parli­no con la vita più che con la parola e gli scritti... Che siano stracolmi di TE... Che sappiano irradiarti... Che sappiano darci TE... ».



Non c'è santità senza amore e senza purezza

Scrive il P. Cantalamessa: «Due furono i principali strumenti con cui la Chiesa riuscì a trasformare il mon­do pagano di allora: il primo fu l'annunzio della Paro­la di Dio (= il Kérigma), e il secondo fu la testimo­nianza di vita dei cristiani (=la Martyrìa). Nell'am­bito di questa testimonianza di vita, due furono an­cora le cose che soprattutto stupivano e convertivano i pagani: l'amore fraterno e la purezza dei costumi. Gli apologisti attestano che il tenore di vita puro e casto dei cristiani era, per i pagani, qualcosa di "straordi­nario ed incredibile". Alcune luminose figure di fan­ciulle cristiane, morte martiri, diedero la misura fin dove arrivava, su questo punto, la forza del cristiane­simo. Di una di esse, la martire S. Perpetua, negli At­ti autentici del martirio, si legge che, scaraventata in aria, nell'arena, dalle corna di una vacca inferocita al­la quale era stata legata, ricadendo a terra sanguinan­te, la prima cosa che fece fu di rassettarsi le vesti, "più preoccupata del pudore che del dolore" ».

Dunque non ci può essere santità senza amore frater­no e senza purezza.



Santificarsi per santificare

Nella vita di Don Calabria, Ottorino Foffaro scrive: «Se il fine dell'educazione è di portare gli uomini a Dio, se Dio è il principale agente nell'educazione, l'e­ducatore, sacerdote o laico, deve santificare se stesso per rendersi strumento adatto. Più l'educatore sarà santo cioè vicino a Dio, permeato di Dio, e più l'ope­ra sua sarà efficace... La tecnica pedagogica non sup­plirà mai, per quanto raffinata, la profonda carica edu­cativa che emana da un educatore santo.

L'educatore pieno di Dio non può fare a meno di edu­care in profondità.

Perciò il padre voleva dagli educatori il massimo sfor­zo verso la vita interiore (la santità), ritenendola ani­ma, cuore, motore dell'opera educativa». «Santificarsi per santificare! Ecco il segreto». Santità per salvare; ma santità anche per salvarsi. E’ necessario camminare verso la santità altrimenti si in­dietreggia e si cade mortalmente. Il ciclista se va in bicicletta non cade; ma se sta fermo, sì. Ricordiamo che siamo tutti chiamati a salire il monte della santità (L.G., 39). Si salverà dai flutti minacciosi e numerosi della pianura solo chi sale; gli altri verranno sommer­si miseramente.



La preghiera

Chi prega si salva e salva


Ma non possiamo giungere alla santità e non possia­mo salvare i nostri parrocchiani «senza la preghiera, senza molta Preghiera» (Rojo Marin), fatta bene, che proceda dal cuore. « Senza di me non potete fare nul­la» disse Gesù (Giov. 15,5). Cosa può fare il filo sen­za la corrente elettrica? «Dobbiamo portare l'assem­blea dei fedeli nel Sacro, in una grande spiritualità, nel Divino».

Ma come lo potremo senza la preghiera? «Chi prega si salva e salva; chi non prega si danna e danna». Non scoraggiamoci! « Sopra un fazzoletto di terra, non si costruisce forse un grattacielo? ». Se noi pregassimo più dei santi saremmo più santi di loro e faremmo co­se più grandi di loro. «Non stiamo a discutere troppo se ce la faremo o no; se siamo capaci di fare i parroci, gli apostoli o no; se abbiamo il carattere, il temperamento, la cultura... o no. Sappiamo che la pre­ghiera ottiene tutto, assolutamente tutto. Dunque, con­vertiamoci alla preghiera! ». Viviamo di preghiera! Diventiamo preghiera! « Se ricorressimo più presto alla preghiera, anziché roderci l'anima, romperci la testa per indagare chi e come, noi renderemmo vive le no­stre parrocchie ».



« Chiedete e vi sarà dato »

Urge una decisione da prendere per il bene della co­munità parrocchiale. Perché non partecipiamo alla Messa, anche ogni giorno? Perché non gridiamo allo Spirito Santo che ci doni la sua luce?

Vogliamo che un peccatore ritorni all'ovile? Perché non preghiamo con la Liturgia delle ore? Perché non im­pugniamo il Rosario? È la preghiera più potente dopo la Liturgia Eucaristica e la Liturgia delle Ore. È me­ditazione del Vangelo e preghiera dettata da Dio al­l'Angelo Gabriele: «Ave (Maria), piena di grazia?... ». Ecco perché la Madonna l'ha richiesto più volte nelle apparizioni. Ecco perché Satana ha paura del Rosa­rio. « Io potrei convertire il mondo intero se avessi un esercito che recita il Rosario». Perché non dicia­mo molte Giaculatorie personali? Perché non ci rivol­giamo con molta fiducia a S. Giuseppe? «Vorrei fare, vorrei predicare, vorrei organizzare, vorrei vorrei...; ma perché non mi butto nell'orazione? L'orazione è immensamente più grande della vita. In questo oceano sconfinato si pesca sempre... per noi e per le ani­me».

«Il segreto delle conversioni è il lavoro di preghiera. La strategia si gioca tutta nella preghiera ». «Perché tanta crisi di fede, sia in migliaia di Sacerdoti nel 1970 che nel popolo? Perché si è parlato molto e si è prega­to poco».

I nostri parrocchiani non ci ascoltano?... Una cosa sap­piamo: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio» (Lc. 18,27). E che: «Tutto è possibile per chi crede» (Mc. 9,23). «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto» (Mt 7,7).



Ritorniamo alla preghiera

La Scrittura è piena degli interventi prodigiosi di Dio a favore di chi in Lui si rifugia. (Mosè, Gedeone, An­na sposa di Elkana, David, Giuditta, Ester, Giuda Maccabeo, Daniele, il buon ladrone...). E tutta la vi­ta di Cristo non fu preghiera (Mc. 1,35; Lc. 6,12; Mt. 11,25; Mt. 14,23; Mt. 26,39; Lc. 23,34...). La pre­ghiera di Gesù è codice di vita per tutti coloro che vogliono essere «pescatori di uomini» (Mt. 4,19).

Che razza di demoni e di vizi ci sono nelle parrocchie! Chi li potrà allontanare? Risponde Gesù: « Questa raz­za di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno» (Mt. 17,21). Noi lottiamo, cerchiamo di fare molto per la gloria di Dio e la salvezza delle ani­me. Ma siamo dei combattenti inebetiti: confidiamo nel nostro «cavallo», mentre è con noi il Signore de­gli eserciti. « Il cavallo non giova per la vittoria » (Sal. 32). Purtroppo «noi siamo dei sognatori di santità e di conversione della nostra parrocchia: facciamo troppo conto dei nostri programmi e delle nostre esperien­ze».

Ritorniamo alla preghiera! Finché non ci si metta a pregare di più, molto di più, la situazione morale peg­giorerà... «Bisogna ritornare alla preghiera; facciamo troppe cose inutili» (24). Il Santo curato d'Ars, Pa­dre Pio... quante conversioni hanno ottenuto con le loro preghiere: « Solo la preghiera vince Dio ». « La prima cosa che deve fare colui che sente la propria re­sponsabilità ecclesiale è di formare individui, ma so­prattutto gruppi di preghiera ». « Bisogna pregare! Tut­to il resto è inutile e stupido. Non vi è disperazione, né tristezza amara per l'uomo che prega molto».



Solo la forza di Dio può sostenerci

Riportiamo alcuni brani di una lettera scritta il 13/4/1971 da Suor Lucia dos Santos al nipote P. Va­linho: « Vedo dalla tua lettera che sei turbato per lo scompiglio e il disorientamento del nostro tempo. È davvero triste che così tanti si lascino dominare dal­l'onda diabolica che avvolge il mondo e che siano tan­to ciechi da non vedere il loro errore. Ma l'errore prin­cipale è che essi hanno abbandonato la preghiera. Co­si si allontanano da Dio, e senza Dio manca ad essi tutto. Con la preghiera fervorosa riceverai la luce, la forza e la grazia di cui hai bisogno per sostenerti e da partecipare agli altri. I superiori hanno bisogno di pre­gare sempre di più, di mantenersi vicino a Dio e di parlare di tutti i loro affari e problemi prima di discu­terli con i loro simili. Segui questa strada e vedrai che troverai nella preghiera più scienza, più luce, più gra­zia e virtù che tu possa mai acquistare con leggere molti libri e con grandi studi. Non considerare mai perduto il tempo che spendi nella preghiera. Lasciati mancare il tempo per qualsiasi altra cosa, mai però per la pre­ghiera e realizzerai un mucchio di cose in breve tem­po... Ciascuno di noi, ma specialmente il superiore, sen­za preghiera, o che abitualmente sacrifica la preghie­ra per cose materiali, è come una canna vuota ed in­crinata... Sono convinta che la causa principale del ma­le del mondo e del fallimento di tante anime con­sacrate, è la mancanza di unione con Dio nella pre­ghiera... I nostri tempi sono molto insidiosi e noi sia­mo deboli. Solo la forza di Dio può sostenerci».



Amiamo il Tabernacolo

Fratelli e sorelle carissimi, non dimentichiamo nella preghiera di rivolgerci a Gesù Eucaristico. Due pila­stri debbono sorreggere il grande edificio della Comu­nità parrocchiale: l'Eucaristia e la Madonna. Innanzi­tutto «le nostre preghiere debbono convergere verso l'Eucaristia, dove il Cristo stesso prende la nostra vi­ta per offrirla con la Sua al Padre nell'amore dello. Spi­rito Santo e farle portare i suoi frutti»: L'Eucaristia e la Madonna! speranza di salvezza per le anime, le parrocchie e il mondo intero! Preghiamo con fiducia sconfinata Gesù Eucaristico.

« È il centro della comunità dei cristiani, cioè della par­rocchia».

È il sole della parrocchia! Preghiamo e partecipiamo almeno ogni Domenica alla S. Messa, «fonte ed apice di tutta la vita cristiana». (L.G. 18). «Nella S. Eucari­stia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo ». «La comunità cristiana ha il cardine e la radice nell'Eucaristia ». La preghiera di adorazione a Gesù Sacramentato «ci darà una grande capacità di amare Dio e i fratellî».

È penoso constatare come moltissimi dormono, sono insensibili, duri, non pregano. Cristo nelle Chiese è lasciato solo. E questa è fede? È questo è amore? Pa­dre Pio lasciò scritto: «Mille anni trascorsi in mezzo alla gloria degli uomini non compensano nemmeno un'ora trascorsa davanti a Gesù nell'Eucaristia». «Dobbiamo amare la Chiesa, ma soprattutto il Taber­nacolo».

Dobbiamo pregare Gesù Eucaristico per la nostra par­rocchia! Egli attirerà a sé, via via, tutte le anime di essa, trasformandole mirabilmente. Restano celebri gli esempi di Ars e di S. Giovanni Rotondo, dove due Santi Sacerdoti ottenevano dalla potenza divina e in­finita dell'Eucaristia la forza di attirare le anime.



Tutto dipende dall'Eucaristia

Figlioli, preghiamo Gesù per noi e per la nostra par­rocchia! Non lasciamolo solo nella Chiesa deserta! Bambini e giovani, uomini e donne, non abbiamo ver­gogna di entrare in Chiesa, di inginocchiarci e di pre­gare! Non vi dico di stare in Chiesa per 15 ore, come Charle De Foucauld; o di trascorrere notti intere ai piedi dell'altare, come San Francesco; o di stare in gi­nocchio, immobili, per otto ore, come S. Benedetto Labre... Ma una rande devozione all'Eucaristia la dobbiamo avere. E questione di fede, di amore e di bisogno! Tutta la nostra vita e quella della nostra par­rocchia dipende dall'Eucaristia. RiceviamoLa spesso nella Santa Comunione! Se non lo facciamo è perché ci manca la Fede e l'Amore e non ne conosciamo gli in effetti. Siamo posseduti da Gesù e lo possediamo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in Me ed Io in lui» (Giov. 6,57).

Giova alla Chiesa intera (del Cielo, del Purgatorio e della Terra) che esulta di gaudio! È il dono più caro che possiamo fare alle anime del Purgatorio per libe­rarle. Nella Comunione noi ci uniamo non solo a Gesù, ma anche a tutte le membra della parrocchia e del Corpo Mistico. La comunione per noi è cibo, è forza, è luce, è gioia,... è santità, è trasformazione operata da Gesù. Scrisse S. Francesco di Sales: «Vuoi esser puro? Mangia la purezza che è Cristo! Vuoi esser umi­le? Mangia l'umiltà che è Cristo! Vuoi esser paziente? Mangia la pazienza che è Cristo!... ».



Trionfatrice sul male

Ma dobbiamo, carissimi parrocchiani, pregare anche Maria SS. Non possiamo fare «silenzio» sulla Madre di Cristo e della Chiesa (e quindi nostra e della par­rocchia). I nostri fratelli Ortodossi amano moltissimo la Teotókos ( = la Madre di Dio); la spiritualità maria­na rifiorisce anche tra i non cattolici; diversi Prote­stanti incominciano a recitare il Rosario; e noi Catto­lici dovremmo dimenticare Maria? Il Signore ci liberi da questo peccato! Oggi, in cui non è sufficientemen­te oggetto di attenzione da parte di molti, dobbiamo riscoprire Maria per imitarne le virtù, per amarla in­tensamente, per innamorarci «del fulgore della sua ce­leste bellezza», di Lei «Fonte limpida di fede, Giglio fragrante di ogni santità, Trionfatrice del male, Prediletta di Dio, Armonia dei cieli... ».

Dobbiamo, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II ricollocare la Vergine Santissima, tipo, modello della Chiesa, nel mistero di Cristo e della Chiesa. Non possiamo parlarne come di una figura a sé; Dobbiamo legare più organicamente Maria alla Parola di Dio, alla Chiesa, alla Liturgia. Perciò non possiamo fare Teologia senza Maria è neppure possiamo celebrare l'Eucaristia senza il ricordo esplicito di Maria.



Segno di sicura speranza e di consolazione

Riflettiamo un poco: ogni famiglia ha una madre. La «Famiglia di famiglie» che è la Parrocchia, ha anch'es­sa una Madre. E che Madre: MARIA! Non può non averla, essendo una parte di Cristo. E Cristo ha per madre: MARIA. Quale grande gioia per noi! Siamo legati a Lei come figli, con i vincoli non della carne e del sangue (Giov. 1,13), ma con quelli dello Spirito. Sempre prega per noi suoi figli, con sollecitudine ed amore sconfinato. « Quanto freddo dove non pulsa un cuore di Madre». Che tesoro per una parrocchia avere, sapere e sentire Maria per Madre! Essa porta sorriso umano, letizia e luce celeste, anche se vi sono sof­ferenze, tenebre e ignoranza. « Sulla terra brilla... quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino ­a quando non verrà il giorno del Signore» (L.G 68). La Madonna è un segno dei tempi. E’ il seno celeste di cui parla l'Apocalisse. Beati coloro che lo sanno vedere e comprendere!'



Amiamo la nostra Madre!

Per conoscere, amare e ricevere le grazie di Maria i parrocchiani devono rimanere volutamente fanciulli, nel senso del Vangelo (Cfr. Mt. 1.8,3). Con Maria, no­vella Eva, noi ogni giorno attendiamo una novella Pen­tecoste. Quanto bisogno abbiamo di Maria! La sua de­vozione; vera e solida però, fatta di imitazione delle sue virtù, non è di consiglio, ma di obbligo. Non è una devozione «surrogatoria», ma «essenziale». Co­me per mezzo dello Spirito Santo e di Maria, Cristo è venuto al mondo, così è per mezzo dello Spirito San­to e di Maria che Egli deve regnare in noi, nelle no­stre parrocchie e nel mondo intero. Maria in Cri­sto, dipendentemente e subordinatamente a Cristo (R.M., 38) è la Mediatrice di tutte le grazie.

Il Papa Giovanni Paolo II nell'Enciclica «Redempto­ris Mater» cita questo titolo diverse volte d'accordo con S. Bernardo, col Montfort, con Don Chautard...

Il suo potere sul Cuore del Figlio è unico e irresistibi­le. «Tutto ciò che il Figlio domanda al Padre gli è ac­cordato. E tutto ciò che la Madre domanda al Figlio le è ugualmente concesso». Amiamo dunque, fi­nalmente, questa nostra Madre! Preghiamola sempre, impegnandoci ad imitare le sue virtù, spinti dalla fe­de vera e non da sentímentalismo sterile e passeggero o da una certa quale vana credulità (L.G. 67). Preghia­mo questa Serva e Discepola del Signore; questa Ma­dre, Maestra e Regina nostra; questa Avvocata dei pec­catori; questo Modello di fede...; questo Tutto, dopo Dio!



Madre della divina Grazia Maria

Non abbiamo paura d'importunarLa con le nostre fre­quenti suppliche. PreghiamoLa per noi e per gli altri; per i lontani e i vicini, per i peccatori induriti e gli innocenti; per i disperati e gli ammalati; per lo zelo delle anime e la nostra santificazione; per i giovani e i bambini. Preghiamola nelle difficoltà della vita; nei problemi inerenti alla salute, il lavoro, gli studi, la pu­rezza. «Se mai pensier funesto - viene a turbar la mente - sen fugge allor che sente - il nome Tuo chia­mar», scrisse S. Alfonso. Preghiamola sempre! Soprat­tutto per la perseveranza finale. Preghiamola con fre­quenti Giaculatorie, con il Rosario, facendo i primi cinque sabati, portando con devozione la Medaglia mi­racolosa. « Non è possibile che qualcuno si possa con­vertire o santificare senza l'aiuto della Vergine Imma­colata, Madre della Divina Grazia». Ma non di­mentichiamo che la pratica d'amore più bella, più san­tificante e più impegnativa è la consacrazione di sé alla Madonna (secondo il metodo del Montfort). Consacrar­si è «affidarsi a Maria. Questa è l'unica risposta ade­guata all'amore di una Madre».



Chi trova Maria trova ogni bene

Invitiamo tutti alla lettura e alla pratica del « Trattato della vera devozione alla Madonna » (Montfort). Ma ol­tre alla consacrazione personale, c'è la consacrazione a Maria di tutta la parrocchia. Beata la parrocchia che è tutta di Maria! Che è consacrata a Lei! Che si affida a Lei «con i suoi timori e le sue speranze... »! Con la consacrazione della parrocchia alla Madonna il Santo Curato d'Ars, l'abate Des Genettes, Parroco della Ma­donna delle Vittorie di Parigi, il Ven. Olier, Parroco di S. Sulpizio, il Servo di Dio Ferdinando Baccillieri, Parroco di Galeazza Pepoli... trasformarono le loro parrocchie. Perché di esse Maria divenne, per dovere di giustizia, la Regina e il mistico Parroco che le por­tò a CRISTO, «Re e centro di tutti i cuori» «il Pastore grande delle pecore» (Eb. 13,20).

La devozione alla Madonna! «Beati quelli che nell'ora del dolore invocano il Tuo nome o Maria! In Te ogni, madre ritrovi conforto e pace; e in Te ogni uo­mo ritorna bimho e figlio.. Tu sei la stellà di ogni au­rora e la speranza di tutti i tramonti». «Foltuna­ta quella vita e quella parrocchia sulla quale brillerà il segno luminoso della Beata. Vergine; Che cosa sa­rebbe la nostra vita se ci dimenticassimo della Madonna?». «Non c'è nulla che pacifichi interiormente come la preghiera a Maria».

«Chi trovà Maria, trova ogni bene » (Segr di Maria, 21). ''« In Maria la Santa Chiesà e la parrcicchia, chiesa... locale, ammira ed esalta il frutto più eccelso della Re­denzione; ed in Lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta, desidera e spera di essere» S.C.

«La cosa più consolante per me nell'ora della morte fu il pensare che ero stato devoto della Madonna... Lo dica ai suoi giovani e raccomandi con insistenza la devozione alla Madonna ». Valga anche per noi que­sta raccomandazione di S. Domenico Savio, apparso dopo la morte a S. Giovanni Bosco.



La penitenza

Sono lieto delle sofferenze


Per salvare la nostra parrocchia c'è bisogno anche della penitenza. «Questo genere di demoni (impuri) non si scaccia se non con l'orazione e col digiuno » (morti­ficazione, rinunzia, penitenza, sofferenza...) (Mt. 17,20). «La preghiera unita alla penitenza è infallibi­le».

Ricordiamo che Cristo ci ha salvato con la sua santi­tà, con la sua vita umano-divina, con la sua preghie­ra..., ma soprattutto con il mistero pasquale che è pas­sione, morte e risurrezione. « Senza spargimento di san­gue non c'è perdono» (Eb. 9,22). «Bisogna che sia in­nalzato (sulla Croce) il Figlio dell'Uomo, perché chiun­que crede in Lui abbia la vita eterna» (Giov. 3,14). Come Cristo, così noi, che siamo Corpo di Lui, Ca­po. È di S. Paolo questa straordinaria affermazione: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo, nella mia carne, quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa» (Col. 1,24), in cui viene precisamente espressa una partecipazione allerta redentrice di Cristo in fun­zione dell'apostolato. Non si è veri apostoli, salvatori di uomini, senza la partecipazione al mistero della sof­ferenza di Cristo (45).



Preghiera e penitenza

Nell'A.T. Betulia doveva essere liberata: Oloferne l'a­veva assediata. Giuditta ci riuscì perché prima «pre­gò con la faccia a terra e sparse cenere sul capo e si vesti di sacco» (Giud. 9,1). Ester per liberare i giudei dalla condanna a morte, «digiunò per tre giorni, si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lut­to; invece dei superbi profumi si riempi la testa di ce­neri e di immondizia. Mortificò molto il suo corpo e con i capelli sconvolti si moveva dove prima era abi­tuata agli ornamenti festivi» (Est. 4,16). «Cingete il cilizio e piangete, o sacerdoti, poiché priva d'offerta è la casa del vostro Dio» (Gioele 1,13). La Madonna a Fatima ha chiesto «preghiera e penitenza» per la con­versione della Russia e dei peccatori. E aggiunse: «Molti vanno all'inferno perché non c'è chi preghi e si sacrifichi per loro». Ricordiamo che tutto è peni­tenza se fatto bene e con fede: il servizio di Dio e del prossimo, l'apostolato, il lavoro quotidiano, lo studio, le dure fatiche, i dolori della vita, le privazioni dal fumare, di certi programmi televisivi!!!, di certe spiag­ge!!!..., il moderare le passioni e i desideri terreni cer­cando la giustizia e il Regno di Dio...



Il santo Curato d'Ars

Celebre la frase del B. Chevrier: «Le anime si ammae­strano con la predicazione, ma si convertono con la penitenza». «Ci vuole il sacrificio per salvare le ani­me». Tra i Santi scegliamo il Curato d'Ars, pa­trono di tutti i parroci. Ad un sacerdote che si lamen­tava dell'indifferenza dei suoi parrocchiani disse; «Avete predicato? pregato? Avete anche digiunato? Vi siete coricato sul duro? Vi siete dato la disciplina?... Fino a che non avete fatto questo, non avete il diritto di lamentarvi». Questo Santo parroco supplicava: «Mio Dio concedetemi la conversione della mia par­rocchia. Accetto di patire tutto ciò che Voi volete per tutto il tempo della mia vita!... Sì, o Signore, anche per cento anni tutti i dolori più acuti, purché essi si convertano! ». E bagnava di lacrime il pavimento. Al­la preghiera aggiunse la penitenza. Se qualcuno aves­se pagato il loro riscatto, Dio avrebbe perdonato più presto i poveri peccatori. Famose e spaventose le sue penitenze: digiuno rigoroso per tutta la vita; portava il cilicio (una maglia di crine); non fece mai un solo viaggio per puro piacere; si flagellava; soffri e offrì al Signore per cinque anni nevralgie facciali, atroci mal di denti; violenti dolori di visceri, piaghe contratte nel­le interminabili sente al confessionale, ernia doppia, poco sonno, tormenti da parte di satana...



Una vita nuova

Anche noi, secondo le nostre forze e il consiglio del nostro Direttore spirituale, per la conversione della no­stra parrocchia dobbiamo fare penitenza. Per la par­rocchia dobbiamo offrire le nostre sofferenze, le no­stre fatiche, i nostri sacrifici e le nostre rinunzie, ri­cuperando pienamente il senso penitenziale e battesi­male della vita cristiana, lottando e morendo al pec­cato per camminare in una vita nuova (Cfr. Rom,. 6,2). L'ammalato, l'invalido, l'anziano... che offre con se­renità ed amore le sue sofferenze al Signore (o alla Ma­donna) per la conversione dei peccatori e la santifica­zione dei buoni, non è inutile, ma utilissimo a sé, alla parrocchia, alla Chiesa ed all'umanità intera. Dob­biamo mobilitare tutti i buoni cristiani, i frati, le suo­re, i sacerdoti per una crociata di preghiere e di sacri­fici. «La sofferenza ha un carattere creativo, salvifi­co».

« E’ peccato di superbia pensare di poterci salvare e di salvare le anime battendo altra strada che non sia quel­la del Calvario». Il Sacerdote, il religioso, il laico impegnato, il buon cristiano, non dev'essere vittima di una mentalità godereccia, da scansafatiche, da ozio­si, da gaudenti.



Un cuore che soffre

La penitenza, i sacrifici, le rinunzie, il dolore... otten­gono tutto da Dio; quindi anche la conversione della parrocchia. Dio non respinge mai i gemiti di un cuore che soffre. Egli stesso dichiara nella Sacra Scrittura di non sapere negare nulla a coloro che ricorrono a Lui con gli occhi pieni di lacrime. «Poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliato davanti a Dio... e hai pian­to davanti a Me, anch'Io ti ho ascoltato» (2 Cron. 34,27). Gesù operò tre volte il miracolo della risurre­zione di un morto, commosso dalle lacrime di una ma­dre (Lc. 7,11), di un padre (Mt. 9,18) e di due sorelle (Giov. 11,1). E proclamò: «Beati coloro che soffrono e piangono, perché saranno consolati» (Mt. 5,5), ot­tenendo spesso quanto domandano.

Un Santo direttore spirituale, Don Francesco Morat­ti, non dubitava di proporre il cilicio o altro tormento a chi avesse voluto predicare il Vangelo con frutto. S. Clemente I, papa, scrive: «Noè fu l'araldo della pe­nitenza e coloro che l'ascoltarono furono salvi. Giona predicò la rovina ai Niniviti e questi, espiando i loro peccati, placarono Dio... e conseguirono la salvezza ».

Lo stesso Dio parlò della penitenza impegnandosi con giuramento: «Come vero che Io vivo, oracolo del Si­gnore, non godo della morte del peccatore, ma piut­tosto della sua penitenza...» (Cfr. Ez. 33,11; Osea 14,2; Is. 1,18, ecc.).



L'evangelizzazione

L'ignoranza religiosa


Il Santo Curato d'Ars pose la predicazione come uno dei pilastri per la conversione dei suoi parrocchiani. E a ragione. Perché c'era tanta ignoranza religiosa, e senza predicazione non si ammaestrano le anime. Tanti mali, quale l'indifferenza religiosa, sono occasionati da un annuncio evangelico insufficiente. Don Giovan­ni Viannej comprese che c'era un nemico temibile per il suo zelo, il grande male di quella povera gente: l'i­gnoranza religiosa. Il giovane pastore, sentendosi re­sponsabile di tutte le anime di Ars, risolvette di non lasciarle in pace, se non il giorno in cui fossero scom­parsi dalla parrocchia gli abusi. «Siamo sicuri - diceva dal pulpito - che questo solo peccato dell'ignoranza religiosa dannerà più di tutti gli altri messi insieme; perché una persona ignorante non conosce né il male che fa, né il bene che perde peccando ». Per questo predicava ogni giorno, un'ora alla volta. Ecco perché la Conferenza Episcopale Italiana insiste tan­to, prima sulla evangelizzazione e poi sui sacramenti.

Ecco perché nella celebrazione di tutti i sacramenti c'è l'obbligo della Omelia di una breve istruzione. Ecco perché nella Messa, prima della Liturgia Eucari­stica c'è la parte didattica, istruttiva: la Liturgia della Parola (Letture e Omelia). E così il popolo cristiano viene nutrito con la parola di Dio. (Parola di Dio che Sacerdoti, Professori di Teologia, Catechisti..., siamo obbligati a dare «con certezza e con chiarezza».



Gesù predicava ogni giorno

Non possiamo insegnare idee personali, peregrine o ipotesi ed opinioni, a volte ereticali, di certi Teologi. Non dobbiamo creare confusione, barattando la Pa­rola di Dio. Tutti, clero e laici, dobbiamo seguire non solo il magistero straordinario, infallibile del Papa quan­do parla « ex cathedra », ma anche il magistero ordina­rio. Non possiamo dissentire da questo, perché è au­tentico.

Abbiamo il dovere di realizzare quell'impegno indila­zionabile di rievangelizzazione o nuova evangelizzazio­ne alla quale il Papa Giovanni Paolo II fa continua­mente appello.

Gesù predicava ogni giorno, o nel Tempio o nelle Si­nagoghe o nelle case o all'aperto. Prima di salire al Cie­lo disse agli Apostoli: «Andate ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osser­vare tutto ciò che vi ho comandato » (Mt. 28,19). L'a­postolo Paolo scrive ai battezzati di Roma: « Come po­tranno invocarLo (Cristo) senza aver prima creduto in Lui? E come potranno credere, senza averne senti­to parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che Lo annunzi?». Dunque: «La Fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo » (Rom. 10,14).



Guai a me se non evangelizzo

«Urlate, pastori, gridate! », dice il Signore degli Eser­citi (Ger. 25,32). Oggi c'è tanta ignoranza religiosa (anche tra gli intellettuali) e tanto male scambiato per civiltà (vedi divorzio e aborto), che tra i doveri più gravi della Chiesa è quello della evangelizzazione. Anzi è il suo impegno primario. Pertanto, tra i doveri più gravi dei fedeli è quello di istruirsi nella Fede, di la­sciarsi evangelizzare, di non aver tedio della Parola di Dio, di leggere la S. Scrittura. Diceva Giovanni XXIII: « In ogni famiglia la Bibbia! ». Nel cuore di tutti devo­no echeggiare le parole dell'Apostolo: « Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo! » (1 Cor. 9,16), specialmente oggi in cui nascono nuove questioni (ve­di bioetica) e si diffondono gravissimi errori.

Ecco perché in molte Parrocchie d'Italia si tengono CORSI PREMATRIMONIALI. (È molto importan­te la preparazione dei fidanzati con lezioni ben pro­grammate). Si fanno CONFERENZE agli intellettua­li, ISTRUZIONI PREBATTESIMALI ai genitori e ai padrini dei battezzandi; TRIDUI, NOVENE, QUINDICINE predicate; si organizzano, soprattut­to nei tempi forti dell'Anno Liturgico (Avvento e Qua­resima) CENTRI DI ASCOLTO E DI PREGHIE­RA. Sono i veri doni di Dio!



Non perdere la fiducia nella Parola

In tutte le Parrocchie i parroci sentono la grave re­sponsabilità di fare il CATECHISMO ai bambini delle Scuole Elementari, ai ragazzi delle Scuole Medie, ai giovani, agli adulti. San Pio X ad ogni Udienza ponti­ficia ripeteva: «Catechismo, Catechismo!».

L'uomo sente il bisogno della Parola di Dio: «Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt. 4,4). Anzi dovrebbe sentire la fa­me della parola di Dio più che del cibo che nutre la vita corporale (Cfr. Vespri la Dom. Quares.).

La Parola di Dio, « ascoltata con cuore buono e per­fetto » (Lc. 8,15), trasforma il cuore dei peccatori con la sua misteriosa forza. Papa Luciani diceva ai Sacer­doti: «Non perdete la fiducia nella parola; non per­detela, per carità! ». I Santi avevano una fiducia straor­dinaria. «La Parola di Dio è viva, efficace e più ta­gliente di ogni spada a doppio taglio » (Eb. 4,12). Dice il Signore: «Come la pioggia e la neve scendono dal Cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la ter­ra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sa­rà della Parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza avere operato ciò che desi­dero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata » (Is. 55,10)



Opere, non parole

Apostoli, missionari attivi


La conversione della nostra parrocchia esige la Pasto­rale nei vari campi. Dobbiamo Lavorare contro una im­magine di Chiesa parrocchiale insignificante, che non provoca e non interessa. Dobbiamo lavorare individual­mente o in gruppi (tenendo presente che la vita vera­mente cristiana è la prima forma e la condizione di ogni altro apostolato. Non possiamo limitarci al lavoro della nostra vita interiore, alla preghiera, alla penitenza, alla predicazione, perché tutto questo non sarebbe autentico se non fosse accompagnato dall'a­zione apostolica. In questo modo saremo testimoni vi­venti e il nostro ruolo non è qualcosa di sterile o inu­tile per la comunità ecclesiale, bensì fonte di dinami­smo cristiano.

Dobbiamo lavorare! Il mondo si perde e noi purtroppo dormiamo! Passano per le case i propagandisti di mil­le sette, e noi... timorosi, siamo inattivi. In virtù del nostro Battesimo e della nostra Cresima, tutti (sacer­doti e laici) dobbiamo essere apostoli, missionari, atti­vi, dove il Signore ci ha posti.



Le sette opere di misericordia

«Cosa ne avete fatto del vostro Battesimo?» disse il Papa Giovanni Paolo II ai francesi. Nessuno può com­portarsi in maniera del tutto passiva. Dobbiamo me­ditare sulla ricchezza della ministerialità del servizio. « La missione della Chiesa non si limita all'interno della comunità cristiana, ma si estende anche e soprattutto all'esterno ». La conversione e il rinnovamento del­la nostra parrocchia, già avviato secondo le indicazio­ni conciliari, deve proseguire alla luce delle nuove pro­spettive sinodali. I laici debbono sentirsi responsabili e partecipi alla vita parrocchiale. Il consiglio pastorale parrocchiale deve funzionare! I Gruppi esistenti siano vivi! Ne sorgano molti altri, oltre all'Azione Cattoli­ca, per vivificare la fascia dei cristiani indifferenti! Sorgano gli animatori liturgici che promuovano il mo­vimento liturgico! Siano più formati alla vita aposto­lica i catechisti, nutriti dall'attiva partecipazione alla vita liturgica! Dobbiamo sentire il dovere della Pro­mozione umana e dell'impegno nel sociale, praticando le sette opere di Misericordia corporale, le sette ope­re di Misericordia spirituale (Mt. 25,35) e gli altri ser­vizi e ministeri.



Inariditi fino al midollo

La Chiesa deve essere tutta ministeriale, al servizio dei fratelli, soprattutto dei più bisognosi, dei poveri, degli ammalati, degli handicappati, dei bambini, de­gli emarginati, dei vecchi e dei soli, dei lontani (gli emi­grati)... E’ estremamente importante formare i coniugi e le famiglie: sono loro i primi araldi della Fede ed edu­catori dei loro figli. È sommamente importante avvi­cinare i giovani allo spirito di Cristo. Non dimen­tichiamo, per il bene dei fedeli, l'apostolato della buona stampa, del cinema, della T.V., della radio. Sono le idee che formano le anime e muovono il mondo. Dobbia­mo tutti (sacerdoti, uomini e donne, giovani e ragaz­ze...) lavorare affinché la nostra parrocchia diventi «una fucina di anime forti» e una base di lancio di numerose e sante vocazioni sacerdotali, religiose, laicali per l'avvento del Regno di Dio. Sia purificata la religiosità popolare, evitando le forme superstizio­se e praticando le cose essenziali!

La nostra preoccupazione è portare le anime a Cristo, alla salvezza, alla santità. «Ho vergogna della vergo­gnosa impotenza dei cristiani dinanzi ai pericoli che sovrastano il mondo. Non sembrano morti tanti inse­gnanti cattolici nelle varie scuole di Francia, d'Italia... che non sono capaci di arginare il male? Sono un im­menso numero di intellettuali inariditi, sino al midol­lo ».



O Signore donaci il tuo amore

Opere vuole il Signore, non parole! Il mondo è pieno di parole, di buoni propositi, di progetti. «Andate, in­cendiate di amore! », diceva S. Ignazio di Loyola. Apostolato d'amore, soprattutto! Di delicatezza, di gentilezze, di aiuto, di attenzioni, di riguardi, di sol­lecitudini, di comprensioni, di scuse, di perdono, di pazienza e di sorriso sino al sacrificio...; e non opere diaboliche di divisioni, di critiche, di sospetti, di in­vidie, di calunnie e di... odio. Amore, apostolato d'a­more! Le persone sono di chi le ama prima, di chi le ama di più, col cuore di Cristo e col cuore di Maria. O Signore, dacci oggi il Tuo amore quotidiano! Per­ché l'amore, oggi soprattutto, è la carta vincente del­la Chiesa. Con Essa, la comunità parrocchiale dev'es­sere tutta amore. Tutti i battezzati dovremmo essere un'altra «Madre Teresa di Calcutta! ».

Dacci, o Signore, la grazia di non essere inutili e dan­nosi per la Chiesa, per la parrocchia e per noi. Di non essere parassiti, ma ripieni di onestà in qualsiasi affare e di spirito cristiano a modo di fermento, nell'eserci­zio del sacerdozio comune a tutti i fedeli (Cfr. 1 Pt 2,4), per cooperare all'opera del Salvatore.

Dobbiamo lottare contro l'Idolatria delle cose tempo­rali, del sesso, che rendono schiavo l'uomo. Dobbia­mo lavorare affinché l'ordine temporale, l'ambiente sociale, sia ordinato a Dio per mezzo di Cristo e che dappertutto e in ogni cosa regni la giustizia.



Lavoro, lavoro

Guardiamo, nel centenario della morte, a S. Giovan­ni Bosco. Impegnò tutta la vita per Dio e i giovani che amava particolarmente. Dedicava gran parte del suo tempo al lavoro. Lavorò moltissimo, senza essere un fanatico del lavoro. Ma ne capi l'indispensabilità. Dis­se: «Lavoro, lavoro! ». Ma nell'assidua preghiera! Guar­diamo soprattutto a Gesù «pastore supremo» (1 Pt 5,4) che «passò facendo del bene e sanando tutti» (Atti 10,38). ImitiamoLo!

Guardiamo anche a Maria SS.ma, modello di come si amano le anime. Quante volte è apparsa ed appare nel mondo per salvare i suoi figlioli: a Parigi nel 1830; a La Salette nel 1846; a Lourdes nel 1858; a Fatima nel 1917; a Beauraing nel 1932; a Banneux nel 1933... Fratelli e sorelle carissimi, lavoriamo! « La parrocchia deve crescere in santità, deve partecipare alla missio­ne di tutta la Chiesa e vivere la comunione ecclesiale. Dobbiamo lavorare affinché tutti i fedeli laici parte­cipino intensamente alla vita della parrocchia, attra­verso la lettura e lo studio della Parola di Dio, la cele­brazione dell'Eucaristia, i Consigli parrocchiali e le diverse forme di attività e di apostolato. La Parrocchia comunione di comunità!

Questo è l'ideale, questa è la strada da percorrere con costanza. Questa è la Chiesa che vivrà nel 2000.



La confessione

Chi si accusa, Dio lo scusa


Gesù, nel suo infinito amore, per purificare la parroc­chia dai vizi e cambiarne il volto, ha istituito (la sera di Pasqua) (cfr. Giov. 20,19), il sacramento della Con­fessione (della Penitenza o della Riconciliazione). Que­sta, non solo cancella i peccati, ma arricchisce le ani­me di maggiore grazia, le santifica (Conc. di Trento), dà loro la forza contro le innumerevoli tentazioni di satana, del mondo e della carne, le rinnova nell'impe­gno della vita cristiana, le avvia alla perfezione e rifà l'innocenza battesimale perduta, l'esercita nell'umil­tà e nella penitenza, ripara il tempo perduto per la san­tità e ridà la gloria alla SS. Trinità. Oh! La necessità, la bellezza e la grandezza della S. Confessione! Si prova una pace inesprimibile; Gesù e l'anima si danno il ba­cio della pace (cfr. Im. C. 3,52).

La confessione frequente è importantissima e necessa­rissima. Ricordiamo lo Slogan: «Almeno una Santa Con­fessione al mese!». S. Francesco d'Assisi dice: «Chi si accusa, Dio lo scusa; chi si scusa, Dio l'accusa». San Vincenzo de Paoli afferma: «La Confessione è la ba­se della conversione e della perfezione». E S. Giovanni Bosco raccomanda: « Rompete le corna al demonio con i due martelli della confessione e della comunione».



Bisogna pentirsi dei peccati

Al Sacramento della confessione si aggrapparono il Santo Curato d'Ars, Padre Pio, S. Leopoldo Mandic e tanti altri, per il bene delle anime, delle parrocchie e della società. Furono i martiri della confessione ben celebrata, con amore e senza fretta. Loro compresero e fecero capire alle innumerevoli anime che, per un verso, la confessione non dev'essere un sacramento fa­cile, ma difficile, perché dev'essere il sacramento del vero pentimento e della conversione, del cambiamento della vita.

Non è solo un lavacro, una specie di toilette dell'ani­ma, un sentire una buona parola, ma è cambiare men­te, cuore, costumi... Non è solo esame di coscienza, («ricordare cosa dire »), ma soprattutto è una rottura vera e propria col passato. È un cambiamento di men­talità. Bisogna pentirsi dei peccati non solo per aver meritato i castighi di Dio (l'inferno o il purgatorio...), ma soprattutto per aver ucciso l'amore del Padre. E impariamo che dopo l'atto sacramentale, bisogna con­tinuare a far penitenza dei propri peccati. Non pos­siamo contentarci di quel piccolo sacrificio o di quella preghiera impostaci dal confessore. La piccola par­rocchia di Ars! Degna di essere invidiata!



Un confessionale assediato giorno e notte

Per tante anime, la via di Ars fu la via di Damasco, della conversione. La santità del curato d'Ars, le sue preghiere; le sue penitenze; la sua predicazione arden­te, il suo lavoro apostolico portavano i peccatori al confessionale e la gli bastavano poche parole per abbattere il peccato «ed elevare le anime. Quante coscienze; trapassate dalla spada della sua parola, hanno lasciato sfuggire il veleno nascosto che le guastava. Spesso, per scuotere i grandi peccatori, diceva ad essi questa pa­rola semplice, ma terribile quando esce dalle labbra di un Santo: «Amico mio, voi siete dannato! ». Que­sta frase molto breve valeva più che un lungo discor­so e li convertiva. Il grande miracolo del Curato d'Ars per convertire la sua parrocchia e le anime fu, in defi­nitiva, il suo confessionale assediato giorno e notte. La confessione frequente e ben fatta fu il miracolo e la conversione della parrocchia. E diede tanta gloria a Dio, perché i sacramenti sono azioni di Cristo, Som­mo Sacerdote, e sono atti liturgici riempiono di gioia la SS. Trinità, il sacerdote e le anime.



Una risurrezione della persona

Molti non capiscono il perché della confessione (magari annuale). Non si tratta di fare un atto di pietà o un obbligo, ma di convertirci e di riunirci al Corpo mistico di Cristo. Tanti capiscono la confessione solo ­come un pulire la casa, lascíar cadere la polvere e di nuovo pulire. Invece, la confessione deve essere anche una risurrezione della persona, una spinta nuova per la vita spirituale, una continua crescita della persona delle virtù e della santità. Quindi non soltanto dobbiamo confessare i peccati, ma anche, allontanare ogni ostacolo che ci impedisce di raggiungere la gra­zia divina e la perfezione.

«Lodiamo e ringraziamo il Padre per la grazia del per­dono. All'uomo, naufrago a causa del peccato, con il Sacramento della Riconciliazione ha aperto in Cristo crocifisso e risorto il porto della misericordia e della pace. Nella potenza dello Spirito Santo ha stabilito per la Chiesa una tavola di salvezza dopo il Battesimo e incessantemente la rinnova per radunarla al banchet­to gioioso del suo amore » (Prefazio della Penitenza).


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07/09/2009 16:34

Un dono mariano


Miei carissimi figlioli, ho terminato.

Grazie per avere accolto e letto, con umiltà, questa Lettera Pastorale, senza aver badato all'ignoranza e all'indegnità di colui che l'ha scritta.

Vi prego di non buttarla via e di non smarrirla, per­ché in essa sono state scritte, con l'aiuto dello Spirito Santo e della Madonna, cose molte importanti per noi e la nostra parrocchia.

Consideratela come un «dono mariano», in quest'an­no Mariano. 1987-88

Fatela leggere ai sacerdoti e ai laici che incontrerete. Rileggetela con attenzione. E vogliate recitare una «AVE MARIA» affinché porti moltissimo frutto. Potrete ricordare gli argomenti trattati, pensando ad una... formula algebrica, praticata dal Santo Curato d'Ars per la conversione della sua parrocchia: S + 3 P + L + C, cioè: Santità, più preghiera, penitenza, predi­cazione, più lavoro e confessione.



Con Maria verso il 2000

Non dimentichiamo di fare un serio esame di coscien­za che abbia per oggetto la salvezza della nostra par­rocchia. Tanti, infatti, pur accettando la terapia (cioè la cura adatta a salvare la parrocchia), purtroppo non la useranno, perché molto impegnativa. E la parroc­chia continuerà a vivacchiare, ad agonizzare ed a per­dersi. E noi con essa!!!...

Tutti siamo responsabili dei nostri fratelli (cfr. Gen. 4,9). Beati noi se, alla fine della nostra vita, potremo presentarci a Cristo, «nostro prezzo e nostro premio», accompagnati da moltissime anime da noi salvate! Avanti sempre! Senza scoraggiamento, senza noia e senza disperazione! Anche se non vedremo i risultati del nostro lavoro. «Uno semina e uno miete» (Giov. 4,37).

«Dobbiamo convincerci, Sacerdoti e laici, che noi non siamo i padroni della pastorale, ma solo gli amministra­tori. Ed allora, perché scoraggiarci quando abbiamo fatto il nostro dovere? Questa è superbia! È Gesù, per mezzo di MARIA, che salva! ». «Noi siamo servi inu­tili! » (Lc. 17,10) (Mons. De Giorgi).

Con Maria, verso il 2000, per una parrocchia migliore e per un mondo migliore!

S. Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, preghi per, noi, per la nostra parrocchia e per tutta la Santa Madre Chiesa!

S. Michele Arcangelo, principe della milizia celeste, scacci Satana e gli altri spiriti maligni da noi, dalla nostra Parrocchia e dal mondo intero!

-vi benedico con grande affetto.

Vostro Padre Abate



Castellana Sicula, lì 27/3/1988 (anno Mariano)


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CENNI DI STORIA DELLA RIVELAZIONE DIVINA

Creazione del mondo e dell'uomo

l. Al principio Dio era solo. Niente esisteva fuori di Lui. Infinitamente perfetto e felice in se stesso, Egli non aveva bisogno d'alcuno; per pura bontà volle creare, cioè fare dal nulla. Volle, e furono il cielo e la terra, le cose tutte visibili ed invisibili.

2. Con ordine meraviglioso le creature furono prodotte una dopo l'altra: luce, firmamento, astri, terra e mare, vegetali e animali: e ultimo, quasi corona della crea­zione, l'uomo. Fu fatto ad immagine e somiglianza di Dio, perchè nel corpo formato di terra, il Creatore infuse lo spirito immortale, e l'innalzò con la grazia allo stato soprannaturale perchè potesse goder Dio stesso nell'eternità.

3. Al primo uomo, che chiamò Adamo, Dio diede per compagna, traendola dal fianco di lui, Eva, la prima donna. Da essi è venuta l'intera famiglia umana.



Caduta dell'uomo e promessa dei Salvatore

4. L'uomo era stato fatto re della natura e messo in un delizioso giardino, il paradiso terrestre. Poteva go­der di tutto, ma perchè riconoscesse il pieno dominio del Creatore, Dio gli aveva proibito di gustare il frutto dell'albero detto della scienza del bene e del male. Il bene era l'ubbidienza e la grazia di Dio, il male la disubbidienza e la perdita dei doni, dei quali Dio l'aveva arricchito.

5. L'uomo si ribellò, Eva credette al serpente-demonio, anzichè a Dio, e Adamo fu compiacente ad Eva. Di­sobbedirono. Per la loro colpa essi e i loro discen­denti furono spogliati della grazia e della felicità eterna in Dio, e degli altri doni che perfezionavano la natura umana. Stoltamente, si resero servi del de­monio, delle passioni, delle miserie, della morte. Ci esposero tutti alla perdizione eterna.

6. Dio però, condannandoli dalle delizie del paradiso terrestre al lavoro, al dolore e alla morte corporale, non tolse loro la speranza della salvezza dell'anima. Predisse che avrebbe distrutto la potenza del demo­nio per mezzo del Messia o Cristo, che sarebbe ve­nuto nella pienezza dei tempi. In questa fede l'uomo rivivrebbe, osservando la legge morale scolpitagli nel cuore.



Corruzione e diluvio - II popolo eletto

7. A cominciare da Caino che per invidia uccise suo fratello Abele, si moltiplicarono i peccati coi molti­plicarsi del genere umano che tutto si pervertì. Dio mandò il diluvio sulla terra, e tutti perirono nel ca­stigo, eccetto il giusto Noè e la sua famiglia. Dio li salvò in un'Arca o grande nave, fattagli apposita­mente costruire. Noè, scampato, offrì a Dio un sa­crificio in ringraziamento.

8. Anche le varie nazioni, venute da Sem, Cam e Jafet, figli di Noè, si corruppero. Col tempo dimenti­carono l'unico vero Dio, e invece di Lui, con peccato gravissimo, adorarono false divinità e creature. Per­ciò Dio scelse, tra i pochissimi della stirpe di Sem rimasti fedeli, Abramo Caldeo. Lo chiamò fuori della sua patria e gli promise che, se egli e i suoi posteri si conservassero credenti e religiosi, sarebbe stato il loro Dio, li avrebbe moltiplicati immensamente e fatti padroni della terra di Canaan o Palestina. Nella loro posterità sarebbero benedette tutte le genti. La medesima promessa la rinnovò Dio ad Isacco, figlio di Abramo, e a Giacobbe detto anche Israele, secondo­genito di Isacco.

9. Così la progenie di Abramo e d'Israele, cioè gli Ebrei, divennero il popolo eletto da Dio perché custo­disse la fede e la religione vera, e tramandasse la promessa del Salvatore.



Schiavitù d'Egitto - Liberazione per mezzo di Mosè

10. Giacobbe morì in Egitto. In tempo d'una gran ca­restia era andato con i suoi presso il prediletto figlio Giuseppe, che i fratelli invidiosi avevano venduto schiavo e che il Faraone, o Re, aveva innalzato alla più alta dignità del regno per il suo spirito profetico la sua fedeltà e previdenza. In Egitto gli ebrei crebbero di numero e prosperarono grandemente, tanto che, dopo secoli, Faraone crudele, ingelosito della loro po­tenza, tentò sterminarli. Li sottopose a durissima schia­vitù e comandando di gettare i loro nati maschi nelle acque del Nilo.

11. Ma Dio intervenne per il popolo suo. Mosè il fu­turo liberatore, venne salvato dalle acque e allevato dalla figlia stessa del Faraone; Dio per mezzo di lui intimò al Faraone di lasciar partire il popolo ebreo. Avendo il re ricusato, percossero successivamente il regno dieci flagelli detti piaghe d'Egitto. L'ultima fu lo sterminio di tutti i primogeniti egiziani. Fu compiuto in una notte dall'Angelo, che risparmiò le sole case degli Ebrei, segnate, secondo l'ordine di Dio, col sangue dell'agnello immolato.

12. Il re si piegò. Mosè partì subito col popolo e at­traversò il Mar Rosso, che mirabilmente si divise avanti agli Ebrei per lasciarli passare. Vollero entrar­vi anche gli Egiziani, che pentiti d'aver concesso agli ebrei la partenza, si erano messi ad inseguirli; ma le acque si riunirono e tutti furono sommersi.

Il grande passaggio, o Pasqua era compiuto, e la me­moria della prodigiosa liberazione sarà poi celebrata ogni anno dagli Ebrei con la festa più solenne. Per la Pasqua di Cristo, l'umanità intera verrà per Lui li­berata dalla schiavitù, infinitamente più funesta, del peccato.



Gli Ebrei nel deserto - La Legge - Glosuè - La terra promessa

13. Agli Ebrei condotti nel deserto, Dio, con grande maestà, fra lampi e tuoni, diede, per mezzo di Mosè, sul monte Sinai, la legge morale dei Decalogo o dei dieci comandamenti, incisi su due tavole di pietra. Diede poi altre leggi rituali e sociali con cui il popolo doveva governarsi fino alla venuta del Messia, se vo­leva conseguire le divine promesse, essere vittorioso e felice.

14. Fu questo il Vecchio Testamento o patto di Dio, col popolo eletto. Questa era la Legge, ossia la legge antica, mosaica, tutta rivolta, nella sua minuziosa gra­vezza, a mantener viva la fede e il culto dell'unico vero Dio, misconosciuto da per tutto, e a preparare il Nuovo Testamento, ossia la Nuova Legge di Cristo, in­finitamente superiore.

15. Gli Ebrei, sebbene favoriti da un tal petto da Dio e da Lui prodigiosamente sostentati nel deserto per tanti anni con la manna cadente quale rugiada e con acque cavate dalla roccia dalla verga di Mosè, si ritar­darono per le proprie colpe l'entrata nella terra pro­messa. Mosè morì sui confini di essa lasciando per successore Giosuè. Egli finalmente, dopo quaranta anni di peregrinazioni, conquistò la Palestina e la di­vise tra le dodici tribù, discendenti da dodici figli di Giacobbe.



I Giudici - I Re - David - Salomone – Il Tempio - Regno di Giuda
16. Dopo Giosuè, ressero il popolo i Giudici, susci­tati da Dio quando sorgeva qualche più grave neces­sità; quindi i Re, il primo dei quali, Saulle, fu poi riget­tato da Dio e sostituito col valoroso e fedele David della tribù di Giuda. Nella sua famiglia resterà eredi­tario il regno e nascerà il Messia, che avrà regno senza fine.

17. Salomone, figlio di David, sapientissimo e felicis­simo, edifica in Gerusalemme un magnifico tempio al Signore. Da vecchio cade nella lussuria e nell'idola­tria. Per questo delitto e per la stolta durezza del figlio e successore, Roboamo, furono tolte alla casa di David dieci tribù, che costituirono sotto Geroboamo, capo della ribellione, il regno d'Israele. Tale regno presto caduto nell'idolatria, riprovato da Dio fu distrutto per sempre dagli Assiri.

18. Anche le tribù di Giuda e di Beniamino, discen­denti di David, ossia il regno di Giuda, prevaricarono spesso, nonostante i rimproveri dei Profeti, special­mente sotto alcuni re empi, come Acaz e Manasse. Sopravvenne Nabucodonosor, re di Babilonia, che assediò e distrusse Gerusalemme col tempo e menò schiavi re e popolo.



Cattività di Babilonia - Il ritorno - Il nuovo tempio - I profeti -

Le profezie avverate

19. Nelle angustie della cattività di Babilonia, alle pa­role ammonitrici e consolanti dei Profeti, il popolo si emendò e ravvivò la sua fede in Dio e nella risurre­zione d'Israele per mezzo del Messia.

20. Quando, dopo settant'anni, Ciro, re dei Persiani, si impadronì di Babilonia, concesse, secondo la predi­zione d'Isaia, il ritorno in patria. Con grande zelo, sotto Zorobabele e Neemia, fu riedificata Gerusa­lemme, cominciando dal tempio. Sebbene non così splendido come l'antico, doveva essere onorato della presenza del «Dominatore» e dell'Angelo dei Testa­mento» nuovo. Fu ristabilito il pubblico culto di Dio e, per cura di Esdra, l'osservanza della legge, che veniva letta al popolo e interpretata.

21. Nei secoli seguenti, si accrebbe, nonostante il per­vertimento di molti, lo zelo per la Legge e l'aspetta­zione del Redentore annunziato con tratti sempre più particolari e distinti. I Profeti ne avevano predette nelle più minute circostanze la venuta e la vita, la predicazione, i patimenti, la gloria e il regno perpetuo; apparve Gesù di Nazaret, nel quale tutte insieme si verificarono e compirono le profezie divine.



Gesù Cristo: sua vita e predicazione; sua morte, risurrezione e ascensione al Cielo

22. Gesù nacque in Betlemme da Maria Vergine, sposa a Giuseppe della famiglia di David. Come l'Angelo Ga­briele le aveva annunziato, lo Spirito Santo era disceso sopra di Lei, ed Ella, rimanendo Vergine, era divenuta madre del Verbo divino.

23. Circonciso, secondo la Legge, fu chiamato Gesù o Salvatore. Dopo la fuga in Egitto per sottrarsi alle insidie di Erode, visse a Nazaret in umile ubbidienza a Maria e a Giuseppe.

Avanzava «in sapienza, in età e in grazia innanzi a Dio e agli uomini». A trent'anni circa, ricevette il battesimo di penitenza nel fiume Giordano da Giovanni il Battista (Battezzatore). Cominciò a predicare nella Giudea e nella Galilea il Vangelo, ossia la buona novella della remissione dei peccati e della vita eterna per quelli che credessero in lui e ne osservassero gl'insegnamenti. Gesù confermava coi più stupendi pro­digi la sua divina missione e la sua dottrina.

24. Molti credettero, e tra i primi quei dodici chiamati Apostoli. Egli li scelse per fondare la sua Chiesa, di cui volle capo e fondamento Pietro. Gli si scatenò contro implacabile l'odio dei pontefici, dei farisei e dei dottori della Legge, invidiosi dei suo potere e of­fesi dai suoi rimproveri. Quest'odio finì per farlo con­dannare dal Sinedrio. Lui, l'aspettato, il Redentore, fu proposto al ladrone Barabba, quando il Pauroso Pilato, preside romano, tentò graziarlo per la Pasqua e sal­varlo da morte.

25. Dopo gli strazi più acerbi, crocifisso sul Calvario, non lungi da Gerusalemme, tra due malfattori, Gesù compì in Croce la redenzione dell'umanità peccatrice. Soddisfece per essa all'Eterno Padre col sacrificio di se stesso. Morì perdonando e pregando per i nemici che non cessavano d'insultarlo. Fu sciolto allora il Vecchio Testamento o patto con la nazione ingrata che aveva ripudiato e ucciso Dio Redentore. Il sangue di­vino, consacrò il Nuovo ed eterno Testamento.

26. Sepolto il corpo, Gesù coll'anima santissima di­scese al Limbo per liberare le anime dei giusti tratte­nute in attesa della redenzione. Il terzo giorno risu­scitò da morte, come più volte aveva annunziato. Apparve alle pie donne, a Pietro, a due discepoli sulla via di Emmaus e agli altri Apostoli ancora increduli. Alla vista delle sue piaghe gloriose non dubitarono della risurrezione. Dopo averli ammaestrati sul regno di Dio e mandati ad evangelizzare tutte le genti e a battezzare, con potestà di sciogliere e di ritenere i peccati, e con la promessa dello Spirito Santo e della assistenza propria fino alla consumazione dei secoli, nel quarantesimo giorno, in loro presenza, salì al cielo. Siede alla destra di Dio Padre, investito d'ogni potere sul cielo e sulla terra.



Discesa dello Spirito Santo - Chiesa cattolica

27. Nella Pentecoste, lo Spirito Santo, promesso da Cristo, visibilmente sugli Apostoli e sulla Chiesa na­scente. Da essa non doveva staccarsi mai più. Il re­gno di Dio, con gli Apostoli suoi propagatori e con le potenze spirituali della parola divina predicata e poi anche scritta, dei sacramenti (tra cui principale l'Eu­caristia, per la quale Gesù rimane sempre coi suoi) e dei doni dello Spirito Santo, era ormai confermato e perfetto. Cominciava la propria vita indipendente dalla Sinagoga e la propria missione di salvatore tra i pagani. A poco a poco, nonostante le sanguinose per­secuzioni del potentissimo impero romano, li trasse dal profondo dell'idolatria e della corruzione, convertì moltissimi in testimoni di fede e di virtù.

28. Cadde poco dopo, per sempre, con la sua capitale e col suo tempio, la nazione giudaica. Gli Ebrei furono dispersi sulla terra; cadde con le sue glorie di lette­ratura, di arte e di scienza il mondo antico, consumato dai vizi. Caddero altri imperi. La Chiesa, con la civiltà cristiana, perdura e s'estenderà sempre per il bene dell'umanità malgrado i figli degeneri, malgrado i dis­sensi che trassero fuori del regno di Dio, nello scisma e nell'eresia, nazioni potenti anche malgrado la più insidiosa guerra dei nemici della rivelazione sopran­naturale, della morale cristiana e dell'idea stessa di Dio. «Le porte dell'inferno non prevarranno contro di lei». Il cristiano, tranquillo su questa promessa divina, non si turba, ma con la sua madre, la Chiesa, prega, lavora e soffre. Aspetta la risurrezione finale e il ri­torno glorioso di Gesù Cristo giudice. Gesù ci pre­annunziò gli odi, le persecuzioni, le apostasie, ma in­sieme ci rincuorò dicendo: «Se il mondo vi odia, sap­piate che prima di voi ha odiato me... Se hanno per­seguitato me, perseguiteranno anche voi... ma fatevi coraggio io ho vinto il mondo» (S. Giov. XV, 18-20 XVI, 33).



LA GRANDE PROMESSA DELLA MADONNA

«Io prometto di assistere nell'ora della mor­te, con le grazie necessarie alla salvezza, coloro che nel 1° sabato di cinque mesi consecutivi:

- Si confesseranno.

- Riceveranno la S. Comunione.

- Diranno una corona dei Rosario. e Mi faranno compagnia per un quarto d'ora, meditando i misteri del Rosario al fine di offrirmi riparazione».

(La Madonna a Lucia dl Fatima)



AI GENITORI E AGLI EDUCATORI CRISTIANI

1. Fare catechismo è istruire nella fede e nella morale di Gesù Cristo. E' dare ai figli di Dio la coscienza della propria origine, dignità e destino, e dei propri doveri. E' deporre nei loro intelletti i principi della religione, della virtù e della santità in terra, della fe­licità in cielo.

2. L'insegnamento del catechismo è quindi il necessa­rio e benefico per gli individui, per la Chiesa e per la società. E' l'insegnamento fondamentale che sta alla base della vita cristiana. Dove esso manca o male impartito la vita cristiana è debole, vacillante, facil­mente vien meno.

3. I genitori cristiani sono i primi educatori dei loro figli. Debbono essere i primi catechisti. Debbono istil­lare quasi coi latte la dottrina ricevuta dalla Chiesa; tocca ad essi far imparare in famiglia le verità princi­pali della Fede, le prime preghiere; farle ripetere in modo che a poco a poco penetrino nell'animo dei figli. Se essi, come a volte avviene, sono costretti a farsi supplire nell'educazione, hanno l'obbligo di sce­gliere istituti e persone che sappiano e vogliano co­scienziosamente compiere per loro un dovere santo importante. L'indifferenza è stata la perdita irrepara­bile di tanti figli.

Per insegnare bisogna conoscere la dottrina cri­stiana, esporla e spiegarla in maniera adatta. Soprattutto, trattandosi di dottrina pratica, bisogna viverla.

• Conoscere la dottrina cristiana. Come si può istruire senza essere istruiti? I genitori e gli educatori hanno il dovere di conoscere il catechismo e di penetrarne le verità.

• Esporre in maniera adatta la dottrina cristiana. Con intelligenza e amore, in modo che i fanciulli non siano annoiati dei maestro e della dottrina. Conviene met­tersi alla loro portata, usare parole semplici, con op­portune similitudini ed esempi, muovere i sentimenti del cuore: non stancare, progredire a poco a poco, con pazienza ed affetto.

• Bisogna vivere la fede e la morale che s'insegna. Co­me si avrà il coraggio d'insegnare ai figli la religione che non si pratica, i comandamenti e i precetti che si trascurano sotto i loro occhi?

• Oggi si è creato un'atmosfera d'incredulità funestis­sima alla vita spirituale, con la guerra a ogni idea di autorità, di Dio, di rivelazione, di vita futura, di sacrificio. I genitori e gli educatori con la maggior cura, devono ispirare il concetto cristiano della vita, il senso della responsabilità di ogni atto presso Dio. Egli è da per tutto, tutto sa e tutto vede. Solo così l'educazione dei figli sarà fondata non sull'arena di mutevoli idee e del rispetto umano, ma sulla roccia di convinzioni soprannaturali, che non saranno scosse da nessuna tempesta.

Occorre viva fede, profonda stima dei valore delle anime e dei beni spirituali. Occorre anche una grazia speciale per capire l'indole dei figli e trovare la via della mente e del cuore. I genitori cristiani, in forza dei sacramento del Matrimonio hanno diritto alle gra­zie del proprio stato, a quelle necessarie per educare cristianamente i figli.

Possono, con la preghiera, ottenere più abbondante grazia.

Lo facciano a costo di ogni sacrificio. Si tratta della salute eterna delle anime dei figli e della propria. Dio benedirà la loro fede e il loro amore in questa opera così importante e li ricompenserà coi premio più desiderabile, di figli santi, eternamente beati, con loro, in cielo.



Il rosario quotidiano

Recitare il Rosario tutti i giorni per ottenere la pace al mondo e la fine della guerra (ap­parizione 13 maggio 1917).

Tutte le anime di buona volontà possono e devono recitare il Rosario tutti i giorni. Lo possono recitare in chiesa davanti al SS. Sacramento solennemente esposto o rinchiu­so nel tabernacolo; tanto in famiglia come individualmente, per strada o in viaggio. La preghiera del Rosario è la più accessibile a tutti, ricchi e poveri, sapienti e ignoranti. Deve essere come il pane spirituale di tutti per sostenere e aumentare nelle anime la fede, la speranza e la carità attraverso i misteri ricordati in ogni decina,



I due misteri principali della Fede

1. Unità e Trinità di Dio.

2. Incarnazione. Passione e Morte e Risurrezione dei Nostro Signore Gesù Cristo.



I due comandamenti della carità

1. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.

2. Amerai il prossimo tuo come te stesso.



I dieci comandamenti di Dio o Decalogo

Io sono il Signore Dio tuo:

1. Non avrai altro Dio fuori che me.

2. Non nominare il nome di Dio invano.

3. Ricordati di santificare le feste.

4. Onora il padre e la madre.

5. Non ammazzare.

6. Non commettere atti impuri.

7. Non rubare.

8. Non dire falsa testimonianza.

9. Non desiderare la donna d'altri.

10. Non desiderare la roba d'altri.



I cinque precetti generali della Chiesa

1. Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate.

2. Non mangiar carne nei giorni di astinenza e digiu­nare nei giorni prescritti.

3. Confessarsi almeno una volta all'anno, e comuni­carsi almeno a Pasqua.

4. Soccorrere alle necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi o le usanze.

5. Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti.



I sette sacramenti

1. Battesimo; 2. Cresima; 3. Eucaristia; 4. Confessione; 5. Unzione degli Infermi; 6. Ordine; 7. Matrimonio.



I sette doni dello Spirito Santo

1. Sapienza; 2. Intelletto; 3. Consiglio; 4. Fortezza; 5. Scienza; 6. Pietà; 7. Timor di Dio.



Le tre virtù teologali

1. Fede: 2. Speranza; 3. Carità.



Le quattro virtù cardinali

1. Prudenza; 2. Giustizia; 3. Fortezza; 4. Temperanza.



Le sette opere di misericordia corporale

1. Dar da mangiare agli affamati; 2. dar da bere agli assetati; 3. vestire gl'ignudi; 4. alloggiare i pellegrini; 5. visitare gl'infermi; 6. visitare i carcerati; 7. seppel­lire i morti.



Le sette opere di misericordia spirituale

1. Consigliare i dubbiosi; 2. insegnare agli ingnoranti: 3. ammonire i peccatori; 4. consolare gli afflitti; 5. per­donare le offese; 6. sopportare pazientemente le per­sone moleste; 7. pregare Dio per i vivi e per i morti.



I sette vizi capitali

1. Superbia; 2. avarizia; 3. lussuria; 4. ira; 5. gola; 6. invidia; 7. accidia.



I sei peccati contro lo Spirito Santo

1. Disperazione della salute; 2. presunzione di salvarsi senza merito; 3. impugnare la verità conosciuta; 4. in­vidia della grazia altrui; 5. ostinazione nei peccati; 6. impenitenza finale.



I quattro peccati che gridano vendetta ai cospetto di Dio

1. Omicidio volontario; 2. peccato impuro contro na­tura; 3. oppressione dei poveri; 4. frode nella mercede agli operai.



I quattro Novissimi

1. Morte; 2. giudizio; 3. inferno; 4. paradiso.



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