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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 16:44

LA SANTA MESSA

CAPITOLO PRIMO

DELL'ESSENZA DELLA S. MESSA


In latino la santa Messa è chiamata Sacrificium. questa parola significa contemporaneamente immolazione ed offerta. Il Sacrificio è un tributo offerto a Dio solo, da uno dei suoi servi appositamente consacrati, per riconoscere e confermare la so­vranità dell'Onnipotente sulle creature.

Che il Sacrificio così interpretato non convenga che a Dio solo, sant'Agostino lo prova con l'usanza universale e co­stante di tutti i popoli. "Chi ha mai pensato - dice - che si pos­sano offrire dei sacrifici ad altri che a Colui che riconosciamo come Dio o che viene qualificato per tale?". Lo stesso Padre dice ancora altrove: "Se il demonio non sapesse che il Sacrificio appartiene a Dio solamente non chiederebbe sacrifici ai suoi adoratori. Molti tiranni si sono attribuiti prerogative proprie della divinità, pochissimi hanno ordinato che si offrissero loro dei sa­crifici e quelli che l'hanno osato, si sono studiati di farsi credere altrettanti dei. Secondo la dottrina di san Tommaso, sacrificare a Dio è una legge così naturale che l'uomo vi è portato spon­taneamente. Per far questo Abele, Noè, Abramo, Giacobbe e gli altri patriarchi non ebbero bisogno, per quanto sappiamo, di un ordine o di un'ispirazione dall'Alto.

E non solamente hanno sacrificato a Dio i veri creden­ti, ma i pagani stessi hanno fatto altrettanto per onorare i loro idoli. Nella legge che dette agli israeliti, il Signore comandò loro di offrirgli ogni giorno un sacrificio che, nelle grandi feste, era compiuto con una straordinaria solennità.

Non dovevano contentarsi d'immolare agnelli, pecore, vitelli e buoi, ma dovevano anche offrirli con cerimonie speciali, compiute dai sacerdoti. Durante il canto dei salmi e al suono della tromba, gli stessi sacerdoti sgozzavano gli animali, li scor­ticavano, ne spargevano il sangue e ne bruciavano le carni sul­l'altare. Tali erano i sacrifici giudaici, mediante i quali, il popolo eletto rendeva all'Altissimo gli onori che gli sono dovuti e con­fessava che Dio è il vero padrone di tutte le creature.

Tutti i popoli hanno messo il sacrificio nel numero del­le pratiche riservate esclusivamente al culto della divinità, dimo­strando, in tal modo, come esso sia in perfetta armonia con le tendenze della natura umana. Era dunque necessario che il Sal­vatore istituisse similmente un Sacrificio per la sua Chiesa, per­ché il più semplice buon senso dimostra che Egli non poteva privare i veri credenti di questa suprema forza dell'adorazione, senza che la Chiesa rimanesse al disotto del giudaismo, i sacrifi­ci del quale erano così magnifici che i gentili accorrevano da paesi lontani per contemplare lo spettacolo e perfino alcuni re pagani, come dice la Sacra Scrittura, provvedevano alle ingenti spese che erano necessarie.

Istituzione del divino sacrificio

Quanto al Sacrificio, tal quale lo ha istituito nostro Si­gnore nella sua Chiesa, ecco che cosa ci insegna il Concilio di Trento: "Nell'Antico Testamento, secondo la testimonianza di Paolo, il sacerdozio levitico era impotente a condurre alla perfe­zione; bisognava, perché così voleva il Padre delle misericordie, che si istituisse un altro sacerdote, secondo l'ordine di Melchisedech, il quale potesse rendere compiti e perfetti quelli che dovevano essere santificati. Questo sacerdote, che è Gesù Cristo nostro Dio e nostro Signore, volendo lasciare alla Chiesa, sua cara sposa, un Sacrificio visibile che rappresentasse il Sacri­ficio cruento che Egli doveva offrire una sola volta sulla Croce, ne perpetuò il ricordo fino alla fine dei secoli e ne applicò la virtù salutare alla remissione delle nostre colpe quotidiane di­chiarandosi, nell'ultima Cena, Sacerdote costituito secondo l'or­dine di Melchisedech. Nella notte stessa in cui fu dato in mano ai suoi nemici offrì a Dio suo Padre, sotto le specie del pane e del vino, il suo Corpo e il suo Sangue; li fece ricevere, sotto i simboli degli stessi alimenti, agli apostoli che Egli costituiva allora sacer­doti del Nuovo Testamento e ordinò loro ed ai loro successori nel sacerdozio di rinnovare questa oblazione dicendo: "Fate questo in memoria di me", secondo quanto la Chiesa cattolica ha inteso ed ha sempre insegnato". La Chiesa ci comanda dun­que di credere che nostro Signore, nell'ultima Cena, non sola­mente ha transustanziato il pane e il vino nel suo Corpo e nel suo Sangue, ma che li ha offerti a Dio Padre istituendo così il Sacrificio del Nuovo Testamento nella sua propria persona, eser­citando in tal modo il suo ministero di sacerdote secondo l'ordi­ne di Melchisedech. La Sacra Scrittura dice: "Melchisedech, re di Salem, offrì il pane e il vino, perché era sacerdote dell'Onni­potente e benedisse Abramo".

Il testo non dice espressamente che Melchisedech ab­bia sacrificato a Dio; ma la Chiesa fin dal principio l'ha inteso così e i santi Padri lo hanno interpretato in questa maniera. David l'aveva detto: "Il Signore l'ha giurato e non verrà meno: Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech". Con san Paolo possiamo affermare che Melchisedech e nostro Signore hanno veramente sacrificato: "Ogni pontefice è istituito per of­frire doni e vittime". Lo stesso apostolo si esprime ancor piu chiaramente: "Ogni pontefice, assunto in mezzo agli uomini, è istituito per gli uomini allo scopo di offrire a Dio doni e sacrifici per i peccati". Egli aggiunge: "Nessuno si attribuisca questa di­gnità, ma solamente colui che, come Aronne, è chiamato da Dio. Infatti il Cristo non si è glorificato da se stesso, per divenire pon­tefice, ma ha ricevuto quest'onore dal Padre suo che gli disse:

"Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato: Tu sei sacerdote in eter­no secondo l'ordine di Melchisedech". È dunque chiaro che Gesù Cristo e Melchisedech sono stati pontefici e che, tutti e due, con questo titolo, hanno offerto a Dio dei doni e dei sacri­fici. Melchisedech non ha immolato a Dio alcun animale, come facevano Abramo ed i credenti di allora, ma per ispirazione del­lo Spirito Santo e contrariamente all'uso dei tempi, egli ha of­ferto il pane ed il vino con cerimonie e preghiere speciali, li ha alzati verso il cielo e li ha offerti all'Onnipotente in gradito olo­causto. Così egli merita di essere la figura di Cristo e il suo sacri­ficio l'immagine del Sacrificio della legge nuova. Se dunque Gesù Cristo è stato consacrato Sacerdote da Dio Padre, non secondo l'ordine di Aronne che immolava gli animali, ma secondo l'or­dine di Melchisedech che offriva il pane ed il vino, è facile con­cludere che Egli, durante la sua vita mortale, ha esercitato il suo ministero sacerdotale offrendo un Sacrificio di pane e di vino.

Ma, quando nostro Signore ha compiuto il ministero di sacerdote secondo l'ordine di Melchisedech? Nel Vangelo, nell'ultima Cena, è accennato ciò che si riferisce ad un'offerta di questa natura.

«Mentre erano a cena, Gesù prese del pane, lo bene­disse, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo". Poi, preso il calice, rese grazie e lo dette loro dicendo: "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue della nuova Alleanza che sarà versato, per la remissione dei peccati di molti"». In queste parole non è detto che Gesù Cristo abbia offerto il pane ed il vino, ma il contesto è così chiaro che non c'era bisogno di farne una menzione forma­le. Del resto, se Gesù Cristo non ha offerto allora il pane ed il vino, Egli non l'ha mai fatto. In questo caso non sarebbe stato sacerdote secondo l'ordine di Melchisedech e mi domando che cosa significherebbe il linguaggio di san Paolò: «Gli altri sacer­doti sono stati costituti senza giuramento, ma questi col giura­mento, perché Dio gli ha detto: "Il Signore ha giurato e non verrà meno: Tu sei sacerdote in eterno...". questi, perché dura in eterno, ha un sacerdozio che non passa»

Profezia di Malachia sul S. Sacrificio della Messa

Nel Concilio di Trento, la Chiesa ha dato, dunque, la vera interpretazione e il Sacrificio nuovo è il vero Sacrificio puro, senza macchia che non può essere contaminato da alcuna inde­gnità, da alcuna malizia del sacrificatore. Sacrificio che il Signo­re annunciò, per bocca del profeta Malachia, doversi offrire dovunque in suo nome. Malachia fa parlare così il Dio degli eserciti: "Ho cessato di compiacermi in voi (sacerdoti dell'antica Alleanza) e, in avvenire, non riceverò nessun dono dalle vostre mani, perché dall'oriente all'occidente, il mio nome è grande in mezzo alle nazioni e in tutti i luoghi si offre un sacrificio puro al mio nome. Questo testo è stato considerato da tutti i santi Padri come una profezia del santo Sacrificio della Messa. que­sta predizione, infatti, non è stata compiuta nell'Antico, ma so­lamente nel Nuovo Testamento, come nel Nuovo fu realizzata la promessa fatta da Dio Padre a nostro Signore: "Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato. Domandamele ed io ti darò in eredità le nazioni Sappiamo tutti che questo oracolo si com­pì quando si convertirono i gentili.

La profezia di Malachia non si può precisamente ap­plicare al Sacrificio che nostro Signore consumò sulla Croce, come a torto pretendono di fare gli eretici, perché questo Sa­crificio non è stato offerto in tutti i luoghi, come asserisce il profeta, ma in uno solo: sul monte Calvario. E non si può ap­plicare nemmeno alle nostre preghiere, né alle nostre buone opere, perché tanto le une che le altre non sono un sacrificio assolutamente puro, ma anzi un offerta impura, come ricono­scono gli eretici stessi e come dice Isaia: "Siamo tutti impuri e le opere della nostra giustizia sono come un panno lordo"'. La profezia, dunque, deve esclusivamente riferirsi alla santa Messa, che è l'unico Sacrificio del Nuovo Testamento, Sacrifi­cio interamente puro, che Gesù Cristo offre a Dio suo Padre, in tutti i tempi ed in tutti i luoghi per le mani dei sacerdoti. Nostro Signore è il solo pontefice perfetto e sovrano e i sacer­doti non sono che i suoi ministri; essi gli prestano le mani e la bocca. Infatti, essendo Gesù Cristo invisibile ed il Sacrificio dovendo essere visibile, bisognava, per farvi partecipare gli uomini, ricorrere necessariamente al ministero dei sacerdoti. E per di più questo Sacrificio durerà fino alla fine del mondo e non cesserà che alla venuta dell'Anticristo. Gli eretici fanno l'obiezione che nella Sacra Scrittura non si trova la parola Messa. Va bene, ma non si trova nemmeno la parola Trinità, ma non per questo siamo dispensati dal credere a questo augusto mistero. La Scrittura non prescrive neanche il riposo domenicale e nemmeno il battesimo dei bambini, eppure que­sti sono per noi strettissimi obblighi. La parola Messa non fi­gura nella Bibbia, la leggiamo nelle opere dei papi come san Clemente, terzo successore di san Pietro, sant'Evaristo e san­t'Alessandro che sono vissuti nel primo secolo. Sant'Agostino, sant'Ambrogio, san Giovanni Crisostomo e molti altri adope­rano la parola Messa quando parlano del Sacrificio del Nuovo Testamento. Sant'Ambrogio, in una delle sue lettere scrive: "Re­stai al mio posto, cominciai la santa Messa e... durante il Sa­crificio pregai Dio affinché si degnasse venire in nostro soccor­so. Sant'Agostino se ne serve incidentalmente: "Nelle Le­zioni che leggiamo nella Messa - dice - riconosceremo... " Notate bene che il modo col quale questi due santi Padri si sono serviti della parola Messa, prova che l'uso ne era allora generale.

La tradizione ci insegna che gli apostoli stessi hanno offerto il Sacrificio della Messa. San Matteo fu ucciso all'altare, mentre celebrava i divini misteri. Secondo la leggenda sant'An­drea diceva al giudice Egea: "Ogni giorno io sacrifico a Dio onnipotente non la carne dei tori o il sangue dei montoni, ma l'Agnello immacolato". Abbiamo ancora le liturgie della Messa di san Giacomo e di san Marco, cioè preghiere e cerimonie rela­tive al santo Sacrificio, che troviamo nel primo volume della Biblioteca dei Padri: l'una fu in uso a Gerusalemme e l'altra ad Alessandria d'Egitto.

La parte della Messa chiamata Canone che va dal Sanctus alla Comunione ci viene da san Pietro; soltanto più tar­di furono aggiunte, da alcuni santi papi, alcune frasi al testo primitivo. E evidente che la Messa fu in uso nella Chiesa fin dai primi tempi e che è stata sempre riconosciuta, sotto questo nome, come il vero Sacrificio del Nuovo Testamento.

La S. Messa attaccata dagli eretici

Vediamo ora come la Messa è stata attaccata dagli eretici.


Le tempeste furiose che il demonio suscitò in differenti epoche contro questo adorabile Sacrificio, ne dimostrano la gran­de importanza.

Si spiega facilmente come, nei primi dieci secoli della Chiesa, la Messa non fu attaccata nella sua essenza. I giudei e i pagani erano abituati a considerare il sacrificio come il centro di ogni religione e perciò anche le più detestabili eresie al principio erano costrette a rispettare il Sacrificio dei cristiani, altrimenti tutti si sarebbero allontanati da loro con orrore. Prima di tentare un'im­presa così audace il nemico doveva fare una laboriosa prepara­zione. Il primo strumento della sua opera infernale fu l'orgoglioso e spergiuro Berengario di Tours, che visse dal 1015 al 1088.

È vero che questo infelice ritornò alla vera fede otto anni prima della sua morte e si estinse, sinceramente pentito, nel seno della Chiesa cattolica. Ma quello che aveva seminato germogliò segretamente e, qualche anno più tardi, se ne videro gli effetti nell'eresia degli albigesi. questa setta immorale ed empia inveiva violentemente contro la Messa, ma specialmente contro la Messa piana e quelli che la celebravano furono vittime di innumerevoli delitti. Il beato Cesario di Heisterbach, con­temporaneo della persecuzione (poiché morì nel 1240) ci rac­conta che gli albigesi punivano molto severamente i sacerdoti che dicevano la Messa piana. Un pio ecclesiastico che ardeva di zelo per l'onore del santo Sacrificio, non si lasciò distogliere dal compimento del suo ministero, né dalle proibizioni, né dalle minacce e, scoperto dagli eretici, fu accusato e condotto davanti al tribunale, dove subì l'interrogatorio del magistrato che gli dis­se: "Mi viene assicurato che, nonostante la nostra esplicita proi­bizione, tu hai celebrato una Messa piana. È vero?". Il sacerdo­te rispose senza timore: "Ti risponderò come i santi apostoli ai giudei che domandavano loro se avevano predicato Gesù Cristo nonostante la loro proibizione: bisogna obbedire a Dio piutto­sto che agli uomini. Ed ecco perché, a dispetto delle vostre in­giuste leggi, ho detto la Messa in onore di Dio e della sua santa Madre". I giudici furono talmente irritati da questa franca con­fessione che ricoprirono di ingiurie lo zelante sacerdote, lo mal­trattarono e alla fine, davanti a tutto il popolo, gli fecero strap­pare la lingua dal carnefice.

Il martire sopportò, con ammirabile pazienza, questo orribile supplizio e, con la bocca piena di sangue, andò in chie­sa, si inginocchiò davanti all'altare sul quale aveva celebrato, espose umilmente le sue sofferenze alla santa Vergine e, non potendo parlare, si raccomandò col cuore alla protezione di questa Madre di misericordia.

Tralasceremo di dire come fu soccorso. Ci basta mo­strare con quale rabbia infernale gli eretici perseguitavano i sa­cerdoti nei quali lo zelo era più forte del timore dei tormenti. Le parole che il beato Cesario ha posto al principio del suo libro di esempi, varranno a convincerci della verità di questo racconto. Egli dice : "Prendo Dio a testimone, che non ho riferito qui se non ciò che ho veduto con i miei propri occhi o sentito dalla bocca di uomini che sarebbero morti piuttosto che mentire". Per dare pertanto una nuova sanzione alla santa Messa, Dio ha operato molti miracoli simili a questo. Il beato Cesario ne narra una cinquantina. Leggete la sua opera che, fortificando la vo­stra fede, aumenterà la vostra devozione per il santo Sacrificio.

La dottrina che combatteva l'olocausto della nuova Alleanza, minacciava l'ordine civile e politico ad un tempo e, con le armi in pugno, voleva propagare i suoi empi errori.

Ma, secondo le parole del Maestro: "Chiunque colpirà con la spada, di spada perirà", essa fu quasi interamente distrut­ta in una guerra scatenata dagli eretici contro i sacerdoti nei quali lo zelo era più forte del timore dei carnefici della terra. Ma quando il demonio ha cominciato una battaglia non abbando­na tanto presto il campo e, mentre un'eresia soccombe, ne susci­ta un'altra. Se, per la ragione addotta sopra, i primi eresiarchi non osarono attaccare il santo Sacrificio, in seguito non vi fu errore che non lo colpisse.

L'infelice Martin Lutero fin dal 1517 si era separato dalla Chiesa, in seno alla quale aveva trascorso, fino allora, una vita tranquilla, ma non rinnegò questo divino mistero che molti anni più tardi, per insinuazione del demonio. Dio ha voluto che il miserabile facesse la confessione della sua ignominia, affinché nessuno la mettesse in dubbio, scrivendo, di proprio pugno, la lunga disputa che ebbe con il diavolo su questo argomento.

Qui non riferirò che poche cose di quelle che egli scri­ve nel suo libro Della Messa bassa e della consacrazione sacerdotale:

"Una volta mi accadde di svegliarmi tutto ad un tratto verso mezzanotte, e il diavolo cominciò a contrastare così con me:

"Sai tu, sapiente dottor Lutero, che per quindici anni hai detto quasi ogni giorno una Messa piana?... E se una tal Messa non fosse che una spaventosa idolatria?... E se tu non avessi adorato che del pane e del vino?". Gli risposi: "Sono stato costituito sa­cerdote, consacrato, unto e ordinato dal vescovo ed ho agito per obbedienza verso i miei superiori. Perché non avrei consacrato, se ho pronunziato seriamente le parole di Gesù Cristo e celebra­to la Messa?". Il demonio replicò: "Sta bene tutto questo, ma anche i turchi e i pagani nei loro templi compiono i riti per ob­bedienza. Ma se la tua consacrazione e la tua ordinazione fosse­ro false, come è falso il culto degli infedeli? Tu sai bene che una volta, quando professavi il papismo tu non avevi né conoscenza di Gesù Cristo, né vera fede... perché come tutti i sacerdoti e i vescovi consideravi Gesù come un giudice severo e per giungere a Lui ricorrevi a Maria ed ai santi che erano intermediari fra Lui e te ed in tal modo gli sottraevi l'onore che gli è dovuto; né il papa, né tu potete negarlo. E perciò ti dico che essendo ordi­nati ed unti come i pagani, non potete aver consacrato". In que­sta angosciosa lotta volevo difendermi - continua Lutero - e dis­si (come ero abituato a fare quando ero papista): “Anche quan­do io non avessi avuto la vera fede, la Chiesa supplisce alla mia insufficienza”. Ma il demonio replicò: "Dov’è scritto che la fede della Chiesa sia sufficiente? Tu non puoi provarlo con la parola di Dio ed io posso asserire che tutto l'insegnamento della Chiesa cattolica è un tessuto di errori". Il demonio menzognero disse questa e molte altre cose che abbrevio, per non dilungarmi trop­po. Vinto dalla sua parola finii per confessare che avevo peccato celebrando la Messa e che, come Giuda, ero incorso nella pena della dannazione.

Ecco l'uomo accecato che riconosce di aver ricevuto lezioni dal diavolo. Eppure, sapeva bene ché esso non insegna che il male e odia tutto ciò che è bene. Se Lutero, invece di avere l'intenzione della Chiesa, avesse ritenuto la Messa una pratica superstiziosa, il demonio non lo avrebbe certo tentato in tal modo. Lungi dal distoglierlo dall'altare lo avrebbe invece incoraggiato a salirvi, perché moltiplicasse gli atti di idolatria e oltraggiasse maggiormente Iddio.

Non soltanto i luterani ripudiarono la santa Messa, ma a loro si unirono i calvinisti, gli zwingliani e tutte le altre sette che pullularono dopo Lutero. Arrivarono perfino a proclamare che essi ritenevano questo sublime mistero come un'abomine­vole idolatria. Così parlano i calvinisti nel loro catechismo di Heidelberg. Non mi prolungherò a confutare questa bestem­mia, ma non posso nemmeno tacerla. Se fosse vero quello che sostengono gli eretici, bisognerebbe concludere che dalla venu­ta di nostro Signore non si è salvato nessuno. Infatti gli stessi apostoli e tutti i sacerdoti dopo di loro hanno detto la Messa; i martiri ed i confessori l'hanno ascoltata con devozione e l'han­no stimata come la più grande opera della pietà cristiana. E evidente, pertanto, che se essa fosse un'idolatria ed una negazio­ne del Sacrificio unico di Gesù Cristo, gli apostoli e tutti i cristia­ni, partecipandovi, avrebbero offeso Dio gravemente e meritato l'eterna dannazione. Nessun uomo dabbene può osare tenere questo linguaggio, né prestare fede alla dottrina calvinista. San Fulgenzio dice: "Credete fermamente e senza alcun dubbio che il Figlio unico di Dio fatto uomo si è offerto per noi in Sacrificio all'Onnipotente, come vittima di gradito odore. A Lui, uno col Padre e con lo Spirito Santo, i patriarchi, i profeti ed i sacerdoti dell'Antico Testamento offrivano sacrifici di animali; e a Lui sotto la legge nuova, la santa Chiesa cattolica non cessa di offrire, in tutto l'universo, nella fede e nella carità, il Sacrificio del pane e

del vino"'. Giudicate ora se si deve credere a san Fulgenzio, uno dei più illustri discepoli di sant'Agostino o a Lutero e Calvino, che sono due apostati. Pietro di Cluny disse a questi due eresiarchi: "Se il mondo volesse accettare le vostre nuove lezioni succederebbe, sotto l'era di grazia quello che non è mai accadu­to nei tempi dell'ira. I cristiani dovrebbero cessare di offrire il Sacrificio e il culto di Dio, che è sempre esistito, sparirebbe com­pletamente dalla superficie del globo. Sì, o nemici di Dio, la Chiesa asserisce che senza Sacrificio non può sussistere e in ogni occasione insegna ai suoi figli che non ne ha altri, all'infuori del Corpo e del Sangue del suo Salvatore e che ad ogni Messa rin­nova quello che Egli stesso ha fatto una sola ed unica volta sul Calvario"'. Vigiliamo affinché non ci avvenga quello che è ac­caduto agli eretici. Per loro maggior disgrazia, il nemico del ge­nere umano li ha privati della santa Messa e non potendo rapir­la interamente a noi, si sforza di accecarci e di intorpidirci nel­l'ignoranza della sua efficacia. Tuttavia dobbiamo confessare che, se la malizia del demonio non è estranea alla negligenza che hanno gli uomini di istruirsi su questo punto, dobbiamo dare una gran parte di responsabilità anche alle rare predicazioni ed istruzioni ed alla mancanza di scritti su questo augusto mistero. Esso non è spiegato abbastanza ai fedeli e molti lo ignorano o vi assistono senza devozione.

Maggiore conoscenza del S. Sacrificio

Per rimediare a questo male la Chiesa ha ordinato ai pastori delle anime, per mezzo del Concilio di Trento, di predi­care spesso sul santo Sacrificio e "di spiegare essi stessi o di fare spiegare da altri, durante la celebrazione, qualche punto delle preghiere che vi sono dette o di commentare qualcuno dei mi­steri che racchiude, specialmente nelle domeniche e nei giorni di festa"'.

questo decreto di un Concilio ecumenico obbliga tutti i sacerdoti che hanno cura di anime, ma sono pochi quelli che se ne danno pensiero con grave danno della Chiesa. Il popolo che ignora tutta l'efficacia della Messa non l'ama e non la stima. La trascura nei giorni feriali, la domenica e le feste l'ascolta con negligenza e distrazione, arrivando addirittura, senza scrupolo e senza una giusta ragione, a non assistervi.

La causa principale di questo male è il silenzio dei par­roci. Ne risponderanno davanti a Dio, perché, se si conformas­sero agli ordini della Chiesa e, almeno qualche volta all'anno, parlassero di una questione così importante, sarebbe impossibi­le che il popolo non apprezzasse altamente questo prezioso te­soro e non vi fosse devotissimo.

Niente più utile della santa Messa, se ne persuadano i cristiani e non abbandonino facilmente l'abitudine di assistervi, nemmeno nei giorni in cui non c'è l'obbligo di ascoltarla.

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