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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 16:51

CAPITOLO SESTO

NELLA SANTA MESSA GESÙ RINNOVA LA SUA VITA


Il mondo assiste ad ogni genere di spettacoli teatrali ritenendoli piacevoli alla vista e all'udito e vi consacra i giorni e le notti e, pur di parteciparvi, niente gli riesce gravoso.

Se prestassimo attenzione ai grandi misteri della Mes­sa, se comprendessimo qualcosa di questo meraviglioso dram­ma in cui Cristo si presenta, come in abito da festa, per rinnova­re davanti a noi tutte le scene della sua ammirabile vita, ci preci­piteremmo verso la chiesa, al primo tocco della campana, per assistere ad una rappresentazione così commovente. Ma per una sorprendente contraddizione noi, pronti a pagare caro un posto al teatro, a correre con premura alle opere o meglio alle pazzie coreografiche, senza curarci del tempo e del denaro, trascuria­mo la santa Messa, dove, anziché impoverirci, ci arricchiamo di tutti i meriti del Salvatore, alla sola condizione di assistervi come pii spettatori.

Ma che cosa c'è di sorprendente, direte voi, se le perso­ne frivole preferiscono affrettarsi di più verso i teatri che alla Messa? La commedia è divertente, mentre nel santo Sacrificio non vi è niente che rallegri le orecchie o che attiri lo sguardo. Che accecamento è mai questo, vi risponderò a mia volta, di uomini leggeri che non hanno altri occhi che quelli aperti sotto la fronte e nei quali la vista intellettuale è purtroppo oscurata! Se avessero il lume della fede troverebbero, in questo augusto spettacolo un godimento intimo e vario, perché la Messa è il compendio dell'intera vita di nostro Signore e la riproduzione di tutti i suoi misteri. Non è come nei drammi, una semplice rappresentazione poetica degli avvenimenti, ma una ripetizione esatta e reale di tutte le azioni e di tutte le sofferenze di nostro Signore Gesù Cristo.

La Messa rispecchia la vita di Gesù

Nella Messa, infatti, abbiamo sotto gli occhi il Bambi­no che trovarono i pastori, che i Magi adorarono e che Simeone tenne nelle sue braccia. Egli è li sull'altare, vivente, per ricevere l'omaggio della nostra pietà e del nostro amore.

Egli annuncia il Vangelo per mezzo del sacerdote e la sua grazia non è meno abbondante di quando la sua parola usciva dalle sue proprie labbra. Cambiando il vino nel suo Sangue opera un miracolo più grande di quello di Cana e cambiando il pane nel suo Corpo, rinnova l'ineffabile mistero della Cena. Sull'al­tare è immolato ancora una volta, non dalla mano dei carnefici, ma da quelle del sacerdote che l'offre come vittima espiatoria a Dio onnipotente. Così il Sanchez non teme di dire che "chi sa profittare della Messa può ricevere il perdono dei peccati e l'ef­fusione delle grazie celesti, come se avesse vissuto ai tempi del Salvatore ed assistito a tutti i suoi misteri

Dionigi il Certosino non è meno esplicito. "La vita di Gesù Cristo - dice - è stata una celebrazione della santa Mes­sa, nella quale Egli stesso era l'altare, il tempio, il sacerdote e la vittima". Egli ha rivestito gli abiti sacerdotali nel santuario del seno materno, dove, prendendo la nostra carne ha preso spoglie mortali. Uscì da questo tabernacolo verginale nella notte benedetta del Natale, ed ha cominciato l'Introito al suo ingresso nel mondo. Ha detto il Kyrie eleison quando ha steso le mani nella mangiatoia, come per chiedere soccorso. Il Gloria in excelsis è stato intonato ed eseguito dagli angeli del Cielo, mentre il neonato riposava nella culla, circostanza rappresentata dal sa­cerdote che durante lo stesso cantico resta nel mezzo dell'alta­re. Il Salvatore ha detto la Colletta nella vigilia che passò in preghiera, per richiamare sopra di noi la misericordia divina. Ha letto l'Epistola quando spiegò e interpretò Mosè ed i profe­ti, il Vangelo quando percorse la Giudea per diffondere la buo­na novella, l'Offertorio quando si è offerto a Dio Padre per la salute degli uomini accettando tutte le sofferenze. Ha cantato il Prefazio lodando Dio incessantemente per noi e ringrazian­dolo per i suoi benefici. Il popolo ebreo fece risuonare il Sanctus quando lo acclamò nel giorno delle Palme: "Benedetto Colui che viene nel nome del Signore! Osanna al Figlio di David". Gesù ha operato la Consacrazione, nell'ultima Cena, nella transustanziazione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue. L'Elevazione avvenne quando fu inchiodato sul patibo­lo e drizzato in aria per servir da spettacolo al mondo. Ha recitato il Pater quando ha pronunciato le sette parole sulla Croce ed ha effettuato la frazione dell'Ostia quando la sua anima santissima si è separata dal suo sacratissimo Corpo. L'Agnus Dei si riconosce nella confessione del centurione che si batté il petto esclamando: "quest'uomo era veramente il Fi­glio di Dio"; l'imbalsamazione e la sepoltura si riconoscono nella Comunione. Gesù ha benedetto il popolo prima di lasciare il mondo, quando, sulla cima del monte degli Ulivi, ha steso le mani sopra i suoi discepoli. Come è bella e solenne questa Messa celebrata sulla terra dal Salvatore! È quella stessa che il sacerdote dice ogni giorno, benché più brevemente. "Si, - in­siste un pio autore - la santa Messa è il compendio della vita di Gesù Cristo. In una mezz 'ora vediamo rappresentato quello che Egli ha fatto in trentatré anni". Come il ragioniere nota esattamente nel suo libro tutto ciò che ha dato e ricevuto e poi somma tutto in un totale generale, così Gesù concentra nella santa Messa tutti i misteri della sua vita e li rimette sotto i no­stri occhi, come in una breve ricapitolazione. Noi siamo più favoriti di quelli che hanno vissuto con Lui sulla terra, perché essi ascoltarono una Messa lunghissima ma unica, mentre noi ogni giorno possiamo ascoltarne parecchie e raccogliere, quasi senza fatica,tutti i meriti di Gesù. Ma per facilitare la com­prensione di questa verità, ecco un fatto che la conferma.

Prodigi eucaristici

Il domenicano Tommaso di Cantimprè, vescovo olan­dese, racconta che, nel tempo pasquale del 1267, nella chiesa di sant'Amando a Douai, a un sacerdote, nel distribuire la Comu­nione durante la Messa, cadde un'Ostia. Spaventato, si inginoc­chiò per rimediare a una così grande disgrazia. Ma quando sta­va per prendere l'Ostia, la vide alzarsi da terra e librarsi in aria. Non avendo che un corporale sul quale era posta la pisside, pre­se il purificatoio e lo stese al disotto dell'Ostia che venne a posarvisi. Dopo averla ricevuta, la portò sull'altare e, prostrato umilmente, pregò nostro Signore di perdonargli la sua irrive­renza. Mentre aveva gli occhi fissi sulle sante specie che aveva raccolto, con grandissima sorpresa vide che si trasformavano in un grazioso Bambino. Commosso sino al fondo del cuore, da­vanti a un così grande spettacolo, non poté trattenere un grido. I cantori si lanciarono in suo soccorso e, come lui, videro il cele­ste Bambino. La loro gioia fu al colmo ed il popolo si precipitò a sua volta per contemplare il miracolo, ma un nuovo prodigio si presentò ai loro sguardi: mentre i cantori vedevano Gesù Cristo sotto la forma di un bambino, gli altri fedeli lo vedevano sotto l'aspetto di un uomo, nello splendore della Maestà divina. Gli uni e gli altri furono talmente colpiti da quest'apparizione che non la dimenticarono per tutta la vita. Ora abbassavano gli oc­chi rispettosamente, ora li alzavano per guardare. Il miracolo duro un' ora. Chi potrà descrivere le dolcezze prodotte in loro da un tale favore ricevuto? La chiesa era affollatissima e dopo che il sacerdote ebbe chiuso il SS. Sacramento nel tabernacolo, rese noto dappertutto il fatto del quale era stato testimone. Il vescovo Tommaso di Cantimprè fu uno dei primi a saperlo. Andò a Douai dal decano di sant'Amando e gli domandò se era vero ciò che si raccontava sull'apparizione di nostro Signore.Il sacer­dote rispose: "È verissimo che Gesù Cristo si è mostrato in for­ma umana a molte persone". "A queste parole - continua Tommaso - nacque in me un vivo desiderio di godere della stes­sa grazia e pregai il decano di mostrarmi la santa Ostia. Mi accompagnò alla chiesa, dove ci segui un'immensa folla, con la speranza che si rinnovasse il miracolo. Il decano aprì con timore il tabernacolo, ne levò il SS. Sacramento col quale dette la be­nedizione. Il popolo scoppiò subito in singhiozzi e alzò la voce gridando: "O Gesù, o Gesù!". Io domandai che cosa significa­vano quelle grida e quelle lacrime. Mi fu risposto: "Vediamo coi nostri occhi il divin Salvatore!". Eppure, io non vedevo che la forma ordinaria della santa Ostia e questa cosa mi affliggeva molto, temendo che il mio Redentore si rifiutasse di mostrarsi a me, a causa dei miei peccati. Esaminai scrupolosamente la mia coscienza e non trovando nulla di straordinario, scongiurai con le lacrime Gesù Cristo di lasciarmi vedere con gli occhi del cor­po il suo volto divino. Dopo alcuni istanti di suppliche i miei voti furono esauditi e contemplai non il viso di un bambino come era successo a molti fedeli, ma l'aspetto di un adulto. Vidi il Salvatore faccia a faccia, i suoi occhi erano chiari e ridenti, i capelli ondeggiavano sulle spalle, la barba, assai lunga, inqua­drava il mento, la fronte liscia e larga, le guance pallide, la testa un po' inclinata. Vidi nostro Signore ed ero così commosso di tale visione che il mio cuore stava per scoppiare per l'eccesso di gioia e di amore. Dopo un non breve tempo, il viso di Cristo divenne triste così come doveva essere nella sua passione. Mi apparve coronato di spine, inondato di sangue e questa vista mi inteneri e provai una tale compassione che versavo lacrime amare sullo stato del mio Salvatore e credevo sentire sulla mia fronte l'acuta punta delle spine che laceravano la sua. Gli assistenti gettarono alte grida e davano mille segni di afflizione. Come nella prima apparizione anche ora ognuno vedeva in una ma­niera differente; mentre gli uni contemplavano Gesù sotto la forma di un neonato, altri lo scorgevano coi tratti di un adole­scente, altri con la statura di un uomo maturo e altri, infine, in mezzo agli orrori della Passione. Rinuncio a descrivere le emo­zioni che provavano quei felici cristiani, lasciando alle anime pie la cura di immaginailo".

O Gesù, benché io non abbia avuto, come quei fortu­nati la gioia di vederti sotto il tuo aspetto corporeo, non credo meno fermamente alla tua presenza reale e ti offro all'eterno Padre con altrettanto fervore, come se ti avessi contemplato con i miei propri occhi.

Io so che queste tue manifestazioni sono facili alla tua Onnipotenza, so anche che non sono necessarie e che, purché l'occhio della mia fede sia sano, io ti vedrò nella tua gloria o nella tua Passione, secondo che mi assocerò alle tue gioie o ai tuoi dolori. Tu non ti riveli ai miei sguardi mortali, ma, fin dal­l'eternità, mi hai preparato un mezzo per assistere in spirito allo spettacolo della tua vita e delle tue sofferenze e di offrirle al Pa­dre e allo Spirito Santo, per la maggior gloria della tua beata Madre, di tutti i cori angelici e dell'esercito degli eletti.

Durante la santa Messa, Dio e i suoi angeli rivedono Gesù Cristo nella grotta di Betlemme, nella sua circoncisione, nella presentazione al tempio; rivedono la fuga in Egitto, il di­giuno nel deserto, le sue predicazioni e i viaggi; lo rivedono per­seguitato, venduto, trascinato davanti ai tribunali, flagellato, coronato di spine, crocifisso, morto, sepolto, risuscitato, ascen­dente alla gloria del Cielo, terminante così l'opera sua meravi­gliosa. questa vivente rappresentazione, questa rinnovazione degli anni terrestri del Salvatore causa al Padre, allo Spirito Santo e agli angeli, una gioia così grande come quella causata dai mi­steri compiutisi in Giudea. In altre parole: ad ogni Messa, il cie­lo intero prova tali delizie che tutti i beni di questo mondo non potrebbero procurarne simili. questa gioia non viene soltanto dalla riproduzione della vita e della Passione di Gesù, ma anche dall'amore che la sua Persona dimostra alla Divinità, perché nel santo Sacrificio nostro Signore onora, loda, ama, serve e glorifi­ca la Trinità con tutte le forze della natura umana, come con tutta la potenza della sua natura divina. E lo fa in maniera tanto incomprensibile e sublime che questa lode e questa carità sor­passano da sole infinitamente gli omaggi degli angeli e le opere di tutti i santi. Alla luce di queste considerazioni, giudicate del­l'eccellenza del culto che i nostri sacerdoti rendono a Dio e fatevi un'idea dell'efficacia di una Messa, non solo per chi la celebra ma anche per chi l'ascolta.

Utilità del santo Sacrificio, fonte di meriti

Prima di terminare questo capitolo, insisterò ancora sul­l'utilità che ha per noi questo augusto Sacrificio e sugl'immensi meriti che possiamo acquistare. Gesù Cristo, durante la sua vita terrestre, ha raccolto, non per sé, ma per noi, un tesoro inestima­bile di grazie. Ha lavorato senza riposarsi come dice Egli stesso: "Il Padre mio non cessa dall'operare e anch'io opero". questa vita laboriosa, infinitamente meritoria, la rinnova ad ogui Sacrifi­cio, la riproduce davanti agli occhi di suo Padre per ottenere il perdono per noi, l'offre per pagare i nostri debiti ed in essa ci dà un mezzo per sfuggire ai castighi che ci minacciano.

Siate dunque riconoscenti al vostro fedele amico che, al prezzo di tante fatiche, ha acquistato, per voi, un tesoro così ricco. Corrispondete all'intenzione di Gesù, che ogni giorno of­fre per voi, gratuitamente, i suoi meriti e non vi private, trascu­rando la santa Messa, del mezzo di ottenere, con poca fatica, un immenso guadagno.

Ah! Se nell'ordine temporale poteste arricchirvi con tanta facilità come vi è dato farlo nell'ordine spirituale, non perdereste un istante, non risparmiereste nessuno sforzo. Come potete restare così indifferenti quando si tratta di ric­chezze eterne?

CAPITOLO SETTIMO

NELLA SANTA MESSA GESÙ RINNOVA LA SUA PREGHIERA


San Giovanni, il discepolo prediletto dice: Abbiamo per avvocato presso il Padre, Gesù Cristo, il giusto per eccellen­za ed Egli è la vittima di propiziazione per i nostri peccati"'. Non è forse una preziosa assicurazione per la nostra salute che il Figlio di Dio, uguale in tutto al Padre, intervenga per noi e pa­trocini la nostra causa? Ma qui si presenta un'altra domanda: dove e quando nostro Signore compie quest'ufficio? La Chiesa insegna che non è soltanto nel Cielo, ma ancora sulla terra. "Ogni qualvolta si offre il santo Sacrificio - dice il sapiente Suarez - nostro Signore prega per colui che l'offre e per quelli secondo l'intenzione dei quali è offerto". Prega prima per il sacerdote, per gli assistenti e per tutti quelli che il sacerdote e gli assistenti hanno in mente di raccomandare. Ecco come san Lorenzo Giustiniani descrive questa preghiera: "Cristo immolato sull'al­tare grida verso suo Padre e gli mostra le sue sacratissime Pia­ghe, per intenerire il suo Cuore e per salvarci dalle pene eter­ne". Non si potrebbe esprimere meglio lo zelo che il Salvatore dimostra per il nostro interesse. questo zelo ce lo aveva già indi­rettamente rivelato san Luca: "Gesù sali la montagna - dice - e restò tutta la notte in preghiera davanti a Dio". questo non fu un fatto isolato perché lo stesso Evangelista dice altrove: "Du­rante il giorno insegnava nel tempio, la notte si ritirava sul mon­te degli Ulivi". E ancora: "Uscì verso sera e secondo la sua abitudine, andò sul monte degli Ulivi". Da questa testimonian­za si capisce che il Salvatore aveva l'abitudine di recarsi su quel monte per passarvi la notte in preghiera. E per chi pregava? Sant'Ambrogio ce lo dice: "Il Signore non pregò per sé, ma per la nostra redenzione ". È dunque per voi, per me, per tutti gli uomini che si è sottomesso a tante veglie. Prevedeva la perdita di molte anime, malgrado la morte crudele che era risoluto a sof­frire e questo spettacolo strappava lacrime ai suoi occhi e sospiri al suo cuore compassionevole.

Gesù rinnova la sua immolazione offrendosi e pregan­do per noi

Ad ogni Messa il Salvatore riepiloga e ripete queste ardenti preghiere, mostrando al Padre suo le lacrime che ha ver­sato, enumerando i sospiri che sono usciti dal suo cuore e ricor­dando le notti che ha passato vegliando. Senza dubbio offre tut­to questo per la salute del mondo intero, ma particolarmente per quelli che assistono alla Messa. quale non sarà l'efficacia di una tale intercessione sulle labbra del Santo dei Santi? quale vantaggio non ne devono sperare le anime, in favore delle quali essa sale verso Dio? La virtù di Gesù unita a quella del Sacrificio aumenta grandemente la potenza della sua preghiera. Mi spie­go: si legge nelle Rivelazioni di santa Geltrude che all'elevazione dell'Ostia, la santa vide nostro Signore alzare, con le sue proprie mani e sotto la forma di un calice d'oro, il suo Sacro Cuore che offri a Dio. Vide anche che Gesù si immolava per la Chiesa in una maniera che sorpassa la mente umana. Per confermare questa rivelazione nostro Signore disse a santa Matilde, sorella di santa Geltrude: "Io solo so e comprendo perfettamente come mi sacrifico sull'altare per la salute dei fedeli, cosa che né i Che­rubini né i Serafini, né alcuna potenza celeste possono concepi­re completamente.

Notate inoltre che nostro Signore non si offre sull'altare con la maestà che ha in Cielo, ma con una incomparabile umiltà. Egli è presentato non solamente nell'Ostia intera, ma nella mini­ma particella e sotto questi veli sembra così poco degno di atten­zione e di rispetto, che è proprio il caso di applicargli le parole di David: "Non sono un uomo, ma un verme della terra oggetto di derisione per gli uomini". Ohimè! La profezia troppo spesso si compie alla lettera ad eterna vergogna dei cristiani. Gesù fra noi èdisprezzato; gli ricusiamo gli onori dovuti alla sua divinità e se facciamo un atto di fede e di adorazione al Sacramento del suo amore è soltanto per disimpegnarci dall'obbligo che ne abbiamo. E Gesù, pure umiliato nella forma eucaristica, grida verso il Cielo con una voce così potente che penetra le nuvole, squarcia il firma­mento e trionfa della giustizia divina.

Quando Giona annunciò al re di Ninive che la sua ca­pitale sarebbe stata distrutta al termine di quaranta giorni, quel monarca lasciò gli abiti reali, si coprì di un sacco e ordinò al popolo di supplicare il Signore. Per mezzo della sua umiltà e della sua penitenza ottenne che fosse revocata la terribile sen­tenza e la città minacciata fu salvata dal meritato flagello.

Se questo re pagano ottenne da Dio, per la sua umiltà, il perdono per una città intera, Gesù Cristo, che nella santa Messa si umilia infinitamente, non otterrà dunque ancora di più? Spogliato della sua maestà, rivestito come di un sacco grossolano nelle Specie sacramentali, sta davanti al trono del­l'Onnipotente e domanda grazia per il suo popolo dicendo: "O Padre mio, considera il mio abbassamento! Mi sono ridotto alla condizione di un verme della terra piuttosto che a quella di un uomo. I peccatori si sono sollevati contro dite ed io mi anniento al tuo cospetto. Ti hanno irritato con il loro orgoglio e io voglio disarmarti con la mia umiltà. Essi sono incorsi nella tua giusta vendetta, lasciati commuovere dalle mie preghiere. Padre mio, perdona loro per amor mio; non li castigare secondo i loro pec­cati, non li abbandonare al nemico, non permettere che si per­dano. Non posso accettare di vederli cadere nell'abisso, perché essi mi appartengono, sono miei, essendo stati riscattati al prez­zo delle mie sofferenze. Soprattutto, o Padre, ti prego per i pec­catori qui presenti, per loro offro in questo momento il mio San­gue e la mia vita. In virtù del mio Sangue, della mia morte, salvali dalla dannazione eterna".

O Salvatore Gesù, dove hai mai attinto l'amore che ti tra­scina a compiere un tal mistero e a pregare con tanto fervore per noi? Noi non abbiamo altro mezzo per riconoscere questo amore all'infuori dell'assistere alla santa Messa. Chi dunque non si farà un dovere di essere fedele ad una pratica così vantaggiosa e nello stesso tempo così facile? È fuori dubbio che quando il Salvatore era appe­so alla Croce, raccomandò a Dio Padre i fedeli che stavano ai piedi di quel sacro albero e applicò loro i frutti della sua Passione in una maniera speciale. Non è però meno certo che nella santa Messa Gesù prega per quelli che vi assistono, soprattutto per quelli che implorano la sua mediazione. Prega così ardentemente per loro, come pregava dal suo patibolo d'infamia per i nemici che lo aveva­no inchiodato. Che cosa non opererà questa preghiera? quali gra­zie non ne raccoglieremo? quale sicura speranza di eterna felicità non farà nascere nel nostro cuore?

Se la beata Vergine Maria discendesse dal Cielo e vi di­cesse: "Non temere, figlio mio, sono io che prendo a cuore i tuoi interessi; pregherò con insistenza il Figlio mio e non cesserò fino a che non mi avrà dato la certezza della tua eterna felicità". Se la beata Vergine Maria vi parlasse così, fuori di voi per la gioia, escla­mereste dal fondo dell'anima: "Non vi è dubbio, la mia salute èassicurata". Lodo la vostra confidenza in Maria, ma dovete aver­ne altrettanta e ancor di più nell'onnipotente intercessione del glorioso Figlio di Dio, che non solamente vi promette la sua pro­tezione, ma prega realmente per voi ad ogni Messa che ascoltate e vuole, controbilanciando la severità della giustizia, salvarvi dal castigo che avete meritato per i vostri peccati? Alla voce della pre­ghiera Gesù unisce quella delle sue lacrime, delle sue piaghe, del suo sangue, dei suoi sospiri, altrettante sorgenti inesauribili da dove sgorgano fiumi di grazie e di benedizioni.

Nostra partecipazione all'immolazione di Gesù tProfittate di una dottrina così incoraggiante, siate fe­deli nell'assistere al santo Sacrificio. Spesso vi lamentate di non avere fervore, ma nostro Signore, pregando per voi, supplirà alle vostre omissioni. Vi invita affettuosamente: Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed affaticati ed io vi solleverò"; e cioè: "Venite tutti a me, voi che non potete pregare devota­mente e pregherò per voi". queste parole, partendo dall'alta­re, sono più efficaci di quando ve le rivolgeva nei giorni della sua vita terrena. Perché, o anime povere, non vi arrendete ai desideri del Salvatore? Perché non accorrete alla santa Messa? quando siete nel bisogno vi rivolgete a chi può aiutarvi nella vostra miseria, chiedete il soccorso e le preghiere di persone alle quali non mancano i mezzi per consolarvi e avete fiducia riella loro intercessione. Come non confiderete voi nell'onni­potente mediazione di Gesù Cristo? Siete in uno stato di pri­vazione così grande che non potete esprimerla, ma la cosa più lerribile, nel vostro stato, è il pericolo sempre minaccioso della dannazione eterna.

Voi domandate al Maestro: "Signore, chi potrà salvar­mi?". Gesù vi risponde: "Ciò che è impossibile agli uomini èpossibile a Dio". Poiché voi sapete dalla bocca del Salvatore che Egli ha il mezzo di assicurare la nostra eterna felicità, supplica­telo ogni giorno di faflo. Ma direte che una povera creatura come voi è indegna di pregare Gesù. Scacciate questo triste pen­siero e siate certi invece che se vi rivolgerete a lui, egli intercede­rà per voi. Dirò di più: è suo dovere, come afferma san Paolo: "Ogni Pontefice è eletto per il servizio delle anime, per offrire dei doni e dei sacrifici per i peccati del popolo e per tutto ciò che si riferisce a Dio". Gesù Cristo è Pontefice ed esercita il suo sa­cerdozio nella Messa e a lui, dunque, spetta pregare e offrire dei sacrifici per noi. Non solo Egli adempie a questa funzione per tutti in generale, ma per ciascuno in particolare, poiché Egli ha sofferto per tutti e si interessa di ciascun membro della Chiesa universale come della Chiesa universale stessa.

Ora che comprendete la potenza e l'efficacia della pre­ghiera di Gesù al santo altare, unite ad essa le vostre suppliche che acquisteranno così una forza immensa. "Le preghiere che sono unite al santo Sacrificio - dice Fornero - sono molto più efficaci di tutte le altre, anche di quelle che durano lunghe ore, anche delle orazioni più ferventi, a causa dei meriti della Passione di Gesù Cristo che, nella celebrazione di questo augusto Sacrificio, si comunica agli altri con ammirabile effusione". il pio autore conferma la sua opi­nione con la seguente similitudine: "Come la testa sorpassa in di­gnità tutte le altre parti del corpo, così la preghiera del Salvatore, che è la nostra testa, ha un valore che la mette infinitamente al disopra delle preghiere di tutti i cristiani, che sono i membri del suo corpo mistico". Come una moneta di rame acquista pregio caden­do nell'oro in fusione, così la miserabile preghiera di una creatura, unita a quella di Gesù Cristo, riveste il carattere del più nobile dono. Una preghiera mediocre, recitata durante la Messa, vale più di una preghiera fervorosa fatta in casa. I chierici ed i laici agiscono inconsideratamente quando, potendo ascoltare la Messa, preferi­scono assistere ad altri esercizi di pietà. Recano molto danno a loro stessi, perché seguendo le azioni del sacerdote e ripetendo con lui le parole del Salvatore e offrendo per mezzo suo quell'olocausto su­blime, guadagnerebbero incomparabili tesori spirituali.

CAPITOLO OTTAVO

NELLA SANTA MESSA GESÙ CRISTO RINNOVA LA SUA PASSIONE


Fra i misteri di Gesù, non ve n'è alcuno la cui memoria sia più efficace né più degna di ispetto quanto la dolorosa Pas­sione, per la quale ci ha riscattati. I santi Padri non si stancano di celebrarla e promettono, da parte di Dio, una grande ricom­pensa a quelli che onorano questo mistero.

Benché i mezzi per onorare la Passione di Gesù Cristo siano numerosi, non penso che ne esista uno più perfetto della pia abitudine di ascoltare la santa Messa, perché sull'altare, ap­punto, si rinnova la Passione. E’ vero che non ci è dato di vedere coi nostri occhi la riproduzione delle sofferenze di Cristo,ma tutto ci ricorda quelle sofferenze, in tutto esse sono simboleggiate. Il più espressivo dei segni, quello della Croce, si ripete spes­sissimo. Lo troviamo inciso cinque volte sulla pietra sacra, lo vediamo al di sopra dell'altare, è disegnato sul messale nella pa­gina che precede il Canone, è ricamato sull'amitto, sul manipo­lo, sulla stola, sulla pianeta ed è cesellato sulla patena. Il Sacer­dote fa il segno della Croce sedici volte su di sé e ventinove volte sull'offerta. quale significativa rappresentazione! Benché nel­l'ultima Cena, nostro Signore abbia detto: "Fate questo in me­moria di me", il Sacrificio della Messa non è una semplice me­moria, ma una rinnovazione della Passione. Il sacro Concilio di Trento lo insegna in questi termini: "Se qualcuno dice che il Sacrificio della Messa è solo il ricordo del Sacrificio consumato sulla Croce, sia anatema!"' e ancora: "Nel divin Sacrificio è pre­sente e immolato in una maniera incruenta lo stesso Cristo che un tempo si offrì con effusione di sangue". Anche se non aves­simo altro che questa testimonianza, essa dovrebbe essere suffi­ciente, essendo noi obbligati a credere senza discussione, a quanto la Chiesa ci insegna.

La S. Messa ci fa partecipi dei frutti della redenzione

Il sacro Concilio aggiunge, per maggior chiarezza, le seguenti parole: "La vittima che si offre, attraverso il ministero del sacerdote, è la stessa che si offrì un giorno sull'altare della Croce; solamente la maniera in cui si compie il Sacrificio è dif­ferente". Sul Calvario Gesù è stato immolato dalle mani degli empi, mentre sull'altare si offre, in modo mistico, attraverso quelle del sacerdote. La Chiesa adopera spesso nel messale la parola immolare. Sant'Agostino si esprime in modo analogo: "Gesù Cri­sto - dice - non è stato immolato fisicamente che una sola volta, ma si immola sacramentalmente ogni giorno per il popolo". E da notare che questa parola si trova frequentemente nella Sacra Scrittura, per designare l'oblazione degli animali. Se la Chiesa ne fa uso a proposito della Messa è perché vuole mostrarci che il santo Sacrificio non consiste semplicemente nelle parole che il sacerdote pronuncia nel momento della consacrazione, né nel­l'elevazione delle specie sacramentali, ma in una immolazione vera, benché mistica, del divino Agnello.

"La Passione di Cristo - dice san Cipriano - è il Sacri­ficio stesso che noi offriamo". questo vale a dire che noi rinno­viamo, celebrando la santa Messa, i fatti avvenuti durante la Passione del Salvatore. San Gregorio lo afferma ancor più chia­ramente: "Il Salvatore non muore più, - dice - tuttavia soffre ancora per noi nel santo Sacrificio, in una maniera misteriosa". Te o doreto non è meno esplicito: "Noi non offriamo altro Sacrificio che quello che è stato offerto sulla Croce

Potrei moltiplicare le testimonianze, ma per abbrevia­re riferirò solo quella della Chiesa, che è infallibile. Leggiamo nella Segreta della IX domenica dopo la Pentecoste: "Permettici o Signore, te ne preghiamo, di celebrare degnamente questo Sacrificio, poiché quante volte si celebra, altrettante si compie l'opera della nostra Redenzione". qui sorge ancora una doman­da: che cos'è l'opera della nostra Redenzione? I bambini stessi potrebbero rispondere. Domandate loro da che cosa siamo stati riscattati e senza esitare diranno: "Dalla Passione di Gesù Cri­sto". Ed infatti la Chiesa afferma che l'opera della santa Messa si compie nella Passione; dunque possiamo concludere che nella Messa viene rinnovata la stessa Passione. La Chiesa, nella Se­greta dei martiri dice inoltre: "La tua benedizione discenda ab­bondantemente sopra i tuoi doni, affinché tu li riceva e ne faccia il sacramento di nostra Redenzione.

Queste parole non significano che nella Messa siamo nuovamente riscattati, ma che partecipiamo alla virtù della Re­denzione, come insegna la Chiesa in un altro ufficio: "Per que­sto sacramento, applicateci l'effetto della Redenzione". "Che cos'è la santa Messa - domanda il p. Mansi - se non la rinnovazione della nostra Redenzione?". Il p. Molina aggiun­ge: "La santa Messa sorpassa in una maniera incommensurabile tutti gli altri sacrifici, perché non è una semplice rappresenta­zione, ma l'opera stessa della nostra Redenzione, piena di mi­steri e realmente compiuta". Confermerò queste testimonian­ze con qualche esempio.

Mirabile fatto che dimostra l'immolazione reale di Gesù sull'altare

Amerumné, capo dei saraceni, inviò il figlio di suo fra­tello ad Ampelon in Siria, dove c'era una chiesa magnifica dedi­cata a san Giorgio. Appena l'infedele vide la chiesa ordinò alle sue genti di condurvi i cammelli e di mettere il foraggio sull'alta­re. Mentre i servi si disponevano ad obbedire, i sacerdoti gli dis­sero con tutto il rispetto: "Signore, ricordatevi che questa casa èconsacrata a Dio e niente deve profanarla". Ciò nonostante il saraceno fece introdurre le bestie da soma in chiesa, ma appena gli animali furono entrati caddero colpiti a morte sotto i suoi occhi. Allora egli ordinò, tutto spaventato, di portare via le ca­rogne. Era un giorno solenne e molte persone assistevano alla Messa. Il sacerdote la cominciò pieno di inquietudine, perché temeva che il principe idolatra commettesse qualche grave irri­verenza davanti al SS. Sacramento. Il saraceno si mise vicino all'altare per rendersi conto del culto dei cristiani e quando, se­condo il rito greco, l'officiante con l'aiuto di un coltello speciale divise in quattro parti il pane consacrato, vide fra le sue mani un piccolo bambino le cui carni fatte in pezzi coprivano la patena e il cui sangue colava nel calice. Ne fu talmente indignato che avrebbe immediatamente ucciso il sacerdote, se non l'avesse trat­tenuto il desiderio di sapere ciò che stava accadendo. Alla Co­munione vide lo stesso sacerdote mangiare una parte del bam­bino e berne il sangue nel calice e che tutti quelli che si avvicina­vano alla santa Mensa partecipavano della carne del medesimo bambino. Pensò fra sé: "I cristiani sono dei barbari che immola­no un bambino nel loro culto e che, simili alle bestie, divorano la carne umana. Vendicherò di mia propria mano l'assassinio di quell'innocente, punirò con la morte quei feroci antropofagi". Dopo la Messa, il sacerdote benedisse il pane e distribuendolo al popolo, ne dette un pezzo al saraceno. questi domandò in ara­bo: "Che cos'è?". "È pane benedetto" rispose il sacerdote. "No, questo non è il pane che tu hai sacrificato, cane spudorato, bar­baro assassino! Ti ho visto io, con i miei propri occhi, immolare un bambino! Non ho io visto il suo sangue colare in una coppa e il suo corpo diviso in quattro parti, da te posato sopra un piat­to? Non ho io visto tutto questo, empio, immondo, abominevole omicida? Non ti ho io visto mangiare la carne di questo bambi­no, bere il suo sangue e darne ad altri?". Il sacerdote sorpreso gli rispose: "Sono un peccatore indegno di contemplare tali mi­steri e poiché voi li avete visti,io credo che voi siete grande da­vanti a Dio". Il saraceno continuò: "Non è forse un bambino quello che ho visto io?". Il sacerdote ribatté: "Certamente, ma io non vedo questo gran mistero perché sono un peccatore, io non vedo che il pane e il vino che, consacrati, diventano il Cor­po e nel Sangue del Salvatore". Il principe spaventato, ordinò ai servitori ed ai fedeli di uscire.

Quando fu solo col sacerdote, gli prese le mani e gli disse: "Ora riconosco che la religione cristiana è grande: voglia­te dunque, o padre, istruirmi e battezzarmi". Il sacerdote si schermi dicendo: "Perdonatemi, signore, non posso farlo, per­ché se vostro zio lo sapesse mi metterebbe a morte e distrugge­rebbe questa chiesa. Ma se desiderate essere battezzato, andate dal vescovo che si trova sul monte Sinai e raccontategli quello che è successo. quando vi avrà istruito nella fede, vi darà il Bat­tesimo". Il saraceno si ritirò, ma al cadere della notte, ritornò dal sacerdote, lasciò gli abiti sontuosi, si rivestì d'un cilicio e fug­gì sul Sinai. Raccontò al vescovo i motivi della sua conversione, fu istruito, battezzato e si fece monaco sotto il nome di Pacomio. Dopo tre anni ritornò da suo zio, sperando di convertiflo. Fu imprigionato, tormentato in mille modi e morì lapidato. que­sta storia prova che Gesù Cristo è immolato realmente sull'alta­re. Notiamo, però, che la divisione in pezzi del Bambino, non fu una cosa reale, ma una visione miracolosa destinata a converti­re al cristianesimo il pagano del tutto ignaro della religione cristiana, prima con lo stupore, poi con il desiderio di ricerca della verità e infine per la luce che emanava dal fatto.

Dio ha voluto che questo avvenimento fosse traman­dato per fortificare la nostra fede. Senza dubbio il modo col quale il Salvatore si immola nella Messa, non è né sanguinoso né do­loroso, tuttavia si mostra al Padre suo sotto l'aspetto di un soffe­rente, come al momento della flagellazione, dell'incoronazione di spine e della crocifissione ed in una maniera così viva, come se tutti quei crudeli supplizi si rinnovassero realmente.

Il Lancizio dice a questo proposito: "La santa Messa èuna rappresentazione della Passione e della morte di Gesù Cri­sto, non a parole, come nelle tragedie, ma in verità. Per questa ragione i Padri la chiamano una ripetizione della Passione del Salvatore e dicono che in essa Gesù Cristo viene nuovamente messo a morte, in maniera spirituale"". Lasciate che citi ancora un nuovo esempio non meno importante del precedente.

Nella Vita dei Padri del deserto si legge che un vecchio monaco solitario, semplice e ignorante, aveva dei dubbi sulla presenza reale di nostro Signore nell'Eucaristia e diceva a tutti quelli che andavano a trovarlo: "Il SS. Sacramento non contie­ne il Corpo del Salvatore, esso non è che un'immagine o un simulacro". Avendolo saputo, due altri monaci andarono a visi­tarlo e per convincerlo dell'errore gli parlarono così: "Padre, sembra che un certo incredulo affermi che il pane col quale ci comunichiamo non sia il Corpo di Cristo". L'eremita cadde nel tranello e rispose: "L'ho detto io". I due ripresero: "Padre non lo credete, ma credete, come noi, ciò che la santa Chiesa inse­gna". Gli spiegarono allora la dottrina cattolica e gliela dimo­strarono con numerosi passi della Sacra Scrittura. Il vecchio monaco replicò: "Voi siete più istruiti di me, ed è per questo che parlate bene. Ma non posso accettare la vostra dottrina, se non me ne persuade l'esperienza". Essi continuarono: "Ebbene, pre­gheremo Dio durante tutta questa settimana, con la ferma fidu­cia che vi illuminerà". Pregarono, tutti e tre, con gran fervore e la domenica seguente andarono insieme alla chiesa. Si inginoc­chiarono in una panca, davanti all'altare, continuando ad innal­zare a Dio la loro ardente invocazione. Appena il celebrante ebbe pronunciato le parole della Consacrazione, essi videro ri­posare, sul corporale, invece dell'Ostia, un grazioso bambino. Colmi di gioia e di stupore, lo contemplarono con delizia. quan­do il sacerdote stava per rompere l'Ostia, un Angelo discese dal Cielo e con un coltello parve tagliasse il bambino, il cui sangue colò nel calice. Furono presi da spavento, credendo che l'Ange­lo avesse realmente ucciso il bambino.

Al momento della Comunione, il monaco si alzò co­sternato, si avvicinò all'altare e allorché gli venne presentato il Sacramento, non vide che carne sanguinolenta. Allora fu preso da tale spavento che non poté guardare l'Ostia, né avvicinarsi, e gridò al colmo dell'emozione: "O Signore Gesù, confesso il mio errore e rigetto la mia perfidia. Ora credo fermamente che il pane consacrato è realmente il tuo Corpo e che il tuo Sangue è nel calice. Comanda, o mio Dio, che questo sacro Corpo ri­prenda la sua forma sacramentale, affinché possa riceverlo per la salute dell'anima mia!". Il suo voto fu subito esaudito e si comunicò con grande devozione. Ringraziò Dio e i padri che l'avevano condotto alla verità e raccontò a tutti ciò che durante la santa Messa aveva visto ed imparato.

Dio permise che quel solitario dubitasse anche per la nostra utilità, perché tutto quello che è avvenuto nei primi secoli della Chiesa è utile a noi, come fu utile ai cristiani di quel tem­po. Ma Dio, che con un mezzo così straordinario, si è degnato illuminare un uomo, non può rendere più ferma la nostra fede in modo più facile? E che cosa non hanno mai fatto i santi e i Dottori per raggiungere lo stesso fine? "La santa Messa - dice Marchant - non è solamente una rappresentazione, è anche una rinnovazione incruenta della Passione di nostro Signore. Come, durante la sua vita, prese sopra di sé tutti i peccati del mondo per cancellaili col suo sangue, così giornalmente il Salvatore as­sume le nostre colpe, come il vero Agnello di Dio incaricato di espiarle sull'altare"'. Comprenderemo molto meglio questa dottrina nelle pagine seguenti.

Motivi che spingono nostro Signore a rinnovare la sua passione nella S. Messa

Abbiamo dimostrato che nostro Signore rinnova vera­mente la sua Passione nella santa Messa. Ora paileremo dei motivi che l'ispirano. Il p. Segneri ci fornisce eccellenti conside­razioni su questo soggetto: "Cristo, durante la sua vita terrena - dice - in virtù della sua prescienza divina, vedeva già che milio­ni di peccatori si sarebbero dannati, nonostante la sua dolorosa Passione. La pietà che provò per la loro infelicità, fu tale che domandò al Padre suo di restare sospeso alla Croce fino all'ulti­mo giudizio, per potere con lacrime continue, con le sue pre­ghiere e con i suoi sospiri, placare la giusta collera di Dio, muo­vere la sua misericordia e procurare infine a questo immenso numero di anime, un mezzo per sfuggire all'abisso"

San Bonaventura nelle sue meditazioni, il beato Avila nei suoi sermoni, il p. Gautier e il p. Andries mettono la stessa preghiera sulle labbra del Salvatore. Ma c e ancora di più: no­stro Signore ha manifestato molte volte che era pronto a soffri­re, per la salute di ogni individuo, tutto ciò che Egli ha sofferto per la redenzione del mondo.

L'eterno Padre non acconsentì affatto a questo deside­rio. Rispose che un'agonia di tre ore era già mille volte di più di quanto era necessario e chi non avesse ricavato profitto dai me­riti della Passione avrebbe dovuto attribuire a se stesso la colpa della sua eterna dannazione.

Non stanco di questo rifiuto, l'amore del Salvatore attinse da esso nuovo ardore: il divino Maestro fu maggiormen­te spinto dalla generosità del suo cuore a venire in aiuto dei pec­catori. Nella sua eterna sapienza trovò un altro mezzo per resta­re sopra la terra, dopo la morte, per continuare la sua Passione e pregare incessantemente per la nostra salute, come avrebbe fat­to sullo strumento del suo supplizio. questo ammirabile mezzo è il santo Sacrificio.

I Bollandisti raccontano che santa Coletta ascoltava ogni giorno la Messa con grande devozione. Una volta assisteva a quella celebrata dal suo confessore, che arrivato alla Consacra­zione la sentì gridare: "O mio Dio, o Gesù! O Gesù! O voi ange­li e santi e voi, uomini peccatori, guardate e ascoltate!". queste esclamazioni ripetute per qualche momento commossero e sor­presero i presenti. Dopo la Messa il sacerdote domandò alla santa come mai aveva pianto e gridato in quel modo. Ella rispose: "Ho visto e sentito cose tanto ammirabili che se vi fosse stato concesso altrettanto avreste, forse, gridato più di me". "Che cosa avete visto, dunque?". "Nonostante che le meraviglie che ho ammirato siano così alte, così divine che nessuno possa descri­verle, vi dirò quello che di esse può comprendere la ragione umana. quando avete innalzato il santo Sacramento ho visto Cristo sospeso, con le sue ferite sanguinanti, alla Croce". In quel­l'atteggiamento supplicava Dio, dicendo: "Guarda, Padre mio, come sono stato sulla Croce, vedi in quale stato ho sofferto per il mondo. Considera le mie piaghe, l'effusione del mio sangue e lasciati commuovere dalla mia Passione e morte! Ho sopportato tutto questo per la salute dei peccatori; vuoi che il diavolo si impadronisca di loro? A che servono, allora, tutti i miei tormen­ti? Se gli uomini si perderanno non solo saranno ingrati, ma bestemmieranno il mio nome, invece se si salveranno mi bene­diranno per tutta l'eternità. Padre mio, ti prego, abbi pietà di loro per amor mio e salvali dall'inferno".

Gesù mediatore nostro nel S. Sacrificio dell'altare

Così durante la Messa, Gesù implora la divina miseri­cordia continuando la preghiera che fece sulla Croce: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Nel suo nuovo stato di vittima prega per tutti i peccatori, con la differenza che la sua voce ora non è debole, né stanca, ma forte e onnipotente. San Paolo dice: "Gesù Cristo morto e risorto è seduto alla de­stra di Dio e prega per noi Nel cielo prega, ma sull'altare più che mai, perché lì esercita veramente il suo ministero sacerdota­le. Ce lo insegna san Lorenzo Giustiniani: "Mentre Gesù Cristo viene offerto sull'altare - dice - grida verso suo Padre e gli mo­stra le sue piaghe, perché si degni di salvare gli uomini dalle pene eterne"'. Prega per tutti, ma specialmente per quelli che assistono al suo Sacrificio. quale salutare effetto hanno quelle grida di Gesù!

Quante volte le nazioni e gli individui sarebbero stati precipitati in fondo all'abisso se nostro Signore non avesse pre­gato per loro! quante migliaia di quei beati che sono in Cielo sarebbero ora all'inferno se non li avesse salvati Gesù Cristo con le sue onnipotenti suppliche! Peccatori, andate dunque alla Messa, per partecipare agli effetti di questa preghiera divina, cioè per essere preservati dai mali temporali e spirituali ed otte­nere con questo mezzo tutto quello che vi sarebbe impossibile ottenere con le vostre proprie forze.

Gesù applica a noi, nel sacrificio della S. Messa, i meriti della sua passione

La ragione principale per la quale Gesù Cristo rinnova la sua Passione sull'altare è quella di pregare per noi e di com­muovere il Cuore del Padre suo. E inoltre Gesù con il Sacrificio della Messa ci applica i meriti del Sacrificio del Calvario.

Per meglio comprendere questa verità bisogna sapere che il Signore, durante tutta la sua vita mortale e particolar­mente sulla Croce, ha acquistato un tesoro infinito di meriti, che allora ha dato soltanto ad un piccolo numero di persone e che oggi prodiga in una infinità di occasioni, e in particolar modo nella Messa. "quello che si è operato sulla Croce è un Sacrificio di Redenzione, - dice san Giovanni Damasceno - e la santa Messa è un Sacrificio di appropriazione, per il quale ogni uomo entra in possesso dei meriti e delle virtù del Sacrificio della Cro­ce'. In altre parole: se assistiamo alla Messa con le disposizioni richieste, sarà applicato, ad ognuno in particolare, il valore della Passione di Gesù Cristo.

Le parole di nostro Signore a santa Matilde ci faranno comprendere meglio ancora questo mistero di grazie. "Ecco, ti do tutte le amarezze della mia Passione, affinché tu le consideri come tuo proprio bene e le offra al Padre mio"'. E per inse­gnarci che questa applicazione avviene proprio nella santa Mes­sa, nostro Signore aggiunge: "Colui che offrirà la mia Passione, della quale gli ho fatto dono, sarà ricompensato due volte e ciò tanto spesso quante volte l'offrirà e così, come ho detto nel mio Vangelo, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna"'. qua­le felicità ricevere dalle mani del Salvatore un frutto così grande e che noi possiamo aumentare tanto facilmente! Se voi direte: "O Gesù mio, offro la tua dolorosa Passione, o mio Gesù, offro il tuo sangue prezioso". Gesù vi risponderà: "Figlio mio, te ne rendo due volte il valore". Così, tutte le volte che offrirete qualcuna delle sue sofferenze, altrettanto sarete ricambiati con la stessa liberalità. quale generosa mercede e quale facile prez­zo per arricchirvi!

Ecco un'altra ragione della rinnovazione mistica della Passione. Poiché non tutti i fedeli poterono essere presenti al Sacrificio della Croce, coloro che non hanno avuto questa gra­zia divina saranno forse meno favoriti? No, il Salvatore ha volu­to che essi raccogliessero durante la Messa, purché vi assistano con devozione, gli stessi frutti come se fossero stati sul Calvario. La stessa cosa dice il Belei: "Vedete quanto è prezioso il nostro Sacramento! Non è un semplice memoriale del Sacrificio della Croce, ma è il Sacrificio stesso del quale produce tutti gli effet­ti"'. Ilp. Molina conferma queste belle parole, dicendo: "Con­forme all'istituzione di Gesù Cristo, la Chiesa offrirà sempre lo stesso Sacrificio che fu offerto sulla Croce, nello stesso modo reale, anche se in una maniera incruenta".

La Messa è dunque una sorgente infinita di grazie. E evidente che i due Sacrifici sono uno stesso ed unico Sacrificio, poiché tanto la vittima che il sacerdote sono gli stessi, sono of­ferti allo stesso Dio ed hanno la stessa ragione di essere. Tutta la differenza consiste nel modo in cui si compiono. Sulla Croce Gesù Cristo era grondante di vivo sangue e vittima sofferente per gli atroci dolori, mentre oggi nella santa Messa si offre in modo incruento senza sofferenze. Pensate bene a queste energi­che parole, pensate all'inestimabile valore della santa Messa e convincetevi della sua efficacia, ricordatevi la decisione del Con­cilio di Trento che ho citato prima.

Quindi è evidente che, con la vostra presenza ai piedi dell'altare, purché siate animati dai sentimenti richiesti, non pia­cerete meno al Salvatore e non meriterete meno di coloro che assistettero al Sacrificio del Calvario. Considerate l'inestimabile favore, che avete ogni giorno, di poter essere testimone della Passione di Gesù Cristo e di riceverne i frutti! Che felicità poter­ci stringere amorosamente alla Croce, vedere Gesù, pailargli, consolarlo, confidargli le nostre pene e attendere da Lui soccor­so e consolazione, come una volta hanno fatto Giovanni e Ma­ria Maddalena! O cristiani, stimate nel loro vero valore queste grazie ammirabili e ogni mattina andate a Messa per partecipa­re al tesoro che il Salvatore è sempre pronto a distribuirvi!

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