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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 16:55

CAPITOLO UNDICESIMO

LA SANTA MESSA È L'OLOCAUSTO PER ECCELLENZA


Nella legge antica vi erano quattro specie di sacrifici:

l'olocausto o sacrificio di lode, per riconoscere la sovrana maestà di Dio e ringraziarlo dei suoi benefici; il sacnflcio di impetrazione, per implorare il suo soccorso; il sacrificio di espiazione, per la re­missione dei peccati ed il sacnftcio di propiziazione, per la remis­sione della pena. Ognuno di questi sacrifici aveva il suo rito particolare. Prima della venuta di Gesù Cristo gli olocausti che si offrivano sull'altare del Signore, tutti, per testimonianza del­lo Spirito Santo, a Lui graditi, erano innumerevoli, poiché i giudei per ordine di Mosè dovevano offrire ogni giorno due agnelli di un anno: uno la mattina e uno la sera, mentre il sabato il numero era doppio. Ad ogni luna nuova immolavano sette agnelli, due vitelli e un montone. La stessa regola valeva per i sette giorni che seguivano la Pasqua e per tutta l'ottava della Pentecoste. Nella festa dei Tabernacoli erano obbligati, per otto giorni consecutivi, ad offrire quattordici agnelli, tredi­ci vitelli, due castrati e un montone.

Indipendentemente da queste offerte ufficiali ognuno presentava secondo la sua pietà: buoi, vitelli, pecore, agnelli, montoni, colombe, pane, vino, incenso, sale, focacce, olio e, per ogni dono, era differente il cerimoniale.

Cito questi particolari per farvi notare quanto i sacrifi­ci imposti in quel tempo ai patriarchi e ai sacerdoti giudaici fos­sero dispendiosi, gravi e circondati di minuziose prescrizioni, nonostante che rendessero meno onore a Dio e meritassero una minore ricompensa. E nondimeno piacquero al Signore, perché annunciavano simbolicamente il Sacrificio cruento di Gesù Cri­sto. Invece il nostro nuovo olocausto è unico, poco costoso e facile a compiersi, eppure infinitamente più gradito alla divina Maestà, sorgente di gioia per il cielo, di salute per il mondo e di consolazione per il purgatorio.

Supponiamo che un uomo abbia immolato di sua pro­pria mano tutte le vittime sacrificate dal principio del mondo fino a nostro Signore, e che le abbia bruciate e offerte a Dio. Certamente avrebbe reso all'Altissimo un grande omaggio ed un immensa soddisfazione. Eppure nulla sarebbe tutto questo, paragonato all'onore che rende alla Maestà divina un povero sacerdote che dice la Messa o un povero laico che la fa celebrare o che vi assiste. Per convincercene consideriamo in che cosa con­siste il nostro olocausto.

Il Sacrificio è l'offerta di una cosa visibile, fatta a Dio da un ministro debitamente consacrato, per riconoscere la so­vranità del Signore sopra tutte le creature. "Con ciò - dice san Tommaso - confessiamo che Dio è l'autore di tutte le creature, l'oggetto supremo della beatitudine, il padrone assoluto di tutte le cose e noi gli offriamo, come prova della nostra sottomissione un Sacrificio visibile proporzionato alla sua alta Maestà"'. Ecco in poche parole il concetto dell'olocausto, concetto che potrà sembrare oscuro a chi manca di studi speciali su queste materie, ma che si chiarirà di mano in mano che procederemo nella spie­gazione.

Dio ha riservato l'olocausto a sé solo, come ci ha fatto sapere per bocca di Isaia: "Io sono il Signore, tale è il mio nome e non cederò la mia gloria a nessuno"2. E perciò questo Sacrificio non può essere offerto ad un Angelo, né ad un santo e neppure alla stessa Madre di Dio, senza commettere un abo­minevole atto di idolatria. Possiamo lodare i santi, onorarli, inginocchiarci davanti a loro, bruciare l'incenso, accendere ceri e lampade in loro onore, insomma rendere loro un culto inte­riore ed esteriore, ma non possiamo fare di più, come chiaramente ci insegna il Concilio di Trento: "Benché la Chiesa usi dire la Messa in onore ed in memoria dei santi, non insegna però che il Sacrificio sia offerto a loro, ma soltanto a Dio che li ha coronati"3. Infatti il sacerdote non dice : "O san Pietro, o san Paolo, vi offro la santa Messa", ma con le parole della Chiesa rende grazie a Dio per le vittorie dei santi e implora il loro soccorso "affinché si degnino intercedere per noi nel Cie­lo, mentre celebriamo la loro memoria sulla terra". Potremo dunque dire che la Chiesa ordina di offrire la Messa ai santi? Intanto occorre spiegare la natura dell'olocausto dimostran­done l'eccellenza. Il cerimoniale giudaico esigeva che nell'olo­causto tutta la carne della vittima fosse consumata dal fuoco, mentre negli altri sacrifici ne era bruciata una parte soltanto ed il resto serviva ai sacerdoti ed agli offerenti, per confermare che tutto appartiene a Dio e tutto deve essere consacrato al suo culto. Di modo che, a rigor di giustizia, Dio potrebbe an­che esigere dall'uomo il sacrificio della sua vita, come fece, infatti, con Abramo, ordinandogli di immolargli il figlio Isacco, benché poi si contentasse solo della pronta obbedienza del patriarca. Nell'antica legge aveva prescritto di offrirgli tutti i primogeniti: "Saranno miei", pur permettendo alle madri di riscattarli nel giorno della loro presentazione al tempio.

Benché nato da una creatura mortale, il Figlio unico di Dio non avrebbe dovuto essere portato al tempio, come gli altri, ma così volle che fosse fatto e Maria lo riscattò; tuttavia il Signo­re non fu contento di questo compenso: lo sentì la povera Ma­dre quando, angosciata dal dolore, vide il suo Gesù immolato sulla Croce per liberarci, con la sua preziosa morte, dalla neces­sità di morire: Gesù Cristo è morto per tutti - dice san Paolo - affinché coloro che vivono non vivano per loro". Ora, essendo la vita del Salvatore più nobile di quella di tutti gli uomini, an­che la sua morte fu più preziosa della morte di tutti gli uomini. Per conseguenza, nella Messa in cui si rinnova questa immola­zione, il Padre riceve più onore che se gli fosse sacrificato tutto il genere umano.

Ascoltiamo un ascetico autore: "Il Sacrificio - dice Gervasio - è la più eccellente di tutte le opere di pietà". Ed infatti, nell'atto stesso del Sacrificio, più ancora che nelle parole che l'accompagnano, riconosciamo che Dio potrebbe esigere da ciascuno di noi il sacrificio della propria vita. Nell'Antico Testa­mento l'olocausto aveva precisamente questo significato. Il sacrificatore, nell'atto stesso di compierlo, sembrava dire:

"Eccomi davanti a te, Signore, come una vittima; lo so, saresti in diritto di esigere la mia vita, ma nella tua misericordia ti conten­ti di quella dei miei animali, perché in grazia della loro morte mi presento davanti al tuo volto e attraverso l'offerta della loro vita ti offro la mia". "Nella santa Messa - scrive Sanchez - ren­diamo a Dio un tale omaggio che il mondo intero non gliene potrebbe rendere uno più grande. Perché offrendogli ciò che è incomparabilmente superiore al sangue degli animali, cioè l'augustissima Vita e il Sangue preziosissimo del Figlio suo, con­fermiamo l'infinita grandezza della sua Maestà e attestiamo che Egli è degno dei più grandi sacrifici".

La S. Messa, doveroso e sublime olocausto

"La Messa - dice Marchant - è un'ambasciata quoti­diana, inviata a Dio, per mettere ai suoi piedi un dono inestima­bile e riconoscerne la sovranità. La vita e la morte del Salvatore sono offerte, ogni giorno, all'Autore della vita e della morte. E questo tributo quotidiano che gli paga la Chiesa militante, con la cooperazione della Chiesa trionfante, è l'omaggio per il quale la sua sovrana potenza, la sua sapienza e la sua bontà sono ono­rate da tutte le creature"7. Che cosa può essere più gradito al suo cuore il vedere come il Cielo e la terra riconoscono il suo potere e la sua infinita grandezza?

È tanto necessario considerare la santa Messa come un vero olocausto che il popolo non ne sarà mai istruito abbastanza e perciò sarà bene aggiungere qualche altra spiegazione.

All'altare il Cielo e la terra si prestano mutuo soccorso per meglio esprimere a Dio i ringraziamenti e gli omaggi che gli sono dovuti. Infatti, mentre il sacerdote celebra, i santi angeli vanno a portare ed offrire il Sacrificio, come dimostra il fatto seguente, del quale si garantisce l'autenticità.

Un giorno un sacerdote, nel momento della Consacra­zione, vide intorno all'altare una moltitudine di spiriti celesti che, prostrati, adoravano col più profondo rispetto. quando si inchi­nò, secondo la rubrica del messale, dicendo: "Dio onnipotente, ti preghiamo umilmente di comandare che questi doni vengano portati dalle mani del tuo santo Angelo al tuo sublime altare, alla presenza della tua divina Maestà", vide uno di quegli spiriti, piu bello degli altri, prendere l'Ostia consacrata e portarla davanti alla divina Maestà. I cori degli angeli si rallegravano con lui e tutta la corte celeste provava grande gioia per quell'offerta, come se l'avesse presentata essa stessa. Il sacerdote, con lo sguardo in alto come in estasi, contemplava stupito quel sublime spettacolo e dopo qualche istante, abbassando gli occhi sul corporale, vide l'Ostia di nuovo al suo posto e si meravigliò di un così rapido ritorno. Pieno di gioia terminò la Messa con sensibile consolazio­ne e grande fervore e più tardi raccontò il fatto a qualche amico, invitandolo a lodarne Dio. Possa questo fatto, che così bene espri­me la cooperazione degli angeli e dei santi nella Messa, aumenta­re il nostro fervore e renderci più ardenti nell'ascoltarla.

È però da notare che il principale onore che questo olocausto procura all'Altissimo non proviene né dagli angeli né dagli uomini, ma dallo stesso Cristo, il quale è il solo che cono­sca l'infinita grandezza della Maestà del suo divin Padre, che sappia in quale modo si possa rendergli onore infinito e, quindi, l'unico capace di offrirglielo.

E nonostante che gli angeli e gli uomini possano con­tribuire molto alla gloria di Dio, non si può stabilire, a questo proposito, un paragone fra Gesù Cristo e loro.

Se gli infedeli invadessero il nostro paese intimandoci di rinnegare il cristianesimo per farci abbracciare la religione di Maometto, sotto la minaccia di essere bruciati vivi, noi ci lasce­remmo certamente torturare e mettere a morte, piuttosto che cedere alle loro insane pretese. Un'azione così eroica onorereb­be immensamente, non c'è dubbio, il Signore, ma questo onore sarebbe niente in confronto a quello che, durante la Messa, vie­ne reso alla divina Maestà. qui si abbassa lo stesso Figlio di Dio! qui il Figlio di Dio si rende spregevole come un verme della terra ed in questa estrema umiliazione rende omaggio al Padre suo! Oseremo noi paragonare un tale Sacrificio al sacrificio del­la nostra vita?

I sacrifici giudaici erano costosi e difficili a compiersi, ma il nostro ha un valore incommensurabile e non ci costa nul­la; ci è dato da Gesù gratuitamente, perché l'offriamo alla SS. Trinità. Purtroppo, molti non vogliono né accettarlo, né presen­tailo al Signore. Compiangiamoli, poiché si addossano una gra­ve responsabilità e quanto a noi, sforziamoci di essere solleciti ad interrompere le nostre faccende per partecipare ogni giorno al santo Sacrificio.

CAPITOLO DODICESIMO

LA SANTA MESSA È IL PIÙ SUBLIME SACRIFICIO DI LODE


Né gli angeli né gli uomini possono esprimere ciò che è Dio. La sua santità e la sua ricchezza sono infinite come la sua essenza. Egli è la giustizia più rigorosa, la misericordia più dol­ce, la tenerezza più amabile, la bellezza più meravigliosa. Ben­ché gli angeli e i santi lo amino con tutto il cuore, tremano da­vanti alla sua tremenda Maestà e lo adorano col volto inchinato nel più profondo rispetto, mentre lodano e benedicono, con tut­te le loro forze, le sue perfezioni, senza mai stancarsi o fermarsi. Dio vuole ricevere da loro questa lode, perché gli è dovuta. Pri­ma della creazione si lodava in eterno nella società delle tre divi­ne Persone. Il Padre lodava l'intima sapienza del Figlio, il Figlio lodava a sua volta la potenza e la sapienza del Padre e dello Spirito Santo. "Se tu vuoi lodarmi - diceva il Salvatore a santa Matilde - unisciti al Padre che mi glorifica, unisciti a me che, nella luce senza tramonto, onoro il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli, unisciti finalmente allo Spirito Santo che incessan­temente riconosce nel Padre e nel Figlio il principio della sua inalterabile bontà".

Tutte le creature devono glorificare Iddio

Dio ha creato il cielo e la terra, gli angeli e gli uomini, gli esseri ragionevoli e gli irragionevoli perché lo lodino in eter­no, come chiaramente attestano le parole del Libro dei Proverbi: "Il Signore ha fatto tutte le cose per se stesso.

Gli angeli lo lodano dalla loro creazione, continuano a lodarlo oggi e lo loderanno per l'eternità. Il sole, la luna, le stelle uniscono i loro omaggi a quelli di queste celesti intelligenze, come assicura lo Spirito Santo per bocca di Giobbe: "Dove eri tu quan­do gettavo i fondamenti della terra, quando gli astri del mattino mi lodavano tutti insieme e i figli di Dio trasalivano di allegrezza?".

Questi figli di Dio sono gli angeli, che l'Onnipotente aveva chiamato alla vita, prima di trarre la terra dal nulla. Tutte le altre creature: gli animali domestici e le bestie selvagge, il gran­de albero e il cespuglio, la pietra e il fuoco, uniscono le loro voci a questo universale concerto e ognuno contribuisce, secondo la sua specie ed i suoi mezzi, a glorificare il Creatore.

Nostro Signore un giorno disse a santa Matilde: "quando il sacerdote arriva a quelle parole della Messa: "Per il quale gli angeli lodano la tua Maestà..." e unisce così la sua lode a quella che la SS. Trinità rende a se stessa ed a quella che le rendono gli angeli ed i santi, tu recita un Pater con questa intenzione ed offrilo in unione con le lodi che ricevo dal Cielo, dalla terra e da tutte le creature

È generalmente riconosciuto che tutti gli esseri hanno il dovere di lodare Iddio, ma l'uomo vi è obbligato in un modo speciale, perché egli è stato creato, per questo fine, con un' ani­ma ragionevole. David l'ha perfettamente compreso e nei canti entusiastici, nei quali esorta il suo popolo, se stesso e la natura intera ad esaltare l'Onnipotente, ci ha lasciato la più bella espres­sione della lode. In essi egli scongiura il Cielo e la terra, le crea­ture intelligenti e quelle che ubbidiscono al solo istinto di bene­dire con lui il suo e loro Signore e affinché non mancassero an­che alle future generazioni opportuni incitamenti, ha lasciato ai sacerdoti ed ai leviti i suoi ammirabili salmi, raccomandando loro di cantare ogni giorno la gloria del Dio d'Israele. E così i tre giovinetti della fornace, in mezzo alle fiamme, si conformarono a questi consigli invitando le creature a benedire Dio: "Benedite il Signore, opere tutte del Signore, lodatelo ed esaltatelo eterna­mente. Angeli del Signore, benedite il Signore; cieli, benedite il Signore, ecc.". Se i santi dell'Antico Testamento e gli ebrei hanno lodato con tanto zelo il sovrano padrone dell'universo, a mag­gior ragione siamo obbligati noi cristiani, figli di Dio, a lodare il Signore e perciò non dimentichiamo che, secondo l'espressione di san Paolo, "ci ha predestinati a diventare suoi figli a lode e gloria della sua grazia.

Non possiamo sottrarci a questo dovere senza grave colpa

In altri termini: Dio ci ha adottati perché lodassimo ed esaltassimo la sua grazia, obbligo rigoroso al quale non possia­mo sottrarci senza peccare gravemente. Da questo sentimento erano molto ben penetrati quei pii imperatori, quei santi re, quei zelanti principi che innalzarono templi magnifici e fondarono maestosi conventi, dove il Signore doveva essere onrato giorno e notte col canto delle Ore canoniche, seguendo in ciò lo spirito e l'insegnamento della Chiesa cattolica che impone al suo clero, dal suddiaconato alla morte, la recita quotidiana del breviario. questa legge si estende anche a quasi tutti gli Ordini religiosi compresi quelli delle donne votate alla vita contemplativa e tutti vi si conformano con gioia, con scrupolosa assiduità ed esem­plare devozione. "Portate in alto la gloria del Signore, - ha detto Gesù, figlio di Sirach - perché egli sarà sempre al disopra di tutto e la sua magnificenza non può essere ammirata abbastan­za. Voi che benedite il Signore, innalzate la sua grandezza quanto potete, perché Egli è maggiore di ogni lode". E David aveva esclamato: "Lodate il Signore nel suo santuario, lodatelo nell'incrollabile trono della sua potenza, lodatelo negli effetti del suo potere, lodatelo in tutta l'estensione della sua grandezza". Ma qual consiglio ci date, o profeta, per poter adempiere conve­nientemente questo dovere, se l'Essere di Dio, incomprensibile ed infinito, è al disopra di ogni intelligenza angelica e umana?

Sacrificio di luce

Gesù Cristo ha provveduto istituendo la santa Messa, il Sacrifcio di luce che la Chiesa offre all'Altissimo ogni giorno e a tutte le ore. Che inno quel Gloria, elevato da un'intera assem­blea al trono del Signore! Che magnifici accordi in quel Prefazio e in quel Sanctus! "Santo, Santo, Santo è il Signore Dio degli eserciti, i Cieli e la terra sono ripieni della vostra Maestà, Osanna! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei Cieli".

Questo triplice Sanctus che cantano i Serafini, questo Osanna che lo Spirito Santo ispirò ai fanciulli di Gerusalemme, questi cantici sublimi che fanno risuonare concordi il Cielo e la terra, sono ripetuti da milioni di voci in migliaia di chiese dalle labbra dei rappresentanti di Cristo! E poiché siamo stati creati per glorificare Dio, non in una maniera volgare ma in un modo infinito perché la sua Maestà è senza limiti, non potremmo cer­tamente trovare cantico adeguato, né creatura capace di com­porlo così perfetto da comprendere tutte le perfezioni divine esal­tandole secondo la loro eccellenza. Per questo noi dobbiamo essere infinitamente grati al Signore per averci fornito, nella santa Messa, un'azione di grazie che, supplendo alla nostra impoten­za, rende a Dio una lode degna di Lui.

"Dio - dice san Lorenzo Giustiniani - non potrebbe essere lodato meglio che col santo Sacrificio dell'altare, a questo fine istituito dal Salvatore. Volete dunque degnamente onorar­lo? Offritegli questo Sacrificio". Il p. Molina spiega magnifica­mente questa dottrina: "Nella Messa il Figlio unico di Dio si offre al Padre, gli rende la stessa gloria che gli rendeva sulla ter­ra e per Lui il Signore riceve una lode infinita. Sì, Gesù Cristo sull'altare celebra la Divinità quanto merita di essere celebrata, cioè in modo tale che né gli angeli, né i santi e ancora meno gli uomini saprebbero fare. E perciò Dio trae da ciascuna Messa maggiore onore di quello che tutti gli angeli e tutti i santi po­trebbero procurargli".

Sant'Ireneo racconta che una vergine, animata da un ardente desiderio di lodare Dio, diceva incessantemente sospi­rando: “Anche se avessi mille lingue non potrei lodare abbastan­za il Signore. Anche se avessi tutti gli uomini sotto la mia poten­za non potrei eccitare abbastanza il loro zelo. Ah! Perché non posso dare uno spirito e un cuore a tutte le creature? Perché non posso creare un nuovo Cielo e popolarlo di Serafini? O mio Dio! quanto sarei felice se io sola avessi nel corpo e nell'anima tanta forza da lodarti, esaltarti e adorarti degnamente”. Così la sua bell'anima era divorata dal desiderio e il suo cuore traboccava d'amore. Un giorno, in cui era più che mai infiammata dai suoi santi desideri, sentì una voce celeste dirle: "Sappi, mia cara fi­glia, che una sola Messa mi loda infinitamente di più di quanto tu vorresti.". Comprendete, anime pie, quale Sacrificio è la santa Messa.

Supponete che si disponga una processione in onore della SS. Trinità e proceda alla testa la beata Vergine Maria, seguita dai nove cori degli angeli e dall'innumerevole turba dei santi che cantino con voce soave, accompagnati da armoniosi strumenti. Dio ne sarebbe infinitamente intenerito. Ebbene, se la Chiesa militante mandasse, al termine di questa processione, un solo sacerdote che offrisse il santo Sacrificio, la SS. Trinità ne ritrarrebbe una gloria mille volte maggiore, poiché quel povero sacerdote renderebbe all'Altissimo un omaggio infinitamente superiore.

Dall'una all'altra c'è tanta distanza quanta dal Figlio di Dio alla creatura.

Ringraziamo dunque ancora Gesù Cristo che ci ha dato un mezzo così facile per onorare la grandezza e la potenza divina. Tratteniamoci ancora su questa verità. Ecco come san Paolo ci richiama all'obbligo che abbiamo di lodare il nostro Creatore: "Dio ci ha predestinati per farci suoi figli adottivi, per mezzo di Gesù Cristo, affinché si celebri la gloria della sua gra­zia, che ci donò nel suo diletto Figlio". Ma questa lode non deve assolutamente rimanere sterile, bisogna che si manifesti con pubbliche testimonianze di riconoscenza, e dovendo pagare l'im­menso debito che abbiamo contratto verso la divina misericor­dia, non abbiamo altro mezzo che il Sacrificio della Messa.

Infatti, per lodare un essere qualunque, è necessario, principalmente, conoscere quello che nella sua persona è degno di lode. È’ facile lodare chi si conosce bene. Ciò è particolarmen­te vero quando si tratta della lode a Dio. Gli angeli e i santi conoscono in una maniera inesprimibile, ma sempre incomple­ta, le divine perfezioni, benché contemplino Dio faccia a faccia. Anche se lo lodassero senza fine, le loro lodi resterebbero infini­tamente al di sotto di ciò che gli è dovuto. Solo il Verbo fatto carne conosce l'eccellenza della Divinità e perciò Egli solo può onorare degnamente il Padre suo.

La S. Messa tributa all'eterno Padre omaggi di lode, di gloria e d'amore

Questo onore, però, in nessun'altra cosa gli viene reso così perfetto come nella santa Messa. Osserviamo ancora che la lode di Gesù è offerta in nome di quanti vi assistono e dei quali Egli ripara sovrabbondantemente le omissioni, mentre essi, dal canto loro, sono invitati ad offrirla come un bene proprio. Per questo, chi, fedele a questa consolante dottrina, dicesse in cuor suo: "Mio Dio, ti offro la lode che il tuo Figliolo ti rende sull'altare", renderebbe all'Onnipotente un omaggio più alto di quel­lo degli angeli e dei santi.

Che tale sia l'insegnamento proprio della Chiesa, lo prova p. Giovanni degli angeli, che scrive: "quando penso ai sublimi misteri della Messa, mi sembra che la gloria resa a Dio, per l'oblazione del suo Figliolo, sia così alta che né gli angeli, né i santi possono procurargliene una simile. Considerate che il sacerdote e quelli che ascoltano la Messa, presentando all'eterno Padre il Verbo fatto uomo e la lode di questa santa vittima, gli offrono un Dio, offerta che incontestabilmente ha un valore infinito". Leggiamo nelle Rivelazioni di santa Brigida che durante la Messa anche i Cieli lodano Dio. "Un giorno - dice questa santa - in cui assiste­vo al santo Sacrificio, dopo la consacrazione mi sembrò che il sole e la luna, tutte le stelle, tutti i pianeti, tutti i cieli nelle loro evolu­zioni, cantassero con la voce più dolce e più risonante. A loro si univa una moltitudine innumerevole di musici celesti, dagli accenti così melodiosi che non mi è possibile darne la minima idea. I cori degli angeli discendevano, contemplavano il sacerdote e si pro­stravano davanti a lui con rispetto, mentre i demoni fuggivano tremando di terrore. Erano presenti molte schiere di sante anime che lodavano Dio insieme a quei puri spiriti e rendevano all'Agnello divino l'onore che gli è dovuto".

Gli angeli e i santi assistevano, dunque, alla Messa e univano le loro voci a quelle della natura intera; ma anche voi, anime pie, siete in mezzo ad essi e li aiutate ad esaltare il Signo­re. Non è questo omaggio, però, che dà alla Messa la sua infinita potenza: "questo Sacrificio è così maestoso, così gradito a Dio - dice san Lorenzo Giustiniani - che tutte le glorificazioni del Cielo e della terra non possono essergli paragonate. E poiché Gesù è la vittima e il sacerdote, ne consegue che la lode e la gloria che provengono da una tale sorgente sorpassano quelle di tutte le creature"'.

Il padre Malobizk aggiunge: "Ogni volta che si celebra la Messa i sentimenti del santo amore, simili alle onde, si muo­vono nell'oceano della Divinità e vanno dal Figlio al Padre e dal Padre al Figlio"'.

La santa Messa, dunque, serve come di contrappeso a tutti gli scandali che salgono ogni giorno verso Dio e senza di essa il mondo non sussisterebbe più. Isaia, infatti, ci insegna quanto i nostri delitti irritano il Signore: "Che farò più a lungo qui, dove il mio nome è incessantemente offeso?". Pare quasi che voglia dire: "Mi ritirerò da questo mondo nemico e lo abbandonerò, lo di­struggerò e lo precipiterò, con i suoi vizi, nell'inferno".

Ohimè! Dio avrebbe troppi motivi per attuare le sue minacce, perché un solo peccato mortale, una sola bestemmia, sarebbe già più che sufficiente per meritarsi tale castigo. Perché dunque questa pazienza? Che cos'è che trattiene il Signore? Non esito a rispondere che ci salva unicamente il santo Sacrificio, perché se la divina Maestà viene insultata incessantemente da­gli empi, però, è continuamente onorata dal Salvatore in una maniera degna di Lei. L'omaggio di Cristo e dei suoi sacerdoti supera tutte le sozzure e copre tutti i delitti.

Sii, dunque, benedetto eternamente, o buon Gesù, per questo immenso beneficio! Ma come provarti la nostra gratitu­dine se non assistendo con assiduità alla tua mistica immolazio­ne e rendendo a te stesso il dono perfetto che da te abbiamo ricevuto? Oh! Se potessi persuadervene, o cristiani! Ma tu, Gesù, vieni in nostro aiuto, ispira a tutti i cuori una devozione sincera, affinché si accresca sempre più il nostro zelo e ogni giorno pos­siamo offrire questo divin Sacrificio o assistervi con fervente pietà.

CAPITOLO TREDICESIMO

LA SANTA MESSA È IL PIÙ GRAN SACRIFICIO DI AZIONI DI GRAZIE


I benefici che riceviamo dalla mano di Dio sono così numerosi, così grandi che non potremmo né contarli, né apprez­zarli. Dio, non solo ci ha creati provvisti di sensi e di membra, dotati di un'anima fatta a sua immagine, ma ha poi santificato quest'anima col Battesimo, se l'è scelta per sposa, l'ha affidata alla custodia di uno dei suoi angeli e continua a prendersi cura di noi, come un padre dei suoi figli. Nella Penitenza ci perdona i peccati, nell'Eucaristia ci nutre della sua carne e del suo sangue, sopporta con pazienza le nostre aberrazioni aspettando sempre la nostra conversione. Ci manda ispirazioni salutari, ci previene con la sua grazia, ci istruisce col ministero dei predicatori, ci preserva da mille mali, esaudisce le nostre umili preghiere, ci consola nelle pene, ci fortifica contro la tentazione, accetta le nostre buone ope­re e ci colma di una quantità di altri benefici.

Come se queste grazie non bastassero, ne aggiunge una che le supera tutte, adottandoci per figli. San Giovanni celebra così questo insigne favore: "L'amore che ci ha dimostrato Dio Padre è così grande che ci ha chiamati e siamo veramente suoi figli"1. San Paolo aggiunge: "Poiché siamo figli di Dio siamo anche noi eredi".

Vedere creature miserabili come noi diventare figli ed eredi legittimi del Signore onnipotente, non vi sembra incredibile?

Ma l'elenco dei benefici divini non termina qui: ce ne sono altri ancora più preziosi. Eravamo caduti in potere del de­monio e Dio ci ha liberati per mezzo del Figlio suo: "Dio ha tanto amato il mondo - dice Gesù Cristo - che gli ha dato il suo unico Figlio". E lo ha dato non soltanto rivestendolo della na­tura umana, ma abbandonandolo per noi alla morte più dolo­rosa. E per di più, Dio non ha messo questo inestimabile bene­ficio solamente a disposizione dei suoi amici, ma anche dei suoi nemici. Tale è la teologia di san Paolo: "Ciò che fa maggior­mente risplendere l'amore di Dio per noi - esclama il grande apostolo - è che allora che eravamo peccatori, Gesù Cristo è morto per noi". Se Dio, oltre a questo, non ci avesse concesso altro dono, non potremmo ringraziarlo abbastanza e ricompen­sarlo equamente. Ma per noi Egli si è assoggettato ad una vita di miserie, terminata con la più crudele e ignominiosa morte. Che debito infinito!

Osorio dice: "Se foste beneficato grandemente da qual­cuno, dovreste, per evitare di esser tacciato di ingratitudine, ren­dergli l'equivalente". Ora essendo stati colmati da Dio con in­numerevoli benefici, non possiamo fare a meno di domandarci con David: "Che cosa renderò io al Signore per tutto ciò che mi ha dato?", e col profeta Michea: "Che cosa posso offrire all'Al­tissimo che sia degno di lui?", o ancora col giovane Tobia: "Che gli daremo che eguagli i suoi servizi?".

Ascoltate la risposta di David: "Immolate al vostro Dio un sacrificio di lode e presentate i vostri voti all'Altissimo".

Qual è questo sacrificio di lode se non la santa Messa? E come ringrazierete il vostro benefattore, se non assistendo devotamente al santo Sacrificio? "Il divin Sacrificio - dice sant'Ireneo - è stato istituito per fornirci il mezzo di attestare la nostra riconoscenza a Dio". Il santo Dottore vuole dire che, non avendo noi una cosa conveniente da offrire al Cielo, Gesù Cristo nella sua mistica immolazione ci ha lasciato un tesoro proporzionato al nostro debito.

La Santa Messa, sacrificio di ringraziamento

Le parole del messale sono un'altra prova che la Messa è un Sacrificio di ringraziamento. Infatti al Gloria il sacerdote dice: "Noi vi lodiamo, vi benediciamo, vi adoriamo, vi glorifichiamo, vi rendiamo grazie a causa della vostra gloria infinita, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre onnipotente". Al Prefazio canta: "Ringra­ziamo il Signore Dio nostro... E’ veramente cosa degna, giusta e salutare, Signore santo, Padre onnipotente, Dio eterno, ringraziar­vi sempre ed in tutti i luoghi per Gesù Cristo nostro Signore, ecc.". La lode che esprimono queste parole è così perfetta che sulle nostre labbra non potrebbe risuonarne una più magnifica.

Notate, infine, le parole che precedono immediatamente la formula della Consacrazione: "Egli prese il pane, fra le sue sante e venerabili mani e alzando gli occhi al Cielo, rese grazie. O amabile elevazione degli occhi del mio Gesù, preziosa e in­comparabile testimonianza di riconoscenza! Come supplire a tutti i ringraziamenti, dei quali siamo incapaci? Ogni giorno, nella Messa, nostro Signore rinnova ciò che fece il Giovedì san­to e quest'azione di grazie di una persona divina non può essere che infinita: basta dire che Dio ne prova un immensa soddisfa­zione. In quanto a voi, ogni volta che ascoltate la Messa, unite il vostro cuore e la vostra volontà alla volontà e al Cuore di Gesù Cristo, ringraziando Dio con tutte le forze e affinché la vostra riconoscenza sia più degna, offrite, invece dei vostri, i sentimen­ti della vittima divina.

Da tutte queste dimostrazioni, tiriamo ora delle conse­guenze veramente ammirabili. Se, dalla vostra infanzia ad oggi aveste continuamente ringraziato Dio per tutti i benefici dei quali vi ha colmato, avreste fatto meno che se aveste piamente assistito ad una sola Messa. Oso dire di più: se aveste invitato tutte le anime pie ad unirsi a voi e se, durante l'intera vita, queste anime avessero ringra­ziato Dio in nome vostro, ciò non equivarrebbe alla celebrazione di una sola Messa al suo semplice ascolto. Anzi, la stessa riconoscen­za di tutto l'esercito celeste resterebbe infinitamente al disotto. Vo­lete conoscere la ragione di questa inferiorità? Ricordatevi del cele­bre assioma: l'infinito non ha nessuna proporzione col finito, ma sorpassa il finito di una distanza infinita.

O Dio, se potessimo comprendere quale tesoro ci hai donato, quanto ci considereremmo felici! San Paolo, indirizzan­dosi ai Corinti e indirettamente a tutti gli uomini, diceva: "Rin­grazio continuamente il mio Dio per voi, a causa della grazia che vi è stata data in Gesù Cristo, perché in Lui siete divenuti ricchi di ogni dono di parola e di scienza""

Per la santa Messa, dunque, abbiamo acquistato questo tesoro immenso, perché in essa attingiamo tutti i benefici del Cielo.

Non posso finire meglio questo capitolo che con le pa­role di p. Segneri: "Considera, o pio Cristiano, quanto dobbia­mo essere riconoscenti a Gesù Cristo per aver istituito la Messa, poiché essa ci dà il mezzo di sdebitarci verso Dio. Nel santo Sacrificio il Salvatore diventa nostra proprietà e ci lascia i suoi meriti infiniti, affinché possiamo offrirli a Dio in unione con Lui e pagare il debito che ci opprime".

Sii dunque lodato, o buon Gesù, per me e per tutte le creature! Ti offro e per mezzo tuo offro alla SS. Trinità, le lodi e i ringraziamenti che ricevi oggi sull'altare e quelli che riceverai fino alla fine del mondo, e prego i cori celesti ed i beati di accor­dare le loro voci alle nostre in un inno di riconoscenza per esal­tarti e benedirti eternamente.

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