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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 17:01

CAPITOLO SEDICESIMO

LA SANTA MESSA È IL PIÙ GRANDE SACRIFICIO DI SODDISFAZIONE


Per comprendere ciò che dirò bisogna prima sapere che in ogni peccato c'è un doppio male: quello della colpa e quello della pena.

La colpa che ci toglie la grazia di Dio ci è perdonata nel sacramento della Penitenza, ma la pena, mentre viene cancellata interamente nel Battesimo, non è rimessa che par­zialmente nella confessione. Dio ha voluto che il sacramento della riconciliazione ci salvasse dalla pena eterna, ma che ci restasse da subire una pena temporale, maggiore o minore a seconda dell'estensione del nostro pentimento, dell'ardore del nostro buon proposito e della misura della nostra soddisfa­zione. Ora avviene che, ordinariamente, noi andiamo al sa­cro Tribunale di penitenza con una contrizione molto im­perfetta e le nostre opere offerte in soddisfazione dei nostri peccati sono insufficienti, così che ci viene fatta remissione solamente di una piccola parte del nostro debito. Per non dover finire di espiare le nostre colpe in purgatorio bisogna supplire con preghiere, vigilie, digiuni, elemosine, con nuove Confessioni e sante Comunioni, con l'assistenza alla Messa e con l'acquisto di indulgenze. Ma poiché le penitenze sono contrarie alla natura e molte persone non sanno praticarle, una gran parte di cristiani, per tali insufficienti disposizioni, sono costretti a subire gravissime pene nell'altra vita, per evi­tare le quali imitiamo il debitore di cui parla il Vangelo: "Il regno dei Cieli - disse Gesù Cristo - è simile a quel re che volle regolare i conti con i suoi servi. Uno gli doveva diecimila talenti e siccome quell'infelice era insolvente, ordinò fosse ven­duto con la moglie, i figli e tutto ciò che possedeva. Il servo si gettò ai suoi piedi e lo supplicò dicendo: ”Accordami una dilazione e ti pagherò interamente”. A prima vista ci mera­vigliamo di vedere quell'uomo chiedere del tempo, invece di sollecitare la remissione o la diminuzione del suo debito, poi­ché è evidente che non avrebbe mai potuto procurarsi una somma così considerevole, neppure se avesse avuto duecento anni a disposizione. Questo racconto non è un fatto storico, ma una parabola. quel debitore rappresenta il peccatore ca­rico di delitti. O cristiano, di te parla qui Gesù Cristo: "Tu non sai quanto sei infelice, miserabile, povero, cieco e nudo!". E perciò, come puoi tu, con le tue sole buone opere, pagare diecimila talenti, tu che in tutta la vita non sapresti guada­gnare un soldo? Un solo peccato mortale trascina dietro di sé una pena così grande che se tu dovessi sdebitartene con le tue risorse personali, non ti basterebbe l'eternità. Eppure c'è un mezzo facilissimo per liberartene: come l'uomo del Van­gelo, gettati ai piedi del tuo creditore e digli: “Signore, sii paziente con me, accordami ancora un po' di tempo ed io ti renderò tutto per mezzo della santa Messa che ascolterò o che farò dire”.

La S. Messa e il più grande sacrificio di soddisfazione

Il Sanchez ci dà lo stesso consiglio dicendo: "quando ascoltate la santa Messa, ricordatevi che essa è vostra", e il sa­cerdote ce lo conferma quando, voltandosi verso i fedeli, dice loro: "Pregate fratelli, perché il mio Sacrificio che è anche il vostro, sia gradito a Dio Padre onnipotente". Abbiate dunque una santa audacia e domandate al vostro tremendo Padrone: "quanto ti devo, o Signore? Riconosco il tuo credito e sono pronto a pagarlo non da me stesso, ma per i meriti del tuo Fi­gliolo presente su questo altare e perciò ti offro il tesoro che tu stesso mi hai dato". Che pensiero consolante è questo per i pec­catori! I teologi convengono circa questa efficacia: "Il Sacrificio della Messa - dice il Fornero - solo perché è offerto, ha la virtù ammirabile ex opere operato, di rimettere la pena dovuta ai pecca­ti". Ed i Dottori insegnano ciò di comune accordo, dichiaran­do in termini chiari che la Messa cancella il debito del celebran­te, di chi la fa dire e di quelli che l'ascoltano, purché abbiano i necessari sentimenti di contrizione. Non sarà inutile spiegare il valore dell'espressione ex opere operato. La Scuola vuol dire, con questa espressione, che il santo Sacrificio trae dalla propria eccellenza tutta la sua efficacia, che non può essere accresciuta né dalla pietà del ministro, né diminuita dalla sua indegnità e questo si avvera ugualmente per gli altri Sa­cramenti. La virtù del Battesimo, per esempio, purché siano osser­vati i riti e le parole essenziali di questo Sacramento, è identica per chi lo riceve, tanto se il ministro è un sacerdote pio, quanto se è cattivo. In altri termini: il Sacramento opera unicamente per la sua stessa applicazione. Che consolazione per i peccatori! E’ chiaro pe­raltro che per ottenere questo salutare effetto non basta assistere alla Messa con la sola presenza corporale, ma si richiedono anche le disposizioni dell'anima, non come sorgente di perdono, ma come condizioni necessarie all'azione del santo Sacrificio.

La S. Messa, inestimabile tesoro che ci permette di pagare il debito delle nostre colpe

Cercherò di spiegare ancora meglio questa verità. Gesù Cristo, con la sua vita, passione e morte sulla croce, ha ammassato un così ricco tesoro di meriti che, se li distribuisse a tutti i peccatori passati, presenti e futuri, donando a ciascuno tutto ciò che gli sarebbe necessario per liberarsi, resterebbe ancora di che riscattare innumerevoli mondi. questo tesoro, il Salvatore ce l'ha aperto molte volte: prima al Battesimo, poi al tribunale del­la Penitenza e alla Mensa eucaristica, ma giammai ce ne fa così generosamente partecipare come nella santa Messa, perché se­condo la dottrina del Concilio di Trento "I frutti del Sacrificio cruento ci sono applicati con la più grande abbondanza dal Sa­crificio incruento".

Immaginate, dunque, Gesù che discendendo dall'alta­re, si accosta ai fedeli presenti in chiesa e a ciascuno distribuisce quest'oro celeste, come ricompensa della loro pietà. Nessuno è escluso dalla distribuzione, eccettuati quelli che sono in stato di peccato mortale, o che chiacchierano, ridono, scherzano, si guar­dano attorno indiscretamente, danno noia al loro prossimo. Tutti gli altri ricevono grazie, benché in una misura differente e se­condo la loro devozione. I poveri peccatori, dunque, dopo le ricadute, si affrettino a recarsi in chiesa, per offrire la santa Messa a Dio Padre, perché si sentiranno il cuore intenerito, lo spirito cambiato e otterranno più facilmente la grazia del perdono.

O quanto saremmo edificati se potessimo conoscere tutti quelli che sono ritornati sulla retta via! Ma non ci è dato di sco­prire tanto da vicino le benedette vie per le quali Dio scende in soccorso del peccatore. A noi basti, fra tante tenebre, uno spira­glio di luce che ci mostri la via del Cielo.

La S. Messa sollievo per le anime purganti

Parlerò ora della Messa offerta per il sollievo delle ani­me del purgatorio. Non è possibile definire in quali proporzioni soffrono queste anime, perché ignoriamo l'estensione della pena fissata da Dio. Quel che sappiamo è che l'espiazione, nella vita futura, sarà molto più lunga di quanto, secondo le nostre idee incom­plete, ce la immaginiamo comunemente. E’ certo anche che so­pra la terra, fra tutte le opere fatte per essere offerte a Dio a sollievo di quei nostri poveri fratelli sofferenti, non ce n’è una più adatta del Sacrificio incruento del Salvatore. E se è già una consolazione per loro vedere quelli che hanno lasciato nel mon­do, volgersi, in loro favore, con pio slancio al Padre celeste, una Messa celebrata o ascoltata per il loro sollievo, apporta loro un grande conforto. Ma poiché la Chiesa purgante non si trova nelle stesse condizioni della Chiesa militante, ne consegue che ai membri della prima possiamo applicare i frutti del santo Sa­crificio solo a titolo di suffragio, senza che ci sia possibile deter­minare di quanto tempo la loro prova ne venga abbreviata. Questo dipende dalla divina misericordia, che resta interamen­te libera. Piuttosto, finché siamo in terra, approfittiamo in tutti i modi del tesoro messo a nostra disposizione e risparmieremo così, anche a noi stessi, una pena che ci sarebbe poi tanto più amara, quanto più grave fosse stata la nostra negligenza.

Se per un grave delitto voi foste stato condannato ad una lunga prigionia e se col solo assistere ad una Messa poteste liberarvene, non correreste ad ascoltarla? Ma che dico? Non una sola Messa, ma cento ne ascoltereste. Eppure i mali della vita presente non rendono neanche l'idea di quelli che ci atten­dono nell'altra vita nelle fiamme divoratrici del purgatorio, che operando sulle anime, come il fuoco sull'oro, le purificano e le adornano di nuovo splendore.

Se desiderate una dottrina più precisa e domandate quale sia precisamente l'efficacia di una Messa, sappiate che chi fa celebrare il santo Sacrificio ottiene molto più per l'espiazione delle sue colpe di chi si contenta di assistervi, perché al primo spetta per diritto una parte considerevole dell'oblazione. Ma ri­spetto alla quantità esatta della pena rimessa, non possiamo de­terminarla, perché Dio non ce l'ha rivelato. Se poi, alla devozio­ne di far dire la Messa aggiungerete quella di ascoltarla e segui­rete con raccoglimento gli atti del sacerdote che parla, prega e immola particolarmente secondo la vostra intenzione, il vostro guadagno aumenterà. "Colui - dice il Marchant - che non con­tento di far celebrare la santa Messa, si prende cura anche di assistervi, ne trae un vantaggio molto più grande, perché per la sola applicazione della santa Messa riceve solo i frutti applicati dal sacerdote, mentre gli altri meriti gli sfuggono".

Una conseguenza importante e generalmente molto tra­scurata, si ricava dalla dottrina esposta sopra. quando fate cele­brare una Messa, o per onorare un santo, o per ottenere una grazia di solito dite: "Mi propongo di onorare la santa Vergine, di ottenere questa guarigione, di scongiurare questo pericolo, ecc.". Ma vi fermate a determinare una parte dei benefici che desiderate e forse neppure pensate a chi si dovrà applicare la virtù soddisfattoria del Sacrificio. D'ora innanzi non dimentica­te di riservarla per voi e ne trarrete così doppio profitto, perché non sarete meno esaudito se ciò che domandate è utile alla vo­stra salute.

Soprattutto dovrebbero assistere alla Messa quelli che hanno commesso molte colpe gravi e non ne hanno fatto anco­ra penitenza, poiché è certo che Dio non lascerà impunita alcu­na infedeltà secondo il proverbio: "Aut poenitendum aut ardendum: o espiare o bruciare", ed è molto meglio soddisfare su questa terra che cadere, carico di debiti, nelle mani del Som­mo giudice. Profittate, dunque, di tutte le occasioni per ascolta­re la santa Messa, supplendo in tal modo alle rudi mortificazioni di cui si spaventa la vostra debolezza.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

LA S. MESSA È L'OPERA PIÙ ECCELLENTE DELLO SPIRITO SANTO


Ho già parlato della Messa e dei suoi rapporti con Dio Padre e con Dio Figlio. Ora, in questo capitolo, tratterò della cooperazione dello Spirito Santo.

I beni che ci vengono dalla terza Persona divina sono innumerevoli e ci è impossibile comprenderli ed esprimerli. Lo Spirito Santo è amore e misericordia, addolcisce continuamente i rigori della Giustizia e preserva i poveri peccatori dall'eterna dannazione, poiché Egli ha cominciato, continuato e termina­to l'opera della nostra salute. L'ha cominciata nel seno imma­colato di Maria, formando il corpo di Gesù Cristo col sangue purissimo della santa Vergine; l'ha continuata nel Battesimo dell'Uomo Dio, nelle acque del Giordano; l'ha terminata nel giorno della Pentecoste, comunicandosi agli apostoli e ai di­scepoli che riscaldò con fiamme ardenti, di modo che le anime indurite, che fino a quel giorno non erano state toccate dalle piaghe e dalla passione del Salvatore, furono convertite dal­l'effusione del suo Spirito. Lo Spirito Santo abita nei cuori dei fedeli cristiani e non si allontana mai nemmeno da quelli che lo respingono, restando alla porta del loro cuore e bussando incessantemente per entrare.

È’ certo e lo insegnano universalmente i teologi, che Egli ha avuto una parte speciale nella Redenzione e così anche la Messa è l'opera sua per eccellenza. Secondo la teologia il mi­stero dell'Incarnazione, dove la divinità e l'umanità sono unite in una sola persona, è la più grande meraviglia uscita dalla mano onnipotente di Dio ed è opera dello Spirito Santo, come confes­sa la Chiesa nel terzo articolo del Credo: "Il quale fu concepito di Spirito Santo". Tuttavia, oso dirlo, il miracolo che si compie sull'altare sorpassa il primo essendosi l'Uomo-Dio rimpicciolito fino al punto di trovare posto nella più umile particella della santa Ostia.

Di questa cooperazione dello Spirito Santo nella Messa, abbiamo la testimonianza della liturgia alla quale san Giacomo ha dato il suo nome. Immediatamente dopo la formula della Con­sacrazione, si leggono queste parole: "Ti preghiamo, Signore, di inviare il tuo Spirito, affinché si degni, per la sua gloriosa presen­za, di santificare i nostri doni, transustanziare il pane nel tuo Cor­po e il vino di questo calice nel tuo Sangue prezioso". La stessa preghiera, in termini quasi identici, si ritrova nella liturgia di san Clemente, papa e martire, che dice: "Ti preghiamo, Signore, di inviare il tuo Spirito, affinché di questo pane e del vino contenuto nel calice, faccia il Corpo e il Sangue del tuo Cristo". Nei primi Eucologi (libri che contenevano l'ufficio delle domeniche e delle feste) e nei primi messali, la transustanziazione della materia eucaristica non è attribuita a nostro Signore Gesù Cristo, ma allo Spirito Santo e in essi è invocata, per compiere quest'opera, la terza Persona divina che ha compiuto l'opera dell'Incarnazione, secondo le parole dell'Arcangelo Gabriele a Maria: "Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e la virtù dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra". E nella liturgia latina il sacerdote manifesta la stessa verità quando, facendo il segno della croce sul pane e sul vino, supplica lo Spirito Santo di discendere dal Cielo per benedire questi doni e dice: “Vieni, santificatore onnipotente, Dio eterno e benedici questo Sacrificio preparato in onore del tuo santo nome”. Sant'Ambrogio adopera precisamente gli stessi termini: "Fa, o Signore, che discenda l'invisibile maestà del tuo Santo Spirito, come discese sulle vittime dei nostri padri".

In che modo lo Spirito Santo opera la transustan­ziazione

Ora vedremo in qual maniera lo Spirito Santo opera la transustanziazione. Santa Ildegarda ce ne dà un'immagine sor­ prendente: "Mentre il sacerdote, rivestito degli abiti sacerdotali, si avanzava per celebrare, vidi venire dal cielo una gran luce che circondò l'altare per tutto il tempo della Messa. Al Sanctus cad­de una fiamma celeste sul pane e sul vino penetrandoli, come la luce penetra il vetro e lo attraversa coi suoi raggi. Nello stesso tempo, essa alzò le sacre specie verso il cielo, per riportarle subi­to sul corporale. Nonostante che in apparenza non fosse cam­biato nulla, da allora non si vide altro che della vera Carne e del vero Sangue. Considerando questo spettacolo, mi apparvero come in uno specchio, l'incarnazione, la nascita, la passione e la morte di nostro Signore Gesù Cristo, esattamente come si erano compiute sulla terra". Ad ogni Messa si rinnova la meraviglia di cui, per grazia speciale, la santa fu testimone, benché ai nostri occhi resti invisibile.

Due belle immagini di questo mistero ce le aveva già offerte l'Antico Testamento. La prima è il sacrificio di Aronne: "La gloria del Signore - dice l'autore del Levitico - apparve a tutto il popolo e il fuoco scese per consumare l'olocausto che riposava sull'altare. A tale vista il popolo cadde col viso a terra e lodò il Signore. Alla consacrazione del tempio successe un fatto simile: "quando Salomone terminò la sua preghiera, il fuoco del cielo bruciò le vittime e la Maestà divina riempì il sacro recinto. Tutti i figli d'Israele videro il fuoco discendere dal cielo e nel tempio contemplarono la Maestà di Dio. Caddero con la faccia per ter­ra e lodarono il Signore". Meravigliose figure, queste, del santo Sacrificio della Messa, nel quale il fuoco dello Spirito Santo vie­ne dal cielo a bruciare il pane e il vino, cambiandoli nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo. Benché i nostri sguardi impuri non contemplino questo fuoco, esso non è meno reale e più d'una volta è stato visto quaggiù dagli occhi degli uomini.

Documentazione di fatti

Lo storico Simeone, il Metafraste, riporta il seguente fatto nella vita di san Clemente papa e martire. Questo santo pontefice era stato mandato in esilio nell'isola di Rodi. Il vesco­vo del luogo lo pregò, al suo arrivo, di dire la Messa e il papa acconsentì. Appena pronunciate le parole della Consacrazione, il pane apparve cambiato in carbone ardente. Innumerevoli schie­re di angeli discesero dal cielo e portarono in aria la santa Ostia con vive testimonianze di amore e di gioia. I presenti, incapaci di sopportare questo ammirabile splendore, si prostrarono umil­mente e restarono così fino alla Comunione, quando il SS. Sa­cramento, ripresa la forma ordinaria, fu consumato da san Cle­mente. Il Baronio racconta che quando sant'Ignazio, patriarca di Costantinopoli, diceva la Messa, il pane consacrato talvolta sembrava trasformarsi in un carbone ardente dal celeste splen­dore.

Questi racconti ci rivelano, sotto una forma che ne dà un'impressione viva, la parte che lo Spirito Santo ha nella Con­sacrazione. Infatti il fuoco ci richiama alla mente la Persona di­vina che si manifestò, sotto l'apparenza di questo elemento, nel giorno della Pentecoste: emblema dell'amore eterno che unisce il Figlio al Padre.

San Giuseppe da Copertino, nel momento della Con­sacrazione, provava una tale angoscia che poteva appena arti­colare le parole sacramentali, ma passato quel momento il suo turbamento si dissipava e parlava normalmente. Un giorno il superiore del convento gli domandò come mai provasse tanta difficoltà a pronunciare quella formula. Il santo gli rispose: "Sulle mie labbra queste venerabili parole sono come carboni accesi e pronunciandole mi accade ciò che succederebbe ad una perso­na che avendo preso un alimento che scotta non può inghiottir­lo se non dopo averlo rigirato più volte in bocca".

La verità è che la formula della Consacrazione contie­ne in se stessa il fuoco del Cielo: essa opera con tutta la divina potenza, e per la sua efficacia il Creatore si incarna nuovamente fra le mani della creatura.

Se è stato potente il Fiat che trasse dal nulla il sole, molto più potente è la parola che dà al Creatore stesso un nuovo modo d'esistere.

Per stabilire ancora più chiaramente la parte che lo Spirito Santo ha nell'atto della transustanziazione, riporterò un secondo racconto del Baronio. Nell'anno 536, a Formello, poco distante da Roma, c'era un vescovo che adempiva con molto zelo al suo ministero e soprattutto era solito dire la Messa con molta pietà. Tuttavia fu denunciato al papa Agapito sotto l'ac­cusa di mangiare nei vasi sacri. Il pontefice ne fu turbato viva­mente e inviò a Formello due ecclesiastici col mandato di cattu­rare l'accusato e di condurlo a Roma, per metterlo in prigione.

All'alba del terzo giorno che era domenica, un misterio­so personaggio apparve in sogno al papa e gli disse: "Oggi né tu né altri, all'infuori del vescovo che hai imprigionato, deve dire la Messa". Agapito si svegliò, rifletté sulla visione avuta e si doman­dò se un uomo accusato d'un tale delitto potesse salire all'altare. Riaddormentatosi, sentì di nuovo la stessa voce: "Ti ho detto che soltanto il prigioniero deve celebrare". Il papa esitava ancora e la voce rinnovò, una terza volta, l'ordine. A quest'ultima intimazio­ne il papa spaventato fece venire il vescovo di Formello e gli do­mandò: "qual è la vita che hai condotto fin qui?". "Sono un pec­catore". "Non hai dunque mangiato nei vasi sacri?". "Sono un peccatore". Siccome non riusciva a strappare dalle sue labbra al­tra confessione, Agapito decise che nello stesso giorno celebrasse in sua presenza. L'umile prelato si schermi, ma dovette inchinarsi davanti alla formale volontà di Agapito, che insisteva: "Sì, oggi canterai la Messa". Il vescovo di Formello salì all'altare circonda­to da numeroso clero e cominciò il Sacrificio. Arrivato al primo segno di croce che si fa sul pane e sul calice, disse, secondo la prescrizione del messale: "Vieni, santificatore onnipotente, Dio eterno e benedici questo Sacrificio preparato in onore del tuo nome". Ripeté tre volte questa preghiera,come se non riuscisse ad andare oltre e questo dispiacque ai presenti. Allora Agapito gli domandò la causa della sua esitazione. Il vescovo rispose: "Perdo­natemi, ma ripeto questa preghiera perché ancora non vedo lo Spirito Santo discendere sul Sacrificio. Intanto, prego Vostra San­tità di ordinare al diacono che mi sta vicino di ritirarsi, perché io non oso mandarlo via". Il papa acconsentì al suo desiderio e subi­to vide, come lo vedeva il celebrante stesso, discendere lo Spirito Santo. E’ inutile aggiungere che Agapito riconobbe l'innocenza del santo vescovo. Ad ogni Messa, quando il sacerdote pronuncia la preghiera che abbiamo citato, si riproduce la meraviglia della quale fu testimone, con i suoi occhi corporali, il vescovo di Formello. Lo Spirito Santo non opera soltanto la transustanziazione, ma benedice il Sacrificio. "Il Sacrificio incruento è così santo e vene­rabile - dice padre Mansi - che lo Spirito Santo si unisce agli angeli per benediflo". Quanto è grande, dunque, la santità della Messa! Quanto è grande il prezzo di questo pane celeste, opera di una Persona divina, preparata al fuoco della carità sustanziale!

Lo Spirito Santo prega per noi nel S. Sacrificio della Messa

Nuovo mistero! Lo Spirito Santo fa ben di più che pre­parare la materia eucaristica che deve diventare il nutrimento delle anime, poiché ha di mira particolarmente il Sacrificio, quell'opera sublime che Egli ordina a vantaggio dei nostri inte­ressi temporali ed eterni. "Lo Spirito Santo viene in aiuto della nostra debolezza, - dice san Paolo - perché da noi stessi non sappiamo domandare nulla come si deve. Lo Spirito stesso, con ineffabili gemiti, domanda per noi; lo scrutatore dei cuori sa ciò che lo Spirito desidera, poiché questi secondo Dio intercede per i santi". Certamente una persona divina non può pregare le altre, non essendoci nella SS. Trinità né superiorità, né inferio­rità, ma essendo la Giustizia attribuita più specialmente al Pa­dre, la Sapienza al Figlio e la Misericordia allo Spirito Santo, si dice che questi prega il Padre di risparmiare i peccatori e di salvarli. Tale è il pensiero di san Paolo. Ma lo Spirito Santo quan­do pregherà per noi? Benché non cessi mai, è certo che lo fa soprattutto nella santa Messa. "Nel tempo della santa Messa - dice san Giovanni Crisostomo - non siamo soli a domandare: gli angeli piegano le ginocchia, gli arcangeli uniscono le loro voci alle nostre, testimoniando così che il Sacrificio è per loro, come per noi, l'ora della preghiera.

E perciò, al momento in cui le piaghe o il sangue del Salvatore invocano il perdono sulle nostre teste, lo Spirito San­to, dal canto suo, si sforza in maniera particolare di vincere la divina giustizia. Quanto è grande la bontà di questo misericor­dioso Spirito che, con gemiti ed insistenti suppliche, si adopera per salvarci! Affidatevi con amore ad un amico così fedele, ma poiché lo Spirito Santo prega per noi soprattutto nella santa Messa, ascoltatela qualche volta in azione di grazie per i suoi benefici e per onorarlo personalmente.

CAPITOLO DICIOTTESIMO

LA S. MESSA È LA GIOIA DELLA CORTE CELESTE


La regina Ester non provò mai tanta gioia come quan­do fu scelta da Assuero, fra tutte le giovani del suo vasto impero, per farla sedere sul suo trono. E così la più grande gioia della Madre di Dio sembra essere stata quella di essere chiamata dal suo Figliolo alla celeste gloria, innalzata al disopra di tutti i cori degli angeli e coronata regina del Cielo e della terra. Noi non possiamo farci un'idea della purezza e dell'elevatezza di una tale felicità, perché in questa vita terrestre siamo estranei ai senti­ménti puramente soprannaturali e non riusciamo a concepirli.

La S. Messa é la più dolce gioia della Madonna e dei Santi

Come provare il senso della mia frase: la santa Messa è la più dolce gioia di Maria e dei santi? Ve lo spiegherò attraverso le parole del beato Alano, che lo aveva appreso grazie ad una rivelazione. Gli fu detto: "Nella stessa maniera che la divina Sapienza ha scelto una vergine fra tutte, dalla quale doveva na­scere il Salvatore del mondo, ugualmente il Salvatore ha istitui­to il sacerdozio per distribuire al mondo, in qualsiasi momento, i tesori della Redenzione, attraverso il santo Sacrificio della Messa e per mezzo dei sacramenti. Ecco la più grande gioia della Ma­dre di Dio, la delizia dei beati, il più sicuro soccorso dei vivi e la migliore consolazione delle anime del purgatorio".

La Madre di Dio, come tutti i santi, gioisce per una doppia beatitudine: la beatitudine essenziale e la beatitudine accidentale.

La prima consiste nella visione e nel possesso di Dio, secondo il grado di gloria nel quale essi sono stati fissati nel momento della loro entrata in cielo. Questa beatitudine essen­ziale non può né diminuire né aumentare.

La beatitudine accidentale consiste negli onori parti­colari che Dio, gli altri santi o gli uomini rendono ai beati. Noi possiamo credere, per esempio, che quando noi celebriamo la loro festa sulla terra, essi ricevono degli onori particolari in cielo e che tutte le nostre preghiere e le buone opere compiute in loro onore sono a loro presentate dai nostri angeli come un mazzo di fiori dal profumo delizioso.

Le Rive1azioni di santa Geltrude confermano questa credenza e il Vangelo la indica chiaramente attraverso queste parole di nostro Signore: "Vi dico, in verità, c'è una grande gioia nel cielo quando un peccatore fa penitenza". questa gio­ia, per il Buon Pastore, per gli angeli e per i santi, si rinnova ad ogni ritorno di una pecorella smarrita, ma cessa quando il pec­catore lascia di nuovo l'ovile per una ricaduta nel peccato. Questo breve chiarimento vi farà comprendere perché la san­ta Messa è la più grande gioia di Maria: è la sua più grande gioia accidentale che sorpassa tutte le altre felicità di quest'or­dine.

Se in onore della Regina del Cielo voi recitate il rosa­rio, l'ufficio, le litanie o cantate degl'inni, mentre un altro sente piamente la santa Messa, quest'ultimo avrà compiuto un atto di religione molto superiore e in più avrà causato un piacere infini­tamente più grande alla santa Vergine, rinnovando sotto i suoi occhi la presenza del suo dolcissimo Figlio.

Quello che rende ancora la santa Messa molto cara alla santa Vergine è il suo zelo per la gloria di Dio, che la Maestà divina fa soprattutto consistere nella salvezza delle anime. At­traverso il santo Sacrificio dell'altare noi rendiamo all'augusta Trinità il solo omaggio degno di essa e glielo offriamo nello stes­so tempo al prezzo della Redenzione del genere umano. Ancora una volta quale piacere così gradevole, così soave, così perfetto per Maria di vederci attorno all'Altare dove il suo figlio amatissimo è adorato, dove noi piangiamo i nostri peccati, dove noi contempliamo la dolorosa passione e dove il Preziosissimo Sangue è sparso sulle nostre anime.

Da tutto questo comprendete facilmente con quale be­nevolenza la santa Vergine accoglie la preghiera dei cristiani de­voti al santo Sacrificio della Messa. Ciò è confermato da un rac­conto del Baronio. Nel 998, Roberto, re di Francia, assediava il castello di St. Germain. Gli assediati si difendevano eroicamente e l'armata del re non riusciva a penetrare nel castello. Al sesto giorno, Roberto esasperato comandò l'assalto, ma c'era molto da temere. Spaventati, gli assediati si rivolsero al beato Gisleberto, monaco dell'ordine di san Benedetto, che li esortò a confidare in Maria. Egli stesso celebrò la santa Messa in onore della beata Vergine e le truppe vi assistettero con grande devozione. Mentre tutti erano in preghiera, una nebbia fitta avvolse la fortezza ed i suoi dintorni. L'attacco diventava impossibile, mentre dall'alto delle torri, la guarnigione seguiva tutti i movimenti degli assalitori e infliggeva loro delle notevoli perdite. Roberto, vedendo la sua ar­mata così indebolita, levò l'assedio e si allontanò rapidamente. Senza dubbio, Maria non risponde sempre con dei miracoli eclatanti alle nostre grida di disperazione, ma giammai la invo­chiamo invano e siccome Lei è, per la sua dignità di Madre di Dio, incomparabilmente più vicina all'adorabile Trinità degli al­tri santi, la sua intercessione è più potente della loro.

Maria ha del resto rivelato l'efficacia della sua preghie­ra al beato Alano. Ecco che cosa dice il santo religioso:

1) Tutto ciò che Maria domanda a Dio le è accordato.

2) Dio ha deciso di essere misericordioso verso tutti quelli per i quali Lei prega.

3) La sua intercessione ha una grande influenza sul destino degli uominì.

4) Lei ama i peccatori più di quanto un uomo ne possa amare un altro.

5) Lei desidera talmente la loro salvezza che sarebbe pronta, se Dio lo permettesse, a dare soddisfazione per ciascuno di essi per mezzo di tutte le pene possibili.

6) Il minimo atto, fatto in suo onore, vale più del culto di tutti gli altri santi.

7) Una sola “Ave Maria” recitata piamente è accolta da Lei come un dono molto prezioso.

8) Come il cielo intero vince in splendore una stella, così la misericordia di Maria sorpassa quella degli altri santi.

9) Come il sole è più utile alla terra di tutti gli altri astri, così l'intercessione di Maria è più efficace di quella degli altri santi.

10) L'omaggio che rendiamo a Maria rende felici tut­ti i santi.

11) L'omaggio che si rende ai santi è simile all'argento, quello che rendiamo a Maria è come l'oro, quello reso a Gesù Cristo è paragonabile alle pietre preziose, mentre quello che ren­diamo alla SS. Trinità brilla come le stelle del cielo.

12) Maria libera ogni giorno qualche anima dal purgatorio.

Questi dodici privilegi sono come la corona delle dodi­ci stelle che san Giovanni ha intravisto sulla testa di Maria. Chiun­que la contempla con attenzione si sente irresistibilmente attrat­to verso il culto della Madonna. In effetti, chi non la saluterebbe con la gioia di un'Ave Maria sapendo che questa breve preghie­ra le è infinitamente preziosa? Chi non si costituirebbe suo ser­vo poiché il servizio che a Lei si rende sorpassa tutti quelli che si possono rendere ai santi? Mettete quindi tutto il vostro zelo per rallegrare ed onorare la santissima Vergine, soprattutto per mezzo dell'assistenza alla santa Messa. Ricordatevi che ad ogni Messa, Gesù rinnova la sua nascita, in modo che la dignità materna di Maria rifulga di un nuovo splendore.

Resta ancora da esporre quale vantaggio è la santa Messa per i santi.

Noi rendiamo omaggi ai santi, essi sono gli amici di Dio che è il primo ad onorarli: "Essi seguono il Cristo con dei vestiti bianchi, perché ne sono degni", ed è di essi che nostro Signore dice: "Chi vi glorifica, mi glorifica". Durante la loro vita essi sono fuggiti dagli onori e si sono loro stessi mortificati; hanno sofferto pazientemente le umiliazioni, gli insulti, le per­secuzioni dei cattivi. Per questo Dio fa splendere la loro inno­cenza e la loro virtù e vuole che essi siano riveriti da tutta la cristianità.

La storia di Mardocheo ne è l'esempio. Il pio servitore di Dio fu crudelmente perseguitato dall'orgoglioso Aman, ma l'Altissimo si prese gioco delle intenzioni perverse del favorito di Assuero e glorificò Mardocheo davanti a tutto il popolo. Quan­do il re domandò ad Aman: "Che cosa si deve fare per onorare colui che il re desidera colmare d'onore?", Aman pensando che si trattasse di lui rispose: "Bisogna che l'uomo che il re vuole onorare sia vestito con abiti regali, che monti lo stesso cavallo che il re ha l'abitudine di montare, che abbia il diadema regale sulla sua testa e che il primo dei principi e dei grandi della corte tenga il suo cavallo e marciando per le vie della città gridi che è così che deve essere onorato colui che il re vuole onorare". Il re gli rispose: "Sbrigatevi, prendete un vestito e un cavallo e tratta­te come avete detto il giudeo Mardocheo che è davanti alla por­ta del palazzo. Fate attenzione di non dimenticare nulla di tutto quello che dovete dire". Se questo re pagano ha così esaltato il servizio di un uomo, quale gloria Dio riserverà ai suoi fedeli servitori? Di quale magnificenza non li circonderà nel giorno del loro beato ingresso nel cielo, nel giorno nel quale la Chiesa celebra la loro festa sulla terra? Sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, la Chiesa esprime la sua ammirazione per i suoi figli vit­toriosi, attraverso gli offici propri del breviario, dei canti, delle preghiere, delle prediche, delle processioni, dei pellegrinaggi, ma principalmente attraverso il santo Sacrificio della Messa. "Così sarà onorato colui che piacerà al re del cielo di onorare". In verità, l'onore più eccellente, lo si rende ai santi attraverso il Sacrificio dell'altare, se vi si assiste o se lo si fa celebrare con l'intenzione di aumentare la loro felicità accidentale. Per onora­re un principe si dà spesso qualche rappresentazione teatrale ed egli ne prova piacere anche se nell'opera non si parla di lui. Allo stesso modo, quantunque la Messa non rappresenti che la vita e la passione del Signore, i santi provano una grande gioia e delle singolari delizie, quando questo spettacolo ha luogo in loro ono­re e il cielo intero ne è rallegrato.

Quando il sacerdote pronuncia il loro nome, il loro cuore si commuove, poiché rimarca san Crisostomo: "Volendo il popolo esaltare le prodezze del re che ha riportato la vittoria, loderà anche i compagni d'armi dell'eroe che hanno validamente respinto il nemico. Nello stesso tempo è un grande onore per i santi essere nominati alla presenza del loro Signore, di cui si celebra trionfalmente la passione e la morte e di ascoltare le lodi delle imprese che essi hanno compiuto contro il demonio". Molina scrive sullo stesso soggetto: "Non potrebbe essere cosa più gradita ai santi dell'offerta del santo Sacrificio, a loro nome, alla SS. Trinità, per esprimere la riconoscenza per le grazie che essi hanno ricevuto e in ricordo dei meriti che hanno acquista­to". Santa Geltrude osservava questa pratica e la insegnava alle sue religiose e per questo nostro Signore le accordava spesso di constatarne l'efficacia. Nelle Rivelazioni si legge: "Il giorno di san Michele durante la Messa, ella offrì a Dio Padre il sacra­mento del Corpo e del Sangue del Salvatore, invocando i principi del cielo e rallegrandosi della loro gloria e della loro beatitudine eterna. Nostro Signore, attirando a sé in maniera ineffabile il SS. Sacramento, provocò nei cori angelici delle gioie così ab­bondanti e così piene che essi ne facevano la loro sola beatitudi­ne. Allora tutti gli angeli piegarono le ginocchia, in maniera molto rispettosa, davanti a santa Geltrude, per testimoniarle quanto stimassero il beneficio che ella aveva loro procurato e per rassi­curaila che avrebbero messo tutto l'impegno possibile per cu­stodiria e conservaila e per renderla degna di apparire davanti al suo Sposo con tutti gli ornamenti che egli ama".

Notate che santa Geltrude offre il santo Sacramento, non a san Michele o ad altri angeli, ma a Dio Padre e voi non troverete scritto in nessuna parte di questo libro che il santo Sa­crificio possa essere offerto a Maria, agli angeli o ai beati. E’ spesso offerto in onore della SS. Trinità e il nome dei santi viene solamente menzionato, poiché, dice sant'Agostino: "Noi non innalziamo altari ai martiri, ma offriamo il sacrificio in loro memoria . quale sacerdote ha mai detto all'altare dove riposa­no le reliquie dei santi: "Noi vi offriamo il sacrificio, o san Pietro o san Paolo o san Cipriano?". Il Concilio di Trento si serve qua­si degli stessi termini: "quantunque la Chiesa abbia la consue­tudine di celebrare la Messa in onore dei santi, essa non intende offrirla a loro, ma a Dio che li ha incoronati". Così il sacerdote non dice: "Io vi offro questo sacrificio o san Pietro o san Paolo", ma ringraziando Dio della vittoria accordata a tali santi, egli domanda a quelli di cui celebriamo la festa sulla terra, di inter­cedere per noi in cielo. La Chiesa continua: "Se qualcuno dice che è illecito celebrare la Messa in onore dei santi per ottenere la loro intercessione presso Dio, sia anatema".

Usate dunque il vostro sbalorditivo potere per aumen­tare la bontà accidentale degli eletti, offrendo il santo Sacrificio, in loro onore, alla SS. Trinità e all'elevazione dite a Dio: "Vi offro il Vostro caro Figlio, per la più grande gloria e per la più grande gioia del beato N.". Prima di andare in chiesa, abbiate cura di consultare il calendario, senza mai dimenticare il vostro santo patrono, e nell'ora della morte, benedirete il giorno in cui avete abbracciato questa salutare pratica.

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