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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 17:03

CAPITOLO DICIANNOVESIMO

LA S. MESSA È’ IL PIÙ GRAN BENE DEI FEDELI

TESTIMONIANZE DEI SANTI PADRI


Il materiale a disposizione su questo argomento è va­stissimo, quindi mi limiterò alla citazione di alcune affermazio­ni di autori spirituali e dei santi Padri che abbondantemente hanno scritto su questo soggetto, poiché sarebbe impossibile rias­sumerle tutte.

San Lorenzo Giustiniani dice: "Nessuna lingua umana potrebbe elencare i favori dei quali è sorgente il santo Sacrifi­cio". Poi aggiunge: "Con l'offerta della Messa il peccatore sì riconcilia con Dio, il giusto diviene più giusto, le colpe sono can­cellate, i vizi annientati, le virtù e i meriti aumentati, le astuzie del demonio sono confuse".

Il p. Molina, certosino spagnolo, ci ha lasciato sulla Messa scritti capaci di accendere in tutti i cuori il più ardente amore per questo augusto Sacrificio. "Niente - egli scrive – è così necessario all'uomo pellegrino, né così utile alle anime del purgatorio come la santa Messa. La sua eccellenza è tale che tutte le buone opere e tutte le più grandi virtù, paragonate ad essa, non hanno quasi alcun valore". Questa dottrina confonde l'intelligenza. Come si può ammettere che tutte le buone opere del mondo, compiute con vera devozione, ferma attenzione, profonda umiltà e irreprensibile purezza d'intenzione, restino al di sotto di una sola Messa? Ma cesserà la vostra meraviglia se riflettete sulle verità esposte nel capitolo precedente. D'altra parte, ecco le testimonianze dei Dottori. "Colui - scrive il Fornero - che non avendo peccati mortali sulla coscienza, assiste devotamente alla Messa, acquista più meriti che se, per amor di Dio, compisse le opere più penose, perché traendo gli atti di religione il proprio valore e la propria dignità dal loro oggetto, non può esservene più nobile, più prezioso di questo augusto Sacrificio. Tutti quelli, dunque, che cercano il loro profitto spirituale non hanno niente di meglio da fare che offrire al Signore quest'ope­ra incomparabile". In altri termini: per una sola Messa ascolta­ta in stato di grazia, otteniamo da Dio più che se compissimo, per amor suo, i più lontani e penosi pellegrinaggi, nonché gli atti più eroici. Chi non cercherà di acquistare così grandi meriti e di procurare all'Onnipotente un tale onore? A parer mio un uomo che, per recarsi ad un lontano santuario, lasciasse la Mes­sa, agirebbe inconsideratamente, non potendo, i meriti del viag­gio, compensare quelli perduti con tale omissione.

Utilità del S. Sacrificio

Anche Marchant ha parlato dell'utilità del santo Sacri­ficio: "La Chiesa cattolica - dice - non può fare niente che sia migliore, più santo, più degno di Dio, più gradito a Gesù, a Maria, agli angeli, ai santi, più profittevole ai giusti ed ai peccatori e più salutare alle anime del purgatorio, che offrire la santa Messa". Come potete capire da queste parole, i Dottori non esitano nel definire la grandezza della Messa. Ma ascoltate ancora. Nel Prefazio della Messa, la Chiesa, volendo dare ai sacerdoti un'al­ta idea di questo olocausto, li assicura che, per una sola oblazione, si rende a Dio onnipotente un omaggio molto più grande che acquistando ogni genere di meriti e sopportando ogni sofferen­za. Parole ammirabili che esprimono perfettamente l'infinito valore del santo Sacrificio! Ma forse vi stupisce questo insegna­mento, o cristiani, e pensate che sia necessaria una spiegazione che soddisfi il vostro spirito. Volete dunque sapere perché la santa Messa è al di sopra degli atti più eroici e anche del martirio? Perché il Salvatore, sull'altare, esercita tutte le virtù e offre al Padre suo la totalità dei suoi meriti; perché l'espressione di lode, di amore, di adorazione, di riconoscenza che deriva da questo Sacrificio sorpassa infinitamente tutte le opere degli angeli e dei santi a tal punto che se qualcuno presentasse alla SS. Trinità tutte le penitenze, tutte le preghiere, tutte le virtù degli apostoli, dei martiri, dei confessori, delle vergini e di tutti i beati, vedreb­be la sua offerta meno gradita di quella di una sola Messa cele­brata dal più umile dei sacerdoti.

Come ultima prova aggiungo la testimonianza della Chiesa formulata nel Concilio di Trento il 17 settembre 1562: "Dobbiamo necessariamente confessare che i cristiani non pos­sono compiere un'opera così santa, così divina, quanto questo tremendo mistero, in cui il sacerdote ogni giorno immola sul­l'altare quella vittima vivificante che ci riconcilia con Dio Pa­dre".

Se non avessimo altre autorevoli testimonianze, questa dovrebbe bastare per indurci ad ascoltare quotidianamente la santa Messa. Meditate, o cristiani, l'insegnamento della Chiesa, ma non pensate che essa voglia insinuarvi nella mente di trascu­rare ogni altra opera buona.

Essa vuole insegnarci che i sacerdoti non possono fare niente di più divino che dire la Messa e i fedeli non possono fare niente di più santo che ascoltarla, servirla, recitarne le preghie­re, farla celebrare, offrirla in unione con il sacerdote.

Aprite dunque gli occhi e le orecchie, o fedeli, ma apri­te soprattutto il cuore e ascoltate la dottrina della madre vostra, la Chiesa.

Il S. Sacrificio della Messa supera tutte le nostre opere meritorie

Per la maggior gloria di Dio e dei santi potete compie­re innumerevoli ed eccellenti azioni, ma non potete offrire loro niente di più gradito del santo Sacrificio. Potete compiere molte opere buone, ma non potete fare niente di così salutare, di così utile come l'assistere devotamente alla santa Messa. Come il sole splende più di tutte le stelle e, da solo, benefica la terra più di tutti gli astri, così l'ascoltare con devozione la Messa supera tut­te le altre opere meritorie della giornata.

Come un piccolo frammento d'oro è più pregevole di un grosso pezzo di piombo, così la pia assistenza alla Messa, vale infinitamente più di tutte le preghiere e di tutte le opere di penitenza. Che penseremo, allora, della nostra negligenza, del­le nostre omissioni, dei frivoli pretesti che ci servono di scusa per non assistere alla Messa? San Francesco di Sales teneva in così alta considerazione l'udire la Messa che la preferiva anche alla meditazione, esercizio che tutti i maestri di spirito mettono al di sopra delle altre preghiere.

A santa Giovanna Francesca Fremiot di Chantal, sua figlia spirituale, mandata a fondare un convento, scriveva così:

"Mia cara figlia, vi prego prima di tutto di erigere una cappella, affinché ogni giorno possiate ascoltare la Messa, ma se non po­tete farlo, non mancate mai di recarvi, con modestia, alla chiesa più vicina, per assistere a questo divin Sacrificio: l'anima, du­rante il giorno, è molto confortata se la mattina è stata accanto al suo Salvatore, realmente presente nei santi Misteri". La san­ta domandò al suo padre spirituale: "Durante la settimana, devo sacrificare l'orazione mentale per ascoltare la Messa, o trala­sciare la Messa per darmi all'orazione?". Il santo rispose: "Vi è molto più utile assistere ogni giorno al santo Sacrificio che omet­terlo per restare in casa a pregare. La presenza corporale del­l'umanità del Salvatore non può essere sostituita dalla sua pre­senza spirituale e perciò la Chiesa incoraggia i fedeli ad ascolta­re ogni giorno la Messa".

Come il santo Vescovo di Ginevra, il Fornero preferi­sce la Messa all'orazione anche quando questa ha per oggetto la vita e la passione di Gesù Cristo: "La preghiera del cristiano che ascolta devotamente la Messa, supera - dice - le preghiere più lunghe e anche la contemplazione celeste. Causa di questa su­premazia sono i meriti della passione di nostro Signore Gesù Cristo, sorgente di innumerevoli grazie, veri torrenti di beni so­prannaturali.

Se vi piace meditare la vita e la passione di Gesù Cristo scegliete, per fare questo, il tempo della santa Messa, in cui ave­te davanti agli occhi questi augusti misteri. Vi piace immaginar­vi Gesù sulla terra e intrattenervi con lui? Pensate che sull'altare è realmente presente nella sua divinità e nella sua umanità. La vista del sacerdote non può certamente nuocere al vostro racco­glimento, perché il seguire i suoi atti e stare attenti al significato delle cerimonie che compie, anziché una distrazione è piuttosto un'applicazione dello spirito".

Episodio che dimostra quale fonte di bene sia per l'ani­ma il S. Sacrificio

Come conclusione di questo capitolo, riporterò un fat­to che racconta Luca Pinelli. Un povero operaio aveva una par­ticolare devozione alla santa Messa e quando poteva, non man­cava mai di assistervi. Un giorno si alzò di buon mattino, per recarsi sulla piazza del mercato, dove, secondo l'uso del tempo, gli operai aspettavano qualcuno che venisse ad offrirgli un lavo­ro. Mentre aspettava, sentì suonare le campane della chiesa e allora egli lasciò i suoi compagni e andò immediatamente in chiesa per assistere al santo Sacrificio con vero fervore e, dopo la celebrazione, restò ancora qualche momento in chiesa, do­mandando a Dio di accordargli il nutrimento quotidiano. Al suo ritorno in piazza tutti gli operai erano partiti per il lavoro. Dopo aver aspettato a lungo si incamminò verso casa, ma poco dopo incontrò un ricco signore che, saputa la causa del suo di­spiacere, gli disse: "Invece di desolarti, vai ad ascoltare un'altra Messa secondo la mia intenzione ed io ti pagherò la giornata". L'operaio ritornò in chiesa, ascoltò tutte le Messe che vi si cele­bravano e poi si recò a casa del signore che gli offrì un buon pasto e una moneta d'argento. Ben rifocillato e ben pagato, rin­graziò con effusione e, questa volta tutto giulivo, riprese la stra­da di casa. Ad un tratto gli si presentò davanti un viaggiatore dall'aspetto nobile e simpatico e gli domandò il motivo della sua gaiezza. L'operaio raccontò la sua storia, lodando molto la ge­nerosità del benefattore, ma il suo interlocutore non fu dello stesso parere. "questo ricco - disse - ti ha dato poco per tante Messe; vai ad avvertirlo che se non fa di più per te se ne pentirà".

L'operaio ubbidì e riferì fedelmente al suo benefattore la conversazione avuta con lo sconosciuto del quale gli descrisse l'affabilità e l'aria imponente. Il signore, immaginando che lo sconosciuto fosse un santo, diede cinque scudi al povero uomo e gli raccomandò di pregare per lui. Il buon operaio, appena usci­to, incontrò di nuovo il misterioso personaggio che gli doman­dò: "quanto hai ricevuto?". L'operaio elogiò di nuovo la gene­rosità del ricco signore e mostrò l'offerta ricevuta.

"Ritorna da quel signore e digli che se non ti dà cento scudi, domani non sarà più in vita". Al brav'uomo ripugnava tornare a chiedere altri denari, ma fu tale e tanta l'insistenza di quel forestiero che alla fine obbedì. Il ricco che era un gran pec­catore e non si era mai confessato si impaurì tanto nel sentire una tale predizione che preferì dare cento scudi, anziché esporsi ad una morte così vicina.

La notte seguente Gesù Cristo gli apparve in sogno e gli disse: "Sono stato io che ho fatto ritornare per due volte da te quell'operaio. L'ho fatto perché il demonio domandava vendet­ta alla mia severa giustizia contro di te, per certi peccati gravi che non hai mai confessato e che gli davano potere sull'anima tua. Fortunatamente per te, quest'uomo ha ascoltato la Messa secondo la tua intenzione, con tal fervore che ho sospeso la sen­tenza per lasciarti il tempo di pentirti. Confessa i tuoi delitti, migliora la tua vita e sii generoso verso colui che ti ha salvato con le sue preghiere". Il ricco signore obbedì e da allora assistet­te assiduamente alla santa Messa, Sacrificio augusto, che gli fu più utile di tutte le sue ricchezze, perché esso riscattò dalla morte il corpo e l’anima.

Sorge spontanea una domanda: dunque si può stabili­re un prezzo per la celebrazione della Messa? No, sarebbe rin­novare l'azione di Giuda che vendette il suo Salvatore. Allora, perché i sacerdoti accettano il denaro? Lo possono accettare perché san Paolo ha detto: "Chi serve l'altare deve vivere del­l'altare". I sacerdoti ricevono gli onorari come ricompensa del­la loro fatica, non come prezzo del Sacrificio, cosa che costitui­rebbe peccato di simonia. Per esempio: una povera donna dice ad una pia signora: "Oggi ho ascoltato la Messa e me ne sono applicati i frutti, ma se mi fate l'elemosina ve li lascio". Questa povera agirebbe malissimo, perché cercherebbe di cambiare le cose spirituali con un bene temporale, cambio d'altra parte im­possibile, essendo i meriti della Messa applicati nel momento che si celebra, sia ai presenti, sia a quelli per i quali è stata detta. Se voi non l'ascoltate né per voi né per il prossimo, il merito è versato nel tesoro della Chiesa, del quale nessuno di noi possie­de la chiave. Potete disporre prima dei frutti del santo Sacrificio, designando la persona per la quale lo fate celebrare o l'intenzio­ne per cui vi assistete. Per esempio: un mendicante dice ad un ricco: "Datemi un pezzo di pane ed io ascolterò la Messa per voi". Questo linguaggio è irreprensibile, come insegna padre Gobat, volendo significare questo: voglio privarmi, a vostro pro­fitto, della mia ricompensa. In questa specie di contratto chi ri­nuncia ai benefici della Messa cede infinitamente più di quel che guadagna, per quanto magnifica possa essere la retribuzio­ne che ne ottiene, poiché ascoltando la Messa ha diritto, ex opere operato, in virtù dell'efficacia propria del Sacrificio, ad una parte dei meriti di Gesù Cristo. Se, in cambio di qualche centesimo, vi si lascia questo ricco tesoro, fate un cambio tale che non potre­ste concluderne uno più vantaggioso.

CAPITOLO VENTESIMO

LA SANTA MESSA È IL MEZZO PIÙ SICURO PER AUMENTARE IN NOI LA GRAZIA DIVINA E LA GLORIA CELESTE


Nella città dove si usa fare il mercato, si mette in vendi­ta una grande quantità di oggetti. Anche la Chiesa e il Cielo hanno il loro mercato per vendere la grazia divina e la gloria celeste. Ma queste sono cose rare e preziose e quindi dove pos­siamo noi trovare il denaro sufficiente per comperarle? State tranquilli, si possono acquistare senza denaro contante.

Il profeta Isaia ci invita a prendere parte a questo mer­cato, quando dice: "Voi, che non avete denaro, affrettatevi, comperate e mangiate, venite, comperate senza denaro e senz'altra permuta". Anche il salmista dice che queste celesti mercanzie si danno gratuitamente: "Il Signore donerà la gloria e la grazia". E’ vero che le dona spesso, ma raramente le dispen­sa con tale abbondanza come nella santa Messa. Per compren­dere questo è necessario, prima, spiegare che cos'è la grazia san­tificante. La grazia santificante è un dono soprannaturale che rende l'uomo gradito a Dio e degno della vita eterna. La grazia si unisce all'anima e resta sempre con essa, se non ne è scacciata dal peccato mortale. Si distinguono due specie di grazie: quella che, riportando l'anima dalla morte alla vita fa del peccatore un giusto e quella che, per le buone opere, fa crescere il giusto nella santità. San Tommaso ci insegna quanto è preziosa la grazia: "La più piccola grazia - dice - vale più di tutto l'oro del mon­do". Verità sorprendente, ma certissima, poiché l'uomo che pos­siede la grazia santificante, anche nel suo grado più basso, è amico del suo Creatore e se muore in questo stato ha diritto alle ricchezze celesti e al possesso di Dio, secondo la celebre promes­sa fatta ad Abramo: "Io sono il tuo protettore e la tua sovrab­bondante ricompensa". Ma poiché tutti i tesori del cielo e della terra si riuniscono in Dio e l'Essere di Dio ha più valore di tutto ciò che è nel cielo e sulla terra, ne consegue che l'uomo in stato di grazia è infinitamente più ricco che se avesse guadagnato l'uni­verso.

La Santa Messa accresce la bellezza di un 'anima in grazia

Aumentiamo questa fortuna incomparabile, non sol­tanto con le buone opere e con quelle eroiche, ma con tutte quelle che hanno un merito soprannaturale, come i buoni pen­sieri, i santi desideri, le giaculatorie, che raddoppiano, centuplicano quaggiù, in noi, la grazia e che dopo la morte ac­cresceranno la nostra beatitudine. Tale è la testimonianza del Salvatore: "Un bicchiere d'acqua dato in nome mio, non reste­rà senza ricompensa". Il che significa che Dio, per quella picco­la carità si comunica di più all'anima, si fa meglio conoscere da lei, perché essa possa perfettamente godere di Lui e amarlo con più ardore. Cerchiamo di approfondire questo argomento. La grazia riveste l'anima di una tale bellezza che al suo confronto lo splendore del sole e delle stelle non resiste e l'incanto dei fiori sparisce. Dirò di più: se vi fosse concesso di contemplare una volta soltanto questo meraviglioso spettacolo, tutte le magnifi­cenze della creazione non varrebbero più niente ai vostri occhi. Questo effetto ammirabile è prodotto dalla natura propria della grazia, a seconda che essa sia più o meno abbondante.

La grazia è il vincolo della carità, se non la carità stes­sa, e per essa Dio e la creatura si amano e diventano confidenti e amici. Quando l'anima santa si lascia accendere dall'amore di Dio, è da Dio stesso talmente riamata ed Egli preferisce la sua compagnia a tutti gli splendori del cielo. E benché sia come feri­to dalla tiepidezza, non può decidersi a ritirarsi dall'anima e malgrado tutte le indelicatezze che gli rendono penosa una tale dimora, vi resta fino alla venuta del peccato mortale. Ma nean­che allora si allontana del tutto e sta davanti alla porta chiusa, bussa dolcemente e chiede di rientrare: "Vedete, sono alla porta e busso e se qualcuno mi apre, entrerò da lui". In virtù di que­st'amicizia Dio comunica all'anima tutti i suoi beni: il fervore, le consolazioni, i buoni desideri e la gioia interna, la protegge e la fortifica, la governa e la dirige e finalmente si unisce strettamen­te a lei, secondo le parole di san Pietro: "Ci ha dato i grandissimi e preziosissimi beni che aveva promesso per farci così partecipi della natura divina". Ah! Noi che stimiamo tanto i doni del mondo, quanto più dovremmo sospirare la grazia che ci arric­chisce infinitamente! L' anima santificata, divenuta figlia di Dio è resa anche infinitamente nobile. Che incomparabile onore per il figlio di un mendicante essere adottato da un re! Ma quale onore mille volte più grande essere adottato dal Re dei re! San Giovanni è come rapito a questo pensiero: "Guardate l'amore che Dio ci ha dimostrato: ci chiama figli suoi e lo siamo in real­tà". E san Paolo conclude: "Se noi siamo i figli di Dio, siamo anche i suoi eredi". Essere eredi di Dio! Che avvenire e nello stesso tempo che gloria incomparabile! Perché se ci è impossibi­le comprendere l'Essere divino ci è altrettanto impossibile misu­rare la dignità alla quale ci eleva l'adoziòne divina. Da questo potete considerare quanto la grazia meriti le nostre aspirazioni ed i nostri sforzi. Abbiamo già detto che ad ogni aspirazione la grazia cresce nell'anima pura o che è stata purificata dal penti­mento e che, quanto migliore è l'opera, tanto più ricco diviene il tesoro. quale valore avrà dunque la santa Messa che è l'opera per eccellenza?

"Non soltanto il sacerdote - dice un teologo - ma quelli che fan dire la Messa o che vi assistono hanno diritto, a titolo di giustizia, de condigno come parla la Scuola, ad un accrescimento di grazia e di gloria e questo vantaggio è assicurato loro ex opere operato, cioè in virtù del santo Sacrificio al quale cooperano". Il primo frutto lo riceve il sacerdote, che se non sempre ottiene tutto ciò che domanda, però è sempre, più o meno, esaudito secondo la vivezza della sua fede, l'ardore della sua devozione e l'esattezza nell'osservanza delle cerimonie.

Quanto più perfette sono queste condizioni, tanto mag­giore è il profitto. Se esse in parte mancano, il merito è minore e sarebbe nullo se il sacerdote, invece di edificare i fedeli, li offen­desse nei loro sentimenti di pietà con una visibile disattenzione, con troppa fretta nel celebrare, oppure con un contegno poco rispettoso, ciò che purtroppo sarebbe segno manifesto della mancanza di buone disposizioni interiori. Dopo il sacerdote ri­cevono un aumento di grazia, purché non siano in stato di pec­cato mortale, coloro che fanno dire la Messa per sé o per altri. I presenti hanno la loro parte, non solamente in ragione della pietà che li ha condotti ai piedi dell'altare, ma anche in ricompensa delle virtù speciali che vi praticano. Essi, al ricordo dei loro pec­cati, eccitano nei loro cuori un nuovo pentimento ogni volta che si battono il petto, esercitano la loro fede considerando nell'Ostia santa Gesù Cristo presente che si offre al Padre per loro, il che è uno degli articoli fondamentali della fede cattolica. E se è stretto obbligo per noi testimoniare a nostro Signore tali sentimenti, non è però meno grande il piacere che prova il divin Salvatore nel riceverne l'omaggio.

A questa sorgente attingerete anche con maggior ab­bondanza se, nel momento dell'elevazione dell'Ostia e del Cali- ce, deposto ogni pensiero terreno, con lo spirito levato al Cielo, offrirete all'eterno Padre il Corpo e il Sangue del suo Figliolo e se all'esercizio della carità riguardo a Dio, unirete l'esercizio della carità riguardo al prossimo, pregando il Signore di applicare i meriti del santo Sacrificio ai vostri fratelli vivi'o morti, soprat­tutto a quelli verso i quali avete obblighi speciali e infine se fare­te la comunione sacramentale, o almeno spirituale, insieme al sacerdote.

Il Concilio di Trento formula la dottrina della Chiesa: "Dobbiamo necessariamente riconoscere che i cristiani non pos­sono compiere opera più santa, né più divina". Aggiungo che tanto più è gradito a Dio il vederci assistere con fervore all'augusto Sacrificio, quanto è maggiore il disprezzo che ne hanno gli ere­tici, dai quali è considerato come un'idolatria. Per quest'atto di riparazione, come attestano i santi Padri, saremo ricompensati con una generosità speciale.

Il Signore ricompensa con doni spirituali le anime che assistono al S. Sacrificio

San Cirillo afferma: "I doni spirituali saranno ricca­mente dispensati a quelli che assistono alla santa Messa con le convenienti disposizioni". San Cipriano dice ancora: "Il pane soprannaturale e il calice consacrato contribuiscono alla salute e alla vita di tutto l'uomo

Il papa Innocenzo III afferma che "per l'efficacia del santo Sacrificio sono aumentate,in noi,tutte le virtù e ci sono largamente dispensati i frutti della grazia". San Massimo non è meno esplicito: "I cristiani non devono trascurare mai la Mes­sa, perché, durante la celebrazione del santo Sacrificio, le grazie dello Spirito Santo sono effuse sui presenti".

"Nella santa Messa - dice il Fornero - in virtù della quale riceviamo veri torrenti di beni celesti, ci sono applicati abbondantemente i meriti della passione". Termino con la te­stimonianza di Osorio: "Se un padre consegna a suo figlio diecimila talenti per farli fruttare, questi, con un po' di zelo, ac­cumula una grossa fortuna. Ora il Padre celeste nella Messa vi dà un immenso capitale, affinché, simile all'evangelico mercan­te di perle, diveniate ricchissimi. Vi dà l'unico Figlio suo, nel quale, unita all'umanità, risiede la pienezza della divinità in cui sono accumulati tutti i tesori della divina Sapienza". San Pao­lo dice: "Non ci ha Egli donato tutto nel darci il suo Figliolo?". Non ci ha Egli dato tutte le ricchezze, tutti i meriti, tutte le sod­disfazioni di questo adorabile Salvatore? Non ci ha Egli dato la sua Carne, il suo Corpo e la sua Anima? Quanti benefici, quan­ta felicità e che immenso tesoro può accumulare chi abbia sol­tanto un poco di zelo! Se a queste grazie aggiungete i frutti dei quali abbiamo parlato al capitolo terzo, non vi sarà difficile com­prendere che nessun'altra opera del mondo potrebbe rivaleg­giare con questa.

La santa Messa aumenta anche la nostra gloria nel Cielo e la gloria celeste è un bene inestimabile, il più degno dei nostri sforzi e dei nostri desideri. Tanto è vero che il più piccolo grado di essa è così prezioso da fare esclamare a san Paolo: "Né occhio umano ha mai visto, né orecchio ha mai udito ciò che Dio riser­va a coloro che lo amano". Chi potrà dunque descrivere la feli­cità di quelle anime che la possiedono in grado eminente? La Chiesa insegna che le buone opere aumentano in noi la grazia aumentando, in pari tempo, la causa della gloria celeste, ma non ce ne fa conoscere l'abbondanza.

Basta dire "che il cristiano accumula meriti per la vita eterna ogni volta che assiste con devozione alla Messa". Tali sono le parole del Salvatore a santa Geltrude, parole che servo­no di luminoso commento al testo di san Luca: "Una misura giusta, pigiata, scossa e traboccante sarà versata nel vostro seno".

L'assistenza alla S. Messa ci merita un nuovo grado di gloria

Sì, è certo che nella Messa meritiamo un nuovo grado di gloria. La Messa è come una scala celeste: ogni volta che un'anima pia l'ascolta sale due gradi e quella che è più fervorosa ne sale tre e ancora più. In questa misteriosa ascensione più uno si avvicina a Dio e più lo conosce, lo ama e si unisce a Lui. Ad ogni grado di gloria si diventa più belli, più risplendenti, più piacevoli agli occhi dei santi. Quando assistete al santo Sacrifi­cio, la vostra azione è scritta nel Cielo e vi preparate lassù una sicura ricompensa, che potete perdere, è vero, col peccato mor­tale, ma che potete riprendere integralmente con un sincero pentimento. Che beatitudine, che ricchezze vi spettano dunque nell'eternità se sarete stati fedeli, durante la vostra vita, a questa pratica!

Ascoltate san Paolo: "La tribolazione presente, che è leggera e momentanea, ci vale una gloria eterna sublime, smi­surata. Meditate questo dogma consolatore: un momento di sofferenza, retribuito con una eternità felice! Che dolce e pro­fondo mistero è questo, eppure, agli amanti della santa Messa, è promessa una gloria maggiore!

Talvolta per recarvi in chiesa, specialmente se abitate lontano, dovete fare il sacrificio di passare per vie cattive e peri­colose, inasprite nell'inverno dai rigori della stagione, oppure dovete rimandare qualche lavoro necessario, rinunciare a qual­che guadagno, vincere la svogliatezza, sopportare il peso di una funzione eccessivamente prolungata, ma tutte queste prove, se saranno da voi sopportate per il servizio di Dio, saranno altret­tante sorgenti di gloria imperitura!

Un esempio vi farà comprendere meglio questa verità. Pelbarto, frate francescano, narra che un contadino assisteva tutti i giorni alla Messa con fervore edificante. Sia che lavorasse nei campi o nel bosco, quando sentiva la campana, abbandonava il lavoro per correre in chiesa. Aveva preso fin da giovane questa pia abitudine e l'aveva conservata fino alla vecchiaia. Un giorno, come al solito, si recava in chiesa per assistere alla Messa, ma il cattivo tempo aveva reso impraticabile la strada. Il contadino pensò: "Ora che sono vecchio non posso far più come nella mia giovinezza. Non credo di dispiacere a Dio se, per l'avvenire, mi asterrò da queste fatiche. Quando mi troverò a casa andrò alla Messa, ma quando sarò nei campi l'offrirò continuando il mio lavoro". Men­tre fantasticava sentì che qualcuno si avvicinava e voltandosi vide il suo angelo custode, carico di una quantità di rose appena sboc­ciate. L'angelo era così bello che egli lo prese per lo stesso Dio e cadendo in ginocchio disse: "O Dio, perché appari a me, povero peccatore?". Lo spirito celeste gli rispose: "Non sono il Signore, ma il tuo angelo custode". "O caro protettore, che cosa significa questa apparizione?". "Dio mi ha ordinato di seguirti ogui volta che tu lasci i campi per andare alla Messa". "Perché?". "Perché ad ogni passo che tu fai, sotto i tuoi piedi sboccia una rosa ed io raccolgo questi fiori per portarli in Cielo. queste sono quelle che oggi ho trovato sul tuo cammino e perciò ti prego di desistere dalla tua decisione. Continua ad andare in chiesa, perché, se sarai perseverante fino alla fine dei tuoi giorni, nell'ora della tua morte ti coronerò di rose e con gli stessi fiori adornerò il tuo trono cele­ste". A queste parole l'angelo scomparve e il contadino, con gli occhi pieni di lacrime, baciò il terreno dove egli aveva cammina­to, ringraziando Dio di quell'insigne ed indimenticabile favore. La bellezza del celeste spirito e il profumo delle rose l'infiamma­rono di tanto amore per le cose celesti che d'allora in poi provò disgusto per tutte le cose della terra e quando poco dopo morì, parve consumato più dal desiderio del cielo che dalla malattia e ora gode gli splendori della gloria eterna.

Se la fatica che gli costava l'andare fino alla chiesa era già tanto gradita a Dio, che cosa egli non avrà meritato e otte­nuto con l'ascoltare la Messa? Non ci è possibile ora misurare la grandezza della sua ricompensa, ma ne saremo testimoni un giorno e ne parteciperemo con lui, se, come lui, saremo fedeli e devoti alla santa Messa.

Questi vantaggi poi appariranno tanto maggiori se con­sidereremo che, essendo la Comunione un mezzo fecondo di grazia e per conseguenza di gloria, la Messa ci offre un' occasio­ne naturale di comunicarci almeno spiritualmente.

Vantaggi della comunione spirituale

La maggior parte delle guarigioni furono, senza dub­bio, operate da Gesù Cristo durante la sua vita mortale, con l'imposizione delle mani o con qualche altro segno esteriore. Ma, pur senza entrare nelle loro case, risanò anche molti infer­mi, come ad esempio la figlia della Cananea e il servo del Centurione. Così se egli ricolma di favori quelli che frequentano la santa Messa e si comunicano sacramentalmente, si mostra generosissimo anche verso quelli che sospirano la sua visita.

"Io sono il pane di vita - dice Gesù - colui che viene a me non avrà più fame e colui che crede in me non avrà mai sete". In altri termini, questo vuol dire che anche la comunio­ne spirituale ha la virtù di nutrire e dissetare le anime, poiché comunicarsi spiritualmente è andare a Gesù con la fede, con la speranza e con l'amore. Il Salvatore non ha legato la sua grazia al SS. Sacramento, in maniera tale che non possa più comuni­carla in altro modo, ma a certe anime, piene di ardenti desideri, accorda più grazie nella comunione spirituale che ad altre che si accostano tiepidamente alla comunione sacramentale, perché le grazie della comunione sacramentale o spirituale sono in rap­porto diretto col fervore.

Ma, come si deve fare questa comunione? Rispondo con le parole del Fornero: "Tutti quelli che ascoltano la Messa in spirito di fede partecipano in una maniera mistica al Corpo di Cristo. La virtù della santa Messa è infatti così grande che, per riceverne i frutti, basta unirsi con l'intenzione al sacerdo­te". Insegnamento pratico e pieno di consolazione. Se voi desiderate fare la comunione spirituale e non sapete come, con­tentatevi, secondo quanto dice questo santo vescovo, di dire internamente: unisco la mia intenzione a quella del celebrante e desidero comunicarmi con lui, per prendere parte al santo Sacrificio. "Come le nostre membra - aggiunge il citato auto­re - si nutrono per mezzo della bocca, così le persone che assi­stono alla Messa, benché non si comunichino, si nutrono spiri­tualmente unendosi al sacerdote, poiché è conveniente che colui che, alla Mensa del Signore, si unisce spiritualmente con il sa­cerdote, sia con lui spiritualmente nutrito. E se non è ammissi­bile che l'invitato di un re non esca sazio dalla sala del ban­chetto, nemmeno si può ammettere che non riceva alcun ali­mento chi assiste alla santa Messa". Questo paragone prova abbastanza bene come tutti quelli che ascoltano piamente la santa Messa si comunichino spiritualmente. Ma Fornero con­tinua: "Come il vino nuovo riempie di odore la cantina fino ad inebriare coloro che vi si trovano, così la grazia, che emana dalla santa Messa, si diffonde sui presenti e li riempie di celesti dolcezze".

Per confermare queste parole, desidero citare un esem­pio riportato da Piner. Nei dintorni di Norimberga abitava un contadino che conduceva una vita cristiana e lavorava onesta­mente per guadagnarsi il pane. Di tutti gli esercizi di pietà, pre­feriva la santa Messa e non la lasciava mai, se non per una vera necessità. Ne seguiva ogni parte attentamente, meditando, nella semplicità del suo cuore, la passione del Salvatore. Quando il sacerdote si comunicava egli sentiva un gran desiderio di nutrir­si con lui del divino alimento, ma siccome nel paese era in uso di accostarsi alla sacra Mensa soltanto due volte l'anno, sospiran­do egli pensava: "Che miseria non potersi comunicare ed essere così privo di tante grazie! O dolce Gesù, tu sai con quanta gioia ti riceverei, ma poiché mi è vietato di mangiare questo pane celeste ti prego almeno di saziarmene spiritualmente". Pensan­do questo e mille cose simili, con desiderio ardentissimo, mentre il sacerdote si comunicava, apriva le labbra e metteva fuori la lingua, come se dovesse ricevere le sacre Specie. Un giorno, mentre era assorto in questi pensieri, sentì sulla lingua una par­ticella d'Ostia e senza domandarsi come fosse venuta, si comu­nicò rispettosamente, provando in cuore una singolare dolcez­za. Da quel momento i suoi pii desideri non fecero che crescere e ogni mattina ricevette la stessa grazia. Ma una volta, tentato dalla curiosità, volle assicurarsi, toccandola con le dita, che quel che aveva sulla lingua fosse veramente una particella d'Ostia. Spaventatissimo, poi, della sua audacia, si affrettò ad inghiottire l'Ostia consacrata, ma ben presto si pentì di quel temerario ar­dimento, perché Dio gli ritirò immediatamente quell'insigne fa­vore, benché la sua anima continuasse ad essere fortificata ogni giorno con la comunione spirituale. questo desiderio, per mezzo del quale l'uomo può ot­tenere tante grazie, è santo e salutare, come afferma la Chiesa: "quelli che con il desiderio si nutrono del pane celeste posto loro davanti, ne sentono il frutto e l'utilità, in virtù di quella viva fede che feconda la carità". In altri termini, nella comunione spirituale si partecipa, come alla sacra Mensa, ai vantaggi di cui l'Eucaristia è la sorgente, anche se in una misura generalmente inferiore.

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