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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 17:08

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

LA SANTA MESSA, LUNGI DAL NUOCERE AL LAVORO, LO FAVORISCE


In generale, gli uomini ritengono che le ore non impie­gate nel lavoro siano perdute. Ma soprattutto giudicano perso il tempo consacrato ad ascoltare la Messa o a compiere qualun­que altro atto di religione. Cercherò di mostrare loro quanto si ingannano e quanto questo errore li danneggi. Se, recandovi al lavoro quotidiano, incontrate un amico, vi fermate volentieri a parlare con lui, gli raccontate le novità che vi sono successe e per una mezz'ora, se non più, dimenticate tutto. Invece se si tratta di ascoltare la Messa, vi tormenta il pensiero, dieci volte per lo meno, che i vostri affari ne soffrono. Satanica illusione! La Messa non nuoce affatto al lavoro, ma lo fa prosperare pro­curando grandi beni. È’ opportuno ripetere qui le parole del Salvatore: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in più". I commentatori della Sacra Scrittura spiegano che in questo testo è come se Gesù Cristo avesse voluto dire: "Non vi preoccupate del nutrimento del cor­po e prima di rivolgervi agli affari temporali, cominciate con l'ascoltare devotamente la santa Messa. Glorificherete così il vostro Dio che in cambio provvederà ai vostri bisogni". Se ren­dete un servizio ad una persona ragguardevole, forse non atten­dete una ricompensa? Assistendo al santo Sacrificio, rendete a Dio un omaggio infinito, gli procurate un piacere immenso, gli offrite un dono che sorpassa in valore il cielo intero. Potrà Egli lasciare senza retribuzione un' offerta così ricca? No, il sovrano Signore dell'universo, che ricompensa le più piccole opere buo­ne, non dimenticherà certamente questa. Se la dimenticasse noi potremmo, nel giorno del giudizio, dirgli così:" Signore, ho ascol­tato la Messa e non ne avete tenuto conto e invece di guadagna­re servendovi, ho perso". Ma Dio non permetterà mai che gli si possa rivolgere il rimprovero di averci trascurato e benché ai suoi occhi i beni terrestri siano ben poca cosa, spesso favorisce visibilmente chi è assiduo nell'assistere al santo Sacrificio.

"Cercate prima il Regno di Dio..."

Per chiarire quanto ho detto citerò qualche esempio. San Giovanni l'Elemosiniere racconta la seguente storia. In una via di Alessandria abitavano due calzolai: l'uno, sposato e padre di famiglia, assisteva ogni giorno alla Messa e ben presto dalla povertà passò ad una felice agiatezza. L'altro, anch'egli sposato, dia senza figli, non metteva piede in chiesa durante la settimana e lavorava giorno e notte senza poter uscire dal suo tormentoso stato. Un giorno andò a trovare il suo vicino e gli disse: "Come mai tu che hai famiglia e che lavori meno di me, fai fortuna, mentre io che pure non ho figli e non mi prendo mai un mo­mento di riposo, resto povero?". L'altro rispose: "Ho trovato un tesoro, dove vado ogni mattina ad attingere ricchezze: questo è il segreto della mia prosperità". "Mostrami questo tesoro e per­metti che anch'io possa ricorrervi". "Volentieri. domani vieni con me e ti ci condurrò di nascosto, perché si tratta di un tesoro immenso e vi si potrebbe arricchire l'intera città".

Il giorno seguente, all'alba, il povero calzolaio, fu pun­tuale all'appuntamento. Il compagno gli disse: "Cominciamo con l'ascoltare la Messa, ci recheremo poi al luogo convenuto. Ma, terminato il santo Sacrificio, disse che nel luogo del tesoro sarebbero andati il giorno dopo. Il giorno seguente la stessa pro­posta, la stessa dilazione. Il terzo giorno, il calzolaio povero, di pessimo umore, disse alla sua pretesa guida: "Da tre giorni ven­go in chiesa ed ascolto la Messa, ma fai male a riderti di me". L'onesto operaio replicò: "Non ti inquietare, non ho avuto nes­suna intenzione di beffarmi di te e ti ho indicato realmente il luogo del tesoro: questo luogo è la chiesa, questo tesoro è la Messa. Qui io cerco l'agiatezza che tu mi invidi. Fai come me e riceverai da Dio gli stessi favori. A prova della verità delle mie parole senti il consiglio del Salvatore: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù". Fin dai primi tempi del mio matrimonio ho cercato il suo regno con l'udire quotidianamente la santa Messa ed ho ottenuto quello che mi è necessario nelle cose temporali. Tu al contrario hai imparato a tue spese quanto sia pericolosa una malintesa solle­citudine, poiché con tutto il tuo lavoro hai guadagnato una mi­seria". Commosso da questo discorso, il calzolaio prese la deci­sione di assistere ogni mattina al santo Sacrificio e fu anch'egli benedetto da Dio.

Il nome dell'autore che narra questo aneddoto è per se stesso una prova sufficiente della sua autenticità. Il pio operaio paragonò la Messa a un tesoro, essendo essa un valore inestima­bile, tanto che le si possono applicare le parole del Savio: "È’ un tesoro infinito per gli uomini e quelli che ne usano fanno parte all' amicizia di Dio". È’ una miniera dalla quale si ricava l'oro celeste e l'oro terrestre. Colui che vi assiste in stato di grazia riceve la benedizione dell'eterno Padre, benedizione molto più preziosa di quella data da Isacco a Giacobbe. Questa non aveva per oggetto "che la rugiada del cielo, il grasso della terra e l'ab­bondanza del grano e del vino", ed era perciò completamente terrestre, mentre l'altra è, ad un tempo, spirituale e temporale. Infatti dopo la consacrazione il sacerdote dice: "Ti supplichia­mo, Dio onnipotente, che questi doni siano portati per le mani del tuo santo Angelo al tuo sublime altare, affinché tutti quanti siamo presenti a questo Sacrificio, avendo ricevuto il Corpo san­tissimo e il Sangue del Figlio tuo, siamo ricolmi di tutte le bene­dizioni e di tutte le grazie del Cielo". In virtù di questa preghie­ra e per l'efficacia dei divini misteri, siamo benedetti nel corpo e nell'anima, nei nostri lavori e nei nostri affari, nelle cose del tempo come in quelle dell'eternità. I Libri santi dicono: "Siete bene­detto nella città e nel vostro campo e sono benedetti tutti i lavori delle vostre mani

Condizione essenziale per la fecondità dei nostri lavori

Secondo un proverbio, del quale gli operai ed i conta­dini conoscono la giustezza, non vi è profitto senza la benedizio­ne di Dio. Per quanto il vostro lavoro possa essere attivo, non fruttificherà se Iddio non lo feconda. Sulla terra non vi è mezzo migliore per ottenere questo favore che ascoltare la santa Mes­sa. In essa non è soltanto il prete che benedice, ma Gesù Cristo stesso, come constatò con i suoi propri occhi santa Brigida. Que­sta grande santa, all'elevazione dell'Ostia, vide nostro Signore fare con la mano il segno della croce sul popolo e nello stesso tempo sentì pronunciare queste parole: "Benedico voi tutti che credete in me". Benedicendo le persone, Gesù benedice anche i loro lavori e i loro affari.

Enea Silvio narra che nell'Istria c'era un tempo un gen­tiluomo che, senza condurre una vita cattiva, trascurava com­pletamente la Messa ed in conseguenza di questo finì col cadere in miseria. Non potendo, in città, mantenersi nel suo grado, andò a stabilirsi in campagna, ma non riuscendo a sopportare pa­zientemente la prova, a poco a poco, dallo scoraggiamento pas­sò alla disperazione. In questo stato d'animo il demonio gli ispi­rò il detestabile pensiero di sottrarsi ai suoi mali col suicidio. La tentazione era così violenta che non aveva la forza di resistergli. Si consigliò con ecclesiastici ed altre persone ed invano provò ogni mezzo, quando due sacerdoti, con i quali si era confidato, gli suggerirono di assistere ogni giorno alla Messa, assicurando­lo che non vi era miglior aiuto contro gli assalti dello spirito del male, né miglior pratica per attirarsi le benedizioni divine. Il gentiluomo dette retta ai loro consigli e con suo grande vantag­gio, recuperò la pace e nella sua casa ritornò la prosperità. Riso­luto, pertanto, di assistere ogni giorno al santo Sacrificio, del quale aveva provato i salutari effetti, chiamò un sacerdote che potesse dirgli regolarmente la Messa nel suo oratorio privato e non si possono descrivere i frutti spirituali e temporali che rac­colse da questa devozione. Dopo un anno di questa vita, un gior­no di festa il parroco lo pregò di cedergli il suo cappellano per dire la Messa nella chiesa parrocchiale. Acconsentì con dispia­cere e solo a patto che si aspettasse il suo arrivo per cominciare la Messa cantata. Si alzò presto, montò a cavallo e si avviò verso la chiesa situata sulla vicina montagna, ma ecco che per la stra­da gli consegnarono una lettera che riguardava un affare urgen­te, la cui risposta non poteva essere differita senza grave danno. Ritornò dunque a casa, regolò la questione e poi riprese in tutta fretta la strada del villaggio. Arrivato sulla montagna trovò un contadino: "Da dove venite?", gli domandò. "Dalla chiesa, dove ho ascoltato la Messa cantata". "È finita?". "Sì", rispose il con­tadino. Il ritardatario sembrò così sconcertato da questa notizia e si lamentò così amaramente che il contadino si mise a ridere e gli disse: "La vostra disperazione mi meraviglia, io ho lasciato più di una Messa nella mia vita senza mai inquietarmi per que­sto". "Non contate, dunque, sulla santa Messa?". "Sì, ma non bisogna esagerare; per esempio, che cosa ho guadagnato ascol­tando quella di oggi? Sono diventato più ricco?". "Io, al contra­rio, la tengo in così alta stima che, se volete lasciarmi i meriti che avete acquistato, vi darò il mio mantello". Il contadino accettò la proposta e i due uomini si separarono felicissimi del cambio reciprocamente fatto. Quando il gentiluomo arrivò al villaggio si lamentò con il parroco, che si scusò assicurando che aveva insistette: "Ti assicuro, che ho visto accanto a te due altri lavo­ranti che sono scomparsi mentre mi avvicinavo". "Dio mi è te­stimone - disse Isidoro - che ho chiamato soltanto Lui in mio soccorso". A queste parole il padrone capì che i due sconosciuti erano angeli e si rallegrò di avere al suo servizio un uomo così virtuoso.

Un altro esempio ci conferma l'importanza di assistere alla Messa. In Spagna c'era un cavaliere che si chiamava Fernando Antolino, così devòto al santo Sacrificio che non man­cava un solo giorno di assistervi, anche quando era sovraccarico di affari. I mussulmani, allora padroni della più gran parte della penisola, opprimevano spietatamente gli abitanti. Nel 982, Fernando fu messo a capo dell'esercito cristiano e inflisse ai ne­mici considerevoli perdite. Ma questi, informati dalle loro spie che il generale ascoltava la Messa tutte le mattine, senza mai lasciarla, approfittarono di quel momento per attaccare le sue truppe. Gli ufficiali lo fecero subito avvertire del pericolo e lo pregarono di venire immediatamente. Nonostante fosse spaven­tato da una notizia così grave, il nobile spagnolo rispose che non poteva andare prima del termine della Messa. Gli ufficiali lo informarono delle perdite già subite e gli dissero che se non fos­se venuto in loro soccorso, l'esercito era perduto. Egli disse loro: "Non lascerò questo luogo finché non sia terminato il santo Sa­crificio. Non temete, Dio, di cui sono servo, vi proteggerà". Gli ufficiali se ne andarono credendo che tutto fosse perduto. Ma, al loro arrivo al campo di battaglia videro, con stupore, Fernando in sella ad uno dei suoi cavalli e rivestito delle sue armi, che passava davanti alle truppe e le esortava energicamente.

Il cavaliere penetrò in mezzo alla massa avversaria, colpì a destra e a sinistra ed uccise molti nemici. I soldati cristiani, seguendo il loro intrepido duce, schiacciarono i mussulmani ed in pochi istanti riportarono una splendida vittoria. L'intero eser­cito voleva onorare Fernando e attestargli la sua riconoscenza, ma egli, intanto, era sparito. Pensando che fosse ritornato in chiesa a rendere grazie a Dio per la vittoria conquistata, anda­rono lì a cercarlo e lo trovarono mentre stava uscendo dalla chie­sa. Lo acclamarono e vantarono il suo eroismo, ma egli chiese spiegazioni ai suoi ufficiali dicendo di non comprendere queste dimostrazioni. "Noi siamo stati testimoni della vostra bravura. Non è giusto onorarvi dopo che avete riportato da solo una vit­toria così grande? L'esercito intero sarebbe stato massacrato se la vostra presenza non avesse cambiato le sorti del combatti­mento". Fernando sembrava ignorare il trionfo e disse: "Credetemi, non ho dato nemmeno un colpo di spada. Non ho lasciato la chiesa che alla fine della Messa per venire a combattere". "Ma vi abbiamo visto con i nostri occhi mettere in fuga i mussulmani". Fernando, pieno di meraviglia, rispose: "Se dite il vero non dovete ringraziare me, ma Dio". A questo punto arrivò un soldato col cavallo del gene­rale, trovato nel campo senza cavaliere. Alla vista dell'animale ansante, coperto di schiuma, che portava ancora attaccate le armi del generale, grondanti sangue, tutti restarono stupiti. "Giu­ro - gridò Fernando - che oggi non mi sono servito del mio cavallo e certamente il mio angelo custode, mentre ascoltavo la santa Messa e pregavo per voi, ha combattuto per me.Vedete quanto è gradita a Dio questa grande opera e quali benefici procura agli uomini. Se avessi lasciato la chiesa, come voi desi­deravate, l'angelo non sarebbe venuto e non avremmo conquistato la vittoria. Con l'illustre generale riconoscete anche voi che l'as­sistenza al santo Sacrificio, lungi dal nuocere ai nostri affari, attira sulle cose temporali, come sulle spirituali, la benedizione divina.

CAPITOLO VENTICINQUESIMO

DEL MODO DI OFFRIRE LA SANTA MESSA E DEL VALORE DELL'OBLAZIONE


Anime devote che leggete questo capitolo, imprimete­velo bene nella mente: le norme che contiene vi saranno di gran­de profitto spirituale. Anzitutto ricordate che la Messa è il Sacri­ficio unico del cristianesimo e che l'offriamo all'eterno Dio.

"La Messa - dice il padre Gobat - è la sola preghiera, il solo atto di adorazione, la sola offerta degna di Dio, poiché la vitti­ma che vi è immolata è divina. Cristo è il vero Pontefice, il vero celebrante; dopo di Lui viene il sacerdote, che è suo strumento, quindi i fedeli. Tutti i fedeli che sono presenti hanno, infatti, il pote­re di offrire il santo Sacrificio: alcuni laici lo fanno con l'anima an­che più pura di quella del sacerdote. Metto in quarta linea quelli che contribuiscono agli onorari e che procurano gli oggetti del cul­to, quali il calice, la pianeta, ecc. e infine tutti quelli che, impediti dalle loro occupazioni di venire personalmente, stanno in spirito ai piedi dell'altare. Tutti partecipano ai frutti del mistero".

Meditate queste parole che racchiudono una bella e consolante dottrina.

Fra le innumerevoli grazie che Dio ha concesso al mon­do, una delle più strepitose è certamente quella di aver accorda­to, non soltanto ai sacerdoti, ma ai laici, alle donne, ai bambini, di offrire alla sua sublime Maestà questo Sacrificio augustissimo. I giudei erano meno privilegiati, poiché nella legge antica l'im­molazione delle vittime e l'offerta dell'incenso erano riservate ai sacerdoti. Il popolo doveva portare l'incenso per gli olocausti ed i sacrifici di pace, ma gli era proibito di bruciarlo. Chiunque trasgrediva queste prescrizioni era reo di grave peccato.

A questo proposito la Sacra Scrittura narra che dei sacer­doti resistettero alle temerarie pretese del re Ozia. "Non tocca a voi, o re, - gli dissero - bruciare l'incenso, tocca ai figli di Aronne, consacrati per questo ministero. Uscite, dunque, dal santuario e non disprezzate il nostro consiglio, perché questa azione non vi sarà imputata a gloria dal Signore Iddio". A queste parole Ozia, infu­riato, prese il turibolo, ma Dio lo colpì all'istante con la lebbra.

Gente Santa, regale sacerdozio

Sotto la legge della grazia siamo trattati differentemente. I laici toccano i turiboli e sono anche invitati ad offrire l'olocausto. Ascoltate come san Pietro proclama la dignità del cristiano: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo conquistato per rendere note le grandezze di Colui che vi ha chia­mato dalle tenebre alla luce ammirabile". Alla Messa, secondo il principe degli apostoli, tutti i fedeli esercitano una specie di sacer­dozio. Che inestimabile favore, per noi cristiani, poter offrire a Dio il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. Profittate spesso di questo dirit­to, siate fedeli a quest'oblazione ed ammasserete un'immensa for­tuna. Dirò anche che facendo diversamente non potrete ascoltare la santa Messa come si deve. Un pio autore infatti dice: “Ascoltare la santa Messa non vuol dire soltanto fare atto di presenza, ma offrire il Sacrificio unendosi all'intenzione del celebrante”.

Sono dello stesso parere: per ascoltare la Messa è indi­spensabile offrirla a Dio col sacerdote. Questa necessità è inerente alla stessa natura del Sacrificio. Di conseguenza ne risulta che i fedeli che si contentano di pregare soddisfano al precetto ecclesia­stico, ma non partecipano alle grazie proprie dell'oblazione. Un paragone farà meglio risaltare il mio pensiero.

Una persona recita molti rosari e li offre a Gesù Cristo e alla sua santa Madre, mentre un'altra ascolta e offre una sola Messa. Qual è quella che dà di più? Quale sarà più ricompensa­ta? Certamente la seconda. La prima offre una preghiera santa, ma che trae il suo valore dalla pietà di chi la fa; mentre l'altra ha nelle mani un dono assolutamente divino. Ciò che essa offre è la carne del Cristo, sono le lacrime, la morte, i meriti del Cristo.

Voi direte che la prima dona ciò che le appartiene, mentre della seconda non si può dire altrettanto, poiché il meri­to del Sacrificio è di Gesù Cristo. Ve lo ripeto: "Colui che offre la santa Messa, dona il suo proprio bene, giacché è realmente proprietario dei meriti del Salvatore". Sì, all'altare ci appropria­mo di tutto ciò che Gesù ha meritato con la sua passione, con lo spargimento del suo Sangue prezioso e con la sua morte. Se non volete credere a queste consolanti parole, credete almeno a quelle che dice la Chiesa per mezzo del Concilio di Trento: "Il Sacrifi­cio incruento è il mezzo per il quale riceviamo i frutti del Sacri­ficio cruento". Quello che acquisterete nella Messa è realmen­te vostro, come quello che acquisterete mediante i vostri sforzi personali e quindi durante il santo Sacrificio avete diritto di of­frire a Dio i meriti di Gesù Cristo come vostra vera proprietà. Considerate, dunque, che grazia straordinaria vi fa il Salvatore quando, costituendovi sacerdote in una maniera spirituale, vi conferisce il potere di offrire questo sublime Sacrificio a Dio, come conviene ad un sacerdote, cioè non solamente per voi stessi, ma altresì per gli altri. "Il celebrante - dice Fornero - non im­mola da solo la vittima eucaristica. Voi vi associate alla sua azio­ne e tutti i cristiani si associano con voi. Questo è anche il signi­ficato delle parole che la Chiesa, dopo il Sanctus, mette sulle labbra del suo ministro: "Ricordati, Signore, dei tuoi servi e del­le tue serve e di tutti i fedeli qui presenti, per i quali ti offriamo o che ti offrono essi stessi, questo Sacrificio di lode per sé e per tutti quelli che appartengono a loro".

La cooperazione dei presenti si rileva ancora dalla pre­ghiera che il sacerdote recita prima della Segreta: "Pregate, fra­telli, perché il mio Sacrificio che è anche vostro, sia gradito a Dio Padre onnipotente". Rivolge questa preghiera a tutti i presenti, come volesse dire loro: "Quest'opera è mia quanto vostra, di conseguenza dovete aiutarmi ad offrirla".

Dopo l'elevazione del calice dice: "O Signore, noi tuoi servi e con noi il tuo santo popolo, offriamo alla tua sublime maestà un'Ostia pura, un'Ostia santa, un'Ostia senza macchia".

L'assistenza alla S. Messa ci fa partecipi dei meriti di Gesù Cristo

Così il sacerdote fa conoscere la parte che hanno i fedeli nell'oblazione della Messa. Se non vi uniste a lui né con la voce, né col cuore, ingannereste la sua aspettativa e rechereste a voi stessi un grave danno. "State dunque attento - conclude Fornero - a non perdere tanto bene, non dimenticate di esercitare, per voi e per i vostri, il vostro mistico sacerdozio". Sublime prerogativa alla quale rinunciano le persone che non assistono alla Messa, quelle che l'ascoltano senza attenzione o recitando in quel tempo altre preghiere. L'offerta che vi ho descritta è, dunque, incompa­rabilmente migliore di tutte le pratiche pie e più si rinnova, più Dio se ne compiace e noi espiamo maggiormente le nostre colpe preparandoci una maggior ricompensa in cielo. Dire a Dio: "Ti offro", significa: "Ti pago, pago il riscatto dei miei peccati e l'ac­quisto dei beni celesti; pago la liberazione delle anime del purga­torio". In ogni momento e con profitto anche fuori della Messa, si può dire: "Signore, Ti offro il tuo caro Figliolo, la sua passione e la sua morte; Ti offro le sue virtù, i suoi meriti". Ma questa oblazione è spirituale, mentre quella della quale parlo è reale, poiché essendo Gesù sull'altare, con Lui sono pure le sue virtù e i suoi meriti. Li rinnova la sua passione e la sua morte, da lì a noi si dona e ci comunica i suoi tesori per offrirli al suo celeste Padre. Se l'offerta fatta fuori della Messa, con semplici parole, è tanto effi­cace fino al punto da far dire da Gesù alla sua serva santa Geltrude: "Per quanto colpevole possa essere un uomo, per sperare il per­dono basta che egli offra al Padre mio le mie immeritate sofferen­ze", quanto sarà più efficace quando avrà per oggetto i meriti del Salvatore divenuti realmente nostra proprietà?

Una volta Gesù, durante il santo Sacrificio parlò così a santa Matilde: "Ti do il mio Corpo divino, la mia dolorosa pas­sione, affinché tu possa presentarmeli come cosa tua. Offrimeli ed io te li restituirò, poi tu me li offrirai di nuovo e si moltipliche­rà il tuo merito ad ogni offerta, perché tutto il bene che l'uomo fa sulla terra gli sarà valutato al centuplo nell'eternità".

Non soltanto a santa Matilde, ma a noi tutti nostro Si­gnore dona i suoi meriti. Dunque, le parole di Gesù sono anche per noi: adoperiamoci per profittarne. E’ necessario, ora, dire una parola sul valore dell'oblazione. Fra tutte le preghiere della Messa nessuna è così consolante come quella che il sacerdote dice dopo l'elevazione del calice: "Signore, noi tuoi servi e tuo santo popolo, offriamo alla tua sublime Maestà un'Ostia pura, un'Ostia santa, un'Ostia senza macchia ecc.". Il popolo santo sono i fedeli che ascoltano la santa Messa, santificati secondo le parole di Gesù: "Mi santifico per loro affinché siano santificati nella verità". Sono santificati "per l'aspersione del divin Sangue", dice san Paolo.

Preziosità del dono eucaristico

Quanto è preziosa l'Ostia santa! Essa è la carne purissi­ma, l'anima santissima, il sangue immacolato di Gesù Cristo! L'ho detto più volte: è più pregevole dell'oro e delle pietre preziose. Se qualcuno possedesse la terra intera e magari anche il cielo e tutti i suoi abitanti e ne facesse omaggio all'Altissimo, il suo dono re­sterebbe infinitamente al di sotto del valore di un'Ostia. Infatti che cosa offrite a Dio? Un dono incomparabile, l'unico che sia perfettamente degno della sua sublime Maestà, non essendoci nulla che superi la Divinità. Quante conseguenze derivano da questo principio! Se date un pezzo di pane ad un povero, il vostro atto, se ispirato dalla carità, ha un valore consi­derevole, ma un principe che distribuisca tutti i suoi tesori, non merita forse più di voi? Che diremo, dunque, del sacerdote e del popolo che offrono all'Onnipotente il Figlio suo con la sua uma­nità? Mi spiego meglio con l'aiuto di un paragone.

I cittadini di un grande paese fanno fare una coppa ce­sellata artisticamente con l'oro più puro e, per mezzo di un loro rappresentante, la mandano al principe come testimonianza del loro amore. Il principe accetta di gran cuore questo oggetto, ma se nella coppa vi fosse stato incastonato un gioiello del valore di un regno, i suoi sentimenti sarebbero stati mille volte piu vivi.

Nella Messa offriamo a Dio l'umanità del Cristo, cioè la creatura più nobile, più perfetta che sia uscita, o che possa uscire, dalle sue mani: ecco la coppa preziosa. Noi l'offriamo quando, dopo la Consacrazione, con gli occhi levati al cielo, diciamo: "O mio Dio, ti offro l'umanità del tuo caro Figlio immolato su questo altare". Un tale dono è già abbastanza magnifico, ma non è tutto; noi poniamo nel vaso d'oro un gioiello il cui valore non è raggiun­to che dall'Infinito: la divinità del Cristo "che abita la sua umani­tà", secondo l'espressione di san Paolo.

Precisamente l'umanità del Cristo, indubbiamente, for­ma l'oggetto del Sacrificio, ma le due nature, essendo così stret­tamente unite da non potere essere più separate, vengono ne­cessariamente offerte l'una con l'altra.

L'umanità è la coppa, la divinità il gioiello. Che letizia prova il Padre celeste nel ricevere questo dono senza pari, nel vedere Gesù del quale ha detto: "Ecco il mio Figlio diletto nel quale ho riposto ogni mia compiacenza!". Quante colpe cancellate e quanti debiti pagati come ricompensa per questo dono! Questo prezioso dono non è un prestito, ma nostra proprietà. L'abbiamo ricevuto dal Cielo e ad ogni Messa ridiventa nostro, come risulta dalle paro­le già citate, secondo le quali il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo appartiene veramente al sacerdote e al popolo.

Ripetiamolo dunque: che tesoro senza prezzo è mai questo! Il padre Sanchez dice: "Se l'uomo sa ascoltare la santa Messa diventa più ricco con essa che mediante il possesso di tutti i beni creati". Inutile aggiungere che per il Sanchez, come per tutti i Dottori, ascoltare la Messa vuol dire offrire all'eterno Padre il suo diletto Figlio.

Sublime partecipazione nell'offerta della vittima divi­na all'Altissimo

Questa pratica vi sarà facile se pensate che siete associa­to col celebrante e che per mezzo suo la vittima è gradita all'Altis­simo. Dite dunque: "O mio Dio, io non sono degno di salire al­l'altare, di prendere Gesù nelle mie mani profane, ma in spirito mi avvicino al tuo ministro e l'aiuto ad alzare l'Ostia ed il Calice". Il Rinaldi racconta che Enrico I, re d'Inghilterra, che ascoltava ogni giorno tre Messe, aveva l'abitudine di inginocchiarsi accanto all'altare ed era, per lui, una grande consolazione sostenere le braccia del prete che alzava le sante Specie. Se questo santo uso fosse ancora oggi praticato non lascereste certamente a nessuno l'onore del quale era così geloso il pio monarca. Ebbene: Dio tie­ne conto del vostro desiderio, ditegli soltanto dal fondo del cuore:

"Signore, ti offro, per le mani del Sacerdote, il tuo diletto Figlio". L'eterno Padre comprenderà il senso delle vostre parole e si con­tenterà della vostra intenzione. All'offerta della santa Ostia ag­giungerete quella del prezioso Sangue, non essendovi niente di più efficace per disarmare la collera celeste. Lo rivelò un giorno nostro Signore a santa Maddalena de' Pazzi. Da quel momento l'illustre santa offrì fino a cinquantaquattro volte al giorno questo Sangue prezioso, per i vivi e per i morti. Gesù Cristo, dal canto suo, le mostrò le anime che aveva convertito con quel mezzo, ot­tenendo loro anche la vita eterna.

"È da temere molto - ripeteva spesso la santa - che l'impenitenza dei peccatori sia in ragione della nostra pigrizia. Oh! Se noi offrissimo, per la loro conversione, il Sangue di Gesù Cristo, Dio si riconcilierebbe con loro e li preserverebbe dalle pene eterne".

L'ho già detto, l'offerta del prezioso Sangue può farsi in tutti i tempi e in tutti i luoghi, ma mai con tanto frutto come nella Messa, poiché qui è reale. Colui che dice durante la Mes­sa: "Signore, ti offro questo Sangue divino per le mani del sacer­dote", offre talmente il prezioso Sangue che il sacerdote ha nel calice e quest'offerta gli è mille volte più vantaggiosa che se si contentasse di pronunciare queste parole fuori del Sacrificio.

"Se un uomo - aggiunge santa Maddalena de' Pazzi - offre il Sangue di Gesù Cristo a Dio Padre, gli fa un dòno al di sopra di ogni altro, un dono così grande che Dio, ricevendolo, si riconosce debitore della sua creatura". La santa forse esagera? No, poiché ad eccezione di Dio, che è infinito, nel Cielo e sulla terra non vi è nulla che eguagli il valore di questo Sangue e il prezzo di una sola goccia di esso è più alto di un oceano di sangue versato dai martiri. San Tommaso afferma: "Una goccia del san­gue di questi beati confessori della fede basterebbe per purificare il mondo da tutti i peccati". Cosicché, se Iddio per ricompensarvi vi accordasse la remissione dei vostri peccati e vi desse anche il cielo, la sua munificenza sarebbe infinitamente inferiore alla vo­stra offerta. Ai piedi dell'altare fate quello che avreste fatto ai pie­di della Croce; raccogliete il Sangue che scorre dalle piaghe di Gesù per offrirlo a Dio. Solo Dio sarebbe in grado di rivelarci con quali tesori di grazie e di perdono risponderà alla vostra oblazione.

CAPITOLO VENTISEIESIMO

QUANTO SIA UTILE IL RACCOMANDARSI IN MOLTE MESSE


Per prevenire qualunque falsa interpretazione, rispon­derò ad una difficoltà. Come ci si deve regolare in una chiesa dove si celebra contemporaneamente a più altari? Alcune per­sone immaginano che, in questo caso, esse acquistino tanti me­riti come se assistessero successivamente allo stesso numero di Messe, ma sono in errore. Sant'Alfonso de' Liguori, san Tommaso, il Laymann e tutti i Dottori richiedono due cose per il compimento del secondo precetto della Chiesa: 1) Che uno si sdebiti materialmente dell'opera prescritta; 2) Che lo spirito si applichi, almeno virtualmente, sia a Dio, sia ai miste­ri del Sacrificio, sia infine alle parole e agli atti del celebrante. Dunque è assolutamente impossibile ascoltare o seguire più Messe insieme. Come si può prestare attenzione a due o tre cose nello stesso tempo, quando una sola deve assorbire tutte le nostre facoltà? Chi entra in una chiesa dove due sacerdoti offrono il santo Sacrificio e il primo è al Pater mentre l'altro è all'inizio, non soddisfa l'obbligo se non resta alla Messa del secondo fino alla fine. Senza questa condizione fa un atto me­ritorio e quei pochi istanti che dà a Dio saranno scritti a lettere d'oro nel libro della vita, ma non ascolta la Messa, perché il Sacrificio è indivisibile.

I teologi insegnano che non si può ascoltare la Messa per frazioni. In questo caso, l'assioma che due mezzi valgono un intero non può essere ammesso.

Risolta questa questione, forse vi chiederete se non è meglio assistere a molte Messe contemporaneamente piuttosto che ad una sola. Dal punto di vista del culto reso a Dio la cosa è indifferente, poiché sapete che non si può offrire che un Sacrifi­cio alla volta. Invece dal punto di vista del vostro vantaggio, non esito a rispondere affermativamente, poiché ogni sacerdote ap­plica i meriti del divino mediatore.

Tuttavia è necessario non essere distratti dal rumore, troppo naturale in queste circostanze. Se siete, però, di natura tale che il minimo movimento straordinario distrae il vostro spi­rito, scegliete di preferenza una chiesa dove non si dica che una sola Messa. Mi spiego in poche parole. Come abbiamo dimo­strato nel XXIII capitolo, tutti i sacerdoti pregano e offrono il santo Sacrificio secondo l'intenzione di quelli che vi assistono. Dunque, se c’è un sacerdote all'altare avete una sola preghiera e una sola applicazione dei meriti di Gesù, se, invece, ce ne sono tre o più, il vostro profitto spirituale è accresciuto.

Vantaggi che derivano dalla partecipazione a più Messe

Gli angeli presenti a tutte le Messe pregano pure per voi e perciò più numerose sono le Messe, più numerosi sono i vostri intercessori.

Infine nostro Signore Gesù Cristo, il principale Sacer­dote, immolandosi sempre per il mondo intero, offre se stesso per ciascuno dei presenti. Di conseguenza, se assistete ad una sola Messa, Gesù Cristo prega per voi sopra un solo altare, se siete presente a molte, Gesù prega per voi su ogni altare.

Egli fa di più che pregare per voi: vi dà i suoi meriti, aumenta in voi la grazia e vi accorda mille preziosi favori, tanto più abbondanti quante più Messe ascoltate.

Un fatto meraviglioso, tratto dalla vita di sant'Elisabet­ta regina di Portogallo, prova con quanta generosità Dio ricom­pensi questa devozione. Un signore di quella corte, morendo disse al figlio: "Parto da questo mondo pieno di speranza nella divina misericordia e ti lascio erede di tutti i miei beni, ma in­nanzi tutto ti raccomando di ascoltare ogni giorno la santa Mes­sa. Se poi mi succederai nel grado a corte, ricordati di servire fedelmente il tuo re". Dopo la morte del padre, il giovane fu destinato al servizio della regina che, testimone della sua pietà, gli portava molto affetto dandogli buoni consigli e spesso gli af­fidava la distribuzione delle sue elemosine. Questa principessa aveva un altro paggio che, a causa dei suoi cattivi costumi, le recava dispiacere. Questi, accecato dalla gelosia, odiava profon­damente il suo compagno e non contento di questo, per allonta­nare ad ogni costo il virtuoso giovane, lo accusò presso il re di avere una colpevole relazione con la regina e che restava fre­quentemente solo con lei, nella sua camera. Il re Dionigi non volle credergli, sapendo bene chi era sua moglie. Il calunniatore, allora, lo condusse in un luogo da dove gli mostrò il paggio che usciva dall'appartamento della regina. Questo odioso piano riu­scì e lo sposo, indignato, decise di vendicarsi. Un giorno, si recò nei dintorni della città,in una fornace dove si produceva la cal­ce, chiamò il padrone e gli disse: "Domani mattina ti manderò un messaggero che ti domanderà se tu hai eseguito i miei ordini: prendilo e qualunque cosa dica, gettalo nel forno, altrimenti vi farò gettare te al suo posto". Il fornaciaio promise di eseguire il crudele ordine. Il giorno seguente il re chiamò il paggio e gli disse: "Vai in fretta alla fornace di calce e domanda se la mia volontà e stata eseguita". Il giovane partì subito molto afflitto, perché non aveva ancora assistito alla Messa e temeva di non potervi più assistere per quel giorno. Passando da una chiesa sentì suonare l'Elevazione, entrò, adorò il Salvatore e l'offrì a Dio per la sua salute temporale ed eterna. Soddisfatta la sua pietà, riprese tutto giulivo la sua strada, ma passando davanti ad un'altra chiesa sentì lo stesso suono di campane ed entrò, ma temendo di far troppo tardi, uscì quasi subito. Continuò a cam­minare per la sua strada ma, per la terza volta, sentì una campa­na annunziare l'Elevazione e di nuovo obbedì a quell'invito. La sua gioia interna era così grande che restò in chiesa sino al ter­mine della Messa. Intanto il re, che sentiva un gran desiderio di veder compiuta la sua vendetta, mandò l'altro paggio dal fornaciaio. Il messaggero, che comprendeva il significato della sua missione, si affrettò tanto che giunse per primò. "È’ stato obbedito il re?", domandò con precipitazione. "Non ancora, ma lo sarà", rispose il fornaciaio. L'infelice venne subito spogliato dei suoi abiti, legato per le mani e per i piedi e malgrado le sue prote­ste fu gettato nella fornace. Poco dopo arrivò il vero condannato. "Se foste arrivato un po' più presto - gli disse il fornaciaio - avre­ste assistito al supplizio del vostro compagno, quantunque mi as­sicurasse che eravate voi quello che doveva essere bruciato vivo per ordine del re". Il paggio tornò al palazzo spaventatissimo, non capendo che cosa gli avesse tirato addosso la collera del suo signore. “Avete eseguito i miei ordini?”, gli domandò il re, molto sorpreso di rivederlo. A queste parole il giovane cadde ai piedi del suo re e gli narrò la promessa fatta al padre morente. Presentatasi l'occasione di ascoltare tre Messe, ne aveva profittato e era, quin­di, arrivato in ritardo alla fornace e questa era stata la causa della sua salvezza. Il re lo condusse, allora, da sua moglie e seppe da lei che qualche volta gli permetteva di andare nel suo appartamento per prendere le elemosine che doveva poi distribuire ai poveri di Lisbona. Il re, pentito, riconobbe l'innocenza del paggio. Imitate un così commovente esempio rendendo, anche voi, al Salvatore gli omaggi ai quali ha diritto ma intanto imparate la maniera di pregare durante la Messa, notando quanto sia vantaggiosa la fe­deltà a questa pratica.

Partecipazione spirituale alla Messa

Qualche autore sostiene che si partecipa ai frutti di tut­te le Messe nelle quali ci raccomandiamo, mentre secondo altri non si può trarre beneficio da un Sacrificio al quale non si par­tecipa, perché se è sufficiente soltanto la raccomandazione a che serve assistere alla Messa nei giorni feriali?

Comprendo facilmente che non ascolterete che una sola Messa alla volta, anche quando se ne dicessero cento nella stes­sa chiesa, ma niente vi impedisce di offrirle tutte, né di conse­guenza di partecipare spiritualmente a tutte. In questo modo, mentre offrite il santo Sacrificio con un sacerdote, tutti gli altri che dicono la Messa nello stesso tempo, pregheranno per voi; io non vi raccomanderò mai abbastanza di chiedere un memento a tutti quei sacerdoti ai quali vi trovate vicino. Per gli ecclesiastici celebranti nella stessa chiesa è uso antico di raccomandarsi gli uni agli altri. Voi che non avete la fortuna di essere così vicini a Dio, fate altrettanto, quantunque assistiate assiduamente al san­to Sacrificio.

In alcuni paesi, quando un sacerdote esce dalla sagre­stia per andare all'altare, prega i confratelli di benedirlo, dicen­do: Benedicite, e gli altri rispondono: Deus benedicat e aggiungono: Commendo me ad tua sacra, mi raccomando al tuo santo Sacrificio. Prendete questa pia abitudine: siate presenti o assenti, ne ritrar­rete grandi vantaggi, perché così esprimete il desiderio di assi­stere ai santi Misteri e Dio ne terrà conto. Santa Geltrude dice: “Con questo mezzo così facile si acquistano tanti tesori”.

Se voi sapete che ad una data ora in qualche chiesa si offre il santo Sacrificio, unitevi spiritualmente alla preghiera, poiché il sacerdote prega con chi assiste alla Messa e voi sarete di quel bel numero se sarete presenti in maniera spirituale,.

È’ questo un motivo di grande consolazione per chi vive in clausura e non può ascoltare tutte le Messe che desidera, per le persone del mondo che ne ascoltano una soltanto quando ne hanno la possibilità e infine per i malati e per i prigionieri.

Se non avete la possibilità di andare in chiesa, leggete almeno le preghiere liturgiche e unendovi in spirito a tutti i sa­cerdoti che celebrano in quel momento, esprimete l'intenzione di offrire Gesù in tutti gli altari dove è presente.

Vi domanderete perché vi chiedo di raccomandarvi a delle Messe delle quali non sapete né l'ora, né il luogo. Non sarebbe più facile raccomandarvi, in generale, a tutte quelle che sono o che verranno celebrate sulla terra? L'idea è bellissima, ma non pratica, poiché per partecipare ai frutti del Sacrificio bisogna cooperare realmente. Ora non potreste essere presenti nello stesso tempo in tutte le chiese della terra, nemmeno col più veloce pensiero.

Ecco una dottrina non meno consolante: poiché il sa­cerdote è un ministro, il frutto principale di ogni Messa si ag­giunge al tesoro della Chiesa cattolica e ne mantiene ed aumen­ta la vita. Ora voi alimentate la vostra vita spirituale dalla vita stessa della Chiesa e per conseguenza dai meriti della santa Messa. Tuttavia è molto meglio essere presenti di persona, poi­ché non potendo, in questo caso, offrire che una sola Messa, avete il vantaggio di unirvi a tutti i sacerdoti che celebrano, par­tecipando alle loro preghiere per i fedeli che ascoltano la Messa.

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