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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 17:10

CAPITOLO VENTISETTESIMO

URGENTI ESORTAZIONI PER ASCOLTARE OGNI GIORNO LA SANTA MESSA


Se avete letto attentamente questo libro e se l'avete un po' meditato, dovete sentire in voi un gran fervore per la Messa e ormai non avete più bisogno di essere esortati ad ascoltarla ogni giorno. Ciò nonostante aggiungerò qualche nuova consi­derazione adatta a fortificare il vostro zelo.

La S. Messa ravviva le nostre opere e le impreziosisce

Prima di tutto, l'ora più preziosa della giornata è quel­la impiegata nell'assistere ai santi Misteri, essendo veramente un'ora privilegiata, durante la quale tutto ciò che fate diviene, per voi, un tesoro. Le altre ore, paragonate a questa, sono come un vile metallo vicino all'oro più puro, avendo i beni temporali un valore infinitamente minore delle ricchezze spirituali.

Ma, qualcuno obietterà che il lavoro è necessario al man­tenimento della vita ed è più importante dell'ascoltare la Messa. Rispondo che senza ascoltare la Messa voi non potreste essere real­mente felici e perciò è più importante del lavoro. Ma lungi da me il pensiero di distogliervi dal lavoro, soltanto sostengo che se potrete ogni giorno sottrarre una mezz'ora alle vostre occupazioni, per darla al Signore, il vostro lavoro, fecondato dalla benedizione del Cielo, sarà più proficuo. Se, invece, non assistete alla Messa per negligen­za o in vista di un bene temporale, cambiate l'ora d'oro in ora di piombo e vi pregiudicate, anche grandemente, la prosperità tem­porale: inoltre rinunciate ad un guadagno mille volte più conside­revole di quello che potreste fare in tutta una lunga giornata di lavoro. A sostegno di questo cito, come prova, le parole del Mae­stro: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se perde l'anima sua?". Oh! Se consideraste queste parole, vi si vedrebbe più assidui al santo Sacrificio. Che guadagna in una mezz 'ora l'operaia che tira l'ago, il contadino che coltiva il campo? Appena qualche centesimo. Insensati! Con una sola Messa si arricchirebbero tanto da comperare il Cielo e sacrificano questa fortuna per un lavoro pagato con due o tre monete di rame. Dico di più: sarebbe tutto guadagno, perché Dio nella sua liberalità compenserebbe quella mezz 'ora rendendo più proficuo il lavoro da farsi.

Ecco una riflessione che farà capire ancora meglio quan­to questa negligenza è contraria alla ragione. Se dalle nuvole piovesse l'oro non lascereste da parte le vostre occupazioni? Non vi precipitereste per raccoglierlo? Ebbene, ad ogni Messa cade dal Cielo un oro prezioso che aumenta la grazia divina, la virtù, i meriti, la gloria celeste; è la consolazione e la pietà, è la bene­dizione divina, è il perdono dei peccati, è la remissione della pena, è la partecipazione ai meriti di Gesù Cristo. Quest'oro è la felicità, la grazia, la misericordia, tutte cose di infinito valore e voi avete la possibilità di appropriarvene. Se per risparmiarvi, invece, un leggero incomodo, per non perdere un miserabile guadagno, trascurate di ascoltare la Messa durante la settima­na, sorpassate in stoltezza l'uomo che invece di raccogliere la pioggia d'oro continua a lavorare.

Ascoltiamo Eligio: "La santa Messa ha la priorità su tutte le devozioni e colui che l'abbandona, inaridisce in se stes­so le sorgenti della pietà. Come il sole vivifica tutte le piante, così il santo Sacrificio ravviva tutte le opere. E come il sole, da solo, è più risplendente, più ardente e più utile alla terra di tutti i pianeti, così la Messa è più gradita a Dio, più fruttuosa per voi, più salutare per il mondo, più di soccorso alle anime del purgatorio, di tutti gli altri meriti della giornata. Infatti, nel santo Sacrificio rendete al Signore un omaggio degno di lui e gli procurate una gioia incomparabile". Che aggiungere ancora? Se con le buone opere voi aumentate la felicità degli angeli e dei santi, con la Messa li colmate di gioia; se con le vostre buone opere acquistate una fortuna, con la Messa vi preparate una ricompensa infinita. Spieghiamo questa verità con l'aiuto di un paragone.

Due operai sono impiegati a dissodare un vigneto: uno di loro trova un tesoro, l'altro nulla. Quest'ultimo lavora, col sudore della sua fronte, fino a sera e venuta l'ora della paga, riceve il solito salario. Il primo, dopo la preziosa scoperta, si è riposato ed ha passato il resto del giorno nell'ozio. Eppure, ad onta di tutto questo, ha guadagnato cento volte di più del suo compagno. Così le opere, anche se compiute con la più grande pietà, non sono degne che di un compenso ordinario, mentre la Messa è un tesoro.

Nella S. Messa é il segreto della salvezza

Quali altre considerazioni dovrei sottoporvi, per con­vincervi a non tralasciare mai di assistere alla santa Messa? Voi siete stati creati da Dio per servirlo, ma la Messa è l'intima espres­sione del culto divino. Siete obbligato a ringraziarlo di tanti be­nefici temporali e spirituali e la Messa è il più prezioso di tutti i sacrifici di azione di grazie. Siete sulla terra per lodare la Mae­stà divina, ma la Messa è il più degno Sacrificio di lode. Siete debitore al Signore, ma la Messa è il più completo Sacrificio di espiazione. Correte incessantemente il pericolo di cadere nel peccato, la Messa è il più completo Sacrificio espiatorio. La morte e il demonio vi insidiano per strapparvi la vita e precipitarvi nell'abisso e la Messa è un riparo contro tutti i mali. Infine, nella vostra ultima ora avrete un gran bisogno della protezione dei santi che non potete ottenere più sicuramente che con questo mezzo. Nostro Signore ha detto a santa Matilde che nell'ora della nostra morte manderà tanti santi quante Messe avremo ascoltato.

Se la vostra condizione non vi permette di frequentare assiduamente la chiesa, almeno fate celebrare qualche volta la santa Messa, per supplire alla vostra trascuratezza nel servizio di Dio e per pagare il debito dei vostri peccati. Siete povero? Eccovi un utile consiglio. Un uomo, una donna, una famiglia sono nel bisogno: durante le ore di riposo aiutateli nel lavoro e dopo averli serviti dite loro: “Ascoltate per me la santa Messa, alla quale non posso assistere quotidianamente a causa delle mie occupazioni”. Esaudiranno certamente il vostro desiderio, op­pure manderanno i loro bambini. Così vi procurerete la felicità di avere dei rappresentanti vicino all'altare, mentre attendete ai vostri affari. Non posso dirvi abbastanza quanto sia vantaggiosa questa pratica, ricordatevi solamente l'esempio che ho citato alla fine del XIX capitolo.

Ma, voi obietterete: si può assistere, per un altro, al santo Sacrificio? Indubbiamente, perché ascoltare la Messa non è come ricevere la comunione. Comunicarsi per un altro è, in un certo modo, mangiare per un altro. Ora, come dare ad altri il nutri­mento che si prende? E’ vero, però, che questo non impedisce che le vostre comunioni siano utilissime, sotto altri aspetti, ai vostri fratelli. Per esempio, se voi dite: "Offro questa comunione per le anime del purgatorio", è come se diceste: "Partecipando al santo Sacramento mi sono innalzato dinanzi a Dio ad un gra­do di grazia tutto particolare. Ne approfitto per pregare con più ardore e confidenza per i fedeli della Chiesa purgante". Tale è il vero senso di queste espressioni. Per la Messa è differente: il san­to Sacrificio non è stato istituito soltanto per colui che vi assiste o che l'offre. Gesù Cristo può essere immolato per gli assenti, sia dal celebrante che dal popolo.

Infatti, come dice il sacerdote al Memento dei vivi, coloro che ascoltano la Messa l'offrono per loro stessi e per i loro parenti. In più possono ancora applicare una parte dei meriti che acquistano o delle ricchezze soddisfattorie che vi attingono ad un'altra persona. E sotto questo aspetto considero più van­taggioso ascoltare la Messa per un altro che comunicarsi per il medesimo. Se non avete chi voglia rendervi questo servizio, rac­comandatevi spiritualmente, come ho spiegato più sopra, ad un sacerdote o ad un assistente, durante una Messa della quale sa­pete l'ora e il luogo. In questa maniera l'ultimo povero può par­tecipare al santo Sacrificio. Ma poiché, secondo il noto prover­bio Verba movent, exempla trahunt, le parole commuovono ma gli esempi trascinano, se non bastano le mie parole a persuadervi della bontà di questa pia pratica, seguite gli esempi dei santi che, nonostante le loro numerose occupazioni, non tralasciano mai di assistere alla Messa.

Luminosi esempi

Il Papa Leone III non conosceva soccorso migliore del­l'offerta della santa Messa e la celebrava con gran pietà, non solamente una o due volte al giorno, ma sette e qualche volta nove volte al giorno.

Il santo Vescovo Ulrico aveva l'abitudine di cantare la Messa tre volte al giorno, salvo che non fosse impedito da ma­lattia o da un qualche affare importante. Nei primi tempi della Chiesa, i sacerdoti celebravano ogni giorno tante Messe quante gliene richiedeva la loro devozione personale e la pietà dei fedeli. Il Papa Alessandro Il dichiarò che bastava dirne una, avendo Cristo riscattato il mondo intero con una sola Passione. Aggiunse che il sacerdote che ne celebrava di più spinto da motivi di cupidità o di vana compiacenza, riguardo ai secolari, peccava gravemente. Innocenzo III decise in questo senso: «Ad eccezione della Natività del Signo­re, o a meno di un caso di necessità è sufficiente dire la Messa una volta al giorno». La disciplina attualmente in vigore è precisissima. All'infuori del giorno di Natale in cui, secondo un uso da tempo immemorabile i sacerdoti celebrano tre messe, il dirne due è autorizzato in certe circostanze sottoposte all'approvazione del Vescovo. Oggi per concessione di Benedetto XV si possono celebrare tre Messe anche nel giorno dei morti. (n. d. t.)

Santa Edvige, duchessa di Polonia, tutte le mattine ascoltava più Messe e se nella cappella non c'erano abbastanza sacerdoti, ne faceva chiamare altri che compensava adeguata­mente. Rainaldi narra che san Luigi, re di Francia, assisteva sem­pre a due e spesso a quattro Messe. I suoi servi mormoravano: "Non conviene che un re stia tutta la mattina in chiesa, come un monaco. Il nostro re farebbe meglio ad occuparsi degli affari del regno e lasciare la Messa ai sacerdoti". Avendolo saputo, il re disse loro: "Mi meraviglio delle vostre lamentele. Nessuno di voi mi rimprovererebbe se io dedicassi un tempo anche maggiore al gioco della caccia". Eccellente risposta che non si applica sol­tanto ai servi di Luigi IX, ma a tutti noi. Infatti, se ascoltiamo una o due Messe in un giorno feriale, pensiamo subito di perde­re tempo e guadagno, ma se consacriamo lunghe ore a chiac­chierare, a giocare, a dormire, non proviamo nessuno scrupolo. Che fatale accecamento!

Secondo quello che narra lo stesso Rainaldi, Enrico I, re di Inghilterra, assisteva tre volte al giorno al santo Sacrificio, benché gli affari di Stato non gli lasciassero tregua. Il re di Fran­cia andò a fargli visita e fra le altre cose gli disse: "Non bisogna andare alla Messa tanto spesso come alla predica". Enrico ri­spose: "Non so, ma a me farebbe più piacere contemplare i line­amenti del mio amico che ascoltarne le lodi". Anch'io sono del­lo stesso parere del principe ed a quelli che mi domandano se è meglio ascoltare una Messa o un'istruzione, rispondo sempre che preferisco ascoltare la Messa.

Nessuna devozione era più cara di questa al beato fra Antonio di Stroncone. Serviva all'altare con tale fervore e sen­tiva una tale consolazione che dimenticava il mangiare e il bere. Se fossero state celebrate Messe dall'alba alla sera, non sareb­be mai uscito di chiesa e divenuto vecchio, così che si muoveva a stento, non lasciava mai di assistere ai santi Misteri e anche nel momento della morte volle alzarsi per recarvisi. Gli altri religiosi, nel timore che questo sforzo esaurisse le sue energie, lo pregavano di restare a letto, ma egli rispose loro: “Se sapeste che beneficio riceve l'anima nella Messa, non parlereste così”. Secondo il Baronio, l'imperatore Lotario ascoltava tre Messe al giorno anche al campo e il Surio riferisce che Carlo V non la tralasciò che una sola volta. Il Breviario romano ricorda l'emozione estatica che provava san Casimiro nell'assistere alla santa Messa. Nella vita di san Venceslao leggiamo che l'impera­tore Ottone convocò i principi ed i signori a Worms, per parte­cipare al Concilio, ordinando loro di trovarsi al Palazzo di buon mattino. Il duca di Boemia, invece, si recò a Messa. L'imperato­re e i principi erano impazienti per il suo ritardo ed infine Otto­ne, esasperato, disse loro: "Se arriva Venceslao, nessuno si alzi per fargli posto". Ma quando Venceslao arrivò, l'imperatore, mancando egli stesso all'ordine che aveva impartito prima, con grande meraviglia di tutti scese subito dal trono, andò incontro al duca e lo strinse fra le braccia. Egli si scusò dicendo che non aveva potuto fare a meno di rendere onore a Venceslao, perché aveva visto che era accompagnato da due angeli.

Il celebre maresciallo Tilly era fedele alla stessa devo­zione, a costo dei più grandi pericoli. Un fatto conosciuto da tutti i suoi contemporanei e che ci è stato conservato dal p. Gobat, mostra quanto piaceva a Dio questa sua assiduità.

Durante la campagna del 1623, Tilly ascoltava la Mes­sa che il p. Giovanni Pierson, suo confessore, celebrava in una capanna, quando il barone Lindela venne a dirgli che il duca Cristiano di Brunswick avanzava verso il campo imperiale. "Mio caro Lindela, - rispose il maresciallo - lo vedete, sono trattenuto da un affare urgente. Affrettatevi a ritornare al campo, ordinate le truppe e appena finita la Messa vi raggiungerò". Il barone obbedì, ma arrivato al campo, credette che il maresciallo avesse cambiato idea, perché lo vide a cavallo, a capo dell'armata, sti­molare l'ardore dei soldati e lanciarsi contro gli eretici. In poco tempo la cavalleria nemica fu battuta e trentamila fanti furono uccisi o fatti prigionieri. Dopo la Messa, Tilly che non aveva lasciato la chiesa, montò a cavallo e si lanciò sul campo di batta­glia, dove constatò, con sorpresa, la vittoria dei suoi. Dopo la divisione del bottino, domandò a Lindela a chi dovesse attribu­ire quel glorioso trionfo. L'ufficiale gli rispose: "La vostra pre­senza ha incoraggiato i soldati, siete penetrato nelle file nemiche ed i vostri cavalieri vi hanno seguito!". Tilly, che sapeva bene di non essere arrivato che alla fine del combattimento, riconobbe in questo fatto l'assistenza del Cielo, ma per tenere nascosto il prodigio con il quale era stato favorito, mantenne il più rigoroso silenzio. Il p. Pierson rivelò che il maresciallo aveva ascoltato la Messa fino alla fine e tutti seppero che l'angelo custode del ma­resciallo austriaco aveva combattuto, come aveva fatto un'altra volta, contro i mussulmani, il celeste protettore di un generale spagnolo.

Se molti re, o grandi personaggi ai quali gli affari pub­blici non hanno dato tregua tutti i giorni della loro vita, hanno ascoltato non una ma più Messe durante il giorno, noi che ab­biamo occupazioni di poco conto, come ci scuseremo presso Dio per essercene astenuti? Temo che il Giudice supremo dica con tutta giustizia: "Prendete questo servo inutile, legategli le mani e i piedi e gettatelo nelle tenebre eterne, là dove ci sarà pianto e stridore di denti". Ma, domanderete voi: se ascoltare la Messa nei giorni ordinari è facoltativo, come può Dio dannarci per averla tralasciata? Certamente Dio non vi dannerà espressamente a causa delle vostre omissioni, ma vi punirà di aver trascurato il suo servizio e di non aver fatto fruttificare il talento che vi è stato affidato. Il servitore pigro che fu gettato nelle tenebre non aveva dissipato, né perduto al gioco il deposito del suo padrone e glielo aveva reso tale e quale, ma il suo torto fu di non averlo farlo fruttificare.

Mancanza di zelo

Tralasciando l'ascolto della Messa dobbiamo conside­rare non solo il nostro danno, ma quello recato a Dio e ai santi. Ecco come si esprime a questo proposito il Pedagogo Cristiano: "Il sacerdote che, in stato di grazia ed in buone disposizioni si astie­ne, per una negligenza inescusabile, dal dire la Messa, per quanto dipende da lui, sottrae alla Santissima Trinità la lode e la gloria, agli angeli la gioia, ai peccatori il perdono, ai giusti il soccorso, alle anime del purgatorio il sollievo, alla Chiesa un gran bene spirituale e priva se stesso di un rimedio salutare. Il torto causa­to dal cristiano, che lascia la Messa senza una ragione sufficien­te è, fatta la proporzione, paragonabile a quella del sacerdote". Ah! Se un vostro servo vi arrecasse ogni giorno un danno come quello che voi fate a Dio con le vostre omissioni, vi affrettereste a mandailo via. Temete, dunque, che Dio non respinga anche voi, perché non lo avete servito come dovevate. Spesso Egli pu­nisce questa mancanza di zelo con un'estrema severità. Un fatto narrato da Agostino Manni ed avvenuto in Umbria nell'inverno del 1570, ci servirà da esempio. Tre mercanti di Gubbio si reca­rono un giorno alla fiera annuale che si faceva in un borgo, chia­mato Cisterno. Dopo aver venduto le loro merci, due di loro cominciarono a parlare del ritorno a casa e decisero di porsi in cammino al primo albeggiare dell'indomani, per trovarsi la sera nel proprio paese. Il terzo disapprovò il loro disegno e dichiarò che, essendo l'indomani giorno di domenica, non si sarebbe posto in viaggio prima di aver ascoltato la santa Messa. Cercò per persuadere i compagni a fare altrettanto, ma tutto fu inutile. Essi gli dissero decisamente di avere ormai fissato la loro parten­za allo spuntar del giorno e che Dio li avrebbe perdonati se per una volta tralasciavano di udire la Messa. All'alba del giorno seguente, montarono in sella e cavalcarono verso il loro paese. In breve tempo giunsero al fiume Corfruone che, a causa di un uragano avvenuto la notte precedente, era straordinariamente gonfio d'acqua ed aveva reso pericolante il ponte di legno che portava alla riva opposta. Senza punto badarvi, i due cavalieri salirono a briglia sciolta sul ponte malfermo, ma giunti appena a metà un violento urto delle onde abbatté le travi centrali e i due infelici precipitarono nel fiume coi loro cavalli. Alle grida dei naufraghi, che chiedevano aiuto, accorsero solleciti alcuni contadini, ma non riuscirono a fare altro che tirarne i cadaveri sulla spiaggia, dove furono lasciati esposti finché non venissero riconosciuti. Poco dopo giunse in riva al fiume anche il terzo mercante che, per soddisfare al precetto della Chiesa si era trat­tenuto a Cisterno e vide là distesi i due cadaveri. Al primo sguardo riconobbe i suoi sventurati compagni di viaggio ed appena sen­tito dai circostanti i particolari dell'infausto incidente, levò al cielo le mani, rese grazie all'Altissimo per averlo preservato da una morte così terribile. Possa questo castigo convincervi che non bisogna mai, per un interesse temporale, lasciare la Messa nei giorni d'obbligo, come fanno molti commercianti, senza pre­occuparsi troppo del peccato mortale che commettono. I com­pratori, dal canto loro, sappiano che non sono scusabili se van­no a fare delle compere in luoghi dove è a loro impossibile il compimento del precetto. Sappiano che, con la mercanzia, ac­quistano le pene dell'inferno, salvo che non si tratti di una cosa assolutamente indispensabile. Se i genitori impediscono ai figli di assistere al santo Sacrificio è un dovere per quest'ultimi di seguire l'esempio di santa Genoveffa. Sua madre Geronzia vo­leva trattenerla a casa in giorno di festa, senza una ragione suf­ficiente. Con una fermezza superiore alla sua età, la giovane santa le disse: "Cara madre, in coscienza oggi non posso trala­sciare la Messa. È’ meglio scontentare voi che dispiacere a Dio". Geronzia si incollerì al punto di schiaffeggiare sua figlia, rim­proverandole acerbamente questa sua opposizione. Il castigo non si fece aspettare e Dio rese cieca all'istante quella madre snatu­rata, la quale non guarì che due anni dopo, per le preghiere di Genoveffa.

Un padre ed una madre di famiglia che distolgono i loro figli e i loro servi dall'ascoltare la Messa, o gliela lasciano omettere, commettono una gravissima colpa.

Ascoltate il linguaggio di san Paolo: "Se qualcuno non ha cura dei suoi, soprattutto di quelli che abitano con lui, rinne­ga la sua fede ed è peggiore di un infedele". San Giovanni Crisostomo commenta con queste parole: "Con la parola cura, san Paolo non intende solamente la conservazione del corpo, ma anche quella dell'anima". Infatti, se un padre di famiglia che trascura di dare ai figlioli e alle persone di casa sua il nutri­mento e il vestito, è, agli occhi di Dio, peggiore di un infedele, quanto sarà giudicato più severamente colui che non cerca di procurare loro i mezzi per conquistare la salute eterna!

Secondo mons. Sperelli, vescovo di Gubbio, essendo la Messa quotidiana una delle opere più potenti per assicurare la salute eterna, tutti i capi di famiglia dovrebbero imporre ai loro sottoposti l'obbligo di assistervi tante volte quante è loro possibi­le. Le persone che vivono in campagna, a causa della loro lon­tananza dalle chiese, vi sono obbligate meno severamente degli abitanti della città, dove risiedono dei religiosi che, ordinaria­mente, celebrano di buon mattino.

L'uomo che impedisce al proprio figlio o al servo di ascoltare la Messa è come se dicesse loro: "Non devi servire a Dio, perché non è Dio che ti paga, ma io e quindi lavorerai tutta la settimana solo per me". Se questo linguaggio non esce dalle labbra, risulta evidentemente dalla condotta e tali cristiani sono al di sotto dei pagani e dei rinnegati. Nell'ora della morte sa­pranno quanto hanno offeso Dio.

CAPITOLO VENTOTTESIMO

ESORTAZIONI ALLA PIETÀ DURANTE LA SANTA MESSA


Quanto è triste vedere, in generale, i cattolici assi­stere con poca devozione alla santa Messa! La maggior parte non si occupano che di quanto succede intorno a loro, guar­dano chi va e chi viene, pregano soltanto con le labbra senza che un solo pensiero venga dal cuore! Sono distratti, restano seduti tutto il tempo, come se non avessero nessuna idea del­l'opera che si compie sull'altare, mostrando così che la fede è in loro profondamente sepolta sotto la consuetudine giorna­liera. Spettacolo deplorevole, che pare impossibile possa av­venire in mezzo a coloro che si dicono cristiani! Perciò è mio dovere esporre i mezzi più adatti per togliere le anime da questa inerzia.

Rispetto con cui dobbiamo assistere alla S. Messa

La Chiesa, per mezzo del Concilio di Trento, ci indica con che rispetto dobbiamo assistere al santo Sacrificio. "Rico­noscere - dice - che i cristiani non possono compiere un'opera più santa, più divina di quella di questo augusto mistero, nel quale è offerta quotidianamente dal sacerdote sull'altare la vitti­ma vivificante che ci riconcilia con Dio, è riconoscere, contem­poraneamente, che grande deve essere la nostra cura e la nostra diligenza per assistervi con la maggiore purezza di cuore, purità di intenzione, devoto contegno ed edificante pietà!". Per questo non vi si domanda una devozione sensibile, ma che abbiate almeno la ferma volontà di assistere al Sacrificio con una conve­niente attenzione, come vi farà comprendere il seguente fatto.

Il padre Giovanni Schenau, priore di Grùnenthal, nar­ra che un giorno tre religiose ascoltavano con fervore la Messa e dietro a loro si trovava una pia matrona. Dopo la consacrazio­ne, la signora vide Gesù bambino scendere dall'altare e la prima delle tre religiose prenderlo amorosamente fra le braccia per baciarlo. Gesù andò poi verso la seconda e alzando il velo le sorrise affettuosamente. Infine arrivò davanti alla terza, la guar­dò con occhio severo come se avesse voluto rimproverarla, le dette uno schiaffo e poi risalì sull'altare e scomparve. La signora restò molto sorpresa e fu tentata di giudicare come una pecca­trice la religiosa maltrattata.

Non potendo comprendere da sola il significato della visione, pregò Dio di rivelarglielo e nostro Signore allora le dis­se: "La prima Vergine con la quale mi sono mostrato così buono è debolissima nella sua devozione e molto incostante verso di me. Se non la prevenissi con le mie carezze, forse cederebbe al desiderio di ritornare nel mondo. La seconda ha buone disposi­zioni, purché le accordi qualche consolazione spirituale. Ma la terza è mia sposa amatissima, che mi resta fedele in ogni tempo, anche se le mando delle amarezze e delle persecuzioni". La pia donna riconobbe così il suo errore e comprese la natura della vera devozione.

Persuadetevi, dunque, che la pietà è un fervore spiri­tuale e non una dolcezza sensibile. Essa consiste nel servire Dio, nel restare costantemente alla sua presenza, anche quando non comunica nessuna soavità interna.

Vi basti sapere che non dovete scoraggiarvi né per le distrazioni involontarie, né per i sentimenti di freddezza che provate ogni tanto. Ma ricordatevi sempre della vostra indegni­tà e continuate ad ascoltare fedelmente la Messa. Nonostante la vostra insensibilità Dio vi benedirà ugualmente, purché vi sfor­ziate di uscire dalla vostra apatia. Non facendolo vi privereste di un grande merito, come dimostra la storia seguente.

Un giorno santa Matilde, mentre ascoltava la Messa, vide Gesù Cristo seduto sopra un trono di cristallo, da dove partivano due limpidi ruscelli. Si meravigliò fortemente di que­sto spettacolo, quando le fu rivelato che uno dei ruscelli raffi­gurava il perdono dei peccati, l'altro le consolazioni spirituali e che queste grazie sono comunicate, in virtù della presenza di nostro Signore, specialmente a quelli che assistono al santo Sacrificio.

“All'Elevazione dell'Ostia - scrive la santa - Gesù prese il suo Cuore e tenendolo fra le mani, lo alzò. Quel Cuore divino era come trasparente e intorno diffondeva costante­mente il balsamo di cui era ripieno. I cuori di tutte le persone che erano presenti si libravano nello spazio insieme a quello del Salvatore e qualcuno, ripieno del balsamo del divin Cuo­re, spandeva un vivo chiarore, mentre altri invece restavano opachi e pesanti e ricadevano al suolo”. Matilde seppe allora che i primi appartenevano a quelli che ascoltavano la Messa con devozione e i secondi a quelli che languivano in una col­pevole inerzia.

Vi prego di notare la differenza fra i cuori zelanti e i cuori tiepidi, contrassegnata dalla veggente: i primi, animati dal desiderio di onorare Gesù Cristo sono ripieni del balsamo che spande il Cuore del Salvatore e sono bruciati dal fuoco del divi­no amore, mentre i secondi, volti verso terra, distratti dai pen­sieri mondani, non contengono nemmeno una goccia dell'olio della devozione.

Dio condanna in loro non tanto la mancanza di fer­vore, quanto la volontaria negligenza di elevarsi nella pietà. Ohimè! quanti cristiani meritano questo rimprovero! quan­ti per una inesauribile freddezza si privano di ogni gioia spi­rituale!

Il S. Cuore di Gesù supplisce alle nostre deficienze

Ma che cosa dobbiamo fare, chiederete, se con tutti i nostri sforzi, restiamo senza devozione? Seguite il consiglio dato da nostro Signore a santa Geltrude. Un giorno questa santa si trovava in coro a cantare la Messa e per quanto cercasse di stare raccolta, la fragilità umana non glielo permetteva. “A che serve questa preghiera incostante? È molto meglio smettere”, disse fra sé, disponendosi ad uscire. Gesù allora le apparve col Cuore in mano e le disse: "Vedi, metto il mio Cuore a tua disposizione, affinché tu gli ordini di compiere ciò che non puoi fare con le tue forze. I miei occhi non troveranno così nulla da rimproverare". Sorpresa, le sembrò cosa quasi sconveniente che un Cuore così nobile dovesse supplire alla sua incapacità, ma Gesù le fece questo paragone: "Se tu avessi una bella voce e ti piacesse molto cantare, non ti rincrescerebbe che una delle tue compagne che avesse una voce stonata volesse farsi sentire al tuo posto? Così il mio divin Cuore desidera che tu riversi in esso i doveri che non puoi convenientemente disimpegnare".

Che splendida lezione! Siete distratti alla Messa? Non avete nessuna devozione? Dite a Gesù: "Mi dispiace di sentirmi tanto poco raccolto e prego il tuo divin Cuore di supplire alla deficienza del mio". questa pia supplica non vi impedirà, però, di ricorrere ad altri mezzi che dipendono da voi. Prima di recar­vi alla Messa riflettete a ciò che andate a fare. Non entrate nel tempio per pregare col fariseo, né col pubblicano, ma entrateci con David, per offrire il Sacrificio dicendo: "Ti sacrificherò volentieri" e “O Signore, sono il tuo servo, perciò ti offrirò un sacrificio di lode ed invocherò il tuo santo nome”.

Infatti, voi andate a rendere a Dio l'omaggio più per­fetto, offrendogli un Sacrificio il cui prezzo è infinito. Ascoltate il padre Gobat: “Ascoltare la Messa non è propriamente una preghiera: è un atto di adorazione, è l'offerta di un Sacrificio divino, offerta che i fedeli, se sono convenientemente disposti, fanno col sacerdote”. Lo stesso autore spiega in seguito la natu­ra del Sacrificio: "Sacrificare è compiere l'azione più eccellente, è esercitare tutte le virtù. Sacrificando riconosciamo il sovrano diritto di Dio di essere onorato e glorificato infinitamente. Sa­crificando confessiamo la nostra assoluta dipendenza come cre­ature e perciò il Sacrificio, fra tutti gli atti di religione è il più gradito all'Altissimo e il più utile all'uomo".

Ma ecco che siete in chiesa e il sacerdote sale all'altare: esprimete subito l'intenzione di ascoltare attentamente la Mes­sa. Avete qualche preghiera preferita? Fatela fino alla consacra­zione, unendovi al sacerdote con una continua attenzione. Da questo momento dedicatevi esclusivamente ad adorare nostro Signore ed offrirlo col celebrante.

Ma non dovremmo farci scrupolo, chiederete, di ri­nunciare alle nostre preghiere abituali? Rassicuratevi. Parago­nate al santo Sacrificio queste preghiere: esse sono ciò che il rame è rispetto all'oro. Niente vi impedisce di recitare queste preghiere in un altro momento, mentre potete recitare quelle della Messa soltanto ai piedi dell'altare, dove s'immola il Sal­vatore e dove potete ottenere i frutti più abbondanti. Se, per caso, un giorno siete costretti a lasciare i vostri esercizi di pie­tà, questa omissione vi recherà meno danno del tralasciare la Messa. Al Confiteor, battetevi, in spirito di penitenza, tre volte il petto, svegliate in voi un sincero pentimento delle vostre colpe. A questo fine, rappresentatevi Gesù Cristo prostrato nel giar­dino degli Ulivi, piangente sul vostro stato. Quindi, seguite gli atti del sacerdote e al momento dell'oblazione del pane e del vino, fate la vostra offerta con fervore ed umiltà, riflettendo sulla vostra indegnità che non dovrebbe permettervi neanche di comparire davanti a Dio.

Al Sanctus inchinatevi profondamente per adorare la SS. Trinità,in unione coi Serafini che cantano nel Cielo questa su­blime preghiera.

Dopo il Sanctus viene il Canone: il sacerdote lo recita a voce bassa, per non esporre alla profanazione gli augusti misteri che contiene. 'A questo punto - ci dice l'apostolo san Giacomo nella sua liturgia - ognuno deve tacere, tremare di timore e di­menticare le cose terrestri, perché il Re dei re e il Signore dei signori viene ad immolarsi e a darsi in nutrimento agli uomini. Gli angeli camminano davanti a Lui e si coprono il volto ed intonano dei cantici in mezzo a trasporti di felicità".

A proposito di questi cantici, santa Brigida scrive le ri­ghe seguenti, già citate al XII capitolo: "Un giorno in cui assi­stevo al santo Sacrificio, dopo la consacrazione, mi sembrò che il sole, la luna, tutte le stelle, tutti i pianeti e tutti i cieli, in tutte le loro evoluzioni, cantassero con la voce più dolce e più melodio­sa. Ad essi si aggiungeva un immensa turba di musici celesti, che eseguivano melodie così soavi che non mi è possibile darne una minima idea. I cori degli angeli scendevano contemplando il sacerdote, inchinati verso di lui con una rispettosa tenerezza, mentre i demoni fuggivano spaventati".

Il cielo intero concorre a compiere solennemente il più grande dei miracoli, mentre noi, poveri peccatori, vi assistiamo senza rispetto, senza fede, come ad una cerimonia ordinaria! Oh! Se Dio ci aprisse gli occhi, di quali ammirabili spettacoli saremmo testimoni! Vedremmo la celeste assemblea attenta al rinnovarsi della vita, della passione, della morte del Salvatore. Vedremmo il sole, la luna e le stelle rischiarare questi misteri, i pianeti celebrarli con le loro evoluzioni e i cori angelici glorifi­caili con i loro canti e penetrati dal pio timore che descrive san Giacomo, dimenticheremmo tutte le cose della terra.

La transustanziazione

Fino ad ora ho parlato delle cerimonie che precedono la consacrazione, ora dirò qualche cosa sulla transustanziazione stessa. Nel momento in cui vengono pronunciate le parole sa­cramentali, si aprono i Cieli ed il Figlio di Dio in persona di­scende in tutta la sua Maestà.

A santa Matilde Egli si è degnato di rivelare in quale maniera opera questo atto ineffabile. “Vengo con una tale umil­tà - le disse - che non vi è anima, per spregevole che sia, verso la quale non mi abbassi, purché lo voglia. Vengo con tale dolcezza che mi fa sopportare i nemici più acerrimi e non aspetto che un loro desiderio per riconciliarmi e rimettere i loro debiti. Vengo con tale liberalità che chiunque, per quanto indigente, può esse­re ricolmato di ricchezze. Vengo con un nutrimento così eccel­lente che ne sono saziati i più famelici e abbeverati i più assetati. Vengo con una luce meravigliosa che illumina ogni cieco. Ven­go infine con una pienezza di grazie sufficiente per vincere qua­lunque resistenza e scuotere il torpore delle anime più lente e più pigre”.

Non vi stancate di ammirare nostro Signore che scen­de sull'altare. Considerate quanto desidera rialzare i peccatori, perdonare i suoi nemici, arricchire gli indigenti, nutrire gli affa­mati, illuminare i ciechi, eccitare gli indifferenti. Si compie alla lettera la parola evangelica: "Il Figliolo dell'uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto". "Dio non ha dato al mondo il suo Figliolo per giudicarlo, ma per salvarlo". No, Egli non viene per condannare e punire, ma per rendere ai colpevoli la sua grazia. Nessuno deve dunque temere di comparirgli da­vanti. O peccatori, non è un giudice, ma è un mediatore che s'avanza. Presentandovi davanti al suo sguardo non commettete alcuna colpa, come potrebbe farvene dubitare la coscienza del vostro triste stato, ma preparate la vostra giustificazione. Non peccate nemmeno se, per fragilità, siete distratti e indifferenti, purché siate venuti con buona volontà.

Cerchiamo ora di capire ciò che può provare l'umanità di Cristo riprodotta, in virtù delle sacre parole, sotto le specie sacramentali. Gesù non si contempla nell'Ostia come un uomo che si rimira allo specchio, nel quale scorge la sua immagine; il Salvatore, invece, ha sotto gli occhi la sua reale presenza, si ri­trova in tutti i luoghi dove si compie la consacrazione e davanti a questo ineffabile spettacolo la sua felicità accidentale si accre­sce. L'umano intelletto non può approfondire un tale mistero, nessun cuore mortale può gustare una tale soavità.

Ecco come parla della transustanziazione santa Brigida: “Appena il sacerdote ebbe pronunciato le parole sacramentali, il pane divenne un piccolo agnello che aveva il volto umano cir­condato da una fiamma ardente. Tutti gli angeli che erano pre­senti, lo adoravano e lo servivano ed erano così numerosi come i pulviscoli dell'aria. Inoltre c'era una moltitudine tale di beati che la mia vista non poteva misurare lo spazio occupato da quel­l'immensa turba”. O Dio, che magnifica solennità! Nessuno era in più, nessuno inutile, nessuno disoccupato. Che facevano dun­que? Ce lo dice santa Brigida: “Adoravano l'Agnello e lo servi­vano”, ma in qual modo non lo spiega. Mi immagino alcuni che portano le torce, altri magnifici turiboli, gli uni che cantano so­avi cantici, altri che traggono suoni melodiosi da angelici stru­menti. Ah! Che angoscia proveremmo, se ci fosse concesso sol­tanto una volta di vedere quello che accade alla consacrazione! “Allorché il Figlio di Dio vivente appare sull'altare, fra le mani del sacerdote, l'uomo deve tremare, - scrive san Francesco di Sales - il mondo fremere, tutto il Cielo commuoversi! O ammirabile grandezza! O dignità annichilita! Il Verbo, il Padro­ne di tutte le creature, per la salute dell'uomo si umilia al punto di nascondersi sotto la figura del pane”.

Ma noi non pensiamo a Gesù Cristo, perché non lo vediamo con gli occhi del corpo, mentre gli angeli che lo con­templano "tremano alla sua presenza", secondo il testo del pro­feta e i demoni fuggono spaventati, come l'ha rivelato Egli stes­so a santa Brigida: "Come a queste sole parole: "Sono io!", i miei nemici furono rovesciati, così alle parole della consacrazio­ne: "questo è il mio corpo", i demoni fuggono". Ad esempio degli angeli e dei santi, facciamo quanto è in nostro potere per servire il Salvatore e partecipare a questo adorabile Sacrificio e applichiàmo ad esso tutte le nostre facoltà, affinché, celebrato con la dignità richiesta, apporti i frutti più abbondanti. La ra­gione, allora, ci comanda di lasciare tutte le altre preghiere, di alzare i nostri sguardi verso l'altare, di eccitare vivamente la nostra fede, di adorare umilmente l'Agnello divino, di offrirlo al Padre celeste e di perseverare in questi esercizi tanto quanto Gesù resta presente. Ohimè! Come sono rari gli uomini che ascol­tano la Messa così! La maggior parte continuano le solite prati­che di pietà senza occuparsi di nostro Signore.

Nostre indelicatezze verso la vittima divina

Un paragone dimostrerà meglio la sconvenienza di questa condotta. Un amico vi ha spesso pregato, nelle sue lette­re, di fargli visita. Voi andate e al vostro arrivo non vi dà il ben­venuto, non vi rivolge la parola e vi lascia in piedi come se non vi conoscesse. Non vi accorereste, forse, di questa mancanza di riguardo? Non vi pentireste di aver intrapreso quel viaggio? Ebbene, ad ogni Messa, Cristo scende dal Cielo per visitarvi, per consolarvi e colmarvi delle sue grazie. Egli sta davanti a voi, vi guarda, aspetta che gli parliate e voi non tenete conto della sua presenza. Non lo salutate, non l'adorate, non gli rendete alcuno omaggio e continuate le vostre solite preghiere che non hanno nessun rapporto con la Messa: in poche parole voi agite come se non si compisse l'augusto Sacrificio.

Che dovete fare allora, in quel solenne momento? Imi­tare la condotta del sacerdote. Egli, cadendo in ginocchio, ado­ra Dio che tiene nelle sue mani. Come lui, inchinate profonda­mente la testa, pensate che il vostro Salvatore è nascosto sotto le apparenze dell'Ostia e adoratelo.

Il più elementare sentimento vi consiglia che è conve­niente rendergli questo onore. La Sacra Scrittura ce lo ricorda in molti luoghi e particolarmente nella storia dei Re Magi. “Ar­rivati a Betlemme - dice san Matteo - trovarono il Bambino con Maria, sua madre, si prostrarono a terra e l'adorarono”. Quando il cieco nato comprese che Gesù era il Figlio di Dio, cadde anch'egli in ginocchio e l'adorò. I discepoli ci danno lo stesso esempio: "quando incontrarono il Salvatore nella mon­tagna di Galilea, dove aveva dato loro appuntamento, lo adora­rono"'.

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