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La Santa Messa, il Sacrificium (un capolavoro da non perdere!)

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 17:14
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07/09/2009 17:14

CAPITOLO VENTINOVESIMO

QUALE DEVOZIONE SI DEVE AVERE DURANTE LA CONSACRAZIONE


La parte più importante, il vero centro della Messa è la transustanziazione. Perché il popolo potesse prendervi un'inti­ma parte, la Chiesa ha voluto che il Corpo di Gesù, nascosto sotto le sacre Specie, fosse presentato agli sguardi dei fedeli im­mediatamente dopo la Consacrazione. In quel momento i Cieli si mettono in festa, le sorgenti della salute zampillano sulla ter­ra, le fiamme del purgatorio si addolciscono e gli spiriti infernali sono atterriti dallo spavento. Non fu mai offerto al Signore un dono più commovente, né più magnifico.

Altra meraviglia: quella umanità di Gesù, specchio purissimo e fedelissimo della SS. Trinità, gioiello infinitamente superiore a tutti i tesori della terra, viene presentata dal sacer­dote non sotto una sola forma, ma sotto diverse. Fra le sue mani il Verbo s'incarna di nuovo, nasce di nuovo e soffre la passione, il sudore di sangue, la flagellazione, la coronazione di spine, la crocifissione e la morte. Si interpone nuovamente fra la santità divina e il mondo colpevole, fra il giusto giudice e il povero pec­catore. Oh! quanto il Cuore dell'eterno Dio deve essere com­mosso a questo spettacolo!

Il sacerdote eleva Gesù Ostia

Non solo il sacerdote, però, pone Gesù sotto gli occhi dell'Altissimo. Nelle Rivelazioni di santa Geltrude si legge che il Salvatore offre se stesso in un modo che sorpassa ogni compren­sione. Come concepire ed esprimere i sentimenti di Dio, alla vista di un tale Sacrificio? Chi potrà scrutare questo mistero? Chi potrebbe soltanto immaginarlo? Poiché si rinnova la pre­senza reale di Gesù Cristo, è come se Dio ricevesse un nuovo Figlio, nel quale si contempla come in un nuovo specchio. Nes­sun linguaggio mortale saprebbe descrivere il colloquio del Pa­dre con il Figlio e le testimonianze di amore che reciprocamente si danno. Il Padre ripete, senza dubbio, le parole che pronunciò al Battesimo di Gesù: "Tu sei il mio Figlio diletto nel quale ho posto tutte le mie compiacenze" e il Figlio risponde: "Tu sei il Padre mio e da Te traggo la mia gioia, le mie delizie".

San Bonaventura invita il sacerdote e il popolo a dire all'eterno Padre: "Padre celeste, guarda il tuo unico Figlio, che il mondo intero non può contenere, divenuto nostro prigionie­ro. Accordaci, in nome della sua prigionia, quello che con lui ti domandiamo con insistenza: il perdono dei peccati, la remissio­ne delle pene, l'aumento della grazia, l'avanzamento nella vir­tù, la felicità della vita eterna". Il sacerdote potrebbe anche dire al popolo: "Ecco, o cristiani, il vostro Salvatore, il vostro Santificatore, il vostro Redentore. Guardatelo, con viva fede, nell'Ostia e apritegli il vostro cuore". Beati quelli che credono fermamente alla sua presenza, sebbene sia nascosto dai veli! "Ho veduto il Signore faccia a faccia e l'anima mia è stata salvata", possiamo gridare con il patriarca Giacobbe e anche con più ra­gione, perché questi non ha visto che un angelo mandato da Dio, mentre noi abbiamo sotto gli occhi il divin Salvatore in persona. All'Elevazione tutto il popolo deve fissare l'altare e guardare con fervore il SS. Sacramento. Gesù Cristo ha rivelato a santa Geltrude quanto que­sta pratica è gradita a Dio e utile all'uomo. Nella vita della santa si legge: "Ogni volta che apriamo gli occhi sull'Ostia consacra­ta, aumentiamo i nostri meriti e nell'altra vita godremo di una felicità corrispondente a quella con la quale quaggiù avremo contemplato il preziosissimo Corpo di Gesù". Guardate, dun­que, di non rendervi indegni, con la vostra negligenza, di una promessa così consolante. Non imitate i cristiani male illuminati che, chinando troppo il corpo, si mettono nell'impossibilità di vedere il Salvatore. Secondo la rubrica, il sacerdote deve tenere, per qualche istante, le sacre Specie al disopra della sua testa, per presentarle agli sguardi dei fedeli. A proposito del preziosissimo sangue il messale aggiunge: "Dopo aver adorato, il sacerdote si rialza, prende il calice fra le mani e lo mostra al popolo". Tale è la volontà della Chiesa. Chi non osserva questa regola, cioè chi non alza l'Ostia e il Calice o chi, avendoli alzati, li depone sul­l'altare con troppa fretta, commette una colpa, perché priva il Salvatore degli omaggi dei fedeli.

EFFICACIA DELL'ELEVAZIONE

In un tratto profetico la Bibbia ci insegna l'efficacia di questo uso. quando gli israeliti mormoravano, il Signore man­dò contro di loro dei serpenti il cui morso bruciava e molti ne furono feriti o uccisi. Mosè, pregato dal popolo, invocò il soc­corso del Cielo e Dio gli disse: "Innalza un serpente di rame ed esponilo come un simbolo: ogni ferito che lo guarderà, vivrà". Obbedendo a quest'ordine, Mosè fece innalzare un serpente di rame e tutti i malati che lo guardavano furono guariti. È’ indub­bio che in questo simulacro dobbiamo vedere un simbolo di Cristo, come leggiamo nel Vangelo di san Giovanni: "Come Mosè ha innalzato un serpente nel deserto, il Figlio dell'uomo deve essere innalzato sulla Croce". Se una semplice immagine aveva la virtù di preservare dalla morte gli ebrei feriti dal vele­noso rettile, quanto più facilmente, la pia contemplazione del Salvatore guarirà le anime ferite dal peccato. Dopo, o piuttosto durante questa contemplazione, fate degli atti di fede sulla pre­senza reale di Gesù Cristo nella santa Ostia e offrite il divin Salvatore a Dio Padre per la vostra salute. Vi preparate così una magnifica ricompensa, perché c'è molto merito a credere quello che gli occhi non vedono, che il gusto non sente, che l'intelligen­za non concepisce. La ragione umana, da sola, non potrebbe certamente ammettere che in virtù di cinque brevi parole, il pane ordinario divenga un Dio e che il vino comune sia cambiato nel Sangue di Cristo e perciò i protestanti e gli infedeli ci giudicano insensati. Nondimeno, dobbiamo restare saldi nella nostra fede e sopportare, per amore di nostro Signore, le critiche e i motteg­gi. "Beati quelli che hanno creduto senza vedere", ci dice Gesù ed è come se dicesse: “Beati coloro che, contro tutte le apparen­ze, credono fermamente alla mia reale presenza nel santo Sa­cramento: ad essi darò la vita eterna”.

Come Gesù premia la fede

Il seguente racconto, tratto dalla vita di Ugo da San Vittore, conferma questa consolante dottrina. Ugo aveva insi­stentemente domandato la grazia di vedere Cristo durante la santa Messa. Un giorno gli apparve il Bambino Gesù seduto sul tabernacolo. La visione durò un certo tempo e poi il divin Bam­bino gli disse: "Ugo, tu mi hai voluto vedere con gli occhi del corpo, ma hai perduto un grande merito" e scomparve lascian­do il sacerdote molto rattristato. Esempio efficace per fortificar­vi contro questa tentazione, prova consolante che ogni sguardo gettato sull'Ostia, come testimonianza della vostra fede incrollabile, aumenta il vostro merito.

San Luigi, re di Francia, non perdeva nessuna occasio­ne per praticare questa virtù. Ho già raccontato che un giorno gli fu detto che, non lontano da Parigi, durante la Messa, Gesù Cristo appariva corporalmente e che la folla si precipitava a ve­dere il miracolo. A coloro che lo invitavano ad andare a vedere, il pio monarca rispose: "Vadano quelli che non credono, a vede­re il Signore Gesù: io credo fermamente alla sua presenza reale nelle sacre Specie e perciò resto qui". Senza dubbio, san Luigi sentiva il desiderio, naturale ad ognuno, di contemplare il Bam­bino Gesù, perché sulla terra non vi può essere niente di paragonabile a questo spettacolo, ma preferì privarsi di una sod­disfazione tanto meravigliosa, piuttosto che perdere il merito della sua fede. Per quanto grande possa essere il vostro desiderio di vedere Gesù nell'Ostia, ad esempio di questo gran santo, con­solatevi con la certezza che ne sarete ricompensati in Cielo.

San Pasquale Baylon, religioso dell'ordine di san Fran­cesco, doveva sentire un'attrattiva speciale per la contemplazio­ne delle sacre Specie, perché, narrano i suoi storici, durante la Messa dei suoi funerali, mentre il suo corpo era in chiesa col viso scoperto, aprì due volte gli occhi nel momento dell'Eleva­zione e li fissò sull'Ostia con straordinari segni di gioia e di amo­re. I presenti, molto numerosi, furono testimoni oculari di que­sto prodigio e confermati fortemente nella fede.

Non è meno degno di nota quello che Fornero raccon­ta del valoroso Simone di Montfort. quest'eroe, che ascoltava ogni giorno la Messa, trasaliva di gioia in presenza dell'Ostia e spesso gridava come Simeone: "Ed ora, Signore, lascia riposare in pace il tuo servo, perché i miei occhi hanno visto il mio Salvatore". Per dodici anni combatté gli albigesi col soccorso dei Fran­cesi e dei Tedeschi ma il nemico, conoscendo la sua pia abitudi­ne, un giorno piombò all'improvviso sul campo, seminando il terrore. Gli ufficiali di Simone si affrettarono ad avvisarlo del pericolo che l'esercito correva, pregandolo di uscire di chiesa e correre in soccorso dei suoi. "Lasciatemi prima onorare il Sal­vatore, preferisco le cose divine a quelle terrene", rispose il duca. Ben presto arrivarono altri ufficiali notizie ancora più gravi: le truppe cominciavano a ripiegare. Il generale, però, si ostinava:

"Uscirò di qui soltanto quando avrò visto e onorato Cristo". Poi volgendosi supplichevole a Cristo lo scongiurò, per la virtù della santa Messa, di salvare il suo popolo. All'Elevazione, con tutto il suo cuore, adorò umilmente Gesù realmente presente e l'offrì all'eterno Padre. Poi, quando il sacerdote depose il calice sull'al­tare, disse a quelli che lo circondano: “Andiamo e se piace a Dio, moriremo per Colui che si è degnato morire per noi sulla Cro­ce”. Dette queste parole, prese le armi, montò a cavallo, ordinò i pochi soldati e ottocento cavalieri su tre linee e in nome della SS. Trinità, si slanciò contro il formidabile esercito degli eretici, a capo del quale erano il conte di Tolosa e Pietro d'Aragona. L'eroica schiera di Simone attaccò valorosamente il nemico, uccise ventimila uomini e mise in fuga i superstiti. La vittoria fu attribuita a Montfort, ma per quanto egli fosse valoroso, è certo che, con seicento uomini non avrebbe potuto riportare la vitto­ria, senza uno speciale soccorso del Cielo, soccorso che aveva implorato per i meriti della santa Messa.

Roberto I re di Francia, assediava la città di Melun che non si arrendeva per la strenua difesa dei suoi abitanti. Un gior­no alla Messa mentre all'Elevazione pregava con fervore, per ottenere la vittoria, le mura della città caddero da sole, come già quelle di Gerico e lasciarono il passo libero al re. E’ superfluo dire che questo fatto aumentò ancora la devozione di Roberto.

Dopo avere adorato l'Ostia, fatene subito l'offerta. Ho già trattato dell'efficacia di questo atto, ma aggiungerò alcune efficaci parole che santa Geltrude scrive nelle sue Rivelazioni:

"L'oblazione della santa Ostia cancella tutte le nostre colpe". Cioè, non vi è mezzo più efficace di questo per riconciliarci con Dio. Meditate queste parole, o peccatori, e all'Elevazione, o immediatamente dopo, con tutte le vostre forze, offrite a Dio l'Ostia consacrata, per ottenere il perdono delle vostre colpe. Questo consiglio non è utile soltanto ai grandi peccatori, ma a tutti.

All'Elevazione dell'Ostia, segue l'importantissima ce­rimonia dell'Elevazione del calice. Proprio allora il preziosissi­mo Sangue di Gesù Cristo scorre sui presenti in un modo misti­co, come risulta dalle parole del Vangelo che l'apostolo san Gia­como ha inserito nel suo messale: "questo è il Sangue della nuova Alleanza, versato per voi e per molti altri per la remissione dei peccati".

Identiche espressioni si trovano nella liturgia di san Marco e determinano che nel santo Sacrificio viene versato il Sangue del Salvatore. Ai piedi dell'altare voi ricevete la stessa grazia, come se foste stati, pieni di pentimento e di compunzio­ne, ai piedi della Croce mentre cadevano le gocce del Sangue di Gesù.

Si legge nel libro dell'Esodo che Dio disse agli ebrei: "I figli di Israele immoleranno un agnello e col suo sangue segne­ranno gli stipiti e gli architravi delle loro porte... Alla vista di questo sangue passerò oltre e non saranno colpiti quando flagellerò la terra d'Egitto". Se il sangue dell'agnello pasquale salvò gli israeliti dai colpi dell'angelo sterminatore, il Sangue dell'Agnello senza macchia non ci preserverà, dunque, dagli at­tacchi del demonio che, qual leone che ruggisce, gira attorno a noi per divorarci?

Unirsi spiritualmente al sacerdote che eleva Gesù Ostia

Ma che cosa faranno quelli che sono fuori della chiesa? La Chiesa ha saggiamente ordinato di annunciare l'Elevazione col suono del campanello. A questo segno non mancate di in­ginocchiarvi. Nei campi, come in casa, volgetevi verso la chiesa, per adorare Gesù Cristo che si trova fra le mani del sacerdote. Questa pratica salutare è in uso in molti paesi e bisognerebbe che si diffondesse dappertutto, poiché contribuisce potentemente alla gloria di Dio e alla salute di quelli che la praticano con fe­deltà, come dimostra l'esempio seguente.

Gabriele Biel, distinto teologo, narra che una povera donna aveva un marito brutale che la picchiava senza pietà e la copriva di ingiurie. Da molto tempo soffriva in silenzio, nella speranza che il malvagio si emendasse, ma peggiorando il male ogni giorno di più, cadde in un profondo scoraggiamento e nel­la disperazione. Essa diceva: "Ohimè! Non devo più pensare alla sua conversione, il tempo non fa che aggravare le mie prove e per liberarmene non mi resta altro mezzo che finirla con la vita". Detto questo, prese una corda, l'attaccò ad un chiodo fis­sato in una trave della sua camera, salì sopra una sedia e si passò al collo il nodo fatale. Stava per respingere la sedia sulla quale poggiava i piedi, quando la campana della chiesa vicina annun­ciò l'Elevazione. La poveretta aveva la pia abitudine di inginoc­chiarsi sempre a questo segnale, per adorare umilmente il Sal­vatore. Non volle mancarvi nell'ora suprema e liberatasi della corda, s'inginocchiò e rivolta verso la chiesa, disse: "Signore Gesù, che sei elevato dalle mani del sacerdote, imploro per l'ultima volta la tua misericordia. Io che ti ho adorato tutti i giorni della mia vita, ti adoro e ti offro al Padre celeste, ma poiché tu non mi hai esaudita, ho deciso di porre fine da me stessa al mio insop­portabile tormento". Pronunciate queste parole, la trave si spez­zò e la corda le cadde tra le mani. Piena di stupore non sapeva che cosa pensare, quando nel suo cuore sentì risuonare una voce paurosa: "Se tu non avessi adorato il tuo Dio sull'altare, da oggi saresti all'inferno". Era la voce del demonio. Piena di spavento, la donna comprese subito il pericolo di dannarsi in cui era in­corsa; si pentì della cattiva risoluzione, ne chiese perdono a Dio e lo ringraziò di averla miracolosamente salvata. Compiuto que­sto dovere andò da suo marito e gli rimproverò francamente la sua condotta: "Uomo crudele, - gli disse - tu mi hai ridotta ad una tale disperazione che stavo per porre fine da me stessa alla mia infelice esistenza. Ma nel momento fatale ho sentito la cam­pana dell'Elevazione e a questo segnale mi sono inginocchiata. Appena mi sono rialzata, la trave, alla quale avevo attaccato la corda, è caduta e nello stesso tempo ho sentito il demonio grida­re che se io non avessi adorato il mio Dio sull'altare, da oggi sarei all'inferno. Riconosci, dunque, la tua cattiveria e sappi che risponderai tu del mio delitto davanti al giusto giudice". Impau­rito da queste parole e toccato dalla grazia, il marito confessò i suoi torti. Si corresse, divenne anch'egli molto assiduo alla Mes­sa ed edificò il prossimo con l'esempio.

Quando non potete andare in chiesa, se udite il suono della campana che annuncia l'Elevazione, inginocchiatevi, come quella donna, nella vostra casa. Fatelo francamente senza paura delle beffe dei cattivi. Piuttosto pensate alla sentenza di Cristo: "Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, Io lo riconosce­rò davanti al Padre mio"'. "Chiunque arrossirà di me e delle mie parole sarà rinnegato anche dal Figlio dell'uomo, quando verrà nella sua Maestà".

Ecco un fatto degno di nota riportato negli Annali dei Cappuccini. Fra Bonaventura serviva regolarmente la Messa con gran rispetto e con una gran gioia. Un giorno che non poteva assistervi, perché occupato in cucina, al suono del campanello che annunciava l'Elevazione, si rivolse verso la chiesa e adorò nostro Signore. Quell'atto fu così gradito a Gesù che lo ricom­pensò immediatamente. Le mura che separavano la cucina dal luogo santo, miracolosamente si scostarono e il buon religioso poté vedere l'altare. Immaginiamo facilmente con quale fervore adorò il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. Terminata la sua preghiera, le mura si chiusero così bene che non restò alcuna traccia di quell'apertura, ma in fra Bonaventura fu notato un'ar­dente devozione e si capì bene che gli era successo qualche cosa di straordinario. Noi conosciamo il fatto perché il superiore gli ingiunse di dire tutta la verità'. Presso i Cappuccini è ancora in uso, quando sono fuori del coro, di inginocchiarsi, al momento dell'Elevazione, verso l'altare, per adorare anche da lontano Gesù nascosto sotto le sacre Specie.

Un altro esempio vi farà ancora meglio comprendere quanto è gradito a Dio quest'uso. La duchessa Draomira, ma­dre di san Venceslao, perseguitava i cristiani allo scopo di an­nientarli. Un giorno che, accompagnata dalla figlia, si recava da Praga a Staaz, per onorare la tomba dei suoi antenati e sterminare i cristiani, arrivò ad una cappella situata sul ciglio della strada, al momento in cui il campanello suonava l'Eleva­zione. Il cocchiere scese e si inginocchiò sulla soglia della cap­pella. La duchessa, infuriata, gli ordinò di salire a cassetta e di continuare il cammino, ma essendosi egli rifiutato, proruppe in orribili bestemmie. Immediatamente la vettura ed i cavalli affondarono nel suolo. Le due donne chiedevano soccorso, ma invano e la vettura infine sparì nelle viscere della terra. Il cocchiere si compiacque del suo atto di pietà, perché se invece di scendere per adorare nostro Signore, fosse restato sul sedile, sarebbe stato inghiottito anche lui'. Se non potete ascoltare la Messa nei giorni feriali, fate il possibile per essere presente al­meno all'Elevazione; se passate vicino ad una chiesa dove si celebra la Messa, entrate e se il sacerdote è vicino alla Consa­crazione, inginocchiatevi ed adorate Gesù in questo solenne momento.

La nostra partecipazione liturgica accompagna il sa­cerdote durante tutto il Sacrificio

Che dobbiamo fare quando il calice viene rimesso sul­l'altare? Certe persone hanno l'abitudine di recitare cinque Pater et Ave, in onore delle cinque piaghe. Questa è una pratica eccel­lente, ma fuori luogo. Altre persone continuano a recitare altre preghiere. In campagna ho sentito cantare cantici in lingua vol­gare e inni latini, uso contrario alle intenzioni della Chiesa, che dal Sanctus al Patei; prescrive un silenzio rispettoso, per dare modo al popolo di occuparsi esclusivamente dei Misteri. Infatti, i canti hanno il grave inconveniente di distrarre l'assemblea dei fedeli dall'unica cosa che dovrebbe assorbire tutti i suoi pensieri. I parroci non dimentichino di far osservare una legge così sag­gia e dopo aver raccomandato il raccoglimento ai loro parroc­chiani, li invitino a rivolgere i loro cuori verso Gesù Cristo pre­sente sull'altare.

Premesso ciò, vi dico: dopo la Consacrazione fate quel­lo che fa il sacerdote. Il santo Sacrificio è sua e vostra proprietà e come egli prima della Consacrazione ha offerto continua­mente la Messa a Dio, ora insiste più che mai nella stessa of­ferta. E veramente, che potrebbe fare di più opportuno? Così dopo che ha deposto il calice sull'altare dice: "Noi, tuoi servi e popolo tuo santo, offriamo alla tua sublime maestà un Sacrifi­cio + puro, un Sacrificio + santo, un Sacrificio+ senza mac­chia, il pane + sacro della vita eterna e il calice + dell'eterna salute". Dice il Sanchez: "In tutta la Messa, il sacerdote non pronuncia parole più preziose di queste, essendo impossibile fare qualche cosa di meglio che offrire a Dio questo augusto Sacrificio."

Dunque, se dopo l'Elevazione del calice vi date alle vostre povere, aride preghiere e cessate di unirvi agli atti del sacerdote, rinunciate ai vostri interessi. Miserabili peccatori quali siamo, non abbiamo forse niente da presentare a Dio? Eppure, nonostante la nostra povertà, disponiamo di un tesoro capace di arricchire il Cielo e la terra. Tesoro che san Paolo ci descrive in questi termini: "Dio ci ha dato il suo unico Figlio, come non ci ha dato con lui tutte le cose?". questo dono Dio non ce l'ha fatto una volta soltanto, ma ce lo rinnova ad ogni Messa, come ho ripetuto più di una volta in questo libro. Nello stesso tempo ci dà tutti i suoi beni, affinché glieli offriamo come pagamento di tutti i nostri debiti. Volete, dunque, diventare ricchi? Offrite spesso la santa Messa a Dio Padre. Nei libri si possono trovare dei metodi eccellenti, oppure si potrà usare la seguente preghie­ra: "O mio Dio, ti offro il tuo diletto Figlio, la sua Incarnazione, la sua Nascita, la sua dolorosa Passione; ti offro il suo sudore di Sangue, la sua coronazione di spine, le sue umiliazioni, le sue sofferenze, la sua crocifissione, la sua morte crudele, il suo San­gue prezioso; ti offro, per la tua maggior gloria e per la salute dell'anima mia, tutto ciò che Egli ha fatto, tutto ciò che ha sop­portato, tutti i misteri che riproduce sull'altare".

Semplicissima preghiera, ma molto efficace, che può essere imparata a memoria dal più umile fedele. Questa pia pra­tica che io non cesserò di consigliare alle persone semplici, sarà loro più proficua della recita del rosario. Oltre a ciò, pregate nostro Signore di supplire alla vostra insufficienza e di presenta­re, in vece vostra, la divina oblazione al suo celeste Padre. Il fatto seguente vale più di ogni altra esortazione. Un giorno san­ta Matilde recitava nove Pater in onore dei nove cori degli ange­li e voleva incaricare il suo angelo custode di portare queste pre­ghiere al Signore. Gesù Cristo le disse: "Incarica me del tuo messaggio, perché ogni offerta che mi viene affidata, fra le mie mani si nobilita infinitamente". Prendete per voi quest'invito prezioso e rispondete: "O Gesù, poiché non posso offrire conve­nientemente il tuo Sacrificio, ti scongiuro di presentano per me al tuo eterno Padre". Guardatevi poi da qualunque irriverenza: astenetevi dal ridere, dal parlare, restate in ginocchio, a meno di una vera impossibilità, dalla Consacrazione fino dopo la Comu­nione: sarebbe una sconvenienza farvi prendere dalla noia alla presenza di Colui che si abbassa tanto profondamente per amor vostro. Vi esorto anche ad inginocchiarvi sul pavimento.

I peccati commessi durante la Messa hanno una gravi­tà particolare e, perché offendono direttamente il Salvatore, ri­vestono il carattere di una specie di sacrilegio. "Coloro che chiac­chierano o che ridono durante la Messa - dice san Giovanni Crisostomo - meriterebbero di essere fulminati in chiesa". que­ste severe parole sono indirizzate particolarmente ai padri e alle madri che non correggono l'irriverenza dei loro figli. Ohimè! In molti luoghi, non solamente i più piccoli, ma anche i ragazzi più grandi mancano di rispetto a Gesù Cristo. Si vedono chiacchie­rare senza riguardo, spingersi gli uni gli altri, agitarsi in mille maniere e tutto ciò sotto gli sguardi dei parenti che, per non averli rimproverati, porteranno la responsabilità della loro con­dotta scandalosa davanti a Dio.

CAPITOLO TRENTESIMO

DEL RISPETTO COL QUALE SI DEVE ASCOLTARE LA S. MESSA


Il sacro Concilio di Trento dice: "Poiché i fedeli non possono compiere niente di così santo, né di così divino come questo augusto Sacrificio, nel quale la vittima vivificante è im­molata quotidianamente dal sacerdote sull'altare, è evidente che bisogna portare all'altare un'estrema purezza interna e la devo­zione più fervorosa". questo, per i sacerdoti e anche per gli stes­si fedeli, è un grave argomento di meditazione. Secondo lo sto­rico Giuseppe, nel tempio di Gerusalemme erano impiegati ogni giorno settecento sacerdoti per immolare le vittime, purificarle, bruciarle sull'altare e tutte queste cose si compivano con lo stes­so rispetto come se non ci fosse stato che un solo uomo. Eppure quei sacrifici erano semplici immagini. Con quale devozione, dunque, con quale silenzio e con quale attenzione dobbiamo assistere al santo Sacrificio?

I primi cristiani non erano meno edificanti dei sa­cerdoti giudei: "Se entrano in chiesa - dice san Giovanni Cri­sostomo - baciano umilmente la soglia e durante la Messa serbano un tale silenzio che si crederebbe di essere in un luo­go deserto". Compivano così alla lettera il precetto formula­to, nella liturgia, da san Giacomo: "Quando il Re dei re, Gesù Cristo nostro Signore, viene ad immolarsi e a darsi in nutri­mento ai fedeli, tutti devono dimenticare le cose terrestri, stare in silenzio, nel timore e nel tremore". San Martino fu fedelis­simo a questa raccomandazione e in chiesa non sedeva mai, ma restava in ginocchio o in piedi come compreso da un pio spavento. A quelli che gli manifestavano la loro meraviglia rispondeva: "Come non temere quando ci si trova alla pre­senza del Signore?". Tali erano anche i sentimenti di David: “Andrò nella tua casa e Ti adorerò con timore nel tuo tem­pio”.

Ricordiamoci ancora delle parole che Dio indirizzò a Mosè dal roveto ardente: "Levati i calzari, perché la terra che tu calpesti è santa". Ma quanto più santa è questa chiesa, consa­crata dal vescovo con tante cerimonie, unzioni, preghiere e san­tificata ogni giorno con la celebrazione della santa Messa! Oh! Se David si avvicinava tremando all'Arca dell'Alleanza, quanto più noi dobbiamo tremare, quando entriamo nella chiesa dove è offerto il santo Sacrificio. Dio non ha forse detto: “Temete di comparire davanti al mio santuario e nel mio luogo santo.” queste parole si riferiscono più alle nostre chiese che al taber­nacolo di Israele, come la scala di Giacobbe figurava i nostri templi cattolici più del tempio di Salomone.

Gesù caccia i profanatori dal tempio

Da questo giudicate il peccato che commettono tanti cristiani che stanno in chiesa senza rispetto, come se fossero in casa loro. Alcuni sono così temerari che durante il tremendo Sacrificio, in cui gli angeli si coprono la faccia con le ali, osano girare gli occhi curiosamente da tutte le parti, occupandosi di chi va e di chi viene, pensando alle cose del mondo e chiacchie­rando senza riguardo e senza utilità. Cristo potrebbe dir loro, con ragione, come ai mercanti del tempio: "La mia casa è una casa di preghiera e voi ne avete fatto una spelonca di ladri". "Le chiese cristiane - scrive Corneille de la Pierre - sono veramente la casa di Dio, poiché Gesù Cristo vi risiede in maniera corpo­rale nel SS. Sacramento". Ora, se nostro Signore cacciò con un flagello i giudei profanatori, come non caccerebbe questi cri­stiani indegni?

A questo proposito ecco cosa racconta la beata Veronica di Binasco: "Un giorno in cui ero a Messa fissai gli occhi sopra una religiosa, inginocchiata ai piedi dell'altare. Un angelo, che mi stava sempre vicino, subito mi rimproverò con una tale severità che cre­detti morire di spavento. Mi lanciò un terribile sguardo e mi do­mandò duramente: "Perché hai dato tanta libertà al tuo cuore? Perché hai guardato la tua sorella con curiosità? Sappi che per que­sto sei molto colpevole". In punizione della mia colpa, mi impose, per ordine di Dio, una dura penitenza che mi fece passare tre giorni in lacrime. Ora, quando assisto al santo Sacrificio, non oso più muovere la testa, tanto temo di offendere la Maestà divina".

Questa confessione di un' anima illuminata da una luce celeste, non prova abbastanza quanto dispiace al Signore l'immodestia degli sguardi durante la Messa?

Se la semplice curiosità merita tali rimproveri, che dire di una conversazione cattiva? Poiché è molto più facile tenere a freno la lingua che gli occhi, così, in generale, è un peccato più grave chiacchierare in chiesa che volgere qua e là gli sguardi.

Secondo san Cesario, colui che tralascia la Messa è meno colpevole di colui che parla durante la sua celebrazione, perché il suo chiacchierio disturba il prossimo. Ma voi preten­dete giustificarvi col dire che bisogna rispondere a chi vi interro­ga. Vano pretesto! Niente ci autorizza a parlare durante un tem­po così prezioso, se non fosse per vera necessità. quante perso­ne ascoltano male la Messa per questa ragione! Sappiate che, partecipando ai discorsi degli altri, assumereste anche voi una grande responsabilità.

Ma, obietterete voi: è forse una grande colpa dire una parola all'orecchio del vicino? Ricordatevi la minaccia della Scrit­tura: "Nel giorno del giudizio gli uomini renderanno conto di ogni parola oziosa". Come ogni buona parola sarà registrata nel libro dei vostri meriti, così la più piccola parola inutile sarà scritta nel libro dei vostri peccati.

Come dobbiamo ascoltare la S. Messa

Aggiungo che bisogna ascoltare la Messa in ginocchio, col massimo rispetto, come sembra inculcarci san Paolo nel ce­lebre testo: “Al nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nel Cielo, sulla terra e negli inferi”. Dobbiamo tenere quest'umile posi­zione specialmente quando il Salvatore è presente sull'altare, cioè dalla Consacrazione alla Comunione. Molte persone han­no la cattiva abitudine di restare in piedi durante tutta la Messa e se si inginocchiano alla Consacrazione è per rialzarsi subito dopo, come se nostro Signore si fosse ritirato. Questa condotta è sconveniente e contraria alla fede cristiana. Lo so, gli autori spi­rituali, in generale, permettono di prendere, per pregare, una posizione comoda, per favorire l'applicazione dello spirito, ma qui non dimentichiamo mai che siamo in faccia alla divina Ma­està e che si richiede perciò la posizione più conveniente. Alcuni restano seduti anche alla Consacrazione, come se non credesse­ro alla presenza reale. Se un motivo di salute li obbliga a sedersi lo facciano dal principio della Messa alla Consacrazione, ma poi procurino di stare in ginocchio fino alla Comunione.



Umiltà nell'abbigliamento

È una grande vergogna vedere, a Messa, le donne e le fanciulle abbigliate come quando vanno al teatro o al ballo. San Paolo si scaglia contro un abuso così deplorevole: “Una donna - dice - che prega con la testa scoperta disonora il suo capo”. Applicando questo testo, il papa san Lino ha fatto una legge, ordinando a tutte le donne di stare in chiesa con il velo sul capo e san Carlo Borromeo prescrive di rifiutare l'ingresso in chiesa a quelle che ne sono senza, perché, secondo le parole di Clemente d'Alessandria, "la loro bellezza è un laccio per il cuore degli uomini". Questi severi avvertimenti sono indirizzati ad ogni ceto: le contadine, le operaie e le signore, perché tutte più o meno si adornano: alcune per orgoglio e altre per civetteria.

Tommaso Moro, un giorno disse ad una giovane vesti­ta con eccessiva ricercatezza: "Se in ricompensa della cura che avete di voi stessa, Dio non vi desse l'inferno, commetterebbe certamente una crudele ingiustizia". queste parole servano di avviso a tutte le donne troppo occupate di piacere agli altri. Un giorno san Giovanni Crisostomo domandò ad una persona di questo genere, che entrava in chiesa: "Siete una fidanzata che va alle nozze? Se andate nel luogo santo per implorare miseri­cordia, perché questo lusso? È’ forse questo l'abito di una cristia­na pentita? Non solamente non uscirete giustificata, ma aumen­terete il numero dei vostri debiti e provocherete di nuovo, sopra di voi, la collera del Cielo". Le persone eccessivamente adorna­te fanno molto male in chiesa, perché distolgono dall'altare gli sguardi degli uomini, ai quali, aiutate dal demonio, ispirano dei desideri cattivi. San Girolamo scriveva a Nepoziano: "Esse of­frono il veleno al loro prossimo. Ora colui che prepara il veleno commette un peccato grave, anche se la persona per cui lo pre­para non lo beve. queste donne pericolose si rendono, dunque, colpevolissime, per il solo fatto che presentano a tutti una be­vanda mortale. Sono molto più colpevoli se agiscono così in chiesa durante la Messa, mentre dovrebbero espiare le loro colpe". Il linguaggio di sant'Ambrogio non è meno severo: "Più una don­na si mostra magnifica davanti agli uomini - dice - più è abomi­nevole davanti a Dio; più è lodata dal mondo e più è disprezzata da Dio"

Tommaso de Contimprè racconta che un bambino di sette anni, passando davanti ad un crocifisso per andare in chie­sa, disse a sua madre che camminava vicino a lui ed era ricca­mente vestita: "Guarda, il Cristo è sospeso alla Croce, tutto nudo e sanguinante e tu non hai vergogna di andare ad ascoltare la Messa, vestita con tanto lusso? Bada di non precipitare nell'in­ferno a causa del tuo abbigliamento". quella donna credette riconoscere, in quella sua creatura, la voce di Dio e dopo la Messa, tornata subito a casa, gettò via le sue acconciature, si vestì sem­plicemente e dopo la morte di suo marito, si ritirò in convento. Un po' più tardi suo figlio si fece domenicano. Tutte le donne abbigliate con troppa ricercatezza dovrebbero tremare alla vista del crocifisso. Gesù sembra dir loro: “Vedi, figlia mia, sono so­speso alla Croce, coperto di sangue e di ferite, per espiare la tua vanità. Tu per una crudele ironia vieni qui a far mostra della tua eleganza e non ti vergogni di comparire davanti a me in tale stato, né di scandalizzare col tuo cattivo esempio i presenti. Alla tua morte bada di non essere gettata da me, tuo giudice, nel fuoco eterno”.

Questa minaccia del Salvatore può compiersi sopra di voi, donna vanitosa, come si è già compiuta su tante altre, perché l'amore del lusso è un peccato del quale è difficile ricevere il per­dono, considerato che nessuno se ne pente, né se ne confessa, né si corregge. A che pro confessarvene, se non siete risoluta a modi­ficare le vostre abitudini, se siete decisa a vivere, a morire e a farvi sotterrare con magnificenza? Per meglio comprendere quanto siete colpevole, pensate al tempo che avete perduto, al piacere che ave­te gustato, alla gioia che avete sentito quando altri vi lodavano, alle molte persone di cui avete ferito lo sguardo e a quelle che per la loro povertà, non potendo imitarvi, sono cadute nel peccato di invidia per colpa vostra. Pensate soprattutto agli uomini nei quali avete provocato sguardi curiosi, pensieri pericolosi. Voi non vi date pena per alcuno di questi peccati, non ve ne pentite, non ve ne confessate; morirete come siete vissuta e arriverete al tribunale di Dio con gran rischio di dannarvi.

Ascoltate il severo, ma giusto linguaggio del padre Gio­vanni Lejeune, della Congregazione dell'Oratorio: "La carità e la castità non sempre soffocano l'amore del lusso". Altrove dice: "Gli abbigliamenti colpevoli sono simili al fuoco dell'inferno, che brucia senza consumare. Per essi, le donne perdono l'ani­ma, ma le loro vittime non sono soltanto i peccatori, ma anche i giusti che subiscono gli attacchi di queste fiamme divoratrici". Così il santo religioso aggiunge: "I vani ornamenti sono torce che comunicano il fuoco del peccato, sono presagi della eterna riprovazione Tutte le donne, tutte le giovani vanitose dovrebbero meditare con spavento queste parole. Se una persona casta, ca­ritatevole, penitente, ma troppo portata al lusso, per questo solo fatto corre pericolo di perdere l'anima eternamente, come si salveranno quelle che uniscono a questo gusto impudico, l'impenitenza e la durezza del cuore? Se un abito elegante è una torcia che infiamma di desideri impuri gli stessi giusti, quanto maggiormente sconvolgerà il cuore dei giovani inconsiderati? Tali effetti sono da temersi soprattutto durante la santa Messa, quando gli sguardi arditi cercano ordinariamente le persone belle e attraenti e il peccato è molto più grave in ragione del tempo e del luogo.

Si vedono anche delle donne che osservano curiosa­mente i vestiti o altro che indossano le loro vicine; queste distra­zioni sono una colpa per quelle che se le procurano e per chi ne offre l'occasione.

Ignoranza liturgica

Parlerò, infine, di un ultimo ostacolo che impedisce alla maggior parte dei cristiani di seguire con attenzione la Messa: l'ignoranza delle preghiere liturgiche. Molti non sanno nemme­no la prima parola che dice il sacerdote all'altare. Come si uni­ranno a lui? Ogni cattolico dovrebbe essere sufficientemente istru­ito per non trovarsi giornalmente a sentire il Dominus vobiscum, il Gloria, le Orazioni, le Lezioni senza comprenderne il senso. quale rimedio si può porre a questo male? Seguire la Messa nel messale che contiene le preghiere dette dal celebrante e le rispo­ste del ministro. Tutti i fedeli dovrebbero possedere questo pio libro che, senza dubbio, è il migliore di tutti.

Eccomi alla fine del mio compito. Terminando, rivol­go a tutti quelli che avranno in mano questo piccolo scritto l'umile preghiera di leggerlo e meditarlo spesso. Sentiranno così aumentare il loro fervore per i nostri divini misteri e vi assisteranno con maggiore assiduità e devozione. Già compren­dono l'eccellenza dell'opera e la grandezza della ricompensa, ma lo sapranno meglio nell'ora della morte e durante la beata eternità, mentre gli indifferenti ed i tiepidi riconosceranno il loro torto, senza poterlo riparare con un pentimento troppo tardivo. Prego Dio, con Gesù Cristo suo Figlio nostro Signore e per la virtù dello Spirito Santo di illuminare la mente e di infiammare la volontà dei miei lettori, affinché essi profittino del mio lavoro e facciano partecipare me, povero peccatore, del merito delle loro preghiere.

Anche l'indegno traduttore vi rivolge la stessa preghiera. Ricorda­tevi di lui e dei suoi nel santo Sacrificio e l'avrete pagato al centuplo della fatica che ha sostenuto per farvi conoscere un lavoro così utile e così conso­lante.


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