QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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LE GLORIE DI MARIA

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 10:44
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13/09/2009 10:14

Sant'Alfonso Maria De Liguori
Come scrittore Sant'Alfonso fu e dovrebbe ancora essere popolarissimo. Pubblicò centoundici opere, tra grandi e piccole. Alcune di esse hanno raggiunto decine di edizioni, come le "Visite al SS. Sacramento e a Maria Santissima", le "Massime eterne", la "Pratica di amare Gesù Cristo", "Apparecchio alla morte".

L'opera più bella è "Le Glorie di Maria", che farà registrare la più alta tiratura tra le opere mariane di tutti i tempi: un migliaio di edizioni a partire dal 1750. Esso è composto da varie meditazioni sulle parti che costituiscono la "Salve Regina", le "Sette principali feste di maria", i "Sette dolori di Maria", le "Virtù di Maria Santissima", ossequi di devozione e quasi 100 esempi appartenenti all'azione di Maria Santissima.

Come quasi tutte le Opere di sant'Alfonso si tratta di un testo NON tanto da leggere ma che costituisce la "materia" per fare Orazione Mentale. Per questa ragione e siccome ormai il clero non insegna più questo genere di Esercizio Spirituale, all'inizio del volume abbiamo pensato di inserire delle "Istruzioni per l'uso" costituite da un semplice metodo per fare Orazione, insegnato da un grande santo.
[Modificato da (Gino61) 13/09/2009 10:44]
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S. Alfonso Maria de’ Liguori


Le Glorie di Maria


II Edizione IntraText CT. Copyright Èulogos 2006 - Fonte a stampa S. Alfonso Maria de Liguori, "OPERE ASCETICHE" Voll. VI. e VII, CSSR, Roma 1937-1938. Fonte della trascrizione elettronica P. Salvatore Brugnano, CSSR

 

 

 

ISTRUZIONI PER L’USO

Come quasi tutti i lavori di sant’Alfonso, anche questo andrebbe NON letto ma meditato. Il testo, in altre parole, è molto più utile se usato come “materia” per preparare l’orazione mentale. Uno dei modi più facili per fare orazione mentale è stato schematizzato da sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali:

[45] PRIMO ESERCIZIO: MEDITAZIONE DA FARE CON LE TRE FACOLTÀ DELL'ANIMA SUL PRIMO, SECONDO E TERZO PECCATO.
DOPO UNA PREGHIERA PREPARATORIA E DUE PRELUDI, COMPRENDE TRE PUNTI PRINCIPALI E UN COLLOQUIO.

 

[46] La preghiera preparatoria consiste nel chiedere a Dio nostro Signore la grazia che tutte le mie intenzioni, le mie attività esterne e le mie operazioni interiori tendano unicamente al servizio e alla lode della sua divina Maestà.

 

[47] Il primo preludio è la composizione vedendo il luogo. Qui è da notare che nella contemplazione o meditazione di una realtà sensibile, come è contemplare Cristo nostro Signore che è visibile, la composizione consisterà nel vedere con l'immaginazione il luogo materiale dove si trova quello che voglio contemplare: per luogo materiale si intende, ad esempio, il tempio o un monte dove si trova Gesù Cristo o nostra Signora, secondo quello che voglio contemplare. Nella contemplazione o meditazione di una realtà non sensibile, come in questo caso dei peccati, la composizione consisterà nel vedere con l'immaginazione e nel considerare la mia anima imprigionata in questo corpo mortale, e tutto l'uomo come esule in questa valle fra animali bruti: tutto l'uomo, si intende cioè anima e corpo.

[48] Il secondo preludio consiste nel domandare a Dio nostro Signore quello che voglio e desidero. La domanda deve essere conforme all'argomento trattato. Per esempio, se contemplo la risurrezione, domanderò gioia con Cristo gioioso; se contemplo la passione, domanderò dolore, lacrime e sofferenza con Cristo sofferente. Qui sarà domandare vergogna e umiliazione per me stesso, vedendo quanti si sono dannati per un solo peccato mortale, e quante volte io avrei meritato di essere condannato in eterno per i miei tanti peccati.

[49] Nota. Prima di tutte le meditazioni o contemplazioni, si devono fare sempre la preghiera preparatoria, senza cambiarla, e i due preludi già indicati, variandoli alcune volte secondo l'argomento trattato.

 

[50] Primo punto. Il primo peccato è quello degli angeli: su questo devo esercitare la memoria, poi l'intelletto ragionando, infine la volontà. Voglio ricordare e capire tutto questo per vergognarmi e umiliarmi sempre più, confrontando l'unico peccato degli angeli con i miei tanti peccati: essi sono andati all'inferno per un solo peccato, e io l'ho meritato innumerevoli volte per i miei tanti peccati. Devo dunque richiamare alla memoria il peccato degli angeli: essi furono creati in grazia, ma non vollero usare la libertà per prestare rispetto e obbedienza al loro Creatore e Signore; perciò, divenuti superbi, passarono dalla grazia alla perversione e furono precipitati dal cielo nell'inferno. Devo poi ragionare più in particolare con l'intelletto e suscitare gli affetti con la volontà.

[51] Secondo punto. Il secondo peccato è quello di Adamo ed Eva: anche su questo devo esercitare le tre facoltà dell'anima. Richiamerò alla memoria che, in seguito a questo peccato, essi fecero penitenza per tanto tempo, e fra gli uomini dilagò tanta corruzione, per cui molti andarono all'inferno. Devo dunque richiamare alla memoria il secondo peccato, quello dei nostri progenitori: dopo che Adamo fu creato nella regione di Damasco e posto nel paradiso terrestre, e dopo che Eva fu formata da una sua costola, fu loro proibito di mangiare il frutto dell'albero della scienza; ma essi ne mangiarono e così peccarono; perciò, coperti di pelli e scacciati dal paradiso, trascorsero tutta la vita fra molti travagli e molta penitenza, senza la giustizia originale che avevano perduto. Devo poi ragionare più in particolare con l'intelletto ed esercitare la volontà nel modo già indicato.

[52] Terzo punto. Devo fare ancora lo stesso sul terzo peccato particolare: è il caso di una persona che per un solo peccato mortale è andata all'inferno, e di moltissime altre persone che vi sono andate per meno peccati di quanti ne ho fatto io. Devo dunque fare lo stesso sul terzo peccato particolare, richiamando alla memoria la gravità e la malizia del peccato contro il mio Creatore e Signore. Devo poi ragionare con l'intelletto, considerando che chi ha peccato e agito contro la bontà infinita, giustamente è stato condannato in eterno, e concludere con la volontà nel modo già indicato.

 

[53] Colloquio. Immaginando Cristo nostro Signore davanti a me e posto in croce, farò un colloquio: egli da Creatore è venuto a farsi uomo, e dalla vita eterna è venuto alla morte temporale, così da morire per i miei peccati. Farò altrettanto esaminando me stesso: che cosa ho fatto per Cristo, che cosa faccio per Cristo, che cosa devo fare per Cristo. Infine, vedendolo in quello stato e appeso alla croce, esprimerò quei sentimenti

che mi si presenteranno.

[54] Il colloquio deve essere spontaneo, come quando un amico parla all'amico, o un servitore parla al suo padrone, ora chiedendo un favore, ora accusandosi di una colpa, ora manifestando un suo problema e chiedendo consiglio. Alla fine si dice un Padre nostro.

[Modificato da (Gino61) 13/09/2009 10:17]
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Il Padre Tanquerey, così descrive questo Esercizio Spirituale chiamato orazione mentale:
692. Negli Esercizi Spirituali, S. Ignazio propone parecchi metodi di meditazione, secondo gli argomenti su cui si medita e i risultati che si vogliono ottenere. Il metodo che è generalmente più conveniente agl'incipienti è il metodo delle tre potenze, che si chiama così perchè vi si esercitano le tre principali facoltà: la memoria, l'intelletto e la volontà. Si trova esposto nella prima settimana a proposito della meditazione sul peccato.

693.Principio della meditazione. Comincia con una preghiera preparatoria, con cui si chiede a Dio che tutte le nostre intenzioni ed opere siano unicamente rivolte al servizio e alla lode della Divina Maestà: ottima direzione d'intenzione.

Vengono subito appresso due preludi: a) il primo, che è la composizione del luogo, ha per fine di fissar l'immaginazione e la mente sul soggetto della meditazione, onde tener più facilmente lontane le distrazioni: 1) se è oggetto sensibile, per es. un mistero di Nostro Signore, uno se lo rappresenta il più vivamente possibile, non come fatto avvenuto da molto tempo ma come ne [sic] fosse egli stesso spettatore e vi prendesse parte; ciò che serve certamente a far più impressione; 2) se è oggetto invisibile, per esempio il peccato, "la composizione del luogo sarà di vedere con gli occhi dell'immaginazione e considerare l'anima mia imprigionata in questo corpo mortale; e tutto l'uomo, cioè il corpo e l'anima, esiliato in questa valle di lacrime, tra gli animali privi di ragione"; ossia si considera il peccato in alcuno dei suoi effetti, per subito concepirne orrore.

b) Il secondo preludio "sarà di chiedere a Dio ciò che voglio e desidero, per esempio la vergogna e la confusione di me stesso" alla vista dei miei peccati. Il fine pratico, la risoluzione, apparisce chiaramente fin da principio: in omnibus respice finem.

694.Il corpo della meditazione consiste nell'applicazione delle tre potenze dell'anima (la memoria, l'intelletto e la volontà) a ogni punto della meditazione. Si applica per ordine ognuna delle potenze a ognuno dei punti, tranne che un punto solo porga materia sufficiente per tutta la meditazione. Non è però necessario fare in ogni meditazione tutti gli atti indicati: è bene fermarsi agli affetti e ai sentimenti suggeriti dal soggetto.

a) L'esercizio della memoria si fa richiamando, non in particolare ma nel complesso, il primo punto da meditare; così, dice S. Ignazio, "l'esercizio della memoria intorno al peccato degli Angeli consiste nel pensare come furono creati nello stato di innocenza; come non vollero servirsi della libertà per porgere al loro Creatore e Signore l'ossequio e l'obbedienza a lui dovuti; come, essendosi l'orgoglio impadronito della loro mente, passarono dallo stato di grazia allo stato di malizia, e furono dal cielo precipitati nell'inferno".

b) L'esercizio dell'intelletto consiste nel riflettere più in particolare sullo stesso argomento. S. Ignazio non dà altre spiegazioni, ma vi supplisce il P. Roothaan, osservando che il dovere dell'intelletto è di riflettere sulle verità proposte dalla memoria, di applicarle all'anima e ai suoi bisogni, di trarne conseguenze pratiche, di pesare i motivi delle nostre risoluzioni, di considerare in qual modo abbiamo finora conformato la condotta alle verità che meditiamo e come dobbiamo farlo in appresso.

c) La volontà ha due doveri da adempiere: esercitarsi in pii affetti e far buone risoluzioni. 1) Gli affetti devono certamente diffondersi per tutta la meditazione o essere almeno molto frequenti, perchè son essi che fanno della meditazione una vera preghiera; ma bisogna moltiplicarli soprattutto verso la fine della meditazione. Non occorre affannarsi di come esprimerli: i modi più semplici sono sempre i migliori. Quando ci sentiamo compresi da un buon sentimento, è bene nutrirlo quanto più è possibile, fino a che la nostra devozione sia soddisfatta. 2) Le risoluzioni saranno pratiche, atte a migliorare la vita, e quindi particolari, appropriate allo stato presente, possibili a eseguirsi lo stesso giorno, fondate su ragioni sode, umili e quindi accompagnate da preghiere per ottenere la grazia di metterle in pratica.

695. 3° Viene infine la conclusione, che comprende tre cose: la ricapitulazione delle diverse risoluzioni già prese; pii colloqui con Dio Padre, con Nostro Signore, colla SS. Vergine o con qualche Santo; finalmente la rivista della meditazione, ossia l'esame sul come si è meditato, per rilevarne le imperfezioni e rimediarvi.

A far meglio capire questo metodo, diamo il quadro sinottico dei preludi, del corpo dell'orazione e della conclusione.

I. Preludii.

·        1° Rapido richiamo della verità da meditare.

·        2° Composizione del luogo per mezzo dell'immaginazione.

·        3° Domanda di grazia speciale conforme al soggetto.

II. Corpo della meditazione; si esercita:

·        1° la memoria. Richiamando sommariamente alla mente il soggetto con le principali circostanze.

·        2° l'intelletto. Esamino: 1° Quello che devo considerare in questo soggetto. 2° Quali conclusioni pratiche ne devo trarre. 3° Quali ne sono i motivi. 4° Come ho osservato questo punto. 5° Che devo fare per osservarlo meglio. 6° Quali ostacoli devo allontanare. 7° Quali mezzi usare.

·        3° la volontà. 1° Con affetti fatti in tutto il corso della meditazione, principalmente alla fine. 2° Con risoluzioni prese alla fine d'ogni punto: pratiche, personali, sode, umili, fiduciose.

III. Conclusione.

·        1° Colloqui: con Dio, con Gesù Cristo, colla SS. Vergine, coi Santi.

·        2° Rivista. 1° Come ho fatto la meditazione? 2° In che e perchè l'ho fatta bene o male? 3° Quali conclusioni pratiche ne ho ricavate, quali domande fatte, quali risoluzioni prese, quali lumi ricevuti? 4° Fissare un pensiero come mazzolino spirituale.

696. Utilità di questo metodo. Come si vede, questo metodo è pienamente psicologico e praticissimo. a) Prende tutte le facoltà, compresa l'immaginazione, e le applica per ordine all'argomento della meditazione, portandovi così una certa varietà, onde una stessa verità viene considerata sotto i suoi diversi aspetti, è voltata e rivoltata nella mente per ben compenetrarsene, per acquistar convinzioni e soprattutto per trarne conclusioni pratiche per quello stesso giorno.

b) Pur insistendo sulla importante parte della volontà, che si risolve con cognizione di causa dopo che furono ben ponderati i vari motivi, non trascura la parte della grazia, perchè viene istantemente chiesta fin da principio e vi si ritorna nei colloqui.

c) È particolarmente adatto agli incipienti; perchè fissa, fin nei minimi particolari, ciò che bisogna fare dalla preparazione alla conclusione, e serve di filo conduttore perchè le facoltà non si sviino. Non suppone del resto profonda conoscenza del domma ma quella soltanto che ce ne dà il catechismo, onde s'adatta ai semplici fedeli”.
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Indice

Introduzione del Padre O. Gregorio C.Ss.R.

 

SUPPLICA DELL'AUTORE A GESÙ ED A MARIA

PROTESTA DELL'AUTORE

AVVERTIMENTO AL LETTORE.

INTRODUZIONE

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Parte prima

CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.

CAPITOLO II. - Vita, dulcedo.

CAPITOLO III. - Spes nostra, salve.

CAPITOLO IV. - Ad te clamamus, exsules filii Hevae.

CAPITOLO V. - Ad te suspiramus gementes et flentes in hac lacrimarum valle.

CAPITOLO VI. - Eia ergo advocata nostra.

CAPITOLO VII. - Illos tuos misericordes oculos ad nos converte.

CAPITOLO VIII. - Et Iesum benedictum fructum ventris tui nobis post hoc exsilium ostende.

CAPITOLO IX. - O clemens, o pia.

CAPITOLO X. - O dulcis Virgo Maria.

ORAZIONI MOLTO DIVOTE DI ALCUNI SANTI ALLA DIVINA MADRE

 

Parte seconda.

I. DISCORSI SULLE SETTE FESTE PRINCIPALI DI MARIA

II. RIFLESSIONI SOPRA CIASCUNO DE' SETTE DOLORI DI MARIA IN PARTICOLARE

III. DELLE VIRTÙ DI MARIA SANTISSIMA

IV. - VARI OSSEQUI DI DIVOZIONE VERSO LA DIVINA MADRE COLLE LORO PRATICHE

[CONCLUSIONE DELL'OPERA]

V. - RACCOLTA DI VARI ESEMPI APPARTENENTI A MARIA SANTISSIMA

VI. - ORAZIONI DIVERSE ALLA DIVINA MADRE

 


Introduzione
di O. Gregorio C.Ss.R.

Il secolo XVIII, considerato come l'età di ferro della devozione verso la Madonna, nell'autunno del 1750 vide uscire da una modesta tipografia di Napoli un libro destinato ad esercitare nel Cristianesimo un influsso "profondo, durevole e universale", come sottolineò con debita competenza il Bittremieux. Erano le Glorie di Maria...

I due tometti in-12 con 768 pagine comsplessive, precedute da una immagine della Vergine incoronata di. stelle e spirante misericordia, ebbero subito liete ripercussioni specie tra gli umili, accendendo luci di speranza nel firmamento di quell'anno giubilare proclamato da Benedetto XIV.

L'opera tuttavia non era occasionale e nemmeno precipitosa, come vorrebbero far credere i soliti critici di professione. Pur restando assai significativa nella biografia missionaria di S. Alfonso Maria de Liguori, suo autore, s'inserì vivificante nel movimento della cultura cattolica in perfetto accordo con la sua Teologia pastorale e coni la sua originale concezione della grazia.

Una lettura riposata nel corrente Anno Mariano ci svelerà spontaneamente l' intrinseco valore del granitico capolavoro, che con forza irresistibile continua a suscitare sotto ogni cielo vividi fiammeggiamenti di pietà popolare.

I maestri non tardarono a scoprirvi la serratura d un epoca povera di letteratura mariana e la chiave d'oro del mattino di un periodo nuovo, che è sfociato vittorioso nel meriggio odierno dopo aver spazzato l'arido pessimismo protestante e giansenista.

Le Glorie di Maria "agente ed eco della Mariologia moderna" secondo la giusta definizione del Rivière, storico del dogma della Redenzione, riuscirono doppiamente proficue in quel tempo di decadenza scolastica: come studio e come esercizio spirituale, divenendo il libro classico di parecchi Istituti religiosi. Non ostante l'abbondanza sterminata di produzioni simili nel mercato librario, sono rimaste tali anche nel secolo XX, per nostra fortuna. La parte dottrinale e la parafrasi ascetica, la solida Theologia mentis e la sublime Theologia cordis appaiono plasmate in mirifica maniera italiana, che mentre indicano l'inconfondibile fisionomia del Dottore zelantissimo, formano "l'ultimo grande libro europeo" scritto in lode della Madonna.

La genesi di questo indiscusso monumento, - che combatté con franchezza e pose nell'ombra la Regolata divozione (1747) del celebre Ludovico Antonio Muratori, deve cercarsi nella sensibilità squisita e tenera di S. Alfonso e un po' nei suoi immediati intenti apostolici e polemici. Da sé per dir così sorse un significato letterario non trascurabile, che entusiasmava l'avvocato Bartolo Longo nell'uso largo fattone per la propaganda del Santuario di Pompei e delle iniziative sociali annesse.

L'elaborazione fu lunga: certamente il libro iniziato nel 1734 a Villa Liberi, l'antica Sclavia, dove S. Anselmo stese il famoso trattato Cur Deus homo, fu ultimato nella quieta vallata di Ciorani presso Mercato San Severino, nel cui castello sostò, come sembra, l'Angelico San Tommaso.

Il 12 ottobre del, 1750 l'autore spedendo uno dei primi esemplari delle Glorie di Maria in omaggio al dotto canonico Fontana, l'accompagnava col seguente biglietto: "Invio a V. Sig. Ill.ma il mio povero contraddetto libro della Madonna uscito finalmente dopo molti stenti, e dopo molti anni di fatica a raccogliere in breve quello che ci sta". In parole sobrie è delineata la storia della composizione e dell'affannosa revisione, compiuta dal Savastano e dal chiarissimo Prof. Martorelli, questi regio e quello esaminatore ecclesiastico. Vi è sottinteso un gaudio interiore, dal quale erompe il trepido amore del Santo per quest'opera che fu la prediletta fra un centinaio di altre date alla luce.

Il 13 giugno del 1734 il Padre Francesco Pepe (m. 1759) mariologo gesuita meridionale, rispondeva a S. Alfonso, che l'avea consultato su alcune questioni: "Dica poi quanto vuole a gloria di questa gran Madre… Dia alle stampe il libro, e tutto a gloria di tal gran Madre ". L'11 luglio dello stesso anno Mons. Tommaso Falcoia, vescovo di Castellammare di Stabia e suo direttore di spirito, gli scriveva: "Vi benedico mille volte l'operetta intrapresa per promuovere la devozione di Nostra Signora e Madre. Lei ve la faccia riuscire di fuoco".

Il pio scrittore non portò fretta. Con la sua tipica costanza e probità seguitò per altri tre lustri a studiare l'argomento, che riguardava come la perla della Teologia, mettendo nelle indagini impegno filiale assai serio. Leggitore formidabile convocava "i grandi a testimoniare ai piedi della Madre e Regina la loro fede somma, inconcussa, quasi risposta al gesto di Dio, che l'ha fatta e l'ha manifestata dappertutto sì grande e sì indispensabile a noi". E dal lungo studio e grande amore scaturiva quel "piccolo volume che è il centro locale d'irradiazione di Padri, Vescovi, Patriarchi, Contemplativi, Apologeti".

Nel suo disegno S. Alfonso si propose di condensare i risultati più salienti e più puri dei predecessori per assicurare il trionfo delle tesi mariane tradizionali. Omesse le sottigliezze, s'industriò di fare una sintesi nel clima della cultura e civiltà settecentesca, scrutando con acuta intelligenza gli orizzonti lontani. Oggi notiamo che le intuizioni teologiche furono tanto copiose e precise da superare l'ambiente. Sotto quest'aspetto parve persino troppo ardito a coloro che legati a strette correnti di pensiero minimizzavano le prerogative della Madre divina, atteggiandosi a paladini dell'onore dovuto al Verbo Incarnato!

Con un coraggio, che sconcertava gli epigoni muratoriani, desiderosi di norme ristrettive nel culto mariano coi loro scrupoli intellettualistici, l'autore cominciò con dedicare il lavoro a Gesù Cristo, confessando candidamente: "Io non so pertanto a chi meglio raccomandarlo che a Voi, cui tanto preme la gloria di questa Madre". Dopo un rapido Avvertimento, così utile per la storia della Mariologia, esponeva in una nitida Introduzione il duplice fine dell'opera, la maniera dello svolgimento ed indi il piano generale.

Conoscendo l'acida avversione degli eretici per la Salve Regina, sceglieva come tema fondamentale della prima parte appunto questa magnifica antifona liturgica, e dividendola in 10 brani costruiva su questa trama organica 10 capitoli inespugnabili come altrettante tesi tomistiche.

Nella seconda parte includeva nove discorsi ariosi intorno alle principali feste della Madonna, sette riflessioni sopra i suoi dolori, dieci paragrafi sulle sue virtù, dieci ossequi da praticarsi in suo onore, 89 esempi ricavati da scrittori attendibili, diverse orazioni e canzoncine. Dopo la descrizione documentatissima di Maria Vergine premurosa soccorritrice del genere umano con deliberata insistenza sul concetto della sua mediazione universale nella distribuzione delle grazie, S. Alfonso ne tracciava il ritratto soave, spingendo le anime con una intimità affettiva gagliarda ad amarla, supplicarla ed imitarla. Nessuno come lui aveva sinora capito il fascino eccezionale che possiede la Madonna per attirare efficacemente le anime a Gesù Cristo.

Tale è il profilo del libro, riboccante di idee, di esempi e di preghiere tuttora recitate con trasporto. In seguito vi aggiunse una risposta serrata alle recriminazioni dell'enigmatico Lamindo Pritanio redivivo (1756) e un'altra più vivace per ributtare la stravagante riforma intentata dall'oscuro Leoluca Rolli (1775). Per tal via l'Enciclopedia Mariana era completa.

Non era facile fatica di epitomatore o combinazione più o meno ingegnosa di citazioni e racconti, priva d'impronta personale! Il santo Dottore con accorgimento utilizzava i tesori dottrinali del passato e coordinandoli col suo metodo caratteristico donava ai maleriali raccolti il vigore della sua anima. In questo lavoro gigantesco di selezione brilla ovunque l'eccezionale suo sentimento di ortodossia tridentina, al di sopra degli errori che possono incontrarsi circa l'attribuzione di fonti o la certezza di taluni episodi.

Eppure c'è ancora chi con la mentalità miope del tagliapietre grida all'intarsio superficiale e si ferma al di qua della semplice erudizione, presa talvolta di seconda mano! Non vede la costruzione armonica, scevra di esagerazioni notate nel P. Pepe e di lacune teologiche lamentate nello storico modenese. Né è capace di apprezzare la massiccia diga creata contro le tendenze corrosive serpeggianti in un mondo frivolo che minacciava di crollare.

Le Glorie di Maria non sono un cifrario prolisso di testi patristici e biblici, né somma di deduzioni compilato per una circostanza festiva, né una esplosione esuberante di affetti dai colori partenopei. Sarebbero già intristite come i consueti florilegi...

S. Alfonso non si accinse a scrivere pei soli napoletani secondo certe recenti pretese! Volle fare opera di. pietà e di scienza, pensata e ruminata, che i secoli vanno compitando stupiti, trovandovi il simbolo dei nuovi tempi, e come disse David "un évangil marial".

Il 1854 salutò giulivo il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria; il 1950 ha plaudito al dogma della sua Assunzione corporea al cielo; l'avvenire aspetta l'alba gaudiosa della Mediatrice di tutte le grazie. L'immacolata, l'Assunta, la Mediatrice sono le tre stelle della Mariologia di S. Alfonso, contro cui si accanirono i discepoli di Giansenio, ritenendole indiscrete!

La prova migliore dell'attualità delle Glorie di Maria, capolavoro di teologia orante e contemplante e pegno di poderosa vittoria del verace culto cattolico per la SS. Vergine, è da ricercarsi nel successo editoriale addirittura prodigioso. Niun libro sulla Madonna è stato tanto letto, particolarmente nell'Ottocento. M. De Meulemeester, bíbliografo fiammingo, ha elencate 736 edizioni fatte tra il 1750 e il 1932, di cui 109 nel testo originale. La somma è imponente, senza dubbio.

Nell'ultimo ventennio le ristampe sono avvenute con ritmo lodevole. Tra le numerose edizioni segnaliamo per la loro importanza quella curata dalla regina di Sardegna, Vener. Maria Clotilde (in. 1802), e l'altra preparata testé dal mariologo servita P. Gabriele Roschini. Sorpassa poi tutte le ristampe antiche e moderne l'edizione critica dei Padri Redentoristi in due volumi in-8 con note marginali ed appendici (vol. VI, Roma 1936; vol. VII, Roma 1937), basata sul testo remondiniano rivisto e postillato nel 1761 dal medesimo S. Alfonso, il cui prezioso esemplare si conserva nel Museo Civico di Bassano del Grappa.

L'attualità delle Glorie di Maria è dimostrata dalla notevole letteratura sviluppatasi intorno ad esse. Tra i molti studii meritano una fuggevole menzione le pubblicazioni di Godts, del Card. Van Rossum, di Dillenschneider, di Santonicola che nel 1950 stampò: L'Assunzione di Maria V. e la mente di Sant'Alfonso.

I protestanti naturalmente disistimando la Mariologia Alfonsiana, l'hanno spesso attaccata con uno stile denigratorio più che scientifico. Pusey, Meyrick, Achelis, Heiler, Wernle, Evans, Zoeckler e prossimamente il valdese Giovanni Miegge si sono alternati nella lotta, illudendosi di accantonarla in un angolo polveroso di biblioteca. Un certo Brewer da Frascati lanciava uno smilzo opuscoletto arrabattandosi a collocare S. Alfonso, nientedimeno, contro l'Apostolo San Paolo! La trovata banale è giovata ancor una volta a mostrare la forza viva delle Glorie di Maria nel tentativo di screditarle.

Il P. Vitti nella Civiltà Cattolica (7 maggio 1951) scriveva: "Se ci domandiamo ora che cosa abbia perduto in bellezza ed efficacia, dopo due secoli, questo meraviglioso gioiello, possiamo rispondere con sicurezza che anzi ci pare che si trovi oggi quasi nel suo ambiente. L'ora di Maria suscita fervori d'indagini. E si può trovare quanto offra di sicurezza e come intensifichi I' impeto il piccolo libro di due secoli or sono".

Non ha torto.

"Manuale per eccellenza della devozione confidenziale verso la Madonna " (D'Alès) resterà anche domani come un fermento tra le masse cristiane sarà ancora il termometro spirituale di ogni anima, nelle crisi. "Codice di salutare fiducia", come lo definì l'Accademico Goyau, ci aiuterà ad approfondire le familiarità della Madre divina con noi, poveri peccatori, spianando ai teologi il sentiero delle loro future ricerche.

Prendi, caro lettore, queste pagine che comunicano luce e calore; leggile in tutti i sabati dell'anno o almeno nelle principali festività mariane. Anche tu constaterai commosso come il P. Gabriele Roschini: "Per me le Glorie di Maria sono il più bel libro scritto in italiano sulla Madonna".

Roma, 2 febbraio,1954

P. Oreste Gregorio

in S. ALFONSO M DE LIGUORI, Opere Spirituali

Serie B - Le Glorie di Maria

Edizione PP. Redentoristi, Roma-Pagani, 1954, pp. VII-XVIII


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SUPPLICA1 DELL'AUTORE A GESÙ ED A MARIA

 

Mio amantissimo Redentore e Signor Gesù Cristo, io miserabile vostro servo, sapendo il piacere che vi dà chi cerca di glorificare la vostra santissima Madre, che tanto voi amate, e tanto desiderate di vederla amata ed onorata da tutti, ho pensato di dare alla luce questo mio libro, che parla delle sue glorie.

Io non so pertanto a chi meglio raccomandarlo, che a voi, cui tanto preme la gloria di questa Madre. A voi dunque lo dedico e raccomando. Voi gradite questo mio picciolo ossequio dell'amore, che ho per voi e per questa vostra Madre diletta. Voi proteggetelo con far piovere luci di confidenza e fiamme d'amore a chiunque lo leggerà verso questa Vergine immacolata, in cui voi avete collocata la speranza e 'l rifugio di tutti i redenti.2 E per mercede di questa povera mia fatica donatemi, vi prego, quell'amore verso di Maria, ch'io ho desiderato con questa mia Operetta di vedere acceso in tutti coloro che la leggeranno.

A voi mi rivolgo poi, o mia dolcissima e Signora e Madre mia Maria: voi ben sapete ch'io dopo Gesù in voi ho posta tutta la speranza della mia eterna salute; poiché tutto il mio bene, la mia conversione, la mia vocazione a lasciare il mondo, e quante altre grazie ho ricevute da Dio, tutte le riconosco donatemi per vostro mezzo. Voi già sapete ch'io per vedervi amata da tutti, come voi meritate, e per rendervi ancora qualche segno di gratitudine a tanti benefizi che m'avete fatti, ho cercato sempre di predicarvi da per tutto, in pubblico ed in privato, con insinuare a tutti la vostra dolce e salutevole divozione. Io spero di seguire a farlo sino all'ultimo fiato di vita che mi resta; ma vedo che per gli anni avanzati e per la mia logora sanità già si va accostando il fine del mio pellegrinaggio e la mia entrata all'eternità; onde ho pensato prima di morire di lasciare al mondo questo mio libro, 3 il quale seguiti per me a predicarvi e ad animare anche gli altri a pubblicare le vostre glorie e la grande pietà che voi usate co' vostri divoti.

Spero, mia carissima Regina, che questo mio povero dono, benché troppo scarso al vostro merito, pure sia gradito al vostro gratissimo cuore, poich'è dono tutto d'amore. Stendete dunque quella vostra dolcissima mano, colla quale mi avete liberato dal mondo e dall'inferno, ed accettatelo e proteggetelo come cosa vostra.

Ma sappiate poi che di questo mio picciolo ossequio io ne voglio la ricompensa: e questa sia ch'io da oggi avanti v'ami più di prima, e che ognuno, in mano di cui pervenirà questa mia Operetta, resti infiammato del vostro amore, sicché subito si aumenti in esso il desiderio d'amarvi e di vedervi amata anche dagli altri: onde s'impegni con tutto l'affetto a predicare e promuovere quanto può le vostre lodi e la confidenza nella vostra potentissima intercessione. Amen. Così spero, così sia.

Amantissimo benché vilissimo servo

 

ALFONSO DE LIGUORI DEL SS. REDENTORE.


1 La I ediz. ha: Invocazione.
2 La I ediz.: di tutti noi.
3 Le ediz. del 1750 e '56 hanno: questo mio povero libro.


PROTESTA DELL'AUTORE

Se mai alcuno stimasse qualche proposizione scritta nel libro esser troppo avanzata, mi protesto di averla detta ed intesa nel senso della santa Chiesa Cattolica, e della sana Teologia. Per esempio, chiamando Maria Mediatrice ho inteso chiamarla tale, solo come Mediatrice di Grazia, a differenza di Gesù Cristo, ch'è il primo e l'unico Mediatore di Giustizia. Chiamando Maria Onnipotente (siccome l'han chiamata ancora S. Giovan Damasceno, S. Pier Damiani, S. Bonaventura, Cosmo Gerosolimitano, ed altri), ho inteso nominarla tale, in quanto ella come Madre di Dio ottiene da Lui colle sue preghiere quanto dimanda a beneficio de' suoi divoti; poiché né di questo, né di altro Attributo Divino può esser mai capace una creatura, qual'è Maria. Chiamando Maria nostra Speranza, ho inteso di chiamarla tale, perché tutte le grazie (come tiene S. Bernardo1 ) passano per le sue mani.



 

1 Le parole di S. Bernardo, come quelle degli altri autori sopra citati, possono leggersi nei cap. V e VI.




AVVERTIMENTO AL LETTORE.

Acciocché la presente mia Operetta non abbia ad incontrare qualche taccia presso de' troppo critici, ho stimato mettere in lume più chiaro qualche proposizione, che in essa può incontrarsi, e sembrare avanzata o forse oscura. Ne ho notate qui alcune, che le altre, se mai, caritativo lettore, verranno sotto l'occhio, ti prego giudicare essere da me dette ed intese nel senso della vera e soda Teologia e della S. Chiesa Cattolica Romana, di cui mi protesto figlio ubbidientissimo.

Nell'introduzione pertanto alla pagina 18 riferendomi al cap. V del libro, ho detto che Iddio vuole che tutte le grazie ci provenghino per mano di Maria. Or questa è una verità di gran consolazione per le anime teneramente affezionate a Maria SS., e per li poveri peccatori che vogliono convertirsi. Né dee parere a alcuno aliena dalla sana Teologia; imperocché il padre di quella, cioè S. Agostino (Lib. de sancta virginitate, cap. 6) dice con generale sentenza, che Maria ha cooperato per mezzo della sua carità alla nascita spirituale di tutti i membri della Chiesa: Mater quidem spiritu, non capitis nostri, quod est ipse Salvator, ex quo magis illa spiritualiter nata est: quia omnes, qui in eum crediderint, in quibus et ipsa est, recte filii sponsi appellantur; sed plane Mater membrorum eius quae nos sumus, quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur, quae illius capitis membra sunt.1 E un autor celebre, e niente sospetto di essere troppo esagerante, o per fantasia accesa falsamente divoto (Mons. Nicole, Istruzioni teologiche e morali sopra l'orazione domenicale, salutazione angelica, ecc., Istr. 3, c. 2) soggiunge: Come fu propriamente sul Calvario che Gesù Cristo ha formato la sua Chiesa, egli è chiaro che la santa Vergine ha cooperato in una maniera eccellente e singolare a sì fatta formazione. E nella stessa maniera può dirsi che se ella avea partorito Gesù Cristo capo della Chiesa senza dolore, non ha poi partorito senza dolore il corpo di questo capo. Ond'ella ha cominciato sul Calvario ad essere di una maniera particolare Madre di tutta la Chiesa.2 Adunque, per dir tutto in breve, Iddio santissimo per glorificare la Madre del Redentore, ha determinato e disposto che la grande carità di lei preghi per tutti coloro, per li quali ha il divino suo Figlio pagato ed offerto il soprabbondantissimo prezzo del di lui prezioso sangue, nel quale solo est salus, vita et resurrectio nostra. 3

E sul fondamento di questa dottrina, e su quanto con essa si accorda, ho inteso dire le mie proposizioni (Part. I, pag. 159, 161, 205, 210, 232, etc.), le quali anche i santi ne' colloqui affettuosi fatti con Maria e ne' fervorosi discorsi fatti di Maria non hanno avuta difficoltà di asserire. Onde un antico Padre appresso il celeberrimo Vincenzo Contenson (Theolog. mentis et cordis, tom. 2, lib. 10, dissert. 6, cap. 1, Speculat. 2, in Reflexiones) ha scritto: In Christo fuit plenitudo gratiae sicut in capite influente; in Maria vero sicut in collo trasfundente.4 Il che chiaramente è insegnato dall'Angelico maestro S. Tommaso (Opusc. Exposit. in salut. ang. circa med.), che conferma tutto: Dicitur autem beata Virgo plena gratiae, quantum ad tria... Tertio quoad refusionem in omnes homines. Magnum enim est in quolibet sancto, quando habet tantum de gratia quod sufficit ad salutem multorum: sed quando haberet tantum quod sufficeret ad omnium hominum de mundo, hoc esset maximum; et hoc in Christo et in beata Virgine. Nam in omni periculo potes salutem obtinere ab ipsa Virgine gloriosa. Unde (Cantic. IV): Mille clypei, id est remedia contra pericula, pendent ex ea. Item in omni opere virtutis potes eam habere in adiutorum, et ideo dicit ipsa (Eccli. XXIV). In me omnis spes vitae et virtutis.5


NOTE

 

1 Invece di “membrorum eius, quae nos sumus”, si legge: “membrorum eius, quod nos sumus”. S. AUGUSTINUS, Liber de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399.

2 “Comme c'est proprement sur le Calvaire que Jésus-Christ a formé son Eglise, il est clair que la sainte Vierge a coopéré d'une maniére excellente et singuliére à cette formation; et ainsi on peut dire que si elle avait enfanté Jésus-Christ, Chef de l'Eglise, sans douleur, elle n'a pas enfanté sans douleur le corps de ce Chef, mais plutôt avec des peines dont il n'y a que Dieu qui sache la mesure. - Ainsi on peut dire de la sainte Vierge qu'elle a commencé sur le Calvaire d'étre d'une manière particulière la Mère de toute l'Eglise.” Instructions théologiques et morales sur l'Oraison dominicale, la Salutation angélique, etc., par feu Monsieur NICOLE, Paris, 1725. Troisième instruction, ch. 2, pag. 98, 99.

3 In festo Exalt. S. Crucis, Introitus.

4 Vincentius CONTENSON, O. P., Theologia mentis et cordis, lib. 10, Dissertatio 6, cap. 1, Speculatio 2, Reflexio (in fine): “Addit Hieronymus: “Ceteris per partes praestatur gratia, Mariae vero se totam infundit gratiae plenitudo. In Christo fuit plenitudo gratiae sicut in capite influente, in Maria vero sicut in collo transfundente.” - Vedi Appendice, 1.

5 S. THOMAS, Devotissima expositio super salutatione angelica. Opera, Romae, 1570, tom. 17, Opusculum 8, fol. 75, col. 3 et 4.


INTRODUZIONE

Lettore mio caro e fratello in Maria, giacché la divozione che ha spinto me a scrivere e muove or voi a leggere questo libro, ci rende ambedue figli felici di questa buona Madre, se mai udiste dire da alcuno ch'io potea far di meno di questa mia fatica, essendovi già tanti libri dotti e celebri che trattano di questo soggetto, rispondetegli, vi prego, colle parole che lasciò scritte l'abbate Francone nella biblioteca de' Padri, che la lode di Maria è una fonte così ampia, che quanto più si dilata tanto più si riempie, e quanto più si riempie tanto più si dilata: Laus Mariae fons est indeficiens, qui quanto amplius tenditur, tanto amplius impletur; quanto amplius impletur, tanto amplius dilatatur.1 Viene a dire che questa Vergine beata è così grande e sublime, che quanto più si loda tanto più resta a lodarla. A tal segno che dice S. Agostino (Ap. B. Dion. Carth.) che non bastano a lodarla quanto ella si merita tutte le lingue degli uomini, benché tutte le loro membra si convertissero in lingue: Etiamsi omnium nostrum membra verterentur in linguas, eam laudare sufficeret nullus.2

Ben io ho osservati innumerabili libri che trattano delle glorie di Maria, e grandi e piccioli; ma considerando che questi erano o rari o voluminosi o non secondo il mio intento, perciò ho procurato di quanti autori ho potuto aver per le mani di raccogliere in breve, come ho fatto in questo libro, le sentenze più scelte e spiritose de' Padri e de' Teologi, affine di dare il comodo a' divoti, con poca fatica e spesa, d'infiammarsi colla lezione nell'amor di Maria, e specialmente di porgere materia a' sacerdoti di promuovere colle prediche la divozione verso questa divina Madre.

È solito degli amanti mondani il parlare spesso e lodare le persone amate, per vedere con ciò dagli altri anche il loro amore lodato ed applaudito. Troppo scarso dunque dee3 supporsi esser l'amore di coloro che si vantano amanti di Maria, e poi poco pensano a parlarne e a farla amare ancora dagli altri. Non fanno così i veri amanti di quest'amabilissima Signora: vorrebber questi lodarla da per tutto, e vederla amata da tutto il mondo; e perciò sempreché possono o in pubblico od in privato, cercano di accendere nel cuore di tutti quelle beate fiamme, da cui si senton essi accesi d'amore verso la loro amata Regina.

Affinché poi ciascuno si persuada quanto importi al bene proprio e de' popoli il promovere la divozione di Maria, giova intendere quel che ne dicono i Dottori. Dice S. Bonaventura che quelli che s'impiegano in pubblicare le glorie di Maria son sicuri del paradiso.4 E lo conferma Riccardo di S. Lorenzo con dire che l'onorar questa Regina degli Angeli è lo stesso che 'l fare acquisto della vita eterna: Honorare Mariam, est thesaurizare vitam aeternam (De laud. Virg., l. 2). Poiché la gratissima Signora, soggiunge il medesimo, honorificantes se in hoc saeculo, honorificabit in futuro:5 ben s'impegnerà ella ad onorare nell'altra vita chi in questa s'impegna ad onorarla. E chi non sa la promessa fatta da Maria stessa a coloro che si adoprano a farla conoscere ed amare in questa terra? Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, 31), come le applica la santa Chiesa nella festività della sua Immacolata Concezione.6 Exulta - dunque diceva S. Bonaventura, che tanto s'impiegò in pubblicare le lodi di Maria, - exulta, anima mea, et laetare in illa, quia multa bona sunt laudatoribus praeparata.7 E giacché tutte le divine Scritture, soggiungeva, parlano in lode di Maria, procuriamo sempre, e col cuore e colla lingua, di celebrare questa divina Madre, acciocché da lei siamo un giorno condotti al regno de' beati: Si enim omnes Scripturae loquuntur de ea, Deiparam perpetuo corde et lingua celebremus, ut ab ipsa ad gaudia aeterna perducamur.8

Si ha dalle rivelazioni di S. Brigida che solendo il B. Emingo vescovo dar principio alla sue prediche dalle lodi di Maria, apparve un giorno alla santa la stessa Vergine, e le disse: Dite a quel prelato che suol cominciar le sue prediche dalle mie lodi, ch'io voglio essergli madre, e che io presenterò l'anima sua a Dio, e farà buona morte (Revel., cap. 104).9 Ed in fatti morì quegli da santo, orando, e con una pace di paradiso. Ad un altro religioso domenicano, che terminava le sue prediche con parlar di Maria, in morte ella anche gli apparve, lo difese da' demoni, lo confortò, e seco si portò la sua anima felice (Ap. il P. Auriem.).10 Il divoto Tommaso da Kempis introduce Maria che raccomanda al Figlio chi pubblica le sue lodi, così: Fili, miserere animae amatoris tui, et laudatoris mei (Serm. 20, ad Nov.).11

In quanto poi al profitto de' popoli, dice S. Anselmo ch'essendo stato fatto l'utero sacrosanto di Maria la via a salvare i peccatori, non può non avvenire che alle prediche di Maria i peccatori non si convertano e si salvino: Quomodo fieri potest ut ex memoria laudum eius salus non proveniat peccatorum, cuius uterus facta est via ad peccatores salvandos? (S. Ans., lib. III, de Exc. V., cap. I).12 E s'è vera la sentenza, come io per vera la tengo,13 siccome proverò nel capo V § 1 di questo libro, che tutte le grazie sol per mano di Maria si dispensano, e che tutti quei che si salvano, non si salvano che per mezzo di questa divina Madre; per necessaria conseguenza può dirsi che dal predicar Maria e la confidenza nella sua intercessione, dipende la salute di tutti. E così sappiamo che S. Bernardino da Siena santificò l'Italia; così S. Domenico convertì tante province; S. Luigi Beltrando in tutte le sue prediche non lasciava mai d'esortar la divozione a Maria;14 e così tanti altri.

Io trovo che 'l P. Paolo Segneri iuniore, celebre missionario, in tutte le sue missioni faceva sempre la predica della divozione a Maria, e questa egli chiamava la sua predica diletta.15 E noi16 nelle nostre missioni, dove abbiamo per regola impreteribile di non tralasciar mai la predica della Madonna, possiamo attestar con tutta verità, che niuna predica riesce per lo più di tanto profitto e compunzione a' popoli, quanto questa della misericordia di Maria. Dico della misericordia di Maria; poiché dice S. Bernardo che noi lodiamo sibbene la sua umiltà, ammiriamo la sua verginità, ma perché siamo poveri peccatori, più ci alletta e piace il sentir parlare della sua misericordia: mentre questa più caramente abbracciamo, di questa più spesso ci ricordiamo, e questa più spesso invochiamo: Laudamus humilitatem, miramur virginitatem, sed miseris sapit dulcius misericordia: misericordiam amplectimur carius, recordamur saepius, crebrius invocamus (Ser. IV, de Ass.).17

Che perciò in questo mio libretto, lasciando agli altri autori il descrivere gli altri pregi di Maria, ho preso per lo più a parlare della sua gran pietà e della sua potente intercessione; avendo raccolto, per quanto ho potuto, colla fatica di più anni,18 tutto quello che i SS. Padri e gli autori più celebri hanno detto della misericordia e della potenza di Maria. E perché nella grande orazione della Salve Regina, approvata già dalla stessa Chiesa, ed intimata da lei a recitarsi per la maggior parte dell'anno a tutto il clero regolare e secolare, vi si ritrovano a maraviglia descritte la misericordia e la potenza della Ss. ma Vergine; pertanto mi sono posto in primo luogo a dichiarare con distinti discorsi questa divotissima orazione. Oltre di ciò poi ho creduto far cosa grata a' divoti di Maria, l'aggiungervi le Lezioni, o sian Discorsi sulle sue Feste principali, e sulle Virtù di questa divina Madre; con porvi in fine le pratiche degli Ossequi più usati da' suoi servi e più approvati dalla Chiesa.

Divoto lettore, se mai vi gradisce, come spero, questa mia Operetta, vi prego di raccomandarmi alla santa Vergine, acciocché mi doni una gran confidenza nella sua protezione. Questa grazia per me cercate, e quest'ancora io vi prometto di cercare per voi, chiunque siete, che mi fate questa carità.19

Oh beato chi si afferra coll'amore e colla confidenza a queste due ancore di salute, dico a Gesù ed a Maria; certamente che non si perderà.

Diciamo dunque di cuore, lettor mio, ambedue col divoto Alfonso Rodriguez: Iesus et Maria, amores mei dulcissimi, pro vobis patiar, pro vobis moriar; sim totus vester, sim nihil meus (Ap. Auriem., Aff. sc.).20 Amiamo Gesù e Maria, e facciamoci santi, che non v'è fortuna maggiore di questa che possiamo pretendere e sperare. Addio. A vederci un giorno in paradiso a' piedi di questa dolcissima Madre e di questo amantissimo Figlio, a lodarli, a ringraziarli ed amarli insieme a faccia a faccia per tutta l'eternità. Amen.21

 

ORAZIONE ALLA B. VERGINE PER IMPETRAR BUONA MORTE

O Maria, dolce rifugio de' miseri peccatori, quando l'anima mia dovrà partirsi da questo mondo, Madre mia dolcissima, per quel dolore che provaste in assistere alla morte del vostro Figlio in croce, assistetemi allora colla vostra misericordia. Allontanate da me i nemici dell'inferno, e venite voi allora a prendervi l'anima mia, ed a presentarla all'eterno Giudice. Regina mia, non mi abbandonate. Voi dopo Gesù avete da essere il mio conforto in quel terribile punto. Pregate il vostro Figliuolo che mi conceda per sua bontà di morire allora abbracciato a' vostri piedi, e di spirare l'anima mia dentro le sue sante piaghe, dicendo: Gesù e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia.


NOTE

 

1 “Laus Mariae fons est indeficiens, qui quanto longius extenditur, tanto amplius impletur, quanto amplius impletur, quanto amplius impletur, tanto latius dilatatur.” Bibliotheca maxima Patrum, Lugduni, 1677, tom. 21, pag. 307 D. - ML 166-755: FRANCONIS, Abbatis Affligemensis (+ 1130), De gratia Dei libri XII, lib. 7.

2 ML 39-2130, Sermo 218, in Appendice ad sermones S. Augustini, n. 4. L'autore sarebbe o “Fulbertus, Episc. Carnutensis”, o, più probabilmente, S. Ambrosius Autpertus (O. S. B., + 778 o 781).

3 Nell'ediz. Bassanese leggiamo questa breve annotazione autografa: “Si avverta, dove dice deve, si metta sempre dee, perché deve non è buona parola”. Noi ci atterremo all'intenzione dell'autore.

4 “Scire et cognoscere te est radix immortalitatis: et enarrare virtutes tuas est via salutis.” Psalterium B. Mariae Virginis, Ps. 85. Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, tom. VI, p. 485. - Vedi Appendice, 2.

5 “Honorare siquidem Mariam, thesaurizare est sibi vitam aeternam.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, num. 2. “Glorificabit in futuro servientes sibi et honorificantes se in praesenti.” Ib., n. 43. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, 33, col. 1; 45, col. 2.

6 Nell'antico officio dell'Immacolata Concezione. Ma la stessa applicazione fa la S. Chiesa in varie feste della Vergine: Nome di Maria, Maternità di Maria, festa del Buon Consiglio, del Perpetuo Soccorso, ecc.

7 Psalterium B. M. V., Ps. 43. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Moguntina, 1609, Lugdunen., 1688, VI, 482. - Vedi Appendice, 2.

8 PACIUCHELLI, O. P., Excitatio dormitantis animae... ad colendam... Virginem Deiparam, Excitatio 25 in Ps. 86 (in fine), dopo riferiti alcuni versetti del Salterio detto di S. Bonaventura, soggiunge: “Haec et nos proloquamur. Si enim omnes Scripturae loquuntur de ea, erimus ne nos ad eam laudandam elingues?... Deiparam perpetuo... corde et lingua celebremus, ut ab ipsa ad gaudia aeterna perducamur.”

9 “Maria dixit: “Dic eidem episcopo (Hemmingo, episcopo Aboensi) quod, quia omnes praedicationes suas inchoare solet a laude mea... ego volo ei esse in matrem, et eius animam praesentare Deo.” S. BIRGITTAE Revelationes, Revelationes extravagantes (extra VII libros ab Alphonso, Episcopo Giennensi, distinctos), cap. 104. - Nel decorso del secolo XIV, invalse l'uso di cominciare la predica colla recita della Salutazione angelica.

10 AURIEMMA, S. I., Affetti scambievoli tra la Vergine SS. e suoi divoti, parte 1, capo 1. - Magnum Speculum exemplorum, dist. 7, ex. 56. - Vitae Fratrum Praedicatorum, Additio ad partem 5.

11 “Felix religiosus ille, contemnens omnia solatia mundi, qui Dominam nostram sanctam Mariam eligit sibi in Matrem consolantem et totius vitae suae custodem protegentem. Nulli dubium quin pia et misericors Mater... loquetur libenter pro fideli servo suo, de mundo migrante, verbum bonum et suave, placando faciem dilecti sui Redemptoris nostri... dicens: “Fili mi amantissime, miserere animae famuli tui, amatoris et laudatoris mei...” THOMAS A KEMPIS, Sermones ad novitios, pars 3, sermo 2. Opera, I, Coloniae Agrippinae et Coloniae Allobrogum, 1759.- Opera, ed. nova, Pohle, VI, 202: ad novitios sermo 21.

12 “Qui namque fieri potest ut ex memoria laudis eius salus non proveniat peccatori, cuius uterus factus est via ipsi, ad salvandum peccatorem venienti Salvatori?” Inter Opera S. Anselmi: EADMERUS, Cantuariensis monachus Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 1. ML 159-558.

13 In tutte le ediz. si legge: “Com'io per vera la tengo e per indubitabile.” Il santo nell'ediz. Bassanese corresse di proprio pugno come sopra.

14 S. Bernardini Senensis Vita, a B. IO. A CAPISTRANO conscripta, Opera S. Bernardini, I, XXVI, col. 2: zelo nel predicare le lodi di Maria; XXXVIII, col. 2, XXXIX, col. 1: efficacia della sua predicazione. - DEL CASTIGLIO, Istoria generale di S. Domenico e dell'Ordine suo, parte I, lib. 1, cap. 11. - Acta Sanctorum Bollandiana, die 10 octobris, Vita auctior S. Ludovici Bertrandi, auctore A. AVIGNONO, lib. 2, cap. 3, n. 55.

15 Della divozione del P. Segneri Iuniore verso Maria SS., del suo zelo per propagarla, e della sua predica su questo argomento, vedi GALLUZZI, Vita, lib. 4, cap. 3. Con questa predica conchiuse le sue apostoliche fatiche, e la sua vita.

16 I missionari della Congregazione del SS. Redentore.

17 “Laudamus virginitatem, humilitatem miramur: sed misericordia miseris sapit dulcius, misericordiam aplectimur carius, recordamur saepius, crebrius invocamus.” S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., Sermo 4, n. 8. ML 183-429.

18 Il santo cominciò a preparare assai per tempo quest'opera, alla quale sembra alludere una lettera scrittagli dal P. Franc. Pepe, S. I., il 13 giugno 1734. (Cfr. C. Romano, Delle Opere di S. Alfonso M. De Liguori, pag. 44.)

19 Nella I ediz. era qui aggiunto il seguente brano: “Dopo cotesto libro della Speranza in Maria, che ora vi do, spero tra breve di darvene un altro dell'Amore a Gesù suo Figlio, che forse non meno di questo vi gradirà.” - Nella II ediz. (1756) il Santo eliminò questo periodo, perché già aveva pubblicato sin dal 1751 L'Amore dell'Anime, (Crf. nostra ediz., volume V.)

20 “Gesù e Maria, amori miei dolcissimi, patisca io per voi, muoia io per voi, sia tutto vostro e niente mio.” AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, pag. 397, Bologna, 1681. Questa giaculatoria trovasi in latino in un altro libro dello stesso AURIEMMA, Fiamme e saette amorose d'un cuore acceso d'affetto verso Maria, Napoli, 1733, pag. 31, 32: “Iesus, Maria, amores mei dulcissimi, patiar pro vobis, moriar pro vobis, sim totus vester et nihil meus. Alfonso Rodriguez.” - Mi si offre un proposito fatto da Alfonso ne' seguenti termini: “Il terzo esercizio sarà che sempre tragga innanzi a te il dolcissimo Gesù e la purissima e dolce Maria Madre sua: dal lato del tuo cuore Gesù e dal lato diritto la sua Madre, dicendo loro: Gesù, Maria, miei dolcissimi Signori, muoia io e patisca io per i vostri amori. Andrai sempre con attuale amore amandoli.” BONAVENIA, Vita, 1888, lib. 2, cap. 15, pag. 167.

21 La I ediz. ha: Amen. Così sia.
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13/09/2009 10:19

Parte prima

CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.

 

 

§ 1. - Quanta dee esser la nostra confidenza in Maria, per esser ella regina della misericordia.

 

Poiché la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser madre del Re de' regi, con giusta ragione la S. Chiesa l'onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di regina. Se il figlio é re, dice sant'Atanasio (Serm. de Deip.), giustamente la madre dee stimarsi e nominarsi regina: Si ipse rex est qui natus est de Virgine, mater quae eum genuit, regina et domina proprie ac vere censetur.1 Sin da che Maria, soggiunge S. Bernardino da Siena, diede il suo consenso in accettare d'esser madre del Verbo eterno, sin d'allora meritò di esser fatta la regina del mondo e di tutte le creature: Haec autem Virgo in illo consensu meruit primatum orbis, dominium mundi, sceptrum regni super creaturas (Tom. II, s. 51).2 Se la carne di Maria, discorre S. Arnoldo abbate, non fu divisa da quella di Gesù, come poi dalla monarchia del figlio può esser separata la madre? Neque a dominatione Filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro. Ond'è che dee giudicarsi la gloria del regno non solo esser comune tra la madre e 'l Figlio, ma ben anche la stessa: Filii gloriam cum matre non tam communem iudico, quam eamdem (S. Arn., de Laud. Virg.).3

 

E se Gesù è re dell'universo, dell'universo ancora è regina Maria. Regina constituta, totum iure possidet Filii regnum (Ruperto abbate).4 Sicché, dice S. Bernardino da Siena, quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacche gli angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'impero di Dio, son anche soggette al dominio della Vergine: Tot creaturae serviunt gloriosae Virgini, quot serviunt Trinitati; omnes namque creaturae, sive angeli, sive homines, et omnia quae sunt in caelo et in terra, quia omnia sunt divino imperio subiecta, gloriosae Virgini sunt subiectae (To. II, cap. 61).5 Quindi rivolto alla divina Madre Guerrico abbate, così le parla: Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui, fiducialiter age tamquam regina, mater regis et sponsa; tibi debetur regnum et potestas:6 Siegui dunque, o Maria, siegui sicura a dominare, disponi pure ad arbitrio de' beni del tuo Figlio, mentr'essendo madre e sposa del re del mondo, si dee a te, come regina, il regno e 'l dominio sopra tutte le creature.

 

Regina dunque è Maria; ma sappia ognuno, per comun consolazione, ch'ella è una regina tutta dolce, clemente, ed inclinata al bene di noi miserabili. Perciò la santa Chiesa vuole che noi la salutiamo in questa orazione e la chiamiamo Regina della misericordia. Il nome stesso di regina, come considera il B. Alberto Magno, significa pietà e provvidenza verso de' poveri; a differenza del nome d'imperatrice, che significa severità e rigore.7 La magnificenza dei re e delle regine consiste nel sollevare i miserabili, dice Seneca: Hoc reges habent magnificum, prodesse miseris.8 Sicché dove i tiranni nel regnare han per fine il proprio bene, i regi debbono aver per fine il bene de' vassalli. Ond'è, che nella consagrazione de' re si ungono le loro teste con olio, simbolo di misericordia, per dinotare ch'essi in regnando debbono sopra tutto nudrire pensieri di pietà e beneficenza verso de' sudditi.

 

Debbono dunque i regi principalmente impiegarsi nelle opere di misericordia; ma non talmente che si dimentichino di usar la giustizia verso de' rei, quando si dee. Non così Maria, la quale, benché regina, nulladimeno non è regina della giustizia, intenta al castigo de' malfattori, ma regina della misericordia, intenta solo alla pietà ed al perdono de' peccatori. E perciò la Chiesa vuole che espressamente la chiamiamo regina della misericordia. Considerando il gran cancelliere di Parigi Giovan Gersone le parole di Davide: Duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12), dice che, consistendo il regno di Dio nella giustizia e nella misericordia, il Signor l'ha diviso: il regno della giustizia se l'ha riserbato per sé, e 'l regno della misericordia l'ha ceduto a Maria, ordinando che tutte le misericordie che si dispensano agli uomini passino per mano di Maria, ed a suo arbitrio si dispensino. Ecco le parole di Gersone: Regnum Dei consistit in potestate et misericordia: potestate Deo remanente, cessit quodammodo misericordiae pars Matri regnanti (Pars III, tr. 4, sup. Magn.).9 E lo conferma S. Tommaso nella prefazione all'Epistole canoniche, dicendo che la S. Vergine, allorché concepì nel seno il divin Verbo e lo partorì, ottenne la metà del regno di Dio, con divenir ella la regina della misericordia, e restando Gesù Cristo re della giustizia: Quando Filium Dei in utero concepit, et postmodum peperit, dimidiam partem regni Dei impetravit, ut ipsa sit regina misericordiae, ut Christus est rex iustitiae.10

 

L'Eterno Padre costituì Gesù Cristo re di giustizia, e perciò lo fe' giudice universale del mondo; onde cantò il Profeta: Deus, iudicium tuum regi da, et iustitiam tuam filio regis (Ps. LXXI, 2). Qui ripiglia un dotto interprete, e dice: Signore, voi avete dato al vostro Figlio la giustizia, quia misericordiam tuam dedisti matri regis.11 Onde S. Bonaventura ben volta il suddetto passo di Davide con dire: Deus, iudicium tuum regi da, et misericordiam tuam Matri eius.12 Così parimente l'arcivescovo di Praga Ernesto dice che l'Eterno Padre ha dato al Figlio l'officio di giudicare e punire, ed alla Madre l'officio di compatire e sollevare i miserabili: Pater omne iudicium dedit Filio, et omne officium misericordiae dedit Matri.13 Che perciò predisse lo stesso profeta Davide che Dio stesso, per così dire, consacrò Maria per regina di misericordia ungendola con olio di allegrezza: Unxit te Deus... oleo laetitiae (Ps. XLIV, [8]). Acciocché tutti noi miseri figli di Adamo ci rallegrassimo in pensando di aver in cielo questa gran regina tutta piena d'unzione di misericordia e di pietà verso di noi, come dice S. Bonaventura: Maria plena unctione misericordiae et oleo pietatis, propterea unxit te Deus oleo laetitiae (S. Bon., in Spec., cap. 7).14

 

Ed a tal proposito quanto bene si applica dal B. Alberto Magno l'istoria della regina Ester, la quale fu già figura della nostra regina Maria.15 Si legge nel libro d'Ester al cap. IV che, regnando Assuero, usci ne' suoi regni un decreto, con cui si ordinava la morte di tutti i Giudei. Allora Mardocheo, che era uno de' condannati, raccomandò la lor salute ad Ester, acciocché si fosse interposta col re, affin di ottenere la rivocazione della sentenza. Sul principio Ester ricusò di fare quest'officio, temendo di sdegnare maggiormente Assuero. Ma la riprese Mardocheo, e le mandò a dire ch'ella non pensasse a salvare solo se stessa, mentre il Signore l'avea posta sul trono per ottenere a tutti i Giudei la salute: Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis Iudaeis (Esth. IV, 13). Così disse Mardocheo alla regina Ester, e così ancora possiamo dir noi poveri peccatori alla nostra regina Maria, se mai ella ripugnasse d'impetrarci da Dio la liberazione del castigo giustamente da noi meritato. Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis hominibus: Non pensate, Signora, che Dio vi abbia esaltata ad essere la regina del mondo solo per provvedere al vostro bene, ma acciocché ancora voi, fatta sì grande, possiate più compatire e meglio soccorrere noi miserabili.

 

Assuero, allorché vide Ester alla sua presenza, le domandò con amore che cosa fosse ella venuta a cercargli: Quae est petitio tua? Rispose allor la regina: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex, ... dona mihi... populum meum pro quo obsecro.16 Mio re, gli disse, se mai ho trovata grazia negli occhi tuoi, donami il popolo mio, per cui ti prego. Ed Assuero l'esaudì, subito ordinando che si rivocasse la sentenza.

 

Or se Assuero accordò ad Ester, perché l'amava, la salute de' Giudei, come Dio potrà non esaudire Maria, amandola egli immensamente, allorch'ella lo prega per li miseri peccatori che a lei si raccomandano, e gli dice: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex: Mio re e Dio, se mai ho trovato grazia appresso di voi - ma ben sa la divina Madre essere stata ella la benedetta, la beata, la sola fra tutti gli uomini a trovare la grazia dagli uomini perduta; ben sa esser ella la diletta del suo Signore, amata più che tutti i santi ed angeli insieme - dona mihi popolum meum, pro quo obsecro. Se mai mi ami, gli dice, donami, Signore, questi peccatori per cui ti supplico. È possibile che Dio non l'esaudisca? E chi non sa la forza che hanno appresso Dio le preghiere di Maria? Lex clementiae in lingua eius (Prov. XXXI, [26]). Ogni sua preghiera è come una legge stabilita dal Signore, che s'usi misericordia a tutti coloro, per cui intercede Maria.

 

Domanda S. Bernardo, perché la Chiesa nomina Maria Regina di misericordia? E risponde, perché noi crediamo ch'ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; si che non vi è peccatore, per enorme che sia, il quale si perda, se Maria lo protegge: Quod divinae pietatis abyssum cui vult, quando vult, et quomodo vult, creditur aperire; ut nemo tam enormis peccator pereat, cui Sancta sanctorum patrocinii suffragia praestat (S. Bern., in Salve Reg.).17

 

Ma forse poi possiamo noi temere che Maria sdegni d'interporsi per alcun peccatore, perché lo vegga troppo carico di peccati? O forse ci dee atterrire la maestà e la santità di questa gran regina? No, dice S. Gregorio, quanto ella è più alta e più santa, tanto è più dolce e pietosa co' peccatori, che vogliono emendarsi e a lei ricorrono: Maria quanto altior et sanctior, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores (Lib. I, ep. 47).18 - I re e le regine colla maestà che ostentano danno terrore, e fan che i sudditi temano di andare alla loro presenza. Ma che timore, dice S. Bernardo, possono avere i miserabili di andare a questa regina della misericordia, poich'ella niente dà a conoscere di terribile o d'austero a chi va a ritrovarla, ma si dimostra tutta dolcezza e cortesia? Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile; tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam (Super Sign. Magn.).19 Maria non solo dona, ma ella stessa offerisce a tutti noi latte e lana: latte di misericordia per animarci alla confidenza, e lana di rifugio per ripararci da' fulmini della divina giustizia.

 

Narra Svetonio di Tito imperatore che egli non sapea negare alcuna grazia a chiunque gliela domandava; anzi che alle volte esso prometteva più di quello che poteva attendere, e rispondeva a chi di ciò l'ammoniva, che 'l principe non doveva mandare scontento niuno di coloro che avesse già ammesso a parlargli.20 Tito così diceva; ma in fatti poi spesso forse o mentiva o mancava alle promesse. Ma la nostra regina non può mentire, e può ottener quanto vuole a' suoi divoti. Ella poi ha un cuore così benigno e pietoso, che non può soffrire di mandare scontento chiunque la prega: Ita benigna est, dice Lud. Blosio (l. IV, c. 12), ut neminem tristem redire sinat.21 - Ma come, le parla S. Bernardo, voi potreste, o Maria, ricusare di soccorrere i miserabili, quando voi siete la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu es regina misericordiae, et qui subditi misericordiae, nisi miseri? Tu regina misericordiae, et ego miserrimus peccator, subditorum maximus. Rege nos ergo, o regina misericordiae (In Salv. Reg.).22 Voi siete la regina della misericordia, ed io il peccatore più misero di tutti: dunque s'io sono il più grande de' vostri sudditi, voi dovete aver più cura di me che di tutti gli altri. Abbiate dunque pietà di noi, o regina della misericordia, e pensate a salvarci.

 

Né ci state a dire, o Vergine sacrosanta, par che le soggiunga S. Gregorio Nicomediense, che non potete aiutarci per la moltitudine de' nostri peccati, perché voi avete una tal potenza e pietà, che niun numero di colpe può mai superarle: Habes vires insuperabiles, ne clementiam tuam superet multitudo peccatorum. Nihil tuae resistet potentiae; tuam enim gloriam Creator existimat esse propriam (Or. de exitu B.V.):23 Niente resiste alla vostra potenza, poiché il vostro e comun Creatore, onorando voi che gli siete madre, stima come sua la gloria vostra. Et Filius in ea exsultans, quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas. E vuol dire che sebbene Maria ha un infinito obbligo al Figlio per averla destinata sua madre, nulladimanco non può negarsi che anche il Figlio è molto obbligato a questa Madre per avergli dato l'essere umano; onde Gesù, quasi per ricompensare quanto dee a Maria, godendo della sua gloria, l'onora specialmente con esaudire sempre e tutte le sue preghiere.

 

Quanta dunque dee esser la nostra confidenza in questa Regina, sapendo quanto ella è potente con Dio, ed all'incontro è ricca e piena di misericordia, in modo che non vi è persona che viva sulla terra, e non sia partecipe della pietà e de' favori di Maria. Così rivelò la stessa beata Vergine a S. Brigida (Rev. lib. I, cap. 6). Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Né vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia; poiché ciascuno, se altro non ricevesse per la mia intercessione, riceve la grazia di esser meno tentato da' demoni di quel che altrimenti sarebbe: Ego regina caeli, ego mater misericordiae: ego iustorum gaudium, et aditus peccatorum ad Deum. Nullus est adeo maledictus, qui quamdiu vivit careat misericordia mea; quia propter me levius tentatur a daemonibus, quam alias tentaretur.24 Niuno poi, soggiunse, purché non sia stato affatto maledetto - cioè s'intende colla finale e irrevocabil maledizione che si dà a' dannati - niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocata in suo aiuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia: Nullus est ita abiectus a Deo, nisi fuerit omnino maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum et habiturus sit misericordiam.25 Io sono chiamata da tutti la madre della misericordia, e veramente la misericordia di Dio verso gli uomini mi ha fatta così misericordiosa verso di loro: Ego vocor ab omnibus mater misericordiae, et vere misericordia illius misericordem me fecit. E poi concluse dicendo: Ideo miser erit, qui ad misericordem, cum possit, non accedit:26 Perciò sarà misero e misero per sempre nell'altra vita chi in questa potendo ricorrere a me, che sono così pietosa con tutti e tanto desidero di aiutare i peccatori, misero non ricorre e si danna.

 

Ricorriamo dunque, ma ricorriamo sempre a' piedi di questa dolcissima regina, se vogliamo sicuramente salvarci; e se ci spaventa e ci disanima la vista de' nostri peccati, intendiamo che Maria a tal fine è stata fatta regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano. Questi hanno da essere la sua corona in cielo, secondo le disse il suo divino sposo: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni, coronaberis... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. IV).27 E chi mai sono questi covili di fiere e mostri, se non i miseri peccatori, l'anime de' quali diventano covili di peccati, mostri i più deformi che possano trovarsi? Or di questi miserabili peccatori appunto, come commenta Ruperto abbate, salvati per vostro mezzo, o gran regina Maria, sarete poi coronata in paradiso: giacché la loro salute sarà la corona vostra; corona ben degna e propria d'una regina della misericordia: De talium leonum cubiculis tu coronaberis. Eorum salus corona tua erit (Rup., Vid. l. 3, in Cant.).28

 

E a tal proposito leggasi il seguente esempio.

 

Esempio.

 

Narrasi nella Vita di Suor Caterina di S. Agostino che nel luogo dove stava questa serva del Signore, vi stava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù fu peccatrice, e ridotta poi alla vecchiezza seguiva ostinatamente ad essere perversa; tantoché discacciata da' cittadini, e confinata a vivere in una grotta fuor del suo paese, ivi morì mezza fracida, abbandonata da tutti e senza sacramenti, e perciò fu sepolta in campagna come bestia. E Suor Caterina, la quale solea con grande affetto raccomandare a Dio tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, dopo aver saputa la morte disgraziata di questa povera vecchia, affatto non pensò a pregare per essa, tenendola, come già la tenevano tutti, per dannata.

 

Passati quattro anni, ecco un giorno se le presentò innanzi un'anima purgante, che le disse: Suor Caterina, che mala sorte è la mia? Tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muoiono, e dell'anima mia solamente non hai avuto pietà? E chi sei tu? disse la serva di Dio. Io sono, rispose, quella povera Maria che morì nella grotta. E come, tu sei salva? ripigliò Suor Caterina. Sì, sono salva, disse, per misericordia di Maria Vergine. E come? Quand'io mi vidi vicina al punto della morte, mirandomi così piena di peccati e abbandonata da tutti, mi voltai alla Madre di Dio, e le dissi: Signora, voi siete il rifugio degli abbandonati; ecco in questo punto io sono abbandonata da tutti; voi siete l'unica speranza mia, voi sola mi potete aiutare, abbiate pietà di me. La S. Vergine mi ottenne un atto di contrizione, morii, e mi salvai; ed ella ancora la mia regina mi ha ottenuta la grazia che la pena mia si abbreviasse, facendomi patire intensivamente quello ch'io avrei dovuto purgare per molti più anni; solo vi bisognano alcune Messe per liberarmi dal purgatorio. Ti prego a farmele dire, ch'io ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te.

 

Suor Caterina subito le fe' celebrar le Messe; ed ecco di nuovo le comparve quell'anima, fra pochi giorni, più luminosa del sole, che le disse: Ti ringrazio, Caterina, ecco già me ne vado al paradiso a cantare le misericordie del mio Dio, ed a pregare per te.29

 

Preghiera.

O Madre del mio Dio e mia signora Maria, qual si presenta ad una gran regina un povero impiagato e schifoso, io mi presento a voi, che siete la regina del cielo e della terra. Dall'alto trono in cui sedete, non isdegnate, vi prego, di girare i vostri occhi verso di me povero peccatore. Già Dio vi ha fatta sì ricca per sovvenire i poveri, e vi ha costituita regina della misericordia, acciocché possiate sollevare i miserabili. Guardatemi dunque, e compatitemi. Guardatemi, e non mi lasciate, se non mi cambiate da peccatore in santo.

 

Vedo bene che io non merito niente, anzi che meriterei per la mia ingratitudine d'essere spogliato di tutte le grazie, che per vostro mezzo ho ricevuto dal Signore. Ma voi che siete la regina della misericordia non andate cercando meriti, ma miserie per soccorrere i bisognosi. Ma chi più povero e bisognoso di me?

 

O Vergine eccelsa, già so che voi, essendo la regina dell'universo, siete ancora la regina mia; ma io con modo più particolare voglio tutto dedicarmi alla vostra servitù, acciocché voi disponiate di me come vi piace. Onde vi dico con S. Bonaventura: Domina, me tuae dominationi volo committere, ut mea plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas.30 Reggetemi voi, regina mia, e non mi lasciate a me stesso. Comandatemi, impiegatemi a vostro arbitrio, e castigatemi ancora, quando non vi ubbidisco: poiché troppo salutevoli per me saranno i castighi che mi verranno dalle vostre mani.

 

Io stimo più l'essere vostro servo, che l'essere signore di tutta la terra. Tuus sum ego, salvum me fac.31 Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono.

 

E se per lo passato vi ho servito male, avendo perduto tante belle occasioni di onorarvi, per l'avvenire voglio unirmi a' vostri servi più amanti e più fedeli. No, non voglio che alcuno mi avanzi da oggi innanzi nell'onorare ed amar voi mia amabilissima regina. Così prometto, e così spero di eseguire coll'aiuto vostro. Amen, amen.

 

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NOTE

 

1 Siquidem is ipse qui ex Virgine natus est, rex est, et ipse Dominus Deus. Eiusque gratia, quae ipsum genuit, Regina, Domina et Deipara proprie ac vere praedicatur.” Sermo in Annuntiationem Deiparae, n. 13. MG 28-935, 938. Inter Opera S. Athanasii. Non è di S. Atanasio, ma di autore non anteriore a Nestorio ed ai Monoteliti. Autore però non ignobile: Baronio (Epist. apologetica, MG 28-917) non rifuggirebbe dall'attribuire questo Sermone a S. Cirillo Alessandrino, o a un dotto e santo Patriarca di Antiochia, Anastasio.

 

2 “Haec autem Virgo in illo glorioso consensu, meruit... primatum orbis, dominium mundi super omnes creaturas, sceptrum regni...” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativitate B. M. V., articulus unicus, cap. 3. Opera, IV, Venetiis, 1745.

 

3 “Nec a dominatione vel potentia filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro, unus spiritus, una caritas, et ex quo dictum est ei: Dominus tecum, inseparabiliter perseveravit promissum et donum. Unitas divisionem non recipit, nec secatur in partes, et si ex duobus factum sit unum, illud tamen ultra scindi non potest, et filii gloriam cum matre non tam communem iudico quam eamdem.” ARNALDUS seu Ernaldus, Abbas Bonaevallis in diocesi Carnotensi, Libellus de laudibus B. M. V., ML 189-1729.

 

4 “Ubicumque enim praedicatum fuerit illud de dilecto dictum: Minuisti eum paulo minus ab angelis, gloria et honore coronasti eum, et constituisti eum super opera manuum tuarum (Ps. VIII, 6, 7), praedicabitur et de te, quod sis, o dilecta, et mater huius coronati, ac proinde regina caelorum, totum iure possidens Filii regnum.” RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, In Cantica, lib. 3. ML 168-891.

 

5 “Tot enim creaturae serviunt gloriosae Virgini Mariae, quot serviunt Trinitati. Omnes nempe creaturae... sive spirituales, ut Angeli, sive rationales, ut homines, sive corporales, ut corpora caelestia vel elementa, et omnia quae sunt in caelo et in terra, sive damnati, sive beati, quae omnia sunt divino imperio subiugata, gloriosae Virgini sunt subiecta.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativ. B. M. V., cap. 6. Opera, IV, Venetiis, 1745.

 

6 “ In omnibus requiem quaesivi... Vox est Mariae... Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui; fiducialiter age tamquam regina, mater Regis et sponsa. Requiem quaerebas, sed amplioris gloriae est quod tibi debetur, regnum et potestas.” GUERRICUS, Abbas Igniacensis, In Assumptione B. Mariae, Sermo 3, n. 3. ML 185-195.

 

7 “Propriissimum nomen quod beatissimae Virgini secundum suam dignitatem summam debetur, est regina misericordiae et plus proprie quam imperatrix; hoc enim nomen magis est nomen timoris et rigoris: regina autem plus est nomen providentiae et aequitatis: unde etiam credo nusquam Deum in Biblia expresse nominari imperatorem, sed regem: hoc enim nomen est maiestatis.” S. ALBERTUS MAGNUS, O. P., Mariale, sive quaestiones super Evangelium Missus est, etc., qu. 162, Contra hoc opponitur, n. 11. Opera, Lugduni, 1651, XX, 114.

 

8 Hoc reges habent - Magnificum et ingens, nulla quod rapiat dies, - Prodesse miseris, supplices fido lare - Protegere. SENECA, Medea, actus 2, scaena 2, vers. 222-225.

 

9 “Magnificata est ita hodie (in beatitudine qua nunc fruitur in caelo) beata Virgo, ut Regina caeli, imo et mundi iure vocetur, habens praeeminentiam et virtutem influxivam super omnes. Principatum habet dimidii regni Dei, si sic dici potest, sub typo Esther et Assueri. Regnum quippe Dei consistit in potestate et misericordia. Semel locutus est Deus, duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12). Potestate Domino remanente, cessit quodammodo misericordiae pars Christi Matri, sponsaeque regnanti. Hinc, ab Ecclesia tota, Regina misericordiae salutatur.” IO. GERSON, Collectorium super Magnificat, tractatus 4. Opera, Antwerpiae, 1706, IV, col. 286. Ed. Paris. 1606, pars III, col. 753; ed. Argent. 1514 et Colon. 1518, tract. 4, num. 83, O.

 

10 Le ultime parole del testo citato sono: “...cuius Filius est rex iustitiae.” - Questi Commentarii non possono dirsi di S. Tommaso, quantunque Bellarmino, con pochi autori, ne difenda l'autenticità. Vennero compresi, con altre opere parimenti men che dubbie, nel vol. XVIII (aggiunto ai 17 dell'edizione Romana di Pio V, Roma, 1570.) dell'ediz. di Anversa, 1612. Possevino (Apparatus sacer, v. Thomas Aquinas), con Sisto Senense, li attribuisce a “Thomas Anglicus, O. P., Cardinalis, + 1305”, e crede che la somiglianza dei nomi, essendo facile il passaggio da “Thomas Anglicus” a “Thomas Angelicus”, abbia favorito l'errore: si aggiunga la forma scolastica di detti Commentarii. Dello stesso parere, sulla non autenticità dell'opera, è Fabricius (Bibliotheca mediae et infimae latinitatis, v. Thomas Aquinas). Gli editori Romani non ignoravano l'esistenza di questi Commentari (come pure delle opere contenute nel vol. XVIII di Anversa), già pubblicati, a Parigi, a Lione, ad Anversa, dal 1543 in poi: a bella posta, “prudenti consilio”, li hanno esclusi dalla loro edizione, quantunque vi abbiano inserito, per la loro notorietà, alcuni opuscoli da essi stessi giudicati o dubbi, o addirittura spurii ed indegni di S. Tommaso.

 

11 “Confugimus autem primo ad Beatissimam Virginem caelorum reginam, cui rex regum, Pater caelestis, dimidium regni dedit... Sic Pater caelestis, cum habeat iustitiam et misericordiam tamquam potiora regni sui bona: iustitia sibi retenta, misericordiam Matri Virgini concessit.” Gabriel BIEL, Sacri Canonis Missae lucidissima expositio: lectio 80 (de excrescentia orationis dominicae). Brixiae, 1576, pag. 799.

 

12 Psalterium B. M. V., Ps. 71. Inter Opera S. Bonaventurae; ed. Rom., Moguntina, et Lugdunen., VI, 484. - Vedi Appendice, 2.

 

13 ARNESTUS (Arnestus a Pardubix, primo Arcivescovo di Praga, 1343-1364), Mariale, c. 122. - Il manoscritto, nella Biblioteca dell'Università di Praga, col titolo: Psalterium de laudibus S. Mariae, viene indebitamente chiamato: Mariale Arnesti, Archiepiscopi Pragensis. Il manoscritto è dell'anno 1385.

 

14 “Consideremus, carissimi, quod Maria plena est unctione misericordiae, plena oleo pietatis.” CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, 441, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

15 Biblia Mariana, Liber Esther, n. 5, 6. Inter Opera S. Alberti Magni, tom. XX, in fine. Lugduni, 1651.

 

16 Esther, VII, 2, 3.

 

17 “Etiam in hoc convenienter vocatur “Regina misericordiae”, quod divinae pietatis abyssum cui vult, et quando vult, ac quomodo vult, creditur aperire, ut quivis enormis peccator non pereat, cui Sancta sanctorum patrocinii sui suffragia praestat”. In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, num. 3. ML 184-1063, inter Opera S. Bernardi. - L'autore non è S. Bernardo; è un pio Benedettino; se poi sia Cluniacense o Cisterciense, non si sa: di ambedue gli Ordini è vero quel che vien detto nel n. 1, col. 1060: “Dulce canticum... quater in anno Ordo noster devotissime concinit”. Quel che si aggiunge nello stesso numero, col. 1061: “compositum a sanctis”, non pregiudica all'opinione, qualunque essa sia, che si abbia sull'autore dell'Antifona, giacché questa parola “a sanctis” deve o può intendersi nel medesimo senso largo, in cui l'autore intende immediatamente dopo dei suoi confratelli: “digne frequentabitur etiam a sanctis”. Tutto al più, si può dire che questo passo sia favorevole a chi pensasse che la piissima Antifona non sia stata composta, tutta intera, da uno solo, ma da varie persone. Finalmente, è certo che questi Sermoni non siano anteriori a S. Bernardo, le cui parole, cavate dal sermone 16 in Cantica, vengono riferite esattamente nel sermone 3, num. 4; quindi non si possono attribuire, come vollero alcuni, a Bernardo di Toledo, il quale visse e morì nel secolo XI. Da tutto l'assieme, sembrerebbe risultare che questi sermoni siano piuttosto di un pio Cisterciense, di poco posteriore a San Bernardo, e forse suo discepolo.

 

18 “Hoc tamen procul dubio teneas, quia quanto altior et melior ac sanctior est omni matre, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores et peccatrices.” S. GREGORIUS MAGNUS, Registrum, Epistola 47, ad comitissam Mathildem. ML 148-328.

 

19 “Quid ad Mariam accedere trepidet,” etc., come nel testo. S. BERNARDUS, Dominica infra Octavam Assumptionis B. V. M., Sermo de duodecim praerogativis B. V. M., ex verbis Apoc. XII, 1: “Signum magnum...” ML 133-430.

 

20 “Natura autem benevolentissimus (Titus), quum ex instituto Tiberii omnes dehinc Caesares beneficia a superioribus concessa Principibus aliter rata non haberent quam si eadem iisdem et ipsi dedissent, primus praeterita omnia uno confirmavit edicto, nec a se peti passus est. In ceteris vero desideriis hominum, obstinatissime tenuit ne quem sine spe dimitteret. Quin et admonentibus domesticis, quasi plura polliceretur quam praestare posset: “Non oportere, ait, quemquam a sermone Principis tristem discedere.” Atque etiam recordatus quondam super coenam quod nihil cuiquam toto die praestitisset, memorabilem illam meritoque laudatam vocem edidit: “Amici, diem perdidi.” SUETONIUS, Duodecim Caesares, Titus, n. VIII.

 

21 “Ecquis tam immanis uspiam peccator est, qui tot flagitiis sese obstrinxerit quot ullus umquam, qui non idem tui reminiscens, (o praestantissima Regina caelorum,) animum et spem bonam conceperit? Tu plane es unica singularis et fidelissima peccatorum consolatrix.” Ludovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Consolatio pusillanimium, cap. 35 (ex Susone), n. 3. - Più espressamente: LANSPERGIUS, Alloquia Christi Iesu ad animam, lib. 1, pars 3, canon 12: “Adeo feci (ego Christus) eam (Mariam) mitem, adeo piam, adeo misericordem, adeo denique benignam et clementem, ut neminem aspernetur, nulli se neget, omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem aut non consolatum sinat.” Opera, tom. 4, Opusculorum tom. 1. - Sembra evidente che l'intento di S. Alfonso sia di citare il Lanspergio; ciò apparisce, oltreché dall'identità delle parole, dalla nota: l. 4. c. 12, il che, dati i molti sbagli tipografici incorsi nelle note, facilmente si legge: t. (tomo) 4, c. (canone) 12. Il santo medesimo al cap. III, § 1, nota 24, pag. 113, riporta questo testo sotto il nome del Lanspergio.

 

22 “Cum plenus sim miseria a vertice usque ad pedum plantas, et putrefactus: fetorem gravem et horrorem quomodo dignaberis regere, tam nobilis creatura? Quia tu es Regina misericordiae, et qui sunt misericordiae subditi, nisi miseri? Multum es sollicita de miseris; hos in tuos filios adoptasti, hos regere, Domina, voluisti.” - Meditatio in Salve Regina, n. 1: inter Opera S. Bernardi, ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

 

23 “Ne, rogo, multa nostra peccata, immensam tuae miserationis vim superent... Quanta enim libet multitudine delicta increverint, facile dissolventur, dum tantum ipsa velis. Nihil enim resistit tuae potentiae, nihil repugnat tuae virtuti: cedunt omnia iussioni tuae; universa morem gerunt praecipienti; imperanti omnia serviunt... Placet (Filio tuo) petitio; intercessio delectat; non recusat implere: quippe suam ipse, tuam existimat gloriam; eaque tamquam Filius exsultans, postulata ceu debitor implet.” GEORGIUS NICOMEDIENSIS, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1439. - In vece di Gregorio, si deve leggere Giorgio. Anche presso l'eruditissimo Possevino, per manifesa svista di copista, venne chiamato Giorgio, e poi Gregorio: il che trasse parecchi in errore. Santo poi non è, quantunque l'abbiano “canonizzato” il Marracci e il Kaiser; né merita questo titolo - malgrado i suoi pregi di oratore, e specialmente di egregio panegirista di Maria - se non altro, a causa dell'appoggio dato da lui allo scismatico patriarca Fozio. Contrariamente all'intitolazione erronea di MG 100-1327, visse fino all'anno 880 incirca.

 

24 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 10 (a principio).

 

25 “Nullus ita alienatus est a Deo, nisi omnino fuerit maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum, et habebit misericordiam.” La stessa opera, l. c., immediatamente dopo il testo surriferito.

 

26 “Ego vocor ab omnibus Mater misericordiae. Vere, filia, misericordia Filii mei fecit me misericordem, et misericordia eius visa compatientem. Ideo miser erit qui ad misericordiam, cum possit, non accedit.” La stessa opera, lib. 2, cap. 23 (poco dopo il principio).

 

27 Cant. IV, 8. - Il testo ebraico può tradursi così: “Veni de Libano, veni de loco circumspectus, de vertice Amana, de cacumine Sanir et Hermon, de habitaculis leonum montibusque pardorum.” Dalla sommità del monte, guardando intorno a sé, la Sposa si vede circondata di cime, ove sono i covili delle belve. Invitata da Cristo a lasciar la dimora terrestre per andarsene con lui nella patria, la Sposa e Madre Maria considera la terra come una regione asprissima, sparsa di alti monti, abitati da belve. Queste rappresentano i peccatori, i quali, coi loro vizi, si rendono simili alle bestie. Ma convertiti e salvati per intercessione di Maria, saranno, a questa Madre di misericordia, per tutti i secoli, una preziosa e risplendente corona.

 

28 “Ipsa eadem regna, et cubilia leonum et montes dico pardorum, quia videlicet reges regnorum, reges Babyloniorum et Persarum atque Medorum, reges et consules sive imperatores Romanorum, quid nisi leones et pardi dicendi sunt, qui tot bellis, tot caedibus orbem terrarum laceraverunt? De talium leonum cubilibus taliumque pardorum montibus tu, amica mea, coronaberis. Quomodo? Videlicet credent in me, fructum ventris tui, et eorum credentium salus corona tua erit. Ita coronaberis, ut et in caelis regina sanctorum et in terris regina sis regnorum... Reges atque imperatores coronis suis te coronabunt, palatia sua nomini meo sacrabunt, honori tuo dedicabunt, ut desinant esse quod fuerant, montes pardorum, cubilia leonum.” RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, (Deutz, coenobii, O. S. B., ad Rhenum, iuxta Coloniam Agrippinam), + 1135: In Cantica, lib. 3. ML 168-890, 891.

 

29 Suor Caterina di S. Agostino (Caterina di Lonocré), nata in Bayeux, morta (1688) nel Canadà, allora detto Nuova-Francia, ove fece le prime fondazioni del suo Ordine della Misericordia. Ebbe molte grazie soprannaturali. È celebre specialmente per l'aiuto che diede a molte anime del purgatorio. Di questa Maria così parla Suor Caterina: “Era una giovane morta dodici anni prima... Essa non avrebbe mai ottenuto il perdono de' suoi peccati, enormi di numero e di gravezza, senza un soccorso straordinario della Vergine Santissima. Più di 20 anni prima della sua morte, non era ricorsa né a Dio, né alla Vergine, né ai Santi. Aveva lasciati i sacramenti, ogni rispetto per le cose sacre, e s'era tutta ingolfata nel vizio. Ma quello che la salvò, fu che, essendo vicina alla morte e riflettendo al nome di Maria che portava, si rivolse alla Madre di Dio, e le disse: “Ah! Vergine Santissima, io sono indegna di portare il vostro nome; ma io vi prego, non soffrite ch'io sia dannata. Ve ne supplico, in riguardo di questo Nome.”... Ella le ottenne un atto di contrizione, col quale morì... I dodici anni ch'era stata nel purgatorio l'erano paruti come milioni d'anni, perché le sue pene erano all'eccesso. M'aggiunse che da pochi giorni erano cessate, ma che Dio l'aveva condannata a rimanervi, finché qualcuno avesse pregato... per lei; che allora era libera, e andava a godere delle misericordie di Dio... La pregai che, quando fosse in paradiso, ringraziasse per me la SS. Trinità e la SS. Vergine, offerendomi loro per tutto ciò che volevano, che si ricordasse di me, ch'era peccatora, com'ella era stata. Mi disse: “Me ne ricorderò,” e nell'andarsene mi disse: “Addio, addio, mia Madre,” aggiungendo quelle parole di S. Paolo: O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei! quam incomprehensibilia sunt iudicia eius et investigabiles viae eius!” RAGUENEAU, S. I., Vita, versione italiana del P. Poggi, lib. 4, cap. 3, pag. 267. Napoli, 1752.

 

30 “Sub tuo regimine, Domina, volo de cetero militare, et me totaliter tuae dominationi committo, ut me plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas, quia sum mihi ipsi contrarius nimis.” Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen., VII, 231. - Vedi Appendice, 2.

 

31 Ps. CXVIII, 94.

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13/09/2009 10:20

§ 2. - Quanta dee essere più grande la nostra confidenza in Maria per esser ella la nostra madre.

 

Non a caso, né in vano i divoti di Maria la chiamano madre, e par che non sappiano invocarla con altro nome, e non si saziano di sempre chiamarla madre; madre sì, perché veramente ella è la madre nostra, non già carnale, ma spirituale delle nostre anime e della nostra salute.

Il peccato, allorché privò le anime nostre della divina grazia, le venne a privare anche di vita. Ond'essendo elle restate miserabilmente morte, venne Gesù nostro Redentore, con eccesso di misericordia e d'amore, a ricuperarci colla sua morte in croce questa vita perduta, come egli stesso dichiarò: Veni, ut vitam habeant, et abundantius habeant (Io. X, 10). Abundantius, perché dicono i Teologi che apportò a noi più bene Gesù Cristo colla sua Redenzione, che non fu il danno che ci recò Adamo col suo peccato. Sicch'egli riconciliandoci con Dio si fe' padre dell'anime nella nuova legge di grazia, secondo fu già predetto dal profeta Isaia: Pater futuri saeculi, princeps pacis (Is. c. IX, [6]). - Ma se Gesù delle anime nostre fu il padre, Maria fu la madre; poiché dandoci ella Gesù, diede a noi la vera vita; ed offerendo poi sul Calvario la vita del Figlio per la nostra salute, venne allora a partorirci alla vita della divina grazia.

 

In due tempi dunque Maria, come ci fan sapere i santi Padri, divenne nostra madre spirituale; e primieramente quando meritò concepire nel suo seno verginale il Figlio di Dio, secondo dice il B. Alberto Magno.1 E più distintamente S. Bernardino da Siena ci avvisa, che allorché la santissima Vergine all'annunziazione dell'Angelo diede il consenso, che il Verbo Eterno da lei aspettava per farsi suo Figlio, dice il santo, che in dare ella questo consenso, sin d'allora domandò a Dio con affetto immenso la nostra salute; e che talmente si pose a procurare la nostra salvazione, che sin d'allora ci portò nel suo seno come amorosissima madre: Virgo per hunc consensum in incarnatione Filii, omnium salutem vigorosissime expetiit et procuravit; et omnium salvationi per hunc consensum se dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam verissima mater filios suos (Tr. de B.V., serm. 6).2 - Dice S. Luca al cap. 2, parlando della nascita del nostro Salvatore, che Maria partorì il suo primogenito: Peperit filium suum primogenitum. Dunque, dice un autore, se asserisce il Vangelista che allora la Vergine partorì il primogenito, si dee supporre che appresso ebbe altri figli? Si primogenitus, ergo alii filii secuti sunt secundogeniti? Ma lo stesso autore soggiunge: S'è di fede che Maria non ebbe altri figli carnali fuor di Gesù, dunque dovette avere altri figli spirituali, e questi siamo tutti noi: Carnales nullos habet B. Virgo praeter Christum; ergo spirituales habeat necesse est.3 Questo stesso rivelò il Signore a S. Geltrude che, leggendo un giorno il suddetto passo dell'Evangelio, era rimasta confusa, non sapendo intendere com'essendo Maria madre solamente di Gesù Cristo, potesse dirsi che questi fu il suo primogenito. E Dio le spiegò che Gesù fu il suo primogenito secondo la carne, ma gli uomini furono i figli secondogeniti secondo lo spirito.4

 

E con ciò s'intende quel che si dice di Maria ne' Sacri Cantici: Venter tuus sicut acervus tritici vallatus liliis (Cant. VII, [2]). Spiega S. Ambrogio, e dice che benché nell'utero purissimo di Maria fu un solo granello di frumento, il quale fu Gesù Cristo, nulladimeno si dice mucchio di grano, perché in quel sol granello vi erano tutti gli eletti, de' quali Maria anche doveva esser madre: Unum granum frumenti fuit in utero Virginis, Christus Dominus, et tamen acervus tritici dicitur; quia granum hoc virtute omnes electos continet, ut ipse sit primogenitus in multis fratribus (S. Ambr., de Instit. Virg.).5 Onde scrisse Guglielmo abbate: In illo uno fructu, in uno Salvatore omnium Iesu, plurimos Maria peperit ad salutem. Pariendo vitam, multos peperit ad vitam (In Cant. IV, 13).6 Maria partorendo Gesù, ch'è il nostro Salvatore e la nostra vita, partorì tutti noi alla salute ed alla vita.

 

Il secondo tempo poi, in cui Maria ci generò alla grazia, fu quando sul Calvario offerì all'Eterno Padre, con tanto dolore del suo cuore, la vita del suo diletto Figlio per la nostra salute. Onde attesta S. Agostino che allora, avendo ella cooperato col suo amore, acciocché i fedeli nascessero alla vita della grazia, divenne parimente con ciò madre spirituale di tutti noi, che siamo membri del nostro capo Gesù Cristo: Illa spiritu mater est membrorum Salvatoris, quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur (De Virg., c. 6).7 Ciò appunto significa quel che si dice della Vergine beata ne' Sacri Cantici: Posuit me custodem in vineis; vineam meam non custodivi (Cant. I, 5). Maria per salvare l'anime nostre si contentò di sagrificar colla morte la vita del suo Figlio: così commenta Guglielmo: Ut multas animas salvas faceret, animam suam morti exposuit.8 E chi mai era l'anima di Maria, se non il suo Gesù, il qual era la sua vita e tutto il suo amore? Che perciò le annunziò S. Simeone che un giorno l'anima sua benedetta doveva essere trapassata da una spada troppo dolorosa: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. II, 35).9 Come fu appunto la lancia, che trapassò il costato di Gesù, ch'era l'anima di Maria. E d'allora ella co' suoi dolori ci partorì alla vita eterna; sicché tutti noi possiamo chiamarci figli dei dolori di Maria. Quest'amorosissima nostra madre fu sempre e tutta unita alla divina volontà, onde riflette S. Bonaventura che vedendo essa l'amore dell'Eterno Padre verso degli uomini, che voleva morto il suo Figlio per la nostra salute, e l'amore del Figlio in voler morire per noi; per conformarsi a questo eccessivo amore del Padre e del Figlio verso il genere umano, ancora con tutta la sua volontà offerì e consentì che il suo Figlio morisse, acciocché noi fossimo salvi: Nullo modo dubitandum est, quia Mariae animus voluit etiam tradere Filium suum pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis fieret Patri et Filio (S. Bon.).10

 

È vero che nel morire per la Redenzione del genere umano Gesù volle esser solo: Torcular calcavi solus (Is. LXIII, 3); ma vedendo egli il gran desiderio di Maria d'impiegarsi ella ancora nella salute degli uomini, dispose ch'ella col sacrificio e coll'offerta della vita di esso stesso Gesù, cooperasse alla nostra salute, e così divenisse madre dell'anime nostre. E ciò significò il nostro Salvatore, allorché prima di spirare, mirando dalla croce la madre e 'l discepolo S. Giovanni che gli stavano accanto, prima disse a Maria: Ecce filius tuus (Io. c. XIX, [26]), come le dicesse: Ecco l'uomo che, dall'offerta che tu fai della mia vita per sua salute, già nasce alla grazia. E poi rivolto al discepolo: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua.11 Colle quali parole, dice S. Bernardino da Siena che allora Maria fu fatta madre non solo di S. Giovanni, ma di tutti gli uomini, per cagione dell'amore che ella ebbe per essi: In Ioanne intelligimus omnes, quorum B. Virgo per dilectionem facta est mater (To. 1, serm. 55).12 Che perciò riflette il Silveira che lo stesso S. Giovanni, nel notar questo fatto nel suo Vangelo, scrisse: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua (Io. XIX). Notisi che Gesù Cristo non già disse ciò a Giovanni, ma al discepolo, per significare che 'l Salvatore assegnò per madre Maria comunemente a tutti coloro, ch'essendo Cristiani hanno il nome di suoi discepoli: Ioannes est nomen particulare, discipulus commune, ut denotetur quod Maria omnibus detur in matrem.13

 

Ego sum mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV):14 Io sono la madre del bello amore, dice Maria, perché il suo amore, come dice un autore (Paciucch., de B.V.), che rende belle l'anime nostre agli occhi di Dio, fa che qual madre amorosa ella ci riceva per figli: Quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.15 E qual madre ama i suoi figli ed attende al loro bene quanto voi, dolcissima nostra regina, amate noi e procurate i nostri avanzi? Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bona nostra procuras, quam mater carnalis? dice S. Bonaventura.16

 

O beati quelli che vivono sotto la protezione d'una Madre così amorosa e così potente! Il profeta Davide, benché allora non ancor fosse nata Maria, pure cercava a Dio la salute con dedicarsi figlio di Maria, e pregava: Salvum fac filium ancillae tuae (Ps. LXXXV, [16]). Cuius ancillae? dice S. Agostino: quae ait, ecce ancilla Domini (In Ps. 85).17 E chi mai, dice il cardinal Bellarmino, avrà l'ardire di strappar questi figli dal seno di Maria, dopo che essi ivi saran ricorsi a salvarsi da' nemici? Qual furia d'inferno o di passione potrà vincerli, se pongono la lor confidenza nel patrocinio di questa gran Madre? Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! quis detrahere audebit de sinu eius? quae nos tentatio aut turbatio superare poterit confidentes in patrocinio Matris Dei et nostrae? (Bell., de 7 verb.).18 - Si narra della balena, che quando vede i suoi figli in pericolo o per le tempeste o per li cacciatori, ella apre la bocca e li ricetta nel seno.19 Così appunto dice il Novarino: Fidelium piissima mater, furente tentationum tempestate, materno affectu eos velut intra viscera propria receptos protegit, donec in beatum portum reponat (V. c. XIV, exc. 81).20

 

La nostra Madre, quando vede i suoi figli in maggior pericolo per la tempesta che infuria delle tentazioni, che fa? allora ella li nasconde con amore come dentro le proprie viscere, ivi li protegge, e non lascia di custodirli sintanto che non li colloca nel sicuro porto del paradiso. - O Madre amantissima, o Madre pietosissima, siate sempre benedetta, e sia sempre benedetto quel Dio che vi ha data a noi per madre e per sicuro rifugio in tutti i pericoli di questa vita.

 

Rivelò la stessa Vergine a S. Brigida (L. IV, c. 138) che conforme una madre, se vedesse il figlio fra le spade de' nemici, farebbe ogni sforzo per salvarlo; ita ego facio et faciam omnibus peccatoribus misericordiam meam petentibus:21 così, disse, io fo e farò coi figli miei, quantunque peccatori, sempreché essi ricorrono a me per essere soccorsi. Ecco dunque come in ogni battaglia coll'inferno vinceremo sempre e vinceremo sicuramente, con ricorrere alla Madre di Dio e madre nostra, dicendo e replicando sempre: Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix: sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix. - Oh quante vittorie hanno riportate dell'inferno i fedeli col ricorrere a Maria con questa breve ma potentissima orazione! Quella gran Serva di Dio, Suor Maria Crocifissa benedettina, così sempre vinceva i demoni.22

 

State dunque allegramente, o voi che siete figli di Maria; sappiate ch'ella accetta per suoi figli tutti coloro che lo vogliono essere: allegramente; che timore avete di perdervi, quando questa Madre vi difende e vi protegge? Dic, anima mea, cum magna fiducia: Exultabo et laetabor, quia quidquid iudicabitur de me, pendet ex sententia fratris et matris meae.23 Così dice S. Bonaventura che deve animarsi e dire chi ama questa buona Madre e confida nella sua protezione: Che temi, anima mia? No, che la causa della tua eterna salute non si perderà, stando la sentenza in mano di Gesù, che è tuo fratello, e di Maria, che è tua madre. E sullo stesso pensiero esclama per allegrezza e ci anima S. Anselmo, dicendo: O beata fiducia, o tutum refugium, Mater Dei est mater mea! Qua certitudine igitur debemus sperare, quoniam salus de boni fratris et piae matris pendet arbitrio? (In depr. ad V.).24 - Ecco dunque la Madre nostra che ci chiama e ci fa sentire: Si quis est parvulus, veniat ad me (Sap. IX).25 I bambini tengono sempre in bocca il nome della madre, ed in ogni spavento che hanno, subito si sentono alzar la voce e dire: Madre, Madre! - Ah Maria dolcissima, ah madre amorosissima, questo è quello appunto che voi desiderate, che noi fatti bambini chiamiamo sempre voi ne' nostri pericoli, e ricorriamo sempre a voi, perché ci volete aiutare e salvare, come avete salvati tutti i figli che sono a voi ricorsi.

 

Esempio.

 

Si narra nell'Istoria delle fondazioni fatte dalla Compagnia di Gesù nel regno di Napoli (Lib. V, c. 7) d'un nobil giovane scozzese, chiamato Guglielmo Elfinstonio.26 Questi era parente del re Giacomo:27 nato egli nell'eresia seguiva quella falsa setta; ma illuminato dalla luce divina che gliene andava scoprendo gli errori, venne in Francia, dove coll'aiuto d'un buon padre gesuita anche scozzese, e più coll'intercessione della Beata Vergine, conobbe al fine la verità, abiurò l'eresia e si fece cattolico. Passò poi in Roma, dove un suo amico trovandolo un giorno molto afflitto e piangente, e richiedendolo della cagione, rispose che nella notte gli era comparsa la madre dannata, e gli avea detto: Figlio, buon per te, che sei entrato nella vera Chiesa; io, perché morta nell'eresia, già son perduta. Indi s'infervorò maggiormente nella divozione a Maria, eleggendola per sua unica madre, e da lei gli fu ispirato il pensiero di farsi religioso, e ne fe' voto. Ma perché stava infermo, venne in Napoli per guarirsi col mutar aria; ma in Napoli volle il Signore che morisse e morisse religioso; poiché infermatosi a morte poco dopo del suo arrivo, egli colle preghiere e colle lagrime impetrò già da' superiori che l'accettassero: onde alla presenza del Sacramento, quando si comunicò per viatico, egli fece i voti e fu dichiarato della Compagnia.

 

Dopo ciò egli inteneriva tutti cogli affetti, co' quali ringraziava la sua madre Maria di averlo strappato dall'eresia e condottolo a morire nella vera Chiesa e nella casa di Dio in mezzo a' religiosi suoi fratelli. Perciò esclamava: Oh come in mezzo a tanti angeli è glorioso il morire! Esortato che cercasse di riposare, rispondeva: Ah, che non è tempo di riposare or che già si accosta il fine della mia vita! Prima poi di morire disse agli astanti: Fratelli, non vedete voi qui gli angeli del cielo che mi assistono? Ed avendolo inteso un di que' religiosi susurrare fra' denti alcune parole, gli domandò che dicesse? E rispose che l'Angelo custode gli avea rivelato che brevissimo tempo dovea egli star in purgatorio, e che subito sarebbe passato al paradiso. Quindi tornò a' colloqui colla sua dolce madre Maria; e replicando madre, madre, come appunto un bambino che si abbandona nelle braccia della madre a riposare, placidamente spirò. E poco appresso seppe per rivelazione un divoto religioso ch'egli era già in paradiso.

 

Preghiera.

 

O Madre mia santissima, com'è possibile che avendo io una madre così santa, io abbia da essere così iniquo? una madre che tutta arde d'amore verso Dio, io abbia da amare le creature? una madre così ricca di virtù, io abbia da essere così povero? Ah Madre mia amabilissima, è vero, io non merito d'esser più vostro figlio, perché troppo me ne son renduto indegno colla mia mala vita. Mi contento che mi accettiate per vostro servo; e per essere ammesso fra vostri più vili servi, che voi avete, son pronto a rinunciare a tutti i regni della terra. Si, mi contento; ma con tutto ciò non mi proibite il potervi chiamare la madre mia.

 

Questo nome tutto mi consola, m'intenerisce, e mi ricorda l'obbligo che ho d'amarvi. Questo nome mi anima a confidare assai in voi. Quando più mi atterriscono i miei peccati e la divina giustizia, mi sento tutto confortare in pensare che voi siete la madre mia. Permettetemi dunque ch'io vi dica: Madre mia, madre mia amabilissima. Così vi chiamo e così voglio chiamarvi.

 

Voi dopo Dio avete da essere sempre la mia speranza, il mio rifugio e 'l mio amore in questa valle di lagrime. Così spero morire, consegnando in quell'ultimo momento l'anima mia nelle vostre sante mani, e dicendo: Madre mia, madre mia Maria, aiutatemi, abbiate pietà di me. Amen.

 

 

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NOTE

 

1 “Item Isaias ultimo (LXVI, 8): Numquid terra una die aut parietur gens simul? Constat autem quod non quaerit de terra secundum litteram, quia stulta esset quaestio; ergo intelligitur de terra secundum figuram: sed terra secundum figuram est beatissima Virgo: ergo ipsa pariet simul omnem gentem. Ergo ipsa est mater omnium hominum. (In contrarium, 3)... Unum hominem genuit, in quo omnes regeneravit... In uno nobis genuit quidquid ad hanc vitam vel futuram necessarium nobis fuit. (Ad haec dicimus respondendo)” S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super Missus, qu. 145. Opera, Lugduni, XX, 98; Parisiis, XXXVII, 205.

 

2 “Per hunc enim consensum, omnium electorum salutem viscerosissime expetiit et procreavit, et omnium saluti et eorum salvationi per hunc consensum se singularissime dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam verissima mater filios suos.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Immaculatae V.M., Sermo VIII, De consensu virginali II, art. 2, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, 103; 1591, I, 510.

 

3 “In contrarium obiicitur (cioè obiscientibus, ossia respondetur obiectis) quod sit mater omnium; nam Luc. II, 7; Peperit filium suum primogenitum. Ergo habuit secundo genitum, et constat quod non corporaliter: ergo spiritualiter. Sed generatio spiritualis una est omnium: ergo ipsa est mater omnium spiritualiter.” S. ALBERTUS MAGNUS, qu. 145 super Missus: come sopra, nota 1.

 

4 “Hinc inter “Gloria in excelsis”, dum cantaretur: “primogenitus Maria Filius”, ista (Gertrudis) retractavit quod Dominus magis congrue diceretur “unigenitus” quam “primogenitus”, eo quod intemerata Virgo genuerit nullum alium quam illum unicum quem de Spiritu Sancto meruit concipere. Unde beata Virgo blanda serenitate ipsi respondit dicens: “Nequaquam unigenitus, sed congruentissime dicitur primogenitus meus dulcissimus Iesus, quem primo clauso utero procreavi, et post ipsum, imo per ipsum, vos omnes ipsi in fratres et mihi in filios maternae caritatis visceribus praeoptando generavi.” S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 3, ed. Bened. Solesm., pag. 301. Vita (che è la stessa opera che il Legatus), ediz. italiana Lanspergio-Buondì, Venezia, 1720, lib. 4., cap. 3, pag. 150.

 

5 “In quo Virginis utero simul acervus tritici, et lilii fioris gratia germinabat: quoniam et granum tritici generabat, et lilium. Granum tritici secundum quod scriptum est: Amen, amen dico vobis, nisi granum tritici cadens in terram mortuum fuerit, ipsum solum manet (Io. XII, 24). Sed quia de uno grano tritici acervus est factus, completum est illud propheticum: Et convalles abundabunt frumento (Ps. LXIV, 14), quia granum illud mortuum, plurimum fructum attulit.” S. AMBROSIUS, De institutione virginis, cap. 14. ML 16-327.

 

6 “Eo ipso quod mater est capitis, multorum membrorum mater est. Mater Christi mater est membrorum Christi; quia caput et corpus unus est Christus, corporaliter caput pariendo, spiritualiter membra peperit.” GUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neobrigensis; apud Del Rio, in Cant. IV, 13: Ingolstadii, 1604, pag. 221, § 4. - Il commentario di questo Guglielmo, e quello pure di “Guillelmus Alvernus, Parisiensis episcopus”, son rimasti inediti. Per il primo, il Del Rio si servì del Ms. del Collegio dei Gesuiti di Lovanio. L'altro è conservato nel Queen's College, Cambridge.

 

7 “Mater quidem spiritu, non capitis nostri... sed plane mater membrorum eius, quod nos sumus; quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur, quae illius capitis membra sunt.” S. AUGUSTINUS, Liber de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399.

 

8 “Ut multas animas salvas faceret, animam suam suique Filii morti exposuit.” GUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neobrigensis, Commentarius in cant. (inedito). Apud Del Rio, Comment. in Cant., cap. 1, sect. 1: Ingolstadii, 1604, p. 51.

 

9 Et tuam ipsius animam pertransibit gladius. Luc. II, 35.

 

10 “Nullo tamen modo est dubitandum, quin virilis eius animus et ratio constantissima vellet etiam Unigenitum tradere pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis esset Patri. Et in hoc miro modo debet laudari et amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur.” Opera S. BONAVENTURAE, I, ad Claras Aquas, 1882, pag. 861; in I Sententiarum, dist. 48, Dubia circa litteram Magistri, IV. - Opera, ed. Rom., etc., III, 390: in I Sent., dist. 48, qu. 2. - Gli egregi editori di Quaracchi (I, 859, nota 7) fanno osservare che quelle parole, nelle antiche edizioni, non stanno al proprio posto.

 

11 Io. XIX, 27.

 

12 “Mystice igitur intelligemus in Ioanne omnes animas electorum, quorum per dilectionem Beata Virgo facta est mater.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Quadragesimale de christiana religione, Sermo 51, De Passione Domini, Pars principalis secunda, art. 1, cap. 3, Editio Veneta 1745, I, 257; 1591, I, 440.

 

13 “Ioannes est nomen particulare unius particularis personae, at vero discipulus nomen est commune; nam omnes qui eo tempore Christo adhaerebant, discipuli vocabantur. Utitur ergo hic nomine communi omnibus, ut denotetur quod ipsa Virgo Maria dabatur omnibus in matrem.” SYLVEIRA, In textum Evangelicum, lib. 8, c. 17, qu. 14, n. 91.

 

14 Eccli. XXIV, 24.

 

15 “Speciosissimi amoris matrem Virgo se nuncupat: Ego mater pulchrae dilectionis, et timoris, et agnitionis, et sanctae spei. (Eccli. XXIV, 24)... In primis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos recepit in filios.” PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae: in Ps. 86, Excitatio 22, n. 5. Venetiis, 1720, pag. 127.

 

16 “Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bonum nostrum procuras amplius, quam mater carnalis?” Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun. VII. 232. – Vedi Appendice, 2.

 

17 “Et salvum fac filium ancillae tuae. Dominus filius ancillae. Cuius ancillae? Cui nasciturus quando nuntiatus est, respondit et ait: Ecce ancilla Domini: fiat mihi secundum verbum tuum (Luc. I, 38).” S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 85, sermo, n. 22. ML 37-1097.

 

18 “Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! Quis nos detrahere audebit de sinu eius? Quae nos tentatio, quae tribulatio, superare poterit, confidentes in patrocinio Matris Dei, et nostrae?” S. ROBERTUS BELLARMINUS, De septem verbis Domini in cruce prolatis, lib. 1, cap. 12. Opera, VII, 1617, cum supplemento, 1619, Coloniae Agrippinae, col. 1714. - Opera, Neapoli, 1862, VI, 414.

 

19 “Balena faucibus filios abscondit, si quando maiorem belluam fugere eos contigerit.” PACIUCHELLI, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 3, pag. 126, (ex Philostrato in Vita Apollonii Tyanensis). - PHILOSTRATUS, Vita Apollonii Tyanensis, lib. 2, XIV, 4 (Firmin-Didot, 1878, pag. 33): “Balaena faucium latebris catulos abscondit, ubi maius quam quod propulsare possit imminet periculum.” Anche naturalisti moderni, più attendibili che Filostrato, hanno notato l'amore della balena per i figli ed il suo ardore a difenderli e proteggerli: occorrendo, li mette a riparo sotto la pinna, né li abbandona finché vivono.

 

20 “Cuius (Mariae) sunt illa verba Eccli. XXIV, 8: In fluctibus maris ambulavi, ut scilicet mortales a submersione eriperet et super undas ad portum duceret.” NOVARINUS, Umbra virginea, Excursus 121, n. 1142. - N. 1143: “Et licet in caelum Virgo ascenderet, nos tamen in hoc mari non deserit, manum fluctuantibus porrigit, ut ad patriae littus tandem ducat.” Che poi Maria riceva in qualche modo nel suo seno i figli tentati, od anche caduti in peccato, lo dice Novarino, Excursus 93, n. 835, in questo modo: “Verus Elias Dominus Iesus... vitae spiraculo eos mortuos afflat, qui in matris gremio iacent, qui Mariae precibus et meritis iuvantur. Cum tibi mors imminet, aut iam te invasit, vide ne extra maternum cadas sinum, ne a Virginis patrocinio abeas... Qui in sinu matris iacet, ad vitam revocabitur... Exceperat Virgo suo sinu latronem, qui in vitiis iam mortuus erat; sed verus Elias in suum extulit cubiculum, ut aeternum viveret: Hodie, inquit, mecum eris in paradiso (Luc. XXIII, 43). In sinu tantae Matris iacens, diu a vita abesse non poterat.”

 

21 “Sum voluntaria ipsum peccatorem in meam defensionem accipere: sicut caritativa mater, dum videret filium nudum ab inimicis acutos gladios habentibus sibi occurrentem. Nonne tunc ipsa opponeret se periculis viriliter, ut filium suum de manibus inimicorum suorum liberaret et eriperet, et in sinu suo gaudenter conservaret? Ita facio et faciam ego omnibus peccatoribus, misericordiam meam a Filio meo petentibus.” S. BIRGITTAE, Revelationes, lib. 4, cap. 138.

 

22 Colla recita del Sub tuum, le monache compagne di Suor Maria Crocifissa della Concezione ottengono che siano istantaneamente guariti i suoi occhi, gravemente offesi dal demonio. - Colla recita pure del Sub tuum, viene essa stessa preparata a combattere e vincere gran moltitudine di demoni. TURANO, Vita, 1709, lib. 2, cap. 8, pag. 130; cap. 11, pag. 148.

 

23 “Dic igitur, o anima, magnam in ipsam habens fiduciam: “O Domina, si tuus Filius per te factus est frater meus, nonne tu per ipsum facta es mater mea? Exultabo igitur et laetabor in te (Ps. IX, 3), quia quidquid iudicabitur de me, pendet ex sententia matris et fratris mei.” Haec Anselmus.” S. BONAVENTURA, Soliloquium de quatuor mentalibus exercitiis, cap. 1, § 3, n. 23. Opera, ad Claras Aquas, VIII, 1898, pag. 37. - Ed. Rom., Mogunt., Lugd., cap. 1, VII, pag. 109, col. 2.

 

24 “O beata fiducia! o tutum refugium! Mater Dei est mater nostra; mater eius in quo solo speramus, et quem solum timemus, est mater nostra; mater, inquam, eius qui solus salvat, solut damnat, est mater nostra... Ergo iudex noster est frater noster; Salvator mundi est frater noster; denique Deus noster est factus per Mariam frater noster. Qua igitur certitudine debemus sperare, qua consolatione possumus timere, quorum sive salus, sive damnatio, de boni fratris et de piae matris pendent arbitrio! Quo etiam affectu hunc fratrem et hanc matrem amare debemus?” S. ANSELMUS, Orationes, Oratio 52 (al. 51). ML 158-937.

 

25 Prov. IX, 4.

 

26 SCHINOSI, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al regno di Napoli. Parte prima, lib. 5, cap. 7, anno 1584. Tutto quel capitolo è consacrato alla memoria di quel piissimo giovane, il quale, nato nel 1563, morì ai 16 di aprile 1584, nel Collegio de' Gesuiti di Napoli, due anni incirca prima che S. Luigi Gonzaga venisse ad imbalsamare quella casa col profumo delle sue angeliche virtù, accompagnato da un altro Elfinstonio, per nome Giorgio: se della stessa parentela, non sappiamo.

 

27 Giacomo VI di Scozia, I d'Inghilterra; nato nel 1566, incoronato re di Scozia nel 1567, re d'Inghilterra nel 1603, come successore della regina Elisabetta, in virtù del testamento di Enrico VIII; morì nel 1625.

 


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13/09/2009 10:23

§ 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.

 

Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare quanto ella ci ama.

 

L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1 dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio, non possono lasciar di amare i loro figli: Natura hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c. 4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de' figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso dimenticarmi di amare voi, figli miei? Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15). E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia mia.

 

Maria è nostra madre, non già di carne, come dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV, 24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore; poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5

 

E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa, ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per noi: Pendebat in cruce Filius, Mater persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg., c. 7).7

 

Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.

 

La prima ragione del grande amore che Maria porta agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales, che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9 Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11 Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de' prossimi.

 

Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo avere chi dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano insieme tutti gli angeli e i santi.13

 

In oltre14 la nostra Madre ci ama assai, perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù, allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier, ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la memoria.

 

Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli, a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù, contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16), così ancora, dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum unigenitum daret.16

 

E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P. Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18

 

Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum, quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S. Bon.).19

 

E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc. XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip. II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per noi, pregando che Dio mandasse presto il Figlio a salvare il mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo costo?

 

E perché tutti gli uomini sono stati redenti da Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita di sole: Et signum magnum apparuit in caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del sole: Non est qui se abscondat a calore eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra dell'amor di Maria. A calore eius, applica l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22

 

E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e dispensa la sua misericordia: Omnibus aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie, che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine, da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di quelli che noi stessi possiamo desiderare: Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che noi le domandiamo il soccorso: Prius occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28

 

Or se Maria è così buona con tutti, anche cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge lo stesso B. Alberto, è trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla tutta piena di pietà e di amore!30 Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32

 

Stava morendo, come si narra nelle Croniche dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si raccomandava a questa Madre di misericordia. Un dì ecco videsi accanto una bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33

 

Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34

 

Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire (Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka, che amava sì teneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine, quanto egli l'amasse, “Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la Madre mia”. Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 - L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S. Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 - L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 - L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S. Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva la sua serenata alla sua diletta regina.43

 

L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea: Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo, quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50

 

Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva S. Pier Damiano, quia amantissima es, et amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So, Signora mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante, ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e disse: “Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto quanto v'amo io.” Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine gli rispose: “Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.”52

 

Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima Madre! Beati quorum corda diligunt Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B. Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio Salvatore Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar voi e la madre vostra?

 

Esempio.

 

Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.

 

Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.

 

Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio, si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56

 

Preghiera.

 

O Domina, quae rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori, rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi, madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi, sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora che v'amo?

 

Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.

 

V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle persone amate: Amor aut similes invenit, aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo. Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.

 


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13/09/2009 10:23

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NOTE

 

1 “Ut proximus amatur filius... Amat... mater filium... quem concipit cum sorde, pregnat cum pallore, non sine timore parit cum periculo vitae, educat cum sollicitudine et labore, qui ingratus post omnia vix praeceptis cogitur, promissis allicitur, honorem rependere parentibus. Honora, inquit, patrem et matrem, ut sis longaevus super terram.” De dilectione Christi et proximi, cap. 13. Inter Opuscula S. Thomae, Opusculum 61. Opera, Romae, 1570, XVII, fol. 82 GH. - Questo opuscolo non è di S. Tommaso. - “Filius est aliquid patris, et patres amant filios “ut aliquid ipsorum” sicut dicit Philosophus (Etich. lib. 8., cap. 12). Unde eisdem rationibus non ponuntur aliqua praecepta decalogi pertinentia ad amorem filiorum, sicut neque etiam aliqua ordinantia hominem ad seipsum.” S. THOMAS, Sum. Theol., I-II, qu. 100, art. 5, ad 4.

 

2 “Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, fetus suos diligant... Quae fera pro catulis suis non ipsa potissimum se offerat morti?” S. AMBROSIUS, Hexaemeron, lib. 6, cap. 4, n. 22. ML 14-250.

 

3 Questo S. Alfonso lo ha preso da Paciuchelli (Excitatio 22, in Ps. 86, n. 3) e Paciuchelli da Filostrato. “Trigridem etiam, animal saevissimum, hac in regione aiunt et circa mare rubrum ad naves procedere catulos repetentem, eisque receptis cum gaudio abire, sin autem cum nave discesserint, in littore ululare et interdum mori.” PHILOSTRATUS, De Tyanensi Apollonio, lib. 2, § 14, n. 3. (Ed. Firmin-Didot, 1878).

 

4 Eccli. XXIV, 24.

 

5 “Mater est... omnium virtutum, et quorumcumque charismatum quae in nos desursum descendunt, sed imprimis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos recepit in filios.” PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae... ad colendam... Virginem Deiparam, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 5.

 

6 “Clauso tanti doloris tormento intrinsecus... non poterat ex facie colligi crux illa animae et patibulum spiritus, in quo erat hostia viva... et medullatum holocaustum: quod cum ipsa incenderet, tantum conscientiae ministerio utebatur ipsaque sine strepitu seipsam mactans, in altario interiori, et ligna et fiammas et latices congerebat. Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in pectore Mariae, aliud in corpore Christi. Christus carnem, Maria immolabat animam. Optabat quidem ipsa, ad sanguinem animae, et carnis suae addere sanguinem, et elevatis in cruce manibus celebrare cum Filio sacrificium vespertinum, et cum Domino Iesu corporali morte Redemptionis nostrae consummare mysterium.” ARNALDUS sive Ernaldus Carnotensis, De septem verbis Domini in cruce, tractatus tertius. ML 189-1694.

 

7 “Stabat ante crucem mater, et fugientibus viris, stabat intrepida... Pendebat in cruce Filius, mater se persecutoribus offerebat.” S. AMBROSIUS, Liber de institutione virginis, cap. 7, n. 49. ML 16-318.

 

8 TURSELLINI, Vita, lib. 4, cap. 6 (a principio). Bononiae, 1746, pag. 202, 203. Questo viaggio, (dicembre 1550 - febbraio 1551), il più aspro di tutti, lo fece il Santo, non già principalmente per l'immediata evangelizzazione delle popolazioni sparse lungo la strada, in città e borghi, ma coll'intento di raggiungere la capitale e di ottenere alla sua missione la benevolenza del potere centrale: raggiunse sì la capitale, ma nulla ottenne, senza però che venisse infranto il coraggio del generoso apostolo.

 

9 GALLIZIA, Vita, lib. 2, cap. 7, § 1. - HAMON, Vita, lib. 2, cap. 3. - Il fiume chiamato da Gallizia “la Duranza” non è già “la Durance”, ma “la Dranse”. Chamblae: Chablais.

 

10 S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, lib. 3, cap. 1. ML 77, col. 215-220. - La verità storica del fatto venne acremente impugnata da alcuni, e strenuamente difesa da altri. Vedi ML 77-134, 135, Vindiciae Dialogorum, § “De historiis quae in Dialogis continentur...”, auctore Petro Gussanvillaeo; Praefatio (editorum O. S. B.), XI, XII, col. 142; ML 61 (Opera S. Paulini), col. 775-778, Dissertatio septima, de captivitate S. Paulini. - Su quale fondamento si sia appoggiato S. Gregorio per asserire la verità del fatto, ce lo dice egli stesso, a principio della sua narrazione: “Sicut enim bonorum facta innotescere citius similibus solent, senioribus nostris per iustorum exempla gradientibus praedicti venerabilis viri celebre nomen innotuit, eiusque opus admirabile ad eorum se instruenda studia tetendit, quorum me necesse fuit grandaevitati (al. gravitati) tam certo credere, ac si ea quae dicerent meis oculis vidissem.” L. c., col. 216. - Quella “grandaevitas” o “gravitas” che sia, non indica, specialmente se si confronta col greco, o non indica unicamente né principalmente il numero degli anni, ma l'autorità dei testimoni. - Che poi S. Gregorio chiami “Vandali” i Goti che s'impossessarono di Nola nel 410, o che i prigionieri siano stati trasferiti in Africa o in Ispagna, son cose di poco o nessuno rilievo.

 

11 S. Fedele da Sigmaringa. - Angelo DE ROSSI DA VOLTAGGIO, Vita, pag. 150 e seg.

 

12 TURANO, Vita, lib. 2, cap. 15. Venezia, 1709, pag. 161.

 

13 “La sua carità sola, e l'amore che ci porta, è più grande, e più leale e più fino di quanta carità hanno mai avuto ed avranno tutti i Santi insieme, ed i più alti serafini e più infiammati nell'amore di Dio. O che buona ventura nostra è il vederci tanto amati con un amore sì grande ed incinvibile, da una sì gran Signora, e dalla medesima Madre di Dio, con tale estremo, che tutto quanto l'amore che han mai portato e porteranno mai le più tenere madri del mondo ai lor figliuoli più cari ed amati, è un'ombra e un niente rispetto a quello ch'ella porta a noi.” Gio. Eusebio NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap. 14. Opere, II, Venezia, 1715, pag. 264. – Ed. Veneta, 1678, p. 125. - Ed. latina, Sancti Galli, 1681, p. 139.

 

14 In una noticina autografa, aggiunta all'edizione Bassanese, S. Alfonso avverte il tipografo: “E dove trovate inoltre, dividete e fate in oltre.”

 

15 Io. XIX, 26.

 

16 Vedi sopra, pag. 38, nota 10. - “Unde secure dici potest et credi quod sicut dicitur de Patre (Io. III): Sic Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret pro mundo, etc.; sic et dici potest: Sic Maria dilexit mundum, id est peccatores, ut Filium suum unigenitum daret, etc. pro salute mundi.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. IV, cap. 18. Inter Opera S. Alberti Magni, XX, pag. 131.

 

17 “Fu sì grande l'amore che Maria portò al mondo, che gli diede il suo Unigenito Figliuolo. (Diedecelo quando il partorì... quando il circoncise... quando lo presentò nel Tempio... quando gli guardò la vita acciocché Erode non l'uccidesse..., quando con sua licenza uscì dalla sua casa per andare a predicare;) diedecelo quando non ricusò che uscisse dal Cenacolo nell'orto; diedecelo, quando preso, accusato, maltrattato, affrontato, flagellato e coronato di spine, non disse per lui neppure una parola; diedecelo mille volte al piè della Croce.” NIEREMBERG, l. c. nella nota 13, p. 365.

 

18 Di S. Anselmo non sappiamo altro che il testo come viene riportato da S. Antonino: “Stabat verecunda, modesta, lacrimis plena, doloribus immersa. Anselmus: “O Domina, quos fontes lacrimarum dicam erupisse de pudicissimis oculis tuis, quum attenderes unicum tuum innocentem coram te flagellari, ligari, mactari, et carnem de carne tua crudeliter dissecari! Et tamen ita divinae voluntati conformis fuisti, ut dicere audeam, quod si nullus fuisset repertus qui filium crucifigeret, ad hoc ut sequeretur salus Dei secundum rationem, si oportuisset, ipsa posuisses in crucem.” Neque enim credendum est minoris fuisse perfectionis et obedientiae ad Deum, quam Abraham, qui proprium filium obtulit Deo in sacrificium propriis manibus occidendum et comburendum. Stabat ergo fixa in Dei voluntate.” - S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 41, § 1, Quantum ad tertium. Veronae, 1740, col. 1227.

 

19 “Et dicit singulariter (Hugo): quia nulla postea creatura ita per amorem exardescet, quae amantissimum filium suum, et unicum, quem Mulier plus seipsa amavit, nobis dedit, et pto nobis obtulit.” Opera S. Bonaventurae, III, Sermo I de B. V. Maria, ed. Rom. ecc., pag. 364, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

20 Venit enim Filius hominis quaerere et salvum facere quod perierat. Luc. XIX, 10.

 

21 Questa rivelazione fu fatta a S. Elisabetta detta d'Ungheria, terziaria francescana. Cf. Montalembert, Histoire de S. Elisabeth de Hongrie, Appendice, V: Révélation faite par la sainte Vierge à sainte Elisabeth, tirée des MS. des Bollandistes à Bruxelles, pag. 160. - Cf. Meditationes vitae Christi, cap. 3: inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen. VI, 336: Quinto petebam. (Vedi Appendice, 2) - Domandava cioè la santissima fanciulla Maria di veder quel tempo in cui s'adempirebbe l'oracolo d'Isaia: Ecce virgo concipiet, e di esser essa stessa la vergine serva di quella Vergine preeletta.

 

22 “Cura sibi est de omnibus. Longe enim positos illuminat radiis misericordiae suae; sibi propinquos per specialem devotionem, consolationis suavitate; secum insistentes in patria, excellentia gloriae. Et sic non est qui se abscondat a calore eius, id est a caritate et dilectione ipsius.” RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-852.

 

23 S. ANTONINUS, Sum. Theol., IV, tit. 15, cap. 2. Veronae, 1740, col. 917.

 

24 S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, n. 8. ML 183-429.

 

25 Al nome di Cornelio a Lapide, crediamo doversi sostituire quello del Salazar, il quale così parla: “Cum nos saepius ignoremus quid nostra potissimum ad salutem intersit, ex quo fit ut saepius nociva petamus; in summis Dei beneficiis numerare debemus, tantam Dominam nostras in singulis rebus praeire orationes et vota, postulantem illa quae magis nobis proficua esse cognovit. Accommodate ad haec Anselmus: “Nescit, inquit, homo, quid orat, aut quomodo oret. Tu pro nobis ora, Mater Dei, quae quid et quomodo nobis petendum sit nosti.” Optimum sane consilium, cum non satis noverimus quid magis e re nostra sit, Mariae preces nostras votaque committere. Agemus autem cum Deo ad hunc modum: “Domine sancte, id solum a te ego supplex peto, quod Maria mihi abs te precatur.” Ferdinandus Quirinus de SALAZAR, S. I., in Proverbia, VIII, 18, n. 186. Parisiis, 1619, col. 614.

 

26 “Plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.” Ven. BERNARDINUS DE BUSTO (al. de Bustis), Mariale seu sermones de B. V. M. ac de eius excellentiis, pars 2, sermo 5: de Nativitate Mariae, pars (huius sermonis) 7, de sponsae caelestis dote ac dotatione. Brixiae, 1588, pag. 185. Opera, III.

 

27 “Concupiscentia enim illius, sicut dicitur de sapientia (Sap. VI, 21) deducit ad regnum perpetuum. Praeoccupat etiam eos qui se concupiscunt, ut illis se priorem (prior) ostendat, sicut ibidem (Sap. VI, 14) dicitur.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 15. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 55 (erronee signata 65), col. 2.

 

28 “Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat.” RICHARDUS A S. VICTORE, In Cantica (IV, 5), cap. 23. ML 196-475.

 

29 Clara est, et quae numquam marcescit sapientia, et facile videturab his qui diligunt eam, et invenitur ab his qui quaerunt illam. Sap. VI, 13.

 

30 Qui continens est iustitiae, apprehendet illam, et obviabit illi quasi mater honorificata. Eccli. XV, 1, 2. - “Apprehendet toto conamine... dicens: Inveni quam diligit anima mea, tenui eam nec dimittam (Cant. III, 4). Illam, id est, Mariam, ut ei serviat, eam collaudet, et operetur ad honorem ipsius... Et obviabit, scilicet... Maria... Obviabit, inquam, per... familiaritatem Mariae, illi remunerando et hic et in morte. Quasi mater honorificata; quod est dicere: sicut mater honorificata a filiis suis, blande suscipit illos.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 6, n. 14. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 83, col. 1, 2; Parisiis, Vives, tom. XXXVI. - Il più delle volte, S. Alfonso attribuisce quest'opera al suo vero autore, Riccardo da S. Lorenzo penitenziere di Rouen (1245); qualche volta però, come poco sopra nella nota 27, e, per quanto crediamo, in questa nota 30, si attiene all'antica denominazione, e la cita sotto il nome di S. Alberto Magno.

 

31 “Agnoscit certe, et diligit diligentes se.” In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, n. 1. Inter Opera S. Bernardi. ML 184-1061. D'incerto autore: probabilmente d'un pio Cisterciense, posteriore di poco a S. Bernardo.

 

32 “Inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum, ipsaque diligit diligentes se; imo servit sibi servientibus.” RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-851.

 

33 “In conventu Montispessulani fuit Frater Leo Dacus (altri hanno: Leodato), qui cum a quodam fratre sibi caro visitaretur, nam infirmus graviter erat, ait: Hac nocte vidi gratissimam visionem, ex qua multam consolacionem recepi: vidi enim gloriosam Virginem venientem ad me et dicentem: Vis venire nobiscum? Cui cum dicerem: Quae estis vos, Domina? Respondit: Ego sum Mater Dei. Cui dixi: Non credo, Domina, quod vos sitis Mater Dei: nam sum peccator vilissimus, nec decet quod tanta Domina veniat ad tantillum. Qua asserente: Ego sum Mater Dei, meam indignitatem respiciens, eadem iteravi. Ipsa itaque dicente: Non dubites, fili, nam ego sum Mater Christi, respondi: Domina, si vos Mater Dei, ego volo ire vobiscum. Eodem die dictus Frater circa vesperas obiit.” Gerardus DE FRACHETO, O. P., Vitae Fratrum Ord. Praedicatorum, ed. J. J. Berthier, Monumenta Ord. Praed. historica, tom. I, Lovanii 1896, pag. 55, § XIX. - Vedi anche Annalium sacri Ordin. Praed. Centuria prima (an. 1238), auctore P. Thoma MALVENDA, Neapoli, 1627, pag. 607, 608.

 

34 “Diceva egli: “Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione, ed impetrerò da Dio ciò che voglio, e sarò onnipotente;” né altro si trova più spesso ne' suoi scritti, che propositi fatti di amare, servire, ed esser divoto della Beatissima Vergine.” CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176. - “Spesso rinnovava questo proponimento: “Io voglio amare Maria.” Ivi, pag. 177.

 

35 “Humilibus quidem est devota, et devotis devotius humiliatur.” S. Ignatii Martyris Epistola (suppositia) ad S. Ioannem Apostolum, ML 5-943. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, Bologna, 1681, parte 1, cap. 1, pag. 2: “Maria humilibus est devota, et cum devotis devotior, id est, cum amantibus amantior,” disse S. Ignazio martire”.

 

36 BARTOLI, Vita (Opere, XX, Torino, 1825), lib. 1, cap. 11; - Vita, in latinum conversa a I. Iuvencio, Romae, 1855, lib. 1, cap. 11. - SACCHINI, Historia Soc. Iesu, pars 3, lib. 6, num. 74. - Il Padre, che prese il santo giovane per compagno, era il P. Emmanuele Sa (de Sa); e l'immagine visitata, quella di S. Maria Maggiore, da lui salutata ogni mattina, subito levatosi, dalla Casa di Noviziato di S. Andrea del Quirinale. - Della Salve Regina non si fa special menzione.

 

37 Il B. Ermanno, detto poi anche Giuseppe, dell'Ordine dei Premonstratesi, visse e morì (tra il 1230 e il 1241) nel monastero di Steinfeld, nella diocesi di Colonia. La Vita fu scritta da un contemporaneo. - Una notte, nel coro della chiesa, gli apparve la Madonna con due angeli; e, non ostante la resistenza della sua umiltà, e l'ammirazione per un fatto così insolito, uno degli Angeli “manum eius dexteram apprehendit et manui sacratissimae Virginis copulavit, et sub his verbis desponsationem pervecit: “Ecce, inquit, hanc Virginem tibi trado, sicut fuit desponsata Ioseph; ut nomen sponsi pariter cum sponsa accipias; et de cetero Ioseph erit nomen tuum;” nome che alcuni confratelli aveano cominciato a dargli, per la sua esimia innocenza, con sommo suo dispiacere. - Qualche tempo dopo, come il Beato stesso narrò all'autore della Vita, gli venne confermato questo nome da Maria SS.. Apparsagli col divin Pargoletto sulle braccia, il Beato, colla solita semplicità e fiducia, le disse: “Carissima, da mihi Filium tuum,” ed ella dopo qualche indugio, glielo porse, dicendo: “Porta Filium meum, sicut ab sponso meo Ioseph portatus est in Aegyptum; ut sicut idem onus, ita etiam similem honorem eiusdem nominis habeas.” Vita, tractatus 1, cap. 4, n. 22, 23: inter Acta SS. Bollandiana, die 7 apriliis.

 

38 “Fu Filippo talmente divoto (della gloriosa Vergine), che l'avea del continuo in bocca, chiamandola il suo amore, dicendo ch'era la sua consolazione, e predicandola per dispensiera di tutte le grazie... A guisa d'un bambino, solea nominarla con quelle parole che usano i fanciulli di Mamma mia.” BACCI, Vita, lib. 2, cap. 2, n. 1. - Acta SS. Bollandiana, die 26 mensis maii, Vita altera, auctore BARNABEO, cap. 13, n. 160.

 

39 Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen. VII, 227 (in fine): Stimulus amoris, pars 3, cap. 16. - Vedi Appendice, 2.

 

40 “O Domina, quae rapis corda... nonne cor meum, Domina, rapuisti?... O rapitrix cordium, quando mihi restitues cor meum?... Cum illud postulo, mihi arrides: et statim tua dulcedine consopitus quiesco.” Inter Opera S. Bernardi, Meditatio in Salve Regina, n. 2. ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

 

41 Alla cugina Tobia, piissima vedova, la quale gli faceva da madre, diceva talvolta: “Philocaptus sum: morerer ea die qua meam amasiam facie ad faciem aspicere non valerem.” O pure: “Volo ire ad visitandum amasiam, quae pulcherrima est, nobilissima super omnes puellas nostrae civitatis.” Ora parlava così di Maria SS., la cui immagine, dipinta al di sopra di una porta della città, egli visitava ogni giorno, mattina e sera, essendo solito dire alla stessa Tobia: “Dormire nequirem in nocte cuius die praecedenti effigiem non vidissem amasiae meae dulcissimae.” La pia cugina, o piuttosto madre, temendo, suo malgrado, di qualche amore per lo meno pericoloso, lo sorvegliò, lo fece sorvegliare, e per maggior sicurezza, lo fece anche confessare al suo Bernardino, promettendogli di fargli sposare la sua diletta, qualora fosse un partito conveniente: “Philocaptus sum, rispose egli, de beata Virgine Dei Genitrice Maria... Statui in mente mea, eius amore, suam imaginem quotidie visitare: et talis est amasia mea.” S. IOANNES A CAPISTRANO, Vita S. Bernardini Senensis. Opera S. Bernardini, I, pag. XXXV-XXXVI.

 

42 “Aveva già Luigi nove anni compiti, quando fu lasciato dal padre in Firenze, e vi stette più di due anni... Nel bel principio che giunse in Firenze, fece Luigi gran progresso nella vita spirituale, e perciò soleva celebrare Firenze come madre della sua divozione; ed in particolare prese tanto affetto alla Beatissima Vergine nostra Signora, che quando di lei ragionava o pensava ai suoi santissimi misteri, pareva si struggesse tutto per tenerezza spirituale.” (E fu allora che, per desiderio di far qualche cosa grata alla Madonna, fece, nella chiesa dell'Annunziata, il voto di perpetua verginità.) CEPARI, Vita, parte 1, cap. 3.

 

43 “Cum in conventu civitatis Truxilli moraretur, ecclesiam oraturus adibat, et aliquando patri Hieronymo... a Turre sibi occurrenti dixit: “Vado ad musicos modulandos accentus coram pulcherrima Virgine, quae me exspectat.” Ille autem... in angulo latitare solitus, saepe ipsum coram altari et sacra Virginis Mariae imagine positum vidit, ac lyrae suae chordulas pulsantem, tanta suavitate repletum et gaudio, ut in saltus miros et commotiones prorumperet, ac tandem genibus flexis quietum, et in oratione perseverantem observaverit.” TIBURTINUS NAVARRUS, Vita, cap. 10, n. 119-122: inter Acta SS. Bollandiana, die 24 iulii, num. 120.

 

44 Giovanni de Trexo, non Girolamo. - NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap. 10. Opere, II, Venezia, 1715, p. 353. - La chiesa era un romitorio appartato, consacrato a Maria Santissima.

 

45 NIEREMBERG, op. cit., p. 354. - Sappiamo dal Patrignani, Menologio, 2 aprile, che il P. Diego Martinez fu un grande missionario del Perù: morì a Lima, nel 1626, in età di 84 anni.

 

46 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 13.

 

47 S. Alfonso Rodriguez, S. I., BONAVENIA, S. I., Vita, 1888, lib. 2, cap. 15, p. 167. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. ultimo (27), § 4. Vedi sopra, Introduzione, nota 20 pag. 20.

 

48 Francesco Binans, dell'Ord. dei Minimi. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 15. Bologna, 1681, p. 218.

 

49 Ven. HILDEBERTUS, Cenomanensis episcopus, Vita S. Radegundis reginae, cap. 4, n. 27, ML 171-977; e più distintamente ancora, il celebre poeta, più tardi vescovo di Poitiers, Venantius Honorius Clementianus FORTUNATUS, il quale conobbe assai bene la santa regina, più volte ne esaltò le virtù nei suoi versi, forse per compiacerla nella sua divozione alla Santa Croce scrisse gli inni Pange, lingua, gloriosi e Vexilla Regis prodeunt, e finalmente ne compose la Vita. Ivi, n. 26, ML 88-598 e ML 72-660, si legge: “Inde vice sub altera, iussit fieri laminam in signo Christi aurichalcam, quam accensam in cellula locis duobus corporis altius sibi impressit, tota carne decocta.” Quel che aveva fatto scolpire nel metallo, veniva impresso profondamente, “altius”, nella carne. Nel testo d'Ildeberto, apparisce soltanto la penitenza; in quello di Fortunato, più consapevole dei pensieri della Santa, si manifesta anche la divozione. In signo Christi: o il monogramma di Cristo, o la croce, a cui era tanto divota, forse, come altri crede, con qualche istrumento della Passione. - Del nome di Maria non si fa cenno, né si sa da che abbiano preso argomento il Marracci (Heroides Marianae, cap. 15, § 1: Migne, Summa Aurea 11-803) ed altri di asserire che la santa regina si sia scolpito nel petto i SS. nomi di Gesù e di Maria. - Che peraltro fosse divotissima di Maria, non si può dubitare. La chiesa del suo monastero, la quale venne dedicata alla Santa Croce dopo che Radegonda ebbe ottenuta dall'imperatore Giustino una insigne reliquia della Vera Croce, chiamavasi prima “di Santa Maria” (Guérin, Les Petits Bollandistes, 13 août, IX, 501). I suoi sentimenti Mariani si possono in qualche modo conoscere in quelli di Fortunato, a cui si attribuiscono gli inni Quem terra, pontus, sidera, O Gloriosa Domina, Ave, maris stella, oltre una lunga poesia sulla Madonna (ML 88-265, 266; 276 et seq.). Il suo poema de virginitate (ML 88-226 et seq.), dedicato a quella stessa Agnese che Radegonda si era scelta come Badessa, ed ove loda Radegonda, comincia così: “In nomine Domini nostri Iesu Christi, et dominae meae Mariae, matris eius. De virginitate.”

 

50 Gio. Battista Archinto, Milanese, entrò ventenne nella Compagnia di Gesù; morì nel 1574, dopo quattro anni di vita religiosa. S'impresse sul petto, “con una lamina intagliata di ferro infocato”, i santissimi nomi di Gesù e di Maria, essendo ancora secolare. Cf. PATRIGNANI, Menologio, 7 settembre; AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 15, pag. 223. - Del P. Agostino de Espinosa (+ 1648), che “ebbe tre altri fratelli nella Compagnia, uno dei quali fu martire”, scrive il PATRIGNANI (Menologio, 4 febbraio), n. 3: “Si stampò con ferro infocato sul petto il nome di Gesù, con altri segni nel corpo della sua servitù a Gesù e a Maria.”

 

51 “Scio, Domina, quia benignissima es, et amas nos amore invincibili.” Inter Opera S. Petri Damiani, NICOLAUS monachus, notarius S. Bernardi, Sermo II, in Nativitate B. V. Mariae, ML 144-740.

 

52 “Adeo Virgini addictus (erat), ut olim vixdum per aetatem rationis compos sic illam compelleret: “Ah! si me tantum, quantum ego te, Virgo, diligeres, quam felix viverem!” Cui illa: “Falleris, Alphonse; plus te amo quam ipse me ames.” Annis vero maturum... incredibile est quibus indiciis peculiaris benevolentiae affecerit. Alias enim: “Alphonse, inquit, de meo erga te amore non est quod ambigas, cum abs te tantopere diligar, et sit amoris praemium redamari.” Alias: “Quantum te diligo, Alphonse, fili mi! quantum te diligo!” Nonnumquam: “Proh! quali caritatis ardore, Alphonse; fili, te requiro!” IANINUS, Vita, lib. 2, cap. 12, n. 92, pag. 635: Acta SS. Bollandiana, die 30 octobris.

 

53 “Beati quorum corda te diligunt, Virgo Maria (Ps. 31, v. 1) - Beati qui devote ei famulantur (Ps. 118, v. 4).” Psalterium B. V. M. (d'ignoto autore), inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, pag. 481, 488.

 

54 “Numquam in hoc eximio certamine a nobis ipsa vincetur; eternim et amorem redhibet, et praeterita beneficia novis semper adauget.” PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, in Ps. 86, excitatio 2, n. 1. Editio 4, Venetiis, 1720, pag. 7.

 

55 “Vestro continuo amore langueat cor meum, liquefiant omnia ossa mea... Date itaque, piissimi, date obsecro supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quanto digni estis, amorem vestrum... Amator et miserator hominum, tu posuisti (potuisti) reos tuos et usque ad mortem amare et poteris te roganti amorem tui et Matris tuae negare?” S. ANSELMUS, Orationes, Oratio 52 (al. 51). ML 158-958, 959.

 

56 Questo fatto, riferito dall'AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 8 (Bologna, 1681, pag. 153), vien preso dal Magnum Speculum exemplorum, dist. 9, exemplum 118, ove comincia così: “Legitur in libro Exemplorum B. Virginis...” Si legge pure nell'opera di D. Ingazio Brentano Cimarolo, O. S. B., Miranda Mariana, tractatus 3, fasciculus 1, exemplum 43: apud Migne, Summa aurea, tom. 12, pag. 974. - Non si tratta, come si è creduto, di quel che succedette alla morte di S. Germana Cousin, la quale avvenne nel 1601. Infatti di questa santa poco o nulla si fece caso fino all'anno 1644, in cui piacque a Dio di rendere la sua tomba gloriosa. Non poté dunque conoscerla l'autore del Magnum Speculum, morto verso il 1480, e meno ancora, l'autore del Liber exemplorum B. Virginis. Né giova dire che questo racconto sia stato aggiunto da qualche continuatore: la copia che abbiamo è del 1618, tempo in cui la pastorella di Pibrac era morta sì, ma affatto sconosciuta. - Vi è qualche particolare comune ai due racconti: ma forse non può il Signore compiere due volte la stessa maraviglia? Ne abbiamo un commovente esempio nella vita di S. Germana: quel grazioso miracolo delle limosine cambiate in rose, fatto a favore della Lantgravia di Turingia, Santa Elisabetta, il Signore lo rinnova a favore della contadinella, cambiando, nella rigida stagione, in freschissimi fiori sconosciuti a Pibrac, i tozzi di pane tolti dal suo parco mangiare per i poveri. E Dio volle che i due contadini, accorsi in suo aiuto per difenderla dalla collera della matrigna, vivessero abbastanza per render testimonianza giurata del fatto, nei primi atti del processo per la beatificazione. - S. Germana fu assistita soprannaturalmente nella sua agonia, ma in che modo precisamente, non lo sappiamo, essendo stata ella trovata morta la mattina, nel sottoscala dove prima era stata costretta dalla matrigna, e dove poi essa stessa aveva domandato al padre di dormire. - Quel che è comune ai due racconti, è l'intervento di due religiosi. In quello che concerne S. Germana, dice il BOERO, S. I. Vita, Roma, 1854, pag. 22: “Un'altra visione è deposta nei seguenti termini nei processi: “La stessa notte della morte della Venerabile Germana Cousin, due religiosi si ripararono tra le rovine del vecchio castello degli antichi signori di Pibrac, che è situato sulla strada che conduceva all'abitazione dei genitori della Venerabile Serva di Dio. Nel cuor della notte, videro passare due verginelle vestite di bianco, che si avviavano verso la detta abitazione, e dopo alcuni istanti le videro ritornare conducendosi in mezzo un'altra vergine egualmente vestita di bianco e avente in capo una corona di fiori. Fatta appena l'alba del dì seguente, entrarono nel villaggio, dimandarono se fosse morto qualcheduno, e fu loro risposto di no, ignorandosi ancora che il Signore aveva chiamato a sé la Venerabile Germana Cousin... Da altri ancora fu veduta la B. Germana girsene al cielo, accompagnata da un coro di dodici vergini, che le facean corona.” Immediatamente prima (p. 22) aveva scritto il Boero: “Un sacerdote di Guascogna, che recavasi a Tolosa, in passando quella notte vicino al villaggio di Pibrac, fu rapito in ispirito, e vide una luminosa processione di santi, che discendeva dall'alto verso Pibrac, e indi a poco risaliva in cielo conducendo seco un'anima beata di più... All'indomani, tornando da Tolosa a Pibrac, dimandò ai paesani chi fosse morto nella notte precedente in quella parrocchia, da cui ebbe in risposta, che la pastorella Germana Cousin.” Cf. Louis VEUILLOT, Vie, 1854, pag. 129; Mgr. Paul GUERIN, Les Petits Bollandistes, 15 juin.

 

57 “O Domina, quae corda rapis dulcedine!” Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugd., VII, 232. - Vedi Appendice, 2, e 3, A.

 

58 “Io trovo fra i suoi scritti questo ricordo: “Numquam quiescam, donec obtineam amorem tenerum erga dulcissimam meam Matrem Mariam.” CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 181.

 

59 ARISTOTILE non ha questa sentenza nei termini riferiti, ma l'esprime così: “In communitate quadam omnis amicitia cernitur (Ethicorum Nicomach. VIII, n. 7);” e più distintamente per partes, cioè: a) Amor similes invenit: “Deus similem semper ad similem adducit (Ethicorum ad Eudemum VII, dopo l'inizio). Aequalis aequalem delectat” (ibid., n. 2). b) Amor similes facit: “Communia amicorum omnia (ibid). Aequales inter se esse socii cupiunt (Magnorum Moralium II, n. 11, verso la fine).”

 


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13/09/2009 10:24

§ 4. - Maria è madre anche de' peccatori pentiti.

 

Si protestò Maria con S. Brigida (Lib. 4, Rev., c. 138) ch'ella è madre non solo de' giusti e degl'innocenti, ma ancora de' peccatori, purché si vogliano emendare: Ego sum quasi mater omnium peccatorum volentium se emendare.1 Oh come, quando ricorre a' suoi piedi un peccatore che vuole emendarsi, ritrova questa buona madre di misericordia pronta ad abbracciarlo ed aiutarlo più che nol farebbe ogni madre di carne! Ciò appunto scrisse S. Gregorio alla principessa Metilde: Pone finem in voluntate peccandi, et invenies Mariam (indubitanter promitto) promptiorem carnali matre in tui dilectione (Lib. 1, ep. 47).2 Ma chi aspira ad esser figlio di questa gran Madre, bisogna che prima lasci il peccato, e poi speri di essere accettato per figlio. Sulle parole, Surrexerunt filii eius (Prov. XXXI, 28), riflette Riccardo, e nota che vi si dice surrexerunt, e poi filii: perché, soggiunge, non può esser figlio di Maria chi non cerca prima di alzarsi dalla colpa dov'è caduto: Nec dignus est, qui in mortali peccato est, vocari filius tantae matris.3 Avvertendo S. Pier Grisologo: Qui genitricis non facit opera, negat genus:4 Chi fa opere contrarie a quelle di Maria, nega coi fatti di voler esser suo figlio. Maria umile, ed egli vuol esser superbo? Maria pura, ed egli disonesto? Maria piena di amore, ed egli vuole odiare il prossimo? Dà segno che non è, né vuol esser figlio di questa santa madre. Filii Mariae, ripiglia Riccardo, imitatores eius in castitate, humilitate, mansuetudine, misericordia.5 E come mai avrà l'ardire di voler esser figlio di Maria chi tanto la disgusta colla sua vita? Un certo peccatore un giorno disse a Maria: Monstra te esse matrem; ma la Vergine gli rispose: Monstra te esse filium (Ap. Aur.).6 Un altro invocava un giorno questa divina Madre, e la chiamava madre di misericordia. Maria gli disse: Voi peccatori, quando volete ch'io vi aiuti, mi chiamate madre di misericordia; e poi non cessate coi vostri peccati di farmi madre di miseria e di dolori (Ap. Pelb.).7 Maledictus a Deo qui exasperat matrem suam (Eccli. III, 18). Matrem suam, idest Mariam, commenta Riccardo.8 Dio maledice chi affligge colla sua mala vita, o al più colla sua ostinazione, questa sua buona madre.

 

Dissi colla sua ostinazione; perché quando poi questo peccatore, benché non ancora uscito, si sforza però di uscire dal peccato, e cerca perciò l'aiuto di Maria, questa madre non lascerà di soccorrerlo e farlo tornare in grazia di Dio. Come appunto un giorno intese S. Brigida dalla bocca di Gesù Cristo, che parlando colla Madre, le disse: Conanti surgere ad Deum tribuis auxilium, et neminem relinquis vacuum a tua consolatione.9 Mentre dunque il peccatore è ostinato, Maria non può amarlo: ma se egli trovandosi forse incatenato da qualche passione, che lo tiene schiavo dell'inferno, almeno si raccomanderà alla Vergine, e la pregherà con confidenza e perseveranza a cacciarlo dal peccato, senza dubbio questa buona madre stenderà la sua potente mano, ella lo scioglierà dalle catene e lo condurrà a stato di salute. - Fu già eresia condannata dal sacro Concilio di Trento, il dire che tutte le preghiere ed opere che si fanno da chi sta in peccato, sieno peccati.10 Dice S. Bernardo che la preghiera in bocca del peccatore, sebbene non è bella, perché non accompagnata dalla carità, nulladimeno è ella utile e fruttuosa per uscir dal peccato;11 poiché, come insegna S. Tommaso (2. 2., qu. 178, a. 2, ad 1), la preghiera del peccatore è già senza merito, ma è ben atta ad impetrare la grazia del perdono; mentre la virtù d'impetrare è fondata non già sul merito di chi prega, ma sulla divina bontà, e sui meriti e promessa di Gesù Cristo, il quale ha detto: Omnis... qui petit, accipit (Luc. XI, [10]).12 Lo stesso dee dirsi delle preghiere che si porgono alla divina Madre.

 

Se quegli che prega, dice S. Anselmo, non merita di essere esaudito, i meriti di Maria, a cui egli si raccomanda, faranno che sia esaudito: Si merita invocantis non merentur ut exaudiatur, merita tamen Matris intercedunt, ut exaudiatur.13 Onde S. Bernardo esorta ogni peccatore a pregar Maria, e a concepir gran confidenza nel pregarla; perché se il peccatore non merita quel che domanda, è conceduto non però a Maria per li meriti suoi, che si donino al peccatore quelle grazie ch'ella domanda per esso a Dio: Quia indignus eras, cui donaretur, datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes (Serm. 3, in vig. Nat.).14 Questo è l'officio d'una buona madre, dice lo stesso santo: una madre, che sapesse due figli suoi esser nemici a morte, e che l'uno insidiasse la vita all'altro, che altro mai farebbe, che procurare in tutti i modi pacificarli? Così, dice il santo, Maria è madre di Gesù e madre dell'uomo: quando vede alcun peccatore nemico di Gesù Cristo, non può sopportarlo, e tutta si adopera per farli stare in pace: O felix Maria, tu mater rei, tu mater iudicis, cum sis mater utriusque, discordias inter tuos filios nequis sustinere (In Depr. ad V.).15 Altro non vuole la benignissima Signora dal peccatore, che se le raccomandi ed abbia intenzione d'emendarsi. Quando Maria vede a' piedi suoi un peccatore che viene a cercarle misericordia, non guarda ella i peccati che porta, ma guarda l'intenzione colla quale viene; se viene con buona intenzione, avesse quegli commessi tutti i peccati del mondo, ella l'abbraccia, e non isdegna l'amantissima madre di sanargli tutte le piaghe che porta nell'anima; poich'ella non solamente è da noi chiamata la madre della misericordia, ma veramente è tale, e tale si fa conoscere con l'amore e tenerezza con cui ci sovviene. Tutto ciò appunto espresse la B. Vergine a S. Brigida, dicendo: Quantumcumque homo peccet, statim parata sum recipere revertentem; nec attendo quantum peccaverit, sed cum quali intentione redit: nam non dedignor eius plagas ungere et sanare, quia vocor et vere sum mater misericordiae (Rev., l. 2, c. 23).16

 

Maria è madre de' peccatori che vogliono convertirsi, e come madre non può non compatirli, anzi par che senta come propri i mali de' poveri figli. La Cananea, allorché pregò Gesù Cristo a liberar la sua figlia dal demonio, che la travagliava, disse: Miserere mei, Domine, fili David; filia mea male a daemonio vexatur (Matth. XV, 22). Ma se la figlia, non la madre, era tormentata dal demonio, par che avess'ella dovuto dire: Signore, abbi pietà di mia figlia, non già, abbi pietà di me. Ma no; ella disse: Miserere mei: con ragione, perché tutte le miserie de' figli si sentono come proprie dalle loro madri. Or così appunto dice Riccardo di S. Lorenzo che Maria prega Dio, quando le raccomanda qualche peccatore che a lei si raccomanda: Maria clamat pro anima peccatrice: Miserere mei (De laud. V., c. 6).17 Mio Signore, par che gli dica, questa povera anima, che sta in peccato, è mia figlia, e perciò abbi pietà non tanto di lei, quanto di me che le son madre.

 

Oh volesse Dio che tutti i peccatori ricorressero a questa dolce Madre, che tutti certamente sarebbero da Dio perdonati! O Maria, esclama per maraviglia S. Bonaventura, peccatorem toti mundo despectum materno affectu complecteris; nec deseris, quousque miserum iudici reconcilies (In Spec., c. 5).18 E vuol dire il santo che il peccatore, stando in peccato, è odiato e cacciato da tutti; anche le creature insensate, il fuoco, l'aria, la terra vorrebbero castigarlo, e far la vendetta per risarcire l'onore del loro Signor disprezzato. Ma se questo miserabile ricorre a Maria, Maria lo discaccia? No, se egli viene con intenzione d'essere aiutato ad emendarsi, ella se l'abbraccia con affetto di madre; né lo lascia, se prima colla sua potente intercessione non lo riconcilia con Dio e lo rimette in sua grazia.

 

Si legge nel secondo libro de' Re (Cap. XIV, num. 2) che quella sapiente donna Tecuite disse a Davide: “Signore, io avea due figli, per mia disgrazia l'uno ha ucciso l'altro: sicché già ho perduto un figlio; or la giustizia vuol togliermi l'altro figlio unico che mi è rimasto: abbiate pietà di me povera madre, fate ch'io non resti priva di tutti due questi miei figli.” Allora Davide, avendo compassione di questa madre, liberò il delinquente, e a lei lo donò. Lo stesso appunto par che dica Maria, allorché vede Dio sdegnato contro d'un peccatore, che a lei si raccomanda: “Mio Dio, gli dice, io avea due figli, Gesù e l'uomo; l'uomo ha ucciso il mio Gesù sulla croce; ora la vostra giustizia vuol condannar l'uomo: Signore, il mio Gesù è già morto, abbiate compassione di me, e se ho perduto l'uno, non mi fate perdere l'altro figlio ancora.” - Ah che certamente Dio non condanna quei peccatori che ricorrono a Maria, e per cui ella prega; mentre Dio stesso ha raccomandati per figli questi peccatori a Maria. Il divoto Lanspergio così fa parlare il Signore: Mariae peccatores in filios commendavi. Propterea adeo est sedula, ut officio suo satisfaciens, neminem eorum qui sibi commissi sunt, praecipue illam invocantium, perire sinat, sed quantum valet, omnes mihi reducat (V. l. 4, Min. Op.).19

 

E chi mai può spiegare, dice Blosio, la bontà, la misericordia, la fedeltà e la carità, con cui questa nostra Madre cerca di salvarci quando noi l'invochiamo in aiuto? Huius matris bonitas, misericordia, fidelitas, caritas erga homines tanta est, ut nullis verbis explicari possit.20 Prostriamoci dunque, dice S. Bernardo, avanti a questa buona Madre, stringiamoci a' suoi santi piedi, e non la lasciamo se non ci benedice, e con ciò ci accetti per suoi figli: Beatis illius pedibus provolvamur; teneamus eam, nec dimittamus, donec benedixerit nobis. (In Sig. Magn.).21 E chi mai può sconfidare della pietà di questa Madre? Dicea S. Bonaventura: Etiamsi occiderit me, sperabo in eam; et totus confidens iuxta eius imaginem mori desidero, et salvus ero.22 E così dee dire ciascun peccatore che ricorre a questa pietosa madre: Signora e madre mia, io per le mie colpe merito che mi discacciate, e voi stessa mi castighiate secondo i demeriti miei; ma ancorché voi mi ributtiate e mi uccidiate, io non perderò mai la confidenza in voi, che voi mi abbiate a salvare. In voi tutto confido, e sol che io mi abbia la sorte di morire avanti a qualche vostra immagine, raccomandandomi alla vostra misericordia, io spero certamente di non perdermi, ma di venire a lodarvi in cielo in compagnia di tanti vostri servi, che morendo e chiamando voi in aiuto, tutti per la vostra potente intercessione son salvi.

 

Leggasi il seguente esempio e veggasi se mai alcun peccatore possi sconfidare della misericordia e dell'amore di questa buona madre, se a lei ricorre.

 

Esempio.

 

Si narra appresso il Belluacense (In Spec. histor.) che nella città di Ridolfo in Inghilterra nell'anno 1430 vi era un giovine nobile chiamato Arnesto, il quale, avendo dato a' poveri tutto il suo patrimonio, si fe' monaco in un monastero, dove menava una vita così perfetta, che i superiori assai lo stimavano, singolarmente per la divozione speciale che aveva alla SS. Vergine. Occorse che in quella città si attaccò la peste; i cittadini ricorsero al monastero per aiuto d'orazioni. L'abbate impose ad Arnesto che se ne andasse a pregare avanti l'altare di Maria, e non se ne partisse, finche la Madonna non li desse risposta. E il giovine, durando ivi tre giorni, finalmente ebbe la risposta da Maria di alcune preci che dovevano dirsi; e così si fece, e cessò la peste.

 

Or avvenne poi, che questo giovine si raffreddò nella divozione di Maria: il demonio lo assalì con molte tentazioni, specialmente d'impurità e di fuggirsene dal monastero; e il miserabile, per non essersi raccomandato a Maria, già risolvè di fuggirsene con buttarsi da una muraglia del monastero; ma passando avanti l'immagine di Maria che stava nel corridore, la Madre di Dio gli parlò e gli disse: “Figlio mio, perché mi lasci?” Allora Arnesto stordito e compunto cadde in terra e rispose: “Ma, Signora, non vedete che non posso resistere più? voi perché non mi aiutate?” E la Madonna replicò: “E tu perché non mi hai invocata? che se ti raccomandavi a me, non ti saresti ridotto a questo: da oggi avanti, gli disse, raccomandati a me e non dubitare”.

 

Se ne tornò in cella Arnesto. Ma ritornarono le tentazioni; esso neppure attese a raccomandarsi a Maria: onde finalmente se ne fuggì dal monastero, e dandosi ad una pessima vita, passando da peccato in peccato, in fine si ridusse a far l'assassino, poiché prese ad affitto un'osteria, dove la notte uccideva i poveri passaggieri e li spogliava. Fra questi uccise una notte il cugino del governatore di quel luogo, il quale dagl'indizi avuti facendo il processo, lo condannò alla forca.

 

Ma frattanto che si faceva il processo, capitò all'osteria un cavaliere giovine: l'oste ribaldo, facendo il solito disegno sopra di lui, la notte entra nella stanza per assassinarlo: ma ecco sul letto non vede il cavaliere, ma un Crocifisso impiagato, che, guardandolo pietosamente, gli dice: “Non ti basta, ingrato, ch'io sia morto una volta per te? Vuoi tornare ad uccidermi? Via su presto, stendi la mano e torna ad uccidermi”. Allora il povero Arnesto confuso cominciò a piangere, e piangendo disse: “Signore, eccomi, giacché mi usate tante misericordie, io voglio tornare a voi”. E subito si partì dall'osteria per tornare al monastero a far penitenza; ma ritrovato per via da' ministri della giustizia, fu portato al giudice, e avanti di lui confessò tutti gli assassini fatti. Onde fu condannato a morir di capestro, senza dargli neppure tempo di confessarsi. Allora egli si raccomandò a Maria. Fu buttato dalla forca; ma la Vergine fece che non morisse. Ella stessa poi lo sciolse e gli disse: “Torna al monastero, fa penitenza, e quando vedrai in mia mano una carta del perdono de' tuoi peccati, allora apparecchiati alla morte”. Arnesto tornò, e raccontato tutto all'abbate fece gran penitenza. Dopo molti anni, ecco vide in mano di Maria la carta del perdono; e subito si apparecchiò alla morte, e santamente morì.23

 

 

Preghiera.

 

O mia sovrana regina, e degna Madre del mio Dio, Maria SS., io vedendomi così vile e così lordo di peccati, non dovrei aver ardire di accostarmi a voi e di chiamarvi madre. Ma non voglio che le miserie mie mi privino della consolazione e della confidenza ch'io sento in chiamarvi madre. Merito, già lo so, che voi mi discacciate; ma vi prego a guardare quel che ha fatto e patito il vostro figlio Gesù per me, e poi discacciatemi se potete: io sono un povero peccatore, che più degli altri ho disprezzata la divina Maestà; ma il male è già fatto.

 

A voi ricorro, voi mi potete aiutare; Madre mia, aiutatemi. Non mi dite che non mi potete aiutare; perché io so che siete onnipotente ed ottenete quanto desiderate dal vostro Dio. Se poi dite che non mi volete aiutare, ditemi almeno a chi ho da ricorrere per essere sollevato in tanta mia disgrazia? Aut miseremini misero, dirò a voi e al vostro Figlio con S. Anselmo, tu parcendo, tu interveniendo: aut ostendite, ad quos tutius fugiam misericordiores; aut monstrate, in quibus certius confidam.24 O abbiate pietà di me, voi, mio Redentore, con perdonarmi, e voi, Madre mia, con raccomandarmi: oppure insegnatemi a quali persone io ho a ricorrere, che sieno di voi più pietose, e in cui io possa più confidare. No che né in terra né in cielo posso trovare chi abbia de' miseri maggior pietà di voi, e chi meglio possa aiutarmi.

 

Voi, Gesù, siete il padre mio, e voi, Maria, siete la madre mia. Voi amate i più miserabili e gli andate cercando per salvarli. Io sono un reo dell'inferno il più miserabile di tutti; ma non avete bisogno d'andarmi cercando, né io pretendo che mi cerchiate; io mi presento a voi con certa speranza che non resterò abbandonato da voi. Eccomi a' piedi vostri, Gesù mio, perdonatemi: Maria mia, soccorretemi.

 

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NOTE

 

1 “Ego sum Mater Dei... Ego etiam sum Mater omnium qui sunt in superno gaudio... Sum etiam mater omnium qui sunt in purgatorio... Ego sum Mater totius iustitiae quae est in mundo... Ego etiam sum quasi Mater omnium peccatorum se volentium emendare.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 4, cap. 138. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 298, col. 1.

 

2 “De Matre vero Domini, cui te principaliter commisi et committo, et numquam committere... omittam, quid tibi dicam, quam caelum et terra laudare, licet ut meretur nequeant, non cessant? Hoc tamen procul dubio teneas, quia, quanto altior et melior ac sanctior est omni matre, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores et peccatrices. Pone itaque finem in voluntate peccandi, et prostrata coram illa ex corde contrito et humiliato lacrimas effunde. Invenios illam, indubitanter promitto, promptiorem carnali matre ac mitiorem in tui dilectione.” S. GREGORIUS PP. VII, Registrum, lib. 1, Epistola 47, ad Comitissam Mathildem (in fine). ML 148-328.

 

3 “Ideo dicitur prius: Surrexerunt (Prov. XXXI, 28), nec dignus est, qui in mortali peccato est, vocari filius tantae matris.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 8. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 74: Paris., XXXVI, 115.

 

4 “Qui genitoris opera non facit, negat genus, Domino sic docente: Si filii Abrahae essetis, opera Abrahae faceretis. (Io. VIII).” S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 123, De divite et Lazaro. ML 52-537. - Si filii Abrahae estis, opera Abrahae facite... Vos facitis, opera patris vestri... Vos ex patre diabolo estis. Io. VIII, 39, 41, 44. - La stessa ragione vale per la madre, come per il padre.

 

5 “Filii eius, id est, imitatores, maxime in tribus, castitate, largitate humilitate... Si filii Abrahae estis, opera Abrahae facite (Io. VIII, 39). Filii ergo Mariae imitatores eius in benignitate, mansuetudine, misericordia, et huiusmodi.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, op. cit., l. c. - Vedi la precedente nota 3.

 

6 AURIEMMA, Affetti scambievoli: dopo i 16 capitoli della Parte seconda: Motivo per amar Maria, cap. 12. Bologna, 1681, pag. 413.

 

7 “Quidam peccator, volens ire ad peccandum, ad altare Virginis gloriosae stans, salutavit eam angelica salutatione, quia modus eius erat., quandocumque praeterivit altare vel imaginem Virginis Mariae, quod eam salutavit. (Prodigiosamente la Madonna gli eccitò nel cuore il rimorso dei suoi peccati.) Et peccator ille, conversus ad Virginem, dixit: “O Mater misericordiae, intercede pro me.” Et illa: “Vos peccatores vocatis me matrem misericordiae, qui tamen non cessatis me facere matrem miseriae et tristitiae.” Sermones Discipuli (i. e. Io. HEROLT, O. P.), de tempore et de sanctis, Sermo 161, de B. V. Maria (verso la fine). Venetiis, 1598, pag. 607. - PELBARTUS DE THEMESWAR, Ord. Min., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12, pars 3 (ultima), cap. 7, Miraculum I. Venetiis, 1586, fol. 224, col. 3.

 

8 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. II, cap. 1, n. 8. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugd., 1651, XX, pag. 35 (operis, non integri voluminis); Paris., XXXVI, 62.

 

9 “Deinde ait Filius Dei ad Matrem: “O benedicta Mater, tu es similis aurifabro, qui praeparat opus pulchrum... Sic tu, dilecta Mater, omni conanti surgere ad Deum tribuis auxilium, et neminem relinquis vacuum a consolatione tua.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 3, cap. 19 (verso la fine).

 

10 “Si quis dixerit, opera omnia, quae ante iustificationem fiunt, quacumque ratione facta sint, vere esse peccata, vel odium Dei mereri, aut, quanto vehementius quis nititur se disponere ad gratiam, tanto eum gravius peccare: anathema sit.” CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 6, canon 7.

 

11 “Non est speciosa laus in ore peccatoris (Eccli. XV, 9). Etiam quae est in ore peccatoris poenitentis, non videtur speciosa; quia adhuc de peccati recordatione et memoria confusionem patitur, et frequenter inde compungitur. Sed tamen in eo est utilis et fructuosa confessio, etsi non speciosa decoraque laudatio.” S. BERNARDUS, Sermones de diversis, Sermo 81. ML 183-699.

 

12 “Sicut supra dictum est (qu. 83, art. 16)... oratio in impetrando non innititur merito, sed divinae misericordiae, quae etiam ad malos se extendit.” S. THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 178, art. 2, ad 1. - “Oratio... habet... virtutem merendi et virtutem impetrandi. Oratio autem, dicut et quilibet alius actus virtutis, habet efficaciam merendi, in quantum procedit ex radice caritatis... Efficaciam autem impetrandi habet ex gratia Dei, quem oramus; qui etiam nos ad orandum inducit. Unde Augustinus...: “Non nos hortaretur ut peteremus, nisi dare vellet.” II-II, qu. 83, art. 15, C. - “Quamvis eius (peccatoris) oratio non sit meritoria, potest tamen esse impetrativa, quia meritum innititur iustitiae, sed impetratio innititur gratiae.” Ibid., ad 2.

 

13 “Invocatio autem nomine Matris suae (Domini Iesu), etsi merita invocantis non merentur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiatur.” EADMERUS monachus Cantuariensis, Liber de excellentia B. Mariae, cap. 6. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-570.

 

14 “Ex Deo et homine cataplasma confectum est, quod sanaret omnes infirmitates tuas. Contusae sunt autem et commixtae hae duae species in utero Virginis, tamquam in mortariolo; sancto Spiritu, tamquam pistillo, illas suaviter commiscente. Sed quia indignus eras cui donaretur, datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes... Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transiret.” S. BERNARDUS, In Vigilia Nativitatis Domini, sermo 3, n. 10. ML 183-100.

 

15 “Beatus Bernardus ait: Tu mater Regis, tu mater exsulis; tu mater Dei (il contesto esige: rei), tu mater Iudicis; et tu mater Dei et hominis: cum mater sis utriusque, discordiam inter filios tuos nequis sustinere.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 3: inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun., VI, 432. - Questo testo però non è di S. Bernardo, ma, parte letteralmente, parte a senso, di ADAMO (+ 1203), Abbate di Persenia (Perseigne), Mariale, Sermo 1, in Annuntiatione B. M. V., ML 211-703: “Tu enim mater exsulis, tu mater Regis. Tu mater rei, tu mater Iudicis. Tu mater Dei, tu mater hominis. Per te ergo factus est reus frater Iudicis, per te facta est una hereditas Regis et exsulis. Cum enim utriusque mater, utrumque habes filium... Tu, misericordiae mater, non rogabis pro filio Filium?... Rogabis plane, quia qui Filium tuum inter Deum et homines posuit Mediatorem, te quoque inter reum et Iudicem posuit Mediatricem.”

 

16 “Verba Virginis gloriosae... Quantumcumque homo peccat, si ex toto corde et vera emendatione ad me reversus fuerit, statim parata sum recipere revertentem. Nec attendo quantum peccaverit, sed cum quali intentione et voluntate redit. Ego vocor ab omnibus Mater misericordiae: vere, filia, misericordia Filii mei fecit me misericordem, et misericordia eius visa compatientem.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 2, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 114, col. 1. - “Maria loquitur: Nullus est tantus peccator, nec tam in vili opere positus, quin, si invocaverit me in adiutorium, ego iuvabo eum. Quod enim opus est vilius quam curare caput scabiosum? Si quis invocat me, ministrabo adiutorium ut mundetur. Quid vero vilius instrumento illo, aut sordidius, quo crassitudo terrae eiicitur de stabulo super currum? Si quis invocaverit me, ego iuvabo eum. Quid vero vilius, quam lavare plagas leprosi? Quicumque invocaverit me, ego non dedignor tangere, et ungere, et sanare plagas suas.” Id. op., lib. 6, cap. 117, pag. 438, col. 2.

 

17 “Haec est mulier Chananaea egressa de finibus Tyri et Sidonis, id est de profundo saecularis conversationis, quae clamat ad Deum pro filia, id est, peccatrice anima, cuius etiam personam misericorditer in se transformat, dicens: Miserere mei... fili David.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. Mariae, lib. 6, cap. 9, n. 11. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 198; ed. Paris., XXXVI, 349.

 

18 “Bene beatus Bernardus ait: Maria, tu peccatorem toti mundo despectum, materno affectu complecteris, foves, nec deseris, quousque horrendo Iudici miserum reconcilies.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 5.Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, 437, col. 1. Vedi Appendice, 2. - ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Sermo panegyricus, alias Ad gloriosam Virginem Mariam deprecatio et laus elegantissima, n. 2, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1010: “Tu peccatorem quantumlibet fetidum, non horres, non despicis;... tu illum... foves, nec deseris, quousque horrendo Iudici miserum reconcilies... ac toti mundo despectum materno affectu amplecteris.” Vedi Appendice, 3, B.

 

19 “Illi (nempe Mariae) omnem gratiae et misericordiae meae thesaurum erogandum commisi, quando filios meos omnes, potissimum autem, pro quibus tunc patiebar, peccatores, in persona Ioannis in filios commendavi. Hoc ipsa non ignorat. Propterea adeo est diligens, adeo sedula, ut officio suo satisfaciens, neminem eorum, quantum in se est, qui sibi commissi sunt, praecipue se invocantium, perire sinat, sed quantum valet, omnes mihi reducat, omnes mihi reconciliandos offerat.” LANSPERGIUS, Cartusianus, Alloquia Christi Iesu ad animam, lib. 1, pars 3 (non già parte 4, come, alla pagina 476, erroneamente vien segnato), Canon 12. Opuscula spiritualia, I, pag. 486: Coloniae Agrippinae, 1693.

 

20 “Huius Virginis Matris bonitas, misericordia, pietas, amicitia, benignitas, clementia, fidelitas, benevolentia, et caritas erga homines tanta est, ut nullis verbis explicari possit.” Ludovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis, O. S. B., Sacellum animae fidelis, pars 3, cap. 5, n. 2. Opera, Antwerpiae (Moretus), 1632, pag. 264.

 

21 “Amplectamur Mariae vestigia, fratres mei, et devotissima supplicatione beatis illius pedibus provolvamur. Teneamus eam, nec dimittamus donec benedixerit nobis.” S. BERNARDUS, Dominica infra octavam Assumptionis B. V. M., Sermo de duodecim praerogativis B. V. M., ex verbis Apoc. XIII, 1: Signum magnum..., n. 5. ML 183-432.

 

22 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 3 in Ps. 86, n. 12, pag. 17, col. 1, dopo aver detto di Oza, colpito di subitanea morte per la sua temerità nel toccare l'Arca, che da molti si crede esser egli morto penitente, perché mortuus est iuxta Arcam Dei, figura di Maria, soggiunge: “His affectus D. Bonaventurae subnectam: De tua, - inquit, Virginem alloquens, - benignitate et humilitate benigna confido, quod me indignum sustinebis. Et quamvis sis arca veteris testamenti, et ego multo ignobilior, tamen cum te tetigero corde, et salutavero ore, non credo percuti, sed tuo amore infiammari, et tua pietate largissima exaudiri.” Continua il Paciuchelli, a quanto pare, a nome proprio: “Fateor, non eam, ut par est, veneror neque amore et reverentia prosequor, in eius obsequiis sexcentos defectus defleo; valde sum temerarius, et multo magis quam Oza; non mereor beneficia, sed flagella, sed plagas, sed mortem. Verum etiamsi occiderit me, sperabo in eam, et totus in ea considero, iuxta eius Imaginem mori desidero - obstruatur os loquentium iniqua - et salvus ero.” Nella nota marginale, vien segnato S. Bonaventura, Stimulus amoris, pars 3, cap. 12. Ora, né in quel capitolo 12, né altrove, né in tutto, né in parte, troviamo nello Stimulus il testo riferito. Però, osservano gli editori di S. Bonaventura (VIII, ad Claras Aquas, Prolegomena, pag. CXI, col. 1) che lo Stimulus, o manoscritto o stampato, si presenta “mira cum varietate rei et ordine partium”. Il Paciuchelli ed anche S. Alfonso, in qualcuna di quelle svariate edizioni, avranno letto quanto ci riportano.

 

23 Carlo BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria, detti nella Chiesa del Gesù di Roma. Parte quarta, Venezia, 1749 (la prima edizione è del 1692, Roma), esempio 10. - Vedi Appendice, 4.

 

24 “Deus, qui factus es filius feminae propter misericordiam; femina, quae facta es Mater Dei propter misericordiam, aut miseremini miseri, tu parcendo, tu interveniendo; aut ostendite ad quos tutius fugiam miericordiores, et monstrate in quibus certius confidam potentiores.” S. ANSELMUS, Cantuariensis Archiepiscopus, Orationes, Oratio 51 (al. 50). ML 158-952.

 


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13/09/2009 10:24

CAPITOLO II. - Vita, dulcedo.

 

§ 1. - Maria è la nostra vita, perché ella ci ottiene il perdono de' peccati.

 

Per bene intendere la ragione per cui la santa Chiesa ci fa chiamare Maria la nostra vita, bisogna sapere che come l'anima dà vita al corpo, così la divina grazia dà vita all'anima; poiché un'anima senza la grazia ha il nome che è viva, ma in verità è morta, come fu detto a colui dell'Apocalisse: Nomen habes quod vivas, et mortuus es (Apoc. III, 1). Maria dunque, ottenendo per mezzo della sua intercessione a' peccatori l'acquisto della grazia, così rende loro la vita. - Ecco come la fa parlare la S. Chiesa, applicando a lei le seguenti parole de' Proverbi al c. VIII, [17]: Qui mane vigilant ad me, invenient me: Coloro che sono diligenti a ricorrere a me sul mattino, cioè subito che possono, certamente mi troveranno. Invenient me, voltano i Settanta, invenient gratiam. Sicché lo stesso è ricorrere a Maria, che ritrovare la grazia di Dio. E poco appresso dice: Qui me invenerit, inveniet vitam, et hauriet salutem a Domino:1 Chi trova me, trova la vita, e riceverà da Dio l'eterna salute. Audite, esclama S. Bonaventura su queste parole, audite qui cupitis regnum Dei: Virginem Mariam honorate, et invenietis vitam et salutem aeternam.2

 

Dice S. Bernardino da Siena che Dio non distrusse l'uomo dopo il peccato, per l'amor singolare che portava a questa futura figliuola. E soggiunge il Santo ch'egli non dubita che tutte le misericordie e perdoni ricevuti da' peccatori nell'antica legge, Dio l'abbia loro conceduti a sol riguardo di questa benedetta donzella: Omnes indulgentias factas in veteri Testamento, non ambigo Deum fecisse solum propter huius benedictae puellae virginis reverentiam et amorem (Tom. 1, Serm. 61, cap. 8).3

 

Onde ben ci esorta S. Bernardo: Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus (Serm. de Aquaed.).4 Se miseri abbiamo perduta la divina grazia, cerchiamo di ricuperarla, ma cerchiamola per mezzo di Maria; poiché se noi l'abbiamo perduta, ella l'ha ritrovata: e perciò dal santo è chiamata: Inventrix gratiae.5 Questo espresse S. Gabriele per nostra consolazione, quando disse alla Vergine: Ne timeas, Maria, invenisti... gratiam (Luc. I, [30]). Ma se Maria non mai era stata priva della grazia, come il S. Arcangelo poteva dire ch'ella l'avesse ritrovata? Una cosa dicesi ritrovarsi da chi prima non l'aveva. La Vergine fu sempre con Dio e colla grazia, anzi piena di grazia, come lo stesso Arcangelo manifestò, allorché salutolla: Ave, gratia plena, Dominus tecum.6 Se dunque Maria non trovò la grazia per lei, perché sempre n'era stata piena, per chi mai la trovò? Risponde Ugon cardinale, commentando detto passo: La ritrovò per li peccatori che l'avean perduta: Currant ergo, dice il divoto scrittore, currant peccatores ad Virginem, qui gratiam amiserant peccando, et eam invenient apud ipsam. Secure dicant: Redde nobis rem nostram, quam invenisti:7 Corrano dunque i peccatori a Maria, che han perduta la grazia, perché appresso lei la troveranno sicuramente; e dicano: Signora, la cosa dee restituirsi a chi l'ha perduta; questa grazia, che voi avete ritrovata, non è vostra, voi non l'avete perduta mai; è nostra perché noi l'abbiam perduta, perciò a noi dovete renderla. Onde conclude su questo pensiero Riccardo di S. Lorenzo: Cupientes invenire gratiam, quaeramus inventricem gratiae, quae, quia semper invenit, frustrari non poterit (De laud. V., l. 2).8 Se dunque desideriamo di trovare la grazia del Signore, andiamo a Maria, che l'ha trovata e sempre la trova. E poich'ella è stata e sempre sarà cara a Dio, se a lei ricorriamo, certamente la troveremo. Ella dice ne' Sacri Cantici al cap. VIII, che Dio l'ha posta al mondo per esser la nostra difesa: Ego murus, et ubera mea sicut turris. E perciò è stata costituita mezzana di pace fra i peccatori e Dio: Ex quo facta sum coram eo quasi pacem reperiens (Cant. VIII, 10). Sulle cui parole S. Bernardo dà animo al peccatore, e dice: Vade ad matrem misericordiae, et ostende illi tuorum plagas peccatorum: et illa ostendet pro te ubera. Exaudiet utique Matrem Filius:9 Va a questa madre di misericordia, e palesale le piaghe che porti nell'anima per le tue colpe: allora ella certamente pregherà il Figlio che ti perdoni, per quel latte ch'ella gli diede; e 'l Figlio, che tanto l'ama, certamente l'esaudirà. Come in effetto la S. Chiesa ci fa pregare il Signore che ci conceda il potente aiuto dell'intercessione di Maria, per risorgere da' nostri peccati, con quella solita orazione: Concede, misericors Deus, fragilitati nostrae praesidium: ut qui sanctae Dei Genitricis memoriam agimus, intercessionis eius auxilio a nostris iniquitatibus resurgamus.10

 

Con ragione dunque S. Lorenzo Giustiniani la chiama speranza de' malfattori, Spes delinquentium,11 poich'ella sola è quella che ottiene loro il perdono da Dio. - Con ragione S. Bernardo la chiama scala dei peccatori, peccatorum scala,12 poiché a' poveri caduti ella, la pietosa regina, porgendo loro la mano, li caccia dal precipizio del peccato, e li fa salire a Dio. - Con ragione S. Agostino la chiama unica speranza di noi peccatori, giacché solo per mezzo suo speriamo la remissione di tutti i nostri peccati: Tu es spes unica peccatorum, quia per te speramus veniam omnium delictorum (S. Aug., Serm. 18 de Sanctis).13 E lo stesso dice S. Giovan Grisostomo che solo per l'intercession di Maria i peccatori ricevono il perdono: Per hanc peccatorum veniam consequimur. Onde il santo poi a nome di tutti i peccatori così la saluta: Ave igitur, mater, caelum, thronus, Ecclesiae nostrae decus: assidue precare Iesum, ut per te misericordiam invenire in die iudicii, et quae reposita sunt iis qui diligunt Deum, bona consequi possimus (In off. Nat. B.M., die 5).14 Dio ti salvi, Madre di Dio e nostra, cielo dove risiede Dio, trono in cui dispensa il Signore tutte le grazie; prega sempre Gesù per noi, acciocché per le tue preghiere possiamo ottenere il perdono nel giorno de' conti, e la gloria beata nell'eternità.

 

Con ragione finalmente Maria è chiamata aurora: Quae est ista quae ascendit quasi aurora consurgens? (Cant. VI, 9). Sì, perché dice Innocenzo pontefice: Cum aurora sit finis noctis et origo diei, vere per auroram designatur Maria Virgo, quae fuit finis vitiorum et origo virtutum (Serm. 2, de Ass. B.V.).15 E lo stesso effetto che fe' nel mondo nascendo Maria, fa allorché nasce in un'anima la sua divozione. Ella dà termine alla notte de' peccati, e fa camminar l'anima nella via delle virtù. Onde le dice S. Germano (Serm. 3, in dorm. B.V.): O Madre di Dio, la vostra difesa è immortale: la vostra intercessione è la vita.16 E nel sermone, che fa il santo de Zona Virg., dice che 'l nome di Maria a chi lo pronunzia con affetto, o è segno di vita o che tra breve avrà la vita.17

 

Cantò Maria: Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes (Luc. I, [48]). Sì, mia Signora, le dice S. Bernardo: Ex hoc beatam te dicent omnes generationes, quae omnibus generationibus vitam et gloriam genuisti (Serm. 2, in Pentec.):18 Perciò vi chiameranno beata tutti gli uomini, poiché tutti i vostri servi per mezzo vostro ottengono la vita della grazia e la gloria eterna. In te peccatores veniam, iusti gratiam inveniunt in aeternum (Serm. de Nat. B.V.):19 In voi ritrovano i peccatori il perdono, e i giusti la perseveranza e poi la vita eterna. - Non diffidare, o peccatore, qui parla il divoto Bernardino da Busto, ancorché avessi commessi tutti i peccati, ma sicuramente ricorri a questa Signora, poiché la troverai colle mani piene di misericordia: O peccator, ne diffidas, etiamsi commisisti omnia peccata: sed secure ad istam gloriosissimam Dominam recurras. Invenies eam in manibus plenam misericordia et largitate. Mentre, soggiunge: Plus enim ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Serm. 5, de Nat. Mar.):20 Più Maria desidera di fare a te le grazie, che tu desideri di riceverle.

 

Da S. Andrea Cretense è chiamata Maria sicurezza del divin perdono: Fideiussio divinarum reconciliationum, quae dato pignore fit.21 S'intende ciò, che quando i peccatori ricorrono a Maria per essere riconciliati con Dio, Dio promette loro sicuro il perdono, e loro dà la sicurezza con darne loro anche il pegno. E questo pegno è appunto Maria, che egli ci ha dato per avvocata, per la cui intercessione, in virtù de' meriti di Gesù Cristo, Dio poi perdona tutti i peccatori che a lei ricorrono. Intese dall'angelo S. Brigida (Serm. Ang., cap. 9) che i santi profeti giubilavano in sapere che Dio per l'umiltà e purità di Maria doveva placarsi coi peccatori, e ricevere nella sua grazia coloro che l'hanno sdegnato: Exsultabant autem praenoscentes, quod ipse Dominus ex tua humilitate et vitae puritate, o Maria stella praefulgida, placaretur, et quod reciperet eos in suam gratiam, qui ipsum ad iracundiam provocaverunt.22

 

Non dee mai alcun peccatore temere di esser discacciato da Maria, ricorrendo alla sua pietà; no, poich'ella è madre di misericordia, e come tale desidera di salvare i più miserabili. Maria è quell'arca felice, dove chi si rifugia, dice S. Bernardo, non patirà il naufragio dell'eterna perdizione: Arca, in qua naufragium evadimus.23 Nell'arca di Noè a tempo del diluvio furon salvati anche i bruti. Sotto il manto di Maria si salvano anche i peccatori. Vide un giorno S. Geltrude Maria col manto aperto, in cui stavano rifugiate molte fiere, leoni, orsi, tigri; e vide che Maria non solo non li cacciava, ma con gran pietà gli accoglieva e gli accarezzava. E con ciò intese la santa che i peccatori più perduti, quando ricorrono a Maria, non sono scacciati, ma accolti e salvati dalla morte eterna.24

 

Entriamo dunque in quest'arca, andiamo a rifugiarci sotto il manto di Maria, ch'ella certamente non ci caccerà, ed ella sicuramente ci salverà.

 

 

Esempio.

 

Si narra dal P. Bovio (Es. della SS. Verg.)25 che vi era una mala donna chiamata Elena; essendo questa andata alla chiesa, udì casualmente una predica del rosario; uscita fuori se ne comprò uno, ma lo portava nascosto per non farlo vedere. Cominciò poi a recitarlo, ma contuttoché lo recitasse senza divozione, la SS. Vergine le infuse tante consolazioni e dolcezze nel recitarlo, che poi non sapeva più lasciare di dirlo. E con ciò acquistò tale orrore alla sua mala vita, che non potea trovar riposo; onde si vide come forzata d'andare a confessarsi, e si confessò con tanta contrizione, che il confessore ne stupì.

 

Fatta la confessione se ne andò subito a' piedi d'un altare di Maria SS. a ringraziare la sua avvocata; disse il rosario, e la divina Madre le parlò da quell'immagine e le disse: Elena, basta quanto hai offeso Dio e me; da oggi avanti muta vita, ch'io ti farò buona parte delle mie grazie. La povera peccatrice allora confusa rispose: Ah Vergine SS., è vero che finora sono stata una scellerata, ma voi che tutto potete, aiutatemi: mentr'io mi dono a voi, e voglio spendere la vita, che mi resta, a far penitenza de' peccati miei.

 

Aiutata da Maria dispensò Elena tutte le sue robe a' poveri, e si pose a fare una rigorosa penitenza. Era tormentata da terribili tentazioni, ma ella non faceva altro che raccomandarsi alla Madre di Dio, e così restava sempre vittoriosa. Arrivò ad avere molte grazie anche soprannaturali, visioni, rivelazioni, profezie. Finalmente prima della morte, che già le fu avvisata pochi giorni prima da Maria, venne la stessa B. Vergine col suo Figlio a visitarla; e morendo, l'anima di questa peccatrice fu veduta in forma di bellissima colomba volarsene al cielo.

 

Preghiera.

 

Ecco, o Madre del mio Dio, unica speranza mia Maria, ecco a' piedi vostri un misero peccatore che vi domanda pietà. Voi siete da tutta la Chiesa e da tutti i fedeli predicata e chiamata il rifugio de' peccatori: voi dunque siete il rifugio mio, voi mi avete da salvare.

 

Voi già sapete quanto ami il vostro Figlio la nostra salute: Scis, dulcissima Dei Mater, quantum placeat benedicto Filio tuo salus nostra (Guil. Paris.).26 Voi già sapete quel che patì Gesù Cristo per salvarmi. Io vi presento, o madre mia, i patimenti di Gesù: il freddo che soffrì nella stalla, i passi che diede per lo viaggio di Egitto, le sue fatiche, i sudori, il sangue che sparse, il dolore che l'uccise innanzi agli occhi vostri sulla croce. Fate conoscere che amate questo Figlio, mentre io per amor di questo Figlio vi prego ad aiutarmi.

 

Date la mano ad un caduto che vi cerca pietà. Se io fossi santo, non vi cercherei misericordia, ma perché son peccatore, ricorro a voi che siete la madre delle misericordie. Io so che 'l vostro cuore pietoso trova consolazione in soccorrere i miserabili quando potete aiutarli, non trovandoli ostinati. Consolate oggi dunque il vostro cuore pietoso e consolate me; giacché avete occasione di salvare me, che sono un povero condannato dell'inferno, e potete aiutarmi, poiché non voglio essere ostinato.

 

Mi metto in mano vostra: ditemi che ho da fare, e impetratemi forza di eseguirlo; mentr'io propongo di far tutto quello che posso per ritornare nella divina grazia. Io mi rifugio sotto il vostro manto. Gesù vuole ch'io ricorra a voi, acciocché per gloria vostra e sua, mentre gli siete madre, non solo il suo sangue, ma anche le vostre preghiere mi aiutino a salvarmi. Egli mi manda a voi, affinché mi soccorriate.

 

O Maria, eccomi, a voi ricorro e in voi confido. Voi pregate per tanti altri, pregate, dite una parola ancora per me. Dite a Dio che mi volete salvo, che Dio certamente mi salverà. Ditegli che son vostro, ed altro da voi non cerco.

 

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NOTE

 

1 Prov. VIII, 35.

 

2 “Audite haec, omnes gentes: auribus percipite, qui ingredi cupitis regnum Dei. Virginem Mariam honorate, et invenietis vitam et salutem perpetuam.” Psalterium B. M. V., Ps. 48. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Lugdunen., etc. VI, 482. - Vedi Appendice, 2.

 

3 (Dopo aver ricordato molte grazie fatte all'umanità prima di Cristo, a cominciare dal non essere stata esterminata dopo il peccato di Adamo, conclude:) “Et, ut brevi sermone cuncta comprehendam, omnes liberationes et indulgentias factas in veteri Testamento, non ambigo Deum fecisse propter huius benedictae puellae reverentiam et amorem, quibus eam Deus in suam praedestinationem praehonorandam, cunctis operibus suis ab aeterno praeordinavit.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Imm. Virginis Mariae, Sermo 5, De Virginis Matris Dei Nativitate, et de eius superadmirabili gratia, art. unicus, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, 91. Venetiis, 1591 et 1601, I, 512.

 

4 S. BERNARDUS, In Nativitate B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 8. ML 183-441, 442.

 

5 “Per te habeamus accessum ad Filium, o benedicta inventrix gratiae.” S. BERNARDUS, In adventu Domini, Sermo 2, de verbis Isaiae ad Achaz: Pete tibi signum..., n. 5. ML 183-43.

 

6 Luc. I, 28.

 

7 “Plena gratia dicta est supra, quia gratiam omnium invenit. Currant igitur peccatores ad Virginem, qui gratiam amiserunt peccando, et eam invenient apud eam humiliter salutando; et secure dicant: Redde nobis rem nostram quam invenisti. Nec negare poterit se invenisse, quia hoc Angelus attestatur.” HUGO DE SANCTO CHARO, primus Cardinalis O. P., Postilla super Evang. sec. Lucam, I, 30. Opera, Venetiis, 1703, VI, 133, col. 1.

 

8 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 3. Inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugdun., XX, 70; ed. Paris., XXXVI, 108.

 

9 Queste o simili parole da moltissimi vengono attribuite a S. Bernardo: da s. Bonaventura (Soliloquium, cap. 1, n. 23, Opera, ad Claras Aquas, VIII, 37), da Vincenzo di Beauvais, da S. Antonino, da S. Bernardino da Siena, da S. Tommaso da Villanova, da Dionigi Cartusiano, da Pelbarto, ecc. ecc. Veramente, ut sonant, non sono di S. Bernardo, o almeno non si ritrovano nei suoi scritti. Ma non sembrano altro che la parafrasi di quanto scrisse S. BERNARDO sulla scala dei peccatori, per cui dobbiamo ascendere dalla Madre al Figlio e dal Figlio al Padre: “Ad Patrem verebaris accedere... Iesum dedit tibi Mediatorem. Quid non apud talem Patrem Filius talis obtineat? Exaudietur utique pro reverentia sua... An vero trepidas et ad ipsum... Advocatum habere vis et ad ipsum? Ad Mariam recurre... Nec dubius dixerim, exaudietur et ipsa pro reverentia sua. Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater. Filioli, haec peccatorum scala, haec mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meae. Quid enim? potestne Filius aut repellere, aut sustinere repulsam; non audire, aut non audiri, Filius potest? Neutrum plane.” In Nativitate B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441. - Questa parafrasi la fece, primo fra tutti, uno degli amici più intrinseci di S. Bernardo, tanto addentro nelle cose sue, e primo suo biografo dopo la morte del Santo, giacché Guglielmo scrisse vivendo ancora S. Bernardo: ARNALDO DI CHARTRES. Questi, nel suo Libellus de laudibus B. M. V., ML 189-1726, dice: “Securum accessum iam habet homo ad Deum, ubi mediatorem causae suae Filium habet ante Patrem, et ante Filium Matrem. Christus, nudato latere, Patri ostendit latus et vulnera; Maria Christo pectus et ubera; nec potest ullo modo esse repulsa, ubi concurrunt et orant omni lingua disertius haec clementiae nonumenta et caritatis insignia. Dividunt coram Patre inter se Mater et Filius pietatis officia, et miris allegationibus muniunt redemptionis humanae negotium.” Ed altrove lo stesso ARNALDO, De septem verbis Domini in cruce, tractatus 3, ML 189-1695: “Unum... erat... quod Pater bonus, quod Filius pius, quod mater sancta intendebat... Matre supplicante, Filio interpellante, Patre propitiante. Filius ad pectus Matris et ubera, Pater ad Filii crucem et vulnera respiciebat. Et quid inter haec tanta pignora non moverent?” - In fine, ci vengono qui insegnate, in modo vivo ed espressivo, queste due grandi verità: che Maria tutto ottiene, perché è Madre di Gesù, e che quanto concede Dio a noi, lo concede per i meriti della Passione di Gesù. Quindi, usando di quella scala, secondo la parola di Arnaldo ed il pensiero comune a lui ed a Bernardo, “securum accessum iam habet homo ad Deum.”

 

10 Orazione dopo l'Antifona Ave, Regina caelorum, post Purificationem.

 

11 S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, In Nativitate gloriosissimae Virginis Mariae sermo (in fine). Opera, Lugduni, 1628, pag. 438; Venetiis, 1721, pag. 365.

 

12 S. BERNARDUS, In Nativitate B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441. - Vedi sopra, nota 9.

 

13 BREV. ROM. (fino all'ultima riforma, che soppresse molte ottave), die 9 Semptembris, secunda die infra octavam Nativitatis B. M. V., in II Nocturno, De sermone S. Augustini Episcopi, lectio 6. - Inter Opera S. Augustini, Sermo (e supposititiis) 194, De Annuntiatione Dominica, n. 5, ML 39-2107: “Quia tu es spes unica peccatorum, per te speramus veniam delictorum.” Oltreché questo Sermone non è di S. Agostino, né degno di lui, queste parole mancano nei manoscritti.

 

14 BREV. ROM., Commune festorum B. M. V., (et olim, die 5 infra octav. Nat. B. M. V.) in II Nocturno, lectio 6: Sermo sancti Ioannis Chrysostomi; si aggiunge: Apud Metaphrasten. Che cosa sarà stata quella Collezione di omilie, fatta dal Metafraste? Nessuno oggi lo sa.

 

15 “Cum aurora sit finis noctis et origo diei, merito per auroram designatur Virgo Maria: quae finis damnationis et origo salutis fuit. Finis vitiorum, et origo virtutum.” INNOCENTIUS PP. III, In solemnitate Assumptionis gloriosissimae semper Virginis mariae, Sermo 28 (in Assumptione, 2). ML 217-581.

 

16 “O Deipara... tutela tua immortalis est; et intercessio, vita.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In beatam SS. Dominae nostrae Deiparae... dormitionem, sermo 2. MG 98-350.

 

17 “Si enim abs te relicti fuerimus, quo vero etiam confugiemus? Quid autem etiam nobis fiet, o sanctissima Dei Genitrix, quae Christianorum spiritus ac flatus exsistis? Quemadmodum enim corpus nostrum hoc certum vitalis actus indicium habet, quod spiritum ducat; sic et tuum sanctissimum nomen indesinenter in servorum tuorum ore in omni occasione et loco et tempore versans prolatumque, vitae et iucunditatis et auxilii non solum indicium est, sed causa efficitur.” IDEM, In Encaenia venerandae aedis SS. Dominae nostrae Dei Genitricis, inque sanctas fascias D. N. Iesu Christi, et in adorationem zonae eiusdrm sanctae Deiparae. MG 98-378, 379.

 

18 S. BERNARDUS, In festo Pentecostes, Sermo 2, n. 4. ML 183-328.

 

19 “In te enim angeli laetitiam, iusti gratiam, peccatores veniam inveniunt in aeternum.” IDEM, ibidem.

 

20 “O igitur peccator, bonum novum! o peccatrix, optimum novum! non diffidas, non desperes, etiam si commisisti omnia peccata enormia; sed confidenter et secure ad istam gloriosissimam Dominam recurras: invenies enim eam in manibus plenam curialitate, pietate, misericordia, gratiositate et largitate; plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.” BERNARDINUS DE BUSTO (al. de Bustis), O. M., Mariale, pars 2, Sermo 5, De... electissimae sponsae Dei Nativitate sermo 5: pars 7, de Sponsae caelestis dote ac dotatione. Opera, III, Brixiae, 1588, pag. 185.

 

21 “Haec divinorum contractuum subsistens veraque sponsio... Per eam nobis obstricta sunt salutis pignora.” S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio 14, In SS. Dominae nostrae Deiparae dormitionem, oratio 3. MG 97-1091, 1094. - Marracci, Polyanthea Mariana, liber 6: Nomina et elogia Deiparae Virginis Mariae incipientia a littera F: “Fideiussio, quae pignore dato fit divinarum reconciliationum. S. Andreas Creten., oratio 2, de Dormitione B. M. V.” Migne, Summa aurea, 9-1176.

 

22 “Dolebant enim vehementer Prophetae videntes filios Israel, pro superbia et carnis petulantia, legem Moysis deserere, et, elongata ab eis divina caritate, iram Dei super eos irruere. Exsultabant autem, praenoscentes quod ipse legem (legis) dictator et Dominus, ex tua humilitate et tuae vitae puritate, o Maria, stella praefulgida, placaretur, et quod reciperet eos in suam gratiam, qui ipsum ad iram provocaverant et suam indignationem miserabiliter incurrerant.” S. BIRGITTAE Revelationes, a Cardinali Turrecremata (Torquemada) recognitae. Sermo Angelicus de excellentia B. M. V., quem ipse Angelus dictavit Beatae Birgittae ex praecepto Dei, et ipsa ex eodem praecepto devote conscripsit, cap. 9. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 542.

 

23 “Arca etiam Noe significavit arcam gratiae, excellentiam scilicet Mariae. Sicut enim per illam omnes evaserunt diluvium: sic per istam peccati naufragium.” Sermo de B. Maria Virgine: “Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum,” n. 6. ML 184-1017. Inter Opera S. Bernardi. Questo Sermone viene attribuito a EGBERTO, Abbate di Schoenauge.

 

24 “Dopo queste cose, le pareva di vedere anco, che sotto del mantello della detta Madre di Dio ricorressero alcune bestie picciole di diverse maniere, che significavano tutti quei peccatori che specialmente sono divoti della Vergine, e mostrava ella di ricever tutte con molta misericordia, e benignamente col suo mantello coprendo quelle, come s'ella volesse difender loro, e con la sua delicata mano toccava ciascuna, facendo mille vezzi loro, con molto piacevole sembianza di amore, quasi di quella maniera accarezzandole, che soglia tal volta fare alcuno suo bello e picciolo cagnolino; dimostrando chiaramente con questi effetti, quanto ella misericordiosamente riceva quelli tutti che la chiamano in favore loro, e con quanta materna pietà loro guardi e difenda, e quelli ancora che sono inchinati a peccati, tutto che sperino in lei, non abbandona mai loro, fin tanto che vengano alla correzione, e col mezzo della penitenza ritornino al suo Figliuolo.” S. GERTRUDE: Vita... ridotta in cinque libri da Lanspergio, tradotta dal M. Vincenzo Buondì, lib. 4, cap. 49, pag. 213. - Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 48.

 

25 Carlo BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria, detti nella Chiesa del Gesù di Roma. Parte prima, Esempio 2. Venezia, 1716. - Il P. Bovio indica la fonte: “il Rupense, nel cap. 66 del SS. Rosario”, cioè, Coppenstein, O. P., Beati F. ALANI REDIVIVI RUPENSIS tractatus mirabilis (altre edizioni: Opus vere aureum) de ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae, (cioè del SS. Rosario), pars 5, cap. 66, (altre ediz.: pars 5, II, exemplum 8).

 

26 “Tu enim, dulcissima Dei Mater, super omnes angelos et homines nosti, quantum placeat benedicto Filio tuo salus nostra.” GUGLIELMUS ALVERNUS, episcopus Parisiensis, Rhetorica divina, sive Ars oratoria eloquentiae divinae (cioè Ars orandi), cap. 18. Opera, Aureliae (Orléans) et Parisiis, 1674, I, pag. 358, col. 1.

 

 


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13/09/2009 10:25

§ 2. - Maria è ancora la nostra vita, perché ci ottiene la perseveranza.

 

La perseveranza finale è un dono divino così grande, che, come ha dichiarato il S. Concilio di Trento, egli è un dono tutto gratuito che non si può da noi meritare.1 Ma, come insegna S. Agostino, ben ottengono da Dio la perseveranza tutti quelli che gliela cercano;2 e secondo dice il P. Suarez, infallibilmente l'ottengono, sempreché son diligenti sino alla fine della vita a domandarla a Dio;3 poiché scrive il Bellarmino che questa perseveranza quotidie petenda est, ut quotidie obtineatur.4 Or se è vero - come io tengo per certo, secondo la sentenza oggidì comune, conforme appresso dimostreremo nel capo V - s'è vero, dico, che tutte le grazie che da Dio a noi si dispensano, tutte passano per mano di Maria; sarà anche vero che sol per mezzo di Maria potremo noi sperare ed ottenere questa somma grazia della perseveranza. E certamente l'otterremo, se con confidenza la cercheremo sempre a Maria. Questa grazia ella stessa promette a tutti coloro che la servono fedelmente in questa vita: Qui operantur in me, non peccabunt: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, [30, 31]); come la fa parlare la S. Chiesa (In festo Conc. B. Mariae V.).5

 

Per esser noi conservati nella vita della divina grazia, ci è necessaria la fortezza spirituale in resistere a tutti i nemici della nostra salute. Or questa fortezza solo per mezzo di Maria si ottiene: Mea est fortitudo; per me reges regnant (Prov. VIII. In festo S. Mariae ad Nives).6 Mia è questa fortezza, dice Maria; Dio in mano mia ha consegnato questo dono, acciocché io lo dispensi a' miei divoti. Per me reges regnant. Per mezzo mio i miei servi regnano ed imperano sopra tutti i loro sensi e passioni, e così poi si fan degni di regnare eternamente in cielo. Oh che fortezza hanno i servi di questa gran Signora per vincere tutte le tentazioni dell'inferno! Maria è quella torre, di cui si dice ne' Sacri Cantici: Sicut turris David collum tuum, quae aedificata est cum propugnaculis: mille clypei pendent ex ea, omnis armatura fortium (Cant. IV, 4). Ell'a favore de' suoi amanti, che a lei ricorrono nelle battaglie, è come una torre forte cinta di difese: in lei ritrovano i suoi divoti tutti gli scudi e tutte l'armi per difendersi dall'inferno.

 

Perciò la SS. Vergine è chiamata platano: Quasi platanus exaltata sum iuxta aquam in plateis (Eccli. XXIV, 19). Spiega Ugon cardinale che il platano tiene le frondi simili agli scudi: Platanus habet folia scutis similia.7 E con ciò si spiega la difesa che prende Maria di coloro che in lei si rifugiano. Il B. Amedeo dà un'altra spiega, e dice ch'ella si chiama platano, perché siccome il platano coll'ombra dei suoi rami dà ricovero a' viandanti dal caldo del sole e dalle piogge, così sotto il manto di Maria trovan rifugio gli uomini dall'ardore delle passioni e dalla furia delle tentazioni: Virgo ramorum extensione se ubique expandit, ut filios Adae ab aestu et turbine umbra desiderabili protegeret (B. Am., Hom. 8).8

 

Povere quell'anime che si allontanano da questa difesa, e lasciano di esser divote di Maria e di raccomandarsi a lei nelle occasioni. Se nel mondo, dice S. Bernardo, non nascesse il sole, che diverrebbe il mondo, se non un caos di tenebre e d'orrore? Tolle corpus hoc solare, dice il santo, ubi dies? Tolle Mariam, quid nisi tenebre relinquentur? (Serm. de Aquaed.).9 Perda un'anima la divozione a Maria, che subito resterà piena di tenebre, e di quelle tenebre, di cui dice lo Spirito Santo: Posuisti tenebras, et facta est nox: in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae (Ps. CIII, 2O). Allorché in un'anima non splende la divina luce e si fa notte, diventerà ella covile di tutti i peccati e de' demoni. Vae, perciò dice S. Anselmo, vae eis qui solem istum aversantur!10 Guai a coloro che disprezzano la luce di questo sole, cioè disprezzano la divozione a Maria! - S. Francesco Borgia con ragione temeva della perseveranza di coloro, in cui non trovava special divozione alla B. Vergine. Una volta richiedendo ad alcuni novizi a qual santo avessero più divozione, si accorse che alcuni non avevano questa special divozione a Maria. Avvertì il maestro de' novizi che tenesse gli occhi più attenti sopra quei disgraziati; ed avvenne che quelli tutti perderono miseramente la vocazione, e se n'uscirono dalla religione.11

 

Avea dunque ragione S. Germano di chiamar la Vergine SS. il respiro de' Cristiani; perché conforme il corpo non può vivere senza respirare, così l'anima non potrà vivere senza ricorrere e raccomandarsi a Maria, per cui mezzo da noi sicuramente s'acquista ed in noi si conserva la vita della divina grazia: Sicut respiratio non solum est signum vitae, sed etiam causa; sic Mariae nomen, quod in servorum Dei ore versatur, simul argumentum est quod vere vivunt, simul etiam hanc vitam efficit et conservat omnemque eis opem impertitur (S. Germ., orat. de Deip.).12 Il B. Alano assalito una volta da forte tentazione, fu in punto di perdersi per non essersi raccomandato a Maria; ma gli comparve la SS. Vergine, e per farlo meglio avvertito per un'altra volta, gli diede uno schiaffo e gli disse: “Se ti fossi raccomandato a me, non ti saresti trovato in questo pericolo.”13

 

All'incontro: Beatus homo, dice Maria, qui audit me, [et] qui vigilat ad fores meas quotidie, et observat ad postes ostii mei (Prov. VIII, 34. In festo Conc. B. M. V.): Beato chi sente la mia voce, e perciò sta attento di continuamente venire alle porte della mia misericordia a cercarmi lume e soccorso. Ben sarà attenta Maria di ottener luce e forza a tale suo divoto, per uscire da' vizi e camminar nella via della virtù. Ond'ella con bella espressione da Innocenzo III è chiamata Luna in nocte, aurora in diluculo, sol in die (Serm. 2 de Ass.).14 Luna a chi sta cieco nella notte del peccato, per illuminarlo a conoscere lo stato miserabile, in cui si trova di sua dannazione: aurora, cioè foriera del sole a chi è già illuminato, per farlo uscire dal peccato e ritornare nella divina grazia: sole finalmente a chi già sta in grazia, acciocché egli non ritorni a cadere in qualche precipizio.

 

Applicano a Maria i Dottori quelle parole dell'Ecclesiastico: Vincula illius alligatura salutaris (Eccli. VI, 31). Quare vincula? dimanda S. Lorenzo Giustiniano, nisi quia servos ligat, ne discurrant per campos licentiae.15 Maria lega i suoi servi, acciocché non si sviino per le strade de' vizi. - S. Bonaventura spiegando similmente le parole che si dicono nell'Officio di Maria: In plenitudine sanctorum detentio mea (Eccli. XXIV, 16), dice che Maria non solo è collocata nella pienezza de' santi, ma benanche ella conserva i santi, acciocché non vadano indietro; conserva le loro virtù, acciocché non manchino; e trattiene i demoni, affinché non facciano loro danno: Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur; detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet daemones, ne noceant (S. Bon., in Spec.).16

 

Si dice che i divoti di Maria son coperti di doppia veste: Omnes... domestici eius vestiti sunt duplicibus (Sap. XI).17 Spiega Cornelio a Lapide qual sia questa doppia veste: Duplici veste ipsa ornat sibi devotos, quia tam Christi quam suis virtutibus eos induit.18 Doppia veste, poich'ella adorna i suoi fedeli servi così delle virtù del Figlio come delle sue, e così vestiti quelli conservano la santa perseveranza. Perciò S. Filippo Neri ammoniva sempre i suoi penitenti e diceva loro: Figli, se desiderate la perseveranza, siate divoti della Madonna.19 Diceva parimente il V. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Chi ama Maria, avrà la perseveranza.20 - È bella su di ciò la riflessione che fa Ruperto abbate nella parabola del figlio prodigo. Dice che questo figlio discolo, se avesse avuta viva la madre, o non mai si sarebbe partito dalla casa del padre, oppure sarebbe tornato assai più presto di quando ritornò: Si prodigus filius viventem matrem habuisset, vel a paterna domo numquam discessisset, vel forte citius rediisset.21 E con ciò volle dire che chi è figlio di Maria, o non si parte mai da Dio, o se per disgrazia accade che si parta, per mezzo di Maria subito ritorna.

 

Oh se tutti gli uomini amassero questa benignissima e amorosissima Signora, e nelle tentazioni sempre e subito facessero a lei ricorso, e chi mai caderebbe? chi mai si perderebbe? Cade e si perde chi non ricorre a Maria. Applica S. Lorenzo Giustiniani quelle parole dell'Ecclesiastico alla Vergine al capo XXIV, [8]: In fluctibus maris ambulavi, e le fa dire: Scilicet cum familiaribus meis, ut ipsos eruerem a naufragio peccatorum:22 Io cammino insieme co' miei servi in mezzo alle tempeste dov'essi si trovano, affine di assisterli e liberarli dal precipitare ne' peccati.

 

Narra il P. Bernardino da Busto ch'essendo stato un uccello ammaestrato a dire Ave Maria, venne uno sparviero a predarlo: l'uccello disse Ave Maria, e lo sparviero restò morto.23 Con ciò il Signore volle significarci, che se un uccello irragionevole è liberato coll'invocar Maria, quanto maggiormente sarà liberato dal cadere in mano de' demoni chi sarà attento negli assalti ad invocar Maria? Altro dunque a noi non tocca di fare, dice S. Tommaso da Villanova, che, quando vengono i demoni a tentarci, siccome i pulcini al comparire de' nibbi corrono subito a ricoverarsi sotto le ali della madre, così noi nell'intendere le tentazioni che ci assaltano, subito senza discorrere colla tentazione, andiamo a porci sotto il manto di Maria: Sicut pulli, volitantibus desuper milvis, ad gallinae alas accurrunt, ita nos sub velamento alarum tuarum abscondimur (Serm. 3, de Nat. V.).24 E voi, seguita a dire il santo, Signora e madre nostra, avete da difenderci, perché noi dopo Dio non abbiamo altro rifugio se non voi che siete l'unica nostra speranza e la sola protettrice, a cui confidiamo: Nescimus aliud refugium nisi te; tu sola es unica spes nostra, tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.25

 

Concludiamo dunque con quel che dice S. Bernardo: (Hom. 2, sup. Missus):26 Uomo, chiunque tu sei, già intendi che in questa vita piuttosto vai ondeggiando fra i pericoli e le procelle, che camminando sulla terra; se non vuoi restar sommerso, non volgere gli occhi da questa stella Maria: O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare, ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Respice stellam, voca Mariam: Rimira la stella, chiama Maria. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis Mariam cogita, Mariam invoca: Ne' pericoli di peccare, nelle molestie delle tentazioni, ne' dubbi di ciò che dei risolvere, pensa che Maria ti può aiutare, e tu chiamala subito che ti soccorra. Non recedat ab ore, non recedat a corde: Il suo potente nome non parta dal tuo cuore colla confidenza, e non mai dalla tua bocca con invocarla. Ipsam sequens non devias: Se siegui Maria, non errerai la via della salute. Ipsam rogans non desperas: Sempreché a lei ti raccomanderai, non sconfiderai. Ipsa tenente non corruis: Se ella ti tiene, non caderai. Ipsa protegente non metuis: Se ella ti protegge, non puoi temere di perderti. Ipsa duce non fatigaris: Se ella ti guida, senza fatica ti salverai. Ipsa propitia pervenis: In somma se Maria prende a difenderti, certamente giungerai al regno de' beati. Sic fac et vives.

 

 

Esempio.

 

È celebre l'istoria di S. Maria Egiziaca che si legge nel libro I delle Vite de' Padri. Ella di dodici anni se ne fuggì dalla casa dei parenti e se ne andò in Alessandria, dove menando infame vita divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di peccati, andò vagando in Gerusalemme, dove facendosi allora la festa della S. Croce, si mosse anch'essa ad entrar nella chiesa più per curiosità che per divozione. Ma quando fu all'entrare della porta, si sentì invisibilmente respingere indietro. Tentò la seconda volta, ed anche fu respinta: così la terza e la quarta. Allora la misera postasi ad un cantone dell'atrio, fu illuminata a conoscere che Dio per la sua mala vita la ributtava anche dalla chiesa. Alzò gli occhi per sua sorte, e vide un'immagine di Maria, che stava nell'atrio dipinta. Onde a lei si volse piangendo e le disse: “O Madre di Dio, abbi pietà di questa povera peccatrice. Vedo per li miei peccati non merito che voi mi guardate; ma voi siete il rifugio de' peccatori, per amore di Gesù vostro Figlio aiutatemi, fatemi entrare nella chiesa, ch'io voglio mutar vita e andare a far penitenza dove voi mi mostrate.” Ecco allora intese una voce interna, come l'avesse risposto la B. Vergine: “Or via, giacché a me sei ricorsa e vuoi mutar vita, entra nella chiesa, che non sarà più chiusa per te la porta.” Entra la peccatrice, adora la Croce e piange. Ritorna all'immagine: “Signora, dice, eccomi pronta: dove volete ch'io mi ritiri a far penitenza?” “Va, risponde la Vergine, e passa il Giordano, e troverai il luogo del tuo riposo.” Si confessa, si comunica, passa il fiume, arriva al deserto, e qui intende ch'era il luogo della penitenza.

 

Or ne' primi diciassette anni che la santa stette nel deserto, quali assalti non le diedero i demoni per farla di nuovo cadere? Allora ella che faceva? Non faceva altro che raccomandarsi a Maria, e Maria le impetrò forza a resistere per tutti quelli 17 anni, dopo i quali cessarono le battaglie. Finalmente dopo 57 anni in quel deserto, trovandosi in età di 87 anni, per divina provvidenza fu ritrovata dall'abbate S. Zosimo; a lui raccontò tutta la sua vita, e lo pregò a tornare ivi l'anno seguente ed a portarle la santa comunione. Tornò il santo abbate e la comunicò. Indi la santa replicò la preghiera che di nuovo la venisse a trovare. Tornò di nuovo S. Zosimo e la trovò morta, col corpo che stava circondato di luce, e vide al capo queste parole scritte: Seppellisci in questo luogo il corpo di me misera peccatrice, e prega Dio per me. La seppellì, essendo venuto un lione a scavare la terra; e ritornato al monastero raccontò le maraviglie delle divine misericordie usate con questa felice penitente.27

 

 

Preghiera.

 

O Madre di pietà, Vergine sacrosanta, ecco a' piedi vostri il traditore, che pagando d'ingratitudini le grazie da Dio ricevute per vostro mezzo, ha tradito voi e Dio. Ma, Signora, la miseria mia sappiate che non mi toglie, anzi mi accresce la confidenza in voi; perché la mia miseria vedo che fa crescere in voi la compassione verso di me. Fate conoscere, o Maria, che a me siete la stessa che siete a tutti coloro che v'invocano, piena di liberalità e di misericordia. Mi basta solo che mi guardiate e mi compatiate. Se il vostro cuore mi compatisce, non potrà lasciar di proteggermi. E se voi mi proteggete, di che poss'io temere? No, non temo di niente; non de' peccati miei, perché voi potete rimediare al danno fatto; non de' demoni, perché voi siete potente più dell'inferno; non del vostro Figlio giustamente con me sdegnato, perch'egli ad una vostra parola si placherà. Temo solo ch'io per mia colpa lasci di raccomandarmi a voi nelle mie tentazioni, e così mi perda. Ma questo è quello che oggi vi prometto: voglio sempre a voi ricorrere; aiutatemi voi ad eseguirlo. Mirate la bella occasione che avete di contentare il vostro desiderio, di sollevare un miserabile quale son io.

 

O Madre di Dio, io ho una gran confidenza in voi. Da voi aspetto la grazia di piangere come dovrei i miei peccati; e da voi spero la fortezza per più non cadervi. Se io sono infermo, voi potete sanarmi, o medica celeste. Se le mie colpe mi han fatto debole, forte mi renderà il vostro aiuto. O Maria, io tutto spero da voi, perché voi tutto potete appresso Dio. Amen.

 

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NOTE

 

1 “Similiter de perseverantiae munere... quod quidem aliunde haberi non potest, nisi ab eo qui potens est eum qui stat statuere, ut perseveranter stet, et eum qui cadit restituere...” CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 6, Decretum de iustificatione, cap. 13.

 

2 “Hoc ergo Dei donum suppliciter emereri potest.” S. AUGUSTINUS, Liber de dono perseverantiae, cap. 6, n. 10. ML 45-999.

 

3 “Et consequenter dico, si quis oret perseveranter petendo perseverantiam in gratia, infallibiliter, eam esse impetraturum.” SUAREZ, S. I., De divina gratia, lib. 12, De merito, cap. 38 (ultimum), n. 16. Opera, VIII, Venetiis, 1741, pag. 358, col. 1.

 

4 “Perseverantiae donum... non bene petit, qui non assidue petit. Non enim perseverantia res est eiusmodi, quae uno die peti et accipi possit, sed quotidie petenda est, ut quotidie detur, et sic tandem fiat ut in finem usque perseveremus. Tunc enim data intelligitur perseverantia cum perseveratum est usque in finem. Itaque credere debemus nos accepturos perseverantiam, si perseveranter eam postulaverimus.” S. ROBERTUS BELLARMINUS, Tertiae Controversiae generalis (De reparatione gratiae per Iesum Christum Dominum nostrum), Controversia secunda principalis (De iustificatione impii et bonis operibus generatim), liber 3 (De incertitudine, etc. iustitiae), cap. 13 (Solvuntur obiectiones contra secundum errorem). Venetiis, 1721, IV, pag. 456, col. 2.

 

5 Non più nella Messa dell'Imacolata Concezione, ma in parecchie altre feste della Madonna: Maternità, Carmine, Perpetuo Soccorso, ecc.

 

6 Mea est fortitudo. Per me reges regnaùt. Prov. VIII, 14, 15. In festo S. Mariae ad Nives et in festis B. M. V. per annum. In I nocturno, lectio 1.

 

7 “Planatus... habet folia mollia, scutis similia; unde quot habet folia, tot habet scuta; sic Sapientia, quot habet verba, tot habet scuta contra haereticos, contra tentationes.” HUGO A SANCTO CHARO, O. P., Card., Postilla super Ecclesiasticum, XXIV, 19. Opera, Venetiis, 1703, III, fol. 218, col. 1.

 

8 “Feramus animos in sublime, intuentes diligentissime, quod virga elegantissima orta de radice Iesse (Is. XI), ramorum suorum mirabili extensione sese ubique terrarum expandit, ut dispersos filios Adae, ab aestu, a turbine et a pluvia umbra desiderabili protegeret, fructuque saluberrimo aleret esurientes.” B. AMEDEUS (+ 1159), Ord. Cist., episcopus Lausannensis, Homiliae de Maria Virginea Matre, hom. 8. ML 188-1342.

 

9 “Tolle corpus hoc solare, quod illuminat mundum: ubi dies? Tolle Mariam, hanc maris stellam, maris utique magni et spatiosi: quid nisi caligo involvens, et umbra mortis, ac densissimae tenebrae relinquuntur?” S. BERNARDUS, In Nativitate B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.

 

10 Rispondono le parole riferite da S. Alfonso a quanto dice S. ANSELMO nelle sue Orationes, Oratio 52 (al. 51) ad Sanctam Virginem Mariam, ML 158-956: “Sicut enim, o beatissima, omnis a te aversus et a te despectus necesse est ut intereat, ita omnis a (leggi ad) te conversus et a te respectus impossibile est ut pereat.”

 

11 “Dum Provincialis munere fungeretur, cupiebat ut omnes, ac praesertim novitii, B. Virginem in patronam adsciscerent. Unde ominabatur sinistrum aliquid eventurum iis quid id non praestarent. Quare cum Tirocinium Societatis aliquando adiisset, interrogassetque tirones quosdam ecquosnam sibi delegissent in patronos, intellixissetque nonnullos eam patronam non assumpsisse, admirans ad Magistrum eorum conversus: “Vide, inquit, ut invigiles eorum saluti; vereor enim ne non perseverent in Religione.” Quod et accidit, cum omnes illi variis temporibus eam postea deseruerint, praedaque tartareorum tenebriorum evaserint, ut scribit P. (Ant. de) Balinghem in Celndario B. V., 30 septembris.” Laurentius CHRYSOGONUS, S. I., Mundus Marianus, discursus 8, n. 19.

 

12 “O sanctissima Dei Genitrix... Christianorum spiritus ac flatus exsistis. Quemadmodum enim corpus nostrum hoc certum vitalis actus indicium habet, quod spiritum ducat; sic et tuum sanctissimum nomen indesinenter in servorum tuorum ore... versans prolatumque, vitae et iucunditatis et auxilii non solum iudicium est, sed causa efficitur... Tuis nobis intercessionibus esto praesidium, praebens vitam aeternam, quae Christianorum spes, quae non confundit, exsistis... Potens ad salutem praestandam auxilium tuum, o Dei Genitrix... Plane enim nullus tuae magnificentiae finis; insatiabilis opitulatio tua. Nullus munerum tuorum numerus est.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In encaenia venerandae aedis SS. D. N. Dei Genitricis, inque sanctas fascias D. N. I. C., et in adorationem zonae eiusdem S. Deiparae. ML 98-378, 379.

 

13 Si trattava di tentazione di suicidio. “Misericordissima adfuit servatrix Maria... Desperanti alapam infligit, et ait: “Quid, o miser, quid agis? Tu meam si orasses opem, ut alias fecisti, in tantum istud periculum haud quaquam incurrisses.” Coppenstein, O. P., B. ALANUS DE RUPE redivivus, Coloniae, 1624, Venetiis, 1665, Forum Cornelii, 1847 (ex Typographia Episcopali, edizione dedicata al Maestro Generale O. P.), pars 2, cap. 4, § 1, n. 5.

 

14 “Ipsa est ergo aurora consurgens, pulchra ut luna, electa ut sol... Luna lucet in nocte, aurora in diluculo, sol in die; nox autem est culpa, diluculum poenitentia, dies gratia.” INNOCENTIUS PP. III, Sermones de sanctis, sermo 28, in Assumptione B. V. Mariae sermo 2. ML 217-584.

 

15 (Non già S. Lorenzo Giustiniani, ma) RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 16: “Et tandem subiungitur:... Et vincula illius, id est, exempla et servitia quibus ligamur, ne discurramus per campos licentiae, alligatura salutaris, quia extrahunt a peccato, et trahunt ad salutem aeternam.” Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, 56; Parisiis, XXXVI, 100.

 

16 “Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur. Detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet merita, ne pereant; detinet daemones, ne noceant; detinet Filium, ne peccatores percutiat.” CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom. Mogunt. et Lugd., VI, 441, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

17 Prov. XXXI, 21. - Più di una volta S. Alfonso cita i diversi Libri Sapienziali del Vecchio Testamento sotto il nome generale di Sapienza, come fa anche la S. Chiesa nella sua liturgia.

 

18 “Eadem veste (caritatis) ipsa ornat sibi devotos, eaque rursus duplex est, quia tam Christi quam B. Virginis virtutibus eos vestit et induit.” CORNELIUS A LAPIDE, in Prov. XXXI, 21. Parisiis, 1860, VI, p. 509, col. 2.

 

19 “Esortava per tanto a pregare continuamente il Signore, che per sua bontà ne volesse concedere questo dono della perseveranza; e perciò introdusse ch'ogni sera nell'Oratorio si dicessero cinque Pater e cinque Ave Maria, acciocché S. D. M. ne desse perseveranza nel suo santo servizio: siccome per ben cominciare e meglio finire diceva esser necessaria la divozione della SS. Madre di Dio, e l'udir Messa ogni mattina, quando per altro non ci fosse stato impedimento.” BACCI, Vita, lib. 2, cap. 21, n. 7. - (Dopo un'apparizione della Vergine santa, nell'anno 1594) “non poteva saziarsi, per quel poco tempo che sopravisse, di replicare: “Siate divoti, figliuoli miei, della Madonna; siate divoti di Maria.” BACCI, Vita lib. 2, cap. 2. n. 7.

 

20 “Diceva egli: “Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione...” CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176.

 

21 Non abbiamo potuto rinvenire questo pensiero presso l'Abbate (di Deutz) Ruperto.

 

22 (Non già S. Lorenzo Giustiniani) ma RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 26 (verso la fine). Inter Opera S. Alberti Magni. Editio Lugdunen., 1651, XX, p. 41, col. 2.

 

23 “Legitur quoque quod quaedam devota iuvencula docuit quamdam aviculam dicere Ave Maria, ita quod garriendo vix aliud proferebat. Quadam autem die, volueris rapax ipsam rapuit et asportavit. Quae cum clamaret Ave Maria, statim illis (illa) avis rapax mortua cecidit, et avicula ad gremium iuvenculae est reversa.” BERNARDINUS DE BUSTO (Bustis), Mariale, pars 12 et ultima (proprio nomine Triumphus Dominae paradisi nuncupatur), Sermo 1 de coronatione Mariae, pars 3. Opera, III, Brixiae, 1588, pag. 960, col. 2.

 

24 S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., concio tertia, n. VI. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 402.

 

25 “Nescimus aliud refugium nisi te: tu sola es unica spes nostra in qua confidimus; tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.” IDEM, ibid.

 

26 “O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare; ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Si insurgant venti tentationum, si incurras scopulos tribulationum, respice stellam, voca Mariam. Si iactaris superbiae undis, si ambitionis, si detractionis, si aemulationis: respice stellam, voca Mariam. Si iracundia, aut avaritia, aut carnis illecebra naviculam concusserit mentis, respice ad Mariam. Si criminum immanitate turbatus, conscientiae foeditate confusus, iudicii horrore perterritus, barathro incipias absorberi tristitiae, desperationis abysso: cogita Mariam. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita, Mariam invoca. Non recedat ab ore, non recedat a corde; et ut impetres eius orationis suffragium, non deseras conversationis exemplum. Ipsam sequens non devias; ipsam rogans non desperas; ipsam cogitans non erras. Ipsa tenente non corruis; ipsa protegente non metuis; ipsa duce non fatigaris; ipsa propitia pervenis; et sic in temetipso experiris quam merito dictum sit: Et nomen Virginis Maria (Luc. I, 28).” S. BERNARDUS, Super “Missus est” homilia 2, n. 17. ML 183-70, 71.

 

27 De Vitis Patrum lib. primus: Vita Sanctae mariae Aegyptiacae, meretricis. ML 73, col. 671-690. Ivi si dice: auctore Sophronio, Hierosolymitano episcopo, interprete Paulo, diacono sanctae Napoleos Ecclesiae. La Vita di S. Maria Egiziaca è di molto anteriore a S. Sofronio (+ 636), il quale ne raccomandò la lettura ai Monaci di Palestina, nel solennissimo officio che si celebrava della Santa. - Nel II Concilio di Nicea (787, Actio IV: Labbeus, Concilia, Venetiis, 1729, VIII, col. 843 et seq.), si lesse De vita beatae Mariae Aegyptiae (op. cit., col. 926-930); fatta la qual lettura (ib., col. 930): “Ioannes reverendissimus monachus, presbyter, et vicarius orientalium pontificum sedium, dixit: “Talem imaginem (quella che parlò alla penitente) nos vidimus in sancta Christi Dei nostri civitate, et crebro eam salutavimus.” - La cronologia della vita della Santa è facile a stabilirsi. Nel dodicesimo anno della sua età, fuggì dalla casa paterna, e per 17 anni completi, si abbandonò sfrenatamente al vizio in Alessandria (cap. 13, col. 680). Contava trenta anni, o poco meno, quando si convertì. Quando l'incontrò Zosimo, era nel deserto da 47 anni: “Quadraginta septem anni sunt, ut considero, ex quo de sancta civitate egressa sum.” Visse ancora un anno: morì dunque di anni 78. - Può fissarsi, con tutta la probabilità, la conversione della Santa all'anno 383, e quindi la sua morte all'anno 431. S. Zosimo le sopravvisse trenta anni, essendo morto quasi centenario. La Vita venne scritta verso l'anno 480. I monaci ricercarono il corpo della penitente, e lo trovarono. Reliquie di essa furono mandate a Roma: il Papa Ormisda (+ 516) ne diede parte a S. Eleuterio, vescovo di Tournai. Su tutto ciò vedi Acta Sanctorum Bollandiana, die 2 aprilis, De S. Maria Aegyptiaca et S. Zosima, Commentarius praevius, auctore Daniele Papebrochio. - La prima voce che sentì la penitente, fu, come nota S. Alfonso, “interna”: una ispirazione e mozione divina, accompagnata da inaspettata sicurezza, e provatasi poi vera col fatto (Vita, cap. 17, col. 682). La seconda (col. 683) fu sensibile, come voce “alicuius a longe clamantis”; intese però chiaramente la convertita esser questa la risposta di Maria. La divina Madre le continuò la sua protezione e direzione: “Adiutorium meum Dei Genitrix adstitit mihi, per omnia in omnibus me dirigens (cap. 18, col. 684);” e prima di tutto nei 17 anni di tremendi combattimenti. In questi anni, visse con tre pani, ricevuti in limosina, nel partire, da uno sconosciuto, poi con qualche erba cresciuta in quella solitudine: nel resto della vita, si contentò colla sola grazia di Dio (cap. 19, col. 684, 685). - Ricevuta la comunione, nella seconda visita di Zosimo, la santa disse il suo “Nunc dimittis”, e morì la stessa sera, come il santo vecchio riseppe, l'anno seguente, dalla iscrizione che vide intorno alle sacre spoglie (cap. 25, col. 688). - Tre furono le visite di S. Zosimo, alla fine di tre Quaresime susseguenti: la prima e l'ultima nel deserto; la seconda, sulle rive del Giordano. Nella prima, la Santa gli raccontò la sua vita; nella seconda, egli le diede la comunione; nella terza, la seppellì.
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13/09/2009 10:25

§ 3. – Dulcedo - Maria rende dolce la morte a' suoi divoti.

 

Omni tempore diligit qui amicus est, et frater in angustiis comprobatur (Prov. XVII, [17]). I veri amici e i veri parenti non si conoscono in tempo di prosperità, ma in tempo di angustie e di miserie. - Gli amici del mondo non lasciano l'amico allorché sta in prosperità; ma se mai quegli cade in qualche disgrazia, e singolarmente se viene a morte, subito gli amici l'abbandonano. Non fa così Maria co' suoi divoti. Nelle loro angustie, e specialmente nelle angustie della morte, che son le maggiori che possono aversi sulla terra, ella la buona Signora e Madre, non sa abbandonare i suoi servi fedeli; ed ella conform'è la nostra vita nel tempo del nostro esilio, così si rende anche la nostra dolcezza nel tempo della nostra morte, con ottenerci una morte dolce e beata. Poiché sin da quel giorno, in cui Maria ebbe la sorte e 'l dolore insieme di assistere alla morte di Gesù suo figlio, che fu il capo de' predestinati, acquistò la grazia di assistere a tutti i predestinati nella loro morte. Perciò la S. Chiesa ci fa pregare la B. Vergine ch'ella specialmente ci soccorra nell'ora della morte: Ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae.

 

Troppo sono grandi le angustie de' poveri moribondi, sì per lo rimorso de' peccati commessi, sì per l'orrore del vicino giudizio, sì per l'incertezza della salute eterna. Allora specialmente s'arma l'inferno e si affatica con tutte le sue forze per guadagnare quell'anima che passa all'eternità, sapendo che poco tempo gli resta di guadagnarla, e che se allora la perde, l'ha perduta per sempre: Descendit diabolus ad vos, habens iram magnam, sciens quod modicum tempus habet (Apoc. XII, 12). E perciò il demonio, solito a tentarla in vita, non si contenta di essere solo a tentarla in morte, ma chiama compagni ad aiutarlo: Implebuntur domus eorum draconibus (Is. XIII, 21).1 Quando sta alcuno per morire, s'empie la di lui casa di demoni, che si uniscono a suo danno per farlo perdere.

 

Narrasi di S. Andrea Avellino che nel tempo di sua morte vennero dieci mila demoni a tentarlo. E leggesi nella sua Vita che a tempo della sua agonia ebbe un combattimento così fiero coll'inferno, che fece tremare tutti i suoi buoni religiosi che l'assistevano. Videro che al santo se gli gonfiò per l'agitazione la faccia, in modo che divenne tutta nera; videro che tutte le membra tremavano e si dibattevano, gli occhi mandavano un fiume di lagrime, il capo dava scosse violente: segni tutti dell'orribil battaglia che soffriva dall'inferno. Tutti piangevano per compassione, raddoppiavano le orazioni, e insieme tremavano per lo spavento, vedendo che così moriva un santo. Si consolavano però in vedere che il santo spesso girava gli occhi come cercando aiuto ad una divota immagine di Maria: ricordandosi che il medesimo più volte avea detto in vita che nell'ora di sua morte Maria avea da essere il suo rifugio. Piacque finalmente a Dio che terminasse il contrasto con una gloriosa vittoria; poiché, cessati i dibattimenti del corpo, sgonfiato e tornato al primiero colore il volto, videro che 'l santo tenendo tranquillamente gli occhi fissi a quella immagine, fatto un divoto inchino a Maria - la quale si crede che allora gli comparisse - come in atto di ringraziarla, spirò placidamente in braccio a Maria l'anima benedetta in un'aria di paradiso. E nello stesso tempo una religiosa cappuccina agonizzante si voltò alle monache che l'assistevano, e disse: Dite l'Ave Maria, perché ora è morto un santo.2

 

Ah che alla presenza della regina fuggono i ribelli. Se nell'ora della morte avremo Maria dalla parte nostra, che timore potremo avere di tutti i nemici dell'inferno? Davide paventando le angustie di sua morte, si confortava colla confidenza nella morte del futuro Redentore, e nell'intercessione della Vergine Madre: Et si ambulavero in medio umbrae mortis... Virga tua et baculus tuus ipsa me consolata sunt (Ps. XXII, 4). Spiega Ugon cardinale per lo bacolo il baston della croce, e per la verga l'intercessione di Maria, che fu la verga preconizzata da Isaia: Egredietur virga de radice Iesse, et flos de radice eius ascendet (Is. XI, [1]).3 Questa divina Madre, dice S. Pier Damiano, è quella potente verga, con cui restano vinte le violenze de' nemici infernali: Haec est illa virga, qua retunduntur impetus adversantium daemonum (Serm. de Ass. B.V.).4 Onde ci anima S. Antonino dicendo: Si Maria pro nobis, quis contra nos?5 - Il P. Manuello Padial della Compagnia di Gesù stando in punto di morte, gli apparve Maria, che gli disse per confortarlo: Ecco finalmente è giunta l'ora, che gli angeli congratulandosi teco ti dicono: O felici travagli, o mortificazioni ben pagate! Ed indi fu veduto un esercito di demoni, che fuggivano disperati, gridando: Ahi che nulla possiamo, perché quella ch'è senza macchia, il difende (Patrign., Menol., alli 28 april.).6 Similmente il padre Gaspare Hayevod fu assalito in morte da' demoni con una gran tentazione di fede. Egli subito si raccomandò alla SS. Vergine, e poi fu inteso esclamare: Vi ringrazio, Maria, che siete venuta in mio aiuto (V. Patr., Men., etc.).7

 

Dice S. Bonaventura che Maria, in difesa de' suoi servi moribondi, manda il principe S. Michele con tutti gli angeli, affinché vadano subito a difenderli dalle infestazioni de' demoni, ed a prendere le anime di tutti coloro che specialmente si son di continuo a lei raccomandati: Michael dux et princeps militiae caelestis, cum omnibus administratoriis spiritibus, tuis, Virgo, paret praeceptis, in defendendis et suscipiendis de corpore animabus fidelium, specialiter tibi, Domina, die ac nocte se commendantium (S. Bon., in Spec. B.V., c. 3).8

 

Allorché un uomo esce da questa vita, dice Isaia che si sconvolge l'inferno e manda i demoni più terribili a tentare quell'anima prima di lasciar il corpo, e poi ad accusarla allorché dee quella essere presentata al tribunale di Gesù Cristo per esser giudicata: Infernus subter te conturbatus est in occursum adventus tui, suscitabit tibi gigantes (Is. XIV).9 Ma dice Riccardo che i demoni, quando quell'anima è difesa da Maria, essi non avranno ardire neppure di accusarla, sapendo che dal Giudice non è stata mai condannata, né mai sarà condannata un'anima patrocinata dalla sua gran Madre: Quis apud iudicem accusare audeat, cui viderit Matrem patrocinantem? (Ricc., ap. Pep., to. 5, lez. 244).10 Scrisse S. Girolamo alla vergine Eustochio (Epist. 2) che Maria non solo soccorre i suoi cari servi nella loro morte, ma di più lor viene ad incontro nel passaggio all'altra vita, per animarli, e per accompagnarli al divin tribunale: Morientibus Beata Virgo non tantum succurrit, sed etiam occurrit.11 E ciò è conforme a quel che la B. Vergine disse a S. Brigida, parlando de' suoi divoti, allorché si trovano in punto di morte: Tunc ego carissima eorum domina et mater occurram eis in morte, ut ipsi consolationem et refrigerium habeant (Rev., l. I, c. 29).12 Aggiunge S. Vincenzo Ferreri: Beata Virgo animas morientium suscipit (Serm. de Ass.).13 L'amorosa reina riceve nel suo manto le loro anime, ed ella stessa così le presenta al giudice suo Figlio, e così certamente ottiene loro la salute. - Così appunto avvenne a Carlo figlio di S. Brigida (Lib. VII, Rev., cap. 13), il quale essendo morto nel mestiere pericoloso di soldato, e lontano dalla madre, temeva la santa della sua salute; ma la B. Vergine le rivelò che Carlo era salvo per l'amore che aveva a lei portato, ond'ella stessa l'aveva assistito in morte, e gli aveva suggeriti gli Atti Cristiani necessari a farsi in quel punto. Vide nello stesso tempo la santa Gesù in trono, e che il demonio portò due accuse contro la SS. Vergine: la prima, che Maria gli avea impedito di tentare Carlo in punto di sua morte: la seconda, che Maria aveva ella stessa presentata al giudizio l'anima di Carlo, e così l'avea salvata, senza dargli luogo neppure di esporre le sue ragioni, con cui egli pretendeva che quella fosse sua. Vide indi che 'l Giudice lo scacciò, e che l'anima di Carlo fu portata in cielo.14

 

Vincula eius alligatura salutaris: in novissimis invenies requiem in ea (Eccli. VI).15 Oh beato te, fratello, se in morte ti troverai legato dalle dolci catene dell'amore alla Madre di Dio! Queste catene son catene di salute, che t'assicureranno della tua salute eterna, e ti faran godere nella morte quella beata pace, che sarà principio della tua pace e del riposo eterno. - Riferisce il P. Binetti nel suo libro delle Perfez. di N.S., al c. 31, che avendo egli assistito alla morte d'un gran divoto di Maria, intese da lui prima di spirare queste parole: O padre mio, se sapeste qual contento io sento, per aver servito alla SS. Madre di Dio! Io non saprei spiegare l'allegrezza che sento in questo punto.16 Il P. Suarez per essere stato molto divoto di Maria - onde diceva che avrebbe cambiata tutta la sua scienza per lo merito d'una sola Ave Maria17 - morì con tanta allegrezza, che dicea morendo: Non putabam tam dulce esse mori. Che non mai avrebbe immaginato, se allor non l'avesse provato, che potesse essergli così dolce la morte.18 Lo stesso contento ed allegrezza senza dubbio sentirete ancor voi, divoto lettore, se in punto di morte vi ricorderete di avere amata questa buona Madre, la quale non sa non esser fedele co' suoi figli, che sono stati fedeli in servirla e in ossequiarla colle visite, co' rosari, co' digiuni, e più collo spesso ringraziarla, lodarla e spesso raccomandarsi al suo potente patrocinio.

 

Né v'impedirà questa consolazione l'essere stato un tempo peccatore, se da ogg'in poi attenderete a vivere bene, ed a servire questa gratissima e benignissima Signora. Ella, nelle vostre angustie e nelle tentazioni che vi darà il demonio per farvi disperare, vi conforterà sino a venire ella stessa ad assistervi nella vostra morte. - Marino fratello di S. Pietro Damiani - come narra lo stesso santo (Opusc. 33, c. 4) - trovandosi d'avere offeso Dio, un giorno se ne andò avanti ad un altare di Maria a dedicarsi per suo schiavo, ponendosi la sua cinta al collo in segno della sua schiavitù, e così le disse: Signora mia, specchio di purità, io povero peccatore ho offeso Dio e voi, violando la castità: altro rimedio non ho, che offerirmi per vostro schiavo: eccomi, a voi mi dedico oggi per servo: ricevete voi questo ribelle, non mi sdegnate. Indi lasciò sulla predella dell'altare certa somma di danaro, promettendo di pagarla ogni anno, in segno di tributo della sua servitù a Maria. In capo a qualche tempo Marino venne a morte; ma prima di morire, una mattina fu udito dire: Alzatevi, alzatevi, fate riverenza alla mia Signora. E poi: E che grazia è questa, o Regina del cielo, che voi vi degnate di visitare questo povero servo? Beneditemi, Signora, e non permettete che io mi perda, dopo che mi avete onorato della vostra presenza. In questo venne Pietro suo fratello. Egli li raccontò la venuta di Maria, e che l'avea benedetto, lamentandosi che quelli che l'assistevano non si erano levati da sedere alla presenza di Maria; e poco dopo placidamente se ne passò al Signore.19 Tale ancor sarà la vostra morte, lettor mio, se sarete fedele a Maria, ancorché per lo passato vi troviate avere offeso Dio: ella vi farà fare una morte dolce e contenta.

 

E se mai allora voi troppo vi spaventerete, e mancherete di confidenza a vista de' peccati fatti, ella verrà ad animarvi, come venne ad Adolfo conte d'Alsazia, il quale avendo lasciato il mondo, ed essendosi fatto religioso di S. Francesco, come si narra nelle Croniche, fu gran divoto della Madre di Dio. Ridotto al fine de' suoi giorni, e venendogli allora avanti la vita menata nel secolo, il governo de' vassalli, il rigore del divino giudizio, cominciò a temere la morte, per dubbio della sua eterna salute. Ecco allora Maria - che non dorme nelle angustie de' suoi divoti - la quale accompagnata da molti santi si fe' presente al moribondo, e rincorandolo gli disse queste tenere parole: Adulphe mi carissime, mori cur times, meus cum sis? Adolfo mio carissimo, tu sei mio, a me ti sei dato, ed ora perché tanto temi la morte? A tali parole il servo di Maria tutto si sollevò, sparì ogni timore, ed egli con gran pace e contento se ne morì.20

 

Animiamoci ancora noi, benché peccatori, ed abbiamo questa confidenza, che Maria verrà ad assisterci in morte e consolarci colla sua presenza, se noi la serviamo con amore nella vita che ci resta su questa terra. La nostra regina, parlando un giorno a S. Metilde, promise ch'ella sarebbe venuta ad assistere in morte a tutti i suoi divoti, che fedelmente l'avessero servita in vita: Ego omnibus qui mihi pie deserviunt, volo in morte fidelissime tamquam mater piissima adesse eosque consolari ac protegere (Ap. Blos., p. II, Concl. an. fid., cap. 12).21 Oh Dio, qual consolazione sarà in quell'ultimo tempo della nostra vita, in cui tra breve dovrà trattarsi la causa della nostra vita eterna, vederci vicina la regina del cielo, che ci assista e ci consoli con prometterci la sua protezione!

 

Di questi esempi dell'assistenza di Maria a' suoi servi moribondi, oltre i già narrati, ve ne sono innumerabili registrati ne' libri. Questo favore fu fatto a S. Chiara, a S. Felice cappuccino, alla B. Chiara di Montefalco, a S. Teresa, a S. Pietro d'Alcantara;22 ma per comun consolazione diciamone questi altri pochi. Narra il P. Crasset (Div. alla Verg., to. I, tr. I, qu. 11) che S. Maria Ognacense vide la B. Vergine al capezzale di una divota vedova di Villembroe, la quale patendo un grande ardore per la febbre, Maria SS. le stava accanto consolandola, e con un ventaglio la rinfrescava.23 - S. Giovanni di Dio stando in morte aspettava la visita di Maria, di cui era molto divoto; ma non vedendola comparire ne stava afflitto, e forse anche se ne lagnava. Ecco, quando fu tempo, le apparve la divina Madre, e quasi riprendendolo della sua poca confidenza gli disse queste tenere parole, che servono ad animare tutti i servi di Maria: Ioannes, non est meum, in hac hora meos devotos derelinquere. Come gli dicesse: Giovanni mio, e che pensavi? Ch'io ti avessi abbandonato? E non lo sai ch'io non so abbandonare nell'ora della morte i divoti miei? Non son venuta prima, perché non era ancora venuto il tempo: ora che è giunto, eccomi son venuta a prenderti, andiamocene al paradiso. E poco dopo il santo spirò, volando al cielo a ringraziare per sempre la sua amantissima24 Regina (Bolland., 8 martii).25

 

 

Esempio.

 

Ma terminiamo il discorso con quest'altro esempio, in cui si scorge dove arriva la tenerezza, che ha questa buona Madre co' figli suoi in tempo della loro morte.

 

Stava il parroco d'un paese assistendo alla morte un certo ricco, che moriva in una casa addobbata ed assistito da servi, da parenti, da amici; ma vedeva i diavoli in forma di cani, che stavano per prendersi l'anima di lui, come infatti se la presero, poiché morì in peccato.

 

Or tra questo mentre, fu mandato a chiamare il parroco da una povera donna, che stando in fine di vita desiderava i santi sacramenti. Il parroco, non potendo lasciar di assistere quell'anima bisognosa del ricco, vi mandò un altro sacerdote, il quale prese la pisside col SS. Sagramento e andò.

 

Ecco arriva alla stanza di quella buona donna, e non vi vede servi, non corteggi, non mobili preziosi, perché l'inferma era povera, e forse stava sopra un poco di paglia. Ma che vede? vede in quella stanza una gran luce, e mira che vicino al letto della moribonda vi era la Madre di Dio Maria, che la stava consolando, e con un pannolino in mano le stava asciugando il sudore della morte. Il sacerdote, vedendo ivi Maria, non avev'animo d'entrare, ma la Vergine le fece segno ch'entrasse. Entra il sacerdote, e Maria gli prende lo scabello, acciocché sieda e senta la confessione della sua serva; la quale si confessò, dopo si comunicò con molta divozione, e in fine in braccio a Maria spirò felicemente l'anima (Grisog., Mond. Mar., p. 2, d. 38).26

 

 

Preghiera.

 

O Madre mia dolcissima, quale sarà la morte di me povero peccatore? Io sin da ora, pensando a quel gran momento in cui dovrò spirare ed esser presentato al divin tribunale, e ricordandomi d'avermi io stesso scritta co' miei perversi consensi tante volte la sentenza di mia condanna, tremo, mi confondo e molto temo della mia salute eterna.

 

O Maria, nel sangue di Gesù e nella vostra intercessione stanno le speranze mie. Voi siete la reina del cielo, la signora dell'universo, basta dire siete la Madre di Dio: siete pur grande, ma la vostra grandezza non vi allontana, anzi ella stessa v'inclina ad avere più compassione delle nostre miserie. Gli amici del mondo allorché sono innalzati a qualche dignità, si allontanano, e sdegnano ancor di mirare i loro amici antichi, caduti in bassa fortuna. Il vostro nobile ed amoroso cuore non fa così; dove scorge maggiori miserie, ivi più s'impiega a sovvenire. Voi invocata subito ci soccorrete, anzi prevenite co' vostri favori le nostre preghiere. Voi ci consolate nelle nostre afflizioni, voi dissipate le tempeste, voi abbattete i nemici, voi in somma non lasciate occasione di procurare il nostro bene.

 

Sia sempre benedetta quella divina mano, che ha unito in voi tanta maestà e tanta tenerezza, tanta eminenza e tanto amore. Io ne ringrazio sempre il mio Signore e me ne rallegro con me stesso, poiché nella felicità di voi io ripongo la mia, ed ascrivo a sorte mia la sorte vostra.

 

O consolatrice degli afflitti, consolate un afflitto che a voi si raccomanda. Io mi sento affliggere da' rimorsi della coscienza aggravata da tanti peccati, sto incerto se gli ho pianti come doveva: vedo tutte l'opere mie piene di fango e di difetti: l'inferno sta aspettando la mia morte per accusarmi: la divina giustizia offesa vuol essere soddisfatta. Madre mia, che ne sarà di me? Se voi non m'aiutate, io sono perduto. Che dite? volete aiutarmi?

 

O Vergine pietosa, consolatemi; ottenetemi un vero dolore de' miei peccati; ottenetemi forza di emendarmi e d'esser fedele a Dio in questa vita che mi resta. E quando poi mi troverò nell'ultime angustie della mia morte, o Maria speranza mia, non mi abbandonate; allora più che mai assistetemi e confortatemi a non disperarmi alla vista delle mie colpe, che mi opporrà il demonio.

 

Signora, perdonate il mio ardire, venite voi stessa allora a consolarmi colla vostra presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti; la voglio ancor io. Se il mio ardire è grande, maggiore è la vostra bontà, che va cercando i più miserabili per consolarli. In questa io confido. Sia vostra eterna gloria l'aver salvato dall'inferno un misero dannato e condottolo al vostro regno, dov'io spero poi di consolarmi stando sempre a' vostri piedi a ringraziarvi, a benedirvi ed amarvi in eterno. O Maria, v'aspetto, non mi fate restare sconsolato. Fiat, fiat; amen, amen.

 

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NOTE

 

1 Non habitabitur usque in finem... Sed requiescent ibi bestiae, et replebuntur domus eorum draconibus: et habitabunt ibi struthiones, et pilosi saltabunt ibi. Is. XIII, 20, 21. Nel senso letterale, si tratta della distruzione di Babilonia.

 

2 BAGATTA, Vita, Napoli, 1696, parte 1, cap. 21, p. 111 e seg. - MAGENIS ed altri, Vita, Napoli, 1847, lib. 1, cap. 17, § 2, pag. 304 e seg. - SILOS, Historiarum Clericorum Regularium pars altera, Romae, 1655, lib. 5, pag. 216. - Dei dieci mila demoni, non parlano. Si noti l'espressione di S. Alfonso: “Narrasi...”, non già, come per quel che segue: “Leggesi...”.

 

3 “Virga dicitur Beata Virgo, baculus Crux.” HUGO DE S. CHARO, O. P., Card., Postilla super librum Psalmorum, in Ps. XXII, 4. Venetiis, 1703, II, fol. 53, col. 4. - “Aliam expositionem, quam principaliter exponunt glossulae, et quae utilis est, prosequamur. Et egredietur virga de radice Iesse, id est, gloriosa Virgo nascetur de stirpe David.” HUGO, etc. ut supra. Postilla super Isaiam, XI, 1. Venetiis, 1703, IV, fol. 29, col. 4.

 

4 “Haec est virga illa qua retunduntur impetus adversantium daemoniorum: virga Aaron, per quam fiunt signa et mirabilia.” (Inter Opera S. Petri Damiani) NICOLAUS monachus, notarius S. Bernardi, (Sermo 40). In Assumptione B. M. V. ML 144-721.

 

5 (Forse S. Antonino, ma certamente) RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 26, Inter Opera S. Alberti Magni; Lugduni, XX, 41, col. 1; Parisiis XXXVI, 73, col. 1.

 

6 “Il venerdì antecedente alla morte, si riempié d'una fragranza di paradiso la di lui camera, e durò per mezz'ora, stando frattanto il Padre assorbito in estasi, e con una picciola febbre, che poco dava di sollecitudine a' Padri. Sicché un solo di loro vi si tratteneva ad assistergli, e udivalo ragionare come avesse altre persone presenti: e di fatto le aveva. Imperocché nell'ultima notte ad un altro servo di Dio fu mostrata la visione seguente, contata da lui al suo Direttore.” E segue quanto qui riferisce S. Alfonso. PATRIGNANI, S. I., Menologio, 28 aprile: Del P. Manuello Padial, n. 43.

 

7 “Esclamò: “Vi ringrazio, o Madre del mio Signore, che vi siete degnata di venire in mio aiuto, per tener lontano il tentatore d'inferno.” E in tal dire... rese l'anima sua placidamente al Creatore.” PATRIGNANI, Menologio, 9 gennaio: Del P. Gaspero Hayewood (+ 1598), n. 7.

 

8 “Unde Augustinus ait: Michael dux et princeps militiae caelestis, cum omnibus spiritibus administratoriis, tuis, Virgo, paret praeceptis, in defendendis in corpore, et in suscipiendis de corpore animabus fidelium, specialiter tibi, Domina, et die ac nocte se tibi commendantium.” CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 3 (inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugd., VI, 434, col. 1). - Vedi Appendice, 2.

 

9 Infernus subter conturbatus est in occursum adventus tui, suscitavit tibi gigantes. Is. XIV, 9. - Nel senso letterale, il Profeta parla della caduta del re di Babilonia, a cui vengono incontro gli antichi re e tiranni, a fargli onore per derisione.

 

10 “Quis enim apud Filium accusare audeat, cui Matrem viderit patrocinantem?” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 26. Inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugdunen., XX, 41, col. 1; ed. Parisiens., XXXVI, 73, col. 1. - P. Francesco PEPE, S. I., Delle grandezze di Gesù Cristo e della gran Madre Maria SS. Lezioni sacre, tomo V, lez. 244. Napoli, 1748, pag. 446.

 

11 “Qualis erit illa dies, cum tibi Maria Mater Domini choris occurret comitata virgineis?” S. HIERONYMUS, Epistola 22, ad Eustochium, n. 41. ML 22-424.

 

12 “Duo muri adhuc sunt inter eos (scilicet amicos meos), per quos fiducialiter deducam eos, ut ad sedem meam veniant. Primus murus est mundus, qui est arctus: propterea servi mei in mundo consolabuntur per me. Secundus murus est mors: ideo ego, carissima domina eorum et mater, obviabo eis et occurram eis in morte, ut etiam in ipsa morte consolationem et refrigerium habeant.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 29 (verso la fine).

 

13 “Est namque Mariae commissum officium adiuvandi, advocandi et miserendi. Adiuvat quidem hominem in vita, in morte et post mortem... in morte a diabolo defendit...Post mortem animas nostras suscipit et in caelum deducit.” Iacobus DE VARAGINE, (o de Voragine: Iacopo da Varazza, + 1298) O. Pr., Sermones de sanctis, Sermo 219, de Assumptione, sermo 9, Venetiis, 1580, pag. 319. - S. VINCENTIUS FERRERIUS, Sermones hyemales, Dominica prima post Oct. Epiphaniae, Sermo 1, Venetiis, 1573, fol. 187, pag. 1: “Virgo Maria... suos devotos filios... semper oculis apertis respicit. Et si indigent aliquo, dat: ideo Ecclesia dicit: Maria Mater gratiae, mater misericordiae, etc. Mater gratiae, scilicet peccatoribus. Tu nos ab hoste protege, et hora mortis suscipe.” Nei due Sermones in Assumptione non vi è nulla su questo argomento.

 

14 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 13. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 453-455. - La Santa ebbe, riguardo all'anima del suo defunto figlio Carlo, due rivelazioni, tutte e due riferite in questo capitolo 13. Nella prima, Maria dice all'angosciata madre aver essa stessa assistito quell'anima in punto di morte, come chi assista una partoriente. E soggiunge: “Ego quippe steti prope... filium tuum Carolum... ut carnalem amorem non sic in memoria haberet, quod propter eum aliquid Deo contrarium cogitaret vel loqueretur, nec aliqua Deo placentia vellet omittere (ecco gli atti cristiani da farsi in punto di morte, di cui parla S. Alfonso); neque illa quae possent esse quomodolibet divinae voluntati contraria, vellet perficere, ad suae animae nocumentum. Ego etiam taliter iuvi eum... ut non tam duram poenam in morte sustineret, quod ex ea inconstans fieri posset, aliqualiter desperando, et ne Deum in morte oblivisceretur. Ego etiam custodivi taliter animam a... daemonibus, quod nullus eorum eam tangere posset; sed statim cum egressa fuit a corpore, accepi eam in meam custodiam et defensionem. Quo facto, tota turba daemonum festinanter fugit et recessit.” Quindi la SS. Vergine promette a Brigida di dirle distintamente come sia stato il giudizio del figlio al tribunale di Cristo: “post aliquot dierum intervallum” tenne la promessa, e questa è la seconda rivelazione. Maria SS. fa vedere a Brigida “per intervalla... ita ut ea capere valeat tuus intellectus” ciò che “factum fuit in uno momento”. Qui sentiamo le lagnanze del demonio; le risposte di Maria e dell'Angelo; l'elogio che fa la SS. Vergine della divozione di Carlo verso di lei; le maledizioni del demonio contro la Vergine benedetta; la sentenza del Giudice; e finalmente i ringraziamenti di S. Brigida.

 

15 In novissimis enim invenies requiem in ea, et convertetur tibi in oblectationem. Eccli. VI, 29. - Decor enim vitae est in illa, et vincula illius alligatura salutaris. Eccli. VI, 31.

 

16 “Mon Dieu, le beau mot que dit ce Père (le P. Jean des Champs, S. J.) étant à l'agonie! Comme on lui demandait en quelle disposition il se trouvait, sur le point de remettre son esprit à son Créateur, il répondit: “O mon Père, si vous saviez quel contentement on sent en son cœur d'avoir essayé de bien servir la trés sainte Mère de Dieu durant le cours de sa vie, que vous seriez étonné et consolé! Je ne saurais vous exptimer la joie que je ressens intérieurement à l'heure où vous me voyez.” Et parmi ces joies cordiales, il rendit son âme dans le sein de sa très bonne Mère, comme on le croit pieusement.” Etienne BINET, S. J., Marie chef-d'oeuvre de Dieu, partie 3, ch. 5. Paris, édition nouvelle, 1864, pag. 387. - La prima edizione sembra esser quella di Parigi, 1643, con questo titolo: Le grand chef- d'oeuvre de Dieu, ou les perfections de la sainte Vierge.

 

17 “Diceva che avrebbe rinunziato a tutta la scienza del mondo, piuttosto che perdere un'ora sola d'orazione.” PATRIGNANI, Menologio, 25 settembre: Del P. Francesco Suarez (+ 1617), n. 34. Questo stesso testo è nella Vita ampia del Suarez di A. Descamps, (Perpignan, 1671) e in quella recente più documentata di Raoul de Scorraille, (Paris, 1912). - Leggesi però presso il P. Francesco PEPE, S. I., Discorsi in lode di Maria SS. per tutti i sabbati dell'anno, tom. II, sab. 27, Napoli, 1756, p. 294: “Il nostro Venerabil Padre ed esimio dottore Franc. Suarez... protestava di esser contento di perdere tutta la sua sapienza che lasciare di fare un minimo ossequio... a Maria”. - A. DRIVE, S. I. (Marie et la Compagnie de Jésus, chap. 5 Tournai, 1904, p. 144), parlando della divozione alla Madonna del Suarez dice d'altra parte: “Il assurait que pour le mérite d'un Ave Maria il donnerait volontiers tout ce qu'il avait écrit.”

 

18 “Il sopraggiunse un parosismo, che gli levò i sentimenti: ma di lì a un tantino rinvenne, e come da placito sonno svegliato, disse con gioia: “Numquam putabam esse tam dulce mori.” PATRIGNANI, l. c., n. 31.

 

19 S. PETRUS DAMIANI, Opusculum 33, De bono suffragiorum et variis miraculis, praesertim B. Virginis, caput 4. ML 145-566, 657. - Quegli che sopravvenne, non fu lo stesso S. Pier Damiani, ma il fratello maggiore, Damiano, quello da cui egli prese il nome per essergli stato quasi un altro padre, dopo la morte del comun genitore. Da Damiano, già arciprete di Ravenna e poi monaco, ebbe Pietro questo racconto.

 

20 WADDINGUS, Annales, a. 1239, n. 14: “Tunc etiam Adolfus de Scowenberg (Schauenburg), comes Holsatiae (Holstein, nella Germania Settentrionale), Minorum amplexus est Institutum in Hamburgo.” Era già di matura età, e colmo di onori: lasciava tre figliuoletti alla cura del suo genero. - Lo stesso VADINGO riferisce la felice morte del già conte Adolfo, all'anno 1253, n. 33, quantunque dica esser più probabile esser egli morto nel 1261. Ecco ivi le parole di Maria al suo divoto moribondo: “Quid, dilecte fili, trepidas? quid times? quid ultro beatificandam animam ex corporis ergastulo vereris dimittere? En prae foribus stat Filius meus dilectus spiritum excepturus tuum... qui vitae religiosae tot annis transactae praemium dabit immensum. Secure et laetanter egredere, anima sancta: felix et iucundus te locus exspectat.” Quibus in verbis spiritum emisit.” “In conventu Kylonis (Kiel) Provinciae Coloniensis sepulturam accepisse scribit Pisanus.” (Idem, ibidem). Questi, cioè Bartholomaeus de Pisis (Liber conformitatum, Conformitas 8, pars 2, § De provincia Coloniae, Mediolani 1513, fol. 69, col. 1), scrive: “In Kilone iacet frater Adolfus, quondam comes Alsatiae; cui ante mortem suam apparuit beata Virgo cum immenso lumine et multis sanctis, dicens: “Fili, quare invite moreris? Quid trepidas? Securus morere: quia Filius meus bene te remunerabit.” Dal Pisano pare sia stato indotto il Marco da Lisbona (Croniche, parte 2, lib. 1, cap. 30) nell'errore in cui trasse molti altri, di sostituire “Alsatia” ad “Holsatia”.

 

21 Ludovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis, Conclave animae fidelis; pars 2: Monile spirituale, cap. 12, n. 10. Opera, Antverpiae, 1632, pag. 611. - “Dipoi fece orazione (la B. Metilde) per una certa persona, pregando la Beata Vergine che la sovvenisse nella morte sua. A cui ella rispose: “... Io voglio, con tutto il mio aiuto e difesa, esser a lei presente nel suo estremo, ed a tutti quelli che in questo luogo umilmente mi servono.” S. METILDE, LIbro della spirtitual grazia (al. Liber specialis gratiae), diviso in 5 libri, raccolto dal P. Gio. Lanspergio, Certosino (Venezia, 1710, lib. 1, cap. 41, pag. 39, col. 1. - Presso il Blosio: lib. 1, cap. 48. Edizione Oudin: pars 1, cap. 26, pag. 92.

 

22 S. Chiara: WADDINGUS, a. 1253, n. 9. - S. Felice cappuccino (da Cantalice): Anonimo, Vita (sine loco, sine anno), lib. 3, cap. 2. - B. Chiara di Montefalco: TARDI, Vita, Foligno, 1846, cap. 26, pag. 194; AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 8: Bologna, 1681, pag. 145; cf. MOSCONIUS, Vita, cap. 5, n. 46, inter Acta SS. Bollandiana. - S. Teresa: YEPES, Vita, lib. 2, cap. 38, Venezia, 1730, pag. 287; FEDERICO DI S. ANTONIO, Vita, lib. 5, cap. 2: vol. III, Roma, 1837, pag. 544. - S. Pietro d'Alcantara: GIOVANNI DI S. BERNARDO, Vita, Napoli, 1674, lib. 5, cap. 21, pag. 518.

 

23 Gio. CRASSET, S. I., La vera divozione verso Maria Vergine, parte 1, trattato 1, qu. 11. - IACOBUS DE VITRIACO, postea Cardinalis Tusculanus, Vita, cap. 6, n. 52: inter Acta SS. Bollandiana, die 23 iunii. I Bollandisti scrivono “Willambrock” (iuxta Nivellam).

 

24 Nella I edizione si legge: cortesissima.

 

25 L'Arcivescovo, venuto a visitar Giovanni, celebrò la Messa nella sua stanza, lo confessò, gli diede il Viatico, e prese sopra di sé i debiti contratti dal Santo per i poveri e per il suo Ospedale. “Cuius tam munificae benevolentiae ipsam Virginem Matrem conciliatricem habuit Ioannes, prout postmodum ex Antonio Martin (suo confidente) intellectum... Narravit enim sub ipsam sacram communionem visibiles astitisse sibi Mariam Virginem, Ioannem Evangelistam atque archangelum Raphaelem: illam autem, dum frontis sudorem abstergeret, sibi dixisse: “Haec est hora, quae (qua) devotis meis famulis deesse numquam soleo, nec tuis pauperibus umquam deero.” Adeo ut Archiepiscopus ab ea motus videri debeat ad eam munificentiam, qua obstrictam Ioanni a Maria fidem liberavit.” Antonius GOVEA, Episcopus Cirenensis, Vita, cap. 10, n. 75: inter Acta SS. Bollandiana, die 8 martii.

 

26 Laurentius CHRYSOGONUS, Dalmata, S. I., Mundus Marianus.Pars I: Maria speculum mundi archetypi seu divinitatis. Viennae Austriae, 1646. Pars II: Maria speculum mundi caelestis. Patavii, 1651. Pars III: Maria speculum mundi sublunaris, cura Graecensis Collegii S. I., Augustae Vindelicorum, 1712.) Pars 2, discursus 38: Quod Virgo Deipara Iovis planetae proprietates repraesentet, num. 115, pag. 859, 860. - PELBARTUS, O. M., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12, pars 3 (ultima), cap. 5. Venetiis, 1586, fol. 222, col. 4, fol. 223, col. 1. - Il Crisogono cita il Pelbarto; ma la prima fonte è VINCENTII BELLOVACENSIS Speculum historiale, lib. 7, cap. 96 (Venetiis, 1591, fol. 87, col. 1, 2), donde prese il fatto il Magnum Speculum exemplorum (Henrici Gran: la sola Distinctio X è del P. Ioannes Maior, S. I.), distinctio 4, exemplum 5.


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13/09/2009 10:26

CAPITOLO III. - Spes nostra, salve.

 

§ 1. - Maria è la speranza di tutti.

 

Gli eretici moderni non possono sopportare che noi salutiamo e chiamiamo Maria speranza nostra: Spes nostra, salve. Dicono che solo Dio è la speranza nostra, e che Dio maledice chi mette la sua speranza nella creatura: Maledictus homo qui confidit in homine (Ier. XVII, 5). Maria, esclamano, è creatura, e come una creatura ha da essere la speranza nostra? Questo dicono gli eretici;1 ma ciò non ostante la S. Chiesa vuole che ogni giorno tutti gli ecclesiastici e tutt'i religiosi alzino la voce, e da parte di tutt'i fedeli invochino e chiamino Maria con questo dolce nome di speranza nostra, speranza di tutti: Spes nostra, salve.

 

In due modi, dice S. Tommaso l'Angelico, noi possiamo mettere la speranza in una persona, come cagion principale e come cagion di mezzo.2 Quelli che dal re sperano qualche grazia, la sperano dal re come signore, e la sperano dal suo ministro o favorito come intercessore. Se esce la grazia, principalmente viene dal re, ma viene per mezzo del suo favorito: onde ha ragione chi cerca la grazia di chiamare quel suo intercessore la sua speranza. Il Re del cielo, perch'è bontà infinita, sommamente desidera di arricchirci delle sue grazie; ma perché dalla parte nostra è necessaria la confidenza, per accrescere in noi questa confidenza ci ha donato per madre e per avvocata la stessa sua Madre, a cui ha data tutta la potenza di aiutarci; e perciò vuole che in lei collochiamo le speranze della nostra salute e d'ogni nostro bene. - Quelli che mettono la loro speranza solo nelle creature senza dipendenza da Dio, come fanno i peccatori, che per acquistare l'amicizia e 'l favore d'un uomo si contentano di disgustare Dio, certamente che questi son maledetti da Dio, come dice Isaia.3 Ma quelli che sperano in Maria, come Madre di Dio, potente ad impetrare loro le grazie e la vita eterna, questi son benedetti e compiacciono il Cuore di Dio, che vuole vedere così onorata quella gran creatura, la quale più di tutti gli uomini ed angeli l'ha amato ed onorato in questo mondo.

 

Ond'è che noi giustamente chiamiamo la Vergine la nostra speranza, sperando, come dice il cardinal Bellarmino (De Beat. SS., l. II, c. 2), di ottenere per la sua intercessione quello che non otterressimo colle sole nostre preghiere.4 Noi la preghiamo, dice S. Anselmo, ut dignitas intercessoris suppleat inopiam nostram (De exc. V., c. 6). Sicché, soggiunge il santo, il supplicare la Vergine con tale speranza, non è diffidare della misericordia di Dio, ma temere della propria indisposizione: Unde Virginem interpellare, non est de divina misericordia diffidere, sed de propria indignitate formidare (Loc. cit.).5

 

Con ragione dunque la S. Chiesa applica a Maria le parole dell'Ecclesiastico (Cap. XXIV, [24]) con cui la chiama: Mater... sanctae spei, la madre che fa nascere in noi, non già la speranza vana de' beni miserabili e transitori di questa vita, ma la speranza santa de' beni immensi ed eterni della vita beata. Ave, animae spes, così salutava S. Efrem la divina Madre: ave, Christianorum firma salus: ave, peccatorum adiutrix: ave, vallum fidelium et mundi salus (De laud. Virg.):6 Dio ti salvi, diceva, o speranza dell'anima mia, o salute certa de' Cristiani, o aiuto de' peccatori, difesa de' fedeli, e salute del mondo. - Ci avverte S. Basilio che dopo Dio non abbiamo altra speranza, che Maria; e perciò la chiama, post Deum sola spes nostra.7 E S. Efrem, riflettendo all'ordine della presente provvidenza con cui Dio ha disposto - come dice S. Bernardo e appresso a lungo dimostreremo8 - che tutti quelli che si salvano s'abbiano a salvare per mezzo di Maria,9 le dice: Signora, non lasciate di custodirci e di porci sotto il manto della vostra protezione, giacché noi dopo Dio non abbiamo altra speranza che voi: Nobis non est alia quam a te fiducia, o Virgo sincerissima: sub alis tuae pietatis protege et custodi nos (S. Ephrem, de laud. Virg.).10 Lo stesso le dice S. Tommaso da Villanova, chiamandola unico nostro rifugio, aiuto ed asilo: Tu unicum nostrum refugium, subsidium et asylum (Conc. 3, de Conc. Virg.).11

 

Di ciò par che ne assegni la ragione S. Bernardo, con dire: Intuere, homo, consilium Dei, consilium pietatis; redempturus humanum genus, universum pretium contulit in Maria (Serm. de Nat.):12 Guarda, o uomo, il disegno di Dio, disegno fatto per potere a noi con più abbondanza dispensare la sua misericordia: volendo egli redimere il genere umano, ha posto tutto il valore della Redenzione in mano di Maria, acciocché ella lo dispensi a sua voglia.

 

Ordinò Dio a Mosè che avesse fatto il propiziatorio di oro purissimo, dicendogli che di là volea poi parlargli: Facies et propitiatorium de auro mundissimo... Inde praecipiam et loquar ad te (Exod., c. XXV, 17 et 22). Dice un autore (Paciucc., Exc. 20, in Sal. Ang., 11) che questo propiziatorio è Maria, donde il Signore parla agli uomini, e di là concede a noi il perdono, le grazie e i doni: Te universus mundus continet commune propitiatorium. Inde pientissimus Dominus loquitur ad cor, inde responsa dat benignitatis et veniae, inde munera largitur, inde nobis omne bonum emanat.13 E perciò, dice S. Ireneo che 'l Verbo divino, prima d'incarnarsi nel seno di Maria, mandò l'Arcangelo a richiederne il suo consenso, perché volle che da Maria derivasse al mondo il mistero dell'Incarnazione: Quid est quod sine Mariae consensu non perficitur Incarnationis mysterium? quia nempe vult illam Deus omnium bonorum esse principium (S. Iren., lib. 3 contr. Valent., cap. 33).14 Onde disse l'Idiota: Per ipsam habet mundus et habiturus est omne bonum (In Praef. contempl. B.M.):15 Ogni bene, ogni aiuto, ogni grazia che gli uomini han ricevuta e riceveranno da Dio sino alla fine del mondo, tutto loro è venuto e verrà per intercessione e per mezzo di Maria. Avea ragione dunque il divoto Blosio di esclamare: O Maria, quis te non amet? Tu in dubiis es lumen, in maeroribus solatium, in periculis refugium (Cymeliarch., Endol. 1 ad Mar.):16 O Maria, che siete così amabile e così grata con chi v'ama, chi sarà quello stolto ed infelice che non v'amerà? Voi ne' dubbi e confusioni rischiarate le menti di coloro che a voi ricorrono nelle loro afflizioni, voi consolate chi in voi confida ne' pericoli, voi soccorrete chi vi chiama. Tu post Unigenitum tuum, seguita Blosio, certa fidelium salus: Voi dopo il vostro divin Figlio siete la salute certa de' vostri servi fedeli. Ave, desperantium spes, ave, destitutorum adiutrix: Dio vi salvi dunque, o speranza de' disperati, o soccorso degli abbandonati. Cuius honori tantum tribuit Filius, ut quod vis, mox fiat: O Maria, voi siete onnipotente, giacché il vostro Figlio vuol onorarvi con fare subito tutto quello che voi volete.

 

E S. Germano, riconoscendo in Maria il fonte d'ogni nostro bene e la liberazione da ogni male, così l'invoca: O Domina mea, sola mihi ex Deo solatium, itineris mei directio, debilitatis meae potentia, mendicitatis meae divitiae, vulnerum meorum medicina, dolorum meorum relevatio, vinculorum meorum solutio, salutis meae spes; exaudi orationes meas, miserere suspiriorum meorum, Domina mea, refugium, vita, auxilium, spes et robur meum (S. Germ., in encom. Deip.):17

 

O mia Signora, voi sola siete il mio sollievo donatomi da Dio, voi la guida del mio pellegrinaggio, voi la fortezza delle mie deboli forze, la ricchezza delle mie miserie, la liberazione delle mie catene, la speranza della mia salute; esaudite, vi prego, le mie suppliche, abbiate pietà de' miei sospiri, voi che siete la mia regina, il rifugio, la vita, l'aiuto, la speranza e la fortezza mia.

 

Con ragione dunque S. Antonino applica a Maria quel passo della Sapienza: Venerunt autem mihi omnia bona pariter cum illa (cap. VII, 11). Giacché Maria è la madre e dispensatrice di tutti i beni, ben può dire il mondo, e specialmente chi nel mondo vive divoto di questa regina, che insieme colla divozione a Maria egli ha ottenuto ogni bene: Omnium bonorum mater est, et venerunt mihi omnia bona cum illa, scilicet Virgine, potest dicere mundus (S. Antonin., part. IV, tit. 15, c. 20).18 Onde poi diceva assolutamente l'abbate Cellense: Inventa Maria, invenitur omne bonum:19 Chi trova Maria trova ogni bene, trova tutte le grazie, tutte le virtù; poich'ella per mezzo della sua potente intercessione gli ottiene tutto ciò che gli abbisogna per farlo ricco della divina grazia. Ella ci fa sapere che tiene con sé tutte le ricchezze di Dio, cioè le divine misericordie, per dispensarle a beneficio de' suoi amanti: Mecum sunt divitiae et opes superbae... ut ditem diligentes me (Sap. VIII, 21).20 Onde diceva S. Bonaventura (In Spec.) che noi tutti dobbiamo tener sempre gli occhi alle mani di Maria, acciocché per suo mezzo riceviamo quel bene che desideriamo: Oculi omnium nostrum ad manus Mariae semper debent respicere, ut per manus eius aliquid boni accipiamus.21

 

Oh quanti superbi colla divozione di Maria han trovata l'umiltà! quanti iracondi la mansuetudine! quanti ciechi la luce! quanti disperati la confidenza! quanti perduti la salute! E questo appunto ella predisse, allorché pronunciò in casa di Elisabetta in quel suo sublime cantico: Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generatione (Luc. II).22 Le quali parole ripetendo S. Bernardo, dice: Ex hoc beatam te dicent omnes generationes, quae omnibus generationibus vitam et gloriam genuisti (Serm. 2, in Pentec.).23 Perciò tutte le genti vi chiameranno beata, perché a tutte le genti voi avete data la vita e la gloria; poiché in voi i peccatori trovano il perdono, e i giusti trovano la perseveranza nella divina grazia: In te peccatores veniam, iusti gratiam inveniunt in aeternum (S. Bernard., loc. cit.). Onde il divoto Laspergio (Lib. IV, Min. op.) introduce il Signore che così parla al mondo: Matrem meam veneratione praecipua venerare: Uomini, dice, poveri figli di Adamo, che vivete in mezzo a tanti nemici ed a tante miserie, procurate di venerare con particolar affetto la Madre vostra. Ego enim mundo dedi in puritatis exemplum, in praesidium tutissimum, ut sit tribulatis asylum: Mentreché io ho data al mondo Maria per vostro esempio, acciocché da lei impariate a viver come si dee; e per vostro rifugio, acciocché a lei ricorriate nelle vostre afflizioni. Quam nemo formidet, nemo ad eam accedere trepidet. Propterea namque adeo feci eam mitem, adeo misericordem, ut neminem aspernat, nulli se neget; omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem sinat:24 Questa mia figlia, dice Dio, io l'ho fatta tale, che niuno possa temerne o possa aver ripugnanza di ricorrere a lei; perciò l'ho creata di natura così benigna e pietosa, ch'ella non sa disprezzare alcuno che a lei ricorre, non sa negare il suo favore ad alcuno che lo domanda. Ella a tutti tiene aperto il manto di sua misericordia, e non permette che alcuno mai parta sconsolato da' suoi piedi. Sia dunque sempre lodata e benedetta la bontà immensa del nostro Dio, che ci ha data questa gran madre ed avvocata così tenera ed amorosa.

 

O Dio, quanto son teneri i sentimenti di confidenza che avea l'innamorato S. Bonaventura verso del nostro amantissimo Redentore Gesù, e verso della nostra amantissima avvocata Maria! (P. 3, Stim. div. am., c. 13).25 Quantumcumque me Deus praesciverit, scio quod seipsum negare non potest: M'abbia il Signore quanto si voglia riprovato, io so che egli non può negarsi a chi l'ama ed a chi di cuore lo cerca. Eum amplexabor, et si mihi non benedixerit, eum non dimittam; et sine me recedere non valebit: Io l'abbraccerò col mio amore, e se non mi benedice, non mai lo lascerò; ed egli senza me non potrà partirsi. In cavernis vulnerum suorum me abscondam, ibique extra se me invenire non poterit: Se altro non potrò, almeno mi nasconderò dentro le sue piaghe, ed iv'io restando, egli non potrà fuori di sé ritrovarmi. In fine, soggiungeva, se il mio Redentore per le mie colpe mi discaccia da' suoi piedi, io mi butterò ai piedi della sua Madre Maria, ed ivi prostrato non mi partirò, fintanto ch'ella non mi ottenga il perdono: Ad Matris suae pedes provolutus stabo, ut mihi veniam impetret. Poiché questa Madre di misericordia non sa né ha saputo mai non compatire le miserie e non contentare i miserabili che a lei ricorrono per aiuto: Ipsa enim non misereri ignorat, et miseris non satisfacere numquam scivit. Ideoque, concludea, ex compassione mihi ad indulgentiam Filium inclinabit: e perciò, se non per obbligo, almeno per compassione non lascerà d'indurre il Figlio a perdonarmi.

 

Mirateci dunque, concludiamo con Eutimio, mirateci pure cogli occhi vostri pietosi, o pietosissima nostra Madre; poiché noi siamo vostri servi e in voi abbiamo riposta tutta la nostra speranza: Respice, o Mater misericordiosissima, respice servos tuos; in te enim omnem spem nostram collocavimus (Orat. de Deip.).26

 

 

Esempio.

 

Narrasi nella parte quarta del Tesoro del rosario, al miracolo 85, come vi era un cavaliere divotissimo della divina Madre, il quale si avea fatto nel suo palazzo un divoto oratorio, dove innanzi ad una bella immagine di Maria solea spesso trattenersi orando, non solo di giorno, ma anche di notte, interrompendo il riposo per andare ad onorare la sua amata Signora. Or la moglie, poich'egli era casato,27 dama per altro di molta pietà, osservando che 'l marito nel maggior silenzio della casa sorgeva di letto, e uscendo dalla stanza non ritornava se non dopo molto tempo, entrò la misera in gelosia ed in sospetto di male. Onde un giorno per liberarsi da questa spina che la tormentava, si avanzò a domandare al marito s'egli mai amasse altra donna fuor di lei. Il cavaliere sorridendo le rispose: Or sappi che io amo una signora la più amabile del mondo. A lei ho donato tutto il mio cuore; e prima potrò morire che lasciarla d'amare. E se voi la conosceste, voi stessa mi direste ch'io l'amassi più di quanto or l'amo. Intendeva già della SS. Vergine, ch'egli così teneramente amava. Ma la moglie, entrando allora in maggior sospetto, per meglio accertarsi della verità, di nuovo l'interrogò, se mai egli per ritrovare quella signora ogni notte si levava di letto ed usciva dalla stanza? E 'l cavaliere, che non sapeva la grande agitazione della moglie, rispose di sì. La dama allora falsamente accertata di ciò che non era, accecata dalla passione, che fece?

 

Una notte, in cui il marito secondo il solito uscì dalla camera, per disperazione prese un coltello e si tagliò la gola, e poco dopo morì.

 

Il cavaliere, compite le sue divozioni, ritorna alla stanza, va per rimettersi al letto, lo trova tutto bagnato. Chiama la moglie, e non risponde. La scuote, e non si risente. Prende alla fine il lume, e vede il letto pieno di sangue e la moglie morta colla gola ferita. Allora s'avvide che la moglie s'era uccisa per gelosia. Che fece? Serrò a chiave la stanza, e ritornato in cappella si prostrò innanzi alla SS. Vergine, e quivi piangendo dirottamente cominciò a dire: Madre mia, vedete in quale afflizione mi trovo. Se non mi consolate voi, a chi ho da ricorrere? Pensate ch'io per venire ad onorare voi, ho avuta questa disgrazia di vedere mia moglie morta e dannata. Madre mia, voi ci potete rimediare, voi rimediateci.

 

Eh che chi prega questa Madre di misericordia con confidenza, ne ottiene quel che vuole. Ecco, fatta questa preghiera, si sente chiamare da una serva di casa: Signore, andate alla stanza, perché la signora vi chiama. Il cavaliere non arriva a crederlo per l'allegrezza. Torna, disse alla donzella, vedi bene, se ella veramente mi vuole. Sì, tornò la serva dicendo, andate presto, perché la padrona vi sta aspettando. Va, apre la stanza, e vede la moglie viva, che se li butta a' piedi piangendo, e lo prega a perdonarla, dicendo: Ah sposo mio, la Madre di Dio per le tue preghiere m'ha liberata dall'inferno. Così piangendo tutti due per allegrezza se n'andarono a ringraziare la B. Vergine nell'oratorio. Nella seguente mattina il marito fece un convito di tutti i parenti, a' quali poi fe' narrare il fatto dalla stessa moglie, la quale dimostrava il segno che ancor riteneva della ferita. E tutti più si accesero nell'amore della divina Madre.28

 

Preghiera.

 

O Madre del santo amore, o vita, rifugio e speranza nostra, voi già sapete che 'l vostro Figlio Gesù Cristo, non contento di farsi il nostro perpetuo avvocato appresso l'Eterno Padre, ha voluto che ancora voi v'impegniate appresso di lui per impetrarci le divine misericordie. Egli ha disposto che le vostre preghiere aiutino la nostra salute, ed ha dato a quelle tanto di forza, che ottengono quanto dimandano. Dunque a voi mi rivolgo, o speranza de' miseri, io misero peccatore. Io spero, Signora, che per li meriti di Gesù Cristo, e poi per la vostra intercessione mi ho da salvare. Così confido, e confido tanto che se la mia salute eterna stesse in mano mia, pure io la metterei in mano vostra; mentre più mi fido della vostra misericordia e protezione, che di tutte le opere mie.

 

Madre e speranza mia, non mi abbandonate, com'io meriterei. Guardate le mie miserie, e movetevi a pietà, e soccorretemi e salvatemi. Confesso ch'io tante volte ho chiusa co' peccati miei la porta a'lumi ed agli aiuti, che voi dal Signore m'avete procurato. Ma la pietà che voi avete dei miserabili e la potenza che avete appresso Dio, superano il numero e la malizia di tutt'i miei demeriti. È noto al cielo ed alla terra che chi è protetto da voi certamente non si perde. Si scordino dunque tutti di me, e non ve ne scordate voi, o Madre di Dio onnipotente. Dite a Dio ch'io son vostro servo, ditegli che voi mi difendete, e sarò salvo. O Maria, io mi fido di voi; in questa speranza vivo, ed in questa voglio e spero morire, dicendo sempre: Unica spes mea Iesus, et post Iesum Virgo Maria.

 

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NOTE

 

1 “In solo Deo sperandum est, dicente Propheta (Ier. XVII): Maledictus vir qui spera in homine. Non ergo Maria spes nostra nominanda est, nisi forte iam homo esse desierat.” PETRUS MARTYR VERMIGLI, + 1562, Can. Reg. apostata, nel suo Commentario in I Cor., capo 3. - “Nam, ut infinita alia omittam, quale illud est quod contentissima voce boant: “Roga Patrem, Iube Natum”? Et illud: “Felix caeli porta”? Et illud: “Regina misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra?” Sed haec omnia videlicet lapidi etiam et ligno dicere, non est Christum pro capite non agnoscere, modo omnes blasphemias termines hac clausula: Per Christum Dominum nostrum.” Th. BEZA, Annotationes in Novum Testamentum (sine loco: excudebat Henricus Stephanus, 1565), Ad Coloss. II, 18: tom. 2, pag. 429. - Cf. I Tim. IV, 1, pag. 465. - Huldrychus ZVINGLIUS, Opera, I, Tiguri, 1545: Opus articulorum sive conclusionum 67, articulus 20. - Ioannes CALVINUS, Institutiones Christianae Religionis, lib. 3, cap. 20, § 4, 5, n. 17-27. Amstelodami, 1667, pag. 231-235. - Per Lutero, vedi cap. V, § 2, nota 43, pag. 184.

 

2 “Non licet sperare de aliquo homine, vel de aliqua creatura, sicut de prima causa movente in beatitudinem. Licet autem sperare de aliquo homine vel de aliqua creatura sicut de agente secundario et instrumentali, per quod aliquis adiuvatur ad quaecumque bona consequenda, in beatitudinem ordinata. Et hoc modo ad sanctos convertimur, et ab hominibus etiam aliqua petimus; et vituperantur illi de quibus aliquis confidere non potest ad auxilium ferendum.” S. THOMAS, II-II, art. 4, c.

 

3 Crediamo che S. Alfonso voglia qui riferirsi alla citazione di Geremia riportata sopra. Isaia non ha una sentenza così netta, ma solo accenni indiretti, come per es. al cap. 31, v. 1-3.

 

4 S. ROBERTUS BELLARMINUS, Controversiarum tom. II, Venetiis, 1721, quarta controversia generalis, De Ecclesia triumphante, lib. 1, De beatitudine.. sanctorum: nella Prefazione, pag 338, inveisce contro le empie parole di Lutero, “se non pluris aestimare preces B. Mariae, quam cuiuslibet e populo”; nel capo 19, pag. 369, col. 2, 370, col. 1 cita le parole di S. Anselmo (cioè di Eadmero), De excellentia B. V. M., cap. ultim.: “Rogamus, inquit, te, Domina, per ipsam gratiam qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum nobis impetres et obtineas, ut plenitudo gratiae, quam meruisti, in nobis sic operetur, quo participium beati praemii nobis misericorditer quandoque donetur;” e soggiunge il celebre testo di S. Bernardo: “In periculis, in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita, etc.” - Nel suo opuscolo De VII verbis a Christo in cruce prolatis, lib. 1, cap. 12 (Opera, VII, Opuscula, Coloniae Agrippinae, 1617, col. 1715,) S. Bellarmino fa sue, tra altre, queste parole di S. Anselmo (cioè di Eadmero): “Invocato autem nomine Mariae, etsi merita invocantis non merentur ut exaudiatur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiatur.”

 

5 Tutto quello che qui viene detto, deve attribuirsi in parte a SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disputatio 23, sect. 2 et 3. Opera, Venetiis, 1746, tom. XVII, pag. 175-177. “Hinc denique ortum est ut Ecclesia sancta... praestantioribus modis Virginem oret, eam vocando spem nostram, etc. (p. 177, col. 1).” Che noi ricorriamo a Dio per mezzo di Maria, e non sempre direttamente, “est etiam illi (Deo) placitum, et per se conveniens. Primo, ob maiorem reverentiam divinae Maiestatis... Secundo, propter Matris honorem. Ut enim Deus amicos honoret, interdum per eos facit, quod sine illorum intercessione non concedit. Tertio, ut dignitas intercessoris suppleat inopiam nostram; unde Virginem interpellare non est de divina misericordia diffidere, sed de propria indignitate et indispositione timere (pag. 176, col. 2).” - Di S. Anselmo, Suarez (pag. 175) riferisce il seguente testo, il quale veramente è di EADMERO: “Rogamus te, Domina, per ipsam gratiam, qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum impetres, nec sis obsecratu difficilis, quia procul dubio ideo Unigenitus Filius tuus Dominus noster Iesus Christus erit ad concedendum promptissimus.” - EADMERUS, Liber de excelllentia Virginis Mariae, cap. 12 (inter Opera S. Anselmi, ML 159-578, 579): “Rogamus ergo te, Domina, per ipsam gratiam qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum nobis obtineas, ut plenitudo gratiae, quam meruisti, in nobis sic operetur quo participium beati praemii eius nobis misericorditer quandoque donetur... Nec sis, quaesumus, exoratu difficilis, quia procul dubio... benignissimus Filius tuus erit, ad concedendum quidquid voles, promptus et exaudibilis.” - Id. Op., cap. 6, col. 570: “Dum igitur ipse (Christus) suo nomine invocatus non statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine Matris suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiatur.”

 

6 “Ave, lilium convallium, et vallum (al. vallis) fidelium mundique salus... Ave, peccatorum refugium atque diversorium... Ave, animae nostrae spes fida et optima... Ave, firma salus universorum Christianorum ad te sincere ac vere recurrentium.” S. EPHRAEM, Syrus, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis laudibus. Operum quae exstant graece et latine (et latine tantum) tom. III, Romae, 1746, pag. 576, col. 2. Editio Veneta, II, 570.

 

7 “O spes unica et auxilium fidelium, Dei Genitrix, festina, adiuva supplices tuos, tribulationibus immersos, et consilii auxiliique inopes, ac propterea in dolore versantes, et ad te cum animi confidentia confugientes, o Virgo.” S. IOSEPHUS, (+ 883), per antonomasiam dictus Hymnographus, Syracusanus, Mariale, ex Canone in S. Basileum martyrem, episcopum Amasae, die 26 mensis aprilis. MG 105-1110. - “salve, Ioachim, augustissimae illius pater, quae spes est nostra post Deum.” B. COSMAS VESTITOR (così detto dal suo nobile officio di “Protovestiario” nella corte imperiale: visse a principio del secolo X), Sermo in SS: Ioachimum et Annam, n. 7. MG 106-1010 - Questo titolo di “spes unica”, moltissimi l'hanno dato a Maria: tra altri, S. Efrem, S. Andrea Cretense, l'Euchologium Graecorum, S. Giovanni Damasceno, Venanzio Fortunato, Bernardino de Bustis, il Salterio detto di S. Bonaventura, ecc. Vedi MARRACCI, Polyanthea Mariana, lib. 16, v. Spes: Bourassé-Migne, Summa aurea, X, 299-303.

 

8 Nel capo V.

 

9 “Intuere, o homo, consilium Dei, agnosce consilium sapientiae, consilium pietatis... Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Altius ergo intueamini quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare... Sic est voluntas eius, qui totum nos habere voluit per Mariam.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 6, 7. ML 183-440, 441.

 

10 “Sub tuum praesidium confugimus, o sancta Dei Genitrix: sub alis pietatis atque misericordiae tuae protege et custodi nos... Non nobis est alia, quam in te, fiducia, o Virgo sincerissima.” S. EPHRAEM, l. c. nella nota 6. Ed. Rom., col. 575; ed. Veneta, col. 570.

 

11 “Tu nostra protectio, tu nostrum refugium, tu nostrum unicum remedium, subsidium et asylum.” S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M. concio 3, n. 6. Concioines, Mediolani, 1760, II, col. 402.

 

12 Vedi sopra, nota 9.

 

13 “Mystice hoc propitiatorium est Virgo Deipara, ex qua Deus nostras preces exaudit, et in nos suarum gratiarum flumina fundit. Quocirca D. Andreas Cretensis Virginem alloquens ait: “Te universus mundus continet commune propitiatorium.” Inde pientissimus Dominus nobis loquitur ad cor; inde responsa dat benignitatis et veniae; inde se nobis propitiatum ostendit, inde delicta condonat et munera divina largitur; inde omne nobisbonum emanat; siquidem Virgo Maria sedula prece pro peccatoribus rogat.” PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 20 super Salutationem Angelicum, n. 11. Venetiis, 1720, pag. 545, col. 1. - “Hactenus quidem, dum ageres in humanis, modica te terrae portio habebat: ex quo autem fuisti ex humanis translata, mundus te totus propitiatorium commune amplectitur... Ecce propitiatorium illud ad Sancta sanctorum et in penetralibus divinae mysticaeque arcae depositum: quod modo quidem Seraphinorum (meglio direbbe: Cherubim) pennis obumbretur; modo autem, mystico Iesu adventu, peccata nostra expiet.” S. ANDREAS CRETENSIS, In dormitionem S. Mariae, Oratio tertia. MG 97-1099, 1106.

 

14 “B. Virgo a Christo constituta materfamilias suae Ecclesiae, omnibus eius filiis et fidelibus, etiam simul sumptis, dignior sit oportet. Unde S. Irenaeus: “Quid est, ait, quod sine Mariae consensu non perficitur Incarnationis mysterium? quia nempe vult illam Deus omnium bonorum esse principium.” CORNELIUS A LAPIDE, In Proverbia Salomonis, XXXI, 29. - “Consequenter autem et Maria virgo obediens invenitur, dicens: “Ecce ancilla tua, Domine, fiat mihi secundum verbum tuum;” Eva vero inobediens... Quemadmodum illa (Eva)... inobediens facta, et sibi et universo generi humano causa facta est mortis: sic et Maria... obediens, et sibi et universo generi humano causa facta est salutis... Quia non aliter quod colligatum est solveretur, nisi ipsae compagines alligationis reflectantur retrorsus... Propter hoc et Lucas initium generationis a Domino inchoans, in Adam retulit, significans quoniam non illi hunc, sed hic illos in Evangelium vitae regeneravit. Sic autem et Evae inobedientiae nodus solutionem accepit per obedientiam Mariae. Quod enim alligavit virgo Eva per incredulitatem, hoc virgo Maria solvit per fidem.” S. IRENAEUS, Contra haereses, lib. 3, cap. 22, n. 4. MG 7-958, 959. - “Quemadmodum enim illa (Eva) per angeli sermonem seducta est, ut effugeret Deum, praevaricata verbum eius; ita et haec (Maria) per evangelicum sermonem evangelizata est, ut portaret Deum, obediens eius verbo. Et si ea inobedierat Deo; sed haec suasa est obedire Deo, uti virginis Evae Virgo Maria fieret advocata. Et quemadmodum astrictum est morti genus humanum per virginem, salvatur per Virginem: aequa lance disposita, virginalis inobedientia, per virginalem obedientiam.” IDEM, Contra haereses, lib. 5, cap. 19, n. 1. MG 7- 1175, 1176. - Si noti che il consenso di Maria fu atto di ubbidienza: “Ecce ancilla, etc.” Richiedendosi dunque, per divino consiglio, l'ubbidienza di Maria all'opera della Redenzione, richiedevasi il suo consenso. E questo fu il principio di tutti i beni. Ci pare dunque Cornelio a Lapide aver bene inteso e compendiato il pensiero d'Ireneo.

 

15 “Per ipsam (Mariam) et in ipsa et cum ipsa habet mundus, habuit et habiturs est omne bonum.” RAYMUNDUS IORDANUS (sapiens Idiota), Abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Bourassé-Migne, Summa Aurea, IV-851.

 

16 “Quis te non amet? quis te non colat? Tu enim in rebus dubiis es carum lumen, in maeroribus solatium, in angustiis relevamen, in periculis et tentationibus refugium: tu post Unigenitum tuum certa fidelium salus... Ave, desperantium spes opportuna, et auxilio destitutorum adiutrix praesentissima Maria: cuius honori tantum tribuit Filius, ut quidquid petieris, mox impetres, quidquid volueris, mox fiat.” Lud. BLOSIUS, Paradisus animae fidelis, pars 2, Piarum precularum cimeliarchion, IV, Endologia prima (ad Mariam). Opera, Antverpiae, 1632, pag. 51, 52. - Cf., pag. 257, Sacellum animae fidelis, pars 2, Preculae admodum piae, Preculae ad Mariam, Endologia ad Mariam IV (la stessa preghiera, con qualche lievissimo cambiamento).

 

17 “Sed, o Domina, sola tu meum ex Deo solatium; divinus ros in me exsistentis aestus; exarescentis cordis mei divinitus affluentes guttae, tenebricosae animae meae splendidissima lampas, itineris mei deductio, meae debilitatis virtus, nuditatis meae vestimentum, mendicitatis meae divitiae, insanabilium vulnerum meorum exstinctio, gemituum meorum cessatio, calamitatum depulsio, dolorum levatio, vinculorum solutio, meae spes salutis, exaudi preces meas; miserere meorum gemituum, ac suscipe lamenta mea... Ita, Domina mea, ita, meum refugium; vita ac auxilium meum, armatura ac gloriatio, spes mea ac robur meum.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., Oratio 4, in Praesentationem SS. Deiparae 2. MG 98-318, 319.

 

18 A. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 20, § 12. Veronae, 1740, col. 1061.

 

19 “Inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum.” RAYMUNDUS IORDANUS, Contemplationes, Prooemium, ut supra. Bourassé-Migne, Summa Aurea, IV, 851.

 

20 Mecum sunt divitiae et gloria, opes superbae et iustitia... ut ditem diligentes me et thesauros eorum repleam. Prov. VIII, 18, 21.

 

21 “Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae, etc. (Ps. CXXII, 2). Ancilla Dominae Mariae est quaelibet anima fidelis, imo etiam Ecclesia universalis. Oculi huius ancillae in manibus Dominae suae semper debent esse, quia oculi Ecclesiae, oculi omnium nostrum, ad manus Mariae semper debent respicere, ut per manus eius aliquid boni accipiamus, et per manus eius, quidquid boni agimus, Domino offeramus.” CONRADUS SAXON, cognomento Holzingarius, Speculum B. M. V. (inter Opera S. Bonav., ed. Rom. et Lugdun., VI, 434, col. 1), lectio 3. - Vedi Appendice, 2.

 

22 Luc. I, 48.

 

23 “Omnes, inquam, generationes. Sunt enim generationes caeli et terrae. Pater spirituum, ait Apostolus, ex quo omnis paternitas in caelo (caelis) et in terra nominatur (Ephes. III, 15). Ex hoc ergo beatam te dicent omnes generationes, quae omnibus generationibus vitam et gloriam genuisti. In te enim angeli laetitiam, iusti gratiam, peccatores veniam inveniunt (al. invenerunt) in aeternum.” S. BERNARDUS, In festo Pentecostes sermo 2, n. 4. ML 183-328.

 

24 “Matrem meam devotione praecipua venerare, ipsam pie crebroque salutando, atque vitam et virtutes eius studiose imitando. Ego enim hanc mundo dedi in sanctitatis, innocentiae ac puritatis exemplum, in singulare patrocinium, et in praesidium tutissimum, ut sit tribulatis ac desolatis omnibus immunitatis asylum, quam nemo horreat, nemo formidet, nemo ad eam accedere trepidet. Propterea namque adeo feci eam mitem, adeo piam, adeo misericordem, adeo denique benignam et clementem, ut neminem aspernetur, nulli se neget, omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem aut non consolatum sinat.” Io. LANSPERGIUS, Cartusianus, Alloquia Iesu Christi ad animam, lib. 1, pars 3, canon 12. Opuscula spiritualia, I, Coloniae Agrippinae, 1693, pag. 486. Ed. Colonien., 1737, pag. 125.

 

25 “Quantumcumque me Deus praesciverit... scio quod seipsum negare non potest. Eum ergo totis visceribus amplexabor, et ipsum stringens fortiter, etiamsi aurora apparuerit (Gen. XXXII, 26), et non mihi benedixerit, non ipsum dimittam; quod si benedixerit mihi, nec etiam tunc dimittam, et sine me recedere non valebit... Aut certe scio quid faciam. In cavernis vulnerum suorum me abscondam, ibique quietus (al. laetus) latitabo, nec extra se me invenire poterit, et etiam expellere non decebit, qui dicit: Eum qui venit ad me, non eiiciam foras (Io. VI, 37)... Aut ad Matris suae pedes provolutus stabo... et ut mihi veniam impetret, implorabo. Nec repulsam ab ea pati potero, quia fons pietatis ab omnibus praedicatur. Ipsa enim non misereri ignorat, et miseris non satisfacere numquam scivit... Ideoque ex compassione maxima ante Filium suum mecum, si dici potest, misera apparebit, et mihi ad indulgentiam suum unicum Filium inclinabit.” Stimulus amoris, pars 3, cap. 13. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugdun., VII, 226, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

26 “O optima, respice servos tuos, respice. In te enim omnes spem nostram collocavimus.” EUTHYMIUS monachus, Sermo de zona SS. Deiparae, n. 15. MG 131-1249.

 

27 Accasato, unito in matrimonio.

 

28 AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, Bologna, 1681, pag. 301: (Motivo per amar Maria Madre nostra (pag. 238-428), cap. 3. La narrazione comincia così: “Conchiudo con un fatto maraviglioso, che da Geronimo Tais, Domenicano, rapporta Alonso Andrada (c. 36 de imit. Virg.)”. - Alfonso de Andrada (1592-1672), S. I., scrisse, tra altre opere, “Guia de la virtud, y de la Imitación de Nuestra Señora para todos estados”, in tre vol., in-4, Madrid, 1642, 1644, 1646. - Il Tesoro del Rosario deve essere o il testo stesso o una traduzione del “Mare magnum exemplorum SS. Rosarii ex diversis auctoribus ac voluminibus congregatum per R. P. F. Dominicum RIERA, O. P.,” Exemplum 38, Maioricae, 1699. Meglio si direbbe parte 6, giacché vengono premesse le cinque parti del “Opus aureum B. Alani de Rupe”. In fine della sua narrazione, soggiunge il Riera: “Taix in add. cap. 31. Sagastiz., lib. 6, cap. 55. Haec Fernandez, lib. 4, cap. 28.” Certamente si desiderebbe qualche notizia più precisa sulla prima fonte di questa narrazione veramente straordinaria. Ad ogni modo, non sarebbe una ragione perentoria di rigettarla il solo fatto della risurrezione di quella donna infelice. Oltreché niente passa il potere di Maria, sappiamo che, in tempo vicino al nostro, Maria SS. risuscitò, in Alessandria d'Egitto, una giovinetta di 13 anni, messa a morte da un Maomettano, la quale fu poi Suor Maria di Gesù Crocifisso, conversa Carmelitana, morta (1878) in odore di santità nel Monastero di Betlemme, di cui si va instruendo il processo di beatificazione. - Vedi Appendice, 9.


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13/09/2009 10:26

§ 2. - Maria è la speranza de' peccatori.

 

Dopo che Dio creò la terra, creò due luminari, uno maggiore e l'altro minore, cioè il sole acciocché illuminasse di giorno, la luna acciocché illuminasse di notte: Fecitque Deus duo luminaria magna; luminare maius ut praeesset diei, [et] luminare minus ut praeesset nocti (Gen. I, 16). Il sole, dice Ugon cardinale, fu figura di Gesù Cristo, la cui luce godono i giusti, che vivono nel giorno della divina grazia: la luna fu figura di Maria, per cui mezzo son illuminati i peccatori, che vivono nella notte del peccato: Luminare maius Christus, qui praeest iustis: luminare minus idest Maria, quae praeest peccatoribus (In loc. cit.).1 Essendo dunque Maria questa luna propizia a' miseri peccatori, se mai alcun miserabile, dice Innocenzo III, si trova caduto in questa notte della colpa, che ha da fare? Qui iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam (Serm. 2, de Ass. B.V.).2 Giacch'egli ha perduto la luce del sole, perdendo la divina grazia, si rivolga alla luna, preghi Maria, ed ella gli darà luce per conoscere la miseria del suo stato e forza di presto uscirne. Dice S. Metodio che per le preghiere di Maria continuamente si convertono quasi innumerabili peccatori: Mariae virtute et precibus pene innumerae peccatorum conversiones fiunt.3

 

Uno de' titoli con cui la S. Chiesa ci fa ricorrere alla divina Madre e che maggiormente rincora i poveri peccatori, è il titolo di Rifugio de' peccatori, con cui l'invochiamo nelle litanie. Anticamente vi erano nella Giudea le città di rifugio, dove i delinquenti che andavano a ricoverarsi erano liberi dalle pene meritate.4 Al presente non vi sono tante città di rifugio, come allora, ma ve n'è una sola, ch'è Maria, di cui fu detto: Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei (Ps. LXXXVI, [3]). Ma con questa differenza, che nelle città antiche non trovavano rifugio tutti i delinquenti né per tutte le sorte di delitti; ma sotto il manto di Maria tutti i peccatori trovano scampo e per ogni delitto che abbiano commesso; basta che alcuno vi ricorra a ricoverarsi.5 Io son la città di rifugio per tutti coloro che a me vengono, dice la nostra Regina: Ego civitas refugii omnium ad me confugientium, le fa dire S. Giovan Damasceno (Or. 2, de Dorm.).6

 

E basta che uno ricorra; quegli che già avrà avuto la sorte di entrare in questa città, non occorrerà che parli per esser salvo. Convenite celeriter, et ingrediamur civitatem munitam, et sileamus ibi (Ierem. VIII, [14]). Questa città munita, spiega il B. Alberto Magno, è la S. Vergine, munita in grazia ed in gloria.7 Et sileamus ibi: spiega la Glossa: Quia non audemus deprecari Dominum quem offendimus, ipsa deprecetur et roget: Giacché noi non abbiamo ardire di supplicare il Signore per lo perdono, basta ch'entriamo in questa città e tacciamo; perché allora Maria ella parlerà e pregherà per noi. Ond'esorta un divoto autore (Benedetto Fernandez, in c. 3 Gen.) tutti i peccatori a ricoverarsi sotto il manto di Maria, dicendo: Fugite, o Adam, o Eva, fugite eorum liberi intra sinum Matris Mariae. Ipsa est civitas refugii, spes unica peccatorum:8 Fuggite, o Adamo, o Eva, e voi loro figli che avete sdegnato Dio, fuggite e ricoveratevi nel seno di questa buona Madre. Non lo sapete ch'ella è l'unica città di rifugio e l'unica speranza de' peccatori? come già la chiamo S. Agostino: Unica spes peccatorum (Serm. 18, de sanct.).9

 

Ond'è che S. Efrem (De laud. Virg.) le dice: Voi siete l'unica avvocata de' peccatori e di coloro che sono privi d'ogni soccorso. E con ciò la saluta: Ave peccatorum refugium et hospitium, ad quam nimirum confugere possunt peccatores:10 Dio vi salvi, rifugio e ricettacolo de' peccatori, in cui solamente i peccatori posson trovare scampo e ricetto. E questo è quello, riflette un autore, che intese di dire Davide allorché disse: Protexit me in abscondito tabernaculi sui (Ps. XXVI, [5]): Il Signore mi ha protetto con farmi nascondere dentro il suo tabernacolo.11 E chi mai è questo tabernacolo di Dio, se non Maria, come la chiama S. Germano? Tabernaculum a Deo fabricatum, in quo solus Deus ingressus est, sacris mysteriis operaturus in te pro salute omnium hominum:12 Tabernacolo fatto da Dio, in cui non entrò altri che Dio per compire i gran misteri della Redenzione umana. Dice a questo proposito il padre S. Basilio che il Signore ci ha dato Maria, come un pubblico spedale, dove possano esser accolti tutti gl'infermi che son poveri e destituiti d'ogni altro aiuto: Aperuit nobis Deus publicum valetudinarium.13 Or negli spedali fatti apposta per ricetto de' poveri, dimando, chi son quelli che v'abbiano maggior ragione d'esservi accolti, se non quelli che sono più poveri e più infermi?

 

Perciò chi si trova più misero, perché più scarso di meriti e più oppresso da' mali dell'anima, che sono i peccati, par che possa dire a Maria: Signora, voi siete il rifugio de' poveri infermi; non mi discacciate, mentre essendo io più povero degli altri e più infermo, ho più ragione che voi mi riceviate. Nescimus, diciamole con S. Tommaso da Villanova, nescimus aliud refugium nisi te. Tu sola es unica spes nostra, in qua confidimus. Tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus  (Serm. 3, de Nat. B.V.):14 O Maria, noi miseri peccatori non sappiamo trovare altro rifugio fuori di voi. Voi siete l'unica speranza a cui confidiamo la nostra salute; voi siete l'unica avvocata appresso Gesù Cristo, alla quale tutti noi siamo rivolti.

 

Nelle rivelazioni di S. Brigida (Rev. extr., c. 50) vien chiamata Maria: Sidus vadens ante solem.15 Acciocché intendiamo che quando in un'anima peccatrice vedesi comparire la divozione alla divina Madre, è segno sicuro che tra poco verrà Dio ad arricchirla della sua grazia. Il glorioso S. Bonaventura, per ravvivare la confidenza a' peccatori nella protezione di Maria, ci figura un mare in tempesta, dove i peccatori già caduti dalla nave della divina grazia, già sbattuti di qua e di là da' rimorsi di coscienza e da' timori della divina giustizia, senza luce e senza guida, stiano già vicini a perdere il respiro d'ogni speranza, e a disperarsi; con tal pensiero par che 'l Santo additando loro Maria, chiamata comunemente la stella del mare, alzi la voce e dica loro: Respirate ad illam, perditi peccatores, et perducet vos ad portum (S. Bon., in Ps. 18):16 Poveri peccatori perduti, non vi disperate, alzate gli occhi a questa bella stella, ripigliate il respiro a confidare, poich'ella vi farà uscir dalla tempesta e vi condurrà al porto della salute.

 

Lo stesso dice S. Bernardo: Si non vis obrui procellis, respice stellam, voca Mariam (Hom. 2, sup. Missus):17 Se non vuoi restar sommerso dalla tempesta, volgiti alla stella e chiama in tuo aiuto Maria. Mentre dice il divoto Blosio (In can. vit. spir., cap. 18) ch'ella è l'unico ricovero di coloro che si trovano aver offeso Dio: Ipsa peccantium singulare refugium. Ella l'asilo di tutti i tentati e tribulati: Ipsa omnium quos tentatio urget, aut calamitas aut persecutio, tutissimum asylum. Questa Madre di misericordia è tutta benigna, tutta dolce, non solo coi giusti, ma ancora co' peccatori e disperati: Tota mitis est et suavis non solum iustis, verum etiam peccatoribus et desperatis. Sicché quando vede che questi a lei ricorrono e sente che cercano di cuore il suo aiuto, subito li soccorre, gli accoglie ed ottiene il perdono dal suo Figlio: Quos ut ad se ex corde clamare conspexerit, statim adiuvat, suscipit et iudici reconciliat. Ella non sa disprezzare niuno per indegno che sia, e perciò non nega ad alcuno la sua protezione: tutti consola, e basta che appena sia invocata, che subito aiuta chi l'invoca: Nullum aspernens, nulli se negat: omnes consolatur, et tenuiter invocata praesto adest. Colla sua dolcezza spesso sa allettare alla sua divozione e svegliare i peccatori più disamorati con Dio e più immersi nel letargo de' loro peccati: Sua bonitate saepe eos qui Deo minus afficiuntur, ad sui cultum blande allicit; potenterque excitat, ut per huiuscemodi studium praeparentur ad gratiam, et tandem apti reddantur regno caelorum: Acciocché per tal mezzo si dispongano a ricevere la divina grazia, e finalmente si rendano degni della gloria eterna. Talis a Deo facta est, ut nemo ad eam accedere trepidet: Dio ha fatto questa sua diletta Figlia di natural così pietoso e cortese, che niuno possa mai sconfidare di ricorrere alla sua intercessione. Conclude il divoto scrittore: Fieri non potest ut pereat qui Mariae sedulus et humilis cultor exstiterit:18 Finalmente non è possibile che si perda chi con attenzione ed umiltà coltiva la divozione verso questa divina Madre.

 

Ella è chiamata platano: Quasi platanus exaltata sum (Eccli. XXIV, [19]). Acciocché intendano i peccatori che conforme il platano dà scampo a' viandanti di ripararsi sotto la sua ombra dal calore del sole, così Maria, quando vede accesa contro di loro l'ira della divina giustizia, gl'invita a ricoverarsi sotto l'ombra della sua protezione. Riflette S. Bonaventura che il profeta Isaia si lamentava a' tempi suoi e diceva: Ecce tu iratus es, et peccavimus... Non est... qui consurgat et teneat te (Is. LXIV, 5, 7): Signore, voi giustamente siete sdegnato co' peccatori, e non vi è chi per noi possa placarvi. Sì, perché allora non era nata ancora al mondo Maria: Ante Mariam, dice il santo, non fuit qui sic Deum detinere auderet (In Spec., c. 7).19 Ma se ora Dio sta irato con qualche peccatore, e Maria prende a proteggerlo, ella trattiene il Figlio che non lo castighi, e lo salva: Detinet Filium ne peccatores percutiat. Anzi siegue a dire S. Bonaventura che niuno può trovarsi più atto di Maria, che giunga anche a porre le mani sulla spada della divina giustizia, acciocché non scenda a punire il peccatore: Nemo tam idoneus qui gladio Domini manus obiiciat.20 - Sullo stesso pensiero dice Riccardo di S. Lorenzo che Dio, prima che fosse Maria al mondo, si lagnava che non vi fosse chi lo trattenesse dal castigare i peccatori; ma che, nata Maria, ella lo placa: Querebatur Dominus ante Mariam: Non est qui consurgat et teneat me (Is. LXIV, v. 7); donec inventa est Maria, quae tenuit eum donec emolliret (Ricc., lib. 2, de laud. Virg.).21

 

Quindi S. Basilio anima i peccatori e dice: Ne diffidas, peccator, sed in cunctis Mariam sequere et invoca, quam voluit Deus in cunctis subvenire (De Annunc. B. Virg.):22 Peccatore, non isconfidare, ma ricorri a Maria in tutt'i tuoi bisogni: chiamala in tuo soccorso, che la troverai sempre apparecchiata ad aiutarti; poiché questa è la divina volontà, ch'essa soccorra tutti in tutte le necessità. Questa Madre di misericordia ha tal desiderio di salvare i peccatori più perduti, ch'ella stessa li va cercando per aiutarli; e se questi a lei ricorrono, ben trova ella il modo di renderli cari a Dio.

 

Desiderava Isacco cibarsi di qualche animale selvaggio, e perciò prometté23 la sua benedizione ad Esaù: Rebecca all'incontro volendo che questa benedizione la ricevesse l'altro suo figlio Giacobbe, gli disse che l'avesse addotti due capretti, perché ella l'avrebbe conditi a piacimento d'Isacco: Pergens ad gregem affer mihi duos haedos (Gen. XXVII, [9]). Dice S. Antonino (Part. 4, tit. 15, c. 2) che Rebecca fu figura di Maria che dice agli angeli: Portatemi peccatori - per cui sono significati i capretti, - perché io li condisco in modo - con ottener loro dolore e risoluzione - che ben li rendo cari e accettabili al mio Signore.24 E Francone abbate, seguendo lo stesso pensiero, dice che Maria sa talmente condire questi capretti, che non solo adeguino, ma alle volte avanzino il sapore de' cervi: Vere sapiens mulier quae novit sic haedos condire, ut gratiam cervorum coaequent aut etiam superent (Tom. 3, de grat.).25

 

Rivelò la stessa B. Vergine a S. Brigida (Rev., l. 1, c. 6) non trovarsi al mondo peccatore così nemico di Dio, che se a lei ricorra ed invochi il suo aiuto, non ritorni a Dio e ricuperi la sua grazia: Nullus ita abiectus a Deo qui si me invocaverit, non revertatur ad Deum.26 E la medesima S. Brigida intese un giorno Gesù Cristo che dicea alla sua Madre ch'ella sarebbe pronta ad ottenere anche a Lucifero la divina grazia, se quegli si umiliasse a cercarle aiuto: Etiam diabolo misericordiam exhiberes, si humiliter peteret.27 Quello spirito superbo non sarà mai che si umilii ad implorare la protezione di Maria; ma se mai si desse tal caso che si abbassasse a domandarcela, Maria avrebbe la pietà e la forza colle sue preghiere di ottenergli da Dio il perdono e la salute. Ma quello che non può avverarsi col demonio, ben si avvera co' peccatori, che ricorrono a questa Madre di pietà.

 

L'arca di Noè fu ben ella figura di Maria, perché siccome in quella trovarono ricovero tutti i bruti della terra, così sotto il manto di Maria trovan rifugio tutti i peccatori, che per li loro vizi e peccati sensuali son già simili a' bruti; con tale differenza però, dice un autore, quod arca animalia suscepit, animalia servavit (Paciucch., de B.V.):28 Nell'arca entrarono i bruti e bruti restarono: il lupo restò lupo, la tigre restò tigre. Ma sotto il manto di Maria il lupo diventa agnello, la tigre diventa colomba. Un giorno S. Geltrude vide Maria col manto aperto, e sotto di quello molte fiere di diverse specie, pardi, leoni, orsi; e vide che la Vergine non solamente non li discacciava, ma di più colla sua benigna mano dolcemente gli accoglieva e gli accarezzava. Intese la santa che queste fiere sono i miseri peccatori, che allorché ricorrono a Maria, ella gli accoglie con dolcezza ed amore (Ap. Blos., Mon. Spir., c. 1).29

 

Ben dunque S. Bernardo (Orat. paneg. ad B.V.) ebbe ragione di dire alla Vergine: Signora, voi non abborrite qualsivoglia peccatore, quantunque sozzo ed abbominevole si sia, che a voi si accosti: se egli vi domanderà soccorso, voi non isdegnerete di stendere la pietosa mano a cacciarlo dal fondo della disperazione: Tu peccatorem quantumcumque foetidum non horres; si ad te suspiraverit, tu illum a desperationis barathro pia manu retrahis.30 Oh sia sempre benedetto e ringraziato il nostro Dio, o Maria amabilissima, che vi ha fatta così dolce e benigna anche verso de' più miseri peccatori. Misero chi non v'ama, e che potendo a voi ricorrere, in voi non confida! Si perde chi non ricorre a Maria; ma chi mai s'è perduto che a Maria è ricorso?

 

Si narra nella Scrittura che Booz concedé a quella donna chiamata Ruth, che andasse raccogliendo le spighe che restavano cadute dalle mani de' mietitori: Colligebat spicas post terga metentium (Ruth, II, 3). Soggiunge S. Bonaventura: Ruth in oculis Booz, Maria in oculis Domini hanc gratiam invenit, ut ipsa spicas, idest animas a messoribus derelictas, colligere ad veniam possit (S. Bon., in Spec., c. 5).31 Conforme Ruth trovò grazia negli occhi di Booz, così Maria ha trovata la grazia negli occhi del Signore di poter raccogliere le spighe abbandonate da' mietitori: i mietitori sono gli operai evangelici, i missionari, i predicatori, i confessori, che colle loro fatiche tutto giorno raccogliono ed acquistano anime a Dio. Ma vi sono anime ribelli ed indurite che restano anche da questi abbandonate; solo a Maria è concesso di salvare colla sua potente intercessione queste spighe abbandonate. Ma povere poi quelle, che neppure da questa dolce Signora si lasciano prendere! Queste sì che saranno affatto perdute e maledette! Beato all'incontro chi ricorre a questa buona Madre! Non v'è nel mondo, dice il divoto Blosio, peccatore così perduto ed infangato, che Maria l'abborrisca e lo discacci. Ah che se questi verrà a cercarle aiuto, ella la buona Madre ben potrà, ben saprà e ben vorrà riconciliarlo col Figlio ed ottenergli il perdono: Nullum tam exsecrabilem peccatorem orbis habet, quem ipsa abominetur et a se repellat, quemque dilectissimo Nato suo (modo suam precetur opem) non possit, sciat et velit reconciliare (Blos., de dictis PP., c. 5).32

 

Con ragione dunque, o Regina mia dolcissima, vi saluta S. Giovan Damasceno e vi chiama speranza de' disperati: Salve, spes desperatorum.33 Con ragione S. Lorenzo Giustiniano vi nomina speranza de' malfattori: Spes delinquentium.34 S. Agostino, unico rifugio de' peccatori: Unica spes peccatorum.35 S. Efrem, porto sicuro de' naufraghi: Naufragorum portus tutissimus.36 Lo stesso santo giunge a chiamarvi protettrice de' dannati: Protectrix damnatorum.37 Con ragione finalmente S. Bernardo esorta a non disperarsi anche i disperati, onde pieno di giubilo e di tenerezza verso questa sua carissima Madre, le dice amorosamente: Signora, e chi non avrà confidenza in voi, se voi soccorrete anche i disperati? Io punto non dubito, soggiunge, che sempreché a voi ricorreremo, otterremo quanto vorremo. In te dunque speri chi dispera: Quis non sperabit in te, quae etiam adiuvas desperatos? Non dubito, quod si ad te venerimus, habebimus quod volemus. In te ergo speret qui desperat (Sup. Salv. Reg.).38 Narra S. Antonino che trovandosi un peccatore in disgrazia di Dio, gli parve di stare avanti il tribunale di Gesù Cristo; il demonio l'accusava, e Maria lo difendeva. Il nemico presentò contro questo povero reo il processo de' peccati, il quale posto nella bilancia della divina giustizia pesava molto più che tutte le sue opere buone; ma la sua grande avvocata allora che fece? stese la sua dolce mano, la pose sull'altra bilancia e la fe' calare a beneficio del suo divoto, e così gli fece intendere ch'ella gli otteneva il perdono, se egli mutava vita; come in effetto quel peccatore dopo quella visione si convertì e mutò vita.39

 

Esempio.

 

Narra il B. Giovanni Erolto, per umiltà nominatosi il Discepolo (In Promptuar.), che vi era un uomo casato, il quale viveva in disgrazia di Dio. La moglie donna dabbene non potendo ridurlo a lasciar il peccato, lo pregò che almeno in quel suo stato miserabile avesse fatta questa divozione alla Madre di Dio, cioè che ogni volta che fosse passato avanti a qualche sua immagine, l'avesse salutata con un'Ave Maria. Il marito cominciò a praticare questa divozione.

 

Una notte portandosi quello scellerato a peccare, vide un lume, osservò, e si accorse che era una lampada che ardeva avanti una divota immagine di Maria che teneva in braccio Gesù bambino. Disse l'Ave Maria secondo il solito; ma poi che vide? vide il bambino tutto pieno di piaghe, che grondavano di fresco sangue. Allora egli atterrito insieme ed intenerito, considerando che egli co' suoi peccati avea così impiagato il suo Redentore, cominciò a piangere, ma osservò che 'l Bambino gli voltava le spalle. Onde esso tutto confuso ricorse alla SS. Vergine dicendo: Madre di misericordia, il vostro Figlio mi discaccia; io non posso trovare altr'avvocata più pietosa e più potente di voi che gli siete Madre; Regina mia, aiutatemi voi, pregatelo per me. La divina Madre gli rispose da quell'immagine: Voi peccatori mi chiamate madre di misericordia, ma poi non lasciate di farmi madre di miseria, rinnovando al mio Figlio la Passione ed a me i dolori.

 

Ma pure perché Maria non sa mandare sconsolato chi ricorre a' piedi suoi, si voltò a pregare il Figlio che perdonasse a quel miserabile. Gesù seguiva a dimostrarsi ripugnante a tal perdono; ma la S. Vergine deponendo il Bambino nella nicchia, se gli prostrò avanti dicendo: Figlio, non mi parto da' piedi vostri, se non perdonate a questo peccatore. Madre, allora disse Gesù, io non posso negarvi niente; volete che gli sia perdonato? io per amor vostro gli perdono: fatelo venire a baciare queste mie piaghe. Andò il peccatore piangendo dirottamente, e conforme baciava le piaghe del Bambino, così quelle si sanavano. In fine Gesù gli diede un abbraccio in segno del perdono, e quegli mutò vita, e d'allora in poi si diede ad una vita santa vivendo innamorato della SS. Vergine, che gli aveva ottenuta una grazia così grande.40

 

Preghiera.

Adoro, o purissima Vergine Maria, il vostro santissimo cuore, che fu la delizia, il riposo di Dio. Cuore tutto pieno di umiltà, di purità e di amore divino. Io infelice peccatore vengo a voi col cuore tutto pieno di fango e di piaghe. O Madre di pietà, non mi sdegnate per questo, ma movetevi a maggior compassione, ed aiutatemi. Non andate cercando in me per aiutarmi né virtù né meriti. Io son perduto e non merito che l'inferno. Mirate solo, vi prego, la confidenza che ho presa in voi e la volontà che ho d'emendarmi. Mirate quel che ha fatto e patito Gesù per me, e poi abbandonatemi, se vi fidate41 d'abbandonarmi. Io vi presento tutte le pene della sua vita, il freddo che patì nella stalla, il viaggio che fece in Egitto, il sangue che sparse, la povertà, i sudori, le tristezze, la morte che sopportò per amor mio alla vostra presenza; e per amor di Gesù impegnatevi a salvarmi.

 

Ah Madre mia, io non voglio né posso temere che abbiate a discacciarmi or che ricorro a voi e vi dimando soccorso. Se ciò temessi, farei un'ingiuria alla vostra misericordia, che va cercando i miseri per aiutarli. Signora, non negate la vostra pietà a chi Gesù non ha negato il sangue. Ma i meriti di questo sangue a me non s'applicheranno, se voi non mi raccomandate a Dio. Da voi spero la mia salute.

 

Io non vi cerco ricchezze, onori o altri beni di terra; vi cerco la grazia di Dio, l'amore al vostro Figlio, l'adempimento della sua volontà, il paradiso per amarlo in eterno. È possibile che non mi esaudiate? No, che voi già mi esaudite, come spero; già pregate per me, già mi procurate le grazie richieste, già mi accettate sotto la vostra protezione.

 

Madre mia, non mi lasciate; seguite, seguite a pregare per me, finché non mi vediate salvo in cielo a' vostri piedi a benedirvi e ringraziarvi in eterno. Amen.

 

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NOTE

 

1 “Moraliter. Duo luminaria... Luminare maius, Christus, qui praeest diei, id est iustis. Luminare minus, Beata Maria, quae praeest peccatoribus.” HUGO A S. CHARO, O. P., Card., Postilla super Genesim, I, 16. Opera, Venetiis, 1703, I, fol. 2, col. 4.

 

2 “Qui ergo iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam, ut ipsa per Filium cor eius ad compunctionem illustret.” INNOCENTIUS PP. III, Sermones de Sanctis, Sermo 28, sermo 2 in Assumptione B. M. V., ML 217-584.

 

3 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 17 in Ps. 86, n. 9, Venetiis, 1720, editio quarta, p. 98, col. 1: “Ut enim D. Methodius aiebat: Mariae virtute et precibus pene innumerae conversiones fiunt.” - S. METHODIUS, Episcopus et martyr (+ 312), De Simeone et Anna... ac de S. Deipara, n. 1, MG 18-350: “In propria Dominus manifeste venit (Io. I, 11; Ps. XLIX, 3); vivaeque et animatae arcae, ceu propitiatorio insidens, pompa in terris procedit. Hanc publicanus contingens, iustus evadit. Huic se meretrix applicans, velut nova fictione casta redditur. Hanc leprosus contrectans, sine dolore sanus, velut recuditur. Neminem repellit, neminem abominatur. Impertitur sanitates; non participat aliquid noxium. Propensissimus enim erga homines Dominus in ea requiescit: sunt haec novae gratiae munera.” Uomini dottissimi e peritissimi nella critica, “Combefisius et Leo Allatius”, difendono fortemente l'autenticità di questa Omelia, attribuendola senza esitazione, “contra Gretserum”, all'insigne teologo S. Metodio martire. Altri - opponendo che nel principio del secolo quarto non vi fosse ancora la festat dell'Hypapante ossia Hypanthesis, cioè dell'Occursus Domini in templo, che noi chiamiamo della Purificazione - ne fanno autore Metodio, Patriarca di Costantinopoli, + 847.

 

4 Liber Iosue, cap. XX.

 

5 Nella I ediz. si legge: a rifugiarsi.

 

6 S. IO. DAMASCENUS, In Dormitionem B. V. M., homilia 2, n. 17. MG 96-746. Il Santo fa parlare così il sepolcro della B. Vergine.

 

7 “Ipsa est civitas et domus salvationis, Ier. VIII, 14: Convenite celeriter, et ingrediamur civitatem munitam, id est, ad Mariam, munitam in natura, in gratia, in gloria: et sileamus ibi. Glossa: quia non audemus deprecari Dominum quem offendimus; sed ipsa deprecetur et roget.” S. Alberti Magni, opusculum dubium, Biblia Mariana, in Ier. VIII. Opera, Lugduni, 1651, XX, pag. 23 (di questo opuscolo, in fine del volume). Ed. Paris. XXXVII, 412, n. 3. - La Glossa interlineare (quella cioè di Anselmus Laudunensis Scholasticus), sopra la parola sileamus, “quia non audemus deprecari”; e sopra la parola Dominus (nella continuazione del testo sacro): “quem offendimus”.

 

8 “Fugite, o Adam et Eva, fugite, ipsorum liberi, et abscondite vos a facie Dei irati et vindicantis, sub umbram, ad brachia, intra sinum Dei Matris Mariae; ipsa est homicidis civitas refugii, spes unica peccatorum, reorum et supplicum ara sacrosancta, naufragantibus statio benefida carinis.” FERNANDIUS (Fernandez) Benedictus, S. I., In Genesim, cap. 3, sectio 23, n. 9. - Il piissimo P. Benedetto Fernandez morì agli 8 di dicembre 1630, festa dell'Immacolata Concezione (altri dicono la vigilia, che era un sabato), avendo domandato di morire in un giorno consacrato a Maria. - Un suo fratello minore (De Backer, Écrivains de la Compagnie de Jésus, II, 184, col. 2) o fratello cugino (Patrignani, Menologio, 8 dicembre, pag. 74, col. 2), morì martire nel Giappone, ai 2 di ottobre 1633 (Patrignani, Menologio, 2 ottobre).

 

9 “Tu es spes unica peccatorum.” Brev. Rom., die 2 infra Octavam Nativ. B. M. V. (quando si celebrava quella ottava): De Sermone S. Augustini episcopi, lectio 6. - Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 194, n. 5. ML 39-2107.

 

10 S. EPHRAEM, Syrus, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis laudibus, Opera graece et latine (et latine tantum), Romae, 1746, III (omnium Operum, VI): “Tu peccatorum et auxilio destitutorum unica advocata es atque adiutrix (pag. 575, col.2)… Ave, peccatorum refugium atque diversorium (pag. 576, col. 2).” - Opera, Venetiis, 1755, II, 706.

 

11 “David de se ipso dicebat: Abscondit me in tabernaculo suo: in die malorum protexit me in abscondito tabernaculi sui (Ps. XXVI, 5); quae verba sic plerique exponunt apud Agellium, v. 6: “Alii volunt tabernaculum et absconditum tabernaculi intelligendum esse sanctum illum augustumque locum in quo erat Arca Dei, in quo tabernaculo (a) Deo protectum se fuisse inquit, ne ad eum impetus hostium perveniret, quasi illud sacrosanctum tabernaculum, non tam ad Dei habitationem, quam ad pios homines tegendos atque tuendos, aut ad eorum tutelam protectionemque significandam factum esset.”... Tabernaculum et absconditum tabernaculi, in quo iusti... absconduntur, locum illum sumus interpretati in quo erat Arca; ut statim hoc quoque intelligeretur, per Mariam, cuius Arca illa figura erat, cultores suos obumbrare Deum ac tegere.” Aloysius NOVARINUS, Cler. Reg., Sacrorum electorum lib. 4, Virginea umbra, Excursus 63, n. 619, 620. Venetiis, 1632, pag. 260.

 

12 “Salve, non manu factum, ac factum a Deo tabernaculum, in quod semel in consummatione saeculorum, solus Deus ac primus Pontifex ingressus est, ut in te, sacra ac arcana ratione, munus sacrum pro universis obiret.” S. ANDREAS CRETENSIS, In Nativitatem B. M. V., Oratio IV. MG 97- 878, 879. - Questa Oratio si deve ascrivere a S. Andrea Cretense, e non a S. Germano, a cui prima fu attribuita: MG 97-861, nota 26.

 

13 “Par est ut creaturae modum videamus, et quanta sit vis ac magnitudo Dei in homines amoris condiscamus. Hinc enim publicum peccatoribus aperitur valetudinarium, et poenitentiae medicamentum Davidis nomine paratum omnibus egenis condonatum est”. BASILIUS SELEUCIENSIS, Orationes, (oratio XVII, in Davidem). MG 85-222. - L'autore non parla di Maria Santissima, ma della penitenza: altri scrittori in seguito hanno adattato il testo compendiato alla Divina Madre. Così leggesi presso il P. EMANUELE DI GESÙ MARIA, Carm. Scalzo: “Come a proposito disse Basilio Seleuciense che Dio, Signor nostro, con darci la sua Madre, publicum valetudinarium peccatoribus aperuit (orat. 17), aprì un pubblico ospedale a' peccatori infermi d'infermità disperate, dove li ricetta, li consola, li cura ed esercita varii offici di pietà...” Il regno di Maria Vergine Madre di Dio, discorso XI, Regina fidelissima. Napoli, 1681, col. 255. - Evidentemente S. Alfonso si è servito di una citazione di seconda mano. - Vedi pure in questa nostra edizione delle Opere ascetiche di S. Alfonso, vol. XV, pag. 321, la nota 45.

 

14 S. THOMAS A VILLANOVA, In Nativ. B. M. V., sermo 3, n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, 402.

 

15 “Respondit Filius:... Tu es quasi sidus vadens ante Solem, quia iustitiam meam praecedis tua pietate.” S. BIRGITTAE Revelationes extravagantes, cap. 50, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 572, col. 2.

 

16 “Respirate ad illam, perditi peccatores, et perducet vos ad indulgentiae portum.” Psalterium B. M. V., Ps. 18. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugdun., VI, 480.

 

17 “Ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis... Respice stellam, voca Mariam.” S. BERNARDUS, Super “Missus est”, de laudibus Virginis Matris hom. 2, n. 17. ML 183-70.

 

18 “Ipsa peccantium singulare refugium, ipsa omnium quos tentatio, calamitas aut persecutio aliqua urget, tutissimum asylum... Tota mitis est, tota serena, tota suavis, tota benigna, non solum iustis et perfectis, verum etiam peccatoribus ac desperatis: quos ut ad se ex corde clamare conspexerit, statim adiuvat, suscipit, fovet, et metuendo Iudici materna fiducia reconciliat. Nullum aspernatur, nulli se negat: omnes consolatur, omnibus sinum pietatis aperit, et vel tenuiter invocata, praesto adest. Sua ingenita bonitate atque dulcedine saepe eos qui Deo minus afficiuntur, ad sui cultum blande allicit, potenterque excitat: ut per huiuscemodi studium praeparentur ad gratiam, et tandem apti reddantur regno caelorum. Talis est, talis a Deo facta est, talis nobis data est: ut nemo eam horreat, nemo refugiat, nemo ad eam accedere trepidet. Fieri non potest ut pereat, qui Mariae sedulus et humilis cultor fuerit. Tu igitur facito illam tibi unice familiarem.” Lud. BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Paradisus animae fidelis, pars 1, Canon vitae spiritualis, cap. 18, n. 3. - Opera, Antverpiae, 1632, pag. 18, col. 2.

 

19 “Detinet Filium ne peccatores percutiat. Ante Mariam (supplisci: non) fuit qui sic detinere Dominum auderet, testante Isaia, qui dixit: Non est qui invocet nomen tuum, qui consurgat et teneat te (Is. LXIV, 7).” CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 7, inter Opera S. Bonaventurae, Romae, Moguntiae et Lugduni, VI, 441, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

20 (Non già S. Bonaventura) ma ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Sermo panegyricus ovvero Ad gloriosam Virginem deprecatio et laus elegantissima, n. 1, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1009: “Nemo, Domina, tam idoneus, ut gladio Domini manum pro nobis obiiciat, ut tu Dei amantissima, per quam primum in terris suscepimus misericordiam de manu Domini Dei nostri.” - Vedi Appendice, 3, B.

 

21 “Conquerebatur enim Dominus, antequam Maria nasceretur, dicens Isa. LXIV: Non est qui consurgat et teneat me. Sed ipsa facta est advocata nostra, et allegat pro nobis fideliter coram Filio suo, ventrem et ubera eidem repraesentans: et ipse veluti piissimus infans delectatur (Isa. XI, 8) ab ubere matris ei repraesentato.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 3. - Inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugdunen. XX, 70, 71, Parisien. XXXVI, 109.

 

22 MARRACCI, Bibliotheca Mariana, pars 1, pag. 202, 203, v. Basilius Caesariensis: “Scripsit insuper (S. Basilius Magnus) de Annunciatione B. Virginis Orationem 1, Mauritio de Villa Probata (O. P.), Sermone 14 suae Coronae (Corona nova B. Mariae, Parisiis, 1512), Bernardino Bustensi, in Mariali, serm. 6 de Conceptione, aliisque quam plurimis citatam, licet nunc inter eius opera non exstet.” - Cf. Bourassé-Migne, Summa aurea, XI, 371. - BERNARDINUS DE BUSTO (al. Bustis), Mariale, Sermo 6 de Immaculata Conceptione B. V. M., pars 2 (verso la fine: Opera, III, Brixiae, 1588, p. 69, col. 1): “Beatus etiam Basilius in sermone Annunciationis ait: “Non ergo diffidas, o peccator, sed in cunctis Mariam sequere, et ipsam invoca... Aspice caelum, et videbis Mariam angelicam, quam Dominus voluit conctis subvenire.” Haec ille.” Chi leggerà questo passo integralmente, o nel de Bustis, o nella Summa aurea, l. c., resterà persuaso che l'autore, chiunque esso sia, è posteriore a S. Basilio.

 

23 Promise.

 

24 S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 2, § 2, (Veronae, 1740, col. 919): “Horum (cioè eorum qui intendunt ad proficiendum in virtutibus) mater est B. Virgo Maria, precibus et exemplis dando eis subsidium. Est enim figurative illa Rebecca, quae filium, scilicet Israel, qui interpretatur videns Deum, docuit et iuvit refectionem offerre patri suavem cum vestibus odoriferis, ut benedictionem patris obtineret.” Come si vede, S. Antonino non parla qui dei peccatori, ma “de proficientibus”. Non sappiamo se S. Antonino parli altrove di Rebecca come figura di Maria. - Il PACIUCHELLI (Excitatio 18 in Ps. 86, n. 7, pag. 103), dopo aver ricordato che i capretti rappresentano i reprobi, e che la benedizione d'Isacco era simbolo della benedizione di Dio agli eletti, riferisce anch'egli, in parte, le suddette parole di S. Antonino; e soggiunge: “Quid aliud in eiusmodi facto refert Rebecca quam Virginem, quae, nostrum omnium Mater et peccatorum advocata, nullo non tempore... eorum, quos intimo amore prosequitur, curat salutem? Horum quidam, et non pauci, tanta scelerum immanitate laborant, ut haedi et inter damnandos possint certissime computari. Si autem istiusmodi scelesti sciant Virginem Matrem et sua implorent suffragia, tunc Virgo... hosque haedos sic condit, efficiendo ut meliorem induant voluntatem, de commissis excessibus doleant, profunda humilitate repleantur, acriter conterantur, in lacrimas... prorumpant, Deum obtestentur et ab eo millies veniam efflagitent, ac propterea escae Dei angelorumque palato gratissimae fiant: Gaudium est enim in caelo super uno peccatore poenitentiam agente.”

 

25 “Vere pia mater (Rebecca), quae ut filio benedictionem lucrifaciat, ministerium ancillae non recusat. Vere sapiens mulier, quae sic novit haedos coquere, sic condire, ut gratiam caprearum et cervorum coaequent aut etiam superent.” FRANCO, (secundus Abbas Affligemensis in Brabantia ab anno 1109 ad 1130), De gratia Dei, lib. 3. ML 166-731. - Francone (ancora monaco quando scrisse i suoi XII libri de gratia, dedicati al suo predecessore Fulgenzio, per ordine di cui li aveva composti) applica, secondo l'argomento che tratta, questo paragone di Rebecca alla grazia divina (col. 732): “Sic semper gratia mater satagit pro gilio quem diligit... sic filios adoptionis Deo Patri, quasi caliganti, et prioris ignorantiae delicta non imputanti, quotidie benedicendos offerre non desinit.” Ma quel che è vero di “gratia mater”, è pur vero di “gratiae Mater” figurata da Rebecca.

 

26 “Nullus ita alienatus est a Deo... qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum, et habebit misericordiam.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 10, pag. 350, col. 2 (Coloniae Agrippinae, 1628).

 

27 “Respondit Filius: “... tu merito plena caritate et misericordia diceris, quia omnium caritas per te floruit, et omnes inveniunt per te misericordiam, quia in te conclusisti fontem misericordiae, ex cuius abundantia etiam pessimo inimico tuo, id est diabolo exhiberes misericordiam, si humiliter peteret.” La stessa opera, Revelationes extravagantes (cioè extra ordinem priorum librorum ab Alphonso, episcopo Giennensi, distinctorum: queste le scrisse a parte “dominus Petrus prior Alvastri, ipsarum revelationum primus conscriptor), cap. 50, pag. 572, col. 2.

 

28 PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 4 super Salutationem Angelicam, n. 4 (ed. Veneta, 1720, pag. 403; ed. Monach., 1677, pag. 481).

 

29 “Beata Gertrudis aliquando vidit accurrere sub chlamydem dulcissimae Genitricis Dei Mariae veluti bestiolas quasdam diversi generis, per quas significabantur peccatores, specialem devotionem ad illam habentes. Has omnes Mater misericordiae benigne recipiens, et quasi sub pallio suo protegens, delicata manu sua singulas contrectabat deliniebatque, et ipsis amicabiliter blandiebatur, quemadmodum quis blandiri solet catulo suo. Ac per hoc manifeste insinuabat, quam misericorditer suscipiat omnes invocantes se, et quam materna pietate defendat sperantes in se, etiam eos qui peccatis adhuc impliciti sunt, donec illos Filio suo reconciliet vere poenitentes.” BLOSIUS, Conclave animae fidelis, pars 2 sive Monile spirituale, cap. 1, n. 18 (Opera, Antverpiae, 1632, pag. 590, col. 1). - Per il testo stesso di S. Geltrude, vedi sopra, capo 2, § 1, nota 24. S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, ed. Solesmensium monachorum O. S. B., lib. 4, cap. 48, I, 431; Vita (Lanspergio -Buondì), Venezia, 1710, lib. 4, c. 49, pag. 213. Queste due opere, come pure Insinuationes divinae pietatis, sono una stessa opera, con qualche minuta differenza, qua e là, nella numerazione dei capitoli.

 

30 ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Sermo panegyricus, ovvero Ad gloriosam Virginem Mariam deprecatio et laus elegantissima, n. 2, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1010: “Tu peccatorem, quantumlibet fetidum, non horres, non despicis; si ad te suspiraverit, tuumque interventum poenitenti corde flagitaverit, tu illum a desperationis harathro pia manu retrahis.” - Vedi Appendice, 3, B.

 

31 CONRADUS SAXON, dictus Holzingarius, Speculum B. M. V., lectio 5. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom. Mogunt. et Lugdun., VI, 437, col. 1.

 

32 Lud. BLOSIUS, Sacellum animae fidelis, pars 3, sive Dicta quorumdam Patrum, cap. 5, n. 3. Opera, Antverpiae (Moretus), 1632, pag. 264, col. 2.

 

33 “Ave, quae sola illis auxilio ades, qui auxilio carent, solaque maxima virtus es illis, qui nullis viribus valent.” Il testo greco molto più si avvicina a quel “spes desperatorum”. S. IO. DAMASCENUS, In Annuntiationem B. M. V. (verso la fine). MG 96-659. - Più espressamente S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus: “Spes desperantium, Domina nostra (al. mea) gloriosissima.” Opera, Romae, 1746, VI, Opera graece et latine, III, pag. 575, col. 1: Opera, Venetiis, 1755, I, 571, col. 1.

 

34 S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, In Nativitate B. M. V. (in fine). Opera, Lugduni, 1628, pag. 438, col. 1; Venetiis, 1721, pag. 365.

 

35 Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 194, n. 5. ML 39- 2107. - Brev. Rom., Sermo S. Augustini, lectio 6: secunda die infra octavam (oggi soppressa) Nativ. B. M. V.

 

36 S. EPHRAEM, Sermo de laudibus B. V., come sopra, nota 33: Roma, pag. 575, col. 2; Venezia, 1755, pag. 569, col. 2.

 

37 Così riferiscono il testo di S. Efrem, tanto Francesco Mendoza, S. I., Viridarium eruditionis, lib. 2, problema 6, n. 35, quanto Trombelli, Mariae SS. Vita, gesta et cultus: Bononiae, 1764, V, pag. 91; Bourassé-Migne, Summa aurea, IV, col. 89. Manca però nelle edizioni di S. Efrem che abbiamo. - S. Bernardo, super Missus, hom. 4, n. 8, ML 183-83, ha una espressione simile: “Ex ore tuo,” cioè dal tuo consenso all'Incarnazione, “pendet... liberatio damnatorum,” cioè di noi tutti, “quos miserabiliter premit sententia damnationis”. Con questa voce “dannati” possono specialmente intendersi coloro, i quali per la gravezza e il numero dei peccati, per la lunga ostinazione, per la vicinanza della morte, sono in evidente e prossimo pericolo di dannazione. - Ha pur detto S. ANSELMO, Oratio 49 (al. 48 in fine), ML 158-948: “Et si in infernum demersus fuero, eo me requires, et inde me extrahes, et reddes Filio tuo, qui me redemit et lavit sanguine suo.”

 

38 “Quis enim non sperabit in te, quae etiam adiuvas desperantes? Non dubito quod si ad te venerimus, habebimus quod voluerimus. In te ergo speret, qui desperat.” Meditatio in Salve Regina, n. 2. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-1078. - Questa meditazione non è altro che il cap. 19 della parte 3 dello Stimulus amoris, inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugd., VII. Ivi, pag. 232, col. 1. - Vedi Appendice, 3, A.

 

39 S. ANTONINUS, Summ. Theol., pars 4, titulus 15, caput 5, § 1. Veronae, 1740, col. 937.

 

40 IOANNES HEROLT, o Herold, O. P., + 1468. Sermones Discipuli de Tempore et de Sanctis, Venetiis, 1598, Sermo 161, de B. V. Maria (in fine, pag. 607, 608). L'esempio non viene ripetuto nel Promptuarium de miraculis B. M. V., posto in fine della seconda parte. - In fine poi della prima parte, pag. 624, scrive l'autore: “Expliciunt Sermones... qui intitulantur Sermones Discipuli, quia in istis sermonibus non subtilia per modum magistri, sed simplicia per modum discipuli conscripsi et collegi, sicut... in primo sermone.. promisi.” Di questa opera si fecero 46 edizioni nel secolo XV, molte altre nel secolo seguente. - Cf. PELBARTUS de Themeswar, Ord. Min., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12 (et ultimus), pars 3 (et ultima), Septima utilitas, miraculum 1. Venetiis, 1586, p. 224, 225; - Bourassé-Migne, Summa aurea, XII, col. 962, n. 15.

 

41 Se avete animo.


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13/09/2009 10:27

CAPITOLO IV. - Ad te clamamus, exsules filii Hevae.

 

§ 1. - Quanto è pronta Maria ad aiutar chi l'invoca.

 

Poveri noi, ch'essendo figli dell'infelice Eva, e perciò rei con Dio della stessa sua colpa ed alla medesima pena condannati, andiamo raminghi per questa valle di lagrime, esuli dalla nostra patria, piangendo afflitti da tanti dolori nel corpo e nello spirito! Ma beato chi tra queste miserie spesso si volge alla consolatrice del mondo, al rifugio de' miseri, alla gran Madre di Dio, e divoto la chiama e la prega! Beatus homo qui audit me et [qui] vigilat ad fores meas quotidie (Prov. VIII, 34). Beato, dice Maria, chi ascolta i miei consigli, e non lascia di assistere continuamente d'accanto alle porte della mia misericordia, invocando la mia intercessione e soccorso!

 

La S. Chiesa ben ella insegna a noi suoi figli con quant'attenzione e confidenza dobbiamo fare continuo ricorso a questa nostr'amorosa protettrice, ordinando che 'l suo culto sia particolare per lei: che fra l'anno si celebrino tante feste in suo onore: che un giorno della settimana sia specialmente consagrato ad ossequio di Maria: che in ogni giorno nell'Officio divino tutti gli ecclesiastici e religiosi l'invochino da parte di tutto il popolo cristiano, e che tre volte il dì tutti i fedeli a tocco di campana la salutino. Basterebbe a ciò intendere il veder solamente che in tutte le pubbliche calamità la S. Chiesa sempre vuole che si ricorra alla divina Madre con novene, con orazioni, con processioni e visite alle sue chiese ed immagini. Ciò va cercando Maria da noi, d'esser sempre invocata e richiesta, non già per mendicare da noi questi ossequi ed onori, che sono già troppo scarsi al suo merito, ma acciocché così, al crescer della nostra confidenza e divozione, possa maggiormente soccorrerci e consolarci: Ipsa tales quaerit, dice S. Bonaventura, qui ad eam devote et reverenter accedant; hos enim diligit, hos nutrit, hos in filios suscipit (P. 3, Stim. Div. Am., c. 16).1

 

Dice lo stesso S. Bonaventura (In Spec.) che di Maria fu figura la donna Ruth, che s'interpreta videns et festinans, poiché Maria vedendo le nostre miserie si affretta a soccorrerci colla sua misericordia: Videns enim nostram miseriam est, et festinans ad impendendam suam misericordiam.2 Al che soggiunge il Novarino che Maria, per desiderio di farci bene, non sa frapporre dimora; e non essendo ella avara custode delle sue grazie, come madre di misericordia non può trattenersi in diffondere subito che può ne' suoi servi i tesori della sua liberalità: Nescit nectere moras benefaciendi cupida, nec gratiarum avara custos est; tarda nescit molimina misericordiae mater, beneficentiae suae thesauros in suos effusura (Nov., Umbr. Virg., cap. 10, Exc. 73).3

 

Oh com'è pronta questa buona Madre ad aiutare chi l'invoca! Duo ubera tua, sicut duo hinnuli capreae (Cant. IV, 5). Spiegando questo passo Riccardo di S. Lorenzo dice che le mammelle di Maria son veloci a dar latte di misericordia a chi la dimanda, come son veloci i capretti: Compressione levissima angelicae salutationis larga stillabunt stillicidia.4 Ci assicura il mentovato autore che la pietà di Maria si diffonde ad ognuno che la dimanda, ancorché non v'interponesse altra preghiera che una semplice Ave Maria. Perciò il Novarino attesta che la B. Vergine non solamente corre, ma vola a soccorrere chi l'invoca. Ella, dice l'autore, nell'usar misericordia non sa dissomigliarsi dall'uso di Dio: conforme il Signore vola subito a sollevare quei che gli dimandano aiuto, essendo troppo fedele in osservarci la promessa che ci ha fatta: Petite et accipietis; così Maria, quando è invocata, subito si fa pronta ad aiutar chi la prega: Alis utitur Deus, ut suis opituletur, statim advolat: alas sumit et Virgo in nostri auxilium advolatura (Nov., c. 10, Excurs. 73).5 E con ciò s'intende chi sia quella donna dell'Apocalisse, a cui dicesi essersi date due ali di aquila grande per volare al deserto: Et datae sunt mulieri alae duae aquilae magnae ut volaret in desertum (Apoc. XII, 14). Il Ribera spiega per queste ali l'amore con cui Maria volò sempre a Dio: Pennas habet aquilae, quia amore Dei volat.6 Ma il B. Amadeo dice a nostro proposito che queste ali d'aquila significano la velocità con cui Maria, superando la velocità de' Serafini, soccorre sempre i suoi figli: Motu celerrimo Seraphim alas excedens, ubique suis ut mater occurrit (Hom. 8, de laud. Virg.).7

 

Perciò si legge nell'Evangelio di S. Luca che quando Maria andò a visitare S. Elisabetta ed a colmare di grazie tutta quella famiglia, ella non fu lenta, ma camminò con fretta per tutto quel viaggio: Exsurgens Maria abiit in montana cum festinatione (Luc. 2).8 Il che poi non si legge del ritorno che di là fece. Perciò anche dicesi ne' Sagri Cantici che le mani di Maria sono fatte al torno: Manus illius tornatiles (Cant. V, 14). Poiché, dice Riccardo di S. Lorenzo, siccome l'arte di lavorare al torno è la più facile e pronta, così Maria è più pronta di tutti gli altri santi ad aiutare i suoi divoti: Sicut ars tornandi promptior est aliis artibus, sic Maria ad benefaciendum promptior est aliis sanctis (De laud. Virg., lib. 5).9 Ella ha sommo desiderio di consolar tutti, ed allorché appena si sente invocare, subito cortese accetta le preghiere e soccorre: Omnes consolatur, et tenuiter invocata praesto adest (Blosius, in Can. vit. spir., c. 18).10 Con ragione dunque S. Bonaventura chiamava Maria la salute di chi l'invoca: O salus te invocantium;11 significando che per esser salvo basta invocar questa divina Madre, la quale, al dir di Riccardo di S. Lorenzo, si fa trovar sempre pronta ad aiutar chi la prega: Invenies semper paratam auxiliari.12 Poiché dice Bernardino da Busto: Plus vult illa facere tibi bonum, quam tu accipere concupiscas (Mar. 1, serm. 5, de Nom. Mar.):13 Più desidera la gran Signora fare a noi grazie, che noi non desideriamo di riceverle.

 

Né la moltitudine de' nostri peccati dee diminuirci la confidenza di esser esauditi da Maria, quando noi ricorriamo a' suoi piedi. Ella è madre della misericordia, e la misericordia non trova luogo, se non trova miseri da sollevare. Onde conforme una buona madre non sa sdegnare di dar rimedio ad un figlio infetto di scabbia, benché la cura sia molesta e nauseosa, così la nostra buona Madre non sa abbandonarci, quando a lei ricorriamo, benché sia grande la puzza de' nostri peccati, da' quali ella ha da sanarci. Il sentimento è di Riccardo di S. Lorenzo: Non enim Mater haec dedignatur peccatorem, sicut nec bona mater filium scabiosum. Quia propter hoc factam se recolit misericordiae genitricem. Ubi enim non est miseria, misericordia non habet locum (De laud. Virg., lib. 4).14

 

E ciò appunto volle significare Maria, allorché si fe' vedere a S. Geltrude, che spandeva il suo manto per accogliere tutti coloro che a lei ricorreano. Ed intese insieme allora la santa che tutti gli angeli attendono a difendere i divoti di Maria dalle infestazioni dell'inferno (Rev., lib. 4, cap. 49).15

 

È tanta la pietà che ha di noi questa buona Madre, e tanto è l'amore che ci porta, che non aspetta le nostre preghiere per soccorrerci: Praeoccupat, qui se concupiscunt, ut illis se prius ostendat (Sap. VI). Queste parole della Sapienza S. Anselmo l'applica a Maria, e dice ch'ella precorre ad aiutare coloro che desiderano la sua protezione.16 Col che dobbiamo intendere ch'ella c'impetra molte grazie da Dio prima che noi ne la preghiamo. Che perciò, dice Riccardo di S. Vittore (In Cant., cap. 23), Maria vien chiamata luna, pulchra ut luna, perché non solo ella come la luna è veloce a correre in aiuto di chi l'invoca, velocitate praestat;17 ma di più è così amante del nostro bene, che ne' nostri bisogni anticipa le nostre suppliche, ed è più pronta la sua misericordia a sovvenirci, che noi ci moviamo ad invocarla: Velocius occurrit eius pietas, quam invocetur, et causas miserorum anticipat (Loc. cit.).18 E ciò nasce, soggiunge lo stesso Riccardo, dall'essere così ripieno di pietà il petto di Maria, che appena ella sa le nostre miserie, che subito diffonde il latte della sua misericordia, né può la benigna Regina intendere il bisogno di qualche anima e non soccorrerla: Adeo replentur ubera tua misericordia, ut alterius miseriae notitia tacta, lac fundant misericordiae. Nec possis miserias scire et non subvenire (Ricc., in Cant., cap. 23).19

 

E questa gran pietà che ha Maria delle nostre miserie, che la spinge a compatirci e sollevarci ancora quando noi non ne la preghiamo, ben ella ce la fece intendere sin dacché viveva in questa terra, nel fatto delle nozze di Cana, come sta scritto nel Vangelo di S. Luca20 al cap. 2. Vide allora questa Madre pietosa il rammarico di quei sposi che stavano afflitti per lo rossore di vedere mancato il vino nella mensa del convito, e senza punto esserne stata richiesta, mossa solamente dal suo cuore pietoso, che non sa mirare le altrui afflizioni e non compatirle, si fece a pregare il Figlio di consolarli, con esporgli solamente il bisogno di quella famiglia: Vinum non habent. Dopo di che il Figlio, per consolar quella gente e più per contentare il cuore compassionevole della Madre che lo desiderava, fece il miracolo già noto di trasmutare in vino l'acqua riposta in certi vasi. Or qui argomenta il Novarino e dice: Si tam prompta ad auxilium currit non quaesita, quid quaesita praestitura est? (Cap. 10, Exc. 72):21 Se Maria anche non richiesta è così pronta a soccorrere ne' bisogni, quanto sarà più pronta a consolare chi l'invoca e la prega del suo aiuto?

 

E se mai alcun dubitasse di non essere soccorso da Maria a lei ricorrendo, così lo riprende Innocenzo III: Quis invocavit eam et non est auditus ab ipsa? (Serm. 2, de Ass. B.V.):22 E chi mai si è trovato ch'abbia cercato aiuto a questa dolce Signora, e Maria non l'abbia aiutato? Quis umquam, o Beata, esclama ancora il B. Eutichiano (In vita S. Theoph.), fideliter omnipotentem tuam rogavit opem, et fuit derelictus? Revera nullus umquam:23 Chi mai, o santa Vergine, è ricorso al vostro gran patrocinio, che può sollevare ogni miserabile e salvare i peccatori più perduti, e da voi è restato abbandonato? Revera nullus umquam. No che questo caso non è mai accaduto né mai accaderà. Io mi contento, diceva S. Bernardo, che non parli più né lodi la vostra misericordia, o Vergine santa, chi mai si trovasse avervi invocata ne' suoi bisogni e si ricordasse d'essere stato da voi non curato: Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, qui in necessitatibus te invocatam meminerit defuisse (S. Bern., Serm. 4, de Ass.).24

 

Più presto, dice il divoto Blosio, avverrà che si distruggano il cielo e la terra, che Maria manchi di soccorrere chi con buona intenzione la supplica del suo soccorso, e in lei confida: Citius caelum cum terra perierint, quam Maria aliquem serio se implorantem sua ope destituat (In Spec., cap. 12).25 E aggiunge S. Anselmo, per accrescere la nostra confidenza, che allorché ricorriamo a questa divina Madre, non solo dobbiamo star sicuri della sua protezione, ma che alle volte saremo più presto esauditi e salvati col ricorrere a Maria invocando il suo santo nome, che invocando il nome di Gesù nostro Salvatore: Velociter nonnumquam est nostra salus, invocato nomine Mariae, quam invocato nomine Iesu (S. Ans., de Exc. V., c. 6).26 E ne adduce la ragione: Quia ad Christum tamquam iudicem pertinet etiam punire; ad Virginem tamquam patronam, nonnisi misereri. E vuol dire che noi troviamo più presto la salute ricorrendo alla Madre che al Figlio; non già forse perché Maria sia più potente del Figlio a salvarci, mentre sappiamo che Gesù è il nostro unico Salvatore, che unicamente co' meriti suoi ci ha ottenuta e ci ottiene la salute; ma perché noi ricorrendo a Gesù, e considerandolo anche come nostro giudice, a cui spetta ancora di castigare gl'ingrati, può esser che manchiamo della confidenza necessaria per essere esauditi; ma andando a Maria, che altro officio non ha che di compatirci come madre di misericordia, e di difenderci come nostra avvocata, la nostra confidenza par che sia più sicura e più grande: Multa petuntur a Deo et non obtinentur, multa petuntur a Maria et obtinentur; non quia potentior, sed quia Deus eam decrevit sic honorare (Nicephorus, ap. P. Pepe, Grandez. ecc.):27 Molte cose si domandano a Dio, e non si ottengono: si domandano a Maria, e si ottengono. Come va ciò? Risponde Niceforo che ciò succede, non già perché Maria sia più potente di Dio, ma perché Dio ha decretato di così onorare la sua Madre.

 

È dolce la promessa che su di ciò il medesimo Signore fece intendere a S. Brigida. Si legge nel libro I delle sue Rivelazioni al capo 50, che un giorno questa santa intese parlar Gesù colla Madre, e che le disse: Nulla erit petitio tua in me, quae non audiatur: Madre mia, cerca da me quanto vuoi, ch'io niente mai ti negherò di quanto dimanderai; e sappi, poi soggiunse, che tutti coloro che per amor tuo mi cercheranno qualche grazia, benché siano peccatori, purchè abbian essi volontà di emendarsi, io lor prometto di esaudirli: Et per te omnes qui per te petunt misericordiam, cum voluntate se emendandi, gratiam habebunt.28 Lo stesso fu rivelato a S. Geltrude, allorché intese dire dallo stesso nostro Redentore a Maria, ch'egli per la sua onnipotenza le avea conceduto di usar misericordia a' peccatori che l'invocano, in qualsivoglia modo a lei fosse piaciuto: Ex omnipotentia mea, Mater, tibi concessi propitiationem omnium peccatorum, qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi (Ap. Pepe, loc. cit.).29

 

Dica dunque ciascuno con gran confidenza, invocando questa Madre di misericordia, come le dicea invocandola S. Agostino: Memorare, piissima Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum:30

 

Ricordatevi, o Signora pietosissima, non essersi inteso mai dacch'è stato il mondo, che alcuno sia stato da voi abbandonato. E perciò perdonatemi, se vi dico ch'io non voglio essere questo primo disgraziato, che ricorrendo a voi abbia da restare abbandonato da voi.

 

Esempio.

 

Ben esperimentò la forza di questa orazione S. Francesco di Sales, come si narra nella sua Vita (nel Libro 1, capo 4).31 Era il santo nell'età di diciassette anni in circa, e si trovava allora in Parigi, dove stava applicato agli studi, e insieme tutto dedito alla divozione ed al santo amore di Dio, che lo teneva in dolci delizie di paradiso; quando il Signore, per maggiormente provarlo e stringerlo al suo amore, permise che il demonio gli rappresentasse che quanto faceva era tutto perduto, mentr'egli era riprovato ne' divini decreti. L'oscurità e l'aridezza in cui Dio volle lasciarlo nello stesso tempo, poiché si trovava allora insensibile a tutti i pensieri più dolci della divina bontà, fecero che la tentazione avesse avuto più forza di affliggere il cuore del santo giovinetto, tantoché per tali timori e desolazioni perdé l'appetito, il sonno, il colore e l'allegrezza, in modo che facea compassione a tutti che l'osservavano.

 

Mentre durava questa orribile tempesta, non sapeva il santo concepire altri pensieri né proferire altre parole che di sconfidenza, e di dolore. “Dunque - dicea, come si riferisce nella sua Vita - io sarò privo della grazia del mio Dio, che per lo passato si è dimostrato a me così amabile e così soave? O amore, o bellezza, a cui io ho consagrati tutti i miei affetti, io non goderò più le vostre consolazioni? O Vergine Madre di Dio, la più bella di tutte le figlie di Gerusalemme, non vi avrò dunque da vedere nel paradiso? Ah Signora, se io non ho da vedere la vostra bella faccia, non permettete almeno che v'abbia da bestemmiare e maledire nell'inferno.” Questi erano allora i teneri sentimenti di quel cuore afflitto e innamorato di Dio e della Vergine. Durò un mese la tentazione, ma finalmente il Signore si compiacque di liberarnelo per mezzo della Consolatrice del mondo Maria SS., a cui il santo avea già prima consagrata la sua verginità, e in cui dicea di aver collocate tutte le sue speranze.

 

Nel mentre una sera si ritirava a casa, entrò in una chiesa in cui vide una tavoletta appesa al muro; lesse e vi trovò la seguente orazione di S. Agostino: Memorare, piissima Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum. Ivi prostrato davanti all'altare della divina Madre recitò con affetto questa orazione, le rinnovò il voto della sua verginità, promise di recitarle ogni giorno il rosario, e poi le soggiunse: “Regina mia, siatemi voi avvocata appresso del vostro Figlio a cui io non ho ardire di ricorrere. Madre mia, se io infelice nell'altro mondo non potrò amare il mio Signore, che conosco così degno d'essere amato, almeno impetratemi voi ch'io l'ami in questo mondo il più che posso. Questa è la grazia che vi dimando e da voi la spero.” Così pregò la Vergine, e poi tutto si abbandonò in braccio della divina misericordia, rassegnandosi intieramente alla volontà di Dio. Ma appena finita la preghiera, ecco in un subito dalla sua dolcissima Madre fu liberato dalla tentazione: subito ricuperò la pace interna, e con quella anche la sanità del corpo, ed indi seguitò a vivere divotissimo di Maria, le cui lodi e misericordie non cessò poi di pubblicare colle prediche e coi libri in tutta la sua vita.

 

Preghiera.

O Madre di Dio, o regina degli angeli, o speranza degli uomini, ascoltate chi vi chiama e a voi ricorre. Eccomi oggi prostrato a' vostri piedi, io misero schiavo dell'inferno mi dedico per vostro servo perpetuo, offerendomi a servirvi ed onorarvi quanto posso in tutta la mia vita. Vedo già che non vi onora la servitù d'uno schiavo così vile e ribaldo, come son io, avendo così offeso il vostro Figlio e mio Redentore Gesù. Ma se voi accetterete un indegno per vostro servo, e colla vostra intercessione mutandolo ne lo renderete degno, questa medesima vostra misericordia vi darà quell'onore che non posso rendervi io miserabile. Accettatemi dunque, e non mi rifiutate, o Madre mia. Queste pecorelle perdute venne dal cielo in terra a cercare il Verbo Eterno, e per salvare queste egli si fece vostro figlio. E voi disprezzerete una pecorella che ricorre a voi per ritrovare Gesù? La spesa è già fatta per la mia salute: il mio Salvatore ha già sparso il suo sangue, che basta a salvare infiniti mondi. Resta solo che questo sangue s'applichi anche a me. E ciò a voi sta, Vergine benedetta; a voi sta, mi dice S. Bernardo, il dispensare i meriti di questo sangue a chi vi piace.32 A voi sta, vi dice anche S. Bonaventura, il salvare chi volete: Quem ipsa vis, salvus erit.33 Dunque, regina mia, aiutatemi: regina mia, salvatemi. A voi consegno oggi tutta l'anima mia: voi pensate a salvarla. O salute di chi v'invoca, termino collo stesso santo, o salus te invocantium, salvatemi voi.34

 

 

 

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NOTE

 

1 Stimulus amoris, pars 3, cap. 16. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom. et Lugd., VII, pag. 227, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

2 “Ruth interpretatur videns vel festinans: et signat beatam Virginem, quae vere videns in contemplatione, et bene festinans fuit in actione. Videns etiam nostram miseriam est, et festinans ad impendendam suam misericordiam.” CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 5, inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., etc., VI, 437, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

3 Aloysius NOVARINUS, Veronensis, Cler. Regularis, Electorum sacrorum lib. 4: Umbra Virginea, cap. 15, Excursus 73, n. 695. Venetiis, 1632, pag. 291, col. 1. - Sacrorum electorum tom. 2, Lugduni, 1633, pag. 199, col. 1.

 

4 RICHARDUS S. VICTORIS, In Cantica, cap. 24, ML 196-475: “Merito... misericordia eius cursui hinnulorum comparatur, per mundum currit, mundum irrigat et infundit. Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat... Haec autem sunt ubera tua, o Beata, id est pietas, quibus miseros lactas, dum misericordiam eis impetras.” - RICHARDUS A S. LAURENTIO, parlando delle labbra di Maria SS., dice (De laudibus B. M. V., lib. 1, cap. 7, n. 10): “Si iaculator esuriens ad plenam mensam divitis cantaverit, numquid ei cibus negabitur? Similiter, si quis... veniat ad mensam Matris Domini, toto corde et affectu dicens: Ave Maria, gratia etc., numquid ipsa largitas ei gratiam poterit denegare?... Ipsa enim (Maria) favus melleus est, cui dicitur Cant. IV, 11: Favus distillans labia tua. Qui si bene compressus fuerit tactu labiorum devote orantis, dulcedinem melleam facile distillabit. Ipsa vellus Gedeonis madefactum rore gratiarum, quod compressione levissima devotae salutationis et orationis, larga distillabit stillicidia super terram cordis humani.” Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, p. 31, col. 1; Parisiis, XXXVI, p. 55, col. 2.

 

5 “De Christo dictum est: Orietur vobis timentibus nomen meum sol iustitiae, et sanitas in pennis eius (Malach. IV, 2). Scilicet velocissimae auxilium ferens, adeo ut alas habere videatur, opem in necessitate positis et quacumque infirmitate oppressis laturus. Haec eadem ad Virginem transferri possunt: orta est nobis tamquam sol, non iustitiae sed misericordiae; et sanitas in pennis eius; ubi enim vocatur, statim advolat, ut vim auxiliatricem omnibus tribuat.” NOVARINUS, Umbra Virginea, cap. 15, Excursus 73, n. 692, ed. Veneta, pag. 290, col. 1, ed. Lugdun., pag. 198.

 

6 “Pennas ergo habet aquilae, quia non timore, sed amore Dei volat, et semper Deum intuetur, et conversatione in altum tollitur, neque persecutione deiicitur.” Franciscus RIBERA, S. I., In Apocalypsim, cap. 12, n. 35 (ed. Salmant., 1591, p. 191, col. 2; ed. Lugdun., 1593, p. 242). È da notarsi però che questo passo il Ribera lo vuole applicato unicamente alla Chiesa, non già a Maria SS., come lo ha esposto nei num. 21-23. Ma, Ioannes da SILVEYRA, Carm., In Apocalypsim XII, 1, qu. 12, n. 26. (Lugduni, II, 1700, pag. 15, col. 2) scrive: “Dico quod in hac muliere... non solum intelligitur Ecclesia, sed etiam sacratissima Virgo Maria.” E poi, qu. 75, n. 626, 627, pag. 106, col. 2, pag. 107, col. 1, spiega in che modo siano state date a Maria le due ali dell'Aquila grande; ed ivi, n. 626: “Datae sunt Virgini Mariae duae alae divinae gratiae, seu Spiritus Sancti, ut volaret in desertum, in sublimem et arduam perfectionem vitae.” - Si potrebbe addurre anche l'autorità di S. Agostino, se fossero sue le lezioni del secondo Notturno della Vigilia di Pentecoste, ove leggiamo (Lectio 5): “In Apocalypsi Ioannis Apostoli scriptum est hoc quod staret draco in conspectu mulieris, quae paritura erat, ut cum peperisset, natum eius comederet. Draconem diabolum esse, nullus vestrum ignorat: mulierem illam Virginem Mariam significasse... quae etiam ipsa figuram in se sanctae Ecclesiae demonstravit.” De symbolo ad Catechumenos sermo alius, seu lib. 4, cap. 1, n. 1, ML 40-661. Ma si sa che, di questo trattato (ML 40-627 et seq.), solo il primo libro è di S. Agostino.

 

7 “Motu ergo celerrimo senas seraphim alas extendens, nunc in fonte vitae fruitur amore Deitatis, nunc terras signis et virtutibus illustrans, ubique suis ut mater iucundissima et mirificentissima occurrit.” B. AMEDEUS (de Hauterive), Ord. Cist., episcopus Lausannensis (1145-1159), De Maria Virginea Matre homiliae octo, hom. 8. ML 188-1345.

 

8 Exsurgens autem Maria in diebus illis abiit in montana cum festinatione in civitatem Iuda. Luc. I, 39.

 

9 “De manibus sponsi dicit sponsa, et congrue potest intelligi de manibus Mariae, Cant. V, 14: Manus eius tornatiles... Tornatura ceteris artibus promptior est atque velocior, regulam iustitiae tenet et opus suum pulcherrime circumcidit. In eumdem modum omnia opera Christi vel Mariae circumcisa fuerunt, et licet cum quadam operandi promptitudine et celeritate fierent, numquam tamen a iustitiae regula deviarunt. Vel tornatiles dicuntur manus Mariae, quia sicut ars tornandi promptior est aliis artibus, sic Maria ad benefaciendum promptior omnibus sanctis.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 5, cap. 2, n. 48, inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugd., XX, 175, ed. Paris., XXXVI, 307.

 

10 “Omnes consolatur, omnibus sinum pietatis aperit, et vel tenuiter invocata, praesto adest.” Lud. BLOSIUS, Paradisus animae fidelis, pars 1 sive Canon vitae spiritualis, cap. 18, n. 3. Opera, Antverpiae, 1632, p. 18, col. 2.

 

11 Psalterium B. M. V., Hymnus instar Hymni Te Deum. Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, VI, pag. 492 (erroneamente segnata 480), col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

12 “Qui de luce vigilaverit ad illam, non laborabit diu, vel in vacuum. Assidentem enim illam foribus suis inveniet semper paratam auxiliari et pulsantem ut intret.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 7, inter Opera S. Alberti Magni: ed. Lugd. XX, p. 34, 35 (dell'opera, non già di tutto il volume); ed. Paris., XXXVI, 61.

 

13 “Plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum, et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.” BERNARDINUS DE BUSTO (al. Bustis), Mariale, pars 2, De nativitate B. M. V., sermo 5, pars 7, Brixiae, 1588, pag. 185, col. 1.

 

14 “Non enim mater haec dedignatur peccatores, sicut nec bona mater filium scabiosum: quia propter peccatores factam se recolit misericordiae genitricem: ubi enim non est miseria, misericordia non habet locum.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 22, n. 1, inter Opera S. Alb. Magni, ed. Lugdun., XX, 138, col. 1, ed. Paris., XXXVI, 238, col. 1.

 

15 S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 48, editio Solesmensium O. S. B., pag. 431. - Vita della B. Vergine Gertrude (la stessa opera che il Legatus), Venezia, 1606, lib. 4, cap. 49, pag. 368, 369: “Attendendo poi (Geltrude) divotamente a quelle parole (nell'orazione della Messa in Vigilia Assumptionis B. M. V.): “ut sua nos defensione munitos, iucundos facias (suae interesse festivitati),” le pareva che la delicata Madre benignamente distendesse il suo mantello, come se quasi volesse ricevere tutti quelli che corressero a lei in difesa speciale; a cui venivano gli angeli santi, menandone con essi loro nella sembianza di belle fanciulle tutte quelle persone, che con alcuna particolare maniera di devozione o d'orazione s'erano divotamente apparecchiate a onorare quella santa festa; le quali riverentemente - siccome figliuole dinanzi alla sua madre - si posero a sedere dirimpetto a lei; e pareva che quivi d'ogni parte fossero sostenute dal servizio degli angeli, e difese dagli inganni dei maligni spiriti, con essere loro concessa abilità da potersi disporre a tutte le opere buone. Fu allora dato a conoscere a Gertruda che la protezione degli angeli era stata concessa a queste tali, mediante quelle parole della detta orazione, cioè: “Ut sua nos defensione munitos.” Perciocché, al comandare della Beatissima Vergine, degli angeli sono presti a guardare, e a difendere d'ogn'intorno tutti quelli che invocano il suo Santissimo Nome.”

 

16 Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat. Sap. VI, 14. - CORNELIUS A LAPIDE, in l. c.: “Cum matris, non iudicis munere fungatur... velocior aliquando ad auxilium ferendum Virgo mater, quam eius Filius... videtur, ut D. Anselmus, lib. De Excellentia Virginis, cap. VII (leggi: VI) asserit: “Velocior est, etc...”. - Questo libro De excellentia Virginis, inter Opera S. Anselmi, ML 159-558 et seq., non viene più attribuito a S. Anselmo, ma al suo discepolo ed amico, Eadmero. EADMERUS, Monachus Cantuariensis, op. cit., cap. 6 (versus finem), col. 570: “Velocior... est nonnumquam salus memorato nomine eius (Mariae) quam invocato nomine Domini Iesu... Non... quod ipsa maior aut potentior eo sit... Quare ergo...? Filius eius Dominus est et iudex omnium, discernens merita singulorum: dum igitur ipse a quovis suo nomine invocatus non statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine matris suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen matris intercedunt ut exaudiatur. Hoc denique usus humanus quotidie probat, cum quis proposito amici sui nomine... impetrat quod simpliciter sua prece nequaquam impetrare valebat.” - Sarà opportuno ricordare qui i bei versi dell'ALIGHIERI, Divina Commedia, Paradiso 33, 16-18:

La tua benignità non pur soccorre

A chi dimanda, ma molte fiate

Liberamente al dimandar precorre.

 

17 Riccardo di S. Vittore non si serve del paragone della luna, ma solo di quello dei due teneri caprioli gemelli, come vedremo nella nota seguente. - RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 7, cap. 4, n. 2 (inter Opera S. Alb. Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 213, col. 1): “(Luna) citius quam alii planetae perficit cursum suum: et ipsa (Maria) facilius impetrat a Christo quam alii sancti.”

 

18 RICHARDUS S. VICTORIS, In Cantica, cap. 23, ML 196-475: “Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat.” Quindi, egli dice a Maria: “Ad te... clamant ipsae miseriae... eo quod aures audiendi miserias habeas, et te has scire sit eas audire... Ubicumque fuerit miseria, tua et currit et succurrit misericordia.”

 

19 RICHARDUS S. VICTORIS, l. c.

 

20 Leggasi S. Giovanni, invece di S. Luca.

 

21 “Si tam prompta et cita ad auxilium ferendum currit non quaesita, quid quaesita praestatura (leggi: praestitura) est?” Aloysius NOVARINUS, Electorum Sacrorum pars 4, Umbra Virginea, cap. 15 Excursus 72, n. 688: Venetiis, 1632, pag. 287, col. 1.

 

22 “Qui ergo iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam, ut ipsa per Filium cor eius ad compunctionem illustret. Quis enim de nocte invocavit eam, et non est exauditus ab ea?” INNOCENTIUS PP. III, Sermones de Sanctis, Sermo 28, sermo 2 in Assumptione B. M. V. ML 217-584.

 

23 EUTYCHIANUS, ex Simeone Metaphraste, apud Surium, De probatis SS. historiis, die 4 februarii: Poenitentia et revocatio ad D. N. Iesum Christum, quae facta est a quodam oeconomo nomine Theophilo... Coloniae Agrippinae, 1576, I, 851.

 

24 “Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est, qui invocatam te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse.” S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, De quatriduo Lazari et praeconio Virginis, n. 8. ML 183-428.

 

25 “...Citius caelum cum terra perierit, quam tu aliquem serio te implorantem tua ope destituas.” Lud. BLOSIUS, O. S. B., Consolatio pusillanimium, cap. 35: D. Henricus Suso docens ubi confugiendum sit ad Mariam... n. 4. Opera, Antverpiae, 1632, pag. 401, col. 1. - B. HENRICUS SUSO, O. P., Dialogus Sapientiae et ministri eius, cap. 16. Opera, Coloniae Agrippinae, 1588, pag. 98.

 

26 Inter Opera S. Anselmi, ML 159-570: EADMERUS, monachus Cantuariensis, De excellentia Virginis, cap. 6 (verso la fine). - Abbiamo riferito le sue parole nella nota 16, pag. 137.

 

27 Non abbiamo ritrovato queste parole di Niceforo, né nella MG, né presso il Pepe.

 

28 “Respondit Filius: “... Nulla erit petitio tua ad me, quae non exaudiatur, et per te, omnes qui petunt misericordiam cum voluntate emendandi, gratiam habebunt.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 50, Coloniae Agrippinae, 1632, pag. 62, col. 1.

 

29 “Ex omnipotentia mea, Mater, tibi concessi potestatem propitiandi peccatis omnium qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi.” S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, ed. Monachorum Solesm. O. S. B., lib. 4, cap. 51, I, 457. - La Vita della B. Vergine Gertrude ridotta in cinque libri dal R. F. Gio. Lanspergio (traduzione Buondì, Venezia, 1606, cap. 53, pag. 390: “Appresso, nell'altra Antifona (nell'officio della festa della Natività di Maria SS., quale si celebrava nel Monastero di S. Geltrude) “Adest namque festivitas”, a quelle parole “Ipsa intercedat pro peccatis nostris”, parve che la Madre del Signore riverentemente presentasse al cospetto del suo Figliuolo una carta, nella quale erano scritte le medesime parole a lettere d'oro, a lei portata... dal servizio degli Angeli. A cui egli piacevolmente rispondeva: “Riverenda madre, con la mia infinita potenza ti ho conceduto potere di perdonare tutti i peccati, di quella maniera che a te più sia a grado, di tutti coloro che divotamente invocheranno l'aiuto della tua pietà.”

 

30 Neppure nei Sermoni indebitamente attribuiti a S. Agostino si ritrova traccia del Memorare. Certamente era in uso nel secolo XV, come vediamo dall'esempio del francescano Paolo Walther, il quale, nel suo pellegrinaggio in Terra Santa, giunto alle porte di Mantova, vedendosi proibito l'ingresso in città per paura del contagio - perché era tempo di pestilenza - e vedendosi privo di ogni aiuto o conforto umano, recitò quella commovente orazione. Di questa fu insigne propagatore il Venerabile Sacerdote Claudio Bernard (+ 1641). Si può dire, col Vacandard (Vie de S. Bernard, II, ch. 21, § 2) che il Memorare altro non è che una parafrasi di queste parole di S. Bernardo: “Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est qui invocatam te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse (In Assumptione B. V. sermo 4, n. 8: ML 183-428);” e delle altre: “Iam te, Mater misericordiae, per ipsum sincerissimae tuae mentis affectum, tuis iacens provoluta pedibus Luna (Ecclesia) mediatricem sibi apud Solem iustitiae constitutam devotis supplicationibus interpellat (Sermo in Dom. infra Octav. Assumptionis, n. 15: ML 183-438.” In questo senso, può sicuramente attribuirsi a S. Bernardo il Memorare. Nei suoi Sermoni così largamente diffusi (Sermones de Sanctis, Sermo 34, De Nativ. B. V.), già scriveva il Discepolo (Herolt, O. P.): “Ex dictis S. Bernardi elicitur, quod numquam aliquis hominum, cuiuscumque status fuerit, qui devote et confidenter B. M. Virginem invocaverit, ab initio christianitatis usque hodie, non semper ei succurrerit.” - Il più antico documento finora conosciuto, che ci presenta quasi nella forma attuale il Memorare, è l'Antidotarius animae di Nicola SALICETO, Ord. Cist., “abbas B. Mariae de Pomerio”, nel 1489: “Memorare, piissima, non esse auditum a saeculo, quemquam ad tua currentem praesidia aut tua petentem suffragia a te derelictum. Tali animatus confidentia, ad te, Virgo Maria, confugio, ad te curro, ad te venio, coram te gemens et tremens assisto. Noli, Virgo immaculata, a me peccatore faciem tuam abscondere, sed ad me clementer respice...” Presso E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, vol. 1, cap. 7, pag. 802, 803, Torino, 1933.

 

31 GALLIZIA, Vita, lib. 1, cap. 4. - HAMON, Vie, liv. 1, ch. 3.

 

32 “Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.

 

33 Inter Opera S. Bonav., ed. Lugdun., VI, 492 (numeratio erronea, 480), col. 1, Canticum instar illius Habacuc, III. - Vedi Appendice, 2.

 

34 Ibid., col. 2, Hymnus instar hymni Te Deum: “Tu salus te invocantium.”


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13/09/2009 10:27

§ 2. - Quanto è potente Maria in difendere chi l'invoca nelle tentazioni del demonio.

 

Non solo Maria SS. è regina del cielo e de' santi, ma ben anche dell'inferno e de' demoni, per averli ella valorosamente sconfitti colle sue virtù. Già sin dal principio del mondo predisse Dio al serpente infernale la vittoria e l'impero, che avrebbe ottenuto sopra di lui la nostra regina, allorché annunziò che sarebbe venuta al mondo una donna, la quale l'avrebbe vinto: Inimicitias ponam inter te et mulierem... ipsa conteret caput tuum (Gen. III, 15). E chi mai fu questa donna sua nemica, se non Maria, che colla sua bella umiltà e santa vita sempre lo vinse ed abbattè le sue forze? Mater Domini Iesu Christi in illa muliere promissa est, attesta S. Cipriano. E perciò riflette che Dio non disse pono, ma ponam, ne ad Hevam pertinere videatur.1 Disse, porrò inimicizia tra te e la donna, per significare che questa sua debellatrice non era già Eva allora vivente, ma doveva essere un'altra donna da lei discendente, che dovev'a' nostri progenitori apportare maggior bene, dice S. Vincenzo Ferreri, che non era stato già quello, ch'essi avevano perduto col lor peccato: Parentibus primis Virginem ab ipsis processuram, quae afferret maius bonum, quam ipsi perdiderunt (Serm. 2, de Nat. Virg.).2 Maria dunque è stata questa gran donna forte, che ha vinto il demonio e gli ha schiacciato il capo con abbattere la sua superbia, come il Signore soggiunse: Ipsa conteret caput tuum. Dubitano alcuni se queste parole si riferiscano a Maria oppure a Gesù Cristo, poiché i Settanta voltano: Ipse conteret caput tuum. Ma nella nostra Volgata - che solamente abbiamo come approvata di fede dal Concilio di Trento3 - sta Ipsa e non Ipse; e così l'hanno inteso S. Ambrogio, S. Girolamo, S. Agostino, S. Giovanni Grisostomo ed altri moltissimi.4 Sia però come si voglia, è certo che o il Figlio per mezzo della Madre, o la Madre per virtù del Figlio ha disfatto Lucifero: sicché il superbo a suo dispetto è restato poi conculcato ed abbattuto da questa Vergine benedetta, dice S. Bernardo. Onde come schiavo in guerra vinto, è forzato sempre ad ubbidire a' comandi di questa regina: Sub Mariae pedibus conculcatus et contritus miseram patitur servitutem (S. Bern., serm. in Sig. magn.).5 Dice S. Brunone che Eva con farsi vincere dal serpente ci apportò la morte e le tenebre; ma la B. Vergine con vincere il demonio ci apportò la vita e la luce: In Heva mors et caligo; in Maria vita consistit et lux. Illa a diabolo victa est, haec diabolum vicit et ligavit (Ap. Scala Franc., p. 4, cap. 10).6 E lo legò in modo che non può muoversi il nemico a far minimo danno a' suoi divoti.

 

È bella la spiega7 che fa Riccardo di S. Lorenzo a quelle parole de' Proverbi: Confidit in ea cor viri sui, et spoliis non indigebit (Prov. XXXI, [11]). Spiega Riccardo: Confidit in ea cor viri sui, scilicet Christi. Et spoliis non indigebit; ipsa enim quasi ditat sponsum suum, quibus spoliat diabolum.8 Dio ha fidato in mano di Maria il Cuore di Gesù, acciocché sia sua cura di farlo amare dagli uomini, come spiega Cornelio.9 Ed in tal modo non gli mancheranno spoglie, cioè acquisti d'anime; poich'ella l'arricchisce d'anime, di cui spoglia l'inferno, salvandole da' demoni col suo potente aiuto.

 

Già si sa che la palma è il segno delle vittorie; perciò la nostra Regina è stata collocata in alto trono a vista di tutti i potentati, come palma in segno della vittoria sicura, che si possono promettere tutti quelli, che si pongono sotto il suo patrocinio: Quasi palma exaltata sum in Cades (Eccli. XXIV, 18). Scilicet ad defendendum, come soggiunge il B. Alberto Magno.10 Figli, par che dica a noi con queste parole Maria, quando il nemico vi assalta, ricorrete a me, guardate me e fate animo; perché in me, che vi difendo, guarderete insieme la vostra vittoria. Sicché il ricorrere a Maria è un mezzo sicurissimo per vincere tutte le infestazioni dell'inferno. Mentr'ella, dice S. Bernardino da Siena, anche dell'inferno è regina, e signora de' demoni, essendo quella che li doma ed abbatte: Beata Virgo dominatur in regno inferni. Dicitur igitur Domina daemonum, quasi domans daemones (Serm. 3, de glor. nom. Mar.).11 E perciò Maria vien chiamata terribile contro le potestà dell'inferno, come un esercito ben ordinato: Terribilis ut castrorum acies ordinata (Cant. VI, 3). Acies ordinata, poiché sa ben ella ordinare la sua potenza, la sua misericordia, e le sue preghiere a confusione de' nemici e a beneficio de' suoi servi, che nelle tentazioni invocano il suo potentissimo soccorso.

 

Ego quasi vitis fructificavi suavitatem odoris (Eccli. XXIV, 23). Io come vite, le fa dire lo Spirito Santo, ho dati frutti di soave odore. Aiunt, soggiunge S. Bernardo in questo passo, de florescentibus vitibus omne reptile venenatum excedere loco (Serm. 60, in Cant.).12 Conforme dalle viti fuggono tutti i serpenti velenosi, così fuggono i demoni da quelle anime fortunate, in cui sentono l'odore della divozione a Maria. - Perciò ella anche si chiama cedro: Quasi cedrus exaltata sum in Libano (Eccli. XXIV, 17). Non solo perché, come il cedro è libero dalla corruzione, così Maria fu illesa dal peccato; ma anche perché, dice Ugon cardinale su detto luogo, come il cedro col suo odore mette in fuga i serpenti, così Maria colla sua santità mette in fuga i demoni: Cedrus odore suo fugat serpentes, et B. Virgo daemones.13

 

Nella Giudea per mezzo dell'arca si ottenevano le vittorie. Così Mosè vinceva i nemici: Cumque elevaretur arca, dicebat Moyses: Surge, Domine, et dissipentur inimici tui (Num. X, 35). Così fu vinta Gerico, così vinti i Filistei: Erat enim ibi arca Dei (I Reg. XIV, 18). Già è noto che quest'arca fu figura di Maria: Arca continens manna, idest Christum, est B. Virgo, quae victoriam contra homines et daemones largitur (Cornel. a Lap.).14 Siccome nell'arca si trovava la manna, così in Maria si trova Gesù, di cui parimente fu figura la manna; e per mezzo di quest'arca si dona la vittoria contra i nemici della terra e dell'inferno. Onde dice S. Bernardino da Siena che quando Maria, arca del Nuovo Testamento, fu innalzata ad essere regina del cielo, restò allora indebolita ed abbattuta la potenza dell'inferno sopra gli uomini: Quando elevata fuit Virgo gloriosa ad caelestia regna, daemonis potentia imminuta est et dissipata (Tom. 3, de B.V. Serm. 11).15

 

Oh quanto tremano di Maria e del suo gran nome i demoni dell'inferno, dice S. Bonaventura: O quam tremenda est Maria daemonibus! (Spec. Virg., c. 3).16 Il santo paragona questi nemici a quelli di cui parla Giobbe, e dice che: Perfodit in tenebris domos... Si subito apparuerit aurora, arbitrantur umbram mortis (Iob, XXIV, 16, [17]). I ladri nelle tenebre vanno a rubar le case, ma se ivi apparisce l'aurora, fuggono come se loro apparisse l'immagine della morte. Così appunto dice S. Bonaventura che i demoni entrano nell'anima in tempo che l'anima sta oscurata dall'ignoranza: Perfodiunt in tenebris ignorantiae domos mentium nostrarum. Ma poi soggiunge: Si subito supervenerit aurora, idest Mariae gratia et misericordia, sic fugiunt, sicut omnes fugiunt mortem (S. Bon., in Spec. Virg.).17 Subito che nell'anima viene la grazia e la misericordia di Maria, questa bella aurora discaccia le tenebre e mette in fuga i nemici infernali da quella come dalla morte. Oh beato chi sempre nelle battaglie coll'inferno invoca il bel nome di Maria!

 

In conferma di ciò fu rivelato a S. Brigida (Serm. Ang., cap. 20) che Dio ha fatta così potente Maria sopra tutti i demoni, che quante volte essi assaltano un divoto della Vergine, che dimanda il suo aiuto, ad un cenno di lei subito atterriti se ne fuggon lontano; contentandosi più presto che lor si raddoppino le pene, che di vedersi da Maria colla sua potenza così dominati: Super omnes etiam malignos spiritus ipsam sic potentem effecit, quod quotiescumque ipsi hominem Virginis auxilium implorantem impugnaverint, ad ipsius Virginis nutum illico pavidi procul diflugiunt; volentes potius suas poenas multiplicari, quam eiusdem Virginis potentiam super se taliter dominari (Loc. cit.).18

 

Sulle parole con cui lo Sposo divino lodò questa sua amata Sposa, quando la chiamò giglio, e disse che come il giglio è tra le spine, così era questa sua diletta tra tutte l'altre sue figlie: Sicut lilium inter spinas, sic amica mea inter filias (Cant. II, 2); riflette Cornelio in detto luogo e dice: Sicut lilium valet inter serpentes et venena, sic B. Virginis invocatio singulare est remedium in omni tentatione, praesertim libidinis, ut experientia constat:19 Come è rimedio il giglio contro i serpi e i veleni, così l'invocazione di Maria è rimedio singolare a vincere tutte le tentazioni, specialmente d'impurità, siccome comunemente l'esperimentano quelli che lo praticano.

 

Diceva S. Giovanni Damasceno: Insuperabilem spem tuam habens, o Deipara, servabor. Persequar inimicos meos, solam habens ut thoracem protectionem tuam et omnipotens auxilium tuum (In Annunc. Dei Gen.).20 E lo stesso può dir ciascuno che gode la sorte d'essere servo di questa gran Regina: O Madre di Dio, se spero in voi, certamente non sarò vinto, poiché difeso da voi io inseguirò i miei nemici, ed opponendo loro come scudo la vostra protezione e 'l vostro aiuto onnipotente, sicuramente li vincerò. Poiché dice Giacomo monaco, dottore tra' PP. Greci, (or. in Nat. Deip.) parlando di Maria col Signore: Tu arma omni vi belli potentiora, trophaeumque invictum praestitisti:21 Voi, Signor mio, ci avete data questa Madre per un'arma potentissima da vincere sicuramente tutti i nostri nemici.

 

Si narra nell'Antico Testamento che il Signore guidava il suo popolo dall'Egitto alla terra promessa nel giorno con una colonna di nube e nella notte con una colonna di fuoco: Per diem in columna nubis et per noctem in columna ignis (Exod. XIII, 21). In questa colonna, or di nube or di fuoco, dice Riccardo di S. Lorenzo che fu figurata Maria e i due offici ch'ella esercita continuamente a nostro bene: come nube ci protegge dall'ardore della divina giustizia, e come fuoco ci protegge da' demoni: Ecce duo officia ad quae data est nobis Maria; scilicet ut nos protegat a calore solis iustitiae, tamquam nubes, et tamquam ignis, ut omnes nos protegat contra diabolum (Lib. 7, de laud. Virg.).22 Fuoco, mentre soggiunge S. Bonaventura che siccome la cera si liquefa alla faccia del fuoco, così i demoni perdono le forze con quell'anime che spesso si ricordano del nome di Maria e divotamente l'invocano, e tanto più se cercano d'imitarla: Fluunt sicut cera a facie ignis, ubi inveniunt crebram huius nominis recordationem, devotam invocationem, sollicitam imitationem (S. Bon., in Spec.).23

 

Oh come tremano, afferma S. Bernardo, i demoni al sentire solamente proferire il nome di Maria: In nomine Mariae omne genu flectitur; et daemones non solum pertimescunt, sed, audita hac voce, contremiscunt (Serm. sup. Miss.).24 Conforme gli uomini, soggiunge Tommaso de Kempis, (Lib. 4, ad Nov.) cadono a terra per timore, allorché un tuono dal cielo cade lor vicino, così cadono abbattuti i demoni al sentir nominare Maria: Expavescunt caeli reginam spiritus maligni et diffugiunt, audito nomine eius, velut ab igne. Tamquam tonitruum de caelo factum sit, prosternuntur ad sanctae Mariae vocabulum.25 Ed oh quante belle vittorie di questi nemici han riportato i divoti di Maria col suo santissimo nome! Così li vinse S. Antonio di Padova,26 così il B. Enrico Susone,27 così tanti altri amanti di Maria. Si sa dalle relazioni delle missioni del Giappone che ivi ad un certo cristiano una volta comparvero molti demoni in forma di feroci animali a spaventarlo e minacciarlo; ma egli disse lor così: “Io non ho armi di cui possiate voi temere; se vel permette l'Altissimo, fate di me quel che vi piace. Del resto adopro in mia difesa i dolcissimi nomi di Gesù e di Maria.” Così disse appena, ed ecco che al suono de' tremendi nomi si aprì la terra, e precipitarono quei spiriti superbi.28 E S. Anselmo attesta per sua esperienza di aver veduto ed inteso molti che al nominare Maria subito sono stati liberati da' pericoli: Saepe vidimus et audivimus plurimos homines in suis periculis nominis recordari Mariae, et illico omnis periculi malum evasisse (S. Ans., de Exc. Virg., c. 6).29

 

Gloriosum et admirabile est nomen tuum, o Maria; qui illud retinent non expavescunt in puncto mortis; nam daemones audientes hoc nomen Mariae, statim relinquunt animam (S. Bonaventura, in Psalt. B.V.):30 Troppo glorioso, o Maria, ed ammirabile è il vostro gran nome: quelli che si ricordano di nominarlo in punto di morte, non temono di tutto l'inferno; poiché i demoni in sentir nominare Maria subito abbandonano l'anima. Ed aggiunge il santo che non si teme così da' nemici in terra un grande esercito d'armati, come temono le potestà dell'inferno il nome di Maria e la sua protezione: Non sic timent hostes visibiles castrorum multitudinem copiosam, sicut aereae potestates Mariae vocabulum et patrocinium.31 Voi Signora, dice S. Germano, colla sola invocazione del vostro potentissimo nome rendete sicuri i vostri servi da tutti gli assalti del nemico: Tu hostis contra servos tuos invasiones, sola tui nominis invocatione tutos servas (Serm. de Zona Virg.).32 Oh se i Cristiani stessero attenti nelle tentazioni ad invocare con confidenza il nome di Maria, è certo che non mai caderebbero. Sì, perché dice il B. Alano che al tuono di questo gran nome fugge il demonio e trema l'inferno: Satan fugit, infernus contremiscit, cum dico: Ave Maria.33 Anzi rivelò la stessa Regina a S. Brigida (Lib. 1 Rev., c. 9) che anche da' peccatori più perduti, più lontani da Dio e più posseduti dal demonio, parte il nemico subito che sente da quelli invocare in loro aiuto, con vera volontà d'emendarsi, il di lei potentissimo nome: Omnes daemones audientes hoc nomen, Maria, statim relinquunt animam quasi territi. Ma soggiunse la Vergine che i nemici, se l'anima non si emenda, e non toglie col dolore da sé il peccato, i demoni subito fanno a lei ritorno e sieguono a possederla: Et revertuntur ad eam, nisi aliqua emendatio subsequatur.34

 

Esempio.

 

In Recispergio vi era Arnoldo canonico regolare, molto divoto della B. Vergine. Questi, venendo a morte, prese i sacramenti, e dopo aver chiamati i suoi religiosi, pregolli a non abbandonarlo in quell'ultimo passo. Appena ciò detto, ecco che alla loro presenza cominciò tutto a tremare, stravolse gli occhi, sudò freddo e con voce tremante disse: Non vedete que' demoni che mi vogliono strascinare all'inferno? E poi gridò: Fratelli miei, invocate per me l'aiuto di Maria; in lei confido che mi darà vittoria. A tali parole quelli recitarono le litanie della Madonna, e nel dire: Sancta Maria, ora pro eo, ripigliò il moribondo: Replicate, replicate il nome di Maria, perché già sono al tribunale di Dio. Si fermò un poco, e poi soggiunse: È vero che l'ho fatto, ma ne ho fatta la penitenza. E voltatosi alla Vergine, disse: O Maria, io sarò liberato, se voi mi aiutate.

 

Appresso i demoni gli diedero un altro assalto, ma egli si difendeva col segnarsi col Crocifisso e con invocare Maria. Così passò tutta quella notte. Al fine giunta la mattina, tutto rasserenato esclamò Arnoldo con allegrezza: Maria la Signora mia, il rifugio mio, m'ha impetrato il perdono e la salute. Indi guardando la Vergine che l'invitava a seguirla, egli disse: Vengo, Signora, vengo. E facendosi forza per alzarsi, non potendo seguirla col corpo, dolcemente spirando, la seguì coll'anima, come speriamo, al regno della gloria beata (Appresso il P. Auriemma, Affetti scambiev., Tom. I, cap. 7).35

 

Preghiera.

Ecco a' vostri piedi, o mia speranza Maria, un povero peccatore, che sono stato tante volte per mia colpa schiavo dell'inferno. Conosco che mi ho fatto vincere da' demoni, per non ricorrere a voi, mio rifugio. Se a voi foss'io sempre ricorso, se vi avessi invocato, no, che non sarei mai caduto. Io spero, Signora mia amabilissima, che per mezzo vostro io già sia uscito dalle mani de' demoni, e che Dio già m'abbia perdonato. Ma tremo che per l'avvenire non abbia di nuovo a cadere nelle loro catene. So che i nemici non han perduta la speranza di tornarmi a vincere, e già mi apparecchiano nuovi assalti e tentazioni. Ah Regina e rifugio mio, aiutatemi voi. Mettetemi sotto il vostro manto; non permettete di vedermi di nuovo fatto loro schiavo.

 

So che voi mi aiuterete e mi darete vittoria, sempreché io v'invoco. Ma di questo io temo, temo che nelle tentazioni io m'abbia a scordare di voi e di chiamarvi. Questa dunque è la grazia che vi cerco e voglio da voi, Vergine SS., che io mi ricordi sempre di voi e specialmente quando mi ritrovo nelle battaglie; datemi ch'io non lasci d'invocarvi spesso, con dire: Maria aiutami, aiutami Maria.

 

E quando finalmente sarà giunto il giorno del mio ultimo contrasto coll'inferno nel punto di mia morte, ah Regina mia, assistetemi maggiormente allora, e voi stessa ricordatemi d'invocarvi allora più spesso, o colla bocca o col cuore, acciocché io spirando col vostro dolcissimo nome in bocca, e del vostro figlio Gesù, possa venire a benedirvi e lodarvi, per non partirmi più da' vostri piedi per tutta l'eternità in paradiso. Amen.

 

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NOTE

 

1 “Quod hoc futurum esset signum nativitatis eius (Christi), ut de virgine nasceretur homo et Deus, hominis et Dei filius. Apud Esaiam: Et adiecit Dominus loqui ad Achaz dicens: Pete tibi signum... (Is. VII, 10-15). Hoc semen praedixerat Deus de muliere procedere, quod calcaret caput diaboli: Tunc dixit Deus ad serpentem: Quia tu hoc fecisti... et tu observabis calcaneum eius (Gen. III, 14, 15).” S. CYPRIANUS, Testimoniorum libri tres adversus Iudaeos, lib. 2, cap. 9. - Come si vede, la sentenza è di S. Cipriano. Le parole poi riferite da S. Alfonso son prese dal trattato De vivo perfecto, d'incerto autore, inserito tra le Opere di S. Girolamo, edizione di Basilea (per Erasmum), 1516, II, fol. 25: “Mater Domini nostri Iesu Christi in illa iam tunc muliere promissa est” e quel che segue: “Ne ad Evam pertinere videatur.”

 

2 S. VINCENTIUS FERRERIUS, Sermo de Conceptione Virginis Mariae: “Dum autem Adam et Eva essent in illa tristitia, Deus revelavit eis quod ab eis procederet una Virgo sanctissima, quae afferret maius bonum quam ipsi perdidissent.” Sermones de Sanctis, Coloniae Agrippinae, 1675, p. 25; Sermones, Augustae Vindelicorum, 1729, III, p. 13.

 

3 “Si quis autem libros ipsos integros sum omnibus suis partibus, prout in Ecclesia Catholica legi consueverunt, et in veteri vulgata Latina editione habentur, pro sacris et Canonicis non susceperit, et traditiones praedictas sciens et prudens contempserit, anathema sit... Insuper, eadem sacrosanta Synodus... statuit et declarat, ut haec ipsa vetus et vulgata editio, quae longo tot saeculorum usu in ipsa Ecclesia probata est, in publicis lectionibus, disputationibus, praedicationibus et expositionibus, pro authentica habeatur; et ut nemo illam reiicere quovis praetextu audeat vel praesumat.” CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 4.

 

4 S. AMBROSIUS, De fuga saeculi, cap. 7, n. 34. ML 14-589. - S. HIERONYMUS. Nella sua versione, la quale, per la maggior parte della Scrittura, è la stessissima Volgata: la maggior parte dei codici mss. scrive Ipsa, altri Ipse: ML 28-167, testo e nota c). Nel suo Liber hebraicarum quaestionum in Genesim, in cap. 3, v. 15, scrive Ipse: ML 23-943. Nel suo Commentario poi in Isaiam, lib. 16, cap. 58, v. 12, ML 24-572, leggiamo: “Iste est autem coluber tortuosus, qui decepit Evam in paradiso, quae quia Dei praecepta deduxerat, propterea morsibus eius patuit, et audivit a Domino: Tu observabis caput eius, et ille observabit tibi calcaneum (Gen. III, 15).” Tu, detto di Eva, corrisponde a ipsa. - S. AUGUSTINUS, De Genesi contra Manichaeos, lib. 2, cap. 1: ML 34-196; De Genesi ad litteram, lib. 11, cap. 36: ML 34-449; Enarratio in Ps. 48, sermo 1 de prima parte: ML 36-548; In Ps. 103, sermo 4: ML 37-1381. - S. IO. CHRYSOSTOMUS. Nell'antica traduzione latina (In Genesim, hom. 17, Venetiis, 1583, Opera, I, fol. 39, col. 1, 2, 3; concorda l'edizione di Parigi, della stessa epoca) si legge ipsa. Nella traduzione di Bernardo di Montfaucon (In Genesim, hom. 17, n. 6, 7, MG 53-141, 142, 143) si dice ipse: concorda naturalmente il testo greco. - Altri moltissimi: per esempio S. GREGORIUS MAGNUS, Moralia in Iob, lib. 1, cap. 36, n. 53: ML 75-552; FLAVIUS IOSEPHUS, Antiquitates iudaicae, lib. 1, cap. 3, § 4. - S. ROBERTUS BELLARMINUS, Controversia prima generalis, De verbo Dei, lib. 2, cap. 12 (Venetiis, 1721, I, pag. 49, col. 2): “Respondeo (Kemnitio): editionem vulgatam varie habere; quidam enim codices habent Ipse, quidam Ipsa; et propterea non esse contra vulgatam editionem, si convincatur debere legi Ipse vel Ipsum. Dico secundo: non esse improbabile debere legi Ipsa, neque esse hanc depravationem Papistarum...”

 

5 S. BERNARDUS, in “Signum magnum”, n. 4. ML 183-431.

 

6 “In principio (lineae generationis ab Adam ad Christum) mors, et in fine vita consistit. Mors per Evam facta est, vita per Mariam reddita est. Illa a diabolo victa est; haec diabolum ligavit et vicit.” S. BRUNO Astensis, Abbas Montis Casini et episcopus Signiensis (+ 1123), Sententiae, lib. 5, De laudibus B. M. V., cap. 2. ML 165-1023.

 

7 Spiegazione.

 

8 “Et nota quod Filius vocat matrem suam sororem et sponsam (Cant. IV, 9)... De eius fidelitate confidit valde sponsus, sicut dicitur Proverb. in fine (XXXI, 11): Confidit in ea cor viri sui, et spoliis non indigebit. Quia quoscumque suis orationibus, meritis et exemplis liberat a diabolo, apponit et assignat dominio sponsi sui.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 6, cap. 6, n. 3, inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugd., XX, p. 192, col. 1, ed. Paris., XXXVI, 338.

 

9 “Cum B. Virgo angelo... respondisset: Quomodo fiet istud...? occurrit angelus... dicens: Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi, ut scilicet totus tota sua plenitudine in te illabatur, itaque in te confidat, id est confidenter et secure in te habitet, tibi sua dona omnia communicet, tibi seipsum omniaque sua credat et committat, imo Verbum cum tota deitate ceu suppositum, imo depositum divinum, in te confidenter collocet et deponat... Denique in ea confidit cor Spiritus Sancti, quia eam peccatorum advocatam constituit, per quam plurium eorum, qui a peccatis eius ope salvantur, spolia acquirit.” CORNELIUS A LAPIDE, In Prov. XXXI, 11.

 

10 “Exaltata est in gloria et gratia super omnes creaturas... ad defendendum, ut ibi, Quasi palma exaltata sum in Cades (Eccli. XXIV, 18).” S. Albertus Magnus, Biblia Mariana, Liber Ecclesiastici, n. 6. Opera, ed. Ludg., XX (in fine del volume), pag. 20, col. 1; ed. Paris. XXXVI, 405, col. 1.

 

11 “Dominatur in regno inferni... Merito competit ei etymologia huius nominis; secundum enim Catholicon et Papiam, Dominus vel Domina dicitur quasi domans manus, quia ipsa domat daemonum manus et potestates.” S. BERNARDINUS SENENSIS, De glorioso nomine Virginis Mariae sermo 3, art. 2, cap. 2: Opera, IV, Venetiis, 1745, pag. 80, col. 1; Venetiis, 1591, III, 89.

 

12 “Aiunt florescentibus vineis omne reptile venenatum cedere loco, nec ullatenus novorum ferre odorem florum.” S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 60, n. 7, ML 183-1068. - Però qui S. Bernardo non parla della divozione a Maria, ma del fervore dei novizi e di quelli che fanno una vera conversione, come i primi Cristiani.

 

13 HUGO A S. CHARO, Card., O. P., Postilla super Ecclesiasticum, XXIV, 17. Opera, III, Venetiis, 1703, fol. 217, col. 4.

 

14 “Mystice: in periculis Christiani fugiant ad arcam, id est, ad Eucharistiam; item ad B. Virginem, quae Christum quasi manna in arca ventris sui continuit et peperit pro cibo et salute mundi.” CORNELIUS A LAPIDE, in I Reg., XIV, 18, Parisiis, 1862, III, 346, col. 2.

 

15 “Quia protegit, figurata est in figura arcae Mosaicae, de qua Numer. X in fine (v. 35) scriptum est: Quum elevaretur arca, dicebat Moyses: Surge, Domine, et dissipentur inimici tui, et fugiant qui odeerunt te a facie tua, ut mystice innuatur quod, quando elevata fuit Virgo gloriosa ad caelestia regna, daemonis potentia imminuta et dissipata est.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus B. V. M., Sermo 12, de Assumptione B. M. V., art. 1, cap. 3. Opera, Venetiis, 1745, IV, 120, col. 2; 1591, III, 127.

 

16 “O quam amara et timenda est haec Maria daemonibus!” CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 3, inter Opera S. Bonav., Lugduni, 1668, etc., VI, 432, col. 2.

 

17 “Aurora nostra nobis est contra daemones defensatrix, sicut signatum est in Iob (XXIV, 16, 17) ubi de homicida et de fure (v. 14) et de adultero (v. 15) dicitur: Perfodiunt in tenebris domos, sicut in die condixerant sibi et ignoraverunt lucem. Si subito apparuerit aurora, arbitrantur umbram mortis. Homicida diabolus, fur diabolus, adulter diabolus est... Heu... quanta nobis mala spiritus maligni faciunt! Perfodiunt namque in tenebris ignorantiae, in tenebris obscuritatis, interiores domos mentium nostrarum... Ad evadenda ergo tanta pericula, utinam nobis aurora appareat, utinam nobis Maria succurrat. Si enim subito apparuerit aurora, si cito nobis advenerit et supervenerit Mariae gratia et misericordia, arbitrantur umbram mortis, id est, sic timent... sic trepidant, sic fugiunt, sicut homines timent et fugiunt umbram mortis.” IDEM, id. op., lectio 11, pag. 447, col. 2.

 

18 S. BIRGITTAE Revelationes, Sermo angelicus de excellentia B. M. V., quem ipse Angelus dictavit B. Birgittae... et ipsa... devote conscripsit, cap. 20. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 550, col. 2.

 

19 CORNELIUS A LAPIDE, in Cant. II, 2, Parisiis, 1860, VII, pag. 552, col. 1: “Sicut liilum valet adversus serpentes et venena, sic B. Virginis invocatio singulare est remedium in omni tentatione vitiorum, et praesertim libidinis, uti experientia constat.” E aggiunge varie autorità sull'efficacia medicinale del giglio, e sul modo di servirsene.

 

20 “Quae non confundit, o Deipara, spem tuam habens, salvus ero; patrocinium tuum obtinens, o immaculatissima, non timebo; persequar inimicos meos et in fugam convertam, solam retinens veluti thoracem protectionem tuam, tuumque omnipotens auxilium.” COSMAS Hierosolymitanus, Hymni, hymnus VI, pro magna quinta feria, MG 98-482. - Parte di questo testo riferisce S. Alfonso, La Vera Sposa di Gesù Cristo, cap. 21, n. 3 (nostro vol. XV, pag. 311, nota 12) col nome del vero autore, Cosma di Gerusalemme. Questo Cosma, preso dai Saraceni, fu riscattato dal padre di S. Giovanni Damasceno, il quale lo fece educare col proprio figlio. “Vir omnino musicam harmoniam spirans,” dice il Suida. - La strofa qui riferita viene attribuita al Damasceno in una antica edizione delle sue Opere - Parisiis, 1577, cura Iacobi Billii, fol. 403 a tergo - nel Carmen in festum Annuntiationis B. Dei Genitricis.

 

21 “Tu, (Domine,) eam salutis effecisti portum. Eam tu murum inexpugnabilem, vallumque inconcussum fundasti. Tu arma, vi omni belli potentiora, trophaeumque invictum eam praestitisti.” IACOBUS MONACHUS (fine del secolo XI), Oratio in Nativitatem SS. Deiparae, n. 20. MG 127-598.

 

22 “De hac dicitur in Ps. (CIV, 39): Expandit nubem in protectionem eorum, id est, Israelitarum, et ignem ut luceret eis per noctem. Ecce duo officia ad quae data est nobis Maria, scilicet ut nos protegat a fervore solis iustitiae tamquam nubes,... et nos illuminet suis orationibus et exemplis tamquam ignis, quoniam ipsa est lux ostendens lucem (viam?) virtutum, et etiam nos protegat contra diabolum quasi igneus murus, et contra vitia et peccata.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 7, cap. 12 (verso la fine), inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugd., XX, 223, col. 2; ed. Parisiens., XXXVI.

 

23 CONRADUS SAXON, Speculum B. V. M., lectio 3, inter Opera S. Bonaventurae, ed. Lugd., 1668, etc. VI, 432, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

24 Adrianus LYRAEUS, S. I., Trisagion Marianum, lib. 3, tonus nonus, pag. 414, col. 1: “Et Bernardus: “Daemones non solum Virginem pertimescunt, sed audita hac voce Maria, omnes contremiscunt.” Il Lireo non dà alcuna indicazione del luogo donde abbia preso questo testo. S. Alfonso dice: “Super Missus”. Ma né ivi né altrove s'incontrano le riferite parole presso S. Bernardo.

 

25 “Expavescunt caeli Reginam spiritus maligni, et diffugiunt, audito nomine sancto eius, velut ab igne... Tamquam tonitruum de caelo factum, sic prosternuntur ad sanctae Mariae vocabulum; et quo saepius illud profertur ac desiderabilius invocatur, eo citius et longius ipsi fugantur.” THOMAS A KEMPIS, O. S. A., Sermones ad novitios, pars 3, sermo 4. Opera, cura Sommalii, S. I., Coloniae Agrippinae et Coloniae Allobrogum, 1759, I, 84. - Editio nova, cura Pohle, sermo 23, VI, 221.

 

26 “Sul declinare della vita del nostro (Antonio), il demonio, che... altre volte erasi provato di impedirne il bene, lo colpì visibilmente nella sua cella... Gli si avventò contro furibondo, e... stava per soffocarlo... La devozione speciale (d'Antonio) era l'inno O gloriosa Domina (oggi O Gloriosa Virginum), a cui ricorse nel subito pericolo, e bastò a fugare il demonio. La cella fu ripiena all'istante di luce soprannaturale...” SCRINZI, S. Antonio di Padova e il suo tempo, cap. 18, Padova, 1895, pag. 318, 319.

 

27 “O nomen suavissimum! O qualis ea est re ipsa, cuius tam gratiosum nomen est! Numquam sane quamvis dulcis citharae sonus tam suaviter affecit aures, quantumlibet huic mundo dediti hominis, quam nostra afficit corda moerentia nomen sacratissimum intemeratae Virginis Mariae. Atque merito profecto in huius praecelsi honorem nominis, cuncti debebunt suas cervices flectere et curvare genua. O quoties infestas daemonum manus tu, pia Mater, a nobis profligasti et in fugam vertisti!” B. HENRICUS SUSO, Dialogus Sapientiae et ministri eius, cap. 16, Opera, Coloniae Agrippinae, 1588, pag. 96, 97. - DEL CASTIGLIO, Istoria generale di S. Domenico e del suo Ordine, Palermo, 1623, parte 2, lib. 2, cap. 18, p. 161, col. 2: “Stando (Enrico) in orazione nella sua cappella, vide la figura di un uomo... bruttissimo... con un arco in mano... Uscì subito il Santo dalla cappella per andare al Coro (a cantar Messa)... Il nemico scoccò... una saetta di fuoco, con che tirò al frate, e lo percosse nel petto con ferita sì grande, che l'abbatté in terra... Pose il maligno altra saetta nell'arco. Ma le forze e l'animo e l'arco e lo strale si perderono al traditore col solo nome della Vergine Maria, a cui si raccomandò il Santo, dicendo: Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria.”

 

28 “Anni circiter elapsi sunt octo, ut scribit noster Franciscus Cardim (+ 1659) in Annalibus Iaponicis (la dedica dell'op. de Van Lyere è del 1647: la lettera del Cardim, non sappiamo di che anno fosse), ubi de ingressu nostrorum in Insulam Hainam sermonem instituit, cum illic vivere desiit, in aedibus cuiusdam Antonii Neophyti, femina gentilis, a cuius morte domus tota, sub noctem proxime sequentem, clamore fremituque bellico horrendum in modum resonare audita fuit.” Il neofito cerca un rifugio nel suo oratorio, ed ivi si raccomanda fervidamente. Uscito dall'oratorio, vede la casa ripiena di fiere e di bestie orribili, le quali con voce umana e terribile, gli gridano: “Quidquid agas frustra est, huc ad devorandum te venimus.” Vedendo il buon neofito che, pur continuando ad urlare, non venivano all'atto, riprese animo, e disse: “Cum nulla alia mihi ad manum arma sint, quibus terrorem vobis iniiciam, praeter dulcissima nomina Iesu mei, Matrisque meae Mariae, his ego armatus ad vos venio: si quid contra valetis, eccum me.” “Vix ea protulerat, cum ecce terra abcedere, et hiatu non modico aperiri, omniaque illa spectra, fiammarum ignibus obvoluta, eodem absorberi.” Adrianus LYRAEUS, S. I., Trisagion Marianum, lib. 3, tonus 8, pag. 409, col. 2.

 

29 “Saepe quippe vidimus et audivimus plurimos hominum in suis periculis recordari nominis istius bonae Mariae, et omnis periculi malum illico evasisse.” Inter Opera S. Anselmi, EADMERUS, Monachus Cantuariensis, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 6. ML 159-570.

 

30 Inter Opera S. Bonaventurae, Lugd., 1668, etc., VI, 487, col. 1, Psalterium B. M. V. Ps. 110: “Gloriosum et admirabile est nomen tuum; qui illud retinent, non expavescent in punco mortis.” - Op. S. Bon., VI, 447, col. 2, CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 11: “Si cito nobis advenerit et supervenerit Mariae gratia et misericordia... sic timent (daemones), sic trepidant, sic fugiunt, sicut homines timent et fugiunt umbram mortis.”

 

31 CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 11, pag. 447, col. 2: “Propter hoc bene beatus Bernardus ait: “Non sic timent hostes visibiles quamlibet castrorum multitudinem copiosam, sicut aëreae potestates Mariae vocabulum et exemplum.” - Id. op., lectio 3, pag. 432, col. 2: “Unde beatus Bernardus: “Non sic timent hostes visibiles quasi castrorum multitudinem copiosam, sicut aëreae potestates Mariae vocabulum, patrocinium et exemplum.” Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., etc., VI.

 

32 “Tu nequissimi hostis adversus servos tuos invasiones, sola tui nominis invocatione sanctissima depellens ac fugans, tutos atque incolumes reddis.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Encaenia ss. aedis, in fascias Domini, in zonam SS. Deiparae, MG 98-382.

 

33 Coppenstein, O. P., B. F. ALANI REDIVIVI RUPENSIS O. P., Tractatus mirabilis de ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae eiusque Confraternitatis, Venetiis, 1665, pars 4, cap. 30, p. 331. Forum Cornelii, 1847, pars 4, cap. 7, pag. 218.

 

34 “Daemones, audito nomine meo, statim relinquunt animam quasi territi; sed iterum advolant... nisi aliqua emendatio subsequatur. Nullus etiam tam frigidus ab amore Dei est...si invocaverit hoc nomen, hac intentione ut numquam reverti velit ad opus solitum, quod non discedat ab eo statim diabolus, et numquam amplius revertitur ad eum, nisi resumpserit voluntatem peccandi mortaliter. Tamen quandoque permittitur ei turbare eum, propter maiorem remunerationem, sed non possidere.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 9 (in fine), pag. 11, 12.

 

35 AURIEMMA, S. I., Affetti scambievoli, parte 2, cap. 8, Bologna, 1681, pag. 135 (“racconto riferito dal nostro Padre Matteo Radero, nella sua Baviera santa”). - LUDEWIG, Chronicon Reicherspergense, ad annum 1166.
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13/09/2009 10:32

CAPITOLO V. - Ad te suspiramus gementes et flentes in hac lacrimarum valle.

 

§ 1. - Della necessità che abbiamo dell'intercessione di Maria per salvarci.

 

Che l'invocare e pregare i santi, e singolarmente la regina de' santi Maria Santissima, affinché c'impetrino la divina grazia, sia cosa non solamente lecita, ma ben anche utile e santa, è di fede e stabilita già da' Concili contro gli eretici, che la condannano come cosa d'ingiuria a Gesù Cristo, ch'è l'unico nostro mediatore. Ma se un Geremia dopo sua morte prega per Gerusalemme (II Mach. XV, [14]); se i vecchi dell'Apocalisse presentano a Dio le orazioni de' santi;1 se un S. Pietro promette a' suoi discepoli di ricordarsi di loro dopo la sua morte;2 se un S. Stefano prega per li suoi persecutori;3 se un S. Paolo prega per li suoi compagni;4 se in somma possono i santi pregare per noi, perché non possiamo noi implorare i santi, acciocché per noi intercedano? S. Paolo si raccomanda alle orazioni de' suoi discepoli: Orate pro nobis (I Thess. V, [25]); S. Giacomo esorta che gli uni pregassero per gli altri: Orate pro invicem, ut salvemini (c. V, v. 16). Dunque lo possiamo fare ancor noi.

 

Che Gesù Cristo sia unico mediator di giustizia, che co' meriti suoi ci abbia ottenuta la riconciliazione con Dio, chi lo nega? Ma all'incontro è cosa empia il negare che Dio si compiaccia di far le grazie ad intercessione de' santi, e specialmente di Maria sua Madre, che Gesù tanto desidera di vedere da noi amata ed onorata. Chi non sa che l'onore che si dà alle madri, ridonda in gloria de' figli? Gloria filiorum parentes eorum (Prov. XVII).5 Onde dice S. Bernardo: Non pensi di oscurare le glorie del figlio chi molto loda la madre; perché quanto più si onora la madre, tanto più si loda il figlio: Non est dubium, quidquid in laudibus matris proferimus, ad filium pertinere (Hom. sup. Missus).6 E S. Idelfonso dice che tutto l'onore che si fa alla madre ed alla regina, si rende al figlio ed al re: Refunditur in filium quod impenditur matri. Transfunditur honor in regem quod defertur in famulatum reginae.7 Mentre non si dubita che per li meriti di Gesù è stata conceduta tanta autorità a Maria di essere la mediatrice della nostra salute: non già mediatrice di giustizia, ma di grazia e d'intercessione, come appunto è chiamata da S. Bonaventura: Maria fidelissima mediatrix nostrae salutis.8 E S. Lorenzo Giustiniani dice: Quomodo non est plena gratia, quae effecta est paradisi scala, caeli ianua, Dei atque hominum verissima mediatrix? (Serm. de Annunc.).9

 

Onde ben avverte S. Anselmo (De Exc. Virg., c. 6) che allorché noi preghiamo la S. Vergine ad ottenerci le grazie, non è che noi diffidiamo della divina misericordia, ma più presto è che diffidiamo della propria indegnità; e ci raccomandiamo a Maria, acciocché la sua dignità supplisca la nostra miseria: Ut dignitas intercessoris suppleat inopiam nostram. Unde Virginem interpellare non est de divina misericordia diffidere, sed de propria indignitate formidare.10

 

Che 'l ricorrere dunque all'intercessione di Maria sia cosa utilissima e santa, non può dubitarsi se non da coloro che mancano nella fede. Ma il punto che qui intendiamo di provare è che l'intercessione di Maria sia ben anche necessaria per la nostra salute: necessaria diciamo, non già assolutamente, ma moralmente, per parlare come si dee. E diciamo che questa tal necessità nasce dalla stessa volontà di Dio, il quale vuole che tutte le grazie ch'egli ci dispensa passino per le mani di Maria, secondo la sentenza di S. Bernardo,11 che oggidì ben può asserirsi comune fra' Teologi e Dottori, come già la chiama comune l'autor del Regno di Maria.12 || Ella è seguita dal Vega, dal Mendozza, dal Paciucchelli, dal Segneri, dal Poirè, dal Crasset, e da innumerabili altri dotti autori.13 Sino il P. Natale di Alessandro, autore per altro così riserbato nelle sue proposizioni, ancor egli dice essere volontà di Dio che tutte le grazie noi l'aspettiamo per l'intercessione di Maria: Qui vult, sono sue parole, ut omnia bona ab ipso exspectemus, potentissima Virginis Matris intercessione impetranda; cum eam, ut par est, invocamus (Ep. 76, in calce T. 4, Moral.); citando in conferma di ciò il celebre passo di S. Bernardo: Sic est voluntas eius qui totum nos habere voluit per Mariam.14 Lo stesso sente il P. Contensone, il quale spiegando le parole dette da Gesù Cristo in croce a S. Giovanni: Ecce mater tua, soggiunge: Quasi diceret: Nullus sanguinis mei particeps erit, nisi intercessione Matris meae. Vulnera gratiarum fontes sunt: sed ad nullos derivabuntur rivi, nisi per Mariae canalem. Ioannes discipule, tantum a me amaberis, quantum eam amaveris (Theol. mentis et cord., t. 2, l. 10, D. 4, c. 1).15 |

 

Questa proposizione, cioè che quanto di bene noi riceviamo dal Signore tutto ci viene per mezzo di Maria, non molto piace ad un certo autor moderno, il quale per altro, sebbene parla con molta pietà e dottrina della vera e falsa divozione, nulladimeno parlando della divozione verso la divina Madre, si è dimostrato molto avaro nell'accordarle questa gloria, che non hanno avuto scrupolo di darle un S. Germano, un S. Anselmo, un S. Giovan Damasceno, un S. Bonaventura, un S. Antonino, un S. Bernardino da Siena, il V. abbate di Celles, e tanti altri Dottori, che non han fatto difficoltà di dire che per la suddetta ragione l'intercessione di Maria non solo sia utile, ma ancor necessaria.16 Dice il mentovato autore che una tal proposizione, cioè che Dio non faccia alcuna grazia se non per mezzo di Maria, è un'iperbole ed una esagerazione caduta di bocca al fervore di alcuni santi, la quale, sanamente parlando, solo va intesa, perché da Maria abbiamo ricevuto Gesù Cristo, per li cui meriti poi riceviamo tutte le grazie. Altrimenti, dice, sarebbe errore il credere che Dio non ci potesse concedere le grazie senza l'intercessione di Maria; poiché l'Apostolo dice che noi non riconosciamo che un solo Dio, ed un solo mediatore di Dio e degli uomini, Gesù Cristo (I Tim. II, 3). Sin qui il detto autore.17

 

Ma con sua buona pace, com'egli stesso nel suo libro m'insegna,18 altra è la mediazione di giustizia per via di merito, altra la mediazione di grazia per via di preghiere. Altro parimente è il dire che Dio non possa, altro che Dio non voglia concedere le grazie senza l'intercessione di Maria. Ben confessiamo noi che Dio è il fonte d'ogni bene e 'l Signore assoluto di tutte le grazie, e che Maria non è che una pura creatura, che quanto ottiene tutto lo riceve graziosamente da Dio. Ma chi mai può negare che sia molto ragionevole e conveniente l'asserire che Dio, affin di esaltare questa gran creatura, che più di tutte l'altre creature l'ha onorato ed amato in sua vita; e che Dio avendo eletta Maria per Madre del suo Figlio e comun Redentore, voglia che tutte le grazie, che si han da concedere alle anime redente, per mano di lei passino e si dispensino? Noi ben confessiamo che Gesù Cristo è l'unico mediatore di giustizia, come di sopra abbiam già distinto, che coi meriti suoi ci ottiene le grazie e la salute; ma diciamo che Maria è mediatrice di grazia, e che sebbene quanto ella ottiene, l'ottiene per li meriti di Gesù Cristo, e perché prega e lo domanda in nome di Gesù Cristo, tuttavia quante grazie noi cerchiamo, tutte le abbiamo per mezzo della sua intercessione.

 

In ciò non vi è certamente niente contrario a' sacri dogmi; anzi tutto è conforme a' sentimenti della Chiesa, che nelle solite19 orazioni da lei approvate c'insegna a ricorrere continuamente a questa divina Madre, e ad invocarla: Salus infirmorum, refugium peccatorum, auxilium Christianorum, vita, spes nostra. La stessa santa Chiesa nell'Officio che impone a recitarsi nelle festività di Maria, applicando a lei le parole della Sapienza, ci dà ad intendere che in Maria troveremo ogni speranza: In me omnis spes vitae et virtutis. In Maria ogni grazia: In me omnis gratia viae et veritatis.20 In Maria in somma troveremo la vita e la salute eterna: Qui me invenerit, inveniet vitam, et hauriet salutem a Domino.21 Ed in altro luogo: Qui operantur in me, non peccabunt. Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt:22 cose che tutte ci significano la necessità che noi abbiamo dell'intercessione di Maria.

 

E questo poi è quel sentimento in cui ci confermano tanti Teologi e SS. Padri, i quali non è giusto il dire, come dice l'autor suddetto, che per esaltare Maria abbiano detto iperboli e sian loro cadute di bocca esagerazioni eccedenti. L'esagerare e 'l proferire iperboli è eccedere da' limiti del vero, il che non conviene dire de' santi, che han parlato collo spirito di Dio, il quale è spirito di verità.

 

E qui mi si permetta fare una breve digressione, con dire un mio sentimento: ed è che quando una sentenza è in qualche modo onorevole alla S. Vergine, ed ha qualche fondamento e non ripugna né alla fede né a' decreti della Chiesa né alla verità, il non tenerla e 'l contraddirla, a cagion che la sentenza contraria anche può esser vera, dinota poca divozione alla Madre di Dio. Nel numero di questi poco divoti non voglio esser io, né vorrei vedervi il mio lettore, ma più presto nel numero di coloro, che tutto ciò che senza errore si può credere delle grandezze di Maria, tutto pienamente e fermamente lo credono, secondo parla Ruperto abbate (De laud. Virg.), il quale fra gli ossequi molto graditi a questa Madre mette questo, cioè: Eius magnalia firmiter credere.23 Quando altro non vi fosse, basti a toglierci il timore di eccedere nelle lodi di Maria il P.S. Agostino, il quale dice che quanto noi diciamo in lode di Maria, tutto è poco a quel ch'ella si merita per la sua dignità di Madre di Dio;24 colla S. Chiesa la quale fa leggere nella Messa della B. Vergine: Felix namque es, sacra Virgo Maria, et omni laude dignissima.25

 

Ma torniamo al punto, e vediamo ciò che dicono i santi della proposta sentenza. S. Bernardo dice che Dio ha riempiuta Maria di tutte le grazie, acciocché gli uomini, per mezzo di Maria, come da un canale, ricevessero poi quanto lor viene di bene: Plenus aquaeductus, ut accipiant ceteri de eius plenitudine (Serm. de aquaed.).26 Fa di più il santo ivi una gran riflessione, e dice che perciò nel mondo, prima che nascesse la S. Vergine, non vi fu per tutti questa corrente di grazia, perché allora non vi era questo desiderato acquedotto: Ideo tanto tempore defuerunt omnibus fluenta gratiarum, quia nondum intercesserat hic aquaeductus. Ma che a tal fine poi, soggiunge, Maria è stata data al mondo, acciocché da questo canale pervenissero a noi continuamente le divine grazie: Ad hoc enim data est ipsa mundo, quasi aquaeductus, ut per ipsam a Deo ad homines dona caelestia iugiter descenderent (S. Bern., Serm. de aquaed.).27

 

Onde conforme Oloferne per acquistar la città di Betulia, ordinò che si rompessero gli acquedotti,28 così il demonio procura quanto può di far perdere all'anime la divozione verso la Madre di Dio: perché chiuso questo canale di grazie, facilmente poi gli riesce di farne acquisto. Quindi ripiglia lo stesso santo padre, e dice: Intuemini quanto devotionis affectu a nobis eam voluit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare (Serm. de Nat. Virg.).29 Guardate dunque, dice, o anime, con quale affetto e divozione vuole il Signore che noi onoriamo questa nostra regina, con ricorrere sempre e confidare alla sua protezione; poiché in lei ha riposto la pienezza d'ogni bene, affinché d'indi in poi quanto abbiamo di speranza, di grazia e di salute, tutto lo riconosciamo pervenirci dalle mani di Maria. Lo stesso dice S. Antonino: Per eam de caelis exivit quidquid gratiae venit in mundum (P. 4, tit. 15, c. 20):30 Tutte le misericordie, che si son mai dispensate agli uomini, tutte son venute per mezzo di Maria.

 

Perciò ella è chiamata luna: Quia, dice S. Bonaventura, sicut luna inter corpora caelestia et terrena est media, et quod ab illis accipit ad inferiora refundit: sic et Virgo regia inter nos et Deum est media, et gratiam ipsa nobis refundit (Serm. 74, de Nat. Dom.):31 Siccome la luna sta in mezzo al sole ed alla terra, e quel che dal sole riceve, lo rifonde alla terra; così Maria riceve le celesti influenze di grazie dal sole divino, per trasfonderle a noi su questa terra.

 

Perciò parimente ella vien chiamata porta del cielo dalla S. Chiesa, Felix caeli porta; perché, come riflette il medesimo S. Bernardo, siccome ogni rescritto di grazia, che vien mandato dal re, passa per la porta della sua reggia, così: Nulla gratia venit de caelo ad terram, nisi transeat per manus Mariae (Vid. serm. 3, in Vig. Nat.).32 Dice di più S. Bonaventura che Maria si chiama porta del cielo, perché niuno può entrare in cielo, se non passa per Maria che ne è la porta: Nullus potest caelum intrare, nisi per Mariam transeat tamquam per portam.33

 

Nello stesso sentimento ci conferma S. Girolamo o, come altri vogliono, altro autore antico del sermone dell'Assunzione, che va inserito tra l'opere di S. Girolamo - il quale dice che in Gesù Cristo fu la pienezza della grazia come nel capo, da cui poi s'influiscono alle sue membra, che siamo noi, tutti gli spiriti vitali, cioè gli aiuti divini per conseguire l'eterna salute: in Maria poi fu anche la stessa pienezza come nel collo per cui i detti spiriti vitali passano alle membra: In Christo fuit plenitudo gratiae sicut in capite influente, in Maria sicut in collo transfundente (Serm. de Ass. B.V.).34 Lo stesso vien confermato da S. Bernardino da Siena, il quale più chiaramente spiegò questo pensiero, dicendo che per mezzo di Maria si trasmettono a' fedeli, che sono il corpo mistico di Gesù Cristo, tutte le grazie della vita spirituale, che loro discendono da Gesù loro capo: Per Virginem a capite Christi vitales gratiae in eius corpus mysticum transfunduntur (Serm. 61, de Nat. Virg., c. 8).35

 

E S. Bonaventura cerca di ciò assegnarne la ragione, mentre dice: Cum tota natura divina intra Virginis uterum exstiterit, non timeo dicere quod in omnes gratiarum effluxus quamdam iurisdictionem habuerit haec Virgo, de cuius utero quasi de quodam divinitatis oceano flumina emanabant omnium gratiarum (S. Bon., in Spec., cap. 3).36 Essendosi Dio compiaciuto di abitare nell'utero di questa S. Vergine, in certo modo, dice il santo, ha ella acquistata una certa giurisdizione sopra tutte le grazie; poiché dal suo utero sagrosanto uscendo Gesù Cristo, sono usciti insieme da lei, come da un celeste oceano, tutti i fiumi de' doni divini. Lo stesso dice e con termini più chiari S. Bernardino da Siena: Dal tempo, egli asserisce, che questa Madre Vergine concepì nel suo seno il divin Verbo, ha acquistata per così dire una ragione speciale sui doni che a noi procedono dallo Spirito Santo, in modo che niuna creatura poi ha ricevuta alcuna grazia da Dio se non per mezzo e mano di Maria. Ecco le sue belle parole: A tempore quo Virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam, ut sic dicam, iurisdictionem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali; ita ut nulla creatura aliquam a Deo obtinuerit gratiam, nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem (Serm. 61, tract. 1, art. 8).37

 

E così appunto viene spiegato da un autore (Crasset, Div. della Verg.) quel passo di Geremia, dove parlando il profeta dell'Incarnazione del Verbo e di Maria sua Madre, dice che una donna dovea circondare quest'Uomo-Dio: Femina circumdabit virum (Ierem. XXXI, 22). Spiega il suddetto autore: Conforme dal centro d'un circolo niuna linea esce fuori, che prima non passi per la circonferenza che lo circonda: così da Gesù, ch'è il centro d'ogni bene, niuna grazia a noi passa se non per mezzo di Maria, che l'ha circondato dopo che l'ha ricevuto nel suo seno.38

 

Indi dice S. Bernardino che perciò tutti i doni, tutte le virtù e tutte le grazie, tutte si dispensano per man di Maria a quelli ch'ella vuole, nel tempo ch'ella vuole e nel modo ch'ella vuole: Ideo omnia dona, virtutes et gratiae, quibus vult, quando vult et quomodo vult, per ipsius manus dispensantur (Dict. Serm. 61, ut sup.).39 Riccardo parimente dice che Dio quanto di bene fa alle sue creature, tutto vuole che passi per mano di Maria: Deus quidquid boni dat creaturis suis, per manus Matris Virginis vult transire.40 Onde il Ven. abbate di Celles esorta ciascuno a ricorrere a questa tesoriera delle grazie, com'egli la chiama: Thesauraria gratiarum;41 poiché solo per suo mezzo il mondo e tutti gli uomini hanno da ricevere tutto il bene che possono sperare: Accede ad Virginem, quia per ipsam mundus habiturus est omne bonum (De Contempl. V., in Prol.).42

 

Dal che si vede chiaramente che i citati santi ed autori, in dire che tutte le grazie ci vengono per mezzo di Maria, non hanno inteso di dire ciò solamente perché da Maria abbiamo ricevuto Gesù Cristo, ch'è il fonte d'ogni bene, come vuole intendere l'autore di sopra nominato;43 ma ben anche ci assicurano che Dio, dopo d'averci donato Gesù Cristo, vuole che tutte le grazie, che d'indi in poi si sono mai dispensate, si dispensano e si dispenseranno agli uomini sino alla fine del mondo per li meriti di Gesù, tutte si dispensino per mano e per intercessione di Maria.

 

Sicché conclude il P. Suarez essere oggidì sentimento universale della Chiesa, che l'intercession di Maria sia non solamente a noi utile, ma ancora necessaria: Sentit Ecclesia intercessionem B. Virginis esse sibi utilem et necessariam (Tom. 2, in 3 part., Disp. 23, sect. 3).44 Necessaria, come dicemmo, non già di necessità assoluta, perché solamente la mediazione di Gesù Cristo ci è assolutamente necessaria: ma di necessità morale, poiché sente la Chiesa con S. Bernardo che Dio ha determinato che niuna grazia a noi si dispensi se non per mano di Maria: Nihil Deus habere nos voluit, quod per manus Mariae non transiret (Serm. 3, in Vig. Nat.).45 E prima di S. Bernardo lo affermò S. Idelfonso, dicendo alla Vergine: o Maria, il Signore ha decretato di raccomandare alle vostre mani tutti i beni ch'egli ha disposto di dare agli uomini, e perciò a voi ha commessi tutti i tesori e le ricchezze delle grazie: Omnia bona, quae illis summa Maiestas decrevit facere, tuis manibus decrevit commendare; commissi quippe sunt thesauri et ornamenta gratiarum (In cor. Virg., c. 15).46 E perciò dice S. Pietro Damiano (De Nat. Virg., ap. Pac., Exc. I, n. 15) che Dio non volle farsi uomo se non col consenso di Maria; per primo, affinché tutti noi le restassimo sommamente obbligati; per secondo, acciocché intendessimo che all'arbitrio di questa Vergine è raccomandata la salute di tutti.47

 

Quindi S. Bonaventura considerando le parole d'Isaia al capo 11, dove dice il profeta che dalla progenie di Iesse dovea nascere una verga, cioè Maria, e da quella il fiore, cioè il Verbo incarnato: Egredietur virga de radice Iesse, et flos de radice eius ascendet: [et] requiescet super eum Spiritus Domini: dice il santo queste belle parole: Quicumque Spiritus Sancti gratiam adipisci desiderat, florem in virga quaerat; per virgam enim ad florem, per florem ad spiritum pervenimus (In Spec., c. 6):48 Chiunque desidera acquistar la grazia dello Spirito Santo, cerchi il fiore nella verga, cioè Gesù in Maria, poiché per la verga troviamo il fiore, per lo fiore troviamo Dio. E poi soggiunge nel capo 10: Si hunc florem habere desideras, virgam floris precibus flectas: Se vuoi avere questo fiore, cerca colle preghiere d'inclinare a favor tuo la verga del fiore, e l'otterrai. Altrimenti - dice il serafico padre nel serm. 26 nell'Epifania, su le parole: Invenerunt puerum cum Maria matre eius (Matth. II, 11) - non mai si troverà Gesù se non con Maria e per mezzo di Maria: Numquam invenitur Christus, nisi cum Maria, nisi per Mariam.49 E conclude che indarno cerca Gesù, chi non cerca di trovarlo insieme con Maria: Frustra igitur quaerit qui cum Maria invenire non quaerit. Onde dicea S. Idelfonso: Ut sim servus filii, servitutem appeto genitricis (De Virg. Mar., cap. 12):50 Io voglio esser servo del figlio, e perché non sarà mai servo del figlio chi non è servo della madre, perciò ambisco la servitù di Maria.

 

Esempio.

 

Narrasi dal Belluacense (Spec. hist., l. 7, c. 105) e dal Cesario (Dist. 2, c. 2) che un giovine nobile, essendosi ridotto per li suoi vizi, da ricco come l'avea lasciato il padre, ad esser così povero che gli bisognava mendicare per vivere, partì dalla patria per andare a vivere con meno rossore in paese lontano, dove non fosse conosciuto. In questo viaggio s'incontro un giorno con un certo antico servo di suo padre, il quale, vedendolo così afflitto per la povertà in cui si trovava caduto, gli disse che stesse allegro, perché egli voleva condurlo ad un principe così liberale, che l'avrebbe provveduto di tutto.

 

Era questo ribaldo un empio stregone. Ed ecco un giorno si prese il povero giovine seco, e portollo per un bosco presso una laguna, dove cominciò a parlare con persona che non si vedeva; onde il giovine gli domandò con chi parlasse. Egli rispose: Col demonio; e vedendo spaventato il giovine, l'animò a non temere. E seguendo a parlar col demonio: Signore, disse, questo giovine sta ridotto in estrema necessità, vorrebbe ritornare nel suo primiero stato. Quand'esso voglia ubbidirmi, rispose il nemico, io lo farò più ricco di prima: ma in primo luogo ha da rinnegare Dio. A questo inorridì il giovine; ma, istigato a farlo da quel maledetto mago, lo fece e rinnegò Dio. Ma ciò non basta, ripigliò il demonio, bisogna che rinneghi anche Maria; perché questa è quella da cui noi riconosciamo le nostre maggiori perdite. Oh quanti ella ne toglie dalle nostre mani e li riconduce a Dio e li salva! Oh questo no, rispose il giovine, ch'io rinneghi la Madre mia: questa è tutta la mia speranza. Mi contento più presto andar mendicando tutta la mia vita. E con ciò il giovine si partì da quel luogo.

 

Nel ritorno s'incontrò a passar per una chiesa di Maria: entra l'afflitto giovine, ed inginocchiandosi avanti la sua immagine, comincia a piangere ed a pregare la SS. Vergine che gl'impetri il perdono de' suoi peccati. Ecco Maria subito si mette a pregare il Figlio per quel miserabile. Gesù al principio disse: Ma quest'ingrato, Madre mia, m'ha rinnegato. Ma vedendo la Madre che non lasciava di pregarlo, in fine: O Madre, disse, io non vi ho negato mai niente; sia perdonato, giacché voi me lo domandate.

 

Tutto ciò segretamente osservò quel cittadino, che s'aveva comperate le robe di quel dissipatore. Questi, avendo veduta la pietà di Maria usata con quel peccatore, ed avendo un'unica figliuola, cela diede per moglie, facendolo erede di tutto il suo avere. E così quel giovine ricuperò per mezzo di Maria la grazia di Dio ed anche i beni temporali.51

 

Preghiera.

O anima mia, vedi che bella speranza di salute e di vita eterna ti dà il Signore nell'averti data, per sua misericordia, confidenza nel patrocinio di sua Madre, dopo che tu per li tuoi peccati t'hai meritato tante volte la sua disgrazia e l'inferno. Ringrazia dunque il tuo Dio, e ringrazia la tua protettrice Maria, che si è degnata già di prenderti sotto il suo manto, come già ti accertano le tante grazie che per suo mezzo hai tu ricevute.

 

Sì, che vi ringrazio, o Madre mia amorosa, di quanto bene avete fatto a me disgraziato, reo dell'inferno. O Regina, e da quanti pericoli voi mi avete liberato! Quanti lumi e quante misericordie voi mi avete da Dio impetrate!52 Che gran bene o che grande onore voi avete ricevuto da me, che vi siete così impegnata a beneficarmi?

 

Dunque la sola vostra bontà vi ha spinta. Ah che se io dessi per voi il sangue e la vita, pure sarebbe poco all'obbligo che vi tengo, mentre voi mi avete liberato dalla morte eterna; voi mi avete fatta ricuperare, come spero. la divina grazia; da voi in somma riconosco tutta la mia fortuna. Signora mia amabilissima, altro io misero non posso rendervi che lodarvi sempre ed amarvi. Deh non isdegnate voi di accettare l'affetto d'un povero peccatore, che si è innamorato della vostra bontà. Se il mio cuore è indegno d'amarvi, perché sozzo e pieno d'affetti terreni, a voi sta mutarlo, mutatelo voi.

 

Deh legatemi poi col mio Dio e legatemi tanto ch'io non possa mai più separarmi dal suo amore. Questo voi cercate da me, ch'io ami il vostro Dio; e questo io cerco da voi: impetratemi d'amarlo e d'amarlo sempre, ed altro non desidero. Amen.

 

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NOTE

 

1 Apoc. V, 8. Cf. VIII, 3, 4.

 

2 II Petr. I, 15.

 

3 Act. VII, 59.

 

4 Act. XXVII, 24; Ephes. I, 16; Philip. I, 4.

 

5 Gloria filiorum patres eorum. Prov. XVII, 6.

 

6 S. BERNARDUS, Super “Missus”, hom. 4, n. 1. ML 183-78.

 

7 “Ut sim devotus Filii generati, servus fieri appeto genitricis. Sic namque refertur ad Dominum, quod servitur ancillae; sic redundat ad Filium, quod impenditur matri; sic alternat in nutrito, quod adhibetur in nutrice; sic transit honor in regem, qui defertur in famulatum reginae.” S. HILDEFONSUS, Episc. Toletanus (+ 669), Liber de Virginitate perpetua S. Mariae, cap. 12. ML 96-108.

 

8 “Eva infidelissima mediatrix perditionis: Maria vero fidelissima mediatrix salutis fuit.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 9, inter Opera S. Bonav., ed. Lugdunen., etc., VI, pag. 443, col. 2. - S. BONAVENTURA, De Annuntiatione B. V. M. sermo 5, Opera, IX, ad Claras Aquas, 1901, p. 679, col. 2: “Unde Hieronymus (?):... Errantium via et redemptio captivorum est sancta Virgo Maria et mediatrix omnium apud Deum.”

 

9 “Quomodo non est Maria iuxta Gabrielis oraculum plena gratia, quae effecta est Mater Dei, paradisi scala, caeli ianua, interventrix mundi, daemonum fuga, peccatorum spes, naufragantium portus, maris stella, confugium periclitantium, solamen laborantium, fluctuantium robur, Dei et hominum verissima mediatrix?” S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in Annunciatione B. M. V., n. 2, ed. Colon. pag. 628; Lugd., 1628, pag. 409, col. 2; Veneta, 1721, pag. 340, col. 2.

 

10 Vedi cap. 3, § 1, nota 5, pag. 107. § 1, pag. 107.

 

11 “Sic est voluntas eius, qui totum nos habere voluit per Mariam.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441. Si leggano integralmente i n. 6 e 7, colla conclusione, a principio del n. 8: “Quid nos alia concupiscimus, fratres? Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus.”

 

12 Molto probabilmente S. Alfonso allude al P. EMANUELE DI GESÙ MARIA, Carm. Sc., il quale nel suo libro Il regno di Maria Vergine Madre di Dio (Napoli, 1681), ritorna più volte sul concetto che tutte le divine grazie dispensate agli uomini passino per le mani di Maria: si veda il discorso IV: Sanctae Trinitatis thronus; il discorso XXVII: Regina sanctorum omnium, ecc. In quasi tutta l'ampia opera egli dimostra la Madonna come “dispensatrice della grazia universale della Redenzione.” - Tutto il tratto che segue nel testo fino al prossimo capoverso: Questa proposizione, ecc., manca nella I edizione.

 

13 VEGA, Theologia Mariana. Si vedano nell'indice dell'opera i titoli Meritum et Oratio B. Virg. - Franciscus de MENDOZA, Viridarium sacrae ac profanae eruditionis, Lugduni, 1635, lib. 2, problema 2. - PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae. Passim. - Paolo SEGNERI, Il divoto della B. Vergine, parte 1, cap. 7. - POIRÉ, La triple couronne de la Mère de Dieu: III, ch. 11; IV, ch. 8 et 9. - CRASSET, Della vera divozione verso Maria Vergine, parte 1, qu. 4 e 5.

 

14 Natalis ALEXANDER, Theologia dogmatica et moralis, II, Appendix I, Variae de rebus moralibus epistolae, Epistola 50. - Per il testo di S. Bernardo, vedi sopra, nota 11.

 

15 “Ioanni praesenti, et in eius persona toti Ecclesiae, dixit: Ecce mater tua. Quasi aperte diceret: Sicut nemo potest salvari nisi per meritum crucis et mortis meae, ita nullus sanguinis illius particeps erit, nisi intercessione matris meae. Ille solus filius dolorum meorum reputabitur, cui Maria mater erit. Vulnera gratiarum fontes perennes et patentes sunt, sed ad nullos derivabuntur rivi, nisi per Marianum canalem et aquaeductum. Frustra me invocabit Patrem, qui Mariam non fuerit veneratus ut matrem. Tu ipsemet, praedilecte discipule Ioannes, si me amas, eam ama: tantum enim a me amaberis, quantum eam amaveris.” Vincentius CONTENSON, O. P., Theologia mentis et cordis, lib. 10, dissertatio 4, cap. 1, Speculatio 1, Quartus excessus. Augustae Taurinorum, 1769, III, pag. 170, 171.

 

16 Lodovico Antonio MURATORI, Della regolata divozione de' Cristiani, Opere, VI, Arezzo, 1768, Capitolo 22: Della divozione a Maria Vergine Santissima, pag. 197-205, specialmente pag. 199-200. - Vedi Appendice, 5.

 

17 Vedi Appendice, 5.

 

18 MURATORI, l. c. - Vedi Appendice, 5.

 

19 L'ed. antecedenti al 1776 hanno: pubbliche orazioni.

 

20 In me gratia omnis viae et veritatis, in me omnis spes vitae et virtutis. Eccli. XXIV, 25.

 

21 Prov. VIII, 35.

 

22 Eccli. XXIV, 30, 31.

 

23 Non s'incontrano queste parole nelle opere di Ruperto ossia Roberto, “Abbas Tuitiensis (Deutz)”, né esiste una sua opera intitolata De laudibus Virginis. Si deve probabilmente sostituire Riccardo di S. Lorenzo, il quale nel suo De laudibus B. Mariae, lib. 2, cap. 3, n. 1, inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugd., p. 49 (erroneamente è posto: 59), col. 2, tra gli “ossequi graditi” a Maria, mette prima questo: “Debemus igitur beatae Virgini fidem, signiferam omnium virtutum, quam ipsa primitus requirit a nobis: ut... credamus firmiter...” - Su questo “sentimento” di S. Alfonso, come retto e profondo criterio teologico, vedi il DILLENSCHNEIDER, La Mariologie de S. Alphonse de Liguori, Sources et Synthèse doctrinale, Fribourg, 1934, ch. 13, pag. 205-209. - I due volumi del dotto professore sulla Mariologia di S. Alfonso, l'uno Son influence sur le renouveau des doctrines mariales et de la piété catholique, l'altro Sources et Synthèse doctrinale (Fribourg, Suisse, Studia Friburgensia - Paderborn, Bonifacius-Druckerei - Paris, Librairie philosophique J. Vrin, 6, Place de la Sorbonne) sono utili, per non dir necessari, a leggersi da chi voglia conoscere a fondo il molteplice merito ed il valore tanto teologico quanto pratico delle Glorie di Maria. Non è già una “apologia”, ma un lavoro di esatta, profonda e sana critica, il quale, per il merito dell'opera e del santo autore, viene ad essere la più efficace apologia.

 

24 Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 208, n. 4, ML 39-2130: “Loquamur aliquid in laudibus sacratissimae Virginis. Sed quid nos tantilli, quid actione pusilli, quid in eius laudibus referemus, cum etsi omnium nostrum membra verterentur in linguas, eam laudare sufficeret nullus.” L'autore sembra che sia o FULBERTUS, episcopus Carnotensis, ardentissimo fautore del culto di Maria, o, più probabilmente, S. AMBROSIUS AUTPERTUS (+ 778).

 

25 “Felix es...” In Visitatione et in Nativitate B. M. V., Versus, ad Graduale. - “Felix namque es...” Responsorium post lectionem 7, in festis B. M. V. per annum.

 

26 “Plenus equidem aquaeductus, ut accipiant ceteri de plenitudine... - Advertistis iam, ni fallor, quem velim dicere aquaeductum, qui plenitudinem fontis ipsius de corde Patris excipiens, nobis eddit illum... Nostis enim cui dictum sit: Ave, gratia plena... Propterea tanto tempore humano generi fluenta gratiae defuerunt, quod necdum intercederet is, de quo loquimur, tam desiderabilis aquaeductus.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 3, 4. ML 183-440.

 

27 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 9, cap. 15, n. 2, inter Opera S. Alb. M., ed. Lugd., XX, 744, col. 1: “Beatus Bernardus: Ideo tanto tempore defuerunt hominibus fluenta gratiarum, quia nondum intercesserat aquaeductus.” E soggiunge Riccardo: “Ad hoc enim data est ipsa mundo quasi aquaeductus, ut per ipsum a Deo ad homines dona caelestia iugiter descenderent.” È quello stesso che sopra (n. 3, col. 440) aveva detto S. Bernardo: “Derivatus est fons usque ad nos, in plateis derivatae sunt aquae... Descendit per aquaeductum vena illa caelestis... stillicidia gratiae arentibus cordibus nostris infundens... Plenus equidem aquaeductus, ut accipiant ceteri de plenitudine.”

 

28 Iudith VII, 6-11.

 

29 S. BERNARDUS, Sermo de aquaeductu, n. 6, ML 183, col. 441: “Altius ergo intueamini quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae ascendit deliciis affluens.”

 

30 “Per B. Mariam exivit de caelis ad nos quidquid umquam gratiae creatum venit in mundum.” S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tract. 15, cap. 20, § 12. Veronae, 1740, IV, col. 1061.

 

31 S. BONAVENTURA, nelle sue opere genuine, in II Sent., dist. 14, pars 2, Dubia circa litteram Magistri, III, Opera, ad Claras Aquas, II, pag. 367, 368, dice della luna, ma senza paragonarle Maria SS.: “Quoniam luna inter corpora caelestia magis est nobis propinqua et eius orbis, hinc est quod tam ipsa quam eius orbis minus participat de perfectione lucis. Quia tamen multum est naturae lucis conformis, obiecta soli multum illuminatur... et... radios quos suscipit, refundit... et cum sit nobis propinqua, multum nos illuminat.” - Il testo che riferisce S. Alfonso, si trova pure nella Polyanthea di Spanner, sub littera M, VI. - Nel Sermones, Dom. I Adv., sermo 11 (ad Claras Aquas, IX, 35, 36) Maria viene assomigliata alla luna, ma con tutt'altre considerazioni. - Nelle opere attribuite a S. Bonaventura: Sermo 1 de B. V. M., Lugduni, III, 365, col. 1: “Dicitur... luna, quia a sole tota est illuminata, et accepti luminis refulsiva;” Sermo 3 de B. M. V., pag. 368, col. 1: “Ipse (Christus) est lux qua illustramur... et ignis quo infiammamur... Potest tamen impetratorie et meritorie appropriari Dominae nostrae hoc donum gratiae, propter quod dicitur esse similis lunae, cuius est accipere lumen, et terris refundere.” - Nel Quadragesimale aureum Fratris IACOBI DE VARAGINE, O. P., Archiep. Ianuensis, sabbato post Cineres, sermo 2 (Venetiis, 1775, fol. 17, a tergo): “Secundo in quantum est mediatrix, assimilatur lunae. Sicut luna lucet in nocte, et est vicina terrae, et habet virtutem efficacem super mare, sic et ipsa, scilicet Maria, lucet peccatoribus dando eis lumen suae gratiae; et est vicina eis, cito eis succurrendo per effectum misericordiae; et ostendit virtutem suam super afflictos et amaricatos, dando eis dulcedinem consolationis suae.”

 

32 “Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transiret.” S. BERNARDUS, In Vigilia Nativ. Domini, sermo 3, n. 10, ML 183-100. - S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Imm. V. Mariae, Sermo 5, De Nativitate B. M. V., articulus unicus, cap. 8, Venetiis, 1745, IV, pag. 92, col. 2: “Hinc devotissimus Bernardus ait: Nulla gratia venit de caelo ad terram, nisi transeat per manus Mariae.”

 

33 Inter Opera S. Bonav., Litania B. V. M., Lugduni VI, pag. 493 (erronea numeratio, 491), col. 2: “Paradisi porta pervia.” - S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale sive Quaestiones super Evangelium “Missus est...”, qu. 147, Opera, Lugduni, 1651, XX, pag. 101, col. 1: “B. Virgo proprie dicitur porta caeli, quia per ipsam exivit quidquid gratiae umquam creatum vel increatum in hunc mundum venit vel venturum est: omnium enim bonorum mater est et mater gratiae, et mater misericordiae. Et etiam ipsa gratia increata tamquam aquaeductus (aquaeductu) exivit ab ipsa et venit in mundum. Item per ipsam intravit quidquid umquam boni de caelis in terram descendit, et e converso.”

 

34 Inter Opera S. Hieronymi, Epistola 9 (inter supposititias), Ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 5. ML 30-127. - UBERTINUS A CASALI, Arbor vitae crucifixae, lib. 1, cap. 8, Venetiis, 1485, fol. 6, pag. 16, col. 2. - Vedi Appendice, 1.

 

35 “Unde, Cant. VII, 4, de Virgine ad Christum Salomon ait: Collum tuum sicut turris eburnea. Nam sicut per collum vitales spiritus a capite descendunt in corpus; sic per Virginem a capite Christi (meglio: Christo) vitales gratiae in eius corpus mysticum transfunduntur.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones de festivitatibus B. M. V., Sermo 5, De Nativitate B. M. V., articulus unicus, cap. 8, Venetiis, 1745, IV, p. 92, col. 2. - Sermo 3, De glorioso nomine Virginis Mariae, art. 3, cap. 2, pag. 81, col. 1, 2: “Propterea, Cant. VII, 4, de Virgine ad Christum Salomon inquit: Collum tuum sicut turris eburnea. Nam sicut per collum spiritus vitales a capite diffunduntur per corpus: sic per Virginem a capite Christo vitales gratiae in eius mysticum corpus, et specialius in amicos atque devotos, continue transfunduntur.”

 

36 Il testo qui attribuito a S. Bonaventura, è di S. Bernardino da Siena, come appresso vedremo; e con ragione S. Alfonso lo trova più chiaro di quello di S. Bonaventura, o meglio di CONRADUS SAXON, inter Opera S. Bonav., Lugd., 1668, VI, p. 432, col. 1, 2: “Maria dicitur mare, propter affluentiam et copiam gratiarum. Unde scriptum est in Ecclesiaste, I, 7: Omnia flumina intrant in mare. Flumina sunt charismata Spiritus Sancti.” secondo la parola di Nostro Signore, Io. VII, 38, 39. “Omnia ergo flumina intrant in mare, dum omnia charismata sanctorum intrant in Mariam.” Tanti fiumi, la grazia degli angeli, quella dei Patriachi e dei Profeti, quella degli Apostoli, dei Martiri, dei Confessori, delle Vergini. “Omnia flumina intrant in mare, id est, omnes gratiae intrant in Mariam. Unde ipsa optime dicere potest: In me omnis gratia viae et veritatis, et in me omnis spes vitae et virtutis (Eccli. XXIV, 25). Quid nimirum si omnis gratia in Mariam confluxit, per quam tanta gratia ad omnes defluxit?” In quel che segue, dopo altre considerazioni, mostra come Maria sia “illuminatrix” per gli uomini e per gli stessi angeli (pag. 433). - S. BERNARDINUS SENENSIS, De Nativitate B. M. V., art. unicus, cap. 8, pag. 93, col. 1: “Quum enim tota natura divina, totum esse, posse, scire et velle divinum intra Virginis uterum exstiterit clausum: non timeo dicere quod (in) omnium gratiarum influxus quamdam iurisdictionem habuerit haec Virgo, de cuius utero, quasi de quodam divinitatis oceano, rivi et flumina emanabant omnium gratiarum.”

 

37 A tempore enim a quo Virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam, ut sic dicam, iurisdictionem seu auctoritatem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali: ita quod nulla creatura aliquam a Deo obtinuit gratiam vel virtutem nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem. Hinc Bernardus devotissimus ait: Nulla gratia venit de caelo ad terram, nisi transeat per manus Mariae. Hinc Hieronymus in sermone de Assumptione inquit: In Christo fuit plenitudo gratiae, sicut in capite influente: in Maria vero, sicut in collo transfundente. Unde, Cant. VII, 4, etc.” come sopra, nota 35. S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus B. M. V., Sermo 5. De Nativitate B. M. V., art. unicus, cap. 8, pag. 92, col. 2. - Vedi Appendice, 1.

 

38 “Comme il ne sort aucune ligne du centre qui ne passe par la circonférence, ainsi tout ce qui sort du Cœur de Jésus, qui est le centre de tous les biens, passe par sa Mère qui est comme la circonférence qui l'environne.” (Crasset sembra attribuire questa idea a S. Bonav.). CRASSET, S. I., La véritable dévotion envers la Sainte Vierge établie et défendue, partie 1, traité 1, qu. 5, § 2. - Non allude però il Crasset al testo di Geremia.

 

39 “Reperio namque in Rege nostro Iesu duas mirabiles dignitates, videlicet, quod sit aeternus Deus genitus ab aeterno, et aeternum Deum producat, eo quod Spiritum Sanctum spiret. Et ipse clausus in virgineo utero in aeternitate a Deo Patre Deus generabatur aeternus; et in eadem aeternitate, ipse puer in ventre Matris, Deum inspirabat et producebat. Primam Filii dignitatem, scilicet quod sit generatus a Deo, tam supremo modo Virgo benedicta participavit, quod Iesus non dicatur verius filius Dei quam filius Virginis: nec maior nec minor, nec dignior est Dei Filius in throno paterno sedens, vestitus claritate quam habuit antequam mundus fieret, quam pannis pauperibus involutus et intra foenum in praesepio reclinatus. Et quia talis est Mater Filii Dei, qui producit Spiritum Sanctum: ideo omnia dona, virtutes et gratiae ipsius Spiritus Sancti, quibus vult, quando vult, quomodo vult, et quantum vult, per manus ipsius administrantur.” S. BERNARDINUS SEN., Sermo de Nativitate B. M. V., art. unicus cap. 8. Venetiis, 1745, IV. p. 93. col. 1.

 

40 “Venerunt mihi omnia bona pariter cum illa (Sap. VII, 11). Et hoc praecipue intelligendum est de bonis gratuitis (cioè dei beni soprannaturali della grazia), quae vera bona sunt. Venerunt scilicet a Deo omnium bonorum largitore, qui quidquid boni dat creaturis suis, per manus matris Virginis vult transire.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. V. M., lib. 2, cap. 3, n. 4. inter Opera S. Alb. M., ed. Lugd., XX, 50 (numeratio erronea: 60), col. 2.

 

41 “Thesaurus Domini est, et Thesauraria gratiarum ipsius.” RAYMUNDUS IORDANUS, O. S. Aug. Abbas Cellensis, (sapiens Idiota,) Contemplationes de B. V., Prooemium, Bourassé-Migne, Summa aurea, IV, 851, 852.

 

42 “IDEM, ibid., col. 851: “Attende... ad gloriosam Virginem... quia per ipsam et in ipsa, et cum ipsa habet mudus, et habuit, et habiturus est omne bonum.”

 

43 Lod. Ant. MURATORI, Della regolata divozione de' Cristiani, cap. 22: “Il che (che niun bene venga a noi da Dio se non per mano di Maria) va sanamente inteso, cioè che noi abbiamo ricevuto per mezzo di questa Immacolata Vergine il Signor Gesù Cristo, per li cui infiniti meriti discendono sopra di noi tutti i doni ed ogni celeste benedizione.” - Vedi sopra, pag. 160 e Appendice, 5.

 

44 “Sentit ergo Ecclesia Virginis intercessionem et orationem prae omnibus aliis sibi esse utilem ac necessariam; est ergo B. Virgo a nobis prae omnibus oranda.” SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disputatio 23, sectio 3, in fine.

 

45 “Quia indignus eras cui donaretur, datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes... Nihil nos Deus habere voluit quod per Mariae manus non transiret.” S. BERNARDUS, In Vig. Nativ. Domini sermo 3, n. 10. ML 183-100.

 

46 In Appendice 2 (operum suppositorum) ad Opera S. Hildefonsi, episcopi Toletani (669), Libellus de corona Virginis, cap. 15, ML 96-304: “Sed quis ut tu, animas steriles sic fecundat? quis sic impinguat corda arentia? quis sic pectora frigida calefacit? Omnia bona, quae illic summa Maiestatis decrevit facere, tuis manibus voluit commendare. Commissi quippe sunt tibi thesauri sapientiae et scientiae, iocalia charismatum, decoramenta virtutum, ornamenta gratiarum.” Questo opuscolo, assai divoto, fu ritrovato in un antico manoscritto della Chiesa di Toledo, e Pietro de Alva, nella sua Bibliotheca Virginalis, credette di poterlo attribuire, con qualche probabilità, a S. Ildefonso. Non pare però che sia di lui, né di alcuno dei Padri Goti, per la differenza dello stile. Si dice posteriore a S. Bernardo, a causa d'una tal quale reminiscenza della celebre apostrofe di questo Padre “In periculis, in rebus dubiis, etc.” nel cap. 17: “Tu es illa maris stella... ad quam suspirant Christicolae inter fluctus huius saeculi navigantes.” Questo argomento, dato come “omnem dubitationem de medio tollens”, non è molto convincente. Ad ogni modo, si conviene che l'opuscolo non sia posteriore al secolo XII, per la natura dei cantici o ritmi che vi s'intrecciano.

 

47 “Statuit Deus, B. Virgine libere consentiente, homo fieri, ut ipsi Virgini obligatione maxima adstrictos nos omnes sciremus, cuius arbitrio omnium hominum salus est commendata. Quocirca D. Petrus Damianus (De nativ. Virg.) aiebat: “Per ipsam, et in ipsa, et de ipsa totum hoc faciendum decernitur; ut sicut sine illo nihil factum, ita sine illa nihil refectum sit.” PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 1 in Ps. 86, n. 15. Venetiis, 1720, pag. 6, col. 2. - “An putas quod non contremiscat tota rationalis creatura ad contemplationem tantae dignitatis (Matris Dei)? Considera et quae in caelis, et qua in terris in Virgine refabricata, Deum, qui caelum palma metitur, virginei ventris brevitate conclusum, redemptionem hominum, angelorum restaurationem, denique quidquid est, fuit, et erit, per Virginis uterum renovatum, et tunc tibi cogitatio suggeret quod locutio demonstrare non potest.” NICOLAUS, monachus, notarius aliquando S. Bernardi, Sermo in Assumptione B. M. V. (Sermo 40 inter Semones S. Petri Damiani), ML 144-720. - Più espressamente, S. ANSELMUS, Oratio 52 (al. 51), ML 158-956: “Qui potuit omnia de nihilo facere, noluit ea violata sina Maria reficere. “

 

48 “Videamus nuns quomodo Dominus sit cum Maria, sicut flos cum virga florente. Maria enim est illa virga de qua dicitur in Isaia (XI, 1-3): (Et) egredietur virga de radice Iesse, et flos de radice eius ascendet. Et requiescet super eum spiritus Domini: spiritus sapientiae et intellectus, spiritus consilii et fortitudinis, spiritus scientiae et pietatis, et replebit eum spiritus timoris Domini.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 12, inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugdun., pag. 448, col. 1. - Pag. 449, col. 2: “Felix silva quae producit huius floris virgam. Felix magis virga, quae producit hunc florem in silva. Felix super omnia flos, sine quo nulla silva nec virga felix esse potest. Vere felicissimus flos, in quo spiritus Domini sic requievit, ut sine ipso nullus gratiam Spiritus Sancti habere possit. Testatur hoc B. Hieronymus, dicens: Spiritus Sanctus, qui in magna silva humani generis requiem non invenerat, tandem super hunc florem requievit, ita quod absque Christo nec sapiens quis esse potest, nec intelligens, nec consiliarius, nec fortis, nec eruditus, nec pius, nec plenus timoris Domini. Si hunc florem habere desideras, virgam floris precibus flectas. Si flor est nimis altus divinitate, virga tamen est flexibilis pietate.” - S. HIERONYMUS, In Isaiam, lib. 4, in cap. XI, 1, 2, ML 24-144, 145: “Virgam et florem de radice Iesse, ipsum Dominum Iudaei interpretantur... Nos autem virgam de radice Iesse, sanctam Mariam Virginem intelligamus... Super hunc igitur florem, qui de trunco et de radice Iesse per Mariam Virginem repente consurget, requiescet spiritus Domini... Porro in Evangelio, cuius supra mentionem fecimus (poche righe sopra; cioè il Vangelo ebraico dei Nazareni) haec scripta reperimus (parlando del battesimo di Nostro Signore: Cf. Io. I, 32, 33): Factum est autem cum ascendisset Dominus de aqua, descendit fons omnis Spiritus Sancti, et requievit super eum, et dixit illi: Fili mi, in omnibus Prophetis exspectabam te, ut venires, et requiescerem in te. Tu es enim requies mea, tu es filius meus primogenitus, qui regnas in sempiternum... Et quomodo idem Sermo Dei vocatur lux, et vita, et resurrectio: sic spiritus sapientiae et intellectus, et consilii et fortitudinis, et scientiae et pietatis, ac timoris Domini nuncupatur... Absque Christo igitur nec sapiens quis esse potest, nec intelligens, nec consiliarius, nec fortis, nec eruditus, nec pius, nec plenus timoris Dei. Et hoc notandum quod Spiritus Domini... requiescat super virgam et florem, qui de Iesse, ac per hoc David stirpe surrexit.”

 

49 Questa sentenza, espressa in questi termini, viene attribuita a S. Bonaventura da Spanner, Polyanthea, littera M, VI. - Nelle antiche edizioni delle Opere di S. Bonaventura (Vat. Mogunt. Lugdun.), manca sia fra i Sermones, sia fra le opere spirituali. Nella Expositio postillaris in Evang. B. Lucae, II, 16: “Et invenerunt Mariam et Ioseph et infantem positum in praesepio... In hoc etiam instruimur, si volumus Christum invenire, prius ad Mariam debemus accedere.” Opera, ut supra, II, pag. 26, col. 1. - Nell'edizione recente ed accuratissima di Quaracchi, VII, pag. 52, n. 37: Commentarius in Evang. S. Lucae cap. 2: “Et invenerunt Mariam... (come sopra)... In hoc etiam instruimur, ut, si Christum volumus invenire, prius ad Mariam debemus accedere.” - Sermones de tempore, in Epiphania, sermo 2, IX, 150, col. 1: “Stella exterior et inducens ad veniendum ad Christum est Sacra Scriptura; stella deducens et superior est sancta Virgo benedicta; stella interior perducens ad Christum est Spiritus Sancti gratia.” Cf. ibid., col. 2. - Opusculum de V festivitatibus, festivitas 4, n. 3, VIII, pag. 93, col. 2, 94, col. 1: “Ibi (in dulcedine caelestis contemplationis post confessionem criminum) puer Iesus cum Maria matre invenitur... O felix Maria, a qua Iesus concipitur, de qua nascitur, et cum qua tam dulciter et gaudenter Iesus invenitur!” - S. BERNARDUS, Sermo in Signum magnum, n. 11, L 183-435: “Numquid non ab initio venisse pastores, et primam omnium Mariam invenisse leguntur (Luc. II, 16)?... Sic et magi quoque, si recolis, non sine Maria matre eius puerum invenerunt (Matth. II, 11).” Ivi S. Bernardo insiste soltanto sul silenzio di Maria.

 

50 “Ut sim devotus Filii generati, servus fieri appeto genitricis.” S. HILDEFONSUS, Episc. Tolet., Liber de Virginitate perpetua S. Mariae, cap. 12, ML 96-108.

 

51 VINCENTIUS BELVACENSIS, O. P., (+1264), Speculum historiale, lib. 7, cap. 105, 106. - CAESARIUS Heisterbacensis, Ord. Cist. (1170-1240), Dialogus miraculorum, distinctio 2, cap. 12. - Non sembra che, nell'intenzione dei due narratori, si tratti di un medesimo fatto. Molte circostanze son diverse; e prima di tutto, quella di luogo. Vincenzo dice: “In quodam castello Aquitaniae;” Cesario: “Infra hoc quinquennium, iuxta Floreffiam, coenobium Ordinis Praemonstratensis in dioecesi Leodiensi.” Non si dimentichi che, nel medio evo, non erano assai rari i fatti di magia. Del resto, in ogni secolo, ed anche nel nostro, adversarius vester diabolus circuit quaerens quem devoret, con tutti i mezzi che, per giusti fini, la Provvidenza lasia a sua disposizione. - Il racconto di S. Alfonso riflette di più, nei particolari, quello del Cesario.

 

52 Nella I ediz. vi era anche: E dove mai voi mi conoscevate?
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13/09/2009 10:33

§ 2. - Seguita la stessa materia.

 

Dice S. Bernardo che conforme un uomo ed una donna han cooperato alla nostra ruina, così fu conveniente che un altro uomo ed un'altra donna cooperassero alla nostra riparazione; e questi furono Gesù e la sua Madre Maria. Non ha dubbio, dice il santo, che Gesù Cristo egli solo fu sufficientissimo per redimerci, ma congruum magis fuit, ut adesset nostrae reparationi sexus uterque, quorum corruptioni neuter defuisset (Serm. in Sign. magn.).1 Onde dal B. Alberto Magno vien chiamata Maria Adiutrix Redemptionis, la cooperatrice della Redenzione.2 Ed ella stessa rivelò a S. Brigida (Lib. 5, c. 35) che siccome Adamo ed Eva per un pomo venderono il mondo, così ella col Figlio con un cuore riscattarono il mondo: Adam et Heva vendiderunt mundum pro uno pomo; Filius meus et ego redemimus mundum uno corde.3 Ha ben potuto Dio, conferma S. Anselmo, creare il mondo dal niente; ma essendosi perduto il mondo per la colpa, non ha voluto Dio ripararlo senza la cooperazione di Maria: Qui potuit omnia de nihilo facere, noluit ea violata sine Maria reficere (S. Ans., in Alloq. cael., num. 27).4

 

In tre modi, spiega il P. Suarez, ha cooperato la divina Madre alla nostra salute: prima con aver ella meritato con merito di congruo l'Incarnazione del Verbo. Secondo con essersi molto impiegata a pregare per noi, mentre vivea su questa terra. Terzo con aver ella sagrificata volentieri a Dio la vita del Figlio per la nostra salute.5 E perciò ha stabilito giustamente il Signore, che avendo Maria cooperato con tanto amore verso degli uomini e con tanta gloria divina alla salvazione di tutti, tutti poi per mezzo della sua intercessione ottengano la salute.

 

Maria si chiama la cooperatrice della nostra giustificazione, perché a lei ha commesse Dio tutte le grazie da dispensarsi a noi: Auxiliatrix nostrae iustificationis, quia Deus omnes gratias faciendas Mariae commisit.6 Dal che poi afferma S. Bernardo che tutti gli uomini passati, presenti e futuri debbano riguardare Maria come il mezzo e 'l negozio della salute di tutti i secoli: Ad illam sicut ad medium, sicut ad negotium omnium saeculorum respiciant, et qui praecesserunt, et nos qui sumus, et qui sequentur (Serm. 2, in Pentec.).7

 

Disse Gesù Cristo che niuno poteva ritrovarlo se prima l'Eterno suo Padre non l'avesse tirato colla sua divina grazia: Nemo venit ad me, nisi Pater meus traxerit eum.8 Così ancora, secondo Riccardo, dice Gesù della sua Madre: Nema venit ad me, nisi mater mea suis precibus traxerit eum (Sup Cant., c. 1, v. 3):9 Niuno a me viene, se la madre mia non l'abbia tirato prima colle sue preghiere. - Gesù fu frutto di Maria, come le disse S. Elisabetta: Benedicta tu inter mulieres et benedictus fructus ventris tui (Luc. I, 42). Chi vuol dunque il frutto, dee andare all'albero. Chi vuole dunque Gesù, dee andar a Maria, e chi trova Maria, trova ancora certamente Gesù. S. Elisabetta allorché vide la SS. Vergine venuta a visitarla in sua casa, non sapendo come ringraziarla, tutta umiltà esclamò: Et unde hoc mihi, ut veniat mater Domini mei ad me? (Luc. I, 43): E dove io meritava che la Madre del mio Dio venisse a ritrovarmi? Ma come? si dimanda: Non sapeva già S. Elisabetta che non solo Maria, ma anche Gesù era venuto in sua casa? e perché poi si chiama indegna di ricever la Madre e non più presto di vedere il Figlio venuto a ritrovarla? Eh che ben intendeva la santa che quando viene Maria, porta ancora Gesù; e perciò le bastò di ringraziar la Madre senza nominar il Figlio.

 

Facta est quasi navis institoris de longe portans panem suum (Prov. XXXI, 14). Maria fu già questa felice nave, che dal cielo a noi portò Gesù Cristo, pane vivo, che venne dal cielo per dare a noi la vita eterna, com'egli disse: Ego sum panis vivus, qui de caelo descendi; si quis manducaverit ex hoc pane, vivet in aeternum (Io. VI, 51, [52]). Onde poi dice Riccardo di S. Lorenzo (De laud. Virg.) che nel mare di questo mondo si perderanno tutti coloro, che non si troveranno ricevuti in questa nave, cioè non protetti da Maria: In mare mundi submergentur omnes illi quos non suscipit navis ista. Ideo, soggiunge, quoties videmus insurgentes fluctus huius maris, clamare debemus ad Mariam: Domina, salva nos, perimus:10 Sempreché ci vediamo nel pericolo di perderci per le tentazioni o passioni della presente vita, dobbiamo ricorrere a Maria gridando: Presto, Signora, aiutaci, salvaci, se non ci vuoi veder perduti. - E notisi qui di passaggio che 'l suddetto autore non fa scrupolo di poter dire a Maria: Salva nos, perimus, come fa difficoltà l'autor più volte mentovato nel paragrafo scorso, il quale proibisce il poter dire alla Vergine che ci salvi, mentre dice che il salvarci spetta solo a Dio.11 Ma se un condannato alla morte ben può dire ad alcun favorito del re che lo salvi con interporsi appresso del principe per ottenergli la vita; perché non possiamo noi dire alla Madre di Dio che ci salvi con impetrarci la grazia della vita eterna? S. Giovan Damasceno (Or. Paracl.) non facea difficoltà di dire alla Vergine: Regina immaculata et pura, salva me, libera me ab aeterna damnatione.12 S. Bonaventura chiamava Maria: O salus te invocantium.13 La santa Chiesa approva l'invocarla Salus infirmorum. E noi faremo scrupolo di poterle dire che ci salvi? Quandochè Nemini nisi per eam patet aditus ad salutem, come dice un autore (Paciucch., de B. Virg.).14 E prima lo disse S. Germano: Nemo qui salvus fiat nisi per te, parlando di Maria (In Serm. de Zona Virg.).15

 

Ma vediamo che altro dicono i santi della necessità che abbiamo dell'intercessione della divina Madre. Diceva il glorioso S. Gaetano che noi possiamo cercar le grazie, ma non potremo mai ottenerle senza l'intercessione di Maria.16 E lo confermava S. Antonino dicendo con bella espressione: Qui petit sine ipsa, sine alis tentat volare (P. 3, tit. 15, c. 22, §. 9):17 Chi domanda e vuole ottener le grazie senza l'intercessione di Maria, diceva il santo che pretende senza ali di volare; poiché siccome Faraone disse a Giuseppe: Terra Aegypti in manu tua est;18 e siccome tutti coloro che a lui ricorrevano per soccorso egli li mandava a Giuseppe: Ite ad Ioseph;19 così Dio, quando noi gli cerchiamo le grazie, ci manda a Maria: Ite ad Mariam. Poich'egli ha decretato, dice S. Bernardo, di non concedere alcuna grazia se non per mano di Maria: Decrevit nihil dare nisi per Mariam (Serm. de Nat. Virg.).20 Onde dice Riccardo di S. Lorenzo: Salus nostra in manu Mariae est, ut ei dicere multo melius valeamus nos Christiani, quam Aegyptii dixerunt Ioseph: Salus nostra in manu illius est (Lib. 2, de laud. Virg., c. 1).21 Lo stesso dice il V. Idiota: Salus nostra in manu illius est (In Praef. Cont. V.).22 Lo stesso asserisce ma con più forza Cassiano: Tota salus mundi consistit in multitudine favoris Mariae.23 Dice questi assolutamente che la salute di tutti consiste nell'esser favoriti e protetti da Maria. Chi è protetto da Maria, si salva; chi non è protetto, si perde. S. Bernardino da Siena le dice: Tu dispensatrix omnium gratiarum: salus nostra in manu tua est (Serm. 1, de Nat. B.V.):24 Signora, giacché voi siete la dispensatrice di tutte le grazie, e la grazia della salute solo per mano vostra ci ha da venire, dunque la nostra salute da voi dipende.

 

Perciò ebbe ragion di dire Riccardo che conforme una pietra cade subito che vien tolta la terra che la sostiene, così un'anima, tolto l'aiuto di Maria, caderà prima nel peccato e poi nell'inferno: Sicut lapis, subtracta terra, delabitur in profundum, ita, subtracto Mariae adiutorio, homo delabitur in peccatum et inde in infernum (L. 8, de laud. Virg., c. 11).25

 

Aggiunge S. Bonaventura che Dio non ci salverà senza l'intercessione di Maria: Ipse sine ea non salvabite.26 E siegue a dire che come un bambino, mancando la nutrice che lo sostenti, non può vivere; così ciascuno, mancando Maria di proteggerlo, non può salvarsi: Quemadmodum infans sine nutrice non potest vivere; ita sine Domina nostra non potes habere salutem (S. Bon., in Cant. B.V. pro sabb.). Onde esorta: Sitiat ergo anima tua ad ipsam: tene nec dimitte, donec benedixerit tibi: Procura che l'anima tua abbia sete della divozione di Maria, conservala sempre e non lasciarla, finché non giungi a ricevere in cielo la sua materna benedizione. E chi mai, dice S. Germano, conoscerebbe Dio, se non fosse per voi, o Maria SS.? Chi si salverebbe? Chi sarebbe libero da' pericoli? Chi riceverebbe alcuna grazia, se non fosse per voi, o Genitrice di Dio, o Vergine Madre, o piena di grazia? Ecco le sue belle parole: Nemo est, o Sanctissima qui ad Dei notitiam venit, nisi per te: nemo qui salvus fiet, nisi per te, Dei parens: nemo liber a periculis, nisi per te, Virgo mater: nemo donum Dei suscipit, nisi per te, gratia plena (Serm. de zona V.).27 Ed in altro luogo (Or. de dorm. Deip.) le dice: Nisi enim tu iter aperires, nemo spiritualis evaderet:28 Se voi non gli apriste la via, niuno sarebbe libero da' morsi della carne e del peccato.

 

Conforme noi non abbiamo l'accesso all'Eterno Padre, se non per mezzo di Gesù Cristo; così, dice S. Bernardo, noi non abbiamo l'accesso a Gesù Cristo, se non per mezzo di Maria: Per te accessum habemus ad Filium, o inventrix gratiae, mater salutis, ut per te nos suscipiat, qui per te datus est nobis.29 Ed ecco la bella ragione, per cui dice S. Bernardo aver determinato il Signore che tutti ci salviamo per intercessione di Maria: acciocché per mezzo di Maria ci riceva quel Salvatore, che per mezzo di Maria è stato a noi donato; e perciò la chiama il santo la madre della grazia e della nostra salute. Dunque, ripiglia San Germano, che sarà di noi? quale speranza ci rimarrà di salvarci, se ci abbandonate, o Maria, voi che siete la vita de' Cristiani? Si nos deserueris, quid erit de nobis, o vita Christianorum? (Serm. de zona Virg.).30

 

Ma replica l'autore moderno di sopra mentovato: Se tutte le grazie passano per Maria, dunque implorando noi l'intercessione de' santi, essi han da ricorrere alla mediazione di Maria per ottenerci le grazie? Ma ciò, dice, niuno lo crede e niuno mai l'ha sognato.31 - In quanto al crederlo, rispondo che in ciò non vi può essere alcun errore o inconveniente. Quale inconveniente sarà mai il dire che Dio per onorar la sua Madre, avendola costituita regina de' santi, e volendo che tutte le grazie si dispensino per le sue mani, voglia ancora che i santi a lei ricorrano per ottenere le grazie a' loro divoti? In quanto poi al dire che ciò niuno mai lo ha sognato, io trovo che l'hanno asserito espressamente S. Bernardo,32 S. Anselmo,33 S. Bonaventura,34 e con essi il P. Suarez (Tom. 2, in 3 p., D. 23, sect. 3),35 ed altri. Frustra, dice S. Bernardo, alios sanctos oraret, quem ista non adiuvaret:36 Indarno alcuno pregherebbe gli altri santi di alcuna grazia che cerca, se Maria non s'interponesse ad ottenergliela. Così anche spiega a tal proposito un autore quel passo di Davide: Vultum tuum deprecabuntur omnes divites plebis (Ps. XLIV, [13]).37 I ricchi di quel gran popolo di Dio, sono i santi, i quali allorché vogliono impetrare qualche grazia ad alcun loro divoto, tutti si raccomandano a Maria che ce l'ottenga. Ond'è che giustamente, dice il P. Suarez, noi preghiamo i santi ad esser nostri intercessori appresso di Maria, come lor signora e regina: Inter sanctos non solemus uti uno tamquam intercessore ad alium, cum omnes sint eiusdem ordinis. Ad Virginem autem tamquam ad dominam ac reginam alii sancti adhibentur intercessores.38

 

E ciò appunto è quel che prometté S. Benedetto a S. Francesca Romana, come si legge appresso il P. Marchese (Nel Diario di Maria, alli 21 di marzo). Le apparve un giorno il detto santo, e prendendo la di lei protezione, le prometté di esserle avvocato appresso la divina Madre.39 Soggiunge in conferma di ciò S. Anselmo, parlando colla Vergine: Quod possunt omnes isti tecum, tu sola potes sine illis omnibus (Or. 45, ad S. Virg. Mar.): Signora, quello che possono ottenere le intercessioni di tutti questi santi uniti con voi, ben può ottenerlo la sola vostra intercessione senza il loro aiuto. Quare hoc potes? seguita a dire il santo: Ma perché voi sola avete tanta potenza? Perché voi sola siete la Madre del comun nostro Salvatore, voi la sposa di Dio, voi la regina universale del cielo e della terra: Quia mater es Salvatoris nostri, sponsa Dei, regina caeli et terrae. Se voi non parlate per noi, niun santo pregherà per noi e ci aiuterà: Te tacente, nullus iuvabit, nullus orabit. Ma se voi vi moverete per noi a pregare: Te Domina orante, omnes iuvabunt et orabunt (S. Ans., lib. or., Exc. V., ap. Pac., exc. 20, in Sal. Ang., n. 7):40 tutti i santi s'impegneranno anche a supplicarlo per noi ed a soccorrerci. Sicché dice il P. Segneri - nel suo libro, Divoto di Maria, - applicando colla santa Chiesa a Maria quelle parole della Sapienza: Gyrum caeli circuivi sola (Eccli. XXIV, 8), che siccome la prima sfera col suo moto fa che tutte l'altre sfere si muovano; così quando Maria si muove a pregare per un'anima, fa che tutto il paradiso si faccia ancora a pregare con essa.41 Anzi dice S. Bonaventura che allora comanda, come regina ch'ella è, a tutti gli angeli e santi che l'accompagnino ed uniscano insieme colla sua anche tutte le loro preghiere: Quando Virgo sanctissima procedit ad Deum pro nobis deprecandum, imperat angelis et sanctis, ut eam comitentur, et simul cum ipsa Altissimum pro nobis exorent (S. Bon., in Spec. V., cap. 3).42

 

E così finalmente s'intende la ragione, per cui la santa Chiesa c'impone d'invocare e salutare la divina Madre col gran nome di nostra speranza: Spes nostra, salve. - L'empio Lutero diceva di non potere soffrire che la Chiesa Romana chiamasse Maria, una creatura, la speranza nostra: Ferre nequeo, esclamava, ut Maria dicatur spes et vita mea (In Post. Mai. Ev. in Nat. Mar.).43 Poich'egli diceva che solo Dio e Gesù Cristo, come nostro mediatore, sono la speranza nostra, ma che Dio maledice all'incontro chi mette la sua speranza nella creatura, secondo dice in Geremia: Maledictus homo qui confidit in homine (Ier. XVII, 5). Ma la Chiesa c'insegna ad invocare da per tutto Maria, ed a chiamarla nostra speranza, Spes nostra, salve.

 

Chi ripone la sua speranza nella creatura indipendentemente da Dio, questi certamente vien maledetto da Dio, poiché Dio è l'unico fonte e 'l dispensatore d'ogni bene; e la creatura senza Dio non ha niente né può dar niente. Ma se il Signore ha disposto, secondo abbiam provato, che tutte le grazie passino per Maria, come per un canale di misericordia, perciò possiamo, anzi dobbiamo asserire che Maria sia la nostra speranza, per mezzo di cui riceviamo le divine grazie. - E perciò S. Bernardo la chiamava tutta la ragione della sua speranza: Filioli, haec maxima mea fiducia, haec tota ratio spei meae (Or. pan. ad B.V.).44 Lo stesso asseriva S. Gio. Damasceno, allorché parlando colla B. Vergine le diceva: In te spem meam collocavi ex animo, et intentis oculis abs te pendeo (Ap. Auriem., to. 1, c. 7):45 Signora, in voi io ho posta tutta la mia speranza, ed attentamente da voi attendo la mia salute. S. Tommaso dice nell'Opusc. VIII che Maria è tutta la speranza della nostra salute: Omnis spes vitae.46 S. Efrem (De laud. Virg.) si protesta: Nobis non est alia quam a te fiducia, o Virgo sincerissima. Sub alis tuae pietatis protege et custodi nos:47 Vergine SS., le dice, accoglieteci sotto la vostra protezione, se volete vederci salvi; giacché non abbiamo altra speranza di salvarci che per vostro mezzo.

 

Concludiamo dunque con S. Bernardo: Totis medullis cordium hanc Mariam veneremur, quia sic est voluntas eius qui totum nos habere voluit per Mariam (Serm. de Nat. B.V.):48 Procuriamo di venerare con tutti gli affetti del cuore questa divina Madre Maria, poiché questa è la volontà di quel Signore, il quale ha voluto che tutto il bene per mano di lei noi lo riceviamo. E perciò ci esorta il santo che sempreché desideriamo e domandiamo alcuna grazia, cerchiamo di raccomandarci a Maria e confidiamo per mezzo suo di ottenerla: Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus (Serm. de aquaed.).49 Poiché, dice il santo, se tu non meriti da Dio quella grazia che cerchi, ben meriterà di ottenerla Maria, che la chiederà a tuo favore: Quia indignus eras, cui donaretur, datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes (Serm. 3, in Vig. Nat.).50 Quindi avverte a ciascuno lo stesso S. Bernardo che per tutto ciò che noi offeriamo a Dio, o d'opere o di preghiere, procuriamo tutto di raccomandarlo a Maria, se vogliamo che 'l Signore l'accetti: Quidquid Deo offerre potes, Mariae commendare memento, si non vis sustinere repulsam (Serm. de aquaed.).51

 

Esempio.

 

È famosa la storia di Teofilo scritta da Eutichiano, patriarca di Costantinopoli, che fu testimonio oculare del fatto che qui si narra, e vien confermata da S. Pier Damiano, da S. Bernardo, S. Bonaventura, S. Antonino e da altri appresso il P. Crasset (Div. alla B.V., tom. 1, tr. 1, qu. 10).52

 

Era questi arcidiacono della chiesa di Adana città in Cilicia; ed era in tanta stima, che 'l popolo lo volea per suo vescovo, ma egli per la sua umiltà lo ricusò. Ma avendolo poi alcuni malevoli accusato, ed essendo stato deposto dalla sua carica, ne concepì tanto dolore, che, accecato dalla passione, andò a ritrovare un mago ebreo, che lo fe' abboccare con Satanasso, acciocché lo aiutasse in quella sua disgrazia. Il demonio rispose che se voleva il suo aiuto rinunziasse Gesù e Maria sua Madre, e gliene consegnasse l'atto della rinunzia scritto di propria mano; e Teofilo già fece l'esecranda scrittura.

 

Nel giorno seguente il vescovo, avendo conosciuto il torto fattogli, gli cercò perdono e lo restituì nella sua carica. Allora Teofilo, sentendosi lacerare da' rimorsi di coscienza per l'enorme peccato fatto, non facev'altro che piangere. Che fa? Se ne va in una chiesa, ed ivi a' piedi d'un'immagine di Maria si butta piangendo, e dice: O Madre di Dio, io non mi voglio disperare, avendo voi che siete così pietosa, e mi potete aiutare. Stette così piangendo e pregando per quaranta giorni la S. Vergine.

 

Ecco la Madre di misericordia gli apparisce una notte e gli dice: Oh Teofilo, che hai fatto? hai rinunziata l'amicizia mia e del mio Figlio; ed a chi? al tuo e mio nemico. Signora, rispose Teofilo, voi ci avete da pensare a perdonarmi, ed a farmi perdonare dal vostro Figlio. Allora Maria, vedendo quella sua confidenza: Sta allegramente, gli disse, che voglio pregare Dio per te. Teofilo da ciò animato accrebbe le sue lagrime, le penitenze e le preghiere, non partendosi d'innanzi a quell'immagine. Ed ecco di nuovo gli comparve Maria, ed allegra in volto gli disse: Teofilo, allegramente, ho presentate le tue lagrime ed orazioni a Dio, ed egli le ha ricevute e già ti ha perdonato. Ma d'oggi in poi siigli grato e fedele. Signora, replica Teofilo, ciò neppure mi basta per farmi appieno consolato; il nemico tiene ancora in sua mano quell'empia scrittura in cui rinunziai allora voi e 'l vostro Figlio; voi potete farmela restituire. Ecco dopo tre giorni si sveglia in una notte Teofilo, e si trova sul petto lo scritto.

 

Nel giorno seguente, mentre il vescovo stava in chiesa alla presenza d'un gran popolo, andò Teofilo a gittarsi a' suoi piedi, gli narrò tutto il fatto piangendo dirottamente, e gli consegnò l'infame scrittura, che il vescovo fe' subito allora bruciare avanti tutta quella gente, che non faceva altro che piangere per allegrezza, esaltando la bontà di Dio e la misericordia di Maria usata con quel misero peccatore; il quale ritornando alla chiesa della Vergine, ivi fra tre giorni se ne morì tutto contento, ringraziando Gesù e la sua santa Madre.

 

Preghiera.

O Regina e Madre di misericordia, che dispensate le grazie a tutti coloro che a voi ricorrono, con tanta liberalità perché siete regina, e con tanto amore perché siete nostra amantissima madre. A voi oggi mi raccomando io così povero di meriti e di virtù, e così carico di debiti colla divina giustizia. O Maria, voi tenete la chiave di tutte le divine misericordie; non vi scordate delle miserie mie, e non mi lasciate in tanta mia povertà. Voi siete così liberale con tutti, solita a dare più di quello che vi si domanda, siate ancora la stessa con me. Signora, proteggetemi, e questo è tutto ciò che vi domando. Se voi mi proteggete, io non temo di niente. Non temo de' demoni, perché voi siete più potente di tutto l'inferno. Non de' peccati miei, perché voi potete impetrarmene un perdono generale, con una parola che diciate a Dio. Non temo neppure, se ho il vostro favore, di Dio sdegnato, perché ad una vostra preghiera egli subito si placa. In somma, se voi mi proteggete, io spero tutto, perché voi potete tutto.

 

O madre di misericordia, io so che voi trovate piacere e vi gloriate di aiutare i più miserabili, che, non trovandoli ostinati, voi li potete aiutare. Io son peccatore, ma non son ostinato; voglio mutar vita. Potete dunque aiutarmi: aiutatemi e salvatemi. Ogg'io mi pongo tutto nelle vostre mani. Ditemi che ho da fare per dar gusto a Dio, ch'io lo voglio fare; e spero di farlo coll'aiuto vostro, o Maria, Maria, madre, luce, consolazione, rifugio e speranza mia. Amen, amen, amen.

 

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NOTE

1 “Vehementer quidem nobis, dilectissimi, vir unus et mulier una nocuere: sed, gratias Deo, per unum nihilominus virum et mulierem unam omnia restaurantur; nec sine magno fenore gratiarum... Sic nimirum prudentissimus et clementissimus artifex, quod quassatum fuerat non confregit, sed utilius omnino refecit, ut videlicet nobis novum formaret Adam ex veteri, et Evam transfunderet in Mariam. Et quidem sufficere poterat Christus;... sed nobis bonum non erat esse hominem solum. Congruum magis, ut adesset nosrae reparationi sexus uterque, quorum corruptioni neuter defuisset.” S. BERNARDUS, Sermo de duodecim praerogtivis B. V. M., ex verbis Apoc. XII, 1: Signum magnum..., n. 1. ML 183-429.

 

2 “Tempore vero Passionis... Mater misericordiae Patri misericordiarum in operatione summae misericordae affuit, et... adiutrix facta est redemptionis.” S. ALBERTUS MAGNUS, Super Missus, qu. 29, § 3. Opera, tom. 20, Lugduni, 1651, pag. 31, col. 2; Parisiis, tom. 37, pag. 62, col. 2.

 

3 “Maria loquebatur: “... Ipse (Filius) erat mihi quasi cor meum... Dolor eius erat dolor meus, quia cor eius erat cor meum. Sicut enim Adam et Eva vendiderunt mundum pro uno pomo, sic Filius meus et ego redemimus mundum quasi cum uno corde.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 35. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 43, col. 1.

 

4 S. ANSELMUS, Oratio 52 (al. 51). ML 158-956. - Le Orationes di S. Anselmo vengono anche chiamate Alloquia caelestia. Cf. Raynaudus, XI, p. 81, col. 2.

 

5 “B. Virgo tribus modis ad salutem nostram operata (est.) Primo merendo de congruo Incarnationem. Secundo orando, et petendo, et, quamdiu fuit in vita, de congruo merendo nobis salutem. Tertio concipiendo Christum nostrae salutis auctorem.” SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disputatio 23, sectio 1. Opera, Venetiis, 1746, pag. 174, col. 1. - “Addunt etiam interdum Patres, eo tempore (nempe Passionis Christi) exercuisse Virginem actum summae obedientiae, et caritatis erga homines, voluntarie offerendo Filium pro illis “quo actu, ait Bonaventura in d. 48, q. ult., et Deum et homines sibi maxime devinxisse.” Id. op., 4, sectio 3, pag. 32, col. 2.

 

6 “Ipsa est auxiliatrix nostrae iustificationis... Deus enim de ea confidens omnes gratias faciendas sibi commisit, et ipsa officium suum diligenter facit et abundanter gratias distribuit.” BERNARDINUS DE BUSTO (Bustis), Mariale, pars 3, Sermo 1, De nominatione Mariae, § “Sexto, ipsa est mediatrix communicationis...” Opera, III, Brixiae, 1588: pag. 205, col. 1; pag. 206, col. 2.

 

7 “Ad illam enim, sicut ad medium,sicut ad arcam Dei, sicut ad rerum causam, sicut ad negotium saeculorum, respiciunt et qui in caelo habitant, et qui in inferno, et qui nos praecesserunt, et nos qui sumus, et qui sequentur, et nati natorum, et qui nascentur ab illis. Illi qui sunt in caelo, ut resarciantur; et qui in inferno (parla cioè S. Bernardo del tempo in cui Gesù stava nel seno di Maria: l'inferno dunque è il Limbo dei Patriarchi e “qui sunt in caelo” sono i soli angeli) ut eripiantur; qui praecesserunt, ut prophetae fideles inveniantur; qui sequuntur, ut glorificentur.” S. BERNARDUS, In festo Pentecostes, sermo 2, n. 4. ML 183-328.

 

8 Nemo potest venire ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum. Io. VI, 44.

 

9 “Ideo trahi petit a Maria fidelis anima, quia, sicut dicit Filius de Patre (Io. XIV, 6): Nemo venit ad Patrem nisi per me, sic quodammodo dicere videtur de Matre: Nemo potest venire ad me, nisi Mater mea suis precibus traxerit eum.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 12, cap. 2, n. 12. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, pag. 352, col. 1; Parisiis, XXXVI, p. 643, col. 2.

 

10 “Ipsa etiam beata Maria nostra est susceptio: nam in mari mundi submerguntur omnes illi quos non suscepit navis ista, et quos non sublevat a naufragio peccatorum. Unde Sap. XIV, 5: Transeuntes mare, id est, mundum, per ratem, id est, per Mariam, liberati sunt... Ideo, quoties videmus insurgentes super nos fluctus eius maris, clamare debemus ad Mariam:... Domina, salva nos, perimus (Matth. VIII, 25).” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 11, cap. 8, n. 1. Inter Op. S. Alb. Magni, Lugduni, 1651, XX, 316, col. 1; Paris., XXXVI, 579.

 

11 “Convien ricordarsi che Maria non è Dio, come già ci avvertì Santo Epifanio, e dopo di lui Teodoreto. Dobbiam venerarla qual'Avvocata nostra, e non già farci a credere che a Lei appartenga il perdonarci i peccati, il salvarci.” Lod. Ant. MURATORI, Della regolata divozione dei Cristiani, cap. 22. Opere, VI, 199: Arezzo, 1768.

 

12 “Ore, lingua et corde confiteor te, o puella, castam Matrem Dei nostri; at tu mediatione tua ab aeternae damnationis sententia libera me.” (Non già S. Gio. Damasceno, ma) S. IOSEPHUS HYMNOGRAPHUS (+ 883), Theotocia (invocationes ad Deiparam) ex Paracletica Graecorum (libro ecclesiastico in usu per integrum annum), ex canone Sabbati ad Matutinum. MG 105-1315. - “Serva me ab igne gehennae et ab aeterna damnatione, Immaculata.” IDEM, Theotocia (alia), ex canone feriae V, hebd. V (post Pascha). MG 105-1399. - “Libera nos a supplicio ac damnatione aeterna... o pura Dei Genitrix.” IDEM, id. op., ex canone feriae II, hebd. VI (post Pascha). - Nei suoi inni, questo Santo, principalissimo tra gli innografi greci, chiama espressamente Maria SS. “nostra salvezza” almeno trenta volte, e più volte ancora in termini equivalenti. - Però, lo stesso S. GIO. DAMASCENO scrisse (Homilia in Annunt. B. V. M., MG 96-659): “Ave, gratia plena, quoniam refugium facta es nobis, et pro nobis... interpellatricem agis apud Filium... Ave, gratia plena, ave, omnium simul finium terrae communis salus.”

 

13 “Tu salus te invocantium.” Psalterium (maius) B. M. V., Hymnus ad instar Ambrosiani. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., etc., VI, 492 (paginazione erronea, 480).

 

14 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, in Ps. 86, Excitatio 1, n. 15, pag. 6, col. 2.

 

15 “Nullus enim, nisi per te, o sanctissima, salutem consequitur. Nullus, nisi per te, o immaculatissima, qui a malis liberetur. Nullus, nisi per te, o castissima, cui donum indulgeatur.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Encaenia aedis SS. Deiparae, in fascias Domini et in zonam Deiparae. MG 98-379.

 

16 “Dicere solitum accepimus, orare quidem divinum Numen mortales posse; at nisi Maria interprete, exoraturos plane numquam.” SILOS, Historiae Clericorum Regularium, pars prior, lib. 7, an. 1547. Romae, 1560, pag. 277. - Fr. DUMORTIER, C. SS. R., Vie, 1882, liv. 4, ch. 6, p. 273, 274.

 

17 “Hanc (nempe misericordiam) nedum magnam sed et maximam fecit in Virgine pia, ut merito nominetur mater misericordiae et regina eius. Unde in antiphona: Salve regina, mater misericordiae. Hanc qui petit, sine ipsa duce, sine pennis seu alis tentat volare.” S. ANTONINUS, Summa theol., pars 4, titulus 15, cap. 22, § 9. Veronae, 1740, col. 1086. - Il che ricorda i versi dell'Alighieri, Paradiso, XXXIII:

Donna, sei tanto grande e tanto vali,

Che qual vuol grazia e a te non ricorre.

Sua disianza vuol volar senz'ali.

 

18 Terra Aegypti in conspectu tuo est. Gen. XLVII, 6. - Salus nostra in manu tua est. Gen. XLVII, 25.

 

19 Gen. XLI, 55.

 

20 “Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transiret.” S. BERNARDUS, In Vig. Nativ. Domini, sermo 4, n. 10. ML 183-100. “Totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare.” In Nativ. B. M. V., De aquaeductu, n. 6. ML 183-441. - “Aic est voluntas eius qui totum nos habere voluit per Mariam.” Ibid., n. 7, col. 441.

 

21 “Salus nostra in manu illius est, ut ei dicere multo verius valeamus nos Christiani quam dixerint Aegyptii Ioseph (Gen. XLVII, 25): Salus nostra in manu tua est: respiciat nos tantum Domina nostra, et laeti serviemus regi Filio eius.” RICHARDUS A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 31. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 43, col. 2; Paris., XXXVI, 77, col. 2.

 

22 “Salus nostra in manu ipsius est.” RAYMUNDUS IORDANUS, dictus Idiota, Abbas Cellensis, Contemplationes de B.V., Prooemium. Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, 852.

 

23 “Cassianus, in lib. collocationum (leggi: Collationum) dicit: “Tota, inquit, salus humani generis consistit in multitudine gratiae Mariae, et favoris.” PELBARTUS de Themeswar, O. M., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12, pars 1, art. 3. Venetiis, 1586, pag. 214, col. 2. - CASSIANO, Collatio 13, cap. 18, ML 49, 945, 946, altro non dice che questo: “Summam salutis nostrae, non operum nostrorum merito, sed caelesti gratiae deputandam;” parole che saranno state applicate, da qualche pio interprete, alla divozione a Maria SS.

 

24 “Tu dispensatrix omnium gratiarum... Tu... totius salutis radix et ornamentum.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Imm. V. M., Sermo 13, De exaltatione B. V. in gloria, art. 2, cap. 3. Opera, IV, Venetiis, 1745, pag. 130, col. 2.

 

25 “(Maria terra)... quia nobis interponitur et abysso: quia, subtracta, sicut Thare (leggi: Core), Dathan et Abiron (Num. XVI, 30-32), statim descendimus in infernum viventes. Sic, subtracto nobis adiutorio Mariae, statim labimur in peccatum et inde in infernum.” RICHARDUS A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 8, cap. 1, n. 13. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, 229, col. 2.; Paris., XXXVI, 410, col. 2.

 

26 “Ipse sine ea non salvabit te... Quemadmodum infans sine nutrice non potest vivere: ita nec sine Domina nostra potes habere salutem. Sitiat ergo anima tua ad ipsam, tene eam nec dimitte: donec benedixerit tibi.” Psalterium (maius) B. M. V., Canticum ad instar illius Moysis. Inter Op. S. Bonav., Lugduni, etc., VI, pag. 492 (paginazione erronea, 480), col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

27 “Nullus munerum tuorum numerus est. Nullus enim nisi per te, o sanctissima, salutem consequitur. Nullus nisi per te, o immaculatissima, qui a malis liberetur. Nullus nisi per te, o castissima, cui donum indulgeatur. Nullus nisi per te, o honoratissima, cui gratiae munus misericordia praestetur.” S. GERMANUS, Patriarcha CP. In Encaenia aedis SS. Deiparae, in fascias Domini et in zonam Deiparae. MG 98-379. - Vedi pure la nota seguente.

 

28 “Tutela tua immortalis est; et intercessio, vita; et protectio perpetua. Nisi enim tu praeires, nemo spiritualis evaderet; nemo in Spiritu Deum adoraret. Tunc enim spiritalis factus est homo, cum tu, Deipara, Spiritus Sancti habitaculum effecta es. Nemo Dei cognitione repletus est nisi per te, o sanctissima; nemo salvus nisi per te, o Deipara; nemo periculorum expers nisi per te, Virgo parens; nemo redemptus nisi per te, Dei Mater; nemo donum per misericordiam consecutus, nisi per te, o digna quae Deum caperes.” IDEM, In dormitionem Dominae nostrae Deiparae, sermo 2. MG 98-350.

 

29 “Per te accessum habeamus ad Filium, o benedicta inventrix gratiae, genitrix vitae, mater salutis: ut per te nos suscipiat qui per te datus est nobis.” S. BERNARDUS, De adventu Domini, sermo 2, n. 5. ML 183-43.

 

30 “Tu vero, o castissima, optimaque ac misericordissima Domina, Christianorum solatium, paratissimum peccatorum refugium, ne tua nos opitulatione destitutos reliqueris. Si enim abs te relicti fuerimus, quo vero etiam confugiemus? Quid autem etiam nobis fiet, o sanctissima Dei Genitrix, quae Christianorum spiritus ac flatus exsistis?” S. GERMANUS, Patriarcha CP., Oratio in Encaenia aedis Deiparae, in fascias Domini et in zonam eiusdem Deiparae. MG 98-378.

 

31 “Esagerazioni divote sarebbono quelle di chi pretendesse passare per Maria tutte le divine beneficenze, e quanto si ottien da Dio, doversi riconoscere dall'intercessione sua. Niuno ha mai sognato, e niuno c'è fra' Cattolici credente, che implorando noi il soccorso e l'intercession dei Santi, essi abbiano a ricorrere alla mediazion della Vergine, per ottener quel che desideriamo da Dio.” Lod. Ant. MURATORI, Della regolata divozione dei Cristiani, cap. 22. Opere, VI, Arezzo, 1768, pag. 200.

 

32 Quantunque il testo di cui parleremo nelle note 33 e 36 non sia di S. Bernardo, ma di S. Anselmo, pure il sentimento del Dottore mellifluo è noto a tutti, essendo sua, più che di ogni altro tra gli antichi, la dottrina della mediazione universale di Maria. Non esclude i Santi, anzi li comprende espressamente, quando dice a Maria: “Eo beatam te dicent omnes generationes (Luc. I, 48)... Omnes, inquam, generationes. Sunt enim generationes caeli et terrae... Merito in te respiciunt oculi totius creaturae, quia in te, et per te, et de te benigna manus Omnipotentis quidquid creaverat recreavit.” S. BERNARDUS, In festo Pentecostes, sermo 2, n. 4. ML 183-328.

 

33 “(Quia miserrimus peccator), talem adiutorem requiro, qualem post Filium tuum, potiorem et meliorem invenire non potest mundus. Habet orbis apostolos, patriarchas, prophetas, martyres, confessores, virgines, bonos et optimos adiutores, quos ego supplex orare concupisco. Tu vero, Domina, omnibus iis adiutoribus melior et excelsior es; quia istis et aliis sanctis omnibus, etiam angelicis spiritibus, necnon regibus et potestatibus mundi, divitibus, pauperibus, dominis, servis, maioribus et minoribus domina es, et quod possunt omnes isti tecum, tu sola potes sine illis omnibus. Quare hoc potes? Quia mater es Salvatoris nostri, sponsa Dei, regina caeli et terrae, et omnium elementorum. Te ergo requiro, ad te confugio, et tu me per omnia adiuves suppliciter peto. Te tacente, nullus orabit, nullus iuvabit. Te orante, omnes orabunt, omnes iuvabunt.” S. ANSELMUS, Oratio 46 (al. 45). ML 158-943, 944.

 

34 Che i santi ricorrano all'intercessione di Maria per ottener grazie ai loro divoti, non crediamo che lo dica espressamente S. Bonaventura. Ma questo non è altro che un corollario della proposizione principale: che tutte le grazie passano per le mani di Maria; e questa proposizione, la insegna S. Bonaventura. Egli fa sue le parole di S. Bernardo: “Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transierit.” Opera S. Bonaventurae, VII, ad Claras Aquas, 1901, pag. 103, col. 1: Sermo 1 in Nativitate Domini. E in più luoghi parla nello stesso senso.

 

35 “Eius (Virginis) oratio universalior est, nam quod alii (sancti) impetrant, aliquo modo per Virginem impetrant, quia, ut Bernardus dixit, illa est mediatrix ad mediatorem, et veluti collum, per quod influentiae capitis ad corpus descendunt; et ideo ep. 174 monet Bernardus, ut quidquid Deo offerre volumus, per Mariam offeramus, “ut eodem alveo ad largitorem gratiae redeat, quo fluxit;” et serm. “in Signum magnum”: “Totum, inquit, nos habere voluit per Mariam.” Et Germanus, serm. de Zona: “Nemo est cui donum concedatur, nisi per te.” Et ideo vocant illam “refugium nostrum, naufragantium portum,” et similibus encomiis, quae passim in citatis sanctis reperientur. Et hinc ortum est, ut inter alios sanctos non utamur uno ut intercessore ad alium, quia omnes sunt eiusdem ordinis: ad Virginem autem, tamquam ad Reginam et Dominam, alii adhibentur intercessores. Quo sensu Angelicam salutationem aliis sanctis recitamus, ut nimirum eam pro nobis Virgini repraesentent.” SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 23, sectio 3. Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 176, col. 2.

 

36 Queste parole non si ritrovano presso S. Bernardo. Non sembrano altro che quelle di S. ANSELMO, or ora riferite nella nota 33: “Te tacente, nullus orabit, nullus iuvabit. Te orante, omnes orabunt, omnes iuvabunt.”

 

37 “Vultum tuum deprecabuntur non tantum ex inferioribus, sed ipsi divites plebis, nimirum magni et praecipui Sancti.” Petr. Ant. SPINELLUS, S. I., Maria Deipara, thronus Dei, cap. 17, n. 17. Neapoli, 1613, pag. 221. - E ciò conferma l'autore in tutto il capitolo 35, pag. 482 e seg. Parla però principalmente della divozione che ebbero i Santi verso Maria SS.

 

38 Vedi sopra, nota 35.

 

39 Franc. MARCHESE, dell'Oratorio, Diario sacro (d'esercizi in onore di Maria SS.), 21 marzo, Venezia, 1717, I, 338. - “Concludens autem (S. Benedictus), haec verba protulit: “Habete pacem in Domino semper, et alta Regina vobiscum permaneat: cui ego Benedictus continuo supplex preces pro vobis facio.” Maria Magd. ANGUILLARIA, Vita, cap. 10, n. 92: Acta SS. Bollandiana, die 9 martii.

 

40 Vedi sopra, nota 33. - PACIUCHELLLI, Excit. dorm. an., Excitatio 20 in Salutationem Angelicam, n. 7, pag. 543, col. 1.

 

41 “Così odo ch'ella (Maria) si pregia di muoversi sola in cielo a nostro soccorso: Gyrum caeli circuivi sola (Eccli. XXIV, 8), non perché sola intercede, ma perché tirasi tutti dietro a seguirla, e di tal maniera, che qualor alcuni, anzi tutti, se le opponessero, non potrebbon resistere alla sua forza: come appunto la prima sfera gloriar potrebbesi di muoversi anch'ella sola a prò della terra - Gyrum caeli circuivi sola - non perché sola si muova, ma perché al moto suo si conformano tutte le sfere soggette sì fattamente, che quando ancor le facessero resistenza, non giungerebbero a ritardarla dal corso, non che a fermarla.” Paolo SEGNERI, S. I., Il divoto di Maria Vergine, parte 1, capo 7, § 4 - Opere, IV, Venezia, 1757, pag. 477, col. 1.

 

42 “Assumpsit (Esther) duas famulas... (Esther XV, 5). Duae famulae, quarum domina est Regina Maria, sunt angelica et humana creatura... Anima humana est famula quae Dominam suam Mariam sequitur... Intelligentia vero angelica est famula super quam Domina sua Maria innititur in caelo. Innititur certe tamquam... in Angelis deliciando;... tamquam plenissima se cum sua plenitudine Angelis communicando; tamquam plenissima se cum sua plenitudine Angelis communicando; tamquam potentissima, Angelis imperando.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 3: inter Opera S. Bonav., Romae, etc., VI, 433, 434. - Dopo riferite, come di S. Bonaventura, queste parole dello Speculum, PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 20 super Salutationem Angelicam, n. 7, Venetiis, 1720, pag. 542, col. 1, conchiude: “Quando igitur Sanctissima Virgo procedit ad Deum pro nobis miseris deprecandum, imperat et Angelis et animabus sanctis ut eam comitentur, et simul cum ipsa Altissimum pro nobis exorent.”

 

43 “Vertite vos ad sanctissimam virginem Mariam, ad cantilenam illam quam Salve regina vocitant, vide quid in hac ei tribuatur: Salve, regina misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra. Annon haec encomia immodica? Quis, quaeso, hoc commode interpretabitur, quod sit vita nostra, dulcedo et spes? quum ipsa contenta sit se indignum organon esse, et ut ipsa ait, ancilla Domini. Huius orationis melos totum orbem personat, magnis tintinnabulis ad illud homines vocantur. Nec facile aedem invenias, in qua non magno redemptum sit decantare Salve regina. Sic etiam cum alia cantione, quam Regina caeli vocant, habet, quae priore nihilo probatior est, nam in hoc regina caeli salutatur. Nonne hoc est Christi gloriae detrahere, quod creaturae tribuimus ea quae Dei sunt eique soli competunt? Quare tam impia et blasphema verba omittantur. Lubens quidem admittam ut pro me oret: sed ut spes mea et vita sit, hoc abhorreo; tam enim grata mihi tua oratio est, quam illius. Quî sic? Nam si credis Christum aeque in te atque illa habitare, non minus tibi quam ille proclive est, ut me adiuves. Quare honor divis exhibendus, non alius ab eo habetur quem nos alius alii debemus, ut filii Dei. Hac tamen ratione, ut duo isthaec incommoda declinemus, videlicet ne Christi gloriam prae illorum studio, sed ipsum vitam nostram et spem manere sinamus. Hoc animo eos colentes, ut citius centum nummos ad vivorum sanctorum subsidium erogemus, quam istis unum. Siquidem non damnaberis, etiam si nihil honoris Mariae deferas, adeoque si tibi eius numquam in mentem veniat. At si in his negligens fueris, damnationem incides: hic enim praeceptum habes, illic nullum. LUTHERUS, Epistolarum et Evangeliorum enarrationes: In die Nativitatis Mariae, Enarratio Evangelii. Opera, VIII, Basileae, 1546, fol. 463, col. 2, littera D. - Quest'opera di Lutero viene chiamata Postilla maior.

 

44 “Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater. Filioli, haec peccatorum scala, haec mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meae.” S. BERANRDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441.

 

45 Presso AURIEMMA, Affetti scambievoli: dopo la seconda parte, Motivo per amar Maria Madre nostra, cap. 7. Bologna, 1681, vol. 2, pag. 345.- “In te enim omnem spem repositam habeo.” In Menaeis Graecorum, 9 mart., post Odam 3 de SS. Martyribus Sebastianis: presso WANGNERECK, Pietas Mariana Graecorum, pag. 260. - “Ave, gratia plena, ave, quia nostrum omnium oculi in te, quae sola pura es, spem collocant, et te semper contuentur.” S. IO. DAMASCENUS, Sermo in Annuntiationem SS. Dominae nostrae Dei Genitricis. MG 96-659.

 

46 “Dicitur autem beata Virgo plena gratia quantum ad tria... Tertio, quantum ad refusionem in omnes homines. Magnum enim est in quolibet sancto, quando habet tantum de gratia, quod sufficit ad salutem multorum: sed quando haberet tantum quod sufficeret ad salutem omnium hominum de mundo, hoc esset maximum, et hoc est in Christo et in beata Virgine. Nam in omni periculo potes salutem obtinere ab ipsa Virgine gloriosa. Unde Canticor. IV, 4: Mille clypei, id est, remedia contra pericula, pendent, etc. Item, in omni opere virtutis potes eam habere in auditorium (leggi: adiutorium), et ideo dicit ipsa, Ecclesiastici XXIV, 25: In me omnis spes vitae et virtutis.” S. THOMAS, Opusculum 8, Expositio super Salutatione angelica. Opera, Romae, 1570, XVII, fol. 75, col. 3, 4.

 

47 “Sub alis pietatis atque misericordiae tuae protege et custodi nos... Non nobis est alia quam in te fiducia, o Virgo sincerissima.” S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera omnia, VI, Opera graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 576, col. 1.

 

48 “Totis ergo medullis cordium, totis praecordiorum affectibus et votis omnibus, Mariam hanc veneremur; quia sic est voluntas eius qui totum nos habere voluit per Mariam.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeducu, n. 7. ML 183-441.

 

49 IDEM, ibid., n. 8. ML. 183-441, 442.

 

50 “Quia indignus eras cui donaretur, datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes.” S. BERNARDUS, In Vigilia Nativ. Domini, sermo 3, n. 10. ML 183-100.

 

51 “Ceterum quidquid illud est quod offerre paras, Mariae commendare memento, ut eodem alveo ad largitorem gratiae gratia redeat quo influxit. Neque enim impotens erat Deus, et sine hoc aquaeducta infundere gratiam, prout vellet; sed tibi vehiculum voluit providere. Forte enim manus tuae, aut sanguine plenae, aut infectae muneribus, quod non eas ab omni munere excussisti. Ideoque (al. itaque) modicum istud quod offerre desideras, gratissimis illis et omni acceptione divnissimis Mariae manibus offerendum tradere cura, si non vis sustinere repulsam. Nimirum candidissima quaedam lilia sunt: nec causabitur ille liliorum amator inter lilia non inventum, quidquid illud sit quod inter Mariae manus invenerit. Amen.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 18. ML 183-448.

 

52 Teofilo era vicedominus, oikonòmos, della chiesa di Adana, in Cilicia (Anatolia sud-orientale). - Eutichiano (da non confondersi con Eutichio, patriarca di Costantinopoli dal 553 al 565 e poi dal 577 al 583) era chierico di Teofilo. - Inter Opera S. Petri Damiani, NICOLAUS, monachus, notarius quondam S. Bernardi, Sermo 44, in Nativ. B. V. M. ML 144-740. - ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Ad B. Virginem Deiparam sermo panegyricus, seu deprecatio et laus elegantissima, n. 2. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-1010. - CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 9. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom. Lugdunen. Mogunt., VI, 444. - S. ANTONINUS, Summa Theol., pars 4, tit. 15, cap. 45, § 6, Veronae, 1740, col. 1268-1270. - CRASSET, La véritable dévotion envers la Sainte Vierge, établie et défendue, partie 1, traité 1, question 10, Exemples. Paris, 1679, pag. 86. - SURIUS, De probatis Sanctorum historiis, 4 febr., De S. Theophili poenitentia. - Acta SS. Bollandiana, 4 febr., De S. Theophilo poenitente. -Vedi Appendice, 6.
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13/09/2009 10:33

RISPOSTA AD UN ANONIMO che ha censurato ciò che sta scritto nel precedente capo V.1

 

Essendomi capitato nelle mani un libro dato alle stampe nell'anno scorso 1755, intitolato: Lamindi Pritanii redivivi epistola paraenetica ad P. Bened. Plazza, ho ritrovato verso la fine un'appendice, dove l'autore, ch'è anonimo, critica ancora ciò che ho scritto nel citato luogo di quest'Operetta, circa la pia sentenza ch'io ivi col P. Piazza ho sostenuta, che tutte le grazie vengono a noi per mezzo della divina Madre, contra ciò ch'ha scritto il celebre Ludovico Muratori nel libro della Regolata Divozione, sotto il predetto nome di Pritanio.2

 

Dice il mentovato anonimo per prima ch'io abbia errato nell'asserire che Pritanio abbia scritto essere tal sentenza un'iperbole e un'esagerazione caduta di bocca al fervore di alcuni santi. Perciò io, temendo d'aver preso abbaglio, ho riletto il di lui libro, ed ho veduto che quantunque Pritanio non unisca le suddette parole propriamente al luogo dove esprime la mentovata opinione, nondimeno dal contesto del suo discorso vedesi che le riferisce anche a' santi che di questo punto han parlato. Egli dice così: Sobriamente s'ha da intendere questa - parlando d'un'altra proposizione, di cui prima fa menzione, cioè che Maria comanda in cielo - ed altre simili espressioni, che, cadute di bocca al fervore divoto di alcuni santi, non reggono ove si mettano al paragone colla vera teologia. E poi dice: Lei - cioè la Chiesa - dobbiamo ascoltare, e non già le iperboli di qualche privato autore ancorché santo. E immediatamente soggiunge: Parimente ci possiamo incontrare in chi asserisce, niuna grazia, niun bene venire a noi da Dio, se non per mano di Maria. Notisi quel parimente. Ed appresso dice: Esagerazioni divote sarebbero quelle di chi pretendesse passare per Maria tutte le divine beneficenze.3

 

Ma ancorché ciò non l'avesse detto o non avesse inteso di dirlo Pritanio morto, vi è Pritanio redivivo che lo dice al n. 545 del suo libro, dove tra l'altre cose avverte che i santi alle volte nel lodare la Vergine santa han parlato per iperboli e per tropi.4 A lui dunque ora io rispondo, e dico non esservi dubbio che i tropi, com'è l'iperbole, non si tacciano di bugia, quando dal contesto del discorso si percepisce da sé l'eccesso della verità, com'è quel che disse S. Pier Damiani, che Maria accedit imperans, non rogans.5 E quel che disse S. Anselmo, ch'ella piange nel cielo per quei che offendono Dio.6 Sicché allora son leciti i tropi, quando nel discorso non vi può essere inganno. Ma ciò non vale a dire delle proposizioni assertive, dove l'iperbole costituisce un vero inganno che gli altri non possono conoscere.

 

Ma veniamo al punto principale della sentenza controversa. Io non mi stendo a provar le ragioni intrinseche che possono sostenerla; mi basta solamente qui accennare quelle che nel mio libro ho addotte, cioè perché Dio così vuole onorare questa sua diletta, che tanto l'ha onorato in sua vita. Dice S. Tommaso (Op. VIII) che i santi a proporzione del merito con cui s'han guadagnata la grazia, possono salvare molti altri; ma che il Redentore e la sua Madre si han meritata tanta grazia, che possono salvare tutti gli uomini: Magnum enim est in quolibet sancto, quando habet tantum de gratia quod sufficit ad salutem multorum; sed quando haberet tantum quod sufficeret ad salutem omnium, hoc esset maximum; et hoc est in Christo et B. Virgine.7

 

Di più, perché essendo ella l'avvocata universale di tutti gli uomini, conviene che tutti quelli che si salvano, per mezzo suo conseguiscano la salute.

 

In oltre - e questa ragione mi pare la più valida - perché conforme Maria ha cooperato colla sua carità, come dice S. Agostino, alla nascita spirituale de' fedeli, così vuole anche Dio ch'ella cooperi colla sua intercessione a far loro conseguire la vita della grazia in questa terra e la vita della gloria nell'eternità. || Ecco le parole di S. Agostino: Mater quidem spiritu non capitis nostri, quod est ipse Salvator, ex quo magis illa spiritualiter nata est, sed plane mater membrorum eius, quae nos sumus, quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur (Lib. De S. Virginitate, cap. 6).8 | E perciò la S. Chiesa ci fa chiamar Maria con termini indefiniti, la vita e la speranza nostra. Ma quello che mi ha fatto e mi fa più forza in questa sentenza è il vederla sostenuta non solo da tanti autori dotti, ma anche da santi. Crede l'anonimo di aver egli dimostrato specialmente che S. Bernardo non ha inteso mai di asserire che tutte le grazie ci vengono per mano di Maria, ma solamente che noi per suo mezzo abbiamo ricevuto Gesù Cristo, ch'è la fonte e la pienezza di tutte le grazie.9 Ma io credo all'incontro di far vedere chiaramente il contrario con quello che qui soggiungo.

 

S. Bernardo dice che Maria ha ricevuta la pienezza di Dio. Spiega poi quale da questa pienezza; principalmente egli dice che Maria ha ricevuta la pienezza perché ha ricevuto in sé Gesù Cristo fonte di tutte le grazie; ma dice poi che la S. Vergine conseguentemente ha ricevuta un'altra pienezza, ch'è la pienezza delle grazie, per dispensarle di mano sua a tutti gli uomini, come mediatrice di essi appresso Dio.10 Ecco come parla nel sermone (In Dom. infr. oct. Ass., col. 1, lit. f): Quid ad Mariam accedere trepidet humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile: tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam: age gratias ei qui talem tibi mediatricem providit. Omnibus omnia facta est, sapientibus et insipientibus copiosissima caritate debitricem se fecit. Omnibus - notii quel che siegue - misericordiae sinum aperit, ut de plenitudine eius accipiant universi, captivus redemptionem, aeger curationem, peccator veniam, iustus gratiam, angeli laetitiam, Filius carnem, ut non sit qui se abscondat a calore eius.11 Nota dunque quello, ut de plenitudine eius accipiant universi, dal che si vede che qui parla S. Bernardo, non della prima pienezza ch'è Gesù Cristo, altrimenti non potea dire che de plenitudine eius ancora il Figlio ne riceve la carne; ma parla della seconda o sia conseguente pienezza, come abbiamo detto, che Maria ha ricevuta da Dio, per dispensare a ciascuno di noi le grazie che riceviamo. Ed avvertasi quell'altro: Non est qui se abscondat a calore eius. Se alcuno ricevesse le grazie, ma non per mezzo di Maria, potrebbe restar nascosto dal calore di questo sole; ma S. Bernardo dice non esservi chi possa nascondersi dal calor di Maria. E in questo medesimo luogo dice: Per te accessum habemus ad Filium, o inventrix gratiae, mater salutis, ut per te nos suscipiat qui per te datus est nobis.12 Col che chiaramente vuol significarci il santo che conforme noi non abbiamo l'accesso al Padre che per mezzo del Figlio, ch'è il mediatore di giustizia, il quale coi meriti suoi ci ottiene tutte le grazie: così non abbiamo l'accesso al Figlio che per mezzo della Madre, ch'è mediatrice di grazia, la quale per mezzo delle sue preghiere ci ottiene tutte le grazie che Gesù Cristo ci ha meritate.

 

Ciò meglio si chiarisce poi da ciò che dice lo stesso santo appresso nel sermone de Aquaeductu,13 dove a principio dice che Maria ha ricevuta da Dio la principal pienezza, cioè Gesù Cristo, per farne parte anche a noi. Ma appresso chiaramente parla della seconda pienezza ch'ella ha ricevuta conseguentemente delle grazie, che noi otteniamo per mezzo delle sue preghiere, dicendo il santo così: Verum id quidem, sed parum est, ni fallor, desideriis vestris. È vero, dice S. Bernardo, che Maria ha ottenuto da Dio Gesù Cristo fonte delle grazie; ma ciò forse non contenta appieno i vostri desideri, mentre voi bramereste ch'ella stessa colla sua intercessione v'impetrasse queste grazie da Gesù Cristo a voi meritate. Quindi passa il santo ad esortarci che non lasciamo di venerare e di ricorrere con gran confidenza a questa divina Madre: dicendo che quello che noi desideriamo già l'ha fatto Dio con ponere in Maria la pienezza d'ogni bene, acciocché quanto riceviamo da Dio, tutto lo riconosciamo ottenuto per mezzo di Maria: Altius ergo intueamini, quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae ascendit deliciis aflluens. Hortus deliciarum - si osservi che siegue a parlare il santo delle grazie che attualmente a noi si dispensano per mano di Maria - quem non modo afflaverit veniens, sed et perflaverit superveniens auster ille divinus, ut undique fluant et effluant aromata eius, charismata scilicet gratiarum. E alludendo al primo testo da me sopra addotto: Non est qui se abscondat a calore eius, soggiunge qui: Tolle corpus hoc solare, quod illuminat mundum, ubi dies? Tolle Mariam, hanc maris stellam, quid nisi caligo et tenebrae relinquuntur?

 

Indi seguita ad esortarci che noi ci raccomandiamo a Maria e la prendiamo per avvocata appresso Gesù Cristo, animandoci con dire che se ella prega per noi, è certamente esaudita dal Figlio: Ad Mariam recurre; non dubius dixerim, exauditur ipsa pro reverentia sua. Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater. E soggiunge immediatamente: Filioli, haec peccatorum scala, haec maxima mea fiducia, haec tota ratio spei meae. Ecco qui che certamente il santo a questo solo oggetto, perché la considera l'interceditrice e la dispensiera di tutte le grazie, la chiama scala de' peccatori e tutta la ragione di sua speranza: scala, perché conforme nella scala non si sale al terzo gradino se non si mette il piede al secondo, e non si giunge al secondo se non si mette il piede al primo, così non si giunge a Dio che per mezzo di Gesù Cristo, e non si giunge a Gesù Cristo che per mezzo di Maria. La chiama poi la massima sua fiducia e tutta la ragione di sua speranza, perché volendo Dio che tutte le grazie passino per Maria, egli si stima privo di grazie e di speranza senza l'intercessione di Maria. E quindi ci esorta a far noi lo stesso, cioè a collocare tutte le nostre speranze in Maria, dandoci ad intendere che se Maria prega per noi, certamente sarem salvi: poiché siccome il Figlio non può non essere esaudito dal Padre, così la Madre non può non essere esaudita dal Figlio. E all'incontro ci dice che se Maria non prega per noi, non otterremo la salute, perché Maria troverà a noi la grazia, della quale solamente abbiamo bisogno e colla quale solamente ci salviamo. Ecco le parole del santo che non possono esser più chiare: Quid enim? potestne Filius aut repellere aut sustinere repulsam? non audire aut non audiri Filius potest? Semper haec inveniet gratiam, et sola est gratia qua egemus... Nimirum sola est gratia qua salvamur. E conclude: Quid nos alia concupiscimus? Quaeramus gratiam et per Mariam quaeramus, quia quod quaerit invenit et frustrari non potest.14

 

In oltre io ho riferiti poi molti altri passi, colle citazioni de' luoghi, nel mio libro, così de' santi come d'altri autori antichi rinomati, i quali non so come possano altrimenti spiegarsi, che per la nostra sentenza. Io semplicemente qui li riferirò in fascio, senza commento, e ne rimetto il giudizio al mio lettore.

 

S. Girolamo - o come altri vogliono, Sofronio, contemporaneo del santo, autore del sermone dell'Assunzione di Maria: - In Christo fuit plenitudo gratiae sicut in capite influente, in Maria sicut in collo transfundente.15 S. Bernardino da Siena: Per Virginem a capite Christi vitales gratiae in eius corpus mysticum transfunduntur. A tempore quo virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam, ut sic dicam, iurisdictionem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali: ita ut nulla creatura aliquam a Deo obtineat gratiam, nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem. Ideo omnia dona, virtutes, et gratiae, quibus vult, quando vult, et quomodo vult, per ipsius manus dispensantur.16 S. Bonaventura: Cum tota natura divina intra Virginis uterum exstiterit, non timeo dicere quod in omnes gratiarum effluxus quamdam iurisdictionem habuerit haec Virgo, de cuius utero quasi de quodam divinitatis oceano flumina emanabant omnium gratiarum.17 Lo stesso: Sicut luna inter corpora caelestia et terrena est media, et quod ab illis accipit, ad inferiora refundit; sic et Virgo regia inter nos et Deum est media, et gratiam ipsa nobis refundit.18 Lo stesso: Ipse sine ea non salvabit te. Quemadmodum infans sine nutrice non potest vivere, ita sine Domina nostra nec possis habere salutem.19 S. Efrem: Nobis non est alia quam a te fiducia, o Virgo sincerissima.20 S. Germano: Si nos deserueris, quid erit de nobis, o Vita Christianorum?21 S. Idelfonso: omnia bona quae illis summa Maiestas decrevit facere, tuis manibus decrevit commendare; commissi quippe sunt tibi thesauri, et ornamenta gratiarum.22 S. Antonino: Qui petit sine ipsa, sine alis tentat volare.23 S. Pier Damiano: In manibus tuis omnes thesauri miserationum Dei.24 Gersone: Mediatrix nostra, per cuius manus Deus ordinavit dare ea quae dat humanae naturae.25 L'Idiota: Dispensatrix gratiarum divinarum; nihil enim concedit nobis Filius eius, quin pertranseat per manus eius.26 Lo stesso: Salus nostra in manu illius est.27 Cassiano: Tota salus mundi consistit in multitudine favoris Mariae.28 Il che vien detto parimente da S. Bernardino da Siena: Tu dispensatrix omnium gratiarum; salus nostra in manu tua est.29 Riccardo: Deus quidquid boni dat creaturis suis, per manus Matris virginis vult transire.30 Lo stesso fa parlare Gesù Cristo: Nemo venit ad me, nisi Mater mea suis precibus traxerit eum.31 Riccardo di S. Lorenzo alludendo al detto de' Proverbi: Facta est quasi navis institoris, dice: In mare mundi submergentur omnes illi quos non suscipit navis ista. Ideo quoties videmus insurgentes fluctus huius maris, clamare debemus ad Mariam: Domina, salva nos, perimus.32 Lo stesso: Sicut lapis, subtracta terra, delabitur in profundum; ita, subtracto Mariae adiutorio, homo delabitur in peccatum et inde in infernum.33 || Lo stesso scrive il P. Natale Alessandro, dicendo: Qui (Deus) vult ut omnia bona ab ipso exspectemus, potentissima Virginis Matris intercessione impetranda, cum eam, ut par est, invocemus (In calce tomi 4 Theol. Moral., Epist. 176.)34 Lo stesso dice il P. Contensone, il quale spiegando le parole dette da Gesù in croce a S. Giovanni: Ecce mater tua scrive così: Quasi diceret: nullus sanguinis mei particeps erit, nisi intercessione Matris meae. Vulnera gratiarum fontes sunt, sed ad nullos derivabuntur rivi, nisi per Mariae canalem. Ioannes discipule, tantum a me amaberis, quantum eam amaveris (Theol. mentis et cord., tom. 2, lib. 10, d. 4, cap. 1). |35

 

Aggiungo a ciò quel che mi fa gran forza, ed è il vedere che comunemente i fedeli per tutte le grazie che desiderano sempre ricorrono all'intercessione di questa divina Madre; onde pare che la suddetta pia sentenza sia quasi un sentimento comune della Chiesa. Di questo argomento appunto, cioè del comun sentimento de' fedeli, si avvale Petavio per provare la sentenza, da me tenuta per certa, dell'Immacolata Concezione di Maria nel primo istante.36 Del resto, sembrando così a me come a tanti altri autori, siccome al Segneri, al Paciucchelli, al Crasset, al Mendoza, al Nieremberg, al Poirè, e ad altri,37 molto pia e molto probabile la mentovata sentenza che tutte le grazie passino per mano di Maria; io mi chiamerò sempre contento di averla tenuta e predicata; se non per altro, almeno perché questa m'infiamma alla divozione di Maria e l'opposta raffredda: il che non pare leggier danno.

 

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NOTE

1 Questa Risposta venne pubblicata la prima nel 1756 in appendice alla II ediz. di Napoli, col titolo: Risposta ad un anonimo che ha censurato ciò che ha scritto l'Autore nel capitolo V § 1 della prima parte; ed insieme l'Opera morale del medesimo. Nelle successive ediz. napoletane non viene più riportata, e nelle venete è sempre posta in fine. Solo nell'ediz. Bassanese, che S. Alfonso aveva preparata per la sua Opera omnia ascetica, e che noi seguiamo, s'incontra subito dopo il cap. V, alleggerita di quello che riguarda l'Opera morale, e con aggiunte e correzioni autografe del santo.

 

2 LAMINDI PRITANII REDIVIVI, Epistola paraenetica ad Patrem Benedictum Plazza, S. I., censorem minus aequum libelli “Della regolata divozione de' Cristiani”. Appendix II: Parva quaedam velitatio adversus alterum Pritanii censorem (cioè contro S. Alfonso). Venetiis, 1755, pag. 422-430. - Vedi Appendice, 7.

 

3 “Noi udiamo tal volta dire che essa comanda in cielo. Sobriamente s'ha da intendere questa ed altre simili espressioni, che cadute di bocca al fervore divoto d'alcuni Santi, o all'ardita eloquenza di qualche sagro oratore, non reggono, ove si mettano al paragone colla vera teologia, la quale non riconosce che l'onnipotente Iddio per nostro Padrone, per fonte d'ogni bene e grazia. Nostro Padrone e Signore similmente è Gesù Cristo anche come uomo, per concessione a lui fatta dall'eterno suo Padre. Uffizio di Maria è il pregar Dio per noi, l'intercedere per noi, e non già il comandare. Sancta Maria, ora pro nobis: questo è quello che la Chiesa c'insegna, e lei dobbiamo ascoltare, e non già le iperboli di qualche privato autore, ancorché Santo. Parimente ci possiamo incontrare in chi asserisce, niuna grazia, niun bene venire a noi da Dio, se non per mano di Maria. Il che va sanamente inteso, cioè che noi abbiamo ricevuto per mezzo di questa Immacolata Vergine il Signor Gesù Cristo, per li cui infiniti meriti discendono sopra di noi tutti i doni, ed ogni celeste benedizione. Altrimenti sarebbe errore il credere, che Dio e il suo benedetto Figliuolo non ci concedessero, né potessero concedere grazie senza la mediazione e intercession di Maria... Però esagerazioni divote sarebbero quelle, di chi pretendesse passare per Maria tutte le divine beneficenze, e quanto si ottien da Dio, doversi riconoscere dall'intercession sua.” MURATORI, Della regolata divozione dei Cristiani, cap. 22. Opera, VI, Arezzo, 1768, pag. 199, 200.

 

4 Epistola paraenetica, etc. (come sopra, nota 2), pars 2, cap. 5, n. 545, pag. 197, 198: “Sancti, aliique Deiparam celebrantes, haudquaquam semper ad litteram intelligendi sunt; rhetorico enim more scribentes, amplificationes adhibent, hyperboles, tropos vehementes; et eo libentius validiusque, quo ferventiori pietate excitantur in Virginem, cuius quidem et excellentia mare est laudationis intransnatabile. Huc etiam spectat, quod ex Sanctis precantibus Deiparam minime validum desumi argumentum queat ad comprobandam theologiae quaestionem. In orationibus hisce primores habet pietas incalescens, quam theologia: quae, si in concordiam sint revocandae, quandoque nimium illa emollienda erit, ne alteri videatur adversa... Suppetit exemplum... Anselmum opponis ex suis orationibus. Verum accipe quid ibidem pietas incalescens eum coegit efferre. Oratione 48, Mariam alloquitur: “Et si pro illo innocente Filio tuo crucifixo pertransivit gladius animam tuam: quomodo super mortuis in peccato pupillis tuis te continere, quomodo umquam maternis fletibus et lacrimis, o Domina, poteris temperare?” Credimus quidem ex vera fide verba Simeonis Virginem alloquentis: Tuam ipsius animam pertransibit gladius; succinit Eclesia: Stabat Mater dolorosa iuxta crucem. At quod Beatissima in caelo regnans et doleat et lacrimetur, eidem fidei consentaneum non est. Et tamen Anselmus haec orando protulit.” - Pars 1, cap. 12, n. 288, pag. 95, 96: “Hasce hyperbolicas expressiones in Sanctis etiam emolliendas, nulli dubium est; omnino autem fugiendas ab oratibus ceteris; ne occasio praebeatur falsam doctrinam imbuendi, eos saltem qui sapiunt minus, easque ad litteram intelligunt.”

 

5 “Fecit in te magna qui potens est, et data est tibi omnis potestas in caelo et in terra… Quomodo enim illa potestas tuae potentiae poterit obviare, quae de carne tua carnis suscepit originem? Accedis enim ante illud aureum humanae reconciliationis altare, non solum rogans, sed imperans, domina, non ancilla.” Inter Opera S. Petri Damiani: NICOLAUS, monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo 44, In Nativ. B. V. M. ML 144-740.

 

6 “Agnosce, benedicta, filios tuos quos unice dilectus unigenitus tuus non erubuit nominare fratres suos. Et si pro illo innocente Filio tuo crucifixo pertransivit gladius animam tuam (Luc. II, 35), quomodo super mortuis in peccato pupillis tuis te continere, quomodo umquam maternis fletibus et lacrimis, o domina, poteris temperare?” S. ANSELMUS, Oratio 49 (al. 48). ML 158-947. (In un ms., questa orazione “legitur sub nomine (sancti) Maurilii, episcopi Rothomagensis”: ibid., col. 945-946, nota 1549).

 

7 Vedi sopra, cap. V, § 2, nota 46, pag. 186.

 

8 “Illa una femina, non solum spiritu, verum etiam corpore, et mater est et virgo. Et mater quidem spiritu, non capitis nostri, quod est ipse Salvator, ex quo magis illa spiritualiter nata est;... sed plane mater membrorum eius, quod nos sumus; quia cooperata est caritate ut fideles in Ecclesia nascerentur, quae illius capitis membra sunt: corpore vero ipsius capitis mater.” S. AUGUSTINUS, Liber de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399. - Il santo Autore agiunse il testo latino di S. Agostino nell'ediz. Bassanese.

 

9 Epistola paraenetica etc. (come sopra, nota 2), Appendix I, cap. 5, num. 1036-1046, pag. 413-418.

 

10 “Quis vero fons vitae, nisi Christus Dominus?... Sane ipsa sese plenitudo exinanivit, ut fieret nobis iustitia, et sanctificatio, et remissio... Derivatus est fons usque ad nos... Descendit per aquaeductum vena illa caelestis... Plenus equidem aquaeductus, ut accipiant ceteri de plenitudine... Advertistis iam, ni fallor, quem velim dicere aquaeductum, qui plenitudinem fontis ipsius de corde Patris excipiens, nobis edidit illum... Nostis enim cui dictum sit: Ave, gratia plena... Denique et quod quaerebat invenit, cui dictum est: Invenisti gratiam apud Deum (Luc. I, 30). Quid? plena est gratia, et gratiam adhuc invenit? Digna prorsus invenire quod quaerit, cui propria non sufficit plenitudo... sed petit supereffluentiam ad salutem universitatis... Intuere, o homo, consilium Dei... Caelesti rore aream rigaturus, totum vellus prius infudit (Iud. VI, 37-40): redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Forte ut excusaretur Eva per filiam, et querela viri adversus feminam deinceps sopiretur... Sed latet forsitan aliud, nec totum hoc est... Altius ergo intueamini, quanto devotionis affectu a nobis eam voluit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare quae ascendit deliciis affluens. Hortus plane deliciarum, quem non modo afflaverit veniens, sed et perflaverit superveniens auster ille divinus, ut undique fluant et effuant armoata eius, charismata scilicet gratiarum. Tolle corpus hoc solare, quod illuminat mundum: ubi dies? Tolle Mariam, hanc maris stellam... quid nisi caligo involvens, et umbra mortis, ac densissimae tenebrae relinquuntur? Totis ergo medullis cordium... Mariam hanc veneremur; quia sic est voluntas eius, qui totum nos habere voluit per Mariam... In omnibus siquidem et per omnia providens miseris, trepidationem nostram solatur, fidem excitat, spem roborat, diffidentiam abigit, erigit pusillanimitatem. Ad Patrem verebaris accedere. Iesum tibi dedit Mediatorem... Exaudietur utique pro reverentia sua... An vero trepidas et ad ipsum? Frater tuus est et caro tua... Hunc tibi fratrem Maria dedit. Sed forsitan et in ipso maiestatem vereare divinam... Advocatum habere vis et ad ipsum? Ad Mariam recurre. Pura siquidem humanitas in Maria... Nec dubius dixerim, exaudietur et ipsa pro reverentia sua. Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater. Filioli, haec peccatorum scala, haec mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meae.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 3, 4, 5, 6, 7. ML 183, col. 439-441.

 

11 “Opus est enim mediatore ad mediatorem istum, nec alter nobis utilior quam Maria... Quid ad Mariam accedere trepidet humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile: tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam... Age gratias ei qui talem tibi mediatricem benignissima miseratione providit, in qua nihil possit esse suspectum. Denique omnibus omnia facta est, sapientibus et insipientibus copiosissima caritate debitricem se fecit. Omnibus miericordiae sinum aperit, ut de plenitudine eius accipiant universi, captivus redemptionem, aeger curationem, tristis consolationem, peccator veniam, iustus gratiam, angelus laetitiam, denique tota Trinitas gloriam, Filii persona carnis humanae substantiam; ut non sit qui se abscondat a calore eius.” S. BERNARDUS, Dominica infra Octav. Assumptionis B. V. M., Sermo in “Signum magnum”, n. 2. ML 183-429, 430.

 

12 In altro luogo: “Per te accessum habeamus ad Filium, o benedicta inventrix gratiae, genitrix vitae, mater salutis: ut per te nos suscipiat qui per te datus est nobis.” S. BERNARDUS, De adventu Domini, sermo 2, n. 5. ML 183-43.

 

13 Vedi sopra, nota 10, pag. 193.

 

14 “Quid enim? potestne aut repellere, aut sustinere repulsam; non audire aut non audiri Filius potest? Neutrum plane. Invenisti, ait angelus, gratiam apud Deum. Feliciter... Semper haec inveniet gratiam, et sola est gratia qua egemus... Nimirum sola est gratia qua salvamur. Quid nos alia concupiscimus, fratres? Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus; quia quod quaerit, invenit, et frustrari non potest.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 7, 8. ML 183-441, 442.

 

15 Questo Sermone non è di san Girolamo, e da molti si nega esser di Sonofrio. - Vedi però Appendice, 1.

 

16 “A tempore enim, a quo Virgo, Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam, ut sic dicam, iurisdictionem seu auctoritatem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali: ita quod nulla creatura aliquam a Deo obtinuit gratiam vel virtutem nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem. Hinc Bernardus devotissimus ait: Nulla gratia venit de caelo ad terram, nisi transeat per manus Mariae. Hinc Hieronymus in sermone de Asusmptione inquit: In Christo fuit plenitudo gratiae sicut in capite influente: in Maria vero, sicut in collo transfundente. Unde Cant. VII, 4, de Virgine ad Christum Salomon ait: Collum tuum sicut turris eburnea. Nam sicut per collum vitales spiritus a capite descendunt in corpus: sic per Virginem a capite Christi (leggi: Christo) vitales gratiae in eius corpus mysticum transfunduntur. Unde iste est ordo divinarum gratiarum defluxus, ut prius a Deo defluant in Christi animam benedictam, deinde in animam benedictam, deinde in animam Virginis matris: inde in Seraphim, et sic successive in alios sanctos ordines Angelorum: demum in Ecclesiam militantem. Quum enim tota natura divina, totum esse, posse, scire et velle divinum, intra Virginis uterum exstiterit clausum: non timeo dicere, quod (in) omnium gratiarum effluxus quamdam iurisdictionem habuerit haec Virgo, de cuius utero, quasi de quodam divinitatis oceano, rivi et flumina emanabat omnium gratiarum. Revera maternitas Dei hanc in mundo, naturali iure, obtinuit dignitatem, ut Regina misericordiae... merito nuncupetur: et hoc propter Filii magnificentiam, qui est Rex regum et Dominus dominantium. Reperio namque in Rege nostro Iesu duas mirabiles dignitates, videlicet, quod sit aeternus Deus genitus ab aeterno, et aeternum Deum producat, eo quod Spiritum Sanctum spiret; et ipse clausus in virginis utero in aeternitate a Deo Patre Deus generabatur aeternus, et in eadem aeternitate ipse puer in ventre matris Deum inspirabat et producebat. Primam Filii dignitatem, scilicet, quod sit generatus a Deo, tam supremo modo Virgo benedicta participavit, quod Iesus non dicatur verius filius Dei quam filius Virginis: nec maior, nec minor, nec dignior est Dei Filius in throno paterno sedens, vestitus claritate quam habuit antequam mundus fieret, quam pannis pauperibus involutus et intra foenum in praesepio reclinatus. Et quia talis est mater Filii Dei, qui producit Spiritum Sanctum: ideo omnia dona, virtutes et gratiae ipsius Spiritus Sancti, quibus vult, quando vult, quomodo vult, et quantum vult, per manus ipsius administrantur.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Imm. V. M., Sermo 5, De nativ. B. M. V., art. unic., cap. 8. Opera, IV, Venetiis, 1745, pag. 92, 93.

 

17 Non già S. Bonaventura, ma S. BERNARDINO DA SIENA: vedi la nota precedente.

 

18 Vedi sopra, cap. V, § 1, nota 31, pag. 164.

 

19 “Ipse sine ea non salvabit te... Quemadmodum infans sine nutrice non potest vivere: ita nec sine Domina nostra potes habere salutem.” Psalterium (maius) B. M. V., Canticum instar illius Moysis. Inter Opera S. Bonav., ed Rom., Mogunt., Lugd., VI, 492 (numerazione erronea: 480). - Vedi Appendice, 2.

 

20 “Non nobis est alia, quam in te, fiducia, o Virgo sincerissima.” S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera omnia, VI, Opera graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 576, col. 1.

 

21 “Si enim abs te relicti fuerimus, quo vero etiam confugiemus? Quid autem etiam nobis fiet, o sanctissima Dei Genitrix, quae Christianorum spiritus ac flatus exsistis?” S. GERMANUS, Patriarcha CP., Oratio in Encaenia aedis Deiparae, in fascias Domini et in zonam Deiparae, MG 98-378.

 

22 Vedi sopra, cap. V, § 1, nota 46, pag. 169.

 

23 “Hanc (nempe misericordiam) qui petit sine ipsa duce, sine pennis seu alis tentat volare.” S. ANTONINUS, Summa Theol., pars 4, titulus 15, cap. 22, § 9. Veronae, 1740, col. 1086.

 

24 “In manibus tuis sunt thesauri miserationum Domini, et sola electa es cui gratia tanta conceditur.” NICOLAUS, monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Nativ. B. V. M. Inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44. ML 144-740.

 

25 “Per hoc (quod est Mater Dei) accepit plenitudinem gratiae non solum pro se, sed et pro omnibus. Propterea Dominus est cum ea, non sicut est cum omnibus, per omnia, per praesentiam, essentiam et potentiam, sed per gratiam et sanctificationem singularem. Ideo Domina nostra dicitur Advocata nostra, Mediatrix nostra, nostra Imperatrix, per cuius manus Deus ordinavit dare ea quae dat humanae creaturae, secundum quod dicit sanctus Bernardus.” IO. GERSON, Sermo de Annuntiatione B. M. V. Opera, Antverpiae, 1706, III, col. 1367.

 

26 “Tu dispensatrix es gratiarum: nihil concedit nobis benedictus Filius tuus, quin pertrasierit per manus tuas piissimas.” RAYMUNDUS IORDANUS, Abbas Cellensis, dictus Idiota, Contemplationes de B. V., pars 9, Contemplatio 14, n. 2. Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, 970.

 

27 “Salus nostra in manu ipsius est.” IDEM, id. op., Prooemium. Ibid., 852.

 

28 PELBARTUS de Themeswar, O. M., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12, pars 1, art. 3. Venetiis, 1586, pag. 214, col. 2. - Vedi nota 23 del cap. V, § 2, pag 179.

 

29 “Tu dispensatrix omnium gratiarum... Tu... totius salutis radix et ornamentum. Tu porta caeli.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. V. M., Sermo 13 (verso la fine), De exaltatione B. V. in gloria. Opera, IV, Venetiis, 1745, p. 130, col. 2. - Quel che segue, è di Riccardo da S. Lorenzo, come vedremo nella nota seguente.

 

30 “Salus nostra in manu illius est, ut ei dicere multo verius valeamus nos Christiani quam dixerint Aegyptii Ioseph (Gen. XLVII, 25): Salus nostra in manu tua est…” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 31. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 43, col. 2; Parisiis, XXXVI, 77, col. 2. - “Sequitur: Venerunt mihi omnia bona pariter cum illa (Sap. VII, 11). Et hoc praecipue intelligendum est de bonis gratuitis, quae vera bona sunt. Venerunt scilicet a Deo omnium bonorum largitore, qui quidquid boni dat creaturis suis, per manus Matris Virginis vult transire.” IDEM, id. op., lib. 2, cap. 3, n. 4. Lugduni, pag. 60; Paris., 91.

 

31 “Ideo trahi petit a Maria fidelis anima, quia, sicut dicit Filius de Patre (Io. XIV, 6): Nemo venit ad Patrem nisi per me, sic quodammodo dicere videtur de Matre: Nemo potest venire ad me, nisi Mater mea suis precibus traxerit eum.” IDEM, id. op., lib. 12, cap. 2, n. 12. Lugduni, pag. 352, col. 1; Paris., XXXVI, pag. 643, col. 2.

 

32 “Maria... recte appellatur navis... De hac autem navi dicitur Proverb. in fine: Facta est quasi navis institoris de longe portans panem suum... Quia prima suscepit de caelo panem illum qui est esse et vivere... facta est quasi navis institoris, etc... Ipsa etiam beata Maria nostra est susceptio: nam in mari mundi submerguntur omnes illi quos non suscepit navis ista... Ideo quoties videmus insurgentes super nos fluctus eius maris, clamare debemus ad Mariam: Eripe me et libera me de aquis multis, et emitte ad me manum tuam de alto. Item illud: Domina, salva nos, perimus. Nam littus optatum non capit sine te fluctuans in hoc mari.” IDEM, id. op., lib. 11, cap. 8, n. 1. Ed. Lugdunen., pag. 315, 316; Paris., 579.

 

33 “(Maria terra)... quia nobis interponitur et abysso: quia, subtracta, sicut Thare (leggi: Core), Dathan et Abiron (Num. XVI, 30-32), statim descendimus in infernum viventes. Sic, subtracto nobis adiutorio Mariae, statim labimur in peccatum et inde in infernum.” IDEM, id. op., lib. 8, cap. 1, n. 13. Ed. Lugd., 229, col. 2; Paris., 410, col. 2. - Quello che segue nel testo fino al capoverso Aggiungo a ciò, è un'aggiunta autografa del santo nell'ediz. Bassanese.

 

34 “Quemadmodum vero ipsam (Mariam) adorare non possumus ea adoratione quae latria vocatur ecclesiastico loquendi more, quae est soli Deo debita servitus... ita nec in ea spem nostram collocare debemus, sed in solo Deo et Filio eius unico Iesu Christo Salvatore nostro, qui vult ut omnia bona ab ipso exspectemus potentissima Virginis Matris intercessione, cum eam ut par est invocamus, impetranda. “Sic est voluntas eius qui totum nos habere voluit per Mariam;” Christus Iesus advocatus noster est apud Patrem, Virgo Maria advocata nostra est apud Filium; “exaudiet Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater; haec peccatorum scala, haec mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meae,” inquit S. Bernardus. Cum Virginem Sanctissimam invocamus, spem nostram Deum inter et excellentissimam illam creaturam, quam dignam fecit quae Filii sui Mater esset, non dividimus, quasi partim a Deo, partim a Maria salutis nostrae bona exspectemus: sed Mariae Virginis Deiparae intercessio scala est et gradus quo spes nostrae ad Deum evehuntur. Eo sensu beata Virgo Maria Spes nostra ab Ecclesia appellatur et salutatur.” NATALIS ALEXANDER, O. P., Theoloia dogmatica et moralis, II, Appendix 1, Epistola 50. Parisiis, 1703, pag. 3, col. 2, pag. 4, col. 1. (in calce).

 

35 “... Moriens (Christus)... eam (Mariam) Administraticem totius Ecclesiae praefecit... dum Ioanni praesenti, et in eius persona toti Ecclesiae, dixit: Ecce mater tua. Quasi aperte diceret: sicut nemo potest salvari nisi per meritum crucis et mortis meae, ita nullus sanguinis illius particeps erit, nisi intercessione Matris meae. Ille solus filius dolorum meorum reputabitur, cui Maria mater erit. Vulnera gratiarum fontes perennes et potentes sunt, sed ad nullos derivabuntur rivi, nisi per Marianum canalem et aquaeductum. Frustra me invocabit Patrem, qui Mariam non fuerit veneratus ut matrem. Tu ipsemet, praedilecte discipule Ioannes, si me amas, eam ama: tantum enim a me amaberis, quantum eam amaveris. Uno verbo, Ecce mater tua. Compendio dixi quid a te illi praestari volo, dum moriens te heredem meae filiationis scribo.” Vinc. CONTENSON, O. P., Theologia mentis et cordis, lib. 10, dissertatio 4, cap. 1, Speculatio 1, Quartus excessus. Augustae Taurinorum, 1769, III, 170, col. 2, 171, col. 1.

 

36 Dionysius PETAVIUS, S. I., De Incarnatione, lib. 14, cap. 2, n. 10: De theologicis dogmatibus, VI, Venetiis, 1745, pag. 201.

 

37 SEGNERI, Il divoto di Maria Vergine, cap. 5, § 3. Opere, IV, Venezia, 1757, pag. 466-468. - PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 1 in Ps. 86, n. 15, et passim. - CRASSET, La véritable dévotion envers la Sainte Vierge établie et défendue, partie 1, question 5, § 2. - Franciscus de MENDOZA, Viridarium sacrae ac profanae eruditionis, lib. 2, problema 2. - Gio. Eusebio NIEREMBERG, Dell'affezione ed amore alla Madonna, cap. 12. Opere, II, Venezia, 1715, pag. 359. - Francois POIRÉ, La triple couronne de la Mère de Dieu, traité 2, ch. 10, § 2 et 3.

 

 

 


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13/09/2009 10:34

CAPITOLO VI. - Eia ergo advocata nostra.

 

§ 1. - Maria è un'avvocata potente a salvar tutti.

 

È così grande l'autorità delle madri sopra de' figli, che sebben questi sieno monarchi e abbiano l'assoluto dominio su di tutte le persone de' loro regni, non mai pero le madri posson diventare suddite a' loro figli.

 

È vero che Gesù ora in cielo, perché ivi siede alla destra del Padre, cioè, come spiega S. Tommaso, anche come uomo per ragione dell'unione ipostatica colla persona del Verbo ha il supremo dominio sopra di tutti ed anche su Maria;1 nulladimeno ben sarà sempre vero che un tempo, allorché il nostro Redentore visse in questa terra, egli volle già umiliarsi a farsi suddito di Maria, come ci attesta S. Luca: Et erat subditus illis (cap. II, [51]). Anzi, dice S. Ambrosio che Gesù Cristo, avendo già degnata Maria di farla sua madre, come suo figlio era veramente obbligato ad ubbidirla.2 E perciò dice Riccardo di S. Lorenzo (Lib. 1 de laud. Virg., c. 5) che degli altri santi si dice esser essi con Dio, ma che solo di Maria può dirsi che abbia avuta questa sorte che non solamente ella sia stata sottomessa alla volontà di Dio, ma che anche Dio si sia soggettato alla di lei volontà: Cum de ceteris sanctis dicatur eos esse cum Deo, Maria maius aliquid sortita est: ut non solum ipsa subiiceretur voluntati Dei, sed etiam Dominus voluntati ipsius.3 E dove delle altre sante vergini, come riflette lo stesso autore, dicesi ch'elle sieguono il divino Agnello dov'egli si porta: Sequuntur Agnum quocumque ierit (Ap. XIV, [4]); di Maria Vergine può dirsi che l'Agnello seguiva lei in questa terra, essendosi fatto suo suddito: De virgine autem Maria secure dici potest, quod Agnus sequebatur eam quocumque ivit, ex illo Lucae: Erat subditus illis.4

 

Quindi diciamo che Maria in cielo, benché non possa più comandare al Figlio, sempre non pero le sue preghiere saran preghiere di madre, e perciò potentissime ad ottenere quanto ella domanda. Ha Maria, dice S. Bonaventura, questo privilegio appresso il Figlio, di essere potentissima ad impetrar quanto vuole: Grande privilegium Mariae, quod apud Filium sit potentissima (In Spec., c. 6).5 E perché? Appunto per la ragione che abbiamo accennata e qui appresso a lungo esamineremo, perché le preghiere di Maria son preghiere di madre. E per tal ragione, dice S. Pietro Damiano che la Vergine può quanto vuole, così nel cielo, come nella terra, potendo sollevare alla speranza di salvarsi anche i disperati; onde le dice: Data est tibi omnis potestas in caelo et in terra; et nihil tibi impossibile, cui possibile est etiam desperatos in spem salutis relevare (Serm. 1, de Nat. B. Virg.).6 E poi soggiunge che quando va la Madre a cercare per noi qualche grazia a Gesù Cristo - chiamato dal santo l'altare di misericordia, dove i peccatori ottengono il perdono da Dio, - il Figlio fa tanta stima delle preghiere di Maria ed ha tanto desiderio di compiacerla, che, pregando ella, par che più presto comandi che preghi, e sembra più presto signora che ancella: Accedis enim ad illud humanae reconciliationis altare, non solum rogans sed imperans, domina non ancilla; nam Filius nihil negans, te honorat (Loc. cit.). Così vuole onorare Gesù questa sua cara Madre, che tanto l'ha onorato in sua vita, con accordarle subito quanto domanda e desidera. Lo che bellamente conferma S. Germano, dicendo alla Vergine: Voi siete, Madre di Dio, onnipotente per salvare i peccatori, e non avete bisogno d'altra raccomandazione appresso Dio, poiché siete la madre della vera vita (Serm. 3, in Dorm. B.V.).7

 

Imperio Virginis omnia famulantur, etiam Deus.8 Non ha ripugnanza S. Bernardino da Siena di dire con questa sentenza (Tom. 2, serm. 61) che a' comandi di Maria tutti ubbidiscono, ancora Dio: volendo dire in verità, che Dio esaudisce le sue preghiere come fossero comandi. Ond'è che S. Anselmo, parlando con Maria, così le dice: Te Deus, o Virgo, sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit (Lib. de Conc. Virg.):9 Il Signore, o Vergine santa, vi ha sollevata a tal segno, che col suo favore voi potete ottenere tutte le grazie possibili a' vostri divoti, poiché la vostra protezione è onnipotente: Omnipotens auxilium tuum, o Maria, come le dice Cosma Gerosolimitano.10 Sì, onnipotente è Maria, ripiglia Riccardo di S. Lorenzo, mentre la regina per ogni legge dee godere degli stessi privilegi del re: Eisdem privilegiis secundum leges gaudet rex et regina. Cum autem, soggiunge, eadem sit potestas filii et matris, ab omnipotente Filio omnipotens Mater facta est (Lib. 4, de laud. Virg.).11 In tal modo che, dice S. Antonino, Dio ha posta tutta la Chiesa, non solamente sotto il patrocinio, ma benanche sotto il dominio di Maria: Ecclesia est non tantum sub Virginis patrocinio, verum etiam sub dominatione ac potestate (P. 4, tit. 15, c. 20, § 2).12

 

Dovendo dunque aver la madre la stessa potestà che ha il figlio, con ragione da Gesù, che è onnipotente, è stata fatta onnipotente Maria; essendo non pertanto sempre vero che dove il Figlio è onnipotente per natura, la Madre è onnipotente per grazia. E ciò si avvera col succedere che quanto cerca la Madre, niente le nega il Figlio; come appunto fu rivelato a S. Brigida (Rev. lib. 1, c. 4), la quale intese un giorno che Gesù parlando con Maria, così le disse: Pete quod vis a me, non enim potest esse inanis petitio tua:13 Madre mia, già sai quanto t'amo: onde cerca da me quanto vuoi, che qualsivoglia tua domanda non può esser da me non esaudita. E bella fu la ragione che ne soggiunse: Quia tu mihi nihil negasti in terris, ego nihil tibi negabo in caelis.14 Come dicesse: Madre, quando tu fosti in terra, niente hai negato di fare per amor mio: ora che io sto in cielo, è ragione ch'io niente neghi di fare di quello che tu mi chiedi. - Si chiama dunque onnipotente Maria nel modo che può intendersi d'una creatura, la quale non è capace d'un attributo divino. Così ella è onnipotente, perché colle sue preghiere ottiene quanto vuole.

 

Con ragione dunque, o grande nostra avvocata, vi dice S. Bernardo: Velis tu, et omnia fient.15 E S. Anselmo: Quidquid tu Virgo velis, nequaquam fieri non poterit (De exc. Virg., c. 12).16 Vogliate voi, e tutto avverrà: vogliate voi sollevare il peccatore più perduto ad un'alta santità, a voi sta il farlo.

 

Il B. Alberto Magno a tal proposito così fa parlare Maria: Roganda sum ut velim; quia si volo, necesse est fieri (Ap. P. Pepe, Grand. etc.):17 Io debbo esser pregata che voglia; perché se voglio, è necessario che si faccia. Onde considerando S. Pietro Damiani questa gran potenza di Maria, pregandola ad aver pietà di noi, così le dice: Moveat te natura, potentia moveat; quia quanto potentior, tanto misericordior esse debebis (Serm. 1, de Nat. B. Virg.).18 O Maria, o cara nostra avvocata, giacché voi avete un cuore così pietoso, che non sa guardare i miseri e non compatirli; ed insieme avete appresso Dio una potenza così grande di salvare tutti quelli che voi difendete; non isdegnate di prender la causa anche di noi miserabili, che in voi riponiamo tutte le nostre speranze. Se non vi muovono le nostre preghiere, vi muova pure il vostro cuore benigno, vi muova almeno la vostra potenza, giacché Dio a questo fine vi ha arricchita di tanta potenza, acciocché quanto più siete ricca a poterci aiutare, tanto più siate misericordiosa a volerci aiutare. Ma di ciò S. Bernardo ben ci assicura, dicendo che Maria come nella potenza, così nella misericordia è immensamente ricca; e siccome la sua carità è potentissima, così ancora è pietosissima a compatirci, e cogli effetti continuamente ce lo fa vedere: Potentissima et piissima caritas Matris Dei et affectu compatiendi et subveniendi abundat effectu: aeque locuples in utroque (Serm. 1, de Ass.).19

 

Sin da che viveva in questa terra Maria, l'unico suo pensiero, dopo la gloria di Dio, era d'aiutare i miseri, e sin d'allora sappiamo che godette il privilegio di essere esaudita in tutto ciò che chiedeva. Questo lo sappiamo dal fatto avvenuto nelle nozze di Cana di Galilea, allorché mancando il vino, la S. Vergine, compatendo l'afflizione e 'l rossore di quella casa, cercò al Figlio che l'avesse consolata con un miracolo, esponendo la mancanza del vino: Vinum non habent. Gesù rispose: Quid mihi et tibi [est] mulier? Nondum venit hora mea (Io. II, 4). Notate: ancorché il Signore par che avesse negata la grazia alla Madre, dicendo: Che importa, o donna, a me ed a voi che sia mancato il vino? ora non mi conviene fare alcun miracolo, non essendo giunto ancora il tempo, che sarà il tempo della mia predicazione, nel quale co' segni debbo confermare la mia dottrina; pure con tutto ciò Maria, come se il Figlio avesse già accordata la grazia, disse a quella gente: Implete hydrias aqua: Via su riempite i vasi d'acqua, che ora sarete consolati: ed in fatti Gesù Cristo, per compiacere la Madre, mutò quell'acqua in ottimo vino. Ma ciò come va? se il tempo determinato a' miracoli era quello della predicazione, come questo del vino poteva anticiparsi contro del decreto divino? No, risponde S. Agostino,20 non si fe' nulla contro i divini decreti: poiché sebbene, generalmente parlando, non era ancora giunto il tempo de' segni, nulladimeno fin dall'eternità Dio tenea stabilito con un altro decreto generale, che di quanto cercasse questa sua divina Madre, nulla mai se le negasse. E perciò Maria ben consapevole di tal suo privilegio, benché sembrasse allora di avere esclusa il Figlio la sua dimanda, pure disse che si empissero i vasi d'acqua, come la grazia fosse già fatta. Ciò volle dire S. Gio. Grisostomo sul passo suddetto di S. Giovanni: Quid mihi et tibi, mulier, etc., dicendo che benché Gesù avesse così risposto, nulladimanco per onor di sua Madre non lasciò di ubbidire alla sua dimanda: Et licet ita responderit, maternis tamen precibus obtemperavit.21 Lo stesso confermò S. Tommaso dove disse che con quelle parole non è venuta ancora l'ora mia, volle dimostrar Gesù Cristo che avrebbe differito il miracolo, se un altro gliel'avesse richiesto; ma perché glielo cercò la Madre, subito lo fece: Per illa verba, nondum venit hora mea, ostendit se dilaturum fuisse miraculum, si alius rogasset; quia tamen rogabat Mater, fecit || (S. Thom., ap. Defens. cultus Mariani, auctore R. D. Henr. de Cerf, pag. 129).22 Lo stesso dicono S. Cirillo23 e S. Girolamo,24 come riferisce il Barrada.25 E lo stesso dice il Gandavense in detto luogo di S. Gio.: Quo Matrem honoraret, praevenit tempus miraculi faciendi. |26

 

È certo in somma che non v'è creatura alcuna che possa ottenere a noi miseri tante misericordie, quante questa buona avvocata, la quale con ciò viene onorata da Dio non solo come diletta sua ancella, ma benanche come vera sua Madre. Questo appunto le dice Guglielmo Parisiense a lei rivolto: Nulla creatura tot et tanta impetrare posset apud Filium tuum miseris, quam tu impetras eisdem; in quo procul dubio non tamquam ancillam, sed tamquam Matrem verissimam te honorat.27 Basta che parli Maria, tutto il Figlio eseguisce. Parlando il Signore colla sposa de' Sacri Cantici, per cui viene intesa Maria, le dice: Quae habitas in hortis, amici auscultant, fac me audire vocem tuam (Cant. VIII, 13). Gli amici sono i santi, i quali, allorché domandano qualche grazia a beneficio dei loro divoti, aspettano che la loro regina la domandi a Dio e l'impetri; poiché - come di sopra si disse nel capo V - niuna grazia si dispensa se non per intercessione di Maria. E come impetra Maria? basta che faccia al Figlio sentir la sua voce: Fac me audire vocem tuam. Basta che parli, che il Figlio subito l'esaudisce. Ecco come Guglielmo di Parigi, spiegando in tal senso il suddetto passo, introduce il Figlio che così dice a Maria: Quae habitas in hortis caelestibus, fiducialiter pro quibus volueris intercede; non enim possum oblivisci me Filium tuum, ut Matri quidpiam denegandum putem. Tantum ut vocem proferas, quia a Filio audiri exaudiri est.28 Dice Goffrido abbate che Maria, benché impetri le grazie pregando, nulladimeno ella prega con un certo imperio di madre; onde noi dobbiamo senza dubbio tenere ch'ella ottenga quanto desidera e per noi domanda: Virgo Maria ex eo quod ille homo est et natus ex ea, quasi quodam matris imperio, apud ipsum impetrare quod voluerit pia fiducia non dubitatur (Serm. 8, de B. Virg.).29

 

Si narra da Valerio Massimo (Lib. 5, cap. 4) di Coriolano, che tenendo egli Roma assediata, non furono bastevoli a rimoverlo tutte le preghiere de' cittadini e degli amici; ma quando comparve a pregarlo la sua madre Veturia, allora non poté egli resistere, e subito tolse l'assedio.30 Ma tanto più di Veturia sono potenti le preghiere di Maria con Gesù, quanto più questo Figlio è grato ed ama questa sua cara Madre. Scrive il P. Giustino Micoviense: Unum B. Mariae suspirium plus possit, quam omnium sanctorum simul suffragia (In lit. B.V., verbo Virg. pot.).31 E questo stesso lo confessò il medesimo demonio a S. Domenico, costretto da' suoi precetti, per bocca d'un ossesso, come narra il P. Paciucchelli (De B.V.), dicendo che vale più appresso Dio un sospiro di Maria, che le suppliche di tutti i santi uniti insieme.32

 

Dice S. Antonino che le preghiere della S. Vergine, essendo preghiere di madre, hanno una certa ragione d'imperio, ond'è impossibile ch'ella non sia esaudita quando prega: Oratio Deiparae habet rationem imperii; unde impossibile est eam non exaudiri (P. 4, tit. 15, c. 17, § 4).33 Quindi così le parla S. Germano, animando i peccatori che a quest'avvocata si raccomandano: Avendo voi, o Maria, l'autorità di madre con Dio, ottenete il perdono a' peccatori più enormi; mentre quel Signore che in tutte le cose vi riconosce per sua vera Madre, non può non concedervi quanto voi gli cercate: Tu autem materna in Deum auctoritate pollens, etiam iis qui enormiter peccant eximiam remissionis gratiam concilias; non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi ut verae et intemeratae Matri in omnibus morem gerat (V. in Enc. Deip.).34 Ond'è che S. Brigida (L. 4, Rev., cap. 74) intese che i santi del cielo così dicevano alla Vergine: Domina benedicta, quid est quod non poteris? Quod enim vis, hoc factum est:35 Qual cosa v'è che voi non potete? Ciò che voi volete, quello si fa. Al che corrisponde quel celebre verso: Quod Deus imperio, tu prece, Virgo, potes.36 E che forse, dice S. Agostino, non è cosa degna della benignità del Signore con ciò custodire l'onor di sua Madre, giacch'egli si protestò d'esser venuto in terra non a rompere, ma ad osservare la legge, la quale fra l'altre cose comanda che si onorino i genitori? Numquid non pertinet ad benignitatiem Domini Matris honorem servare, qui legem non venit solvere, sed adimplere?37

 

Anzi soggiunge S. Giorgio arcivescovo di Nicomedia che Gesù Cristo anche quasi per soddisfare all'obbligo che ha a questa Madre, per avergli dato col suo consenso l'essere umano, adempie tutte le sue dimande: Filius quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas (Or. de Ex. Mar.).38 Ond'esclama il martire S. Metodio: Euge, euge, quae debitorem habes Filium qui omnibus mutuatur. Deo enim universi debemus; tibi autem etiam ille debitor est (Or. in Hyp. Dom.).39 Rallegrati, o Maria, che hai la sorte di aver per debitore quel Figlio che a tutti dà e niente riceve da alcuno. Tutti noi siamo debitori a Dio di quanto abbiamo, poiché tutto è suo dono; ma a voi ha voluto Dio stesso farsi debitore, pigliando da voi la carne e facendosi uomo. Onde dice S. Agostino: Virgo quae meruit pro liberandis proferre pretium, potest plus omnibus suffragium libertatis impendere (or. 2, de Ass. B.V.).40 Avendo Maria meritato di dar la carne al divin Verbo, e con quella apprestare il prezzo della Redenzione, affinchè noi fossimo liberati dalla morte eterna, perciò ella, dice S. Agostino, è più potente di tutti ad aiutarci a conseguir la salute eterna. Quindi S. Teofilo, vescovo d'Alessandria, che viveva al tempo di S. Girolamo, così lasciò scritto: Il Figliuolo gradisce di esser pregato da sua Madre, perché vuole accordarle tutto ciò ch'egli accorda in suo riguardo, e così ricompensare la grazia, ch'esso ne ha ricevuta, d'avergli ella data la carne.41 Onde S. Giovan Damasceno rivolto alla Vergine così le parla: Voi dunque, o Maria, essendo Madre di Dio, potete salvar tutti colle vostre preghiere che sono avvalorate dell'autorità di madre: Potes quidem omnes salvare, ut Dei altissimi Mater, precibus materna auctoritate pollentibus (Ex men., 1 ian., Ode 4).42

 

Concludiamo con S. Bonaventura, il quale, considerando il gran beneficio che ci ha fatto il Signore in darci Maria per avvocata, parlando a lei così le dice: O certe Dei nostri mira benignitas, qui suis reis te Dominam tribuit advocatam, ut auxilio tuo, quod volueris, valeas impetrare (In Salv. Reg.):43 O certamente immensa ed ammirabile bontà del nostro Dio, che a noi miseri rei ha voluto concedere voi Signora nostra per nostra avvocata, acciocché possiate colla vostra potente intercessione ottenerci di bene, quanto voi volete.

 

O mirabilis erga nos, siegue a dire lo stesso santo, misericordia Dei nostri, qui, ne fugeremus pro sententia, voluit Matrem ac dominam gratiae, instituere advocatam!44 O gran pietà del Signore, il quale, acciocché noi non fuggissimo per la sentenza che si ha da dare sulla nostra causa, ci ha destinata per avvocata la stessa sua Madre e la padrona della grazia.

 

 

Esempio.

 

Racconta il P. Razzi Camaldolese (Mirac. d. Mad., Mir. 47) come un certo giovine, essendo morto il padre, fu mandato dalla madre in corte d'un principe. Ma la madre in licenziarlo, perch'era divotissima di Maria, si fece promettere dal figlio che ogni giorno l'avrebbe recitata un'Ave Maria, con queste parole in fine: Vergine benedetta, aiutatemi nell'ora della morte mia.

 

Arrivato nella corte, il giovane fra qualche tempo diventò così dissoluto ne' vizi, che 'l padrone fu costretto a mandarlo via. Egli allora disperato non sapendo come vivere, si diede in campagna a far l'assassino di strada; ma in questo tempo non lasciava di raccomandarsi alla Madonna, come gli avea detto la madre. Finalmente fu preso dalla giustizia e condannato a morte.

 

Or stando esso in prigione per essere giustiziato il giorno seguente, pensando al suo disonore, al dolor della madre ed alla morte che l'aspettava, piangeva inconsolabilmente; onde vedendolo il demonio oppresso da una gran malinconia, gli apparve in forma d'un bel giovine, e gli disse ch'esso l'avrebbe liberato dalla morte e dalla carcere, se avesse voluto fare quello che gli dicea. Il condannato si esibì a far tutto. Allora il giovane finto gli palesò ch'egli era il demonio venuto per suo aiuto. In primo luogo volea che rinnegasse Gesù Cristo ed i SS. Sagramenti; e 'l giovine acconsentì. Di più gli disse che rinnegasse Maria Vergine, e rinunziasse alla sua protezione. Or questo non lo farò mai, rispose il giovane; e volgendosi a Maria, le replicò la solita orazione insegnatagli dalla madre: Vergine benedetta, aiutatemi nell'ora della morte mia. A queste parole sparì il demonio. Ma il giovane restò afflittissimo per l'eccesso commesso di aver rinnegato Gesù Cristo. Ricorrendo però alla S. Vergine, ella gl'impetrò un gran dolore di tutti i suoi peccati; onde si confessò con gran pianto e contrizione.

 

Uscito già per andare al patibolo, nella via s'incontrò con una statua di Maria; egli la salutò colla solita preghiera: Vergine benedetta, aiutatemi nell'ora della morte mia; e la statua a vista di tutti chinò la testa e lo risalutò. Allora egli intenerito pregò di poter baciare i piedi a quell'immagine. I ministri ripugnavano, ma poi condiscesero per lo strepito che ne faceva il popolo. Si chinò il giovane per baciare i piedi, e Maria da quella statua stendè il braccio, e lo prese per la mano, e lo tenne sì forte che non fu possibile staccarnelo. A questo prodigio tutti cominciarono a gridare, grazia, grazia, e la grazia fu fatta. Egli poi ritornato alla patria si diede ad una vita esemplare, seguendo a vivere affezionatissimo a Maria, che l'avea liberato dalla morte temporale ed eterna.45

 

 

Preghiera.

 

O gran Madre di Dio, vi dirò con S. Bernardo: Loquere, Domina, quia audit Filius tuus, et quaecumque petieris, impetrabis.46 Il vostro Figlio ben vi ascolta, e quanto voi cercherete, tutto vi concederà. Parlate dunque, parlate, o Maria avvocata nostra, a favor di noi miserabili. Ricordatevi che anche per nostro bene voi riceveste tanta potenza e tanta dignità. Un Dio a tal fine ha voluto farsi vostro debitore, con prender da voi l'essere umano, acciocché poteste a vostro arbitrio dispensare a' miseri le ricchezze della divina misericordia.

 

Noi siamo vostri servi, addetti con modo speciale alla vostra servitù, e tra questi spero d'essere anch'io. Noi ci vantiamo di vivere sotto la vostra protezione. Se voi fate bene a tutti, anche a coloro che non vi conoscono o non vi onorano, e che anzi vi oltraggiano e vi bestemmiano, quanto più dobbiamo sperar noi dalla vostra benignità, che va cercando miseri per sollevarli? noi che vi onoriamo, vi amiamo e confidiamo in voi?

 

Siamo gran peccatori, ma Dio vi ha arricchita di pietà e di potenza maggiore d'ogni nostra iniquità. Voi potete e volete salvarci; e noi tanto più vogliamo sperarlo, quanto più ne siamo indegni, per più glorificarvi in cielo, allorché vi giungeremo colla vostra intercessione.

 

O Madre di misericordia, noi vi presentiamo l'anime nostre, un tempo fatte belle e lavate col sangue di Gesù Cristo, ma poi imbrattate col peccato. A voi le presentiamo, voi pensate a purificarle. Otteneteci una vera emenda, otteneteci l'amore a Dio, la perseveranza, il paradiso. Vi cerchiamo gran cose, ma che forse voi non potete ottenerci tutto? son troppe forse all'amore che Dio vi porta? Vi basta aprir la bocca a pregare il vostro Figlio; egli niente vi nega. Pregate dunque, pregate, o Maria, per noi; pregate, e voi sarete certamente esaudita, e noi saremo sicuramente salvati.

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NOTE

 

1 “Nomine dexterae Patris intelligitur vel ipsa gloria deitatis ipsius, vel beatitudo aeterna eius, vel potestas iudiciaria et regalis. Haec autem praepositio ad (sedet ad dexteram Patris) quemdam accessum ad dexteram designat; in quo designatur convenientia cum quadam distinctione. Quod quidem potest esse tripliciter. Uno modo, ut sit convenientia in natura et distinctio in persona; et sic Christus, secundum quod Filius Dei, sedet ad dexteram Patris, quia habet eamdem naturam cum Patre... Alio modo secundum gratiam unionis, quae importat e converso distinctionem naturae et unitatem personae; et secundum hoc Christus, secundum quod homo, est Filius Dei, et per consequens sedens ad dexteram Patris... Tertio modo potest praedictus accessus intelligi secundum gratiam habitualem, quae abundantior est in Christo prae omnibus aliis creaturis, in tantum quod ipsa natura humana in Christo est beatior ceteris creaturis, et super omnes alias creaturas habens regiam et iudiciariam potestatem.” S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 58, art, c. - “Christus dicitur sedere ad dexteram Patris, inquantum secundum naturam divinam est in aequalitate Patris, secundum autem humanam naturam in excellenti possessione divinorum bonorum prae ceteris aliis creaturis. Utrumque autem soli Christo convenit.” Ibid., art. 4, c.

 

2 “Et venit Nazareth, et erat subditus illis (Luc. II, 51). Quid enim magister virtutis, nisi officium pietatis impleret? Et miramur si Patri defert, qui subditur matri? Non utique infirmitatis, sed pietatis est ista subiectio (tanto al Padre Eterno, quanto alla Madre)... Disce... tuae utilitatis praecepta, et exempla pietatis agnosce.” S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum secundum Lucam, lib. 2, n. 65, 66. ML 15-1575, 1576.

 

3 “Dominus tecum. In his duobus verbis notatur Mariae dignitas et dominium super Filium suum: cum enim de omnibus ceteris sanctis dicatur, et magnum sit eis, esse cum Domino, unde et Enoch dicitur ambulasse cum Deo, quod faciunt qui eius per omnia obediunt voluntati: Maria maius aliquid ceteris hominibus sanctis sortita est, ut non solum ipsa subiiceretur voluntati Domini, sed etiam Dominus voluntati ipsius, ut per hoc merito diceretur Dominus esse cum ea.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 1, cap. 5, n. 6. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 23; Parisiis (Vives), XXXVI, 41.

 

4 “In laude aliarum virginum dicitur quod sequuntur Agnum quocumque ierit (Apoc. XIV, 4): de ista autem potest secure dici quod Agnus sequebatur eam quocumque ivit. Unde Luc. II, 51: Descendit cum illis... Nazareth, et erat subditus illis.” IDEM, id. op., lib. 1, cap. 5, n. 4.

 

5 “Quintum Mariae privilegium est, quod ipsa, super omnem creaturam, Deo corporaliter familiarissima fuit. Nam... ipsa Deum novem mensibus in utero portavit... lactavit... dulciter educavit... sibi subditum habuit... in amplexibus et osculis familiarissima contrectavit... Sextum Mariae privilegium est, quod ipsa super omnem creaturam apud Deum potentissima est... Grande privilegium est quod ipsa prae omnibus sanctis apud Deum tam potentissima est.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 6. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Vatic., Mogunt., Lugdunen., VI, 439, col. 1.

 

6 “Fecit in te magna qui potens est, et data est tibi omnis potestas in caelo et in terra... Nil tibi impossibile, cui possibile est desperatos in spem beatitudinis relevare. Quomodo enim illa potestas tuae potentiae poterit obviare, quae de carne tua carnis suscepit originem? Accedis enim ante illud aurem humanae reconciliationis altare, non solum rogans, sed imperans, domina, non ancilla... Audi nos. Nam et Filius nihil negans honorat te, qui est Deus benedictus in saecula saeculorum. Amen.” NICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, In Nativ. B. V. M., sermo 44, inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-740.

 

7 “Viderunt pauperes, per te, divitias bonitatis divinae... Peccatores, per te, Deum exquisierunt et salvi facti sunt... Potens igitur ad salutem auxilium tuum, o Deipara, nec mendationem requirens. Tu enim revera, verae es Vitae parens.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In dormitionem SS. Deiparae, sermo 2, MG 98-350.

 

8 “Omnia quae sunt in caelo et in terra... quae omnia sunt divino imperio subiugata, gloriosae Virgini sunt subiecta. Ille enim qui Filius Dei est et Virginis benedictae, volens, ut sic dicam, paterno principatui quodammodo principatum aequiparare maternum, ipse, qui Deus erat, matri famulabatur in terra: unde Luc. II, 51 scriptum est de Virgine et glorioso Ioseph: Et erat subditus illis. Praeterea (propterea) haec (propositio) est vera: Divino imperio omnia famulantur et Virgo. Et iterum haec est vera: Imperio Virginis omnia famulantur et Deus.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativ. B. M. V., art. unic., cap. 6. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 92, col. 1, 2.

 

9 “Rogamus ergo te, Domina, per ipsam gratiam qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum nobis obtineas, ut plenitudo gratiae quam meruisti, in nobis sic operetur quo participium beati praemii eius nobis misericorditer quandoque donetur.” EADMERUS, monachus Cantuariensis, Liber de excellentiaB.M. cap. 12. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-578.

 

10 “Persequar inimicos meos et in fugam convertam, solam retinens veluti thoracem protectionem tuam, tuumque omnipotens auxilium.” COSMAS Hierosolymitanus, Hymnus VI, Pro magna quinta feria. MG 98-482.

 

11 “Ipsa enim regina est illius civitatis, cuius filius suus rex, et eisdem privilegiis secundum leges gaudent rex et regina. Cum autem eadem sit potestas, et communis, matris et filii, quae ab omnipotente Filio omnipotens est effecta... tamen excellenter potens est in Ecclesia triumphante.” RICHARDUS A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 29, n. 1. Inter Opera S. Alb. M., Lugd., 1651, XX, pag. 146, col. 1; Paris., XXXVI, 254, col. 2.

 

12 “In quantum (luna) significat Ecclesiam... secundum hoc, tantum fuit meritum Virginis, ut Ecclesia sit sub pedibus eius, sub protectione; unde ipsa ait Eccli. XXIV, 15: In Hierusalem potestas mea, id est, in Ecclesia.” S. ANTONINUS, Sum. Theolog., pars 4, tit. 15, cap. 20, § 2. Veronae, 1740, IV, col. 1051.

 

13 “Cui (Mariae) respondit Filius: “Benedicta sis tu, Mater carissima... Et benedictum sit os tuum et labia tua, de quibus omnis misericordia procedit in miseros peccatores. Tu vere misericordiae Mater praedicaris et es, quia miserias omnium consideras, et me ad misericordiam flectis: pete ergo quod vis, non enim inanis potest esse caritas et petitio tua.” Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 6, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 362, col. 2.

 

14 “Deinde (Pater) ad matrem Filii ait: “Quia tu mihi nihil negasti in terra, ideo ego tibi nihil negabo in caelo: voluntas tua complebitur.” Id. op., lib. 1, cap. 24, pag. 29, col. 2.

 

15 Non sappiamo dove abbia detto S. Bernardo le parole riferite da S. Alfonso. Il pensiero però è manifestamente suo, espresso specialmente in quel celebre passo del Sermone de aquaeductu, n. 7, 8, ML 183-441, 442: “Potesne Filius aut repellere, aut sustinere repulsam; non audire aut non audiri Filius potest?... Semper haec inveniet gratiam, et sola est gratia qua egemus... Quod quaerit, invenit, et frustrari non potest.” - Giova riferire quanto si legge nelle Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 74, pag. 238, col. 2: “Tunc statim sancti apparentes dixerunt: “O Domina benedicta... quid est quod non poteris? Quod enim tu vis, hoc factum est.”

 

16 “Procul dubio... benignissimus Filius tuus erit ad concedendum quidquid voles promptus et exaudibilis. Tantummodo itaque velis salutem nostram, et vere nequaquam salvi esse non poterimus.” EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 12. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-579.

 

17 “Roganda est autem Maria ut velit, quia, si vult, necesse est fieri, sicut dicit Augustinus de Domino.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 40. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 45, col. 2; Paris., XXXVI, 81, col. 1.

 

 

 

 

18 “Revertere, revertere, Sulamitis... (Cant. VI, 12)... Revertere, primo per naturam. Numquid quia ita deificata, idfeo nostrae humanitatis oblita es?... Scis in quo discrimine nos reliqueris... Non enim convenit tantae misericordiae tantam miseriam oblivisci, quia, etsi subtrabit gloria, revocat natura: non enim ita memoraris iustitiae Dei solius, ut misericordiam non habeas; neque ita es impassibilis, ut sis incompassibilis. Naturam nostram habes, non aliam; et iustum est ut de rore tantae pietatis diffusius infundamur. Revertere, secundo per potentiam. Fecit in te magna qui potens est, et data est tibi omnis potestas in caelo et in terra... Moveat te natura, potentia moneat, quia quanto potentior, tanto misericordior esse debebis.” NICOLAUS, monachus, In Nativ. B. V. M., sermo 44, inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-740.

 

19 “Sic potentissima et piissima caritas et affectu compatiendi, et subveniendi abundat effectu, aeque locuples in utroque.” S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V. sermo 4, n. 8. ML 183-430.

 

20 È questa dottrina generale di S. AGOSTINO. Forse allude S. Alfonso a quanto si legge nel Tractatus 8 in Ioannem, n. 9. ML 35-1455, su questo luogo (Nondum venit hora mea): “Et antequam de illa natus esset, noverat matrem; et antequam ipse Deus crearet, de qua ipse homo crearetur, noverat matrem.” - Abbiamo adottato il testo della prima ediz. Napolet., manifestamente alterato nelle seguenti edizioni. Ediz. Bassanese: No, risponde, non...; ed. Napo. 1776: no, si risponde, non...

 

21 “Et cur, inquies, postquam dixerat: Nondum venit hora mea, et recusaverat, id quod mater dixerat effecit? Ut contradicentibus... demonstraretur ipsum non esse horae et tempori subditum... Ad haec in matris honorem id fecit, ne omnino ipsi repugnare videretur, ne ex imbecillitate id facere videretur, ne tanto adstante coetu matrem pudore afficeret: nam ministros ipsi obtulerat.” S. IO. CHRYSOSTOMUS, In Ioannem hom. 22, n. 1. MG 59-134.

 

22 Defensio B. V. Mariae et piorum cultorum illius contra libellum intitualtum Monita salutaria B. V. Mariae ad cultores suos indiscretos: auctore Francisco Lodviscio BONA, theologo (da non confondersi col Cardinale Giovanni Bona), cap. 11: “Audi D. Thomam (p. III, qu. 27, art. 4) explicantem citatum a te (dall'autore dei Monita salutaria B. V. M.) Ioannis textum: “Per illa verba: Quid mihi et tibi, mulier: nondum venit hora mea, ostendit se dilaturum fuise miraculum si alius rogasset; quia tamen rogabat Mater, fecit.” (Summa aurea, V, col. 183) - Bisogna pur confessare che S. Tommaso non ha queste parole, né nel luogo indicato, né, per quanto sappiamo, altrove. Dice soltanto S. Tommaso, Comment. in Evang. S. Ioannis, lect. 1, n. 5: “Quamvis autem mater repulsa sit, tamen de filii misericordia non diffidit; ideo consequenter monet ministros: Quodcumque dixerit vobis, facite.” - L'autore dei Monita salutaria B. V. Mariae ad cultores suos indiscretos, è Adamo Windenfeldt (+ 1678), giureconsulto di Colonia. Fece gran rumore questa operetta, e molti scrissero contro per confutarla: tra gli altri, anche Enrico de Cerf, dottore dell'Università di Donai, coi suoi Iesu Christi monita maxime salutaria de cultu dilectissimae Matri Mariae debite exhibendo (Summa aurea, V, col. 213-226). Forse per questo gli venne attribuita la Defensio. - Zaccaria, nella sua nomenclatura delle opere intorno ai Monita del Widenfeldt (Storia letteraria, VIII, 247-251, all'anno 1674) dice che il sopra nominato “Lodovico Bona” chiamavasi “M. Dubois, professore”.

 

23 “Maximum esse illum honorem, qui parentibus debetur, Christus ostendit, dum reverentia matris id faciendum suscipit, quod facere nolebat.” S. CYRILLUS Alexandrinus, In Ioannis Evangelium, lib. 2, in cap. II, 4. MG 73-226.

 

24 In questo versetto: Tempus faciendi, Domine... (Ps. CXVIII, 126). “Aut fortasse vult a nobis admoneri, vult rogari: imo si rogatus fuerit, ante tempus venit. Venit ad ficulneam: et ante horam venit, ut dicit ad matrem. Illa rogabat pro nobis, illa festinabat, dicens: Vinum non habent, fili. Respondit Iesus: Quid mihi et tibi est, mulier? Nondum venit hora mea (Io. II, 3, 4). Et mater quae sciebat eius affectum, dicit ministris: Quodcumque dixerit vobis, facite (ibid. 5). Iesus quoque, qui horam suam venisse negaverat, fecit quod ante differebat; nam omnia Deus suo tempore facit. Quidquid facit, non est extra tempus: sed totum opportunum est quod fecerit: et mihi suo tempore advenit; omne enim tempus opportunum saluti, nihil praeproperum pro salute periclitantium: sed volebat exspectare adhuc Synagogae correctionem. Ideo ante tempus ad ficulneam venit (Marc. XI, 13), hoc est, cito Iudaeis venit, opportune gentibus: cito venit perituris, commode credituris.” S. AMBROSIUS, Expositio in Ps. CXVIII, Sermo 16, n. 38. ML 15-1437. - S. Alfonso intende citare S. Ambrogio, e non S. Girolamo, come apparisce dalla nota seguente.

 

25 “Ex his constat, quantum Deiparae precibus detulerit; tempus enim atque horam miraculorum, illius annuens precibus, antevertit. D. Cyrillus in Ioannem: “Quantus, inquit, honor parentibus debeatur, Christus ostendit, cum statim ad actum propter matrem accedat, quem, quantum in eo erat, parumper distulisset, etc.” Et Ambrosius, Psalm. 118, octonario 16: “Qui horam suam venisse negabat, fecit quod ante differabat, etc.” BARRADAS, S. I., Commentarii in concordiam et historiam quatuor Evangelistarum, lib. 3, cap. 1 (verso la fine). Lugduni, 1610, II, pag. 157, col. 1.

 

26 “Aliter tamen dici potest, nondum tunc venisse tempus passim et publice edendi miracula, quod tempus coepit primum ab incarceratione Ioannis, unde ab eo tempore reliqui Evangelistae coeperunt eius praedicationem et miracula prosequi: tamen quo matrem, ob repulsam filii non deficientem in fide et spe, honoraret, praevenit illud tempus miracula faciendi, ostendens simul se temporibus non subiici, sed dominari eis.” Cornelius IANSENIUS, episcopus Gandavensis, Commentaria in suam Concordiam ac totam historiam evangelicam, cap. 18. Lovanii, 1572, I, pag. 147. - Notiamo in fine che l'obbiezione mossa da taluni, a nome della teologia, contro la spiegazione qui data da S. Alfonso, non ha fondamento. Come sapientemente osserva S. Alfonso, tutto è preveduto da Dio, e nei suoi decreti eterni ordinato: tutte le leggi e tutte le eccezioni, e la coordinazione tra loro delle leggi ed eccezioni, come vuole Iddio che succeda nel tempo. - Quest'ultimo tratto chiuso tra le lineette manca nella I edizione.

 

27 “Nulla enim creatura et tot, et tanta, et talia impetrare posset apud benedictum Filium tuum miseris, quanta tu apud ipsum impetras eisdem. In quo proculdubio non tamquam ancillam suam, quae indubitanter es, sed tamquam matrem verissimam te honorat.” GUGLIELMUS ALVERNUS, episcopus Parisiensis, Rethorica divina, sive Ars oratoria eloquentiae divinae (ars orandi), cap. 18. Opera, I, Aureliae et Parisiis, 1674, pag. 358, col. 2.

 

28 “Quae habitas in hortis caelestibus, quae mecum accubas in amoenitate semper virentis Paradisi, fiducialiter apud me, pro quibuscumque volueris, intercede: non enim possum oblivisci me filium, ut Matri quidpiam denegandum putem.” Dice Paciuchelli: Guglielmus Abbas. Potrebbe dunque essere GUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neoburgensis, piuttosto che Guglielmo, vescovo di Parigi. Scrissero l'uno e l'altro Commentari inediti sulla Cantica: il secondo viene citato più di frequente. - Dopo le surriferite parole, il PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 20 in Salutationem Angelicam, n. 10, Venetiis, 1720, pag. 544, col. 1: “Quinam sunt amici, nisi Christi fideles? Auscultant: spectant, alii legunt. Quid? Ut sonet vox tua in auribus meis: ut ego audiam vocem tuam. Cur non potius spectant, ut eis multa impetret, sed tantum ut vocem proferat? Quia eius orare, exorare est; et a Filio audiri, exaudiri est. Imperium siquidem oratio Matris censetur.”

 

29 “Ceteri siquidem sancti Dominum Deum orant, et orando impetrant, sed honorabilis Virgo Maria, si illum, ex eo quod Deus et Dominus est, exorare merito creditur, ex eo tamen quod homo est et natus ex ea, quasi quodam matris imperio apud ipsum impetrare quidquid voluerit pia fide non dubitatur... Hoc est enim materni iuris apud filios dignitate sublimes, ut si eos matres eorum saepius rogent quia domini sunt, eis etiam aliquando quasi imperent quia filii sunt. Bonum itaque naurae, quod Deus hominibus dedit, numquam sibi, qui est summum bonum et a quo bona cuncta procedunt, negabit.” GOFFRIDUS, Abbas Vindocinensis (Vendôme), S. Priscae Cardinalis, + 1132, Sermo 8, In omni festivitate B. M. Matris Domini. ML 157-268, 269.

 

30 “Cn. Marcius, patriciae gentis adolescens, Anci regis clara progenies, cui Corioli Volscorum oppidum captum cognomen adiecit...” VALERIUS MAXIMUS, Factorum dictorumque memorabilium libri noveni, lib. 4, cap. 3, I (Exempla Romana), n. 4. - “Coriolanus, maximi vir animi, et altissimi consilii, optimeque de republica meritus, iniquissimae damnationis ruina prostratus, ad Volscos infestos tunc Romanis confugit... Quo latebras quaesitum venerat, ibi brevi summum adeptus est imperium. Evenitque, ut quem pro se salutarem imperatorem cives habere noluerant, paene pestiferum adversus se ducem experirentur. Frequenter enim fusis exercitibus nostris, victoriarum suarum gradibus, aditum iuxta moenia urbis Volsco militi struxit. Quapropter fastidiosus ille in aestimandis bonis suis populus, qui reo non pepercerat, exsuli coactus est supplicare. Missi ad eum deprecandum legati, nihil profecerunt. Missi deinde sacerdotes cum infulis aeque sine effectu redierunt. Stupebat senatus, trepidabat populus, viri pariter ac mulieres exitium imminens lamentabantur. Tunc Veturia, Coriolani mater, Volumniam uxorem eius et liberos secum trabens, castra Volscorum petiit. Quam ubi filius adspexit: “Expugnasti, inquit, et vicisti iram meam, patria: precibus huius admotis, cuius utero te, quamvis merito mihi invisam, dono;” continuoque Romanum agrum hostilibus armis liberavit. Ergo pectus dolore acceptae iniuriae, spe potiundae victoriae, verecundia detrectandi ministerii (affidatogli dai Volsci), metu mortis (da parte dei Volsci: dice però Cicerone che si diede la morte da se stesso) refertum, totum sibi pietas vacuefecit: uniusque parentis adspectus bellum atrox salutari pace mutavit.” IDEM, id. op., lib. 5, cap. 4, I (Exempla Romana), n. 1.

 

31 “Robertus Fossanus, in salutationem angelicam concione 25, in Vita S. patris Dominici se legisse narrat, quod unum B. Virginis suspirium plus possit apud Filium, quam omnium sanctorum simul suffragium.” Iustinus MIECHOVIENSIS, Polonus, O. P., Discursus praedicabiles super Litanias Lauretanas B. V. M., Discursus 275, n. 9. Neapoli, 1857, II, pag. 160, col. 1. Questa edizione riproduce quella di Lione, 1660; aggiungendovi però l'invocazione Regina sine labe originali concepta, ed il trattato del Perrone, S. I., De immaculato B. V. Mariae conceptu.

 

32 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 3 in Salutationem Angelicam, n. 10. Venetiis, 1720, pag. 400, col. 1, 2, pag. 401, col. 1. Lo stesso fatto viene raccontato più brevemente dal Miechoviense, op. cit., l. c. (vedi la nota precedente), pag. 160, col. 1, 2.

 

33 “Oratio quidem sanctorum non innititur alicui iuri ex parte sui, sed tantum misericordiae ex parte Dei; oratio autem Virginis innititur gratiae Dei, iuri naturali et iustitiae Evangelii. Nam filium non tantum tenetur audire matrem, sed et obedire, iuxta illud Apostoli Ephes. VI: Filii, obedite parentibus vestris, quod etiam est de iure naturae. Quod ipsa videtur innuere in modo orandi; non enim usa est obsecratione simplici, sed insinuatione, dicens: Vinum non habent, Io. II. Dicit autem Hugo de S. Victore (vedi De modo orandi, cap. 3, ML 176-960, 961, ove conchiude: Insinuatio ex fiducia perfectis convenit) quod nobilissima species orationis est insinuatio, exemplificans in dicto verbo: Vinum non habent. Et sic oratio eius erat nobilissimus modus orandi, tum quia habebat rationem iussionis et imperii, tum quia impossibile erat eam non exaudiri, iuxta illud, quod in figura eius dixit Salomon matri suae Bersabeae, quum aliquid petere vellet: Pete, inquit, mater mea: neque enim fas est ut avertam faciem tuam. III Reg. II, 20.” S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars. 4, tit. 15, cap. 17, § 4. Veronae, 1740, IV, col. 1029.

 

34 “Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter peccant, eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus, ut verae ac intermeratae Matri suae, quoad omnia, et per omnia, et in omnibus, morem gerat.” S. GERMANUS, In dormitionem Dominae nostrae Deiparae, sermo 2. MG 98-351.

 

35 “Tunc statim sancti apparentes dixerunt: “O Domina benedicta, tu portasti Dominum in te, et tu Domina omnium es: quid est quod non poteris? Quod enim tu vis, hoc factum est.” Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 74. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 238, col. 2.

 

36 Il citato verso è comune presso gli scrittori pii, così nel P. G. PINAMONTI, S. I., Il sacro Cuore di Maria Vergine (introduzione), Opere, Parma, 1710, pag. 328, e nel P. PEPE, Grandezze di Gesù e di Maria, tomo VII, pag. 601: né l'uno né l'altro però indica la fonte.

 

37 “Numquid non pertinet ad benignitatem Domini, matris servare honorem, qui legem non solvere venerat, sed adimplere (Matth. V, 17)?” De Assumptione B. M. V. liber unus (“incerti auctoris ac pii”, contemporaneo, a quanto pare di Carlo Margno: ML 40-1141, titolo e nota a): forse di Alcuino?), n. 5. ML 40-1145, inter Opera S. Augustini.

 

38 “Tamquam Filius exsultans, postulata ceu debitor implet.” GEORGIUS, Nicomediensis metropolita (non santo), Oratio VI, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1439.

 

39 “Euge, euge, Dei Mater ancillaque. Euge, euge, cui ille omnium creditor, debitor sit. Deo debemus omnes: tibi ipse obstrictus est.” S. METHODIUS, Sermo de Simeone et Anna, n. 10. MG 18-374. - Se poi sia da attribuirsi questo Sermone all'illustre teologo S. Metodio, vescovo e martire, o a S. Metodio, Patriarca di Costantinopoli, si veda sopra, cap. 3, § 2, nota 3, pag. 118.

 

40 “Neque enim dubium, quae meruit pro liberandis proferre pretium, posse plus sanctis omnibus, liberatis impendere suffragium.” Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 208, In festo AssumptionisB.M. n. 12. ML 39-2134. - Vengono proposti come autori, o “Fulbertus, episcopus Carnotensis”, o, con maggior probabilità, “S. Ambrosius Autpertus”.

 

41 “Decebat Dei Matrem, ut omnia et singula bona per ipsam perciperemus a Deo, ut Filius parenti suae deferret gloriam... Secundo ex Theophilo Alexandrino, in libro de Incarnatione Verbi, argumentum haud leve duci potest, ubi postquam praemisit filios parentibus suis aequale reddere non posse, quia scilicet haud possunt eosdem vicissim generare, solum Christum Dominum, non solum ad aequalitatem rependisse, et compensasse acceptum a parente sua beneficium docet, sed etiam superasse. Illa enim vitam naturalem Christo impertivit, Christus autem illi vitam addidit spiritualem: sic tamen ut quantum Christus in naturalibus bonis reliquis praestitit mortalibus, tantumdem Virgo in spiritualibus gratiis et charismatibus omnibus antecelleret. Subdit denique alio modo Christum Matri suae acceptam vitae gratiam rependere, quoties pro hominibus orat: “Gaudet, inquit, Filius orante Matre, quia omnia, quae nobis precibus suae Genitricis evictus donat, ipsi Matri se donare putat, et acceptae ab illa sine patre humanitatis vices reddere.” Pende illud “sine patre”, quo non parum extulit Christi erga Matrem suam debitum.” SALAZAR, Expositio in Proverbia Salomonis, in cap. VIII, 18, n. 187, 188. Parisiis, 1619, col. 614, 615. - Sembrava non poter esser autentico questo testo di Teofilo, non conoscendosi alcuna opera sua de Incarnatione Verbi: ma dal Cardinal Mai venne ritrovato un frammento di Teofilo su quell'argomento (tom. VII Scriptorum veterum; cf. Ceillier, Histoire générale des auteurs sacrés et ecclésiastiques, nouvelle édition, Paris, 1861, VII, 447, col. 2). - Alla “santità” poi di Teofilo si fanno delle obbiezioni gravi a causa principalmente del suo accanimento contro S. Gio. Grisostomo; ma il Concilio di Efeso ne fece un grande elogio, e S. Leone Magno (Epistola 121, ad Marcianum Augustum, cap. 2, ML 51-1056) lo chiama “sanctae memoriae Theophilus, Alexandrinae Ecclesiae episcopus”.

 

42 Ex Menaeis Graecorum, 1 ian., Ode 4 in S. Basilium. Item 20 ian. in precibus matutinis de S. Euthymio post Stichologiam secundam, Cathismate 2, ante Canon. festi. Apud Wangnereck, Pietas Mariana Graecorum, num. 4, p. 186.

 

43 “O certe Dei nostri mira benignitas, quis suis reis te Dominam tribuit advocatam, ut a Filio tuo inter nos et ipsum iudicem constituta, quod volueris pro nobis valeas impetrare.” Stimulus amoris, pars 3, cap. 19 (Meditatio super Salve Regina). Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugdunen, VII, 233, col. 1. - Vedi Appendice, 2, e 3, A.

 

44 “O mirabilis erga nos misericordia Dei nostri, qui ne alias fugeremus pro sententia, non solum dignatus est communicare se nobis in iudicem, ut esset Deus et homo Iesus Christus a quo debet sententia promulgari: sed voluit ipse sua viscera misericordiae matrem suam Dominam gratiae, nostram insituere advocatam.” Idem opus, ibid.

 

45 Silvano RAZZI, Camaldolese, Raccolta di miracoli operati ad intercessione della B. V. Maria Nostra Signora, ed estratti da diversi cattolici ed approvati scrittori, lib. 3, miracolo 39. Venezia, 1757, pag. 302. “Si narra nel medesimo libro” dice il RAZZI, cioè nel “Prontuario degli esempi della Beata Vergine”. Cf. Ignatius BRENTANUS CIMAROLUS, O. S. B., Miranda Mariana, Fasciculus 3, XXXV, (Ex Scala caeli et Kalendario Mariano Leonardi Meyer): Migne-Bourassé, Summa aurea, XII, col. 833, 834. - CARTAGENA, De arcanis B. V., lib. ultimo, § 97: apud Pomerium, lib. 7, Serm. B. V., c. 13.

 

46 Sermo panegyricus seu Deprecatio et laus ad gloriosiam Virginem, n. 7. Inter Opera S. Bernardi, 184-1014. - Vedi Appendice, 3, B.
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13/09/2009 10:34

§ 2. - Maria è un'avvocata pietosa che non ricusa difendere le cause de' più miserabili.

 

Son tanti i motivi che noi abbiamo di amare questa nostra amorosa regina, che se in tutta la terra si lodasse Maria, in tutte le prediche sol di Maria si parlasse, gli uomini tutti dessero la vita per Maria, pure sarebbe poco all'ossequio ed alla gratitudine che le dobbiamo, per l'amor troppo tenero ch'ella porta a tutti gli uomini ed anche a' più miserabili peccatori, che conservano verso di lei qualche affetto di divozione.

 

Diceva il V. Raimondo Giordano, il quale per umiltà si nominò l'Idiota, che Maria non sa non amare chi l'ama, anzi che non isdegna di giungere anche a servire chi la serve, impiegando - se questi è peccatore - tutta la sua potente intercessione ad impetrargli il perdono dal suo benedetto Figlio: Maria diligit diligentes se; imo sibi servientibus servit. Ipsa benedicto Filio suo irato potentissime reconciliat servos et amatores suos (Praef. in Cont.).1 È tanta, siegue a dire, la sua benignità e misericordia, che niuno, quanto si sia perduto, dee temere di ricorrere a' piedi suoi, poich'ella non discaccia niuno che a lei ricorre: Tanta est eius benignitas, quod nulli formidandum est ad eam accedere, tantaque misericordia, ut nemo ab ea repellatur.2 Maria come nostra amantissima avvocata offerisce ella stessa a Dio le preghiere de' suoi servi, specialmente quelle che a lei si porgono: poiché siccome il Figlio intercede per noi appresso il Padre, così ella intercede per noi appresso il Figlio, e non lascia appresso l'uno e l'altro di trattare il gran negozio della nostra salute e di ottenerci le grazie che noi domandiamo: Ipsa preces servorum, maxime quae sibi exhibentur, repraesentat in conspectu divinae Maiestatis; quia ipsa est advocata nostra apud Filium, sicut Filius apud Patrem; imo apud Patrem et Filium procurat negotia et preces nostras (Idiot., in dict. Praef.).3 Con ragione dunque il B. Dionisio Cartusiano chiama la S. Vergine il rifugio singolare de' perduti, la speranza de' miseri e l'avvocata di tutti i peccatori che a lei ricorrono: Singulare perditorum refugium, miserorum spem, advocatam omnium iniquorum ad se confugientium.4

 

Ma se mai si trovasse alcun peccatore che non dubitasse già della sua potenza, ma diffidasse della pietà di Maria, temendo forse ch'ella non volesse aiutarlo per la gravezza di sue colpe, gli fa coraggio S. Bonaventura con dirgli: Grande privilegium Mariae, quod apud Filium sit potentissima (In Spec., lect. 6, 7):5 Grande e singolare è il privilegio che ha Maria appresso il Figlio, di ottener quanto vuole colle sue preghiere. Ma che gioverebbe a noi, soggiunge, questa gran potenza di Maria, se ella niun pensiero si prendesse di noi? Sed quid tanta Mariae potentia prodesset nobis, si ipsa nihil curaret de nobis?6 No, non dubitiamo, conclude il santo, stiamo sicuri, e ringraziamone sempre il Signore e la sua divina Madre; poiché siccome ella appresso Dio è la più potente di tutti i santi, così anche è l'avvocata più amorosa e sollecita del nostro bene: Carissimi, sciamus indubitanter, et pro hoc gratias agamus incessanter, quia sicut ipsa apud eum omnibus sanctis est potentior, ita pro nobis omnibus est sollicitior.7 E chi mai - con giubilo esclama S. Germano (Serm. de zona Virg.) - o Madre di misericordia, chi dopo il vostro Gesù ha tanta cura di noi e del nostro bene come voi? Quis post Filium tuum curam gerit generis humani, sicut tu? Chi mai ci difende ne' travagli che ci affliggono, come ci difendete voi? chi, come voi, prende a proteggere i peccatori, quasi combattendo a lor favore? Quis ita nos defendit in nostris afflictionibus? quis pugnat pro peccatoribus?8 Onde le soggiunge: Il vostro patrocinio, o Maria, è più potente ed amoroso di quello che noi possiamo arrivare a comprendere: Propterea patrocinium tuum maius est, quam apprehendi possit.9 Mentre, dice l'Idiota, che tutti gli altri santi possono col lor patrocinio giovare più a' loro divoti, che agli altri; la divina Madre, siccome è la regina di tutti, così di tutti ancora è l'avvocata ed ha cura della salute di tutti: Ceteri sancti iure quodam patrocinii pro sibi specialiter commissis plus possunt prodesse, quam pro alienis; beatissima vero Virgo, sicut omnium est regina, sic est omnium patrona et advocata, et cura illi est de omnibus (De contempl. B.V. in Prol.).10

 

Ella ha cura di tutti, anche de' peccatori, anzi di questi Maria specialmente si vanta d'esser chiamata avvocata, come appunto ella stessa dichiarò alla V. Suor Maria Villani, dicendole: Io dopo il titolo di Madre di Dio, mi vanto d'esser nominata l'avvocata de' peccatori.11 Dice il B. Amedeo che la nostra regina non lascia di assistere appresso la divina Maestà, continuamente intercedendo per noi colle sue potenti preghiere: Adstat beatissima Virgo vultui Conditoris prece potentissima, semper interpellans pro nobis. E poiché in cielo ella ben conosce le nostre miserie e necessità, non può non compatirci; onde con affetto di madre, mossa a compassione di noi, pietosa e benigna cerca sempre di soccorrerci e salvarci: Videt enim nostra discrimina, nostrique clemens Domina materno affectu miseretur.12 Perciò Riccardo di S. Lorenzo fa animo ad agnuno, per miserabile che sia, a ricorrere con confidenza a questa dolce avvocata, tenendo per sicuro che la troverà sempre apparecchiata ad aiutarlo: Inveniet semper paratam auxiliari.13 Mentre dice Goffrido che Maria sta sempre pronta a pregare per tutti: Ipsa pro universo mundo paratissima est ad precandum.14

 

Ed oh con quanta efficacia ed amore, parla S. Bernardo, questa buon'avvocata tratta il negozio della nostra salute! Maria nobis facta dicitur advocata, quae apud Deum salutis nostrae negotia efficaciter pertractet (Serm. 1, de Ass.).15 S. Agostino considerando l'affetto e l'impegno con cui Maria continuamente s'impiega in pregare per noi la divina Maestà, affinché il Signore ci perdoni i peccati, ci assista colla sua grazia, ci liberi da' pericoli e ci sollevi dalle miserie, dice parlando colla S. Vergine: Unam ac te solam pro nobis in caelo fatemur esse sollicitam (Ap. S. Bon., in spec., lect. 6).16 E vuol dire: Signora, è vero che tutti i santi amano la nostra salute e pregano per noi; ma la carità e tenerezza che voi ci dimostrate in cielo in ottenerci colle vostre preghiere tante misericordie da Dio, ci obbliga a confessare che noi non abbiamo in cielo che un'avvocata, la quale siete voi, e che voi sola siete l'unica vera amante e sollecita del nostro bene. - E chi mai può comprendere le sollecitudini colle quali sempre assiste Maria appresso Dio a nostro favore? Dice S. Germano: Non est satietas defensionis eius.17 È bella l'espressione: È tanta la pietà che ha Maria delle nostre miserie ed è tanto l'amore che ci porta, che prega sempre e torna a pregare e non si sazia mai di pregare per noi, e colle sue preghiere di difenderci da' mali e di ottenerci le grazie: Non est satietas defensionis eius.

 

Poveri noi peccatori, se non avessimo questa grande avvocata, la quale è così potente, così pietosa, e insieme così prudente e savia, che non può il giudice suo Figlio, dice Riccardo di S. Lorenzo, condannare que' rei ch'ella difende: Tam prudens et disserta est advocata Maria, quod non potest Filius vindicare in eos, pro quibus ipsa allegat (De laud. V., l. 2, p. 2).18 Onde S. Giovanni Geometra la saluta: Salve, ius dirimens lites (Ap. Pep., lez…, to. 5).19 Poiché tutte le cause difese da questa sapientissima avvocata tutte si guadagnano. E perciò Maria vien chiamata da S. Bonaventura la savia Abigaille, Abigail sapiens.20 Questa fu quella donna - come si legge nel libro I de' Re, cap. 25 - che seppe così ben placare colle sue belle preghiere il re Davide, allorché stava sdegnato contro Nabal, che Davide stesso la benedisse, come ringraziandola che l'avesse impedito colle sue dolci maniere di vendicarsi di Nabal colle sue proprie mani: Benedicta tu, quae prohibuisti me hodie ne ulciscerer manu mea.21 Questo stesso fa appunto Maria continuamente in cielo a beneficio d'innumerabili peccatori: ella sa così bene colle sue tenere e savie preghiere placare la divina giustizia, che Dio medesimo ne la benedice e quasi la ringrazia che in tal modo lo trattenga dall'abbandonarli e castigarli come meritano. A questo fine, dice S. Bernardo, l'Eterno Padre, perché vuole usarci tutte le misericordie possibili, oltre del principal nostro avvocato Gesù Cristo appresso di sé, ci ha data Maria per avvocata appresso di Gesù Cristo.

 

Non v'ha dubbio, parla S. Bernardo, che Gesù è l'unico mediator di giustizia fra gli uomini e Dio, che in virtù de' propri meriti può e vuole, secondo le sue promesse, ottenerci il perdono e la divina grazia; ma perché gli uomini in Gesù Cristo riconoscono e paventano la divina Maestà, che in esso risiede come Dio, perciò è stato necessario di assegnarci un'altra avvocata, a cui noi potessimo ricorrere con minor timore e con più confidenza; e questa è Maria, della quale non possiamo trovare un'avvocata più potente appresso sua divina Maestà, e più misericordiosa verso di noi. Ecco le sue belle parole: Fidelis et potens mediator Dei et hominum; sed divinam reverentur in eo homines Maiestatem. Opus est enim mediatore ad mediatorem ipsum: nec alter nobis utilior, quam Maria (Serm. in Sign. magn.).22 Ma gran torto poi farebbe alla pietà di Maria, siegue a dire il santo, chi si prendesse anche timore di andare a' piedi di questa dolcissima avvocata, che niente ha di severo e di terribile, ma è tutta cortese, amabile e benigna: Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile, tota suavis est. Leggi e rivolgi quanto vuoi, soggiunge S. Bernardo, tutta l'istoria descritta negli Evangeli, e se ritrovi alcun atto di austerità in Maria, allora temi di accostarti a lei. Ma non mai lo troverai: onde ricorri allegramente, dice, ch'ella ti salverà colla sua intercessione: Revolve diligentius Evangelicae historiae seriem, et si quid forte austerum occurrerit in Maria, ad eam accedere verearis (S. Bern. serm. in Sign. magn.).23

 

Ma troppo bella è l'esclamazione che mette in bocca al peccatore che ricorre a Maria Guglielmo Parisiense (De Rhet. div., c. 18): Adibo te, le fa dire, imo etiam conveniam, gloriosissima Dei Genitrix, quam matrem misericordiae vocat, imo clamitat omnis Ecclesia sanctorum:24 O Madre del mio Dio, io nello stato miserabile, in cui mi vedo ridotto da' miei peccati, a voi ricorro pieno di confidenza; e se voi mi discacciate, io vi convengo che siete in certo modo tenuta ad aiutarmi, giacché tutta la Chiesa de' fedeli vi chiama e vi pubblica madre della misericordia. Tu, inquam, cuius gratiositas numquam repulsam patitur; cuius misericordia nulli umquam defuit; cuius benignissima humanitas nullum umquam deprecantem quantumcumque peccatorem despexit: Voi, o Maria, ben siete quella che per essere sì cara a Dio sempre siete esaudita; la vostra gran pietà non mai è mancata ad alcuno; la vostra dolcissima affabilità non ha mai disprezzato alcun peccatore quanto si voglia enorme, che a voi si sia raccomandato. Eh che forse falsamente o in vano tutta la Chiesa vi nomina la sua avvocata e 'l rifugio de' miseri? An falso et inaniter vocat te omnis Ecclesia advocatam suam et miserorum refugium? Non sia mai che le mie colpe possano, o Madre mia, trattenervi di adempiere il grande officio di pietà che voi avete, col quale siete insieme e l'avvocata e la mezzana di pace fra gli uomini e Dio, e dopo il vostro Figlio l'unica speranza e 'l rifugio sicuro de' miserabili: Absit ut peccata mea possint suspendere te a tam salubri officio pietatis; quo et advocata es et mediatrix hominum, post Filium tuum spes unica et refugium tutissimum miserorum. Tutto quanto voi avete di grazia e di gloria, e la stessa dignità d'esser Madre di Dio - s'è lecito dirlo - voi la dovete a' peccatori; giacché per loro cagione il Verbo divino vi ha fatta sua Madre: Totum siquidem quod habes gratiae, totum quod habes gloriae et etiam hoc ipsum quod Mater es Dei, si fas est dicere, peccatoribus debes: omnia enim haec propter peccatores tibi collata sunt. Lungi da questa divina Madre, che partorì al mondo il fonte della pietà, il pensare ch'ella abbia a negare la sua misericordia ad alcun miserabile che a lei ricorre: Absit hoc a Matre Dei, quae fontem pietatis toti mundo peperit, ut cuique miserorum suae misericordiae subventionem umquam deneget. Giacché dunque, o Maria, il vostro officio è il far da paciera fra Dio e gli uomini, vi muova a sovvenirmi la vostra gran pietà, ch'è assai maggiore di tutti i miei peccati: Officium ergo tuum est te mediam interponere inter ipsum et homines. Moveat te, gloriosa Dei Mater, benignissima misericordia tua, quae maior est incogitabiliter omnibus vitiis meis et peccatis (Guill. Paris., d. cap. 18, de Rheth. div.).

 

Consolatevi dunque, o pusillanimi - dirò con S. Tommaso da Villanova - respirate e fate animo, o miseri peccatori: questa gran Vergine che è Madre del vostro giudice e Dio, ella è l'avvocata dell'uman genere. Idonea che può quanto vuole appresso Dio: sapientissima che sa tutti i modi di placarlo: universale che tutti accoglie e non ricusa di difendere alcuno: Consolamini, pusillanimes; respirate, miserabiles; Virgo Deipara est humani generis advocata idonea, sapientissima, universalis (In rog. pro exp. adv. Turc. susc.).25

 

 

Esempio.

 

Quanto sia pietosa co' miseri peccatori questa nostr'avvocata, ben lo dimostrò con Beatrice monaca nel monastero di Fonte Eraldo, come si riferisce da Cesario (Lib. 7, c. 34) e dal P. Rho (In Ex.).26

 

Questa infelice religiosa, vinta dalla passione verso d'un certo giovine, concertò di fuggirsene insieme. Ed in fatti un giorno la disgraziata se ne andò avanti ad un'immagine di Maria, ivi depose le chiavi del monastero, poich'ella n'era la portinara, e sfacciatamente si partì.

 

Giunta in altro paese, ivi si diede a fare la donna pubblica e visse quindici anni in questo stato miserabile. Avvenne poi che in quella città s'incontrò col fattore del monastero, ed ella gli domandò, stimandosi già da colui sconosciuta, se conosceva Suor Beatrice. Ben la conosco, quegli rispose: è una monaca santa, ed ora è maestra di novizie. A questo parlare ella restò confusa e stupita, non sapendo intendere come ciò fosse. Onde per chiarirsi del vero, si travestì e si portò al monastero. Ivi fe' chiamar Suor Beatrice, ed ecco che le comparve innanzi la SS. Vergine in forma di quella stessa immagine, a cui in partirsi dal monastero avea consegnato le chiavi e le vesti. E la divina Madre così allora le parlò: Beatrice, sappi che io per impedire il tuo vituperio ho presa la forma tua, ed in tua vece, per questi quindici anni che sei vivuta lontana dal monastero e da Dio, ho eseguito il tuo impiego. Figlia, torna, fa penitenza, che 'l mio Figlio ancora t'aspetta; e procura colla buona vita di conservare il buon nome ch'io qui ti ho acquistato. Così disse e disparve.

 

Allora Beatrice rientrò nel monastero, riprese l'abito di religiosa, e grata a tanta misericordia di Maria visse da santa; e in morte poi manifestò tutto a gloria di questa gran regina.

 

Preghiera.

O gran Madre del mio Signore, io già vedo che l'ingratitudine da me usata per tanti anni a Dio ed a voi, meriterebbe che voi giustamente lasciaste di aver più cura di me; poiché l'ingrato non è più degno di benefizi. Ma io, Signora, ho un gran concetto della vostra bontà: tengo esser ella assai più grande della mia ingratitudine. Continuate dunque, o rifugio de' peccatori, e non lasciate di soccorrere un misero peccatore che fida in voi. O Madre di misericordia, deh stendete la mano a sollevare un povero caduto che vi cerca pietà.

 

O Maria, o voi difendetemi o ditemi a chi ho da ricorrere che mi possa difendere meglio di voi. Ma dove posso io trovare appresso Dio un'avvocata più pietosa e più potente di voi che gli siete Madre? Voi essendo stata fatta Madre del Salvatore, siete nata a salvare i peccatori, ed a me siete stata data per mia salute. O Maria, salvate chi a voi ricorre. Io non merito il vostro amore, ma il desiderio che voi avete di salvare i perduti, questo mi fa sperare che voi mi amiate. E se voi mi amate, come mi perderò?

 

O madre mia diletta, se per voi mi salvo, come spero, non vi sarò più ingrato: compenserò con lodi perpetue e con tutti gli affetti dell'anima mia la mia passata sconoscenza e l'amore che voi mi avete portato. Nel cielo dove voi regnate e regnerete in eterno, felice io sempre canterò le vostre misericordie, e bacerò in eterno quelle mani amorose che tante volte mi han liberato dall'inferno, quante io me l'ho meritato co' miei peccati.

 

O Maria, o mia liberatrice, o mia speranza, o regina, o avvocata, o madre mia, io vi amo, vi voglio bene e sempre vi voglio amare. Amen, amen. Così spero, così sia.

 

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NOTE

 

1 RAYMUNDUS IORDANUS, dictus Idiota, Can. Reg. O. S. Aug., Cellensium Abbas, Contemplationes de B. Vergine, Prooemium, Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, 851.

 

2 “Tanta est eius benignitas, quod nulli formidandum est accedere ad eam; et tanta est eius misericordia, quod ab ea nullus repellitur.” IDEM, ibid.

 

3 “Ipsa preces et servitia servorum suorum, et sacrificia, et maxime quae ei exhibentur, offert in conspectu divinae Maiestatis. Quia ipsa est Advocata nostra ad Filium, sicut Filius ad Patrem. Imo apud Patrem et Filium procurat negotia et petitiones nostras.” IDEM, ibid.

 

4 “Ipsa quoque eis qui a gratia Christi prolapsi sunt, rursus procurat eamdem, et regnum misericordiae ei commissum est. Unde ipsa est singulare ac potentissimum refugium perditorum, spes miserorum, advocata et reconciliatrix omnium iniquorum ad eam confugientium.” DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. M. V., lib. 2, art. 23. Opera, XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 99, col. 2.

 

5 “Sextum Mariae privilegium est, quod ipsa super omnem creaturam apud Deum potentissima est... Grande privilegium est, quod ipsa prae omnibus apud Deum potentissima est.” CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 6. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugdun., VI, 439, col. 1. - Vedi App. 2.

 

6 Idem opus, ibid.

 

7 “Propter hoc, carissimi, sciamus indubitanter, et pro hoc gratias agamus incessanter, quia sicut ipsa apud Deum omnibus sanctis est potior, ita quoque pro nobis apud Deum omnibus sanctis est sollicitior.” Idem opus, ibid.

 

8 “Quis sicut tu, secundum unum Filium tuum, humani generis curam gerit? Quis ita in nostris aerumnis nos defendit? Quis tam celeriter praeveniens a tentationibus ingruentibus nos eruit? Quis pro peccatoribus supplicando, sic et tu, enititur? Quis sic expromittens pro eis excusat, quorum nulla spes emendationis?” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In aedes Deiparae, in fascias Domini et in zonam Deiparae. MG 98-379.

 

9 “Omnia tua, Dei Genitrix, incredibilia miraque sunt; cuncta naturam excedunt, cuncta rationem et potentiam. Quocirca etiam protectio tua, intelligentiae vim omnem superat.” IDEM, ibid., col. 382.

 

10 “Ceteri enim sancti iure quodam patronatus sibi commissis specialiter plus possunt prodesse in curia Altissimi, quam alienis. Beata Virgo, sicut est omnium Regina, sic est omnium Patrona et Advocata: et cura est sibi de omnibus.” RAYMUNDUS IOARDANUS, come sopra nota 1, col. 852.

 

11 “Io (disse Maria SS. alla Serva di Dio,) non ho maggior gusto, che quando fo l'Avvocata de' peccatori. Anzi, dopo di esser Madre di Dio, il titolo di cui più mi pregio, è di essere Avvocata de' peccatori.” Dom. M. MARCHESE, O. P., Vita della Serva di Dio Suor Maria Villani, O. P., Fondatrice del Monastero di S. Maria del Divino Amore di Napoli (+ 1670), lib. 3, cap. 6. Napoli, 1674, pag. 489.

 

12 “Adstat ergo Beatissima, singulari merito praecipua, vultui Conditoris prece potentissima, semper interpellans pro nobis. Illo enim edocta lumine cui nuda et aperta sunt omnia, cuncta nostra videt discrimina, nostrique clemens et dulcis Domina materno affectu miseretur.” B. AMEDEUS, Cirsterciensis, Lausannensis episcopus (+ 1159), De Maria Virginea Matre Homiliae octo, hom. 8. ML 188-1343.

 

13 “Qui de luce vigilaverit ad illam, non laborabit diu vel in vacuum. Assidentem enim illam foribus suis inveniet semper paratam auxiliari et pulsantem ut intret.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 7. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 34, col. 1, 2; Parisiis, XXXVI, 61, col. 2.

 

14 “Et ipsa quidem pro universo mundo paratissima esset ad precandum, totusque mundus salvaretur, si precibus eius se faceret dignum. “GOFFRIDUS, Abbas Vindocinensis (Vendôme), S. Priscae Cardinalis (+ 1132), Sermones, sermo 8, In omni festivitate B. Mariae Matris Domini. ML 157-268.

 

15 “Praecessit nos regina nostra, praecessit, et tam gloriose suscepta est, ut fiducialiter sequantur Dominam servuli...Advocatam praemisit peregrinatio nostra, quae, tamquam Iudicis mater et mater misericordiae, suppliciter et efficaciter salutis nostrae negotia pertractabit.” S. BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo 1, n. 1. ML 183-415.

 

16 “Sicut ipsa apud Deum omnibus sanctis est potior, ita quoque pro nobis apud Deum omnibus sanctis est sollicitior, testante eodem Doctore Augustino qui sic ait: Te solam, o Maria, pro sancta Ecclesia sollicitam prae omnibus sanctis scimus, quae impetras inducias transgressoribus, ut renuntient suis erroribus.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 6. Inter Opera S. Bonav., Rom. Mogunt. Lugd., VI, 439, col. 1.

 

17 “Plane enim, nullus tuae magnificentiae finis; insatiabilis opitulatio tua.” Più precisamente: non est opitulationis tuae satietas.) S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Encaenia aedis et in zonam Deiparae, et in fascias Domini. MG 98-380.

 

18 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 18. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 38, col. 2; Parisiis, XXXVI, 68, col. 2.

 

19 “Salve, virtutes fundens mortalibus almas - Eloquii princeps mellifluique soni. - Salve, ius dirimens lites, et flumina linguae - Oratorum obdens, oris et artis opus.” IOANNES GEOMETRA, Hymni in S. Deiparam, hymnu 4. MG 106-866. - Presso il P. Pepe, Op. cit., to. 5, lez. 233; ed. cit., pag. 280.

 

20 “Quia Dominus sapientissimus, sapientissime est tecum, (o Maria): ideo tu es sapientissima secum, sapientissima es per ipsum. Tu enim signata es per illam Abigail, de qua dicitur: Eratque mulier illa prudentissima, et speciosa (I Reg. XXV, 3)... Dominus ergo tecum, o Maria sapientissima.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 8. Inter Opera S. Bonav., Romae, etc., VI, 442, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

21 Et benedicta tu, quae prohibuisti me hodie ne irem ad sanguinem, et ulciscerer me manu mea. I Reg. XXV, 33.

 

22 “Vehementer quidem nobis, dilectissimi, vir unus et mulier una nocuere: sed, gratias Deo, per unum nihilominus virum et mulierem unam omnia restaurantur; nec sine magno fenore gratiarum... Et quidem sufficere poterat Christus... Fidelis plane et praepotens mediator Dei et hominum homo Christus Iesus, sed divinam in eo reverentur homines Maiestatem... Iam itaque nec ipsa mulier benedicta in mulieribus videbitur otiosa... Opus est enim mediatore ad mediatorem istum, nec alter nobis utilior quam Maria.” S. BERNARDUS, Dominica infra Octav. Assumptionis B. V. M., Sermo in “Signum magnum”, n. 1, 2. ML 183-429. - Cf. Sermo de aquaeductu, n. 6, 7. ML 183-440, 441.

 

23 “Quid ad Mariam accedere trepidet humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile: tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam. Revolve diligenter evangelicae historiae seriem universam: et si quid forte increaptorium, si quid durum, si quod denique signum vel tenuis indignationis occurrerit in Maria, de cetero suspectam habeas, et accedere verearis. Quod si, ut vere sunt, plena magis omnia pietatis et gratiae, plena mansuetudinis et misericordiae, quae ad eam pertinent inveneris: age gratias ei qui talem tibi mediatricem benignissima miseratione providit, in qua nihil possit esse suspectum.” IDEM, ibid., n. 2. ML 183-430.

 

24 Questa preghiera si ritrova tutta quanta, anzi assai più lunga, presso GUGLIELMO, detto Alverno, a causa della nascita, e Parisiense, perché fu vescovo di Parigi. Costituisce il cap. 18 (pag. 357, col. 2, 358, col. 1, 2) dell'opera intitolata Rhetorica divina sive Ars oratoria eloquentiae divinae, cioè de arte orandi. L'opera comprende 54 capitoli, e termina la prima parte del primo volume delle opere di Guglielmo: Opera, Aureliae et Parisiis, 1674. Daremo i frammenti di questa preghiera secondo l'ordine che hanno presso Guglielmo, segnando con lettere tra parentesi l'ordine di S. Alfonso. “(a) Adibo te, imo etiam conveniam, gloriosissima Dei Genitrix, quam matrem misericordiae et reginam pietatis vocat, imo clamitat omnis Ecclesia sanctorum. An poteris denegare peccatoribus interpellationis tuae gratiam...? (b) Tu, inquam, cuius gratiositas numquam repulsam patitur; cuius misericordia nulli umquam defuit; cuius benignissima humilitas (S. Alfonso: humanitas) nullum umquam deprecantem, quantumcumque peccatorem, despexit... (e) Totum siquidem quod habes gratiae, totum quod habes gloriae, et etiam hoc ipsum quod es mater Dei, si fas est dicere, peccatoribus debes. Omnia enim haec propter peccatores tibi collata sunt. (c) An falso et inaniter vocat te omnis Ecclesia sanctorum advocatam suam et miserorum refugium? (f) Absit hoc a Matre Dei, quae fontem pietatis toti mundo peperit, ut cuiquam miserorum suae misericordiae subventionem umquam deneget... (g) Officium ergo tuum est mediam te interponere inter ipsum (Deum) et homines... (h) Moveat ergo te, gloriosa Dei Mater, benignissima misericordia tua, quae maior incogitabiliter est omnibus vitiis meis et peccatis... (d) Absit ut omnia mala mea, licet tot et tanta sint possint suspendere te a tam salubri officio pietatis tuae, quo et advocata es et mediatrix hominum, post Filium tuum spes unica et refugium tutissimum miserorum.”

 

25 “Naturalis infantium mos est, quoties ab aliquo aut laeduntur, aut deterrentur, statim fugere ad suas matrem... Infantes sumus et parvuli in hac vita... Si qua ergo tribulatio, si qua pressura, si qua perturbatio aut pavor occurrit, statim ad Virginem sacram omnes refugiamus... Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte.” S. THOMAS A VILLANOVA, In Rogationibus concio, pro expeditione adversus Turcas suscepta, n. 1. Conciones, I, Mediolani, 1760, col. 615. - Dopo aver riferito questo passo, PACIUCHELLI (Excitationes dormitantis animae, Salve Regina, Excitatio 10, n. 1, Venetiis, 1720, p. 641, col. 2) soggiunge: “Consolamini, pusillanimes, respirate et levate capita vestra, o miserabiles: Virgo Deipara est humani generis Advocata idonea, sapientissima, et universalis.”

 

26 CAESARIUS, Heisterbacensis monachus, Ord. Cisterc., Dialogus miraculorum, dist. 7, cap. 34. - RHÒ, S. I., Sabati del Gesù, ovvero Esempi della Madonna. Bologna, 1679. Esempio 61, pag. 360-366. - Cf. Appendice, 6.


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13/09/2009 10:35

§ 3. - Maria è la paciera de' peccatori con Dio.

 

La grazia di Dio è un tesoro troppo grande e troppo desiderabile da ogni anima. Egli è chiamato dallo Spirito Santo un tesoro infinito, poiché per mezzo della divina grazia noi siamo sollevati all'onore di esser fatti amici di Dio: Infinitus est thesaurus, quo qui usi sunt participes facti sunt amicitiae Dei (Sap. VII, 14).1 Ond'è che Gesù nostro Redentore e Dio non dubitò di chiamare suoi amici coloro che stanno in grazia: Vos amici mei estis (Io. XV, 14). - Oh peccato maledetto che scioglie questa bella amicizia! Peccata vestra diviserunt inter vos et Deum vestrum! (Is. LIX, 2),2 e che mettendo l'anima in odio a Dio, Odio sunt Deo impius et impietas eius (Sap. XIV, 9), la fa diventare da amica nemica del suo Signore! Che dee dunque fare un peccatore, che per sua disgrazia trovasi un tempo fatto nemico di Dio? Bisogna che ritrovi un mediatore, che gli ottenga il perdono e gli faccia ricuperare la già perduta divina amicizia. Consolati, dice S. Bernardo, o miserabile che hai perduto Dio; egli stesso il tuo Signore ti ha dato il mediatore, e questi è il suo Figlio Gesù che può ottenerti quanto desideri: Iesum tibi dedit mediatorem; quid non apud Patrem talis Filius obtineat? (Serm. de aquaed.).3

 

Ma oh Dio, qui esclama il santo, e perché gli uomini hanno da stimar severo questo Salvator così pio, che per salvarci ha data la vita? perché han da credere terribile quello ch'è tutto amabile? Peccatori sconfidati, dice, che timore avete? se temete perché avete offeso Dio, sappiate che i peccati vostri Gesù gli ha affissi alla croce colle stesse sue mani squarciate, ed avendo per essi già soddisfatta la divina giustizia colla sua morte, gli ha già tolti dalle anime vostre. Ecco le sue belle parole: Severum imaginantur qui pius est; terribilem qui amabilis est. Quid timetis modicae fidei? peccata affixit cruci suis manibus.4 - Ma se mai, soggiunge il santo, tu temi di ricorrere a Gesù Cristo perché ti spaventa la sua divina Maestà, mentr'egli fatto uomo non ha lasciato d'essere Dio, vuoi un altro avvocato appresso questo mediatore? ricorri a Maria, poich'ella intercederà per te appresso il Figlio, che certamente l'esaudirà, e 'l Figlio intercederà appresso il Padre, che niente può negare a questo Figlio: Sed forsitan et in ipso Maiestatem vereare divinam, quod licet factus sit homo, manserit tamen Deus. Advocatum habere vis apud ipsum? recurre ad Mariam. Exaudiet Fiiium Pater.5 Indi conclude S. Bernardo: Filioli, haec peccatorum scala, haec maxima mea fiducia, haec tota ratio spei meae (Cit. Serm. de aquaed.).6 Questa divina Madre, o miei figliuoli, è la scala de' peccatori, per cui essi ascendono di nuovo all'altezza della divina grazia; questa è la massima mia confidenza: questa è tutta la ragione della mia speranza.

 

Ecco come lo Spirito Santo ne' Sacri Cantici fa dire alla B. Vergine: Ego murus, et ubera mea sicut turris, ex quo facta sum coram eo quasi pacem reperiens (Cant. VIII, [10]). Io sono, dice Maria, la difesa di coloro che a me ricorrono, e la mia misericordia è a lor beneficio come una torre di rifugio; e perciò io sono stata costituita dal mio Signore la mezzana di pace tra i peccatori e Dio. Maria appunto, dice Ugon cardinale sul detto testo, è la gran paciera che ottiene da Dio e fa trovare la pace a' nemici, la salute a' perduti, il perdono a' peccatori, la misericordia a' disperati: Ipsa reperit pacem inimicis, salutem perditis, indulgentiam reis, misericordiam desperatis.7 E perciò fu ella chiamata dal suo divino Sposo bella come i padiglioni di Salomone: Formosa... sicut pelles Salomonis (Cant. I. 4). Ne' padiglioni di Davide non si trattava che di guerra, ma ne' padiglioni di Salomone si trattava solamente di pace. Facendoci con ciò intendere lo Spirito Santo che questa madre di misericordia non tratta di guerra e di vendetta contro de' peccatori, ma solo di pace e di perdono alle lor colpe.

 

Quindi fu Maria figurata nella colomba di Noè, la quale uscendo dall'arca portò nel suo rostro il ramo d'uliva, per segno della pace che Dio concedeva agli uomini. Onde le dice S. Bonaventura: Tu enim es illa fidelissima columba Noë, quae inter Deum et mundum diluvio spirituali submersum, mediatrix fidelissima exstitisti:8 Voi siete la fedelissima colomba che interponendovi con Dio avete ottenuto al mondo perduto la pace e la salute. Maria dunque fu la celeste colomba che portò al mondo perduto il ramo d'uliva, segno di misericordia, poich'ella ci diede Gesù Cristo, ch'è il fonte della misericordia; avendoci indi ottenuto per valor de' di lui meriti tutte le grazie che Dio ci dona: Nam ipsa Christum nobis detulit fontem misericordiae (P. Spinell.).9 E conforme per Maria fu donata al mondo la pace del cielo: Per te pax caelestis donata est,10 come dice S. Epifanio; così per mezzo di Maria seguitano a riconciliarsi i peccatori con Dio. Onde le fa dire il B. Alberto Magno: Io son quella colomba di Noè che apportò alla Chiesa la pace universale: Ego sum columba Noë, Ecclesiae ramum olivae et pacis inferens universalis (In Bibl. Mar., lib. Cant., n. 16).11

 

In oltre fu ancora espressa figura di Maria l'iride veduta da S. Giovanni, che circondava il trono di Dio: Et iris erat in circuitu sedis (Apoc. IV, [3]). Spiega il cardinal Vitale (In Spec. S. Script.): Iris in circuitu sedis est Maria, quae mitigat Dei iudicium et sententiam contra peccatores:12 Maria è quella che assiste sempre al divin tribunale per mitigar le sentenze e i castighi dovuti a' peccatori. E di quest'iride appunto dice S. Bernardino da Siena che parlasse il Signore, allorché disse a Noè di voler collocare fra le nubi l'arco di pace, acciocché in rimirarlo egli si ricordasse della pace perpetua che stabiliva cogli uomini: Arcum... ponam in nubibus et erit signum foederis inter me et [inter] terram... Videbo illum et recordabor foederis sempiterni (Gen. IX, 13, [16]). Maria appunto, dice S. Bernardino, è quest'arco di pace eterna: Ipsa est arcus foederis sempiterni (Serm. 1, de No. Mar., art. 1, c. 3).13 Poiché siccome Dio alla vista dell'arco si ricorda della pace promessa alla terra, così alle preghiere di Maria rimette a' peccatori le offese fattegli e stringe con essi la pace: Fructus iridis est recordatio divini foederis: sic per Virginem gloriasam offensa eis remittitur, foedus stringitur (S. Bern. Sen., in Apoc. c. IV).14

 

Perciò anche Maria è comparata alla luna: Pulchra ut luna (Cant. VI, 9). Essendoché, dice S. Bonaventura, conforme la luna sta in mezzo al cielo ed alla terra, così ella si frappone continuamente tra Dio e i peccatori, affin di placare il Signore verso di loro e d'illuminare i peccatori a tornare a Dio: Sicut luna est media inter corpora caelestia et terrena, et quod ab illis accipit ad inferiora refundit; sic et Virgo regia inter nos et Deum est media et gratiam ipsa nobis refundit (Serm. 14, de Nat. Dom.).15

 

E questo fu il principale officio che fu dato a Maria nell'esser posta su la terra, di sollevare l'anime cadute dalla divina grazia, e riconciliarle con Dio. Pasce haedos tuos (Cant. I, 7). Così le disse il Signore nel crearla. Già si sa che i peccatori son figurati a' capretti, e che conforme gli eletti - figurati nelle pecorelle - nella valle del giudizio saran collocati alla destra, così questi saran posti alla sinistra. Or questi capretti, dice Guglielmo di Parigi, sono a voi consegnati, o gran Madre, acciocché li convertiate in pecorelle, e quelli che per le loro colpe meritavano d'esser cacciati alla sinistra, per la vostra intercessione sian collocati alla destra: Pasce haedos tuos quos convertis in oves, et qui a sinistris in iudicio erant collocandi, tua intercessione collocentur a dextris.16 Ond'è che il Signore rivelò a S. Caterina da Siena (Ap. Blos., Mon. Spir.) di aver creata questa sua diletta Figlia come un'esca dolcissima per prendere gli uomini, e specialmente i peccatori, e tirarli a Dio: Haec est a me electa tamquam esca dulcissima ad capiendos homines, potissimum peccatores.17 Ma in ciò è da notarsi la bella riflessione di Guglielmo Anglico sul detto passo della Cantica, il quale dice che Dio raccomanda a Maria i capretti suoi, haedos tuos; perché, soggiunge l'autore, non salva la Vergine tutti i peccatori, ma coloro solamente che la servono e l'onorano. Quegli all'incontro che vivono in peccato e non l'onorano con qualche ossequio speciale, né a lei si raccomandano affin di uscir dal peccato, essi non son capretti di Maria, ma nel giudizio miseramente saran posti alla sinistra co' dannati: Suos vocat, quia non omnes haedi vocantur Mariae, sed qui Mariam colunt ac venerantur, licet sceleribus contaminati. Qui vero peccatis irretiti sunt, nec B. Virginem speciali obsequio prosequuntur, nec preces fundunt in eius cultum ut aliquando resipiscant, haedi profecto sunt, non Mariae, sed ad sinistram iudicis sistendi.18

 

Un certo nobile, stando una volta per la carica de' suoi peccati disperato della sua salute, fu animato da un religioso a ricorrere alla SS. Vergine, con andare a trovare una sua divota immagine, che stava in certa chiesa. Andò il cavaliere alla chiesa, e al vedere l'immagine di Maria, si sentì da lei come invitare a buttarsi a' suoi piedi ed a confidare. Corre, si butta, va per baciarle i piedi, e Maria da quell'immagine - ch'era di scoltura - stende la mano per darcela a baciare, e sopra la mano di Maria quegli vide scritto questo detto: Ego eripiam te de affligentibus te. Come detto gli avesse: Figlio, non disperare, ch'io ti libererò da' tuoi peccati e da' timori che ti opprimono. Narrasi poi che al leggere quel peccatore quelle dolci parole, ebbe tanto dolore de' suoi peccati e concepì tanto amore a Dio e alla sua dolce Madre, che ivi stesso morì a' piedi di Maria.19

 

Oh quanti peccatori ostinati tira tutto giorno a Dio questa calamita de' cuori, secondo ella stessa si chiamò, dicendo a S. Brigida (Lib. 3, Rev., c. 32): Sicut magnes attrahit ferrum, sic ego attraho dura corda:20 Siccome la calamita tira a sé il ferro, così io tiro a me i cuori più induriti per riconciliarli con Dio. E questo prodigio non rare volte, ma si sperimenta alla giornata. Io per me ne potrei attestare molti casi avvenuti nelle sole nostre missioni, dove alcuni peccatori restati duri più del ferro a tutte l'altre prediche, al sentir poi sol predicare la misericordia di Maria, si son compunti e son tornati a Dio. Narra S. Gregorio (Dial. lib. 3) che 'l lioncorno è una fiera così feroce che niun cacciatore può giungere a prenderla; solamente alla voce di una vergine che gridi, questa belva a lei si rende, si avvicina e senza resistenza si fa da colei legare.21 Oh quanti peccatori, più fieri delle stesse fiere, che fuggono da Dio, alla voce di questa gran verginella Maria accorrono, e da lei dolcemente si fan legare a Dio!

 

A tal fine ancora, dice S. Giovanni Grisostomo, la Vergine Maria è stata fatta Madre Dio, affinché que' miserabili che per la loro mala vita non potrebbero salvarsi secondo la divina giustizia, colla sua dolce misericordia e colla sua potente intercessione loro ottenesse la salute: Ideo Mater Dei praeelecta es ab aeterno, ut quos iustitia Filii salvare non potest, tu per tuam salvares pietatem (Hom. de praer. B.V.).22 Sì, conferma S. Anselmo, perché Maria più per li peccatori che per li giusti è stata innalzata ad esser Madre d'un Dio; poiché si protestò Gesù Cristo ch'egli era venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori: Scio illam magis propter peccatores quam propter iustos factam esse Dei Matrem; dicit enim eius bonus Filius se non venisse vocare iustos, sed peccatores.23 E perciò canta la S. Chiesa:

Peccatores non abhorres,

sine quibus numquam fores

tanto digna Filio.24

 

Ond'è che Guglielmo Parisiense la conviene, dicendole: O Maria, voi siete obbligata ad aiutare i peccatori, mentreché tutto quello che voi avete di doni, di grazie e di grandezze - che tutte sono comprese nella dignità da voi ricevuta d'esser Madre di Dio - tutto, s'è lecito dirlo, lo dovete a' peccatori, poiché per lor cagione siete stata fatta degna d'aver un Dio per Figlio: Totum quod habes, si fas est dicere, peccatoribus debes; omnia enim propter peccatores tibi collata sunt (De Rhet. div., c. 18).25 Se dunque, conclude S. Anselmo, Maria per li peccatori è stata fatta Madre di Dio, com'io, per quanto sieno grandi i peccati miei, posso diffidar del perdono? Si ipsa propter peccatores facta est Dei Mater, quomodo immanitas peccatorum meorum cogere poterit desperare veniam? (De Exc. V., c. 1).26

 

Ci fa sapere la S. Chiesa nell'orazione della Messa nella vigilia di Maria assunta, che la divina Madre è stata trasferita da questa terra, acciocch'ella s'interponga per noi appresso Dio con sicura confidenza d'essere esaudita. Quam idcirco, dice la S. Chiesa, de hoc saeculo transtulisti, ut apud te pro peccatis nostris fiducialiter intercedat.27 Quindi da S. Giustino è nominata Maria Sequestra: Verbum usum est Virgine sequestra.28 Sequester significa lo stesso che arbitro, a cui due parti che contendono rimettono tutte le lor ragioni. Sicché vuol dire il santo che come Gesù è il mediatore appresso l'Eterno Padre, così Maria è la nostra mediatrice appresso Gesù, a cui il Figlio rimette tutte le sue ragioni ch'egli ha come giudice contro di noi.

 

Da S. Andrea Cretense Maria è poi chiamata fidanza, sicurtà delle nostre riconciliazioni con Dio: Divinarum reconciliationum, quae pignore accepto fit, fideiussio (Or. 2, de Ass.).29 E con ciò vuol significarci questo santo che Dio va cercando di riconciliarsi co' peccatori con perdonarli; ed acciocché essi non diffidino del perdono, ce ne ha dato come per pegno Maria. Indi egli la saluta: Salve, divina hominibus reconciliatio:30 Dio ti salvi, o pace di Dio cogli uomini. Dal che ripiglia S. Bonaventura ed anima ogni peccatore con dirgli: Si propter tuas nequitias Dominum videris indignatum, ad spem peccatorum confugias; sibi pro miseris satisfacere ex officio commissum est:31 Se temi per le tue colpe che Dio sdegnato voglia contra di te vendicarsi, che hai da fare? va, ricorri alla speranza de' peccatori ch'è Maria; e se poi temi ch'ella ricusi di prender le tue parti, sappi ch'ella non può ricusar di difenderti, poiché Dio stesso ha assegnato a lei l'officio di soccorrere i miserabili.

 

E che forse, dice Adamo abbate: Timerene debet ut pereat, cui Maria se matrem exhibet et advocatam?32 Dee temere di perdersi quel peccatore, al quale la stessa madre del giudice si offerisce per madre ed avvocata? E voi, soggiunge lo stesso, o Maria, che siete madre di misericordia, sdegnerete di pregare il vostro Figlio, ch'è il giudice, per un altro figlio, ch'è il peccatore? ricuserete forse a favor d'un'anima redenta d'interporvi col Redentore, che a tal fine è morto sulla croce per salvare i peccatori? Tu misericordiae mater non rogabis pro filio Filium, pro redempto Redemptorem? No, non lo ricuserete: ben voi con tutto l'affetto v'impiegherete a pregare per tutti coloro che a voi ricorrono, ben voi sapendo che quel Signore che ha costituito il vostro Figlio mediatore di pace tra Dio e l'uomo, ha fatto insieme voi mediatrice tra il giudice e il reo: Rogabis plane, quia qui Filium tuum inter Deum et hominem posuit mediatorem, te quoque inter reum et iudicem posuit mediatricem. Dunque, ripiglia S. Bernardo e dice: Age gratias ei qui talem tibi mediatricem providit (Serm. in Sign. magn.).33 Qualunque tu sii, o peccatore, infangato di colpe, invecchiato nel peccato, non isconfidare; ringrazia il tuo Signore che per usarti misericordia non solo ti ha dato il Figlio per tuo avvocato, ma per darti più animo e confidenza ti ha provveduto d'una tal mediatrice che ottiene quanto vuole colle sue preghiere. Va, ricorri a Maria, e sarai salvo.

 

Esempio.

 

Si narra dal Rupense (Ros. sacr., p. 5, c. 60) e dal Bonifacio (Stor. Verg., lib. I, c. 11) che in Fiorenza eravi una giovane chiamata Benedetta, ma meglio potea chiamarsi maledetta per la vita scandalosa e disonesta che allora menava. Capitò per sua sorte S. Domenico a predicare in quella città, ed ella per mera curiosità l'andò a sentire un giorno. Ma il Signore le compunse il cuore in quella predica, sì ch'ella piangendo dirottamente s'andò a confessare dal Santo. S. Domenico la confessò, l'assolvette, e l'impose di recitare il rosario. Ma l'infelice, per lo mal abito fatto, ritornò alla mala vita. Lo seppe il santo ed andandola a ritrovare ottenne che di nuovo si confessasse. E Dio per fermarla nella buona vita un giorno le diede a vedere l'inferno, ed ivi le dimostrò alcuni che per sua cagione s'erano già dannati. E poi aperto un libro, ivi le fe' leggere lo spaventoso processo de' suoi peccati. Inorridì la penitente a tal vista, e piena di confidenza ricorse a Maria che l'aiutasse; ed intese che questa divina Madre già l'impetrava da Dio spazio di tempo per piangere tante sue scelleraggini.

 

Finì la visione, e Benedetta si diede a viver bene; ma vedendosi sempre avanti agli occhi quel funesto processo dimostratole, un giorno così si pose a pregare la sua consolatrice: Madre, le disse, è vero ch'io per li miei eccessi ora dovrei stare nel fondo dell'inferno; ma giacché voi colla vostra intercessione me n'avete liberata con ottenermi spazio di penitenza, Signora pietosissima, quest'altra grazia io vi domando: Io non voglio mai lasciar di piangere i miei peccati, ma fate voi che questi sieno cancellati in quel libro. A tal preghiera l'apparve Maria e le disse che per ottener quel che cercava, bisognava che d'indi in poi tenesse continua memoria de' suoi peccati e della misericordia usatale da Dio; di più che si ricordasse della Passione dal suo Figlio sofferta per suo amore; di più che considerasse quanti per meno colpe delle sue s'erano dannati; e le rivelò che un figliuolo34 di otto anni per un solo peccato in quel giorno doveva esser mandato all'inferno. Ed avendo Benedetta ubbidito fedelmente alla SS. Vergine, ecco un giorno se le fe' vedere Gesù Cristo, che dimostrandole quel libro le disse: Ecco i tuoi peccati son cancellati, il libro è bianco, scrivici ora atti d'amore e di virtù. E così facendo, Benedetta fece poi una santa vita ed una santa morte.35

 

Preghiera.

Dunque, o mia dolcissima Signora, se l'officio vostro è, come vi dice Guglielmo Parisiense, d'interporvi per mediatrice tra i peccatori e Dio, Officium tuum est te mediam interponere inter Deum et homines;36 Eia ergo, io vi dirò con S. Tommaso da Villanova, Advocata nostra, officium tuum imple:37 Adempite su via il vostro officio anche per me. Non mi dite che la mia causa è troppo difficile a guadagnarsi; perch'io so - così mi dicono tutti - che ogni causa, per disperata che fosse stata, da voi difesa non mai s'è perduta. E la mia si perderà? no che di questo non temo. Solo dovrei temere, se solamente io guardassi alla moltitudine de' miei peccati, che voi non accettaste a difendermi; ma guardando alla vostra immensa misericordia ed al sommo desiderio che vive nel vostro dolcissimo cuore di aiutare i peccatori più perduti, neppure di questo io temo. E chi mai s'è perduto ch'è a voi ricorso? onde voi chiamo a soccorrermi, o mia grande avvocata, o mio rifugio, mia speranza e madre mia Maria. In mano di voi fido la causa della mia eterna salute. A voi consegno l'anima mia; ell'era perduta, ma voi l'avete da salvare. Ringrazio sempre il Signore che mi dà questa gran confidenza in voi, la quale, non ostante il mio demerito, sento che mi assicura della mia salute.

 

Un solo timore resta ad affliggermi, o mia amata regina: ed è ch'io non abbia a perdere un giorno per mia negligenza questa confidenza in voi. Perciò vi prego, o Maria, per quanto amate il vostro Gesù, conservate voi ed accrescete sempre più in me questa dolcissima confidenza nella vostra intercessione, per cui spero certamente di ricuperare la divina amicizia, da me per lo passato pazzamente disprezzata e perduta; ricuperata, spero per vostro mezzo di conservarla, e conservandola, spero finalmente per voi di venire un giorno a ringraziarvene in Paradiso, ed ivi cantare le misericordie di Dio e vostre per tutta l'eternità. Amen. Così spero, così sia, così sarà.

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NOTE

 

1 Infinitus enim thesaurus est hominibus, quo qui usi sunt participes facti sunt amicitiae Dei, propter disciplinae dona commendati. Sap. VII, 14.

 

2 Sed iniquitates vestrae diviserunt inter vos et Deum vestrum, et peccata vestra absconderunt faciem eius a vobis ne exaudiret. Is. LIX, 2.

 

3 “In omnibus siquidem et per omnia providens miseris, trepidationem nostram solatur...Iesum tibi dedit mediatorem. Quid non apud talem Patrem Filius talis obtineat?” S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441.

 

4 “Ego autem dico omnes ignorare Deum, qui nolunt converti ad Deum.. Neque enim ob aliud procul dubio renuunt, nisi quia gravem et severum imaginantur qui pius est, durum et implacabilem qui misericors est, ferum et terribilem qui amabilis est... Quid timetis, modicae fidei? ut peccata nolit remittere? Sed affixit ea cruci cum suis manibus.” S. BERNARDUS, In Cantica, Sermo 38, n. 2. ML 183-975.

 

5 “Frater tuus est et caro tua, tentatus per omnia absque peccato, ut misericors fieret. Hunc tibi fratrem Maria dedit. Sed forsitan et in ipso Maiestatem vereare divinam, quod licet factus sit homo, manserit tamen Deus. Advocatum habere vis et ad ipsum? Ad Mariam recurre. Pura siquidem humanitas in Maria... Nec dubius dixerim, exaudietur et ipsa pro reverentia sua. Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater.” S. BERNARDUS, Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441.

 

6 “Filioli, haec peccatorum scala, haec mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meae.” IDEM, ibid.

 

7 HUGO DE S. CHARO, primus Cardinalis O. P., In librum Canticorum, cap. VIII, 10. Opera, Venetiis, 1703, III, fol. 137, col. 4.

 

8 “Tu es enim illa fidelissima columba Noë, quae inter summum Deum, et mundum diluvio spirituali submersum, mediatrix fidelissima exstitit... Dominus ergo tecum, o Maria fidelissima.” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 9. Inter Opera S. Bonav., edit. Rom., Mogunt., Lugdun., VI, 443, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

9 “Nam ipsa Christum nobis detulit, fontem misericordiae, signum et causam nostrae ex peccatorum diluvio salutis.” Petr. Ant. SPINELLI, S. I., Maria Deipara, thronus Dei, cap. 16. Neapoli, 1613, pag. 195; Coloniae Agrippinae, 1694, p. 188, col. 2.

 

10 “Per te pax caelestis donata est mundo.” Homilia in laudes S. Mariae Deiparae. Inter Opera S. Epiphanii, episcopi Constantiae in Cypro, MG 43-502. Nota però il Petavio, MG 43-10, che questa omilia ed altre non possono attribuirsi a S. Epifanio: saranno forse di qualcuno dei due altri vescovi di Cipro che ebbero quel medesimo nome.

 

11 “Ego sum columba Noë, Ecclesiae ramum olivae, et pacis deferens universalis.” Biblia Mariana, Cantica Canticorum, n. 16. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 18 (opusculi in fine voluminis), col. 2; Paris., XXXVII, 402, col. 2. - Che questo opuscolo sia del santo Dottore, è cosa molto dubbia.

 

12 “Iris in circuitu sedis est Maria, quae adstat in circuitu sedis, smaragdinae visioni similis, in quo ostenditur consolatio tribulationis. Smaragdus enim delectat visum: sic blanda est peccatoribus consolatio Virginis, quae mitigat Dei iudicium et sententiam contra peccatores: ideo dicitur in circuitu sedis iudicis stare.” Ioannes VITALIS, Ord. Min., Cardinalis (a Clemente V creatus), Speculum morale totius S. Scripturae: de B. V. Maria (fol. 13-20), Venetiis, 1594 (l'opera fu scritta nel 1305), fol. 17, col. 3, G.

 

13 “Profecto ipsa est arcus foederis sempiterni positus in nubibus caeli, ut non interficiatur omnis caro.” S. BERNARDINUS SENENSIS, De glorioso nomine Virginis Mariae, Sermo 1, art. 1, cap. 3. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 73, col. 1; 1591 (1601), III, 78.

 

14 “Nunc videndum est de eius (nempe iridis) fructu, qui quidem fructus est recordatio divini foederis, ne divino iudicio disperdatur terra et omnis anima vivens in ea: et per Virginem gloriosam offensa reis remittitur, pax restituitur, foedus stringitur; et ideo merito sicut iris, Virgo scilicet benedicta in circuitu Ecclesiae constituitur.” IDEM, Commentarii in Apocalypsim, in cap. IV, 3, Opera, Venetiis, 1745, V, pag. 32, col. 1; 1591, I, 287.

 

15 Vedi sopra, capo 5, § 1, nota 31, pag. 164.

 

16 Martinus DEL RIO, S. I., In Canticum Canticorum, Lugduni, 1611, cap. 1, sectio 2: Mixta interpretatio de B. Virgine Deipara, pag. 57-59: “Prosequitur Guilhelmus... Addit quinto tritum esse in S. Script. haedorum nomine peccatores significari; sed non omnes haedos, esse haedos Mariae: haedos eius non esse peccatores illos, qui circa Matrem pietatis indevoti et inofficiosi exsistunt opemque eius vel non vel tepide requirunt; ne illos quoque qui Matrem pietatis studiose quidem venerari, opemque eius summa instantia videntur implorare, sed a suis sceleribus non convertuntur. Hos non agnoscere illam, quia sic volunt eam esse Matrem pietatis, ut non sit Mater iustitiae et veritatis: tam incuriosi in uno quam officiosi in altero. Solos eius haedos esse, qui ut illam digne venerentur opemque eius assequi mereantur, peccata sua perfecte deserunt moresque suos ad bonum seria mutatione componunt... Sexto probat (Guilhelmus) recte hos vocari, licet peccatores, haedos Mariae… Sic piae Matris haedos vocari, non quos ipsa fecit, vel vult esse haedos qui statuantur ad sinistram, sed quos magis magisque convertit in oves, ponendas ad dexteram... Hactenus erudite sane Guilhelmus.” - Il Commentario di Guglielmo di Parigi sulla Cantica è inedito.

 

17 “Deus Pater virgini Catharinae (tract. 4, c. 139) dixit: “Mariae, unigeniti Filii mei gloriosae genitrici, a bonitate mea concessum est propter incarnati Verbi reverentiam, ut quicumque etiam peccator ad eam cum devota veneratione recurrit, nullo modo diripiatur a daemone infernali. Haec enim est a me electa, parata, et posita tamquam esca dulcissima ad capiendos homines, et praecipue animas pecatorum.” Lud. BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Conclave animae fidelis, pars 2, sive Monile spirituale, cap. 1, n. 16. Opera, Antverpiae (Moretus), 1632, p. 590, col. 1. - “Io voglio che tu sappia che per camparla (l'anima di un certo peccatore) di questa eterna dannatione, nella quale tu vedi ch'egli era, io permisi questo caso, acciò che col sangue suo, nel sangue della mia Verità Unigenito mio Figliuolo avesse vita. Però che non avevo dimenticato la reverentia ed amore ch'egli aveva alla dolcissima Madre Maria dell'Unigenito mio Figliuolo, alla quale è dato questo per reverentia del Verbo dalla mia Bontà: cioè che qualunque sarà colui o giusto o peccatore, che l'abbi in debita reverentia, non sarà tolto né devorato dal dimonio infernale. Ella è come una esca posta dalla mia Bontà a pigliare le creature ch'anno in loro ragione.” S. CATERINA DA SIENA, Il Dialogo, Trattato della divina Provvidenza, cap. 139 (non del trattato, ma di tutta l'opera). Opere, IV, Siena, 1707, pag. 251.

 

18 Vedi sopra, nota 16.

 

19 Non ci è stato possibile conoscere donde S. Alfonso abbia appreso questo fatto.

 

20 “Sicut magnes attrahit sibi ferrum, sic ego attraho Deo dura corda.” S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 3, cap. 32. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 168, col. 1.

 

21 “Rhinoceros iste, qui etiam monoceros in graecis exemplaribus nominatur, tantae esse fortitudinis dicitur, ut nulla venantium virtute capiatur; sed sicut hi asserunt, qui describendis naturis animalium laboriosa investigatione sudaverunt, virgo ei puella proponitur, quae ad se venienti sinum aperit, in quo ille omni ferocitate postposita caput deponit, sicque ab eis a quibus capi quaeritur, repente velut inermis (al. enervus) invenitur.” S. GREGORIUS MAGNUS, Moralia in Iob, lib. 31, cap. 15, n. 29. ML 76-589.

 

22 “Audi divum Chrysostomum (Serm. De laudibus Virg.): “Ideo Mater Dei praeelecta es ab aeterno, ut quem Deus non potest salvare per suam merissimam iustitiam, tu per tuam salvares pietatem ac misericordiam.” Io. Paul. BERLENDUS, O. S. Aug., Elogia Virginis Deiparae Mariae ad eiusdem Litanias Lauretanas, Auxilium Christianorum. Migne-Bourassé, Summa aurea, XIII, col. 472. Di chi sia questa Oratio de laudibus Virginis, non sappiamo; ma non è di S. Gio. Grisostomo.

 

23 “Vere cum recogito sanctum Filium eius, ob hoc ut peccatis hominum mederetur, factum esse filium eius, nonnihil spei concipio quod (al. quid) vel parum percipiendi de sublimitate tantae matris, sciens videlicet illam magis propter peccatores quam propter iustos factam esse Dei Matrem. Dicit enim ipse bonus Filius eius se non venisse vocare iustos sed peccatores. (Matth. IX, 13).” EADMERUS, monachus Cantuariensis, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 1. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-557, 558.

 

24 “Nec abhorres peccatores - Sine quibus numquam fores - Tanto digna Filio. - Si non essent redimendi - Nulla tibi pariendi - Redemptorem ratio.” Inno o Sequenza “Tibi cordis in altari”, del secolo 14°. RAGEY, Hymnarium quotidianum B. V., Paris, 1892, 9 aug., p. 276. - MONE, Lateinische Hymnen des Mittelalters, II, p. 316.

 

25 “Totum siquidem quod habes gratiae, totum quod habes gloriae, et etiam hoc ipsum quod es mater Dei, si fas est dicere, peccatoribus debes. Omnia enim haec propter peccatores tibi collata sunt.” GUILIELMUS Alvernus seu Parisiensis, De Rhetorica divina (de arte orandi), cap. 18. Opera, Aureliae et Parisiis, 1674, I, pag. 357, col. 2.

 

26 “Si igitur ipsa propter peccatores, scilicet propter me meique similes, facta est Domini mater, quomodo immanitas peccatorum cogere me poterit desperare veniam eorum, cum tam ineffabile donum sit factum ex ea ob curationem eorum?” EADMERUS, op. cit., l. c., col. 558: vedi sopra, nota 23.

 

27 “Munera nostra, Domine, apud clementiam tuam Dei Genitricis commendet oratio: quam idcirco de praesenti saeculo transtulisti, ut pro peccatis nostris apud te fiducialiter intercedat.” In Vigilia Assumptionis, Secreta.

 

28 “Virgine autem, quae ex Davide ob promissiones illi factas genus ducebat, intermedia (mése) ad Incarnationis opus utens, eiusque uterum, veluti divinum quoddam semen subiens, format sibi ipse templum hominem perfectum, cum partem aliquam ex Virginis natura sumpsisset et ad templi formationem compegisset.” Expositio rectae confessionis, n. 10, MG 6-1223, in Appendice ad Opera S. Iustini martyris. - Questa opera è di molto posteriore a S. Giustino, e non è degna di lui. L'autore sembra essere stato uno di quelli che hanno preparato la via a Nestorio: vedi Admonitio in Expositionem rectae confessionis, di D. Prudenzio Marani, O. S. B., ML 6, col. 1203-1206.

 

29 “Haec divinorum contractuum subsistens veraque sponsio... Per eam nobis obstricta sunt salutis pignora.” S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio 14, In SS. Dominae nostrae Deiparae dormitionem, oratio 3. MG 97-1091, 1094. - Marracci, Polyanthea Mariana, lib. 6: Nomina et elogia Deiparae V. M. incipientia a littera F: “Fideiussio, quae pignore dato fit divinarum reconciliationum. S. Andreas Cretensis, oratio 2 de Dormitione B. M. V.” Migne-Bourassé, Summa aurea, IX-1176.

 

30 “Quaenam vero tuum corpus delibitura sunt unguenta? Corpus, inquam, illud suave fragrans; corpus intemeratum; corpus illud boni plenum; remissionem scaturiens; ceu fonte manans incorruptionem; corpus ex quo divinitatis conciliatio; corpus in quo sit consummatio; per quod est salus.” IDEM, ibid. ML 97-1098.

 

31 “Si autem contra te etiam propter tuas nequitias ipsum (Christum Dominum) videris indignatum, ad spem peccatorum confugias, Matrem suam, et ipsi tamquam Matri Dei reverentiam exhibebis, ac fusis lacrimis eius euxilium postulabis. Et si perseveraveris non quiescens, non dubites quod ab ea quod volueris impetrabis. Secum enim crevit miseratio, et sibi pro miseris satisfacere ex officio est commissum.” Stimulus amoris, pars 3, cap. 12. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugd., VII, 225, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

32 “Timerene debeat ut pereat, cui misericordissima mater clementissimi fratris, et iudicis, se piissimam matrem exhibet, et potentissimam advocatam? Tu misericordiae, mater, non rogabis, pro filio Filium, pro adoptato Unigenitum, pro servo Dominum, pro reo Iudicem, pro creatura Creatorem, pro redempto Redemptorem? Rogabis plane, quia qui Filium tuum inter Deum et homines posuit Mediatorem, te quoque inter reum et Iudicem posuit Mediatricem.”ADAM, Abbas Perseniae (1190, + post annum 1200), Mariale, sermo 1, In Annuntiatione B. V. ML 211-703. Migne-Bourassé, Summa aurea, VI, 1323.

 

33 “Age gratias ei qui talem tibi mediatricem benignissima miseratione providit, in qua nihil possit esse suspectum.” S. BERNARDUS, Sermo in “Signum magnum”, n. 2. ML 183-430.

 

34 Fanciullo.

 

35 Io. Andr. Coppenstein, O. P. Beati F. ALANI Redivivi RUPENSIS Tractatus mirabilis de ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae, eiusque Confraternitatis: pars 5, cap. 60. Venetiis, 1665, pag. 422-436. - Opus vere aureum B. ALANI RUPENSIS, O. P., de ortu et progressu Psalterii Christi et Mariae seu Sacratissimi Rosarii: pars 5, Exempla devoti sexus feminei, Exemplum 2. Forum Cornelii, 1847, pag. 278-287. - Io. BONIFACIUS, S. I., De Divae Virginis Mariae vita et miraculis libri V, lib. 4, cap. 11. Coloniae, 1610, pag. 665- 669. (Il Bonifacio non cita altra fonte che il B. Alano, lib. de Rosario). - Teofilo RAYNAUD, S. I., nel suo Hagiologium exoticum, Opera, IX, Lugduni, 1665, pag. 412, col. 1, dopo aver riferito la conversione, procurata da S. Domenico, di una famigerata cortigiana Romana, di nome Caterina, aggiunge: “Alius meretricis Florentiae, Benedictae nomine, exitialis multis speciei raritate, a S. Dominico ad vitam sanctam traductae, historiam contexuit Alanus a Rupe.”

 

36 “Officium ergo tuum est mediam te interponere inter ipsum (Deum) et homines.” GUGLIELMUS PARISIENSIS, De rhetorica divina, cap. 18. Opera, I, Aureliae et Parisiis, pag. 358, col. 1.

 

37 “Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte. Ad te in nostris necessitatibus accurrimus, tuum officium imple, tuum opus exerce.” S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativ. B. V. M., Concio 3, n. 8 (fine). Conciones, II. Mediolani, 1760, col. 406.

 


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Parte prima

CAPITOLO VII. - Illos tuos misericordes oculos ad nos converte.

 

§ unico. - Maria è tutt'occhi per compatire e soccorrere le nostre miserie.

S. Epifanio chiama la divina Madre multoculam:1 quella ch'è tutt'occhi affin di sovvenire noi miseri su questa terra. Un giorno esorcizzandosi un ossesso, fu domandato il demonio dall'esorcista che cosa facesse Maria? rispose il nemico: Scende e sale (Ap. il P. Pepe, to. 5, lez. 235).2 E volea dire che questa benigna Signora non fa altro che scendere in terra per portare grazie agli uomini, e salire in cielo per ivi ottenere il divin beneplacito alle nostre suppliche. Con ragione dunque da S. Andrea d'Avellino era nominata la S. Vergine, la Faccendiera del Paradiso,3 che continuamente sta in faccende di misericordia impetrando grazie a tutti, a' giusti e peccatori. - Il Signore tiene gli occhi sopra de' giusti, dice Davide: oculi Domini super iustos (Ps. XXXIII, 16). Ma gli occhi della Signora, dice Riccardo di S. Lorenzo, son rivolti così sopra de' giusti, come sopra de' peccatori: Sed oculi Dominae super iustos et peccatores.4 Poiché, soggiunge Riccardo, gli occhi di Maria son occhi di madre, e la madre non solo guarda il suo fanciullo, acciocché non cada, ma ancora acciocché caduto lo vadi a sollevare: Sicut oculi matris ad puerum ne cadat, vel si ceciderit, ut eum sublevet.

Ben ciò lo diede ad intendere a S. Brigida Gesù medesimo, che un giorno si fe' sentir dalla santa parlar colla Madre e dirle: Mater, pete quid vis a me: Chiedimi, Madre, quanto desideri. - Ciò che sempre sta dicendo in cielo il Figlio a Maria, godendo di compiacere questa sua diletta Madre in tutto quello che domanda. - Ma che cosa mai le domandò Maria? Intese S. Brigida che la Madre gli rispose: Misericordiam peto pro miseris (Rev. l. 1, c. 46).5 Come dicesse: Figlio, voi m'avete già destinata per madre della misericordia, per rifugio de' peccatori, per avvocata de' miseri. Or mi dite ch'io vi chieda quel che voglio; che mai voglio cercarvi? Vi chiedo che usiate pietà coi miserabili: Misericordiam peto pro miseris. Sicché, o Maria, voi siete così piena di misericordia, le dice con tenerezza S. Bonaventura, così attenta a sovvenire i miseri, che par che non abbiate altro desiderio, altra premura di questa: Undique sollicita es de miseris, misericordia vallaris, solum misereri videris appetere (Sup. Salv. Reg.).6 E perché tra' miseri i peccatori sono i più miseri di tutti, asserisce il Ven. Beda che Maria sta continuamente pregando il Figlio per li peccatori: Stat Maria in conspectu Filii sui, non cessans pro peccatoribus exorare (In cap. I Luc.).7

Anche vivendo in questa terra, dice S. Girolamo, fu Maria di cuore così pietoso e tenero verso gli uomini, che non vi è stata persona talmente afflitta dalle pene proprie, come Maria dalle pene degli altri: Nullum in hac vita adeo poenae torserunt propriae, sicut Mariam alienae (Epist. ad Eust.).8 Ben ella dimostrò questa compassione che sentiva delle altrui afflizioni nel fatto delle nozze di Cana - ne' capitoli scorsi un'altra volta rammemorato - dove mancando il vino, senza essere punto richiesta, come scrisse S. Bernardino il Senese, si assunse l'officio di pietosa consolatrice: Officium piae auxiliatricis assumpsit non rogata.9 E per mera compassione del rammarico di que' sposi, s'impegnò col Figlio e ne ottenne il miracolo della conversione dell'acqua in vino.

Ma che forse, qui rivolto a Maria le dice S. Pietro Damiani, perché siete stata innalzata ad esser regina del cielo, voi vi siete scordata di noi miserabili? Numquid, o B. Virgo, quia ita glorificata es, ideo nostrae humilitatis oblita es? Absit, soggiunge, non convenit tantae misericordiae tantae miseriae oblivisci (Serm. 1, de Nat. Virg.).10 Non sia mai che questo si pensi; non conviene ad una pietà sì grande che regna nel cuore di Maria il dimenticarsi d'una sì gran miseria qual è la nostra. Non corre già per Maria il comun proverbio: Honores mutant mores. Questo ben corre per li mondani, che innalzati a qualche dignità, s'insuperbiscono e si scordano degli amici antichi ma poveri; ma non per Maria, che si rallegra d'esser fatta più grande, per potere così meglio soccorrere i miserabili. Ciò appunto considerando S. Bonaventura applica alla B. Vergine le parole dette a Ruth: Benedicta filia, priorem misericordiam posteriore superasti (Ruth, III).11 Volendo dire, come appresso dichiara, che se fu grande la pietà di Maria verso de' miseri allorché vivea nel mondo, molto maggiore è al presente ch'ella regna nel cielo: Magna fuit erga miseros misericordia Mariae adhuc exsulantis in mundo, sed multo maior est regnantis in caelo (In Spec. B.V., c. 8).12 Di ciò ne apporta la ragione il santo, dicendo che la divina Madre dimostra ora colle innumerabili grazie che ci ottiene questa sua maggior misericordia, perché ora meglio conosce le nostre miserie: Maiorem per innumerabilia beneficia nunc ostendit misericordiam, quia nunc magis videt hominum miserias. Onde soggiunge che siccome lo splendor del sole avanza quello della luna, così la pietà di Maria or che sta in cielo, avanza la pietà che avea di noi allorché stava in terra: Nam quemadmodum sol lunam superat magnitudine splendoris, sic priorem Mariae misericordiam superat magnitudo posterioris. E chi mai vive nel mondo, conclude, che non goda della luce del sole? chi sopra cui non risplenda questa misericordia di Maria? Quis est super quem misericordia Mariae non resplendeat? (S. Bon., loc. cit.).

Perciò ella fu chiamata electa ut sol (Cant. VI, 9). Eletta come il sole, poiché non vi è chi sia escluso dal calor di questo sole, dice S. Bonaventura: Non est qui se abscondat a calore eius.13 E ciò appunto dal cielo S. Agnese rivelò a S. Brigida (Lib. 3, Rev., c. 30), allorché le disse che la nostra Regina or che sta unita col Figlio in cielo, non può scordarsi della sua innata bontà, onde usa con tutti la sua pietà, anche verso de' peccatori più empi; in modo che siccome sono illuminati dal sole i corpi celesti e terreni, così per la dolcezza di Maria non vi è nel mondo chi per suo mezzo non partecipi, se lo dimanda, della divina misericordia: Nunc autem coniuncta Filio non obliviscitur innatae bonitatis suae, sed ad omnes extendit misericordiam suam, etiam ad pessimos: ut sicut sole illuminantur caelestia et terrestria, sic ex dulcedine Mariae nullus est qui non per eam, si petitur, sentiat pietatem.14

Un gran peccatore nel regno di Valenza disperato, per non cadere in mano della giustizia, aveva risoluto di farsi turco, e già se n'andava all'imbarco: passò a caso per avanti d'una chiesa dove predicava il P. Girolamo Lopez della Compagnia di Gesù, e predicava della divina misericordia; a quella predica si convertì e si confessò al medesimo padre, il quale gli domandò se avesse avuto qualche divozione, per cui Dio gli avesse usata quella gran misericordia. Rispose che altra divozione non avea avuto, che ogni giorno pregar la S. Vergine che non l'avesse abbandonato (Patrign., Menol., 2 febr.).15 Lo stesso padre trovò allo spedale un peccatore che da 55 anni non s'era mai confessato, e solo questa misera divozione avea fatta, cioè che quando vedeva un'immagine di Maria, la salutava e pregava che non lo facesse morire in peccato mortale. Di più narrò che in una rissa col nemico se gli ruppe la spada; allora si volse alla Madonna e le disse: “Oimè, or son ucciso e mi danno. Madre de' peccatori, aiutatemi.” E in dir ciò si trovò, senza saper come, trasportato in luogo sicuro. E fattasi la confessione generale, se ne morì pieno di confidenza (Patr., al luogo cit.).

Scrisse S. Bernardo che Maria si è fatta ogni cosa a tutti ed a tutti apre il seno della sua misericordia, acciocché tutti ne ricevano, lo schiavo il riscatto, l'infermo la salute, l'afflitto il conforto, il peccatore il perdono, Dio la gloria; e con ciò non vi sia, giacch'ella è sole, chi non partecipi del suo calore: Maria omnia omnibus facta est, omnibus misericordiae sinum aperit, ut de plenitudine eius accipiant omnes, captivus redemptionem, aeger curationem, tristis consolationem, peccator veniam; ut non sit qui seabscondat a calore eius (S. Bern., Serm. in Sign. magn.).16 E chi mai sarà nel mondo, esclama S. Bonaventura, che non amerà quest'amabilissima regina? Ella è più bella del sole, più dolce del mele; ella è un tesoro di bontà, a tutti è amabile, con tutti è cortese: Quis te non diliget, o Maria, pulchriorem sole, dulciorem melle, omnibus amabilis, omnibus affabilis?17 Io vi saluto dunque, così l'innamorato santo siegue a dirle, o Signora e Madre mia; anzi cuor mio, anima mia. Perdonatemi, o Maria, se io dico che v'amo; s'io non son degno d'amarvi, voi siete ben degna d'esser amata da me: Ave ergo, domina mea, mater mea, imo cor meum, anima mea. Parce mihi, domina, si me amare te dicam; si ego non sum dignus te amare, tu non es indigna amari a me (S. Bon., Stim., p. 3, c. 19).18

Fu rivelato a S. Geltrude (Rev. l. 4, c. 53) che quando si dicono alla santa Vergine con divozione queste parole: Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte; non può Maria lasciare d'inclinarsi alla domanda di chi così la prega.19 Ah che la grandezza della vostra misericordia, o gran Signora, le parla S. Bernardo, riempie tutta la terra: Latitudo misericordiae tuae replet orbem terrarum (Serm. 4, sup. Miss.).20 Onde dice S. Bonaventura che questa Madre amorosa ha tanto desiderio di far bene a tutti, ch'ella si chiama offesa non solo da coloro che le fanno qualche ingiuria positiva - come se ne trovano d'anime così perverse, specialmente di giocatori, che talvolta per isfogo bestemmiano o ingiuriano questa buona Signora, - ma si chiama offesa anche da coloro che non la pregano di qualche grazia: In te, Domina, peccant, non solum qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non rogant (S. Bon., in Spec. Virg.).21 Sicché, le dice S. Idelberto, voi c'insegnate, o Signora, a sperare grazie maggiori de' nostri meriti, giacché non cessate continuamente di dispensarci grazie, che avanzano di gran lunga quel che noi meritiamo: Doces nos sperare maiora meritis, quae meritis maiora largiri non desinis.22

Predisse già il profeta Isaia che colla grand'opera dell'umana Redenzione dovea poi prepararsi a noi miseri un soglio della divina misericordia: Praeparabitur in misericordia solium eius (Is. XVI).23 Chi è questo soglio? Risponde S. Bonaventura: Solium divinae misericordiae est Maria in qua omnes inveniunt solatia misericordiae (Spec., c. 8).24 Questo soglio è Maria, in cui tutti, e giusti e peccatori, ritrovano i conforti della misericordia; e poi aggiunge: Nam sicut misericordiosissimum Dominum, ita misericordiosissimam Dominam habemus. Dominus noster multae misericordiae invocantibus se: et Domina nostra multae misericordiae invocatibus se: Siccome il Signore è pieno di pietà, tale ancora è la Signora nostra: e conforme il Figlio, così anche la Madre non sanno negar la lor misericordia a chi l'invoca. Onde Guerrico abbate così fa parlare Gesù alla Madre: In te mihi regni sedem constituam, per te preces exaudiam. Communicasti mihi quod homo sum, communicabo tibi quod Deus sum (Serm. 2 de Ass.):25 Madre mia, in voi io collocherò la sede del mio regno, mentre per vostro mezzo farò le grazie che mi si domandano. Voi avete dato a me l'essere d'uomo, io darò a voi l'esser di Dio, cioè l'onnipotenza con cui possiate aiutare a salvare chi volete.

Mentre un giorno S. Geltrude dicea con affetto le suddette parole alla divina Madre: Illos tuos misericordes oculos ad nos converte, vide la S. Vergine che le additò gli occhi del Figlio che teneva in braccio, e poi le disse: Hi sunt misericordiosissimi oculi mei, quos ad omnes me invocantes possum salubriter inclinare (Rev. l. 4, c. 53):26 Questi sono gli occhi pietosissimi, ch'io posso inclinare a salvare tutti coloro che m'invocano. Piangendo una volta un peccatore avanti un'immagine di Maria, pregando che gli avesse impetrato il perdono da Dio, udì che la B. Vergine si voltò al Bambino che teneva in braccio, e gli disse: Fili, et istae lacrimae peribunt? Figlio si perderanno queste lagrime? ed intese che Gesù Cristo già lo perdonò.27

E come mai può perire chi si raccomanda a questa buona Madre, quando il Figlio come Dio ha promesso per suo amore di usar misericordia, per quanto a lei piace, a tutti coloro che se le raccomandano? Ciò appunto rivelò il Signore a S. Brigida (Lib. 4, cap. 53), facendole sentire queste parole ch'egli dicea a Maria: Ex omnipotentia mea, Mater reverenda, tibi concessi propitiationem omnium peccatorum, qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi.28 Dal che l'abbate Adamo Persenio considerando insieme la gran potenza che ha Maria appresso Dio e la gran pietà ch'ella ha verso di noi, tutto pieno di confidenza le dice: O Madre di misericordia, quanta è la tua potenza, tanta è la tua pietà; quanto voi siete potente ad impetrare, tanto siete anche pietosa a perdonare: Mater misericordiae, tanta est pietas tua, quanta potestas. Tam pia es ad parcendum, quam potens ad impetrandum.29 E quando mai, soggiunge, si dà caso che voi non abbiate compassione de' miseri, essendo Madre di misericordia? O quando è che voi non possiate aiutarli, essendo Madre dell'onnipotenza? Ah che voi con quella facilità con cui intendete le nostre miserie, con quella stessa ci ottenete quanto volete: Quando non compatieris miseris, Mater misericordiae? Aut quando illis opem conferre non poteris, cum sis Mater omnipotentiae? Eadem facilitate obtinens quodcumque vis, qua facilitate nostra innotescit miseria (Ap. P. Pep., Lez., tom. 7). Satollatevi dunque, dice Ruperto abbate, satollatevi, o gran reina, della gloria del vostro Figlio, e per compassione, non già per nostro merito, contentatevi di mandarne quaggiù gli avanzi a noi poveri vostri servi e figli: O Mater misericordiae, saturare gloria Filii tui, et dimitte reliquias tuas parvulis tuis (Rup., in Cant., lib. 5).30

E se mai i nostri peccati ci danno sconfidenza, diciamole con Guglielmo di Parigi (De Rhet. div., c. 18): Ne allegaveris peccata mea contra me, qui misericordiam tuam allego contra ea. Absit ut stent in iudicio peccata mea contra misericordiam tuam, quae omnibus vitiis fortior est:31 Signora, non adducete i peccati miei contro di me, perché io adduco la pietà vostra contro di quelli. E non sia mai che s'abbia a dire che i peccati miei possano contendere in giudizio colla vostra misericordia, la quale è assai più potente ad ottenermi il perdono, che non vagliono i peccati miei ad ottenermi la condanna.

 

Esempio.

Nelle Croniche de' Padri Cappuccini (Cap. 11, part. 1) si narra che in Venezia vi era un celebre avvocato il quale con frodi e male arti si era fatto ricco, onde viveva in malo stato. Altro forse non avea di buono che 'l recitare ogni giorno una certa orazione alla S. Vergine. E pure questa misera divozione gli valse a scampare dalla morte eterna per la misericordia di Maria. Ecco come.

Per sua sorte prese amicizia quest'avvocato col P. Fra Matteo da Basso, e tanto pregollo che un giorno venisse il padre a pranzare in sua casa, che finalmente questi lo compiacque. Giunto in casa, gli disse l'avvocato: Or, padre, io voglio farle vedere una cosa che non avrà veduta mai. Io ho una scimia ammirabile che mi serve come un valletto, lava i bicchieri, mette a tavola, m'apre la porta. Veda, rispose il padre, che questa non fosse scimia, ma qualche cosa più che scimia; la faccia venire qui. Chiamano la scimia, la richiamano, la cercano da per tutto, e la scimia non comparisce. Finalmente la trovano sotto d'un letto nascosta in un basso della casa; ma la scimia di là non volea uscire. Orsù, allora il religioso disse, andiamo noi a trovarla; e giunto insieme coll'avvocato dove questa stava: Bestia infernale, disse, esci fuori, e da parte di Dio ti comando a palesare chi sei. Ed ecco la scimia rispose che era il demonio, e che stava aspettando che quel peccatore avesse lasciata di dire in qualche giorno quella solita orazione alla Madre di Dio, perché la prima volta che l'avesse lasciata, egli aveva licenza da Dio d'affogarlo e portarlo all'inferno. A tale avviso il povero avvocato si buttò genuflesso a cercare aiuto al servo di Dio, il quale gli fece animo e comandò al demonio di partirsi da quella casa senza far danno. Solo ti do licenza, gli disse, che in segno d'esserti partito rompa una muraglia di questa casa. Appena ciò detto, si vide con gran fracasso fatta nel muro un'apertura, la quale benché più volte chiusa con calce e pietre, volle Dio che restasse palese per molto tempo; finché per consiglio del servo di Dio si pose in quella un marmo colla figura di un angelo. L'avvocato si convertì e speriamo che d'indi in poi perseverasse nella mutazione di vita sino alla morte.32

 

Preghiera.

O creatura tra tutte la più grande e più sublime, Vergine sacrosanta, vi saluto da questa terra io misero infelice ribelle del mio Dio, che merito castighi, non già grazie, giustizia, non misericordia. Signora, non dico ciò perché io sconfidi della vostra pietà. Io so che voi vi gloriate d'essere più benigna, quanto siete più grande. So che godete di esser così ricca, per farne parte anche a noi miserabili. So che quanto sono più poveri quelli che a voi ricorrono, voi tanto più v'impegnate a proteggerli e salvarli.

O Madre mia, voi siete quella che piangeste un giorno il vostro Figlio morto per me. Offerite, vi prego, le vostre lagrime a Dio, e per queste impetratemi un vero dolore de' peccati miei. Tanto vi afflissero allora i peccatori e tanto vi afflissi ancor'io colle scelleraggini mie. Impetratemi, o Maria, che io almeno da ogg'innanzi non segua ad affliggere più voi e il vostro Figlio colla mia ingratitudine. E che mi gioverebbe il vostro pianto, s'io seguissi ad esserv'ingrato? Che mi gioverebbe la vostra misericordia, se vi fossi di nuovo infedele e mi dannassi? No, regina mia, non lo permettete. Voi avete supplito a tutte le mie mancanze. Voi ottenete da Dio quanto volete. Voi esaudite ognuno che vi prega. Queste due grazie io vi domando e da voi senza meno le spero e le voglio: ottenetemi d'esser fedele a Dio in non offenderlo più, e di amarlo nella vita che mi resta tanto quanto io l'ho offeso.


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NOTE

 

1 “Virgo plurium nominum et multocula effecta est seraphim incomprehensae visionis.” Homilia in laudes S. Mariae Deiparae. Inter Opera S. Epiphanii, Episcopi Constantiensis in Cypro, MG 43-498. - Questa omilia non è di S. Epifanio; ma forse di qualche altro Epifanio, Arcivescovo di Cipro: due furono di questo nome. Petavio, MG 43-10, 11.


2 “Dimandato un demonio se la divina Madre facesse la nostra causa in cielo, rispose: “E che non fa? se non fosse per lei, tutti gli uomini noi precipiteremmo all'inferno, perché tutti tireremmo al nostro partito.” “Ma pure che fa”, richiese di nuovo l'esorcista. “Scende e sale, scende e sale; e questo è tutto il suo impiego. Scende dal cielo in terra per portare grazie agli uomini; e sale dalla terra al cielo per offrire a Dio le vostre suppliche”. F. PEPE, S. I., Delle grandezze di Gesù e di Maria, tom. V, lez. 235. Napoli, 1748, pag. 313.

3 “Soleva dire “esser Maria la nostra procuratrice e la faccendiera del cielo… Ricorriamo alla faccendiera del cielo, speranza sicura de' nostri desiderii, che ne resteremo consolati.” G. MAGENIS, Vita, cap. 7, appendice storica. - “(Mariam) appellare consueverat Negotiatricem... Si quid ipse impetrare a Deo vellet, Negotiatricem suam urgebat.” SILOS, Historiarum Clericorum Reg. pars altera, lib. 5, an. 1608, p. 233. Romae, 1655.

4 “Oculi Domini super iustos, oculi Dominae super iustos et peccatores, sicut oculi bonae matris super puerum ne cadat, vel si ceciderit, ut eum relevet.” RICH. A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 2, n. 5. Inter Opera S. Alb. M., ed. Lugd., XX, 47, col. 1; ed. Paris., XXXVI, 84, col. 2.

5 “Respondit Filius: “... Tu vere misericordiae Mater praedicaris et es, quia miserias omnium consideras, et me ad misericordiam flectis: pete ergo quod vis, non enim inanis potest esse caritas et petitio tua.” Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 6, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, p. 362, col. 2. - “Respondit Matri Filius: “... Quia per dulcissima verba oris tui trahis misericordiam a me, pete quodcumque vis, et dabitur tibi. “Respondit Mater: “Fili mi, quia misericordiam ego a te consecuta sum, ideo misericordiam et auxilium peto miseris.” Id. op., lib. 1, cap. 50, p. 62, col. 1.

6 “Certe, Domina, cum te aspicio, nihil nisi misericordiam cerno nam pro miseriis (leggi: miseris) Mater Dei facta es, misericordiam insuper genuisti, et demum tibi miserendi est officium commissum. Undique sollicita de miseris, undique misericordia vallaris, solum misereri tu videris appetere.” Stimulus amoris, pars 3, cap. 19, Meditatio super Salve Regina. Inter Opera S. Bonav., (vedi Appendice, 2), Rom., Mogunt., Lugduni (1668), VII, 231, col. 2. - Meditatio in “Salve Regina, n. 1, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1077: “Multum es sollicita de miseris.” - Meditatio super “Salve Regina”, n. 2, inter Opera S. Anselmi Lucensis, ML 149-584: “Certe, Domina, cum te aspicio, nonnisi misericordiam cerno. Nam pro miseris mater Dei facta es. Misericordiam miseris genuisti. Undique, Domina, misericordia tu vallaris, solum misereri appetere tu videris. Multum es sollicita de miseris...” - Vedi Appendice, 3, A.

7 “Postquam caelos ascendit ipsa, assidue stat coram Deo, orationem pro peccatis nostris effundens.” Inter Opera S. Bedae Venerabilis, Homiliarum liber 3, Homiliae subdititiae, hom. 59, De S. Maria Virgine. ML 94-422.

8 A questo può riferirsi quanto dice l'autore (vedi Appendice, 1) della Epistola ad Paulam et Eustochium de Assumptione B. V. M., n. 14, ML 30-138, sul martirio di Maria: “Beata Dei Genitrix et martyr et virgo fuit... Quod vere passa sit, testatur Simeon...: Et tuam, inquit, ipsius animam pertransibit gladius (Luc. II, 35). Ex quo constat quod supra martyrem fuerit... Quia plus omnibus dilexit, propterea et pius doluit... Quae quia mente passa est, plus quam martyr fuit. Nimirum quod eius dilectio amplius fortis quam mors fuit, quia mortem Christi suam fecit.”

9 “Hoc est igitur illud verbum admirandae compassionis et pietatis, quod dulcissima mater Christi et advocata nostra, et in terris et in caelis pro nobis miserabilibus et infirmis, tamquam pia mater pro filiis suis undique deplorandis, dicit dilecto primogenito suo, Io. II: Vinum non habent... Omnium hominum advocatam se sentiens, quae pro omnibus creaturis cunctorum facta fuerat Virgo Mater, officium advocationis et piae auxiliatricis assumpsit, quum videret inopiam, ac si opus non sit eam precibus excitare, quae omnem oculum pietatis suae in nos direxit, ac praesciens indigentiam nostram, et se cunctorum hominum matrem pietatis agnoscens, sollicita pro filiis, irrequisita etiam ad Dei Filium intercessit dicens: Vinum non habent. Si hoc non rogata perfecit, quid rogata perficiet? Si hoc viatrix exsistens, quid cum regnat in patria?” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Visitatione B. M. V., art. 3, cap. 2. Venetiis, 1745, IV, pag. 111, col. 1, 2; 1591, III, 115.

10 Inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44, NICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, In Nativitate B. V. M., ML 144-740: “Revertere, primo per naturam. Numquid quia ita deificata, ideo nostrae humanitatis oblita es? Nequaquam, Domina. Scis in quo discrimine nos reliqueris... Non enim convenit tantae misericordiae tantam miseriam oblivisci.”

11 Benedicta, inquit (Booz), es a Domino, filia, et priorem misericordiam posteriore superasti. Ruth III, 10.

12 “Ista benedicta filia priorem misericordiam posteriore superavit. Magna enim erga miseros fuit misericordia Mariae adhuc exsulantis in mundo, sed multo maior erga miseros est misericordia eius iam regnantis in caelo. Maiorem per beneficia innumerabilia nunc ostendit hominibus misericordiam, qui (leggi: quia, ovvero: quae) magis nunc videt innumerabilium hominum miseriam. Unde pro splendore prioris misericordiae fuit Maria pulchra ut luna: pro splendore vero posterioris misericordiae, est electa ut sol... Nam quemadmodum sol lunam superat magnitudine splendoris, sic priorem Mariae misericordiam superat magnitudo posterioris. Quis est super quem sol et luna non luceant? quis est super quem misericordia Mariae non resplendeat?” CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 10. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., etc., VI, 444, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

13 Vedi la nota precedente. - Più espressamente RAYMUNDUS IORDANUS, Abbas Cellensis, Contemplationes de B. V., Prooemium, Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, 852: “Et sic non est qui se abscondat a calore eius, id est a caritate et dilectione ipsius.”

14 “Beata Agnes loquitur Sponsae (Birgittae) dicens: “Filia, dilige Matrem misericordiae... (Maria) sic pia et misericors fuit, et est, quod maluit omnes tribulationes sufferre, quam quod animae non redimerentur. Nunc autem coniuncta Filio non obliviscitur innatae bonitatis suae, sed ad omnes extendit misericordiam suam, etiam ad pessimos, ut sicut sole illuminantur et inflammantur caelestia et terrestria, sic, ex dulcedine Mariae, nullus est qui non per eam, si petit, sentiat pietatem.” Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 3, cap. 30. Coloniae Agrippinae, 1628, 165, col. 1.

15 “Un certo omaccio, che in ogni sorte di vizio s'era brutalmente invischiato, avea risoluto in fine d'andare in Africa e farsi Turco per non cader nelle forze della giustizia. In quello che giva a trovar l'imbarco, passando per un certo villaggio dove il P. Lopez faceva la missione, vide gran gente portarsi in chiesa: curioso v'entrò anch'esso, e udì che il Padre predicava sopra la divina misericordia: si soffermò, e restò predato appunto dall'istessa misericordia, che lo colse in buon punto. Contrito andò a trovare il Padre per confessarsi. Maravigliato il servo di Dio di quella subitanea conversione in tal uomo... gli dimandò se in vita sua era stato mai solito di far qualche divozione; e trovò ch'ogni giorno avea pregato Maria Vergine che non l'abbandonasse. - Trovò un altro di simil pasta in un ospedale, che da 55 anni non s'era mai confessato. Solamente in veder qualche immagine di Maria, alla sfuggita la salutava, e pregava a non permettere ch'ei morisse in peccato mortale. Di più raccontò che in una rissa rottaglisi la spada, si vide morto... Allora invocata la Vergine, così le disse: “Oimè, che io precipito nell'inferno! Madre de' peccatori, aiutatemi.” E a un tratto si trovò trasportato in luogo aperto e sicuro. Or costui, fatta la sua general confessione col P. Lopez, dieci giorni dopo, pieno di fiducia in Dio si morì.” PATRIGNANI, Menologio, 2 febbraio, Del P. Girolamo Lopez, + 1658. Venezia, 1730, vol. I, pag. 31 di febbraio.

16 “Denique omnibus omnia facta est, sapientibus et insipientibus copiosissima caritate debitricem se fecit. Omnibus misericordiae sinum aperit, ut de plenitudine eius accipiant universi, captivus redemptionem, aeger curationem, tristis consolationem, peccator veniam, iustus gratiam, angelus laetitiam, denique tota Trinitas gloriam, Filii persona carnis humanaesubstantiam; ut non sit qui se abscondat a calore eius.” S. BERNARDUS, Sermo in “Signum magnum”, n. 2. ML 183-430.

17 “Quis enim non te diligit, reparatricem omnium, amoris caminum, pulchriorem sole, dulciorem melle, bonitatis thesaurum, honestatis speculum, omnis sanctitatis exemplum? Omnibus es amabilis, omnibus es affabilis, omnibus delectabilis.” Stimulus amoris, pars 3, cap. 19, Meditatio super Salve Regina. Inter Opera S. Bonaventurae, Rom., Mogunt., Lugd. (1668), pag. 233, col. 1. - “Omnibus es amabilis, omnibus affabilis, omnibus delectabilis... Quis ergo ad te, Domina, non suspirabit?” Meditatio in Salve Regina, n. 5. Inter Opera S. Bernardi, 184-1079. - Vedi Appendice, 3, A.

18 “O Virginis amor, divinum reddis amantem, virgineum facis iam multa sorde pollutum. Ergo ave, Domina mea, Mater mea, imo cor meum, et anima mea virgo Maria. - Maria virgo, ave. O nomen suavissimum, nomen dulcissimum, nomen iucundissimum, nomen Mariae! Quid feci? quid praesumpsi? quomodo excessi? nominare te audeo! Quis umquam talia audivit, quod perditionis filius, peccatorum sacculus, daemonum famulus te nominare praesumat? O amor mei! nomen Matris Dei! revereri nescit amor; mihi parce, Domina, quod te amare dicam; et si ego non sum dignus te amare, tu es digna amari.” Meditatio de Ave Maria, n. 4, 5. Inter Opuscula spuria S. Anselmi Mantuani, episcopi Lucensis + 1086. ML 1491580. - Le ragioni pro e contra l'autenticità di questo opuscolo sono le stesse che per la Meditatio super Salve Regina. Vedi dunque Appendice, 3, A.

19 “A quelle parole poi Eia ergo advocata nostra, chiamando di nuovo Gertrude nel suo aiuto la detta benignissima Madre, le parve ch'ella, come fosse quasi per forza tirata d'alcune forti funi, si indrizzasse verso di lei. Dal cui effetto conobbe, che sempre ch'alcuno con divozione nominandola, la chiamerà in suo favore con questo nome, la sua materna pietà si verrà a piegare tanto grandemente, che in alcuno modo non si potrà contenere ch'ella non condiscenda alle preci di chiunque la pregherà. Nel dirsi poi illos tuos misericordes oculos, la beatissima Vergine, toccando piacevolmente il mento del suo Figliuolo, l'inchinò a terra verso di noi, dicendogli: “Questi sono i miei occhi misericordiosissimi, i quali con molta fedele salute posso inchinare verso di tutti quelli che mi pregano, da' quali sempre conseguiranno abbondante frutto d'eterna salute.” Per questo effetto le fu dato a conoscere dal Signore ch'almeno ella dovesse due volte ogni giorno chiamare la sua beatissima Madre con queste parole: Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos..., certificandola che per queste parole nell'ultimo suo fine ne riceverebbe non picciola consolazione.” S. GELTRUDE, Vita, edizione Lanspergio-Buondì, Venezia, 1606, lib. 4, cap. 53, pag. 393. - Legatus divinae pietatis, ed. Solesmensium, lib. 4, cap. 51, p. 460.

20 “Quis ergo misericordiae tuae, o benedicta, longitudinem et latitudinem, sublimitatem et profundum queat investigare?... Latitudo eius replet orbem terrarum...” S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, n. 8. ML 183-429.

21 SALAZAR, in Prov. VIII, 36, n. 456: “Verba sunt Bonaventurae in Speculo: “Non solum in te peccant, o Domina, qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non rogant.” - PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 4 in Ps. 86, n. 4, Venetiis, 1720, pag. 20, col. 1: “D. Bonaventura (nota marginale: in Spec. Virg.) cum B. Virgine loquens, affatur: “Non solum in te peccant, o Domina, qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non rogant.” - Cf. PEPE, Discorsi in lode di Maria SS., Napoli, 1756, II, 280.

22 “Doces me sperare maiora meritis, quae meritis maiora largiri non desistis.” Ven. HILDEBERTUS, Cenomanensis episc., postea Turonensis archiepiscopus, Epistolae, lib. 3, epist. 2. ML 171-284. Così scriveva il santo vescovo ad Adele, contessa di Blois, la quale gli aveva promesso una pianeta, di cui aveva bisogno.

23 Et praeparabitur in misericordia solium, et sedebit super illud in veritate in tabernaculo David. Is. XVI, 5.

24 “Solium divinae misericordiae est Maria mater misericordiae, in quo omnes inveniunt solatia misericordiae. Nam sicut misericordissimum Dominum, ita misericordissimam Dominam habemus: Dominus noster multae misericordiae est omnibus invocantibus se, et Domina nostra multae misericordiae est omnibus invocantibus se.” CONRADUS DE SAXONIA. Speculum B. M. V., lectio 9. Inter Opera S. Bonav., Romae, etc., VI, 443, col. 2. - Vedi Appendice, 2.


25 “Veni igitur, electa mea, et ponam in te thronum meum. In te mihi quamdam regni sedem constituam, de te iudicia decernam, per te preces exaudiam. Nullus mihi plus ministravit in humilitate mea. Communicasti mihi, praeter alia, quod homo sum: communicabo tibi quod Deus sum.” GUERRICUS, Abbas Igniacensis, Sermo 2 in AssumptioneB.M. n. 6. ML 185-193.


26 Vedi sopra, nota 19.

27 SINISCALCHI, S. I., Il martirio del Cuore di Maria Addolorata, Ottobre, sabato II. Venezia, 1746, p. 254.Il Siniscalchi però parla del Crocifisso, non di Gesù Bambino tra le braccia della Madre.


28 S. GELTRUDE, Vita (Lanspergio-Buondì, Venezia, 1606, lib. 4, cap. 53, pag. 391,) Nella festa della Natività della gloriosa Vergine: “Appresso, nell'altra antifona Adest namque festivitas, a quelle parole: Ipsa intercedat pro peccatis nostris: parve che la Madre del Signore riverentemente presentasse al cospetto del suo Figliuolo una carta nella quale erano scritte le medesime parole a lettere d'oro, a lei portata... dal servizio degli Angeli. A cui egli piacevolmente rispondeva: “Riverenda madre, con la mia infinita potenza ti ho conceduto potere di perdonare tutti i peccati, di quella maniera che a te più sia a grato, di tutti coloro che divotamente invocarono l'aiuto della tua pietà.” - Chiaramente apparisce dalla nota di S. Alfonso, ch'egli abbia avuto intenzione di citare S. Geltrude, e non S. Brigida, come ha fatto al cap. IV, § 1, nota 29, pag. 141.

29 “O quam flexibilis, quam fortis et quam fertilis directionis virga, Mater misericordiae, Regina virtutum, Genitrix Salvatoris! Flexibilem te facit immensa pietas, fortem incorrupta potestas, fertilem divini partus fecunditas. Tanta est pietas tua, quanta potestas. Tam pia es ad parcendum miseris, quam potens ad impetrandum quod postularis. Quando enim non compateris filiis miseris, Mater misericordiae? Aut quando illis opem conferre non poteris, cum sis ipsius Mater Omnipotentiae? Eadem proculdubio facilitate obtines apud Omnipotentem quodcumque vis, qua facilitate nostra innotescit miseria tuae visceribus pietatis.” ADAMUS, Abbas Perseniae, Ord. Cist., Mariale, Sermo 1, In Annuntiatione B. V., ML 211-703. - F. PEPE, S. I., Grandezze di Gesù Cristo e Maria SS., tom. 7, lez. 336. Napoli, 1749, pag. 324.

30 (Non Rupertus, Abbas Tuitiensis, ma) GUERRICUS, Abbas Ignacensis, S. Bernardi discipulus, In Assumptione B. M. sermo 4, n. 5, ML 185-200: “O Mater misericordiae, saturare gloria Filii tui; et dimitte reliquias tuas parvulis tuis.” - Nella II parte delle Glorie di Maria, Discorso 8 (in fine), S. Alfonso cita questo testo esattamente col nome di Guerrico Abbate.

31 “Absit a te, dulcissima Dei Mater, ut plus possint apud te contra me vitia mea et peccata, quam possit misericordia tua pro me. Absit ut clamor eorum... praevaleat clamori meo, et obstruat aures misericordiae tuae. Absit ut omnia mala mea... possint obstruere os sacratissimum tuum et labia tua... et... prohibere ne loquantur pro me. Absit ut possint suspendere te a tam salubri officio pietatis tuae, quo et advocata es et mediatrix hominum, post Filium tuum spes unica et refugium tutissimum miserorum. Et ne allegaveris iniustitiam, qua indignissimum me confiteor omni auxilio pietatis tuae et omni respectione misericordiae tuae. Non enim fas est ut alleges pro iustitia contra me, vel contra quemcumque alium: hoc enim esset stare te pro iustitia contra misericordiam, cui certissimum est, et totum quo polles gratiae, et totum quo fulges gloriae, et illud praecellentissimum omnium, videlicet quod es Mater Dei, te debere. Absit a te igitur, piissima Dei mater,... ut ullo modorum obsistas, vel misericordiae benedicti Filii tui... vel misericordiae propriae tuae... Haec enim est per quam maxime Matrem Dei te esse demonstras... Nulla enim creatura et tot et tanta et talia impetrare posset apud benedictum Filium tuum miseris, quanta tu apud ipsum impetras eisdem. In quo procul dubio non tamquam ancillam suam, quae indubitanter es, sed tamquam matrem verissimam te honorat. Amplius. Aliis matribus assimilari debent filii; te autem, gloriosa Domina, decet assimilari benedicto Filio tuo, et potissimum in ea virtute per quam se fecit Filium tuum et te Matrem suam. Haec autem est misericordia... Necesse igitur est ut totam te possideat misericordia... Ne steteris igitur pro iustitia contra illam. Et propter hoc ne allegaveris illam contra me... Ne allegaveris, dulcissima Dei Mater, peccata mea contra me, qui misericordiam tuam allego contra ea. Absit ut stent in iudicio peccata mea contra misericordiam tuam, quae omnibus vitis et peccatis super omnem cogitatum fortior est atque potentior.” GUGLIELMUS Alvernus, episcopus Parisiensis, De rhetorica divina (cioè de arte orandi), cap. 18. Opera, Aureliae et Parisiis, 1674, I, 358, col. 2.


32 Zaccaria BOVERIO, Annali dell'Ordine de' Frati Minori Cappuccini, tomo 1, parte 2, an. 1552, num. 69-71. Venezia, 1643, pag. 67-69. - La casa, coll'effigie marmorea dell'Angelo, esiste tuttora, ed il ponte che sta di fronte, si chiama ancora Ponte dell'Angelo.


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13/09/2009 10:36

Parte prima

 

CAPITOLO VIII. - Et Iesum benedictum fructum ventris tui nobis post hoc exsilium ostende.

 

§ 1. - Maria libera i suoi divoti dall'inferno.

 

È impossibile che si danni un divoto di Maria, che fedelmente l'ossequia e a lei si raccomanda.1 Questa proposizione a primo aspetto parrà ad alcuno troppo avanzata; ma io pregherei costui a non condannarla, prima di leggere quello che qui appresso io noterò su questo punto.

 

Il dire che un divoto della Madonna è impossibile a dannarsi, non s'intende già di quei divoti, che si abusano della lor divozione per peccare con minor timore. Onde ingiustamente alcuni par che disapprovino il tanto decantare la pietà di Maria co' peccatori, col dire che questi poi se n'abusano per più peccare. Poiché tali prosuntuosi per questa lor temeraria confidenza meritano castigo, non misericordia. S'intende dunque di que' divoti che, con desiderio d'emendarsi, son fedeli ad ossequiare e raccomandarsi alla Madre di Dio. Questi, dico, è moralmente impossibile che si perdano. E trovo ciò averlo detto anche il P. Crasset nel suo libro della divozione verso Maria Vergine (Tom. I, q. 7).2 E prima di lui il Vega nella sua Teologia Mariana,3 il Mendoza (Virid., lib, II, probl. 9),4 ed altri Teologi. E per intendere che questi non han parlato a caso, vediamo quel che ne hanno detto i Dottori ed i Santi. Né si maravigli alcuno se qui noterò più sentenze uniformi degli autori; poich'io ho voluto registrarle tutte, affine di dimostrare quanto sono stati concordi gli scrittori su questo punto.

 

S. Anselmo dice che siccome chi non è divoto di Maria e da lei non è protetto è impossibile che si salvi, così è impossibile che si danni chi si raccomanda alla Vergine e da lei è mirato con amore: Virgo benedictissima, sicut impossibile est ut a te aversus et a te despectus salvetur, ita ad te conversus et a te respectus impossibile est ut pereat (De Exc. Virg., c. 11).5 Conferma lo stesso S. Antonino quasi colle stesse parole: Sicut impossibile est ut illi a quibus Maria oculos suae misericordiae avertit, salventur; ita necessarium quod hi ad quos convertit oculos suos pro eis advocans, salventur et glorificentur (Part. IV, tit. 50).6 Aggiunge dunque questo santo che i divoti di Maria necessariamente si salvano.

 

Notisi non però la prima parte della proposizione di questi santi, e tremino quelli che fan poco conto o abbandonano per trascuraggine la divozione a questa divina Madre. Dicono essere impossibile il salvarsi quelli che non son protetti da Maria. E ciò l'asseriscono anche altri, come il B. Alberto Magno: Gens quae non servierit tibi peribit (Bibl. Mar., in c. 60):7 Tutti quei che non sono vostri servi, o Maria, tutti si perderanno. S. Bonaventura: Qui neglexerit illam, morietur in peccatis suis (In Ps. 116):8 Chi trascura la servitù alla Vergine, morirà in peccato. Ed in altro luogo: Qui te non invocat in hac vita, non perveniet ad regnum Dei (In Ps. 86):9 Chi non ricorre a voi, Signora, non giungerà in paradiso. E nel salmo 99 arriva a dire il santo che non solo non si salverà, ma che non vi sarà neppure speranza di salute per coloro da cui Maria volta la faccia: A quibus averteris vultum tuum, non erit spes ad salutem.10 E prima lo disse S. Ignazio martire asserendo che non può salvarsi un peccatore, se non per mezzo della S. Vergine; la quale all'incontro salva colla sua pietosa intercessione tanti, che secondo la divina giustizia sarebbero dannati: Impossibile est aliquem salvari peccatorem, nisi per tuum, o Virgo, auxilium et favorem; quia quos non salvat Dei iustitia, salvat sua intercessione Mariae misericordia infinita (Ap. Celada, in Iud. fig., § 10).11 Alcuni difficultano12 che questa sentenza sia di S. Ignazio; almeno dice il P. Crasset che questo detto l'ha fatto suo S. Giovan Grisostomo (In deprec. ad Virg.).13 E si trova anche replicato dall'abbate Cellense (In contempl. Virg., c. 5.).14 Ed in questo senso la S. Chiesa applica a Maria quelle parole de' Proverbi: Omnes qui me oderunt, diligunt mortem (Prov. VIII, [36]): Tutti quei che non m'amano, amano la morte eterna. Poiché - come dice Riccardo di S. Lorenzo sulle parole, Facta est quasi navis institoris (Prov. XXXI, [14]) - saran sommersi nel mare di questo mondo tutti quelli che son fuori di questa nave: In mare mundi submergentur omnes illi, quos non suscipit navis ista (De laud. V., l. 11,).15 Anche l'eretico Ecolampadio stimava segno certo di riprovazione la poca divozione di alcuno verso la Madre di Dio; onde diceva: Numquam de me audiatur, quasi averser Mariam, erga quam minus bene affici reprobatae mentis certum existimem indicium (V. ap. P. Pepe, lez., t. 7).16

 

All'incontro dice Maria: Qui audit me, non confundetur (Eccli. XXIV, 30): Chi a me ricorre ed ascolta quel che gli dico, non si perderà. Dal che le dicea S. Bonaventura: Signora, chi attende ad ossequiarvi, sarà lontano dal dannarsi: Qui praestat in obsequio tuo, procul fiet a perditione (In Ps. 118).17 E ciò avverrà, dice S. Ilario, ancorché costui si trovasse per lo passato molto avere offeso Dio: Quantumcumque quis fuerit peccator, si Mariae devotus exstiterit, numquam in aeternum peribit (Cap. 12, in Matth.).18

 

Perciò il demonio tanto si affatica co' peccatori, acciocché dopo aver perduta la divina grazia perdano ancora la divozione a Maria. - Sara vedendo Isacco trastullarsi con Ismaele che gl'inseriva mali costumi, disse ad Abramo che lo discacciasse; ma discacciasse ancora la sua madre Agar: Eiice ancillam hanc et filium eius (Gen. XXI, 10). Non fu contenta che uscisse di casa solamente il figlio, se non si licenziasse anche la madre; pensando che altrimenti il figlio, col venire a veder la madre, anche avrebbe durato a praticare in casa. Così il demonio non è contento in vedere che un'anima discacci da sé Gesù Cristo, se non ne discaccia anche la Madre. Eiice ancillam hanc et filium eius. Altrimenti teme che la Madre riconduca di nuovo in esso il Figlio colla sua intercessione. E teme con ragione, mentre dice il dotto P. Paciucchelli che chi è fedele in ossequiare la Madre di Dio, presto lo riceverà per mezzo di Maria: Qui Dei Genitrici perseveranter obsequitur, non multa mora et Deum ipsum in se recipiet (In Salv. Reg., Exc. 5).19 Onde con ragione da S. Efrem la divozione alla Madonna ben era chiamata Charta libertatis (Or. de laud. Virg.):20 il salvacondotto per non esser rilegato all'inferno. E la divina Madre era dallo stesso nominata Patrocinatrix damnatorum (ibid.):21 la protettrice dei dannati. E in verità se è vero, com'è certo, quel che dice S. Bernardo, che a Maria non può mancare né potenza né volontà di salvarci: Nec facultas nec voluntas illi deesse potest (Serm. de Assumpt.);22 non potenza, perché le sue preghiere è impossibile che non sieno esaudite, come asserisce sant'Antonino: Impossibile est Deiparam non exaudiri (P. 4, tit. 15, cap. 17, § 4).23 E lo stesso S. Bernardo dice che le sue dimande non possono restare mai inutili, ma ottengono quanto vogliono: Quod quaerit invenit, et frustrari non potest (Serm. de aquaed.).24 Non volontà di salvarci, poiché Maria ci è madre e più desidera ella la nostra salute, che non la desideriamo noi. Se ciò dunque è vero, come mai può succedere che un divoto di Maria si perda? Sarà egli peccatore; ma se con perseveranza e volontà di emenda si raccomanderà a questa buona Madre, sarà sua cura d'impetrargli lume per uscire dal suo cattivo stato, dolore dei suoi peccati, perseveranza nel bene e finalmente la buona morte. E qual madre mai potendo facilmente liberare un figlio dalla morte, solo con pregare il giudice della grazia, non lo farebbe? E possiamo pensare che Maria, madre la più amorosa che possa trovarsi de' suoi divoti, potendo liberare un figlio dalla morte eterna, potendolo far sì facilmente, non lo farà?

 

Ah, lettor divoto, ringraziamo il Signore, se vediamo che ci ha donato l'affetto e la confidenza verso la Regina del cielo, poiché Dio, dice S. Giovan Damasceno, non fa questa grazia se non a coloro che vuol salvi. Ecco le belle parole del santo con cui ravviva la sua e nostra speranza: O Madre di Dio, diceva, s'io metto la mia confidenza in voi sarò salvo. S'io sono sotto la vostra protezione, nulla ho a temere, perché l'essere vostro divoto è l'avere certe armi di salute, che Iddio non concede se non a coloro ch'egli vuol salvi (Serm. de Nat. B.V.).25 Onde Erasmo salutava la Vergine: Salve, inferorum formido, Christianorum spes, certa est fiducia tua (Or. ad Virg):26 Dio vi salvi, o spavento dell'inferno, o speranza de' Cristiani; la confidenza in voi ci assicura della salute.27

 

Oh quanto dispiace al demonio di veder un'anima perseverante nella divozione alla divina Madre! Si legge nella Vita del padre Alfonso Alvarez, molto divoto di Maria, che stando egli in orazione e sentendosi angustiato dalle tentazioni impure con cui l'affliggeva il demonio, il nemico gli disse: Lascia questa tua divozione a Maria, ed io lascerò di tentarti.28

 

Rivelò il Signore a S. Caterina da Siena, come si legge appresso Blosio (In Mon. spir.), ch'egli per sua bontà avea conceduto a Maria, per riguardo del suo Unigenito di cui è Madre, che niuno anche peccatore, che a lei divotamente si raccomanda, sia preda dell'inferno: Mariae Filii mei Genitrici a bonitate mea concessum est propter incarnati Verbi reverentiam, ut quicumque etiam peccator ad eam cum devota veneratione recurrit, nullo modo rapiatur a daemone infernali.29 Anche il profeta Davide pregava di essere liberato dall'inferno per l'amore ch'egli portava all'onor di Maria: Domine, dilexi decorem domus tuae... ne perdas cum impiis... animam meam (Ps. XXV, [8, 9]). Dice Domus tuae, perché Maria fu già quella casa che Dio stesso si fabbricò in questa terra per sua abitazione e per ritrovarvi il suo riposo, facendosi uomo, come sta registrato ne' Proverbi: Sapientia aedificavit sibi donum (Prov. IX, 1). No che certamente non si perderà, dicea S. Ignazio martire, chi attenderà ad esser divoto di questa Vergine madre: Numquam peribit qui Genitrici Virgini devotus sedulusque exstiterit.30 E S. Bonaventura lo conferma dicendo: Signora, i vostri amanti godono gran pace in questa vita, e nell'altra non vedranno la morte in eterno: Pax multa diligentibus te, Domina; anima eorum non videbit mortem in aeternum (In Ps. 118).31 Non si è dato né si darà mai questo caso - ci assicura il divoto Blosio - che un servo umile ed attento di Maria si perda eternamente: Fieri non potest ut pereat qui Mariae sedulus et humilis cultor exstiterit (In Can. vit. spir., cap. 18).32

 

Oh quanti sarebbero stati eternamente dannati o restati ostinati, se Maria non si fosse interposta col Figlio, acciocché usasse loro misericordia! Così dice Tommaso da Kempis: Quanti fuissent aeternaliter condemnati vel permansissent in desperatione obstinati, nisi beatissima Virgo Maria interpellasset ad Filium (V. ap. Pep., lez., tom. 7).33 Ed è sentimento di molti Teologi, e specialmente di S. Tommaso, che a molte persone anche morte in peccato mortale la divina Madre abbia ottenuto da Dio il sospendersi la sentenza e ritornare in vita a far penitenza.34 Di ciò se ne portano da gravi autori molti esempi. Fra gli altri da Flodoardo, che visse circa il nono secolo, nella sua Cronaca (Ap. Cras., to. 1, qu. 12) si narra di un certo diacono Adelmano, ch'essendo già creduto morto, mentre si stava per seppellirlo rinvenne in vita e disse di aver veduto il luogo dell'inferno dov'era stato già condannato; ma che per le preghiere della B. Vergine era stato rimandato al mondo a far penitenza.35 Il Surio parimente riferisce nel lib. 1, al c. 35, che un cittadino romano chiamato Andrea era già morto impenitente, e che Maria gli aveva ottenuto di ritornare in vita per poter essere perdonato.36 Di più racconta Pelbarto (Stellar. Cor. B.V., l. 2, p. 2, a. 1) che a' tempi suoi, mentre l'imperador Sigismondo viaggiava col suo esercito per l'Alpi, s'intese da un cadavere, in cui erano rimaste le sole ossa, una voce che cercava confessione, dicendo che la Madre di Dio, di cui era stato divoto mentre era stato soldato, gli avea impetrato di vivere in quelle ossa fin che si confessasse; e confessatosi morì.37 - Questi ed altri esempi non già debbono servire per animare qualche temerario che volesse vivere in peccato, colla speranza che Maria lo libererà dall'inferno, ancorché muoia in peccato; poiché conforme sarebbe gran pazzia il gittarsi in un pozzo colla speranza che Maria lo preservasse dalla morte, perché la Vergine ne ha preservato alcuno in qualche caso; così maggior pazzia sarebbe l'arrischiare di morire in peccato, colla presunzione che la S. Vergine lo preservasse dall'inferno. Ma servano questi esempi a ravvivare la nostra confidenza, pensando che se l'intercessione di questa divina Madre ha potuto liberar dall'inferno anche coloro che sono morti in peccato, quanto maggiormente potrà impedire dal cader nell'inferno coloro che in vita ricorrono a lei con intenzione di emendarsi, e fedelmente la servono.

 

Dunque, o Madre nostra, diciamole con S. Germano, che ne sarà di noi che siamo peccatori, ma vogliamo emendarci e ricorriamo a voi che siete la vita de' Cristiani? Quid autem de nobis fiet, o sanctissima Virgo, o vita Christianorum? (De Zona Virg.).38 Noi, Signora, udiamo S. Anselmo che dice di voi: Aeternum vae non sentiet ille pro quo semel oraverit Maria.39 Dice che non si dannerà quello per cui una sola volta voi impegnerete le vostre preghiere. Pregate dunque per noi, e saremo salvi dall'inferno. Chi mai mi dirà che allorch'io sarò presentato al divin tribunale, non avrò favorevole il giudice, se nella mia causa avrò voi a difendermi, o Madre di misericordia? Si accedam ad iudicium, et Matrem misericordiae in causa habeo mecum, quis iudicium denegabit propitium? dice Riccardo di S. Vittore (In Cant., c. 15).40 Il B. Errico Susone si protestava d'aver egli posta l'anima sua in mano di Maria, e dicea che se 'l giudice avesse voluto condannarlo, volea che la sentenza per mano di Maria fosse passata: Si iudex servum suum damnare voluerit, per manus tuas piissimas, o Maria, hoc faciat (Hor. Sap., l. 1, c. 16).41 Sperando egli che giungendo la condanna in quelle pietose mani della Vergine, ne sarebbe certamente impedita l'esecuzione. Lo stesso dico e spero per me, o mia santissima Regina. Onde voglio sempre replicarvi con S. Bonaventura: In te, Domina, speravi, non confundar in aeternum (In Psalt. Mar.).42 Signora, io in voi ho poste tutte le mie speranze: spero perciò sicuramente di non vedermi perduto, ma salvo in cielo a lodarvi ed amarvi in eterno.

 

Esempio.

 

Nell'anno 1604 in una città della Fiandra vi stavano due giovani studenti, i quali in vece d'attendere alle lettere, non attendevano ad altro che a crapule e disonestà. Una notte fra l'altre, essendo stati essi a peccare in casa di una mala donna, uno di loro chiamato Riccardo dopo qualche tempo si ritirò in casa, l'altro restò. Giunto in casa Riccardo, mentre si spogliava per riposarsi, si ricordò di non avere recitate in quel giorno certe Ave Maria alla S. Vergine, come solea. Stando aggravato dal sonno, gli rincresceva; nulladimeno si fece forza e recitolle, benché senza divozione e mezzo dormendo. Indi postosi a dormire e stando al primo sonno, sentì fortemente bussar la porta, ed immediatamente dopo, senza aprire la porta, si vide avanti quel suo compagno, ma tutto brutto ed orrido. - Chi sei? gli disse. - E non mi conosci? quell'altro rispose. - Ma come sei mutato così? tu sembri un demonio. - Ah povero me! quell'infelice esclamò, io son dannato. - E come? - Sappi, disse, che in uscire da quella casa infame, venne un demonio e mi soffocò. Il mio corpo è restato in mezzo alla strada e l'anima sta all'inferno. Sappi, poi gli soggiunge, che lo stesso castigo mio toccava anche a te, ma la B. Vergine per quel piccolo ossequio delle Ave Maria te ne ha liberato. Felice te se ti saprai prevalere di questo avviso, che ti manda per me la Madre di Dio! Ciò detto, il dannato si slargò la cappa e gli fece vedere le fiamme ed i serpenti che tormentavanlo, e disparve. Allora il giovane dando in pianto dirotto si gettò colla faccia per terra per ringraziare la sua liberatrice Maria; e mentre va pensando a mutar vita, ecco sente sonar il mattutino del monastero de' Francescani. Allora disse: Qui mi chiama Dio a far penitenza. Andò subito a quell'ora al convento a pregare que' padri che lo ricevessero. Quelli facevano ripugnanza, sapendo la sua mala vita; ma egli loro narrò tutto il fatto piangendo dirottamente; ed essendo andati due padri a quella strada, trovarono in verità il cadavere del compagno affogato e nero come un carbone; e lo riceverono. Riccardo indi si diede ad una vita esemplare. Andò nell'Indie poi a predicare la fede; di là passò al Giappone, e finalmente ivi ebbe la sorte e la grazia di morire martire per Gesù Cristo, bruciato vivo. (Appres. il P. Alf. Andrada, de Bapt. Virg.).43

 

 

Preghiera.

 

O Maria, o madre mia carissima, ed in qual altro abisso di mali io mi troverei, se voi colla vostra pietosa mano non me ne aveste tante volte preservato? Anzi da quanti anni io sarei già nell'inferno, se voi colle vostre potenti preghiere non me ne aveste liberato? I miei gravi peccati ivi mi cacciavano: la divina giustizia ivi già mi avea condannato: i demoni fremevano cercando d'eseguir la sentenza. Voi accorreste, o Madre, non pregata neppure né chiamata da me, e mi salvaste. O mia cara liberatrice, che mai io vi renderò per tanta grazia e per tanto amore? Voi vinceste poi la durezza del mio cuore e mi tiraste ad amarvi ed a prendere in voi confidenza. Ed oh in quale abisso di mali io dopo sarei caduto, se voi colla vostra pietosa mano non mi aveste tante volte aiutato ne' pericoli in cui sono stato in procinto di cadere. Seguite, o speranza mia, o vita mia, madre mia cara più della vita mia, seguite a salvarmi dall'inferno e prima da' peccati, in cui posso tornare a cadere.

 

Non permettete ch'io v'abbia a maledire nell'inferno. Signora mia diletta, io v'amo. Come la vostra bontà potrà soffrire di veder dannato un vostro servo che v'ama? Deh ottenetemi di non essere più ingrato a voi e al mio Dio, che per amor vostro tante grazie mi ha dispensato. O Maria, che mi dite? io mi dannerò? mi dannerò se vi lascio. Ma chi si fiderà più di lasciarvi? chi potrà scordarsi più dell'amore che mi avete portato? Voi dopo Dio siete l'amore dell'anima mia. Io non mi fido44 di vivere più senza amarvi. Io vi voglio bene, io vi amo, e spero che sempre v'amerò nel tempo e nell'eternità, o creatura la più bella, la più santa, la più dolce, la più amabile che sia nel mondo. Amen.

 

 

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NOTE

 

1 “Constantissima... apud Christifideles opinio est, diuturno probata experimento, quotquot eadem Virgine utantur Patrona, eos haud esse in aeternum perituros.” BENEDICTUS PP. XV, Litterae Apostolicae, die 22 martii 1918. - Acta Apostolicae Sedis, Ann. X, Vol. X, num 5 (1 maii 1918), pag. 182.

 

2 J. CRASSET, S. I., La véritable dévotion envers la Sainte Vierge établie et défendue, partie 1, traité 1, question 7.

 

3 Christophorum de VEGA, S. I., Theologia Mariana, Palestra 29, Certamen 5, n. 1732-1734. Neapoli, 1866, II, pag. 408-410.

 

4 Franciscus de MENDOZA, S. I., Viridarium sacrae ac profanae eruditionis, lib. 2, problema 9. Lugduni, 1635, pag. 40.

 

5 “Sicut enim, o beatissima, omnis a te aversus et a te despectus necesse est ut intereat, ita omnis a (leggi: ad) te conversus et a te respectus impossibile est ut pereat.” S. ANSELMUS, Oratio 52 (al. 51). ML 158-956.

 

6 “Ut enim, dicit Anselmus, impossibile est quod illi a quibus Virgo Maria oculos misericordiae suae avertit, salventur; ita necessarium quod hi ad quos convertit oculos suos, pro eis advocans, iustificentur et glorificentur.” S. ANTONINUS, O. P., Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 14, § 7. Veronae, 1740, IV, col. 1007; Venetiis, 1581, IV, fol. 317, col. 2.

 

7 “Item ipsa est Domus maiestatis totius Trinitatis. Is. LX, 7: Offerentur, scilicet omnes fideles qui per manum Christi sacerdotis volunt recipi et Patri praesentari, super placabili altari meo, id est Maria, matre mea; et domum maiestatis meae, quam tota Trinitas possedit et implevit, glorificabo in caelis, coram angelis et sanctis Dei. Unde sequitur (Is. LX, 12): Gens enim et regnum quod non servierit tibi, o Mater mea, peribit. Glossa: in die iudicii. Quasi dicat: Ergo, qui servierint ei, non peribunt.” Biblia Mariana, Isaias Propheta, n. 20. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 22 (di questo opuscolo, verso la fine del volume), col. 2; Parisiis, XXXVII, 411, col. 1.

 

8 Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 116. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugd. (1668), VI, 487, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

9 Id. op., Ps. 86, pag. 485, col. 1.

 

10 Id. op., Ps. 99, pag. 486, col. 1.

 

11 Didacus de CELADA, S. I., Iudith illustris perpetuo commentario litterali et morali: Tractatus appendix de Iudith figurata, id est de Virginis Deiparae laudibus: § 14 (in Iudith XI, 8), n. 69, Venetiis, 1638, pag. 690, col. 1: “S. Martyr Ignatius: “Impossibile, inquit, est aliquem salvari peccatorum, nisi per tuum, o Virgo, auxilium et favorem: quia quos non salvat Dei iustitia, salvat sua intercessione Mariae misericordia infinita.” - Queste parole non s'incontrano presso S. Ignazio Martire, neppure nelle Epistolae supposititiae.

 

12 Dubitano.

 

13 Il P. Crasset attribuisce a S. Gio. Grisostomo, non già quelle parole, ma questa sentenza, “che la Vergine ha tratto dall'inferno una infinità di persone... preservandole dalla dannazione eterna, perché ottiene ad una infinità di peccatori la grazia di penitenza...” Dopo riferite le parole di S. Bernardo, di S. Germano e di S. Cirillo, aggiunge: “S. Giangrisostomo, S. Fulgenzio, S. Anselmo, e gli altri Padri comunemente le attribuiscono (a Maria) questa podestà.” La vera divozione verso Maria Vergine, parte 1, tratt. 1, qu. 12: Venezia, 1762, pag. 198. - Per quel che riguarda S. Gio. Grisostomo si appoggia forse il Crasset su quel “Sermo S. Ioannis Chrysostomi, apud Metaphrasten”, da cui vengono prese le Lezioni del secondo Notturno nel Commune Festorum B. M. V.; e specialmente sulla Lectio VI: “... Assidue pro nobis precare Iesum Filium tuum... ut per te misericordiam invenire in die iudicii... possimus.”

 

14 “Saepe, quos iustitia Filii potest damnare, Matris misericordia liberat.” RAYMUNDUS IORDANUS, dictus Idiota, Abbas Cellensis, O. S. Aug., Contemplationes de B. V., Prooemium: Summa aurea, IV, 851.

 

15 “In mari mundi submergentur omnes illi quos non suscepit navis ista et quos non sublevat a naufragio peccatorum.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 11, cap. 8, n. 1. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 316, col. 1; Paris., XXXVI, 579.

 

16 “Numquam de me, ut in Domino confido, audiatur quod averser eam, erga quam minus bene affici reprobatae mentis certum existimem indicium.” OECOLAMPADIUS, De laudando in Maria Deo sermo. Augustae, in officina Sigismundi Grimm Medici et Marci Wyrsung, 1521, fol. B. II.

 

17 “Qui autem praestat in obsequio tuo, procul fiat a perditione.” Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 118. Inter Op. S. Bonav., Rom., Mogunt., Lugd. (1668), VI, 488, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

18 PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 3 in Ps. 86, n. 9. Venetiis, 1720, pag. 16, col. 1: “Audi quid sentiat Hilarius: “Quantumcumque quis fuerit peccator, si Mariae, ut debet, devotus exstiterit, poenitentiam agendo, numquam in aeternum peribit.” Nota marginale: “D. Hilar. cap. 12 in Matth.” - Ora, nel suo Commentario in Matth., cap. 12, n. 24, ML 9-993, sui versi 47-50 Matt. XII: Ecce mater tua et fratres tui foris stant, etc., dice soltanto S. Ilario: “Ceterum non fastidiose de matre sua sensisse existimandus est, cui in Passione positus maximae sollicitudinis tribuerit affectum (Io. XIX, 26, 27).”

 

19 “Qui Dei Genitrici sedulo et perseveranter obsequitur, non multa temporis mora, et Deum ipsum in se recipiet. Ubi enim adest Mater, Filius non potest abesse.” PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 5 in Salve Regina, n. 8. Venetiis, 1720, p. 603, col. 2.

 

20 S. EPHRAEM, De SS. Dei Genitricis Mariae laudibus, Opera, VI, Opera graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 575, col. 1: “Charta divinissima.” - Ibid., 575, col. 2.: “Tu captivorum redemptio atqe liberatio.” - Ibid., 576, col. 2: “Ave, iucunda libertas.” - Orationes ad Deiparam, ibid., pag. 525: “Tu... captivitatis liberatio;” pag. 529: “Liber divina manu scriptus, per quem Adami chirographum scissum est;” ibid.: “Captivitatis liberatio;” pag. 531: “Mea libertas;” pag. 534: “Gaude, ipsius Testamenti sigillum;” pag. 535: “Vinculorum solutio;” pag. 544: “Esto... liberatio;” ibid.: “Vinculorum meorum solutio;” pag. 546: “Tu... pretium redemptionis captivorum;” ecc.

 

21 Non abbiamo trovato questa espressione presso S. Efrem. - S. GERMANUS, Patriarcha CP., In dormitionem SS. Deiparae, sermo 2, MG 98-358: “(Quis enim te admirationi non habeat)... damnatorum commendationem, maedictorum benedictionem?”

 

22 “Ascendens ergo in altum Virgo beata, dabit ipsa quoque dona hominibus. Quidni daret? Siquidem nec facultas ei deesse poterit, nec voluntas.” S. BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo 1, n. 2. ML 183-415.

 

23 “Oratio eius (nelle nozze di Cana) erat nobilissimus modus orandi, tum quia habebat rationem iussionis et imperii, tum quia impossibile erat eam non exaudiri, iuxta illud quod in figura eius dixit Salomon matri suae Bersabeae, quum aliquid petere vellet: Pete, inquit, mater mea: neque enim fas est ut avertam faciem tuam (III Reg. II, 20).” S. ANTONINUS, Summa Theol., pars 4, tit. 15, cap. 17, § 4. Veronae, 1740, IV, col. 1029; Venetiis, 1581, IV, 324, col. 2.

 

24 S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 8. ML 183-442.

 

25 Queste parole del Damasceno, le riferisce pure il Crasset: La vera divozione verso Maria Vergine, parte 1, trattato 1, questione 6, seconda prova, Venezia, 1762, pag. 95. Non sembra però che S. Alfonso le abbia prese dal Crasset, mentre indicano fonti diverse: Crasset, De dormitione Deiparae; S. Alfonso, De Nativitate. - Si noti che, alla fine del Carmen in festum Annuntiationis Beatissimae Dei Genitricis, del Damasceno, MG 96-851, manca la consueta strofa in onore di Maria SS.; e pur si ritrova nell'edizione antica delle Opere del Damasceno - Parisiis, 1575, cura Iacobi Billii - ed è questa: “Invituperabilem, Deipara, spem tuam habens, servabor (cioè salvus ero), defensionem tuam possidens, per quam, o pura, non timebo: persequar inimicos meos et in fugam convertam, solam habens ut thoracem protectionem tuam et omnipotens auxilium tuum; et deprecor, clamans tibi: Domina, salva me intercessionibus tuis, et eleva me e tenebroso somno ad tuam glorificationem potentia ex te incarnati Dei.” - Sembra che a questa strofa alluda il Crasset, l. c., mentre, tra altro, dice: “Se voi mi tenete sotto la vostra protezione, nulla avrò a temere; io incalzerò i miei nemici, e li metterò in fuga.” - Anche S. Alfonso, altrove, cita in parte questa medesima strofa, attribuendola però (vedi il nostro vol. XV, pag. 311, nota 12) al suo vero autore, figlio adottivo del padre del Damasceno, Cosma di Gerusalemme: Hymmus VI, pro magna quinta feria, MG 98-482.

 

26 “Quo maior est tua praecellentia, hoc certior est nostra fiducia... Salve... inferorum formido, Christianorum spes et solatium!” ERASMUS Desiderius, Roterodamus, Paean Virgini Matri dicendus - Opera, Lugduni Batavorum, 1704, col. 1229, 1232.

 

27 Nelle ediz. precedenti al 1776 si ha: “la confidenza in voi assicura della salute.”

 

28 Ven. P. LODOVICO DA PONTE, S. I., Vita del Ven. P. Baldassarre Alvarez, S. I., Roma, 1692, cap. 26, pag. 239: “Nella qual divozione (a Maria) s'inoltrava in guisa, e con tanto fervore, che l'infernal dragone, arrabbiato di vederlo sì divoto, pose ogni sforzo affine di precipitarlo, procurando con tentazioni terribili di staccarlo dal tratto ch'aveva con Dio Signor nostro e colla sua Madre Santissima. E stando il Padre Baldassarre in orazione, avvertitosi di queste macchine, sentì dapoi apertamente dirsi dal demonio: “Finiscila tu, che io la finirò, purché intralasci questa tua divozione che hai verso questa donna che chiaman Maria.”

 

29 “Deus Pater virgini Catharinae dixit: “Mariae, unigeniti Filii mei gloriosae Genitrici a bonitate mea concessum est, propter incarnati Verbi reverentiam, ut quicumque etiam peccator ad eam cum devota veneratione recurrit, nullo modo diripiatur a daemone infernali.” BLOSIUS, Abbas Laetiensis, Conclave animae fidelis, pars 2 sive Monile spirituale, cap. 1, n. 16. - Opera, Antverpiae, 1632, pag. 590, col. 1. - “(Alla dolcissima Madre Maria dell'Unigenito mio Figliuolo) è dato questo, per reverentia del Verbo, dalla mia bontà: cioè che qualunque sarà colui, o giusto o peccatore, che l'abbi in debita reverentia, non sarà tolto né devorato dal Dimonio infernale.” S. CATERINA DA SIENA, Il Dialogo, Trattato della divina Provvidenza, cap. 139. - Opere, IV, Siena, 1707, pag. 251.

 

30 Così riferisce Lohner, Bibliotheca Concionatoria, v. Hyperdulia Mariana, § 3, n. 72, (ex Miechoviensi). Così pure altri. L'errore è manifesto.

 

31 Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 67. Inter Opera S. Bonaventurae, Rom., etc. VI, 483, col. 2.

 

32 “Fieri non potest ut pereat, qui Mariae sedulus et humilis cultor fuerit.” Lud. BLOSIUS, Abbas Laetiensis, Paradisus animae fidelis, pars 1 sive Canon vitae spiritualis, cap. 18, n. 3. Opera, Antverpiae, 1632, pag. 18, col. 2.

 

33 “Quot fuissent aeternaliter condemnati, vel in desperatione permansissent obstinati, nisi benignissima Virgo Maria pro eis interpellasset ad Filium!” THOMAS A KEMPIS, Sermones ad Novitios, pars 3, sermo 4, n. 2. Opera, Coloniae Agrippinae et Coloniae Allobrogum, 1759, I, pag. 84, col. 1. - Editio nova Pohle, Ad Novitios sermo 23, VI, 220.

 

34 “De omnibus talibus enim similiter dici oportet, quod non erant in inferno finaliter deputati, sed secundum praesentem propriorum meritorum iustitiam: secundum autem superiores causas, quibus praevidebantur ad vitam revocandi, erat aliter de eis disponendum... Nec tamen oportet quod hoc fiat communiter per suffragia, quia alia sunt quae lege communi accidunt, et alia quae singulariter ex privilegio aliquibus conceduntur.” S. THOMAS, Sum. Theol., Supplementum partis tertiae, qu. 71, art. 5, ad 5. - Vedi Appendice, 9.

 

35 FLODOARDUS, canonicus Remensis, Annales, ann. 934. ML 135-446. - Vedi Appendice, 9.

 

36 SURIUS, De probatis Sanctorum historiis, 4 dec., Vita S. Annonis, Archiepiscopi Coloniensis, lib. 1, cap. 35. Coloniae Agrippinae, 1581, VI, pag. 802, 803. - Vedi Appendice, 9.

 

37 PELBARTUS de Themeswar, Ord. Min., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 2, pars 2, art. 1. Venetiis, 1586, fol. 217, col. 1, 2. - Vedi Appendice, 9.

 

38 “Ne tua nos opitulatione destitutos reliqueris. Si enim abs te relicti fuerimus, quo vero etiam confugiemus? Quid autem etiam nobis fiet, o sanctissima Dei Genitrix, quae Christianorum spiritus ac flatus exsistis?” S. GERMANUS, Patriarcha CP., Oratio in Encaenia aedis SS. Deiparae, in fascias Domini et in zonam Deiparae. MG 98-378.

 

39 Queste parole, quasi testualmente, si leggono, non già presso S. Anselmo, ma presso il suo coetaneo GOFFRIDUS, Abbas Vindocinensis (Vendôme), S. Priscae Cardinalis, Sermo 8, In omni festivitate B. M. Matris Domini, ML 157-208: “Beata autem Maria, mater virgo, et sponsa intacta, ibi (cioè in extremo iudicio) piissima apud piissimum Filium suum obtinebit ut nemo illorum pereat, pro quibus vel semel oraverit.”

 

40 “Si iustificare me voluero, iudex sit et condemnet me; si miserum confiteor, impendat misericordiam. Si talis accedam ad iudicium, et matrem misericordiae in causa mea habuero mecum, quis iudicem denegabit propitium?” RICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Canticorum, cap. 39. ML 196-518.

 

41 “Tu spes mea, turris mea, in qua finem totius salutis meae constitui. Si, quod absit, iudex iratus servum tuum peccati reum damnare voluerit, per manus tuas piissimas hoc faciat! Si autem ex gratia salvare decreverit, te mediante salutem mihi mittere dignetur! Ego a te neque vivus, neque mortuus, nec in prosperis, nec in adversis umquam volo separari.” B. HENRICUS SUSO, O. P., Horologium Sapientae, lib. 1, cap. 16. Edidit Carolus Richstätter, S. I. Taurini, 1929, pag. 166.

 

42 Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 30. Inter Op. S. Bonav., Romae, etc., VI, 480. - Vedi Appendice, 2.

 

43 Riccardo è il nome, non già di uno di quei due giovani scapestrati, i quali attendevano o fingevano di attendere agli studi accademici, ma di un altro giovane, Riccardo Trouve - poi Riccardo di S. Anna - nato in Ham-sur-Heure (ora della diocesi di Tournai) nel 1585, e mandato a Bruxelles dai genitori a fare il sarto. Questi, come narra il Van Lyere (Trisagion Marianum, pag. 471), fu “horum omnium oculatus testis atque eisdem permotus ad praedictum Ordinem (Fratrum Minorum) suscipiendum.” Egli stesso narrò tutto l'accaduto al P. Alfonso de Andrada, S. I., il quale lo riferì nei suoi Discursos del bautismo de Nuestra Señora, Madrid, 1639. Il fatto avvenne in Bruxelles nel 1604. Riccardo si presentò, senza indugio, al convento di Bastogne, e accettato, fece il noviziato e la professione, come fratello laico, in quello di Nivelles, ai 13 di aprile 1605. Mandato a Roma, poi in Ispagna, quindi nelle Filippine, venne, per le sue belle doti, applicato agli studi, ordinato sacerdote - in età, dicono gli Annales Minorum, di 22 anni - e destinato alle missioni del Giappone. Finalmente, secondo la profezia ispiratagli da Dio fin dai più teneri anni e spesso reiterata da lui, morì martire, bruciato vivo, in Nangasaki, ai 10 di Settembre 1622. Fu beatificato nel 1867. - Del giovane convertito, non sappiamo altro se non che, fattosi anch'egli francescano, fu modello di penitenza e di divozione a Maria SS. - Hadrianus LYRAEUS (Van Lyere), S. I., Trisagion Marianum, lib. 3, Antverpiae, 1648, pag. 469-471, immediatamente prima della Conclusione dell'opera. - Annales Minorum, XXV, ann. 1622, num. 16-26, pag. 481-486. - Leggendario Francescano, 10 settembre.

 

44 Non ho forza.


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13/09/2009 10:37

§ 2. - Maria soccorre i suoi divoti nel purgatorio.

 

Troppo felici sono i divoti di questa pietosissima Madre, poiché non solo in questa terra sono da lei soccorsi, ma anche nel purgatorio son dalla sua protezione assistiti e consolati. Anzi essendo quelle anime più bisognose di sollievo, mentre ivi son più tormentate, né possono aiutarsi da loro stesse, molto più ivi questa Madre di misericordia s'impiega in soccorrerle. Dice S. Bernardino da Siena che in quella carcere d'anime spose di Gesù Cristo, Maria ha un certo dominio e plenipotenza, così per sollevarle come anche per liberarle da quelle pene: B. Virgo in regno purgatorii dominium habet (Serm. 3, de Nom. Mar., a. 2, c. 3).1

 

Ed in quanto per prima al sollevarle, lo stesso santo applicando quelle parole dell'Ecclesiastico: In fluctibus maris ambulavi (cap. 24),2 soggiunge: Scilicet visitans et subveniens necessitatibus et tormentis devotorum meorum, quia filii sunt (S. Bern. Sen., loc. cit.).3 Dice S. Bernardino che le pene del purgatorio si chiamano flutti, perché sono transitorie, a differenza delle pene dell'inferno che non passano mai. E si chiaman flutti del mare, perché son pene molto amare. Da queste pene afflitti i divoti di Maria sono spesso da lei visitati e sovvenuti. Ecco dunque quanto importa, dice il Novarino, l'esser servo di questa buona Signora; poich'ella non sa di loro scordarsi, allorché patiscono in quelle fiamme. E benché Maria soccorra tutte quell'anime purganti, nulladimanco sempre ottiene più indulgenze e sollievi a' suoi divoti: Vide quam referat Virginem colere, cum cultorum suorum in purgatorii flammis exsistentium non obliviscatur. Et licet omnibus opem et refrigerium ferat, id tamen praecipue erga suos praestat (Nov., Virg. Umb., c. 15, Exc. 86).4

 

Rivelò questa divina Madre a S. Brigida e le disse: Io son la madre di tutte l'anime che stanno in purgatorio, mentre tutte le pene ch'esse meritano per le colpe commesse in vita, in ogni ora - mentre ivi stanno - per le mie preghiere sono in qualche modo mitigate: Ego mater omnium qui sunt in purgatorio, quia omnes poenae quae debentur illis pro peccatis suis, in qualibet hora propter preces meas quodammodo mitigantur (Lib. 4, Rev., c. 138).5 Non isdegna la pietosa Madre alle volte anche di entrare in quella santa prigione per visitare e consolare quelle afflitte sue figlie. Profundum abyssi penetravi, ella dice, come sta ne' Proverbi al capo 49, e l'applica S. Bonaventura, aggiungendo: Abyssi, idest purgatorii, adiuvans illas sanctas animas:6 Io ho penetrato il fondo di quell'abisso, cioè del purgatorio, per sollevare colla mia presenza quelle anime sante. Maria bona, disse S. Vincenzo Ferreri, exsistentibus in purgatorio; quia per eam habent suffragium (Serm. 2, de Nat.).7 Oh quanto è cortese e benigna la S. Vergine a quei che penano in purgatorio, poiché per suo mezzo essi ricevono continui conforti e refrigeri!

 

E qual'altra è la lor consolazione in quelle pene, se non Maria e 'l soccorso di questa Madre di misericordia? Intese S. Brigida un giorno così dire da Gesù alla Madre: Tu es mater mea, tu mater misericordiae, tu consolatio eorum, qui sunt in purgatorio (Lib. 1 Rev., 16).8 E la stessa B. Vergine disse a S. Brigida che conforme un povero infermo, stando afflitto ed abbandonato in un letto, si sente ricreare da qualche parola di sollievo; così quell'anime si sentono consolare in udire solamente il suo nome: Qui sunt in purgatorio gaudent, nomine meo audito, quemadmodum aeger iacens in lecto, cum audit verbum solatii (Ap. B. Dion. Cart., l. 3, de laud. V.).9 Il solo nome dunque di Maria - nome di speranza e di salute - che spesso invocano in quel carcere quelle sue figlie dilette, è per esse un gran conforto. - Ma poi, dice il Novarino, l'amorosa Madre al sentirsi da loro invocare, aggiunge le sue preghiere a Dio, da cui soccorse quelle anime, restano come da una celeste rugiada refrigerati i loro grandi ardori: Virginis nomen illarum poenarum refrigerium est. Addit Virgo preces, quibus veluti supero quodam rore cruciatus illì magni mitigantur (Nov., cit. c. 15, Exc. 86).10

 

Ma non solamente consola e sovviene Maria i suoi divoti nel purgatorio, ell'ancora gli sprigiona e libera colla sua intercessione. Sin dal giorno della sua gloriosa Assunzione, in cui si dice esser rimasto vuoto tutto quel carcere, totum purgatorium fuisse evacuatum, come scrisse Gersone;11 - e lo conferma il Novarino, dicendo rapportarsi da gravi autori che Maria stando per andare al Paradiso domandò questa grazia al Figlio, di potersi condurre seco tutte l'anime, che allora si trovavano nel purgatorio: Ferunt quippe bonae notae auctores Virginem in caelum ituram a Filio hoc petiisse, ut omnes animas, quae detinebantur in purgatorio, secum ad gloriam ducere posset (Cit. Exc. 86);12 - sin d'allora dice Gersone che la B. Vergine ebbe il possesso di tal privilegio di liberare i suoi servi da quelle pene.13 E ciò l'asserisce anche assolutamente S. Bernardino il Senese, dicendo che la B. Vergine ha questa facoltà, col pregare e coll'applicare anche i suoi meriti, di liberare quelle anime dal purgatorio, e massimamente i divoti suoi: Ab his tormentis liberat B. Virgo maxime devotos suos (Serm. 3, de Nom. Mar., a. 2, c. 3).14 E lo stesso dice il Novarino, stimando egli che per li meriti di Maria non solo si rendono più dolci le pene di quell'anime, ma benanche più brevi, raccorciandosi per sua intercessione il tempo della loro purga: Crediderim omnibus qui in flammis purgantur, Mariae meritis non solum leviores fuisse redditas illas poenas, sed et breviores; adeo ut cruciatuum tempus contractum Virginis ope illius sit (Cit. Exc. 86).15 Basta ch'ella si presenti a pregare.

 

Riferisce S. Pietro Damiano (Lib. 3, ep. 10, et in ord. 50) che una certa donna chiamata Marozia, essendo già morta, apparve ad una sua commadre e le disse che nel giorno dell'Assunzione di Maria era stata da lei liberata dal purgatorio insieme con tante altre anime, che passavano il numero del popolo romano.16 Lo stesso asserisce S. Dionisio Cartusiano delle festività della Nascita e della Risurrezione di Gesù Cristo, dicendo che in tali giorni scende Maria nel purgatorio accompagnata da schiere d'angioli, e libera molte anime da quelle pene: Beatissima Virgo singulis annis in festivitate Nativitatis Christi ad purgatorii loca cum multitudine angelorum descendit et multas inde animas eripit. Etiam in nocte Dominicae Resurrectionis solet descendere ad purgatorium pro eductione animarum (S. Dion. Cart., serm. 2, de Ass.).17 E 'l Novarino si fa a credere che ciò avvenga in qualunque festa solenne della S. Vergine: Facile autem crediderim in quocumque Virginis solemni festo plures animas ab illis poenis eximi (Nov., loc. cit.).18

 

È ben nota poi la promessa che fece Maria al Papa Giovanni XXII, a cui apparendo gli ordinò che facesse sapere a tutti coloro i quali portassero il sacro scapulare del Carmine, che nel sabbato dopo la loro morte sarebbero liberati dal purgatorio. E ciò lo stesso pontefice, come riferisce il P. Crasset (tom. 2. Div. d. B.V., tr. 6, prat. 4), lo dichiarò nella Bolla che pubblicò; che fu poi confermata da Alessandro V, da Clemente VII, Pio V, Gregorio XIII, e Paolo V, il quale nel 1612, in una Bolla disse “Che 'l popolo cristiano può piamente credere che la B. Vergine aiuterà colle sue continue intercessioni, co' suoi meriti e protezione speciale dopo la morte e principalmente nel giorno del sabbato - consagrato dalla Chiesa alla stessa Vergine - l'anime de' fratelli della confraternità di S. Maria del monte Carmelo, che saranno uscite da questa vita in grazia, ed avranno portato l'abito, osservando castità secondo il loro stato, ed avranno recitato l'Officio della Vergine: e se non han potuto recitarlo, avranno osservati i digiuni della Chiesa, astenendosi dal mangiar carne il mercoledì, eccettuato il giorno di Natale”.19 E nell'Officio solenne della festa di S. Maria del Carmine si legge credersi piamente che la S. Vergine con amor di madre consoli i confratelli del Carmine nel purgatorio, e colla sua intercessione presto li conduca nella patria celeste: Materno plane affectu, dum igne purgatorii expiantur, solari, ac in caelestem patriam obtentu suo quantocius pie creditur efferre (In fest. S. Mar. de M. Carm., 16 iul.).20

 

Le stesse grazie e favori perché non dobbiamo sperare noi ancora, se saremo divoti di questa buona Madre? E se con amore più speciale la serviremo, perché non possiamo sperare ancora la grazia di andare subito dopo morte al paradiso, senza entrare in purgatorio? secondo quel che la B. Vergine per frate Abondo21 mandò a dire al B. Godifredo (come si legge in Lib. de Gest. Vir. ill. sol. Villar.) con queste parole: “Di' a fra Godifredo che s'avanzi nelle virtù, così sarà di mio Figlio e mio; e quando l'anima sua si partirà dal corpo, non lascerò che vad'in purgatorio, ma io la prenderò e l'offerirò a mio Figlio”.22

 

E se desideriamo dar suffragio alle anime sante del purgatorio, procuriamo di pregare la S. Vergine in tutte le nostre orazioni, applicando per quelle specialmente il SS. Rosario, che apporta loro un gran sollievo, come si legge nel seguente esempio.

 

Esempio.

 

Riferisce il P. Eusebio Nieremberg (Troph. Marian., l. 4, c. 29) come nella città d'Aragona vi era una donzella chiamata Alessandra, la quale, essendo nobile e bellissima, era amata specialmente da due giovani. Questi un giorno per gelosia di Alessandra azzuffatisi con armi si uccisero insieme tutti due. I parenti degli uccisi, sdegnati andarono ed uccisero la povera donzella, come cagione di tanto danno; e le tagliarono la testa e la buttarono in un pozzo. Dopo pochi giorni passa per quel luogo S. Domenico, ed ispirato dal Signore, si affaccia a quel pozzo e dice: Alessandra, esci fuori. Ecco la testa dell'uccisa esce e si mette sopra l'orlo del pozzo e prega S. Domenico che la confessi. Il santo la confessa e poi le dà anche la comunione, a vista d'un immenso popolo ivi concorso per la maraviglia. Indi S. Domenico le impose che dicesse perché ella avea ricevuta quella grazia. Rispose Alessandra ch'ella quando le fu recisa la testa, stava in peccato mortale, ma che Maria SS., per la divozione del rosario da lei recitato, l'avea conservata in vita. Due giorni stette viva la testa su del pozzo a vista di tutti, e dopo andò l'anima in purgatorio. Ma di là a quindici giorni comparve l'anima di Alessandra a S. Domenico bella e risplendente come una stella, e gli disse che uno dei principali suffragi che hanno le anime del purgatorio in quelle pene è il rosario che si recita per esse; e che le medesime subito che giungono in paradiso, pregano per coloro che l'applicano questa potente orazione. E ciò detto, vide S. Domenico salirsene tutta giubilante quell'anima fortunata al regno de' beati.23

 

Preghiera.

 

O regina del cielo e della terra, o Madre del Signore del mondo, o Maria, creatura la più grande, la più eccelsa, la più amabile, è vero che molti sulla terra non v'amano e non vi conoscono; ma vi sono tanti milioni d'angeli e di beati in cielo che v'amano e vi lodano continuamente. Anche in questa terra quante anime felici ardono del vostro amore e vivono innamorate della vostra bontà! Ah vi amassi ancor io, Signora mia amabilissima! Oh pensassi sempre a servirvi, a lodarvi, ad onorarvi ed a procurare di vedervi amata da tutti! Voi avete innamorato un Dio, che colla vostra bellezza l'avete, per così dire, strappato dal seno dell'Eterno Padre, tirandolo in terra a farsi uomo e vostro figlio: ed io misero verme non sarò innamorato di voi? No, Madre mia dolcissima, anch'io vi voglio amare ed amare assai, e voglio far quanto posso per vedervi amata anche dagli altri. Gradite dunque, o Maria, il desiderio che ho d'amarvi, ed aiutatemi ad eseguirlo.

 

Io so che i vostri amanti son troppo di buon occhio mirati dal vostro Dio. Egli dopo la sua gloria altro più non desidera che la gloria vostra, in vedervi onorata ed amata da tutti. Da voi, Signora, io spero tutte le mie fortune. Voi mi avete da ottenere il perdono di tutti i miei peccati, voi la perseveranza; voi mi avete da assistere nella mia morte; voi mi avete da cacciare dal purgatorio; voi finalmente mi avete da condurre in paradiso. Tanto sperano da voi i vostri amanti e non restano ingannati; tanto spero ancor'io, che vi amo con tutto l'affetto e sopra ogni cosa dopo Dio.

 

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NOTE

 

1 “(Beata Virgo) in regno purgatorii dominium tenet; propterea inquit: Et in fluctibus maris ambulavi. Poena siquidem purgatorii ideo dicitur fluctus, quia transitoria est; sed additur maris, quia nimium est amara... Et ab iis tormentis liberat Beata Virgo, maxime devotos suos. Et hoc est quod ait: Et in fluctibus maris ambulavi, scilicet visitans, et subveniens necessitatibus et tormentis devotorum meorum: imo et omnium qui ibi exsistunt, quia filii eius sunt, quum sint filii gratiae, et in gratia confirmati atque de gloria certificati.” S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Imm. V. M., sermo 3, De glorioso nomine V. M., art. 2, cap. 3. Venetiis, 1745, IV, 80, col. 2; 1591 (1601), III, 89, col. 2.

 

2 Eccli. XXIV, 8.

 

3 Vedi sopra, nota 1.

 

4 “Vides quantum referat hic Virginem colere ac venerari, cum cultorum suorum in purgatoriis fiammis exsistentium non obliviscatur; et licet omnibus opem ac refrigerium ferat, id tamen praecipue erga suos praestat.” Aloysius NOVARINUS, Cler. Reg., Electa sacra, II, Umbra virginea, cap. 15, excursus 86, n. 784. Venetiis, 1632, p. 333, col. 2.

 

5 “Sum etiam Mater omnium qui sunt in purgatorio, quia omnes poenae quae debentur purgandis pro peccatis suis, in qualibet hora propter preces meas quodammodo mitigantur. Ita placet Deo, ut aliquae ex his poenis, quae debentur eis de rigore divinae iustitiae, minuantur.” Revelationes S. BIRGITTAE, olim a Card. Turrecremata (Torquemada) recognitae, lib. 4, cap. 138. Coloniae Agrippinae, 1628, p. 298, col. 1.

 

6 Profundum abyssi penetravi. Eccli. XXIV, 8. - L'applicazione di questo testo non si è trovata presso S. Bonaventura.

 

7 “Septima clausula est, Et vidit Deus lucem quod esset bona. Ecce nativitas virginis Mariae... Nam bona erat angelis...; bona hominibus...; bona peccatoribus...; bona iustis...; bona sanctis Patribus...; bona animabus de purgatorio, quia per eam habent suffragium; bona navigantibus...; bona laborantibus in terra...” S. VINCENTIUS FERRERIUS, Sermones de Sanctis, sermo 2 de Nativ. B. M. V., n. 7. Coloniae Agrippinae, 1676, pag. 469.

 

8 “Et Filius ait: “Tu es mater mea. Tu regina caeli. Tu mater misericordiae. Tu consolatio eorum qui sunt in purgatorio. Tu laetitia eorum qui peregrinantur in mundo. Tu es Domina angelorum. Tu cum Deo excellentissima. Tu es etiam Princeps super diabolum.” Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 1, cap. 16. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 22, col. 1.

 

9 “(Verba Reginae caeli). Filius meus quantum etiam honoravit nomen meum, audi. Nomen meum est Maria, sicut legitur in Evangelio. Hoc nomen cum Angeli audiunt, gaudent... Ille qui in purgatorio sunt ultra modum gaudent, tamquam aeger in lecto iacens, si audierit ab aliquibus verbum solatii, et quod ei placet in animo, quod statim exsultat.” Id. op., lib. 1, cap. 9, pag. 11, col. 2. - DIONYSIUS CARTUSIANUS, Opera, XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 3, art. 30, pag. 146, col. 2.

 

10 “Virginis nomen illarum poenarum refrigerium est; addit eadem Virgo preces, quibus, veluti supero quodam rore, cruciatus illi magni mitigantur. Sub Spiritus Sancti umbra Mater omnium facta Maria est, sed earum praecipue animarum quae purgatorias sustinent flammas; et facile crediderim qualibet hora fiammas illas Mariae precibus mitigari, leviores lenioresque reddi.” Al. NOVARINUS, Cl. Reg., Electa Sacra, II, Umbra Virginea, cap. 15, excursus 86, n. 785. Venetiis, 1632, pag. 333, col. 2.

 

11 “Admirari potius oportebat daemones et pavescere quasi quaerentes inter se: Quae est quae ascendit per desertum quasi aurora consurgens (Cant. III, 6), quae nobis est umbra mortis, et terribilis ut castrorum acies ordinata (Cant. VI, 3)? - Non est quidem incredibile Christum fuisse (sembra che voglia dire il Gersone: Christum fuisse qui sic exclamaret: Quae est ista...) cuius currus erat decem millibus multiplex (Ps. LXVII, 18) per Angelos ducens secum multam ex purgatorio captivitatem, ob honorem novae coronationis ipsius quae Regina misericordiae, et Domina gratiae, et Mater misericordiae, sub cuius imperio sunt omnia iura regnorum, ut in suo nomine flectatur omne genu caelestium, terrestrium et infernorum (Phil. II, 10), quamvis aliter ad Filium benedictum, qui tamen subditus dignatus est esse illi.” IO. GERSONIUS, Collectorium super “Magnificat”, tractatus 4 (versus finem). Opera, IV, Antverpiae, 1706, col. 287.

 

12 “Ferunt quippe bonae notae auctores, Virginem morituram in caelumque ituram a Filio hoc petiisse, ut omnes animas, quae in Purgatorio detinebantur, secum ad gloriam ducere posset, quod ipsam obtinuisse dubium non est.” Al. NOVARINUS, l. c. (nota 10), n. 786, pag. 334, col. 1. - Aggiunge il Novarino: “Illud hic addiderim, non ea tantum vice qua assumpta in caelum est, animarum liberationem obtinuisse, sed quotiescumque haec eadem solemnitas singulis vertentibus annis celebratur; adeo ut in eiusdem Virginis gratiam maximus numerus animarum, quae purgatoriis crucitibus torquentur, ab illis poenis liberentur.”

 

13 Dalle parole riferite nella nota 11, e molto più chiaramente dal contesto, apparisce che Gersone intende parlare, non solo di quello che succedette nell'incoronazione di Maria, ma del suo attuale e permanente privilegio di Regina e Madre di misericordia: Regina che può, Madre che vuole venire in aiuto dei suoi servi e figli. - Vedi, l. c., col. 285, da quelle parole: “Vellem comparares beatitudinem Mariae, qua nunc fruitur...”, col. 286, 287.

 

14 Vedi sopra, nota 1.

 

15 “Crediderim etiam, et facile Virginis cultor suum quoque calculum adiiciet, omnibus qui in purgatricibus illis flammis suas maculas purgarunt, Mariae meritis non solum leviores fuisse redditas illas poenas... sed et breviores contractioresque, adeo ut cruciatuum tempus contractum Virgini ope illis sit, quod alioquin longius porrigi debuerat.” Al. NOVARINUS, l. c. (nota 10), n. 787, p. 335, col. 1.

 

16 “Religiosus plane presbyter Ioannes rem mihi retulit ante paucos annos Romae contigisse, quam narro. In Assumptione scilicet beatae Dei Genitricis Mariae, cum nocturno tempore Romanus populus iuxta morem orationibus et litaniis insisteret, et accensis luminibus diversarum regionum ecclesias perlustraret; mulier quaedam in basilica, quae est ad honorem eiusdem beatae Virginis in Capitulo (Capitolio vel Campitello) constituta, commatrem suam vidit, quae scilicet ab anno fere fuerat iam defuncta. Cumque per multitudinem confluentium ad eius attingere non potuisset alloquium, studuit eam in tali cuiusdam angiportus articulo praestolari, ut dubium non esset quod, egressa basilicam, ab ea declinare non posset. Hanc itaque transeuntem protinus inquisivit: “Num, inquit, tu commater mea es, Marozia videlicet, quae dudum defuncta es?” Hoc illi vocabulum fuerat, dum adviveret. Qua respondente: “Ipsa sum” - “Et quomodo, inquit, tibi nunc est? - Ait: Usque hodie non levis me poena constrinxit, quia videlicet per lasciviae petulantis illecebras cum coaetaneis me puellis in tenera adhuc aetate foedavi; et hoc ipsum, proh dolor! oblivioni quodammodo tradens, sacerdoti quidem confessa fui, sed iudicium non accepi. Verum hodie Regina mundi pro nobis preces fudit, meque cum multis aliis de locis poenalibus liberavit, tantaque multitudo per interventionem eius hodie est de tormentis erepta, ut numerum totius Romanae plebis excedat; unde sacra eidem Dominae nostrae gloriosae dicata passim loca visitamus, actionesque sibi gratiarum pro tantis misericordiae beneficiis alacres exhibemus.” Cumque super hoc commater illius ambigeret, nec fidem facile sermonibus adhiberet, subiunxit: “Ut experiaris, inquit, pro certo verum esse quod loquor, scias te transacto hoc anno, in hac eadem festivitate procul dubio morituram. Quod si, quod fieri non potest, ulterius vixeris, me protulisse mendacium liquido comprobabis.” Et his dictis, ab oculis eius evanuit. Mox illa cilicium induit, et de obitu suo sollicita, quae audierat, vivere cautius coepit. Quid plura? Peracto fere anno, pridianis coepit aegrotare vigiliis, in ipso vero festivitatis die vitam, sicut ei demonstratum fuerat, terminavit.” S. PETRUS DAMIANUS, Opusculum 34, pars 2, Disputatio de variis apparitionibus et miraculis, cap. 3. ML 145-586, 587. Opera, Romae, 1606, I, Epistolorum lib. 3, epistola 10, pag. 164, 165.

 

17 “Duo socii erant se invicem valde amantes. Quorum unus circa festum Omnium Sanctorum defunctus est. Alius vero continuis fletibus se affligens, nihil pro defuncto oravit. Cui post festum Nativitatis Christi defunctus apparuit, dicens: “Nihil mihi profecisti solum plorando.” Et quasi improperans ei fletum: “Ecce, inquit, beatissima Virgo Maria, singulis annis in festo Nativitatis Christi ad purgatorii loca cum multitudine angelorum descendit, et multas inde animas eripit, quoniam in nocte solemnitatis illius Christum Regem gloriae peperit. Quumque in proxima Nativitatis Christi solemnitate descenderet, et multas eriperet animas, sperabam quod precibus tuis fuisset me etiam eductura, sed non fecit. Verum quoniam proxima nocte dominicae Resurrectionis solet descendere ad purgatorium pro eductione animarum, eo quod Christus nocte illa sanctos de limbo eduxit, rogo ne cesses pro me cum lacrimis exorare, ut me illa nocte dignetur eripere. Et in hoc scies te exauditum, si tibi ultra non apparuero.” Et quia defunctus ille ad viventem non rediit, creditur per Virginem gloriosam nocte illa ereptus. Ex hoc quoque exemplo docentur fideles pro amicis suis defunctis magis orare quam fiere, nisi pro illorum liberatione fleant orando.” D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, In solemnitate Assuimptionis B. V. M., sermo secundus. Opera, XXXII, Tornaci, 1906, pag. 320, col. 2; Coloniae, II, 1523, p. 279, col. 1.

 

18 “Facile autem crediderim in Virginis honorem gaudilique cumulum, in quocumque Virginis solemni festo plures animas ab illis poenis exui.” Al. NOVARINUS, l. c. (nota 10), n. 786, pag. 334, col. 2.

 

19 CRASSET, S. I., La vera divozione verso Maria Vergine, trattato 6, pratica 4. Venezia, 1762, II, p. 633 e seg. - Sulle autorità qui allegate, vedi Appendice, 10.

 

20 “Beatissima Virgo... filios in scapularis societatem relatos, qui abstinentiam modicam precesque paucas eis praescriptas frequentarunt, ac pro sui status ratione castitatem coluerunt, materno plane affectu, dum igne purgatorii expiantur, solari, ac in caelestem patriam obtentu suo quantocius pie creditur efferre.” BREVIARIUM ROMANUM, In Commemoratione B. M. V. de Monte Carmelo, lectio 6.

 

21 Menologium Cisterciense, XIV Cal. aprilis (19 martii): “Villarii in Brabantia, beatus Abundus monachus, quem ab ipsa puerita optimi mores, acumen ingenii, et columbina simplicitas, gratum omnibus et venerandum reddiderunt: qui saepe in ecstasim raptus, caelitum Ordines, Angelorum Regem eiusque gloriosam Genitricem non modo vidit, sed et eorum familiari colloquio usus est...” - Chrys. HENRIQUEZ, Menologium Cisterciense notationibus illustratum, l. c., nota h), Antverpiae, 1630, pag. 88, col. 2:“Vix credo aliquem alium in hac misera lacrimarum valle constitutum, similibus favoribus a B. Virgine fuisse nobilitatum.”

 

22 Menologio Cisterciense, VI nonas octobris (2 octobris): “Villarii, beatus Godefridus Pachomius, ibidem monachus, multis et praeclaris prodigiis illustris, qui in illa solitudine vitam sanctissimam instituens, humilitatis et pietatis operibus se dedit, et meritis ac diebus plenis obdormivit in Domino.” - Chrys. HENRIQUEZ, Menologium..., l. c., nota l), pag. 334, col. 1: “In libro de Gestis virorum illustrium solitudinis Villariensis haec habentur: “Postquam (Godefridus, antea Ordinis S. Augustini Canonicus, Ordini Cisterciensi) se tradidit Villarii, vixit ibidem quadraginta septem annis, in maxima austeritate... Quodam tempore audivit vocem dicentem: “Dormi, anima, et requiesce: ecce appropinquat regnum caelorum.” Eodem tempore videbatur alteri monacho, quod beata Virgo cum monachis Capitulum tenebat, et consurgens ibat ad amplexandum Godefridum. Huic aliquando dixit beatus Abundus: “Beatus es, Frater Godefride, et bene tibi erit, quia mihi iterum praeceptum aliquam tibi dicere, quae laetis auribus audire debes. Recordare quod olim, cum esses iunior, gloriosa Virgo Maria per me tibi nuntiabat dicens: “Frater Abunde, dic Fratri Godefrido ut proficiat de virtute in virtutem: sic erit Filii mei et meus monachus. Et cum migraverit anima eius a corpore, non dimittam eam venire in purgatorium, sed suscipiam eam, et offeram Filio meo.” - IDEM, l. c., nota p), pag. 334, col. 2: “In Additionibus ad Chronicon VIllariense haec habentur: “Multis sanctis hominibus ac feminis Reclusis, tam his qui prope quam qui procul erant, pulchris exemplis ostensum est, quod Godefridus obitus sui diem praesciret, et quod beata Maria, cum B. Ioanne Evangelista, et cum undecim millibus Virginum, in discessu eius foret, et quod animam cum multa exsutatione perducerent ad aeternam vitam sine purgatorii poena.”

 

23 Io. Eus. NIEREMBERG, S. I., Trophaea Mariana, seu de victrice misericordia Deiparae patrocinantis hominibus, libri sex: lib. 4, cap. 29. Antverpiae, 1658, pag. 178, 179. - MARRACCIUS Hippolytus, Cong. Cler. Reg. Matris Dei, Familia Mariana, VII, Fundatores Mariani, cap. 18, De S. Dominico: Migne-Bourassé, Summa Aurea, XI, col. 466. - Alcuni autori riferiscono questo racconto, aggiungendovi un particolare: cioè che S. Domenico abbia fatto risalire dal pozzo, dopo la testa, anche il corpo di Alessandra, e che la testa si sia riadattata al corpo: ciò manifestamente per ovviare all'inconveniente della comunione fatta da chi abbia la sola testa, mentre l'atto del mangiare non si compie nella bocca. Ma ciò è assolutamente contrario al racconto originale, il quale è del B. ALANUS REDIVIVUS RUPENSIS, De ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae, pars 5, cap. 62 (in altre edizioni: pars 5, II, Exempla devoti sexus feminei, exemplum 4), Venetiis, 1565, pag. 443 et seq. - Vi sono altri fatti simili - accertati da testimoni degni di fede - di morti risuscitati o di persone conservate in vita contro le leggi naturali, per intercessione di Maria SS. Notano i Padri Dujardin e Pladys (Les Gloires de Marie, traduction française) che il P. Gio. Batt. Van Ketwig, O. P., nella sua, - “haud spernenda”, dice Hurter - Panoplia Mariana, Antverpiae, 1720, sect. 3, par. 3, princ. 2, prop. 2, abbia sciolto le difficoltà mosse dagli “antidicomarianitae” contro il detto miracolo. Le obbiezioni teologiche contro la possibilità di simili miracoli e la convenienza di siffatti disposizioni della Provvidenza in favore di alcune anime, le troviamo anche noi infondate, con S. Alfonso e collo stesso S. Tommaso. Si veda, in fine di questo volume, l'Appendice, 9. La dottrina del B. Alano non è per niente sospetta. Non mancano però fondamenti per mettere in dubbio l'esattezza storica di alcuni suoi racconti, quando mancano altre testimonianze. Resta pur cosa certa e non trascurabile ch'egli abbia avuto una missione speciale, e che abbia contribuito, in modo assai efficace, a rinvigorire la devozione cotanto salutare, e veramente cattolica, al SS. Rosario.


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13/09/2009 10:37

§ 3. - Maria conduce i suoi servi al paradiso.

 

Oh che bel segno di predestinazione hanno i servi di Maria! Applica la S. Chiesa a questa divina Madre le parole dell'Ecclesiastico al capo 24 e le fa dire a conforto de' suoi divoti: In... omnibus requiem quaevisi et in hereditate Domini morabor. Commenta Ugon Cardinale: Beatus in cuius domo B. Virgo requiem invenerit.1 Maria per l'amore che a tutti porta, cerca di far regnare in tutti la divozione verso di lei. Molti o non la ricevono o non la conservano: beato quegli che la riceve e la conserva. Et in hereditate Domini morabor. Idest, soggiunge il dotto Paciucchelli, in illis qui sunt hereditas Domini.2 La divozione verso la B. Vergine dimora in tutti coloro che sono l'eredità del Signore, cioè che saranno in cielo a lodarlo eternamente. - Siegue a parlar Maria nel citato luogo dell'Ecclesiastico: Qui creavit me, requievit in tabernaculo meo; et dixit mihi: in Iacob inhabita et in Israel hereditare et in electis meis mitte radices: Il mio Creatore si è degnato di venire a riposar nel mio seno, ed ha voluto ch'io abitassi nei cuori di tutti gli eletti - di cui fu figura Giacobbe, e che sono l'eredità della Vergine, - ed ha disposto che in tutti i predestinati fosse radicata la divozione e confidenza verso di me.

 

Oh quanti beati non vi sarebbero ora in cielo, se Maria colla sua potente intercessione non ve l'avesse condotti! Ego feci in caelis ut oriretur lumen indeficiens. Così la fa parlare Ugon cardinale colle suddette parole dello stesso capo 24 dell'Ecclesiastico: Io ho fatto risplendere in cielo tanti lumi eterni, quanti sono i miei divoti. Onde soggiunge il medesimo autore sul detto testo: Multi sancti sunt in caelis intercessione eius, qui numquam ibi fuissent nisi per eam.3 - Dice S. Bonaventura che a tutti coloro che confidano nella protezion di Maria, s'aprirà la porta del cielo per riceverli: Qui speraverit in illa, porta caeli reserabitur ei.4 Onde S. Efrem chiamò la divozione verso la divina Madre l'apertura del paradiso: Reseramentum caelestis Ierusalem (Or. de laud. Virg.).5 E 'l divoto Blosio parlando colla Vergine le dice: Signora, a voi son consegnate le chiavi ed i tesori del regno beato: Tibi regni caelestis claves thesaurique commissi sunt (Cimel., Endol. 1).6 E perciò dobbiamo continuamente pregarla colle parole di S. Ambrogio: Aperi nobis, o Virgo, caelum, cuius claves habes:7 Apriteci, o Maria, le porte del paradiso, giacché voi ne conservate le chiavi; anzi che voi stessa ne siete la porta, come vi nomina la S. Chiesa: Ianua caeli.

 

Perciò ancora la gran Madre è chiamata dalla S. Chiesa stella del mare: Ave, maris stella. Poiché siccome i naviganti, dice S. Tommaso l'Angelico (Opusc. 8), sono indirizzati al porto per mezzo della stella, così i Cristiani sono guidati al paradiso per mezzo di Maria: Dicitur stella maris, quia sicut navigantes ad portum diriguntur per stellam maris, ita Christiani diriguntur ad gloriam per Mariam.8

 

Perciò similmente vien chiamata da S. Pietro Damiani scala del cielo, poiché, dice il santo, per mezzo di Maria Dio è sceso dal cielo in terra, acciocché per lei medesima gli uomini meritassero salire dalla terra al cielo: Scala caelestis, quia per ipsam Deus descendit ad terram, ut per ipsam homines mererentur ascendere ad caelum.9 E a tal fine, o Signora, le dice S. Anastasio (Serm. 2 de Annunc.), voi siete stata ripiena di grazia, acciocché foste fatta la via della nostra salute, e la salita alla celeste patria: Ave gratia plena, quod facta sis salutis via ascensusque ad superos.10 Onde S. Bernardo chiama la Vergine: Vehiculum ad caelum.11 E S. Giovanni Geometra la saluta: Salve, clarissime currus,12 nobilissimo cocchio per cui i suoi divoti son condotti in cielo. Quindi le dice S. Bonaventura: Beati quelli che vi conoscono, o Madre di Dio! mentre il conoscervi è la strada della vita immortale, e 'l propalare le vostre virtù è la via della salute eterna: Scire et cognoscere te, o Virgo Deipara, est via immortalitatis; et narrare virtutes tuas est via salutis (In Ps. 85).13

 

Si narra nelle Cronache francescane (P. 1, tom. 1, c. 35) di fra Leone, che questi vide una volta una scala rossa sopra cui stava Gesù Cristo, ed un'altra bianca sopra cui stava la sua santa Madre. Vide che alcuni andavano per salire la scala rossa, salivano pochi gradini, e poi di là cadevano; tornavano a salire, e ritornavano a cadere. Onde furono esortati ad andare per la scala bianca, e per quella li vide salire felicemente, mentre la B. Vergine lor porgeva allora la mano, e così giungevano sicuri al paradiso.14 Dimanda S. Dionisio Cartusiano: Chi mai si salva? chi giunge a regnare in cielo? Si salvano e regnano certamente, egli stesso risponde, quelli per li quali questa regina della misericordia impegna le sue preghiere: Quis salvatur? quis regnat in caelo? illi sane pro quibus regina misericordiae interpellat.15 E ciò l'afferma Maria stessa: Per me reges regnant (Prov. VIII, 15). Per mezzo della mia intercessione le anime regnano prima nella vita mortale su questa terra, dominando le loro passioni, e poi vengono eternamente a regnare in cielo, dove dice S. Agostino che tutti sono re: Quot cives, tot reges.16 Maria in somma, dice Riccardo di S. Lorenzo, è la padrona del paradiso, poiché ivi comanda come vuole, e v'introduce chi vuole. Onde applicando a lei le parole dell'Ecclesiastico: In Ierusalem potestas mea (Cap. XXIV, 15), soggiunge: Imperando scilicet quod volo, et quos volo introducendo (Ric., lib. 4, de laud. V.).17 Ed essendo ella la Madre del Signor del paradiso, con ragione, dice Ruperto, è benanco la Signora del paradiso: Totum iure possidet Filii regnum (Lib. 3, in Cant. 4).18

 

Questa divina Madre, colle sue potenti preghiere ed aiuti, ben ci ha impetrato il paradiso, se noi non vi mettiamo impedimento: Caeleste nobis regnum suo interventu, auxiliis et precibus impetravit (S. Antoninus, p. IV, tit. 15, c. 2, § 1).19 Ond'è che colui che serve a Maria e per cui intercede Maria, è così sicuro del paradiso, come già stesse in paradiso: Qui Virgini famulatur, ita securus est de paradiso, ac si esset in paradiso (Guerricus abbas).20 Il servire Maria ed esser della sua corte, soggiunge S. Giovan Damasceno, è l'onore più grande che possiamo avere; poiché il servire alla regina del cielo è già regnare in cielo, e vivere a' suoi comandi è più che regnare: Summus honor servire Mariae et de eius esse familia. Etenim ei servire regnare est, et eius agi frenis plusquam regium (Damasc., de Exc. Virg., cap. 9).21 All'incontro dice che quelli che non servono a Maria non si salveranno, mentre coloro che son privi dell'aiuto di questa gran Madre sono abbandonati dal soccorso del Figlio e di tutta la corte celeste: Gens quae non servierit illi, peribit. Gentes destitutae tantae Matris auxilio, destituuntur auxilio Filii et totius curiae caelestis (Loc. cit.).

 

Sempre sia lodata la bontà infinita del nostro Dio, che ha disposto di costituire in cielo per nostra avvocata Maria, acciocch'ella, come madre del giudice e madre di misericordia, efficacemente colla sua intercessione tratti il gran negozio della nostra eterna salute. Il sentimento è di S. Bernardo: Advocatam praemisit peregrinatio nostra, quae tamquam iudicis mater et mater misericordiae suppliciter et efficaciter salutis nostrae negotia pertractabit (Serm. 1, de Assumpt.).22

 

E Giacomo monaco, dottore tra' PP. Greci, dice che Dio ha destinata Maria come un ponte di salute, per cui facendoci passare sopra l'onde di questo mondo, possiamo giungere al porto beato del paradiso: Eam tu pontem fecisti, quo a mundi fluctibus traiicientes, ad tranquillum portum tuum deveniamus (Orat. in Nat. Deip.).23 Onde esclama S. Bonaventura: Udite, o genti, voi che desiderate il paradiso, servite ed onorate Maria, e troverete sicuramente la vita eterna: Audite gentes qui cupitis regnum Dei, Virginem Mariam honorate, et invenietis vitam aeternam (In Psalt. Virg.).24

 

Né debbono punto sconfidare di ottenere il regno beato anche quelli che si han meritato l'inferno, se si pongono con fedeltà a servire questa regina. Quanti peccatori, dice S. Germano, han procurato di trovare Dio per mezzo vostro, o Maria, e si son salvati! Peccatores per te Deum exquisierunt, et salvi facti sunt (Serm. de dormit. Deip.).25 Riflette Riccardo di S. Lorenzo che da S. Giovanni si dice esser Maria coronata di stelle: Et in capite eius corona stellarum duodecim (Apoc. XII, 1); all'incontro ne' Sacri Cantici si chiama la Vergine coronata di fiere, di leoni, di pardi: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni; coronaberis... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. IV, 8). Come ciò s'intende? Risponde Riccardo che queste fiere sono i peccatori, che per favore ed intercessione di Maria divengono stelle del paradiso, che meglio convengono alla testa di questa regina di misericordia, che tutte le stelle materiali del cielo a coronarla: Et quid est hoc? nisi quia ferae per gratiam et orationes Mariae sunt stellae, quae conveniunt tantae reginae (Ricc., de laud. Virg., cap. 3).26 - Pregando un giorno la SS. Vergine, nella novena della sua Assunzione, la serva del Signore, la vergine Suor Serafina da Capri - come si legge nella sua Vita - le domandò la conversione di mille peccatori. Ma temendo poi che la domanda fosse troppo avanzata, le apparve la Vergine e la corresse di questo suo vano timore dicendole: Perché temi, forse io non sono abbastanza potente ad ottenerti dal mio Figliuolo la salute di mille peccatori? Eccoli, io già te l'impetro. Indi la condusse in ispirito in paradiso, ed ivi le dimostrò innumerabili anime di peccatori, che si avean meritato l'inferno, e poi per sua intercessione s'eran salvati, e già godevano la beatitudine eterna.27

 

È vero che in questa vita niuno può star certo della sua eterna salute: Nescit homo utrum odio vel amore dignus sit, sed omnia in futurum servantur incerta (Eccl. IX, 1).28 Ma dimandando Davide a Dio: Signore, chi si salverà? Domine, quis habitabit in tabernaculo tuo? (Ps. XIV, [1]); risponde S. Bonaventura su queste parole: Amplectamur Mariae vestigia, peccatores, et eius beatis pedibus provolvamur. Teneamus eam fortiter, nec dimittamus, donec ab ea mereamur benedici.29 E vuol dire: Peccatori, seguiamo le pedate di Maria, e buttiamoci a' suoi beati piedi, e non la lasciamo finch'ella non ci benedica; poiché la sua benedizione ci assicurerà del paradiso.

 

Basta, Signora, dice S. Anselmo, che voi vogliate salvarci, che allora non potremo non esser salvi: Tantummodo velis salutem nostram, et vere nequaquam salvi esse non poterimus (De Exc. Virg., c. 11).30 Aggiunge S. Antonino che le anime protette da Maria necessariamente si salvano: Necessarium est quod hi ad quos (Maria) convertit oculos suos, iustificentur et glorificentur (P. 4, tit. 15).31

 

Con ragione, dice S. Idelfonso, la SS. Vergine predisse che tutte le generazioni l'avrebbero chiamata beata: Beatam me dicent omnes generationes (Luc. I, [48]), perché tutti gli eletti per mezzo di Maria ottengono la beatitudine eterna: Beata iure dicitur, quia omnes ex ea beatificantur (S. Idelph., Serm. 3, de Ass.).32 Voi, o gran Madre, siete il principio, il mezzo ed il fine della nostra felicità, parla S. Metodio: Tu festivitatis nostrae principium, medium et finis (Serm. in Hypant.):33 Principio, perché Maria ci ottiene il perdono de' peccati; mezzo, perché ci ottiene la perseveranza nella divina grazia; fine, perché ella finalmente ci ottiene il paradiso. Per voi, siegue a dire S. Bernardo, è stato aperto il cielo, per voi si è votato l'inferno, per voi è stato ristorato il paradiso, per voi in somma è stata donata la vita eterna a tanti miserabili che si meritavano l'eterna morte: Per te caelum apertum est, infernus evacuatus, instaurata caelestis Ilerusalem, miseris damnationem exspectantibus vita data est (Serm. 4, de Ass. Virg.).34

 

Ma soprattutto dee animarci a sperare sicuramente il paradiso la bella promessa che fa Maria stessa a coloro che l'onorano, e specialmente a chi colle parole e coll'esempio procura di farla conoscere ed onorare anche dagli altri: Qui operantur in me, non peccabunt. Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, [30], 31). Oh felici dunque, dice S. Bonaventura, quelli che acquistano il favore di Maria! questi saran riconosciuti da' beati già per loro compagni; e chi porterà l'insegna di servo di Maria, sarà già registrato nel libro della vita: Qui acquirunt gratiam Mariae, agnoscentur a civibus paradisi, et qui habuerit characterem eius, adnotabitur in libro vitae (S. Bon., in Spec.).35 Che serve dunque ad inquietarci colle sentenze delle Scuole, se la predestinazione alla gloria sia prima o dopo la previsione de' meriti? se siamo scritti o no nel libro della vita? se saremo veri servi di Maria ed otterremo la sua protezione, sicuramente saremo scritti; poiché, siccome dice S. Giovan Damasceno, Dio non concede la divozione verso la sua santa Madre, se non a coloro che vuol salvi.36 Conforme par che palesò espressamente il Signore per S. Giovanni: Qui vicerit... scribam super eum nomen Dei mei et nomen civitatis Dei mei (Apoc. III, 12).37 Chi avrà da vincere e salvarsi, porterà scritto nel cuore il nome della città di Dio. E chi è questa città di Dio se non Maria, come spiega S. Gregorio sul passo di Davide: Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei? (Ps. LXXXVI, [3]).38

 

Ben dunque può qui dirsi con S. Paolo: Habens signaculum hoc, cognovit Dominus qui sunt eius (II Tim. II, 19): Chi porta questo segno d'esser divoto di Maria, è riconosciuto da Dio per suo. Onde scrisse S. Bernardo che la divozione alla Madre di Dio certissimum est signum salutis aeternae consequendae.39 E 'l B. Alano, parlando dell'Ave Maria, disse che chi spesso riverisce la Vergine con questo angelico saluto, ha un segno molto grande di predestinazione: Habentes devotionem hanc, signum est praedestinationis permagnum ad gloriam (P. 2 Ros., c. 11).40 E lo stesso disse della perseverante recitazione del SS. Rosario in ogni giorno: Signum sit tibi probabilissimum aeternae salutis, si perseveranter in die Beatam Virginem in psalterio salutaveris (P. 4 de Psalt., c. 24).41

 

Dice di più il P. Nierembergh - nel suo libretto dell'Affezione a Maria, al capo 10 - che i servi della Madre di Dio non solo in questa terra son più privilegiati e favoriti, ma anche nel cielo saranno più distintamente onorati. E soggiunge ch'essi avranno in cielo una divisa e livrea particolare più ricca, per cui saranno riconosciuti per famigliari della regina del cielo e per gente di sua corte, secondo quel detto de' Proverbi: Omnes... domestici eius vestiti sunt duplicibus (XXXI, 21).42

 

S. Maria Maddalena de' Pazzi vide in mezzo il mare una navicella, in cui stavano ricoverati tutti i divoti di Maria, ed ella, facendo l'officio di nocchiera, sicuramente li conduceva al porto. Col che intese la santa che quelli che vivono sotto la protezione di Maria, in mezzo a tutti i pericoli di questa vita, son liberi dal naufragio del peccato e della dannazione; poiché da lei son sicuramente guidati al porto del paradiso.43

 

Procuriamo dunque di entrare in questa navicella beata del manto di Maria, ed ivi stiamoci sicuri del regno beato; mentre canta la Chiesa: Sicut laetantium omnium habitatio est in te, Sancta Dei Genitrix.44 S. Madre di Dio, tutti coloro che saran partecipi del gaudio eterno, abitano in voi, vivendo sotto la vostra protezione.

 

Esempio.

 

Narra Cesario (Lib. 7 dial., c. 3) che un certo monaco cisterciense molto divoto della Madonna, il quale desiderava una visita dalla sua cara Signora e continuamente di ciò la pregava, una notte uscito in giardino, mentre se ne stava guardando il cielo ed inviando caldi sospiri alla sua regina per desiderio di vederla, ecco vede scendere dal cielo una vergine bella e luminosa che gli domanda: Tommaso, avresti a caro di sentire il mio canto? Certo, egli rispose. Allora quella vergine cantò con tanta dolcezza, che al divoto religioso sembrava essere in paradiso. Finito il canto, sparì e lasciollo in un gran desiderio d'intendere chi fosse stata colei. Ma eccogli d'innanzi un'altra vergine anche bellissima, che ancora gli fe' udire il suo canto. A quest'altra egli non poté contenersi di domandare chi fosse, e la vergine rispose: Quella che poc'anzi vedesti fu Caterina, io sono Agnese, tutte due martiri di Gesù Cristo, mandate dalla nostra Signora a consolarti. Ringrazia Maria, e preparati a ricevere una grazia maggiore. E ciò detto disparve; ma il religioso restò con maggiore speranza di veder finalmente la sua regina. Né s'ingannò; poiché d'indi a poco vede una gran luce, sente riempirsi il cuore d'una nuova allegrezza, ed ecco in mezzo a quella luce gli si fa vedere la Madre di Dio circondata d'angeli, e d'una bellezza immensamente maggiore dell'altre due sante apparitegli, che gli dice: Caro mio servo e figlio, io ho gradita la servitù che m'hai fatta, ed esaudite le tue preghiere; hai desiderato vedermi; eccomi: e voglio farti sentire anche il mio canto. E la SS. Vergine cominciò a cantare, e fu tanta la dolcezza, che il divoto religioso perdette i sensi e cadde colla faccia per terra. Sonò il mattutino, si unirono i monaci, e, non vedendo Tommaso, andarono a cercarlo alla cella e in altri luoghi; finalmente andando al giardino lo trovarono ivi come morto. Il superiore gli fece il precetto che dicesse quel che gli era accaduto, ed allora egli, venendo in sé per virtù dell'ubbidienza, raccontò tutti i favori della divina Madre.45

 

Preghiera.

 

O regina del paradiso, madre del santo amore, giacché voi siete fra tutte le creature la più amabile, la più amata da Dio e la sua prima amante, deh contentatevi che v'ami pure un peccatore il più ingrato e misero che vive sulla terra, il quale, vedendosi libero dall'inferno per vostro mezzo, e senza alcun merito così da voi beneficato, s'è innamorato della vostra bontà, ed in voi ha collocate tutte le sue speranze. Io v'amo, Signora mia, e vorrei amarvi più di quanto v'hanno amato i santi più innamorati di voi.

 

Vorrei, se potessi, far conoscere a tutti gli uomini che non vi conoscono, quanto voi siete degna d'essere amata, acciocché tutti vi amassero e vi onorassero. Vorrei anche morire per vostro amore, in difendere la vostra verginità, la vostra dignità di Madre di Dio, la vostra Immacolata Concezione, se mai per difendere questi vostri gran pregi mi bisognasse morire.

 

Ah Madre mia dilettissima, gradite questo mio affetto, e non permettete che un vostro servo che v'ama, abbia da esser mai nemico del vostro Dio che voi tanto amate. Ahi misero me! tale sono stato un tempo, allorché offesi il mio Signore. Ma allora, o Maria, io non vi amava, e poco cercava d'essere amato da voi. Or non però altro più non desidero, dopo la grazia di Dio, che d'amar voi e d'essere amato da voi. Di ciò non mi sconfido per le mie colpe passate, mentre so che voi, benignissima e gratissima Signora, non isdegnate d'amare anche i più miserabili peccatori che v'amano; anzi non lasciate da alcuno di farvi vincere d'amore.

 

Ah regina amabilissima, io voglio venire ad amarvi in paradiso. Ivi giunto a' vostri piedi meglio conoscerò quanto voi siete amabile e quanto avete fatto per salvarmi; ond'ivi io vi amerò con maggior amore, e vi amerò eternamente, senza timore di lasciare mai più d'amarvi. O Maria, io spero certo di salvarmi per vostro mezzo. Pregate Gesù per me. Non ci vuol altro, voi mi avete da salvare; voi siete la mia speranza. Andrò dunque sempre cantando:

O Maria, speranza mia,

Voi m'avete da salvar.

 

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NOTE

 

1 Et in his omnibus requiem quaesivi, et in hereditate Domini morabor. Eccli. XXIV, 11. - “Beatus, in cuius domo (B. Virgo) requiem invenerit, nam ibi manebit. Constat quod non sine Filio suo, nec Filius sine Patre, nec Pater sine Spiritu Sancto.” HUGO DE S. CHARO, O. P., Cardinalis, Postilla super Ecclesiasticum, in h. l. Opera, III, Venetiis, 1703, fol. 216, col. 4.

 

2 Manifestamente al Paciucchelli deve sostituirsi “il detto UGON CARDINALE”, l. c.: “Et in hereditate Domini morabor, id est, in illis qui sunt hereditas Domini, quos Dominus excolit et custodit ut hereditatem suam;” il che egli intende specialmente dei contemplativi.

 

3 “Ego feci in caelis ut oriretur lumen indeficiens (Eccli. XXIV, 6), id est, genui Christum qui est in caelis lumen indeficiens... Multi etiam Sancti sunt in caelis intercessione eius, qui numquam ibi fuissent nisi per eam...” IDEM, in Eccli. XXIV, 6, fol. 215, col. 4.

 

4 “Fructus gratiae inveniet qui speraverit in illa: porta paradisi reserabitur ei.” Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 90. Inter Op. S. Bonav., ed. Lugdun. 1668, etc., VI, 485, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

 

5 “Ave, porta caelorum, et scala, ascensusque omnium. Ave, portarum caelestis paradisi reseramentum.” S. EPHRAEM Syrius, Sermo de SS. Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera, VI, Opera graece et latine, et latine tantum, III, Romae, 1746, pag. 576, col. 2.

 

6 Lud. BLOSIUS, Abbas Laetiensis, Paradisus animae fidelis, pars 2, Piarum precularum Cimeliarchion IV, Endologia ad Mariam prima. Opera, Antverpiae, 1632, pag. 52, col. 2: Coloniae, 1589, pag. 143, col. 2.

 

7 Non sappiamo di chi sia questa invocazione. - Il Blosio, nel suo Cimeliarchion (vedi la nota precedente), Endologia ad Mariam secunda, pag. 53, col. 1, dice a Maria: “Tu clavis gemmata, paradisi ianuam resereans.”

 

8 “Ideo benedicta in mulieribus quia ipsa sola maledictionem sustulit, et benedictionem portavit, et ianuam paradisi aperuit: et ideo convenit ei nomen Maria, quae interpretatur stella maris: quia sicut per stellam maris navigantes diriguntur ad portum, ita Christiani diriguntur per Mariam ad gloriam.” S. THOMAS AQUINAS, Opera, XVII, Romae, 1570, opusculum 8, Expositio super Salutatione Angelica, fol. 76, col. 1.

 

9 “Gaudeamus in nativitate matris Christi. Hodie nata est regina mundi, fenestra caeli, ianua paradisi, tabernaculum Dei, scala caelestis, per quam supernus Rex humiliatus ad ima descendit, et homo, qui prostratus iacebat, ad superna exaltatus ascendit.” S. PETRUS DAMIANUS, Sermo 46, Homilia in Nativ. B. M. V., ML 144-753. - “Facta est Maria scala caelestis, quia per ipsam Deus descendit ad terras, ut per ipsam homines ascendere mereantur ad caelos.” Inter Opera S. Augustini, Sermo 123 (inter spurios), n. 2, ML 39-1991; inter Opera S. Fulgentii, episcopi Rupensis, Sermo 36 (inter spurios), ML 65-899.

 

10 “Iure itaque merito, cum ea quae gaudium suscepit, gaudeamus, Deique nostri Matrem in haec verba cum Gabriele salutemus: Ave, gratiosa, Dominus tecum: quod facta sis nobis salutis via, ascensusque ad superos.” S. ANASTASIUS, Antiochenus episcopus (+ 598-599, diverso da quello detto “il Sinaita”, o il “nuovo Mosé”), In Annuntiationem intemeratissimae ac Deiparae Mariae, sermo 2. MG 89-378.

 

11 “Neque enim impotens erat Deus, et sine hoc aquaeductu (cioè Maria) infundere gratiam, prout vellet; sed tibi vehiculum voluit providere.” S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., sermo de aquaeductu, n. 18. ML 183-448.

 

12 “Gaude, Thesbitae vive et clarissime currus, - Virtutum rapidis concite quadriiugis.” IOANNES GEOMETRA, Hymni 5 in S. Deiparam, Hymnus 1, vers. 25, 26. MG 106-855. - “Gaude, corpus quod Solis fuit aurea rheda, - Quae Dominum solis contulit aethereum.” IDEM, Hymnus 3, versus 21, 22, col. 862.

 

13 “Scire et cognoscere te, est radix immortalitatis: et enarrare virtutes tuas est via salutis.” Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 85. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugdunen. (1668), VI, 485, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

14 “Leo, alius Francisci socius insigni florens sanctitate, miras sub hoc tempore caelestes excipiebat immissiones; quarum illa memorabilis in Virginei patrocinii commendationem. Erat magna planities, et in ea species quaedam iudicii mox futuri. Magna aderat hominum multitudo; angelorum tubae personabant; deniquae binae scalae e summo caelo usque ad terram demissae, altera candido colore, altera purpureo. Huic autem purpureae imminens visebatur ex alto Christus, vultus habitu severo atque subirato. At Franciscus, pauloinfra ipsum, Fratres suos evocabat, ut fidenter ascenderent: nam Dominum ita velle, eosque invitare. Cum autem illi se per scalam audenter efferrent, alius de tertio, alius de quarto, vel de decimo, alii de superioribus ac pene iam ultimis gradibus procidebant. Qua suorum clade magnopere commotus Divus Franciscus, eos voce magna admonuit, ut ad scalam alteram candidam accurrerent; illic nihil fore periculi. Itaque cum ad eam accessissent, Mariam ei incumbentem videbant, quae eos blandissime intuens, studiose etiam iuvaret, exciperetque singulos, ita ut nullo negotio ad unum plurimi in caelum evaserint.” Luc. WADDINGUS, Annales Minorum, ann. 1232, n. 28. Romae, 1732, II, 294, 295.

 

15 “Domine, inquit Propheta, est in caelo misericordia tua. (Ps. XXXV, 6). Hoc est, glossat Cartusianus, in electis; videlicet, in angelis sanctis et hominibus, qui sunt cives caeli, maxime apparet ac splendet misericordia tua, sicut in reprobis iustitia. Electi enim sunt vasa misericordiae in honorem, et reprobi sunt vasa irae in interitum. Et rursus: Magna est super caelos misericordia tua (Ps. CVII, 5), id est, ut Ecstaticus (cioè lo stesso Cartusiano) explicat: copiose effusa est miseratio tuae bonitatis super cives caelestes; et ipsis refulget pietas tua, quoniam sola gratia sunt conservati a malo et conservati in bono. Sed unde caelestes cives sua diademata consequuntur? Profecto per Christum et eius sanctissimam Genitricem. Quis salvatur? quis regnat in caelo? Illi sane pro quibus Regina misericordiae interpellat.” PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 2 super Antiphonam Salve Regina, n. 5. Venetiis, 1720, p. 566, col. 1. - Doctoris Ecstatici S. DIONYSII CARTUSIANI Opera, V, Monstrolii, 1898, pag. 625, col. 1, in Ps. 35, v. 5: “Domine in caelo misericordia tua, id est, in electis, videlicet in angelis sanctis ac bonis hominibus, qui sunt” etc. come sopra, fino a: “vasa irae in interitum.” - EIUSDEM, Opera, VI, Monstrolii, 1898, pag. 481, col. 1, 2, in Ps. 107, v. 6: “Quia magna est super caelos misericordia tua, id est, copiose effusa est miseratio tuae bonitatis super cives caelestes. Et in ipsis refulget pietas tua, quoniam sola gratia sunt praeservati a malo et confirmati in bono.” Tutto il resto è conclusione del Paciuchelli.

 

16 “Et cum regibus in solio (Iob, XXXVI, 7): subauditur, sedere eos fecit, hoc est, iustos. Reges autem dicit qui carnem suam regunt.” S. AUGUSTINUS, Annotationes in Iob, in cap. 36. ML 34-865. - “Cum autem venerit quod speramus, non iam inter duas hereditates requiescemus: sed in nova vera, cuius vetus erat umbra, regnabimus... Dicuntur autem illi reges (in praesenti tempore), utique a regendo: et quid magis quam carnis concupiscentias? “IDEM, Enarratio in Ps. LXVII, n. 20, 21. ML 36-825, 826. - “Quarum (civitatum) est una (eorum qui secundum Deum vivunt) quae praedestinata est in aeternum regnare cum Deo.” IDEM, De civitate Dei, lib. 15, cap. 1, n. 1. ML 41-437.

 

17 “Excellenter potens est in Ecclesia triumphante. Unde dicit Eccli. (XXV, 15): In Ierusalem superna potestas mea, imperandi scilicet quod volo, virtutibus angelicis et animabus sanctis, et faciendi ad beneplacitum meum, et quos volo introducendi.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 29, n. 1. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni 1651, XX, pag. 146, col. 1, 2; Paris., XXXVI, p. 256, col. 1.

 

18 “Ubicumque enim praedicatum fuerit illud de dilecto dictum: Minnisti eum paulo minus ab angelis, gloria et honore coronasti eum, et constituisti eum super opera manuum tuarum (Ps. VIII, 6, 7), praedicabitur et de te, quod sis, o dilecta, et mater huius coronati, ac proinde regina caelorum, totum iure possidens Filii regnum.” RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, In Cantica, lib. 3. ML 168-891.

 

19 “Horum (cioè perfectorum: degli “incipientes” e “proficientes”, s'è parlato sopra) mater est B. Virgo Maria, procurando eis consecutionem aeternae beatitudinis. Est enim figurative illa Bethsabee, quae interpretatur puteus septimus propter plenitudinem omnium gratiarum, quae suis precibus petiit et obtinuit a David, regnum suum dari filio suo Salomoni: III Reg. I, 11-41.” S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 2, § 2. Veronae, 1740, IV, col. 920. - PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 2 super Antiphonam Salve Regina, n. 5, Venetiis, 1720, p. 566, col. 1, 2: “D. Antoninus mysticum sensum et utique pulcherrimum in hac sacra contemplatur historia (III Reg. I). Est, inquit, Maria figurative illa Bethsabea, quae interpretatur puteus septimus propter plenitudinem omnium gratiarum: quae suis precibus petiit et obtinuit a David regnum dari filio suo Salomoni. Regnatis, et in perpetuum regnatis, o caelestes; iterum dicite, quaeso, mihi: quis istud beatum regnum obtinuit? Ne haesites, respondent: Virgo Maria, Regina misericordiae, cuius misericordia est in caelo, caeleste nobis regnum suo interventu, auxiliis et precibus impetravit.”

 

20 Forse qualche pio autore - da cui l'avrà preso S. Alfonso - avrà così tradotto quel che dice il GUERRICO, In Assumptione B. Mariae, sermo 1, n. 4, ML 185-189: “Et nunc siquidem habitamus in adiutorio Matris Altissimi, in protectione ipsius commoramur, tamquam sub umbra alarum eius: et postmodum in consortio gloriae ipsius, tamquam in sinu ipsius confovebimur. Tum erit vox una laetantium et aggratulantium Matri: Sicut laetantium omnium nostrum habitatio est in te (Ps. LXXXVI, 7), sancta Dei Genitrix. Nullatenus autem credideris maioris esse felicitatis et gloriae, habitare in sinu Abrahae quam in sinu Mariae, cum thronum suum in ea posuerit Rex gloriae.” Nel seno di Abramo, non si godeva il paradiso, ma vi era la sicurezza di goderlo un giorno.

 

21 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 8, inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 34, col. 2, Parisiis, XXXVI, 62, col. 1: “Summus honor, summa gloria, et summa utilitas, est servire Mariae, et de eius esse familia. Etenim ei servire regnare est, sicut dicit Boëtius de Domino. Et eius agi frenis, summa libertas est. Unde etiam dicitur ei a Filio, imo a tota Trinitate, Is. LX, 12: Gens (enim) et regnum quod non servierit tibi, peribit, et gentes solitudine vastabuntur. Bene dicit, solitudine: quia destituti tantae Matris auxilio, et per consequens destituuntur auxilio Fillii et totius curiae caelestis.” - Riccardo non allude a S. Gio. Damasceno. Il titolo dell'opera citata, da S. Alfonso, de excellentia Virginis, suggerisce il sostituire, al Damasceno, S. Anselmo, da tutti già creduto autore del Liber de excellentia Virginis Mariae, opera del suo discepolo Eadmero. Ora, tanto Fr. Emmanuele di Gesù Maria, Carm. Sc. (Fiori del Carmelo, Napoli, 1668, pag. 217) quanto il P. Fr. Pepe, S. I., (Grandezze di Gesù e di Maria, V, Napoli, 1748, pag. 273), riferiscono, come prese da quella opera, e, secondo il Pepe, dal cap. 9, le sequenti parole: “Servire huic Reginae, regnare est; et inter illius mancipia numerari, plus quam regium.” Ciò non si legge nel citato luogo, né altrove nell'opera segnata quale l'abbiamo. Però la riferita sentenza può considerarsi come un corollario o una conseguenza di quanto insegna Eadmero nel suo divotissimo opuscolo, e più particolarmente al cap. 9, Quantum profuit beata Virgo Maria naturae humanae: ML 159, col. 573-576. - Si noti che lo stesso S. Alfonso, nelle sue Considerazioni per coloro che son chiamati allo stato religioso, considerazione XV, cita come di S. Anselmo il cui servire regnare est, applicato alla Madonna SS.

 

22 S. BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo 1, n. 1. ML 183-415.

 

23 IACOBUS monachus (fine del sec. XI), Oratio in Nativitatem SS. Deiparae, n. 20. MG 127-598.

 

24 “Audite haec, omnes gentes: auribus percipite, qui ingredi cupitis regnum Dei. Virginem Mariam honorate: et invenietis vitam et salutem perpetuam.” Psalterium (maius) B. V. M., Ps. 48. Inter Opera S. Bonav., Romae, Moguntiae, Lugduni (1668), VI, 482, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

 

25 S. GERMANUS, Patriarcha CP. (+740), In SS. Deiparae dormitionem sermo 2. MG 98-347.

 

26 Et in capite eius corona stellarum duodecim. Apoc. XII, 1.- Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni: coronaberis de capite Amana, de vertice Sanir et Hermon, de cubilibus leonum, de montibus pardorum. Cant. IV, 8. - “Et nota quod Apoc. XII dicitur Maria coronari de stellis, hic (Cant. IV, 8) promittit ei Filius quod coronabitur de feris vel montibus. Et quid est hoc, nisi quod ferae per gratiam et orationes Mariae fiunt stellae, ut conveniant capiti tantae reginae, ut de stellis corona ei videatur exhibita, quae de feris fuerat promissa...Et haec est mutatio dexterae Excelsi. De capite Amana, id est, non solum de his qui inveniuntur in peccato cum ceteris, sed qui prae ceteris peccatores exsistuut. Saepe enim ubi superabundavit peccatum, per eam superabundat gratia, et ita de nobis peccatoribus novam coronam sibi praeparat in caelis.” RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 3, § 14. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 98, col. 1: ed. Paris., XXXVI, 162, col. 2.

 

27 Nic. SGUILLANTE e Tom. PAGANI, Vita, lib. 1, cap. 15, Venezia, 1743, pag. 68, 69: “Le parole della sua relazione (della stessa Venerabile) son queste: “Nella festa dell'Assunzione di quest' anno 1665... seguitò a dirmi la Vergine: “Figlia, domanda pur oggi quale grazia desideri, e te la farò...” Io le dissi: “Oh, Signora mia, vorrei la conversione di mille peccatori dispersi fra tutto il mondo, fra Cristiani e infedeli...” Dopo aver fatto tal domanda, mi venne un gran timore, parendomi essere stata troppo arrogante in dimandar tante anime... Ma la gloriosa Vergine mi rispose: “Avrai la grazia, si convertiranno i mille peccatori. Non dubitare, figlia, per parerti aver domandato soverchio: non vedi il dominio e potestà che tengo?... Vedi quanti per me sono qui in cielo;” e mi fe' vedere un numero che pareva infinito d'anime salvate per sua intercessione...” Mi disse che a Dio era piaciuto che io le domandassi tante anime... e che aveva ottenuta la grazia.”

 

28 Nescit homo utrum amore an odio dignus sit: sed omnia in futurum servantur incerta. Eccl. IX, 1, 2.

 

29 “Amplectamur Mariae vestigia, peccatores: et eius beatis pedibus provolvamur. Teneamus eam fortiter, nec dimittamus: donec ab ea meruimus benedici.” Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 14. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., etc., VI, 479, col. 2.

 

30 EADMERUS, monachus Cantuariensis, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 12. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-575.

 

31 “Necessarium (est) quod hi ad quos (Maria) convertit oculos suos, pro eis advocans, iustificentur et glorificentur.” S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 14, § 7. Veronae, 1740, IV, col. 1007. Venetiis, 1581, IV, 317, col. 2.

 

32 “Quae ideo beata iure dicitur inter omnes mulieres, quia omnes ex ea beatificantur. Collata quippe est gratia et beatitudo in specie, ut diffunderetur in omne genus Ecclesiae... Quapropter festivitas hodierna celebritas est omnium supernorum gratissima, quia eius est assumptio de corpore, ex qua orta est veritas et iustitia quae de caelo prospexit, in qua omnes iustificamur et exsultant sancti in gloria.” S. HILDEFONSI, Toletani episcopi (+ 669), Sermones dubii, De Assumptione B. Mariae sermo 3. ML 96-256.

 

33 “Salve in aeternum, indesinens nostra laetitia (Dei Genitrix Virgo)... Tu nobis festae lucis initium; tu medium, tu finis.” S. METHODIUS, Sermo de Simeone et Anna, n. 14. MG 18-382. - Sull'autore, vedi sopra, cap. 3, § 2, nota 3, pag. 118.

 

34 “Sublimitas eius (cioè misericordiae tuae) civitatis supernae invenit restaurationem, et profundum eius sedentibus in tenebris et in umbra mortis obtinuit redemptionem. Per te enim caelum repletum, infernus evacuatus est, instauratae ruinae caelestis Ierusalem, exspectantibus miseris vita perdita data.” S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V. sermo 4, n. 8. ML 183-429, 430.

 

35 “Qui acquirit gratiam eius: agnoscetur a civibus paradisi. Et qui habuerit characterem nominis eius: annotabitur in libro vitae.” Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 91. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lug. (1668), VI, 485, col. 2.

 

36 Vedi sopra, § 1, nota 25, p. 259.

 

37 Qui vicerit, faciam illum columnam in templo Dei mei, et foras non egredietur amplius: et scribam super eum nomen Dei mei, et nomen civitatis Dei mei novae Ierusalem, quae descendit de caelo a Deo meo, et nomen meum novum. Apoc. III, 12.

 

38 “Mense sexto, missus est Gabriel ad virginem. Qui plane eiusmodi mandata a Deo acceperat: “Adesdum, o arhangele, minister tremendi et arcani esto mysterii; miraculo deservi. Ad requirendum Adam qui erraverat, meis commotus miserationibus, descendere propero... Lupus meum alumnum devorat, paradisi domicilium desolatur, lignum vitae a gladio flammeo custoditur, campus deliciarum clausus est. Oppugnati misereor, et hostem comprehendere volo... Vade igitur ad Mariam virginem. Abi ad animatam civitatem, de qua dicebat Propheta: Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei (Ps. LXXXVI, 3). Abi ad paradisum meum ratione praeditum; abi ad portam orientalem; abi ad domicilium Verbo meo dignum... Vade ad purum meae secundum carnem nativitatis thalamum... Sed cave offendas aut conturbes virginis animum. Humaniter ac placide coram divino illo sacrario compareas, primamque ipsi gaudii vocem enuntia. Tu illud, Ave, gratia plena, ad Mariam dicito; ut ego aerumnosae atque afflictae miserear Evae.” S. GREGORII THAUMATURGI, Episcopi Neocaesareae Ponti, Opera dubia, Homilia 3 in Annunciationem S. Virginis Mariae. MG 10-1174. - Si dubita se questa omilia sia di S. Gregorio il Taumaturgo, detto anche “il Grande” prima che venisse così chiamato S. Gregorio Papa. Si ritrova nei manoscritti greci sotto vari nomi, anche sotto quello di S. Giovanni Grisostomo. Ad ogni modo, con ragione è stimata dal Combefisio “eruditum quidem ac pium doctae antiquitatis monumentum”.

 

39 PELBARTUS de Themeswar, Ord. Min., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12, pars 2, art. 1, Venetiis, 1586, fol. 216, col. 2: “Quod servire Mariae sit certissimum, experimentaleque, et securissimum signum salutis, ostenditur tripliciter. Primo auctoritatibus. Secundo rationibus. Tertio miraculis et revelationibus.” Ibid., col. 4: “Tertia ratio, quia beata Maria advocata nostra dicitur. Et ideo Bernardus super Missus est dicit: “O homo, securum habes accessum ad Deum, ubi Mater stat ante Filium, et Filius ante Patrem, Mater ostendit Filio pectus et ubera, Filius ostendit Patri latus et vulnera, nulla ergo poterit esse repulsa, ubi tot concurrunt amoris insignia.” Haec ille. Si ergo nulla potest esse repulsa, ergo sequitur quod servire Mariae est certissimum signum salutis aeternae consequendae.” - La conclusione di Pelbarto è giusta, e con ragione S. Alfonso la fa sua. - Già abbiamo segnato (cap. 2, § 1, nota 9, pag. 76) che le parole riferite dal Pelbarto debbono restituirsi ad Arnaldo di Chartres, ma che la sentenza espressa è comune a lui ed al suo amico S. Bernardo. - Ricordiamo pure, tra molte, queste parole di S. Bernardo, De adventu Domini, sermo 2, n. 5. ML 183-43: “Per te accessum habeamus ad Filium, o benedicta inventrix gratiae, genitrix vitae, mater salutis;” e queste ancora, Super Missus, hom. 2, n. 17, col. 71: “Ipsam sequens, non devias: ipsam rogans non desperas: ipsam cogitans non erras. Ipsa tenente non corruis: ipsa protegente non metuis: ipsa duce non fatigaris: ipsa propitia pervenis.” Non è questo quanto dire che la divozione a Maria sia segno di predestinazione e pegno di salute?

 

40 “Apparens ei (B. Alano) aliquando B. Maria... his... concludit, dicens: “... Habentibus... devotionem ad hanc (Salutationem Angelicam), signum est ordinationis et praedestinationis permagnum ad gloriam.” Io. And. Coppenstein, O. P., ALANI REDIVIVI RUPENSIS Tractatus... de ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae (SS. Rosarii), pars 2, cap. 11. Venetiis, 1665, pag. 116.

 

41 “Signum ergo sit tibi probabilissimum aeternae salutis, si perseveranter in dies eam (Mariam) in suo Psalterio (Rosario) salutaveris.” Id. op., pars 4, cap. 24 (partis quartae cap. 1), Sermo 1 B. Alani, De quindecim gemmis, quinquagena 3. Venetiis, 1665, pag. 253.

 

42 “Procuriamo d'imitare questi schiavi dell'Imperatrice del cielo, e d'intraporci nella sua santa famiglia, che con una tal Padrone e Signora, e con una tal Madre, saremo privilegiati in questa vita, e nell'eredità dell'altra migliorati: che anche nel cielo i beati si pregiano d'essere stati servi di questa gran Signora, e si recano ad onore d'essere conosciuti per ischiavi suoi. Perché siccome i servi dei re, dice un Dottor grave (probabilmente il Pelbarto) hanno una livrea e un vestito particolare, col quale si conoscono tra gli altri cortigiani delle Corti loro: così nella Corte del cielo i divoti di Maria avranno una particolare livrea, e una divisa, per la quale saranno da tutti conosciuti, e campeggieranno sopra tutti gli altri Beati, per servi particolari della Vergine, confidenti e famigliari della sua casa, secondo quello dei Proverbi: Tutti quei di casa sua son ben vestiti, con doppie livree e vestimenta.” NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore... alla SS. Vergine Madre di Gesù, cap. 10. Opere spirituali, Venezia, 1715, II, 355, col. 1. - PELBARTUS de Themeswar, O. M., Stellarium, lib. 12, pars 1, art. 3, Venetiis, 1586, fol. 214, col. 3: “Beata Maria remunerabit in caelo sibi servientes, multipliciter... Quarto, speciali ornatu et gloria, qua prae aliis discernuntur quod sunt servi Mariae. Sicut enim videmus in regia curia, quod servi regis et reginae certis notabilibus clenodiis deauratis ornati procedunt per quae cognoscuntur fore servi regis vel reginae, et speciali purpura vestiti ambulant: ita in curia caelesti, servi Christi et Mariae specialem gloriam habebunt refulgentem. Unde Prov. ultim. (XXX, 21): Omnes domestici eius vestiti sunt duplicibus. Domestici Mariae sunt fideles servi eius, qui per Mariam vestiuntur duplici stola praecipua, scilicet animae et corporis.”

 

43 “Ebbe di poi bellissima visione della Beata Vergine, e parlò di quella sotto figure mirabili, mirabilmente. Cominciò primieramente a dir così: “Veggo Maria, sedente sorpa una navicella, vestita d'abiti candidi e lucenti, coperta di real ammanto, carico di gioie e pietre preziose, accompagnata da innumerabil drappello di spiriti beati.” Dipoi seguì di ragionare di questo medesimo soggetto con gran veemenza di parole.” PUCCINI, Vita, Firenze, 1611, Aggiunta alla Vita, parte 4, cap. 23 bis, pag. 301. - Cf. PUCCINI, Vita, Venezia, 1671, cap. 95, pag. 159.

 

44 Commune festorum B. M. V., Antiphona 3 in II nocturno.

 

45 CAESARIUS, Heisterbacensis monachus, Ord. Cist., Illustrium miraculorum et historiarum memorabilium libri XII, Antverpiae, 1604, lib. 7, cap. 22, pag. 408-410. La narrazione comincia così: “In Arnsburgh, domo Ordinis Cisterciensis, fuit quidam frater, devotissimus erga Beatam Virginem Dei Genitricem Mariam: hic dum aliquantum temporis in eius domo servitium peregisset, aestu cordis incredibili coepit anxiari, aliquam sibi specialem visitationem a Matre misericordiae cupiens impartiri.” E così finisce: “Haec mihi relata sunt a religiosa vidua, sorore eiusdem fratris, quae omnia testata est se veraciter intellexisse.” Non viene però indicato il nome di quel divoto religioso.- Manca del tutto il racconto nell'edizione di Colonia, ecc. “recognovit Iosephus Strange”, 1851. - L'opera venne chiamata dall'autore Dialogus miraculorum, e divisa da lui “in Distinctiones” e non già in “Libros”. - Viene confermata la narrazione del Cesario e completata coll'indicazione del nome di quel fortunato divoto di Maria, dal Menologium Cisterciense: “Duodecimo calendas ianuarii (21 decembris): In Arnsburg; Germaniae coenobio, beatus Thomas monachus, sanctitatis titulo illustris, et beatissimae Virginis ferventissimus cultor; quam non modo videre, sed et suavissime canentem audire, singulari dilectionis privilegio meruit; atque revelationibus et signis admirandus, felicissimo fine quievit.” Grisostomo HENRIQUEZ, Menologium Cisterciense notationibus illustratum, Antverpiae, 1630, pag. 424, col. 1, nota b), riferisce il racconto di Cesario.


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