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Gesù e Maometto: i limiti del Corano la Verità dei Vangeli

Ultimo Aggiornamento: 21/09/2009 23:21
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21/09/2009 23:04

GESU’ E MAOMETTO

Libretto con Imprimatur

ILDEBRANDO A. SANTANGELO

COMUNITA’ EDITRICE 95031 ADRANO (CATANIA)

I - MAOMETTO

Muhammad, ossia in italiano Maometto, nacque alla Mecca tra il 570 e il 580 d.C. dalla stirpe dei Curasciti (Quraysh). Suo padre Abd-Allah, morí prima che egli nascesse. Sua madre, Ami­nah bint Wabb, morí quando egli aveva 9 anni. Maometto fu affi­dato prima al nonno paterno, Abd al Muttalib, poi allo zio Abu Talib. Il ragazzo ebbe un'infanzia triste, rievocata nella Sura 93. I piú antichi autori arabi della « vita di Maometto » riferiscono che quando questo fanciullo passava « gli arbori si piegavano, le rupi erano agitate e si piegavano dall'alto in basso per mostrare il ri­spetto che di lui avevano » (Peirone, Il Corano, 1, p. 38). Fin da principio si scorge la leggenda. Religiosamente la Mecca era pa­gana, con un pantheon di divinità, tra le quali il Corano ricorda: Al-lat (la dea per eccellenza), Al-uzza (la dea potente), Al-manat (la dea della morte), Al-waddu (il dio dell'amore), Al-Hubal e Al­lah (il Dio supremo), ossia Allah-akbar, di cui tutti erano figli.

Erano ancora presenti nella Mecca il culto delle pietre (del quale resta un residuo nell'Islamismo nel culto della pietra nera della Ka’ba), il culto delle sorgenti (di cui resta un residuo nel culto della sorgente di Zemsen) e degli alberi.

Nella Mecca c'erano molti ebrei, come nel resto dell'Arabia, ve­nutivi in due ondate: nella distruzione di Gerusalemme, nel 70, e sotto Adriano nel 138.

Gli ebrei erano installati soprattutto nella zona di Medina, do­ve avevano occupato e coltivato tutto i1 buon terreno raggiun­gendo un alto livello di benessere e una grande influenza sociale, e si erano arabizzati al punto che il re dell'Arabia del Sud, Dhu Nuwas, si era convertito all'ebraismo.

Anche i cristiani erano presenti nell'Arabia; ma quasi tutti eretici e schiavi e, quindi, senza alcuna influenza sociale: essi non avevano i Vangeli e se li trasmettevano oralmente, attingendo, soprattutto ai Vangeli apocrifi, quali il Vangelo di Giacomo e il Vangelo dell'infanzia. D'altronde l'analfabetismo in Arabia era quasi totale.

In tale ambiente crebbe Maometto; non tardò a subire l'influs­so ebraico, per cui abbandonò l'idolatria e si convertí al monotei­smo ebraico; tuttavia gli piacevano i racconti della vita di Gesú e si fece amico di uno schiavo cristiano.

Divenuto carovaniere, un giorno passando vicino a una «lau­ra », ossia a un eremo, vi trovò un monaco di nome Serghiu; restò colpito dalla sua vita di preghiera e di penitenza e restò alcuni giorni presso di lui. L'esempio di quella vita lo colpí profonda­mente e, a suo tempo, orientò la sua predicazione alla preghiera e alla penitenza.

A trent'anni si sposò con la ricca vedova Khadigah, dieci anni piú grande di lui, e ne ebbe quattro figlie.

Dopo un po' di anni, stanco di tutto, si ritirò dal mondo e si ri­fugiò nella caverna di Hira, vicino alla Mecca.

Lí, riflettendo su tutte le sue esperienze passate, le sue idee su Dio, quali gliele avevano comunicate gli ebrei, divennero chiaris­sime e sentí di avere la missione di farle conoscere a tutti. Tale missione non fu preceduta da alcuna preparazione, ma si mani­festò d'un colpo.

Uscito dalla caverna si mise a predicare ai meccani il monotei­smo, dichiarandosi inviato da Dio. Un drappello di contadini co­minciò a seguirlo e con essi Maometto fece la prima « umma », os­sia la prima comunità.

Maometto non scrisse nulla; tutta la sua azione consistette nella predicazione di concetti e di frasi che egli andava ripetendo come una poesia; né d'altronde, in un paese di analfabeti si pote­va diversamente. Tale metodo di predicazione è rimasto vivo presso i mussulmani fino ad oggi, ed è la loro catechesi. Il conte­nuto di tale prima predicazione sono le prime sure, ossia i primi capitoli del Corano. Corano equivale a recitazione.

Intanto i meccani, quando Maometto cominciò a farsi notare, gli chiesero un segno di essere egli veramente mandato da Dio, ossia un miracolo che ne garantisse la missione da parte di Dio.

Maometto rispose: « E segno che io vi do è la dottrina stessa che io vi predico ». I meccani, naturalmente, non accettarono tale ga­ranzia e gli dichiararono guerra.

Tale lotta fu veramente aspra e durò nella Mecca per dieci an­ni; tanto che parte dei membri dell'umma dovette emigrare in Etiopia. A un certo punto la situazione di Maometto divenne di­sperata. Fortunatamente egli venne in contatto con un gruppo di commercianti di Yathrib, sita a 400 km dalla Mecca, e li conqui­stò alle sue idee. Essi gli assicurarono l'adesione della loro città; e allora Maometto se ne partí alla volta di Yathrib: era l'anno 622. Tale anno segna la nascita dell'Islam: ed è il I anno dell'egira. Da allora Yathrib venne chiamata Medina.

Allora Maometto, che aveva già assimilato alla Mecca una grande quantità dei racconti del Vecchio Testamento e ne aveva fatto oggetto della sua predicazione coranica, per darle maggiore credito, e che cominciava a pensare di dare una svolta politica al­la sua missione e a costruire uno stato islamico, pensò alla gran­de utilità per la sua causa di un'allenza e di un'assoggettazione degli ebrei; e per meglio legarli a sé ordinò a tutti i suoi seguaci di fare tutte le preghiere di adorazione prostrati a terra e rivolti a Gerusalemme.

Se si fosse mantenuto nella semplice predicazione del mono­teismo e avesse voluto fare uno stato islamico, Maometto avreb­be avuto sempre la fedeltà degli ebrei, anzi li avrebbe attirati da tutta l'Arabia e stati limitrofi, perché essi avrebbero pensato di ricostruire lo Stato d'Israele, fosse pure senza il titolo specifico; ma egli nell'euforia del successo cominciò a predicare di essere l'ultimo dei profeti e il suggello dei profeti; e allora tutti gli ebrei si ribellarono in blocco a lui e da lui si distaccarono. Allora Mao­metto, per ripicca, ordinò a tutti i suoi seguaci di fare le loro pre­ghiere rivolti non piú a Gerusalemme, ma alla pietra nera della Ka'ba meccana. Dopo aver bene rassodato la sua umma a Medi­na sia religiosamente che politicamente, Maometto cominciò a pensare di conquistare la Mecca, sua città natale; e, incoraggiato dal successo di una scaramuccia contro una carovana meccana e contro i soldati meccani accorsi per difenderla, mosse guerra nel 625 (3° dell'egira) contro la Mecca; ma ne restò pienamente scon­fitto. Nel 628 (6° dell'egira) tentò una rivincita, ma fu bloccato dai meccani presso Hudaybiyyah. Allora Maometto ricorse all'a­stuzia e alla frode: fece di tutto per ottenere dai meccani un trat­tato di mutua non aggressione per dieci anni. Ottenutolo, dopo due anni lo infranse unilateralmente, marciò contro la Mecca con le sue truppe e, trovatala disarmata, facilmente la conquistò. Quindi Maometto, assoggettate facilmente alcune tribú dei din­torni della Mecca, ritornò a Medina, divenuta il centro politico della nuova religione-stato.

Lí con la sua instancabile entusiasmante predicazione mise le basi di quello che doveva in seguito divenire l'impero islamico. Morí nel 632 (11° dell'egira).

VALORE DI MAOMETTO E DEL CORANO
Maometto è stato senza dubbio un grande uomo e trascinatore di folle. I suoi contatti con gli ebrei e con i cristiani gli diedero la certezza della fede in un solo Dio, e, contemporaneamente la co­scienza della sua discendenza da Abramo, padre di Ismaele capo­stipite degli arabi, e di Isacco, capostipite degli ebrei. I suoi con­tatti con monaci cristiani gli fecero conoscere la grandezza, la bontà e lo zelo di Gesú e quindi la bellezza di Maria, madre di Ge­sù, per cui concepí un'immensa stima per entrambi, come mani­festa ripetutamente nel Corano. I suoi contatti con cristiani ere­tici, particolarmente con ariani, gli diedero la convinzione che Gesú era stato un grandissimo profeta; ma solo questo; e stimò e raccomandò il Vecchio e il Nuovo Testamento come libri rivelati da Dio.

Convintosi che egli era l'ultimo e il piú grande dei profeti per ristabilire in tutto il mondo la fede nell'unico vero Dio, si diede, anima e corpo, a questa grande missione.

La sua opera fu veramente grande: egli riuscí, a prezzo di gran­di sacrifici e di grandi lotte, a convertire alla fede nell'unico vero Dio moltissime popolazioni pagane e a fondare un grande impe­ro mussulmano e una delle piú grandi religioni della Terra.

Il Corano, che egli andò predicando dovunque poté arrivare, è una bella e ricchissima miniera di grandi verità e di santi precetti per una vita veramente religiosa e umana.

È impossibile trascriverli tutti; si dovrebbe trascrivere quasi l'intero Corano. Ne citiamo soltanto un po':

a) Su Dio

Il Dio, egli è il Dio! Non vi è altro Dio se non lui; egli è il sovra­no, il santo, egli è la pace, il fedele; egli è il vigilante e l'onnipoten­te; egli è il fortissimo e il padrone di ogni grandezza. Si canti a lui l'osanna!

Il Dio! Egli è il creatore, il plasmatore, il formatore di ogni esse­re. Gli appartengono per diritto tutti i piú bei nomi.

« Tutto il creato, in cielo e in terra, canta osanna; egli è il poten­te, il saggio » (S LIX, 22-23-24).

Proclama: « Sia che nascondiate accuratamente ciò che è nel vostro intimo, sia che lo divulghiate, lo conosce Dio, lui che sa as­sai bene ciò che è in cielo e ciò che è in terra. Il Dio su ogni cosa è onnipotente » (S III, 2g).

« Non hanno prestato attenzione agli uccelletti sottomessi alle leggi del volo nell'aere? Nessuno li sostiene tranne il Dio. Eccoli veramente i segni per coloro che credono » (S XVI, 79).

« Lui (Dio), proprio lui è verità, e ciò che gli altri invocano fuor di lui è falsità. Il Dio! Egli è l'altissimo, il grande veramente (S XXII, 62).

b) Sul fare il bene

« Chi fa il bene lo fa tutto a suo vantaggio; chi fa il male dan­neggia se stesso. Al Signore sarete ricondotti » (S xLv, 15)

« Fortunati coloro che credono e operano per il bene! Il Signore li farà entrare nella sua misericordia, e questa è veramente gioia incontestata» (S XLV, 30).

« Osservate la preghiera; non siate avari nelle largizioni; ritro­verete presso il Dio il bene che avrete prima fatto a voi stessi... Dio vede ciò che fate con chiarezza » (S II, 110).

«Non è espressione di pietà volgere il volto a oriente o a occi­dente. È pietà, invece, credere al Dio, credere al giorno finale e agli angeli e alla Scrittura e ai nabi;(*)= (profeta, colui che parla in nome di Dio senza fondare comunità) è pietà impoverirsi, per suo amore, e largheggiare in beni verso i parenti, gli orfani, gli emar­ginati, i pellegrini, i mendicanti; è pietà sciogliere le catene ai pri­gionieri, stabilire il tempo per la preghiera e fare l'elemosina. Quelli che mantengono gli impegni assunti, i pazienti davanti al­la sferza del destino e alla disgrazia e al momento del pericolo... quelli sono giusti, quelli sono i timorati del Dio » (S II, 177).

« O credenti! Temete il Dio! Rinunciate alla vita di strozzini, se veramente siete dei credenti ».

« Se agite diversamente riceverete l'ultimato della guerra da parte del Dio e del suo rasul; ma se vi pentirete, tornerà a voi il capitale e non sarete danneggiati».

« Concedete dilazione al debitore fino a che sia in grado di pa­garvi; ma sarà meglio che gli condoniate tutto; sarà meglio per voi. Se almeno ne foste coscienti!» (S II 278-279-290).

« Non fare boccacce al tuo prossimo; non camminare pestando con arroganza i piedi per terra. Infatti Dio non ama in modo piú assoluto i presuntuosi farciti di vana gloria ».

« Modesto sia il tuo modo di incedere; non alzare mai il volume della tua voce, ché la piú detestata delle voci è il ragliare degli asi­ni» (S XXXI, 18-19).

« O figlio mio, osserva i tempi della preghiera; domanda le cose che sono buone; impedisci le cose sconvenienti e porta pazienza nelle avversità » (S XXXI, 17).

Conforta: « O schiavi, schiavi miei che avete contro voi pecca­to! Non disperate della misericordia di Dio. Il Dio tutti i peccati perdona. Egli è il perdonante misericordioso » (S XXXIX, 53).

«Fate un patto col Dio? Mantenetelo. Avete fatto dei giura­menti? Non violateli. Soprattutto se si tratta di giuramenti solidi e avete preso Dio come garante. Sa bene Dio ciò che operate » (S XVI, 91).

c) Vita eterna

« Ben presto avranno fine le cose vostre, ma quelle che si trova­no presso il Dio non finiranno mai. Pagheremo una buona mer­cede a coloro che furono pazienti e costanti per ricompensa delle loro ottime azioni ».

« Chiunque opera per il bene, maschio o femmina credente, avrà in premio esistenza felice, e li ricompenseremo delle loro azioni piú belle » (S XVI, 96-97).

« La vita di quaggiú è diventata effimera e giochi di bambini, mentre la vita eterna è solo vera vita » (S XIX, 64).

« Quel giorno (quello del giudizio universale) squillerà la trom­ba. Che spavento, Signore, per quelli che in cielo già saranno e per quelli che in terra ancora si troveranno! Tutti a lui andranno contriti » (S XVII, 87).

« Chi si presenterà con un granello di bene, troverà un bene an­cora piú grande e si troverà al riparo dall'angoscia; ma chi verrà portando avanti il male gli sarà esposta la faccia vicinissima al fuoco ».

« Il giorno in cui raduneremo i pii presso il trono dell'abbon­dante in misericordia, saranno trattati con mille riguardi; e spin­geremo in truppa i malfattori al gaharinam, proprio come si spin­gono i greggi verso il pozzo » (S XIX, 85-86).

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