QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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I PADRI NELLA LITURGIA - ANNO B

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 12:16
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26/09/2009 12:14

XVIII DOMENICA

 

Letture:     Esodo 16,2-4.12-15

       Efesini 4,17.20-24

       Giovanni 6,24-35

 

 

1. Sazietà e desiderio senza fine

 

       "Io sono il pane della vita: chi viene a me non avrà piú fame e chi crede in me non avrà piú sete" (Gv 6,35).

       "Chi viene a me" ha lo stesso significato di "chi crede in me". "Non avrà piú fame" vuol dire la stessa cosa di "non avrà piú sete". In un caso e nell`altro è significata la sazietà eterna quando piú nulla manca.

       Precisa, peraltro, la Sapienza: "Coloro che mi mangiano, avranno ancora fame; quelli che mi bevono avranno ancora sete" (Sir 24,29). Cristo, Sapienza di Dio (cf. 1Cor 1,24), non è mangiato fin d`ora fino a saziare il nostro desiderio, ma solo nella misura in cui eccita il nostro desiderio di sazietà; e piú gustiamo la sua dolcezza piú il nostro desiderio si ravviva. Ecco perché coloro che lo mangiano avranno ancora fame fino a che non sopraggiunge la sazietà. Ma, quando il loro desiderio sarà stato soddisfatto dai beni celesti, essi non avranno piú né fame né sete (cf. Ap 7,16).

       La frase: "Coloro che mi mangiano avranno ancora fame", può anche intendersi in rapporto al mondo futuro: infatti vi è in questa sazietà eterna una sorta di fame, che non deriva dal bisogno bensí dalla felicità. I commensali desiderano mangiarvi in continuazione: mai soffrono la fame, e nondimeno mai cessano dal venir saziati. Sazietà senza ingordigia, desiderio senza gemito. Cristo, sempre ammirabile nella sua bellezza, è del pari sempre desiderabile, "lui che gli angeli desiderano ammirare" (1Pt 1,12).

       Cosí, proprio quando lo si possiede lo si desidera; proprio quando lo si afferra lo si cerca, secondo quanto è scritto: "Cercate sempre il suo volto" (Sal 104,4).

       Sí, lo si cerca sempre, colui che si ama per sempre possederlo. Per cui, coloro che lo trovano lo cercano ancora, quelli che lo mangiano ne hanno ancora fame, quelli che lo bevono ne hanno ancora sete.

       Tale ricerca, però, rimuove ogni preoccupazione, tale fame scaccia ogni fame, tale sete estingue ogni sete. E` fame non dell`indigenza, bensí della felicità consumata. Della fame dell`indigente, è detto: "Chi viene a me non avrà piú fame, chi crede in me non avrà piú sete". Della fame del beato, invece: "Coloro che mi mangiano avranno ancora fame; quelli che mi bevono avranno ancora sete".

       Il termine fame può intendersi come equivalente di sete, sia che si tratti della miseria, sia che si tratti della felicità; però, se si preferisce sottolineare una differenza, il Salmista ne fornisce l`occasione, allorché dice: "Il pane sostiene il cuore dell`uomo", e: "Il vino allieta il cuore dell`uomo" (Sal 103,15).

       Per coloro che credono in lui, Cristo è cibo e bevanda, pane e vino. Pane che fortifica e rinvigorisce, del quale Pietro dice: "Il Dio di ogni grazia, che ci ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesú, ci ristabilirà lui stesso dopo breve sofferenza, ci rafforzerà e ci renderà saldi" (1Pt 5,10). Bevanda e vino che allieta; è ad esso che si richiama il Profeta in questi termini: "Allieta l`anima del tuo servo; verso di te, infatti, o Signore, ho innalzato la mia anima" (Sal 85,4).

       Tutto ciò che in noi è forte, robusto e solido, gioioso e allegro, per adempiere i comandamenti di Dio, sopportare la sofferenza, eseguire l`obbedienza, difendere la giustizia, tutto questo è forza di quel pane o gioia di quel vino. Beati coloro che agiscono fortemente e gioiosamente!

       E siccome nessuno può farlo di suo, beati coloro che desiderano avidamente di praticare ciò che è giusto e onesto, ed essere in ogni cosa fortificati e allietati da Colui che ha detto: "Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia" (Mt 5,6). Se Cristo è il pane e la bevanda che assicurano fin da ora la forza e la gioia dei giusti, quanto di piú egli lo sarà in cielo, quando si donerà ai giusti senza misura!

 

       (Baldovino di Ford, De sacram. altar., 2, 3)

 

 

2. Caratteristiche del Pane di Cristo

 

       Altro è il cibo che dà salute e vita e altro il cibo che raccomanda e riporta l`uomo a Dio, altro il cibo che ristora i deboli, richiama gli erranti, rialza i caduti, porge ai morenti il distintivo dell`immortalità. Cerca il pane di Cristo, il calice di Cristo, se vuoi che la vita dell`uomo, mettendo da parte le cose periture della terra, si nutra d`un pascolo immortale.

       Ma qual è questo pane, o questo calice, del quale la Sapienza nel libro di Salomone dice a gran voce: "Venite, mangiate il mio pane e bevete il vino, che ho versato per voi" (Pr 9,5)? E Melchisedech, re di Salem e sacerdote del sommo Dio, al ritorno di Abramo, offrí un sacrificio in pane e vino (Gen 14,18). Ed anche Isacco, avendo già dato la benedizione a Giacobbe, poiché Esaú lo supplicava di benedire anche lui, gli rispose: "L`ho già costituito tuo padrone e i suoi fratelli li ho fatti suoi servi, l`ho provveduto di frumento e di vino" (Gen 27,37). Allora Esaú pianse amaramente la sua disgrazia, perché aveva perduto la grazia del frumento e del vino, cioè la grazia della felicità futura.

       Che poi questo pane divino sia offerto a persone consacrate, lo dice lo Spirito Santo per mezzo di Isaia: Cosí dice il Signore: ecco, coloro che mi servono, mangeranno, voi invece avrete fame; coloro che mi servono, saranno felici, voi avrete vergogna, il Signore vi ucciderà (Is 65,13-15). Non solo questo pane è rifiutato da Dio agli empi, ma vien minacciata anche una pena, si parla di morte acerba, come conseguenza dell`ira divina per gli affamati. A questo si riferiscono anche le venerande parole del salmo 33. Dice infatti lo Spirito Santo per mezzo di David: "Gustate e vedete quanto è dolce il Signore" (Sal 33,9). E` dolce il pascolo celeste, è dolce il cibo di Dio e non ha in sé il triste tormento della fame ed espelle dalle midolla degli uomini la malignità del veleno che vi trova. E che sia cosí lo dichiarano i seguenti oracoli della Scrittura: "Temete il Signore, voi che siete consacrati a lui, perché non manca nulla a coloro che lo temono. I ricchi soffriranno la fame, ma quelli che cercano il Signore, non mancheranno di alcun bene" (Sal 33,10). Tu che avanzi paludato nel tempio, che splendi di porpora, il cui capo è coperto di oro o alloro, una turpe indigenza sta per raggiungere il tuo errore e sul tuo capo pende un grave peso di povertà. Colui che tu disprezzi come povero, è ricco; Abramo gli prepara un trono nel suo seno. Tu invece, per mitigare le ferite della tua coscienza, attraverso le fiamme, gli chiederai una stilla d`acqua gocciolante e Lazzaro, anche se volesse, non potrà darti né impetrarti quel lenimento del tuo dolore. A lui è assegnata la vita in compenso dei mali di questo secolo, a te viene assegnata una perpetua pena di tormenti per i beni di questo secolo.

       Perché si capisse meglio quale fosse il pane per mezzo del quale si supera la morte, il Signore stesso lo ha indicato con la sua santa parola, perché la speranza degli uomini non fosse ingannata da false interpretazioni. Dice infatti nel Vangelo di Giovanni: "Io sono il pane della vita. Chi verrà a me non avrà fame, cbi crederà in me non avrà mai sete" (Gv 6,35). La stessa cosa dice nelle frasi seguenti: "Se uno ha sete, venga; e beva, chi crede in me". E di nuovo, per dare la sostanza della sua maestà a coloro che credono in lui dice: "Se non mangerete la carne del figlio dell`uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi".

       O miseri mortali fatti dèi! Cercate la grazia del cibo salutare e bevete il calice immortale. Cristo col suo cibo vi richiama alla luce e vivifica i vostri arti avvelenati e le vostre membra intorpidite. Ravvivate col cibo celeste l`uomo perduto, in modo che rinasca in voi, per grazia di Dio, tutto ciò che è morto. Sapete ormai che cosa val la pena fare, scegliete ciò che vi piace. Di là nasce la morte, di qui sgorga la vita immortale.

 

       (Firmico Materno, De errore prof. relig., 18, 2-8)

 

 

3. Unione del collegio presbiterale con il vescovo

 

       Conviene procedere d`accordo con la mente del vescovo, come già fate. Il vostro presbiterato ben reputato degno di Dio è molto unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canta a Gesú Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell`armonia del vostro accordo prendendo nell`unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesú Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesú Cristo. E` necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio...

       Nessuno s`inganni: chi non è presso l`altare, è privato del pane di Dio (cf. Gv 6,33). Se la preghiera di uno o di due ha tanta forza, quanto piú quella del vescovo e di tutta la Chiesa! Chi non partecipa alla riunione è un orgoglioso e si è giudicato. Sta scritto: "Dio resiste agli orgogliosi" (Pr 3,34). Stiamo attenti a non opporci al vescovo per essere sottomessi a Dio...

       Ognuno e tutti insieme nella grazia che viene dal suo nome vi riunite in una sola fede e in Gesú Cristo del seme di David (cf. Rm 1,3) figlio dell`uomo e di Dio per ubbidire al vescovo e ai presbiteri in una concordia stabile spezzando l`unico pane che è rimedio di immortalità...

       Come Gesú Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l`Eucaristia che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato. Dove compare il vescovo, là sia la comunità, come là dove c`è Gesú Cristo ivi è la Chiesa cattolica. Senza il vescovo non è lecito né battezzare né fare l`agape; quello che egli approva è gradito a Dio, perché tutto ciò che si fa sia legittimo e sicuro.

 

       (Ignazio di Antiochia, Ad Ephes., 4, 1-2; 5, 2-3; Ad Smyrn., 7, 2; 8, 2)

 

 

4. Essere disposti a perdere tutto per guadagnare Cristo

 

       Uomini avidi! Perché restate avvinti al desiderio di guadagno? Perché non apprendere l`arte? Perché non disprezzate ciò che è privo di valore, o meglio, svantaggio e sozzura, per guadagnare Cristo? "Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il vostro patrimonio per ciò che non sazia?" (Is 55,2). A me sembra che ai vostri occhi "il pane disceso dal cielo per dare la vita al mondo" (Gv 6,33) abbia meno valore del vostro denaro!... Se l`avaro stimasse almeno la propria persona piú preziosa della propria fortuna! Se potesse non mettere in vendita la propria anima per amore del denaro, e fintanto che resta in vita, non strapparsi le viscere (cf.Sir 10,10)! E` per contro un commerciante avveduto, un esperto attento al valore delle cose, colui che - parlo evidentemente di Paolo - stimava che la propria anima - ovvero la vita animale e sensibile - non valesse piú di lui (cf. At 20,24), e cioè del suo spirito, con il quale costituiva un tutt`uno e per il quale aderiva a Cristo. Era pronto a perdere la sua anima, al fine di poterla conservare per la vita eterna (cf. Gv 12,25).

 

       (Guerric d`Igny, Sermo de resurrect., 2, 3)

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