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SALITA DEL MONTE CARMELO -opera integrale di S.Giovanni d.Croce

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2009 10:12
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29/09/2009 22:08

 

CAPITOLO 38

Ove si continua a parlare dei beni spirituali che accendono la devozione. Si parla degli oratori e dei luoghi consacrati alla preghiera.

1. Credo di aver fatto capire come la persona spirituale che ripone la gioia e il compiacimento nelle cose accessorie delle immagini possa cadere in molte imperfezioni, forse anche più pericolose che se essa si attaccasse agli altri beni corporali e temporali. Dico: forse di più, perché, sostenendo che sono cose sante, si sente più sicura e non ha paura dello spirito di possesso e di attaccamento naturale. Così facendo, si sbaglia profondamente, pensando di essere già colma di devozione, perché prova gusto per queste cose sante, mentre forse è solo una disposizione e una tendenza naturale che inclina verso questi oggetti come verso altri.

2. Parlerò adesso dei luoghi di preghiera, in cui alcune persone non si stancano di appendere sempre nuove immagini. Si compiacciono di disporle con ordine e gusto, perché l’oratorio sia ben decorato e faccia bella figura. Non amano di più Dio a motivo di queste cose, anzi meno, perché, come ho detto, sottraggono alla realtà vivente l’amore che portano ai dipinti e agli ornamenti. Senza dubbio ogni ornamento, ogni addobbo e tutta la venerazione che si può avere per le immagini è poca cosa rispetto a quello che esse meritano. È anche vero che coloro che le trattano con poco decoro e rispetto sono da biasimare, e ugualmente quelli che le fanno così male che, anziché favorire la devozione, la fanno passare; per questo si dovrebbe proibire a certi artigiani l’esercizio di quest’arte, perché, incapaci, lavorano rozzamente. Ma tutto questo cos’ha a che fare con lo spirito di possesso, l’attaccamento e l’affezione che tu hai per questi ornamenti e decorazioni esteriori, se ti assorbono i sensi fino a impedire al tuo cuore di andare a Dio e di amarlo dimenticando tutte le cose per amor suo? Se a causa di quelle cose manchi al tuo dovere, non solo non sarai gradito a Dio, ma egli ti punirà, perché hai cercato in tutte le cose il tuo piacere e non il suo. Tutto questo lo puoi comprendere molto bene se pensi alla festa che fecero al Re divino quando entrò in Gerusalemme. Lo accolsero con canti e rami d’olivo (Mt 21,8-9; Mc 11,8-10; Lc 19,37-38; Gv 12,13), mentre il Signore piangeva (Lc 19,41). Essi, infatti, avendo il cuore lontano da lui, credevano di ripagarlo dei suoi benefici con quelle manifestazioni esteriori. In realtà facevano festa più a se stessi che a Dio. Anche oggi non mancano persone che, quando vi è una festa solenne da qualche parte, si rallegrano, più che per l’onore che ne viene a Dio, per i divertimenti che vi trovano, per la possibilità di ammirare ed essere ammirati, per il mangiare bene e per altre cose di questo genere. Simili inclinazioni o intenzioni non sono affatto gradite a Dio, soprattutto quando gli organizzatori delle feste vi introducono cose ridicole e profane, solo per far ridere la gente, contribuendo così a farla distrarre maggiormente; altri poi organizzano cose che, invece, di suscitare devozione, solleticano il piacere della gente.

3. Cosa dire poi di altri interessi che alcuni hanno nelle feste che celebrano? Essi sanno, e Dio vede, che badano più al guadagno che alla gloria di Dio. In ogni caso, quando accade così, siano pur certi che fanno festa a se stessi, non a Dio. Tutto ciò che fanno per procurare piacere a se stessi o agli altri, Dio non lo considera. Anzi vi sono molti che si rallegreranno con coloro che partecipano alle feste del Signore, mentre Dio si adira con loro, come fece con i figli d’Israele allorché, pensando di festeggiare Dio, ballavano e cantavano davanti al loro idolo: Dio ne fece morire molte migliaia (Es 32,7-28). Anche i sacerdoti Nadab e Abiu, figli di Aronne, furono stroncati da Dio con gli incensieri in mano perché offrivano un fuoco illegittimo (Lv 10,1-2). Allo stesso modo il Signore s’indignò con quel tale che era entrato nella sala del banchetto vestito male, senz’abito nuziale: Il re comandò che fosse gettato nelle tenebre esteriori con le mani e i piedi legati (Mt 22,12-13). Da ciò si vede che Dio non sopporta quelle irriverenze che si commettono nelle feste fatte in suo onore. Quante feste, mio Dio, fanno i figli degli uomini, nelle quali viene onorato il demonio più di te! Al demonio piacciono, perché in esse, come il mercante, trova la sua piazza di mercato. Quante volte, Signore, dirai di esse: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me, perché mi serve senza motivo! (Mt 15,8-9). Dio, infatti, dev’essere servito solo per quello che è, non frapponendo altri fini; se non lo serviamo solo per quello che è, lo serviamo senza considerarlo come causa ultima.

4. Tornando agli oratori, dico che alcuni li adornano più per la loro personale soddisfazione che per piacere a Dio. Altri, al contrario, si preoccupano talmente poco del rispetto che ad essi è dovuto da non stimarli più dei loro salottini privati, anzi meno, poiché hanno più gusto per le cose profane che per quelle divine.

5. Ma per il momento lascio da parte queste persone e parlo di quelli che si comportano in maniera più sottile, cioè di coloro che si considerano persone devote. Vi sono molti fra costoro che provano una tale attrazione per il loro oratorio e un tale piacere nell’addobbarlo da impiegarvi tutto il tempo che dovrebbero dedicare a pregare Dio e a raccogliersi interiormente. Non si accorgono che se tutto questo non è finalizzato al raccoglimento interiore e alla pace dell’anima, sarà motivo solo di distrazione, come tutto il resto; il loro attaccamento e il loro gusto saranno fonte di continua inquietudine, soprattutto se qualcuno provasse a impedirglielo.

CAPITOLO 39

Ove si parla di come ci si deve servire degli oratori e dei templi, considerandoli mezzi per elevare lo spirito a Dio.

1. Per elevare lo spirito a Dio attraverso gli oggetti di culto è opportuno ricordare che ai principianti è permesso, come del resto è anche utile, provare qualche gusto o piacere sensibile per le immagini, gli oratori e altri oggetti materiali di devozione. Essi, infatti, non hanno ancora perduto il gusto e non sono ancora distaccati dalle cose di questo mondo, così da poterlo sostituire con il gusto dell’altro. Si fa così anche con il bambino, per non farlo piangere: gli si toglie una cosa dalla mano dandogliene subito un’altra. La persona spirituale che vuole progredire deve ugualmente spogliarsi di tutti questi gusti e desideri smodati nei quali la volontà può trovare piacere. L’uomo veramente spirituale si attacca molto poco a tutti questi oggetti, perché è intento solo al raccoglimento interiore e alla conversazione intima con Dio. Se utilizza le immagini e gli oratori, lo fa solo di passaggio e subito fissa il suo spirito in Dio, dimenticando tutto ciò che è sensibile.

2. Pertanto, sebbene sia meglio pregare dove c’è maggior decoro, tuttavia, e malgrado ciò, va scelto il luogo dove i sensi siano meno attratti e lo spirito possa andare meglio a Dio. A questo proposito occorre qui ricordare quanto il Signore rispose alla samaritana, quando gli chiese quale fosse il posto migliore per pregare, se il tempio o il monte. Il Maestro le rispose che la vera preghiera non è legata né al monte né al tempio, ma che i veri adoratori graditi a Dio sono quelli che lo adorano in spirito e verità (Gv 4,23-24). Di conseguenza, se i templi e i luoghi appartati sono dedicati e adatti alla preghiera, perché il tempio non dev’essere usato per altri scopi, tuttavia, quando si tratta di una faccenda tanto intima come quella riguardante il rapporto con Dio, occorre scegliere il luogo che attira e cattura meno i sensi. Non dev’essere un luogo ameno e attraente per i sensi, come vogliono alcuni, perché, invece di raccogliersi in Dio, lo spirito si ferma nel diversivo piacevole e gustoso dei sensi. A tale scopo va bene un luogo solitario e impervio, dove lo spirito possa elevarsi sicuramente e direttamente a Dio, non impedito o trattenuto dalle cose visibili. Alcune volte queste aiutano lo spirito a elevarsi, ma solo quando vengono subito dimenticate per fissarsi in Dio. Per questo motivo il Signore di solito sceglieva luoghi appartati per pregare (Mt 14,23), e luoghi che non attraessero molto i sensi, per darci l’esempio. Preferiva luoghi che elevano l’anima a Dio, come i monti che si elevano da terra, generalmente brulli, senza possibilità di distrazione per i sensi (Lc 6,12).

3. La persona veramente spirituale, dunque, non si preoccupa se il luogo per pregare abbia un aspetto piuttosto che un altro, perché questo vorrebbe dire essere ancora legati ai sensi. Va in cerca solo del raccoglimento interiore, dimentica di tutte le altre cose, scegliendo quindi il luogo più spoglio di oggetti e di attrattive sensibili. Inoltre non presta attenzione alle cose esteriori, onde gustare meglio il suo Dio, lontana da tutte le creature. Desta meraviglia vedere persone spirituali che occupano tutto il loro tempo nell’adornare oratore e preparare angolini adatti al loro temperamento e alla loro inclinazione. Quanto, invece, al raccoglimento interiore, che è la cosa più importante, ne hanno molto poco e ne tengono poco conto; se l’avessero, non proverebbero soddisfazione, anzi si stancherebbero di tutti quegli ornamenti e decorazioni.

CAPITOLO 40

Ove si continua a indirizzare lo spirito verso il raccoglimento interiore attraverso l’uso dei beni di cui si parla.

1. Il motivo per cui alcune persone spirituali non riescono mai ad entrare nella vera gioia dello spirito è perché non si decidono a staccarsi dal godimento che procurano le cose esteriori e visibili. Si ricordino che, se il luogo migliore e più adatto alla preghiera è il tempio o l’oratorio visibile, se l’immagine serve a questo scopo, non necessariamente si deve riservare il piacere e il godimento spirituale al tempio visibile o all’immagine, dimenticando di pregare nel tempio vivo, che è la parte più intima dell’anima. Questo è appunto quanto ci ricorda l’Apostolo quando dice: Non sapete che siete tempio di Dio e lo Spirito Santo abita in voi? (1Cor 3,16). Questa riflessione ci riporta all’affermazione di Cristo, già citata: I veri adoratori devono adorare in spirito e verità (Gv 4,24). A Dio, infatti, interessano poco le tue preghiere e i tuoi luoghi ben adornati se, riponendo in queste cose il tuo piacere e la tua soddisfazione, non sei distaccato interiormente e non hai la povertà spirituale, la quale consiste nella rinuncia a tutte le cose che puoi possedere.

2. Per purificare la volontà dalla gioia e dalla vana soddisfazione che provi in queste cose e indirizzarla a Dio nella tua preghiera, devi fare in modo che la tua coscienza sia pura, la tua volontà sia rivolta interamente a Dio e la tua mente unicamente fissa in lui. Poi, come ho già detto, devi scegliere il luogo più appartato e solitario possibile per mettere tutta la gioia della volontà nel pregare e glorificare Dio. Quanto ai piccoli sentimenti di devozione, non farci caso, anzi cerca di respingerli. Se l’anima, infatti, si abitua al sapore della devozione sensibile, non riuscirà mai a possedere, attraverso il raccoglimento interiore, le forti dolcezze spirituali, che si trovano nella nudità dello spirito.

CAPITOLO 41

Ove si parla di alcuni danni ai quali si espongono coloro che si lasciano andare al gusto delle cose sensibili e dei luoghi di devozione di cui ho parlato.

1. Va incontro a molti inconvenienti, sia interiori che esteriori, la persona spirituale che corre dietro ai gusti sensibili per le cose suddette. Per quanto riguarda lo spazio interiore, l’anima non arriverà mai al raccoglimento dello spirito, che consiste nel fare a meno di tutti questi oggetti, dimenticare tutti i gusti sensibili, rifugiarsi nel suo intimo e acquisire virtù solide. Circa gli inconvenienti esteriori, risulta che non riesce a pregare in tutti i luoghi, ma solo in quelli di suo gusto, e così, molte volte, mancherà alla preghiera, perché, come si dice, sa leggere solo nel suo libro.

2. Oltre a ciò, tale attrazione per i gusti sensibili provoca nelle persone spirituali continui cambiamenti; appartengono a questa categoria di persone coloro che non sanno stare a lungo nello stesso posto e a volte non perseverano nella loro vocazione. Li vedrete oggi qua, domani là; ora scelgono un eremo, ora un altro; ora addobbano un oratorio, ora un altro. Vi sono anche di quelli che passano la vita a cambiare stato e modo di vivere. Conoscono solo quel fervore e quei gusti sensibili per le cose spirituali. Non si sono mai sforzati di arrivare al raccoglimento spirituale attraverso la rinuncia alla loro volontà e l’adattamento ai disagi. Ogni volta che vedono un luogo devoto di loro gradimento, o qualche forma di vita o stato che si addica al loro temperamento o inclinazione, vi corrono subito, abbandonando quello che prima avevano abbracciato. Ma poiché si lasciano muovere dall’attrazione sensibile, ben presto cercano qualcos’altro, perché l’attrazione sensibile non è costante, ma viene meno molto presto.

CAPITOLO 42

Ove si parla di tre diversi luoghi di devozione e come deve comportarsi la volontà nei loro riguardi.

1. Credo che ci siano tre diversi tipi di luoghi per mezzo dei quali Dio è solito indurre la volontà alla devozione. Il primo tipo è caratterizzato dalla conformazione del suolo e della località. Il loro aspetto gradevole, la varietà del terreno e della vegetazione, la tranquilla solitudine risvegliano facilmente la devozione. È bene approfittare di questi luoghi, ma a condizione di dimenticarli subito per elevare la volontà verso Dio, perché chi vuole raggiungere il fine non deve fermarsi ai mezzi e alle cause. Se si cerca in essi un piacere e un profitto per i sensi, si troverà invece solo aridità e distrazione per lo spirito: la soddisfazione e la gioia dello spirito si trovano solo nel raccoglimento interiore.

2. Per questi motivi, quando si è in luogo di tal genere occorre, dimentichi di esso, cercare di stare intimamente con Dio, come se non si fosse in quel luogo. Se ci si ferma alla gioia e al piacere derivante dal luogo, si ricerca una ricreazione per i sensi e uno spazio all’instabilità dello spirito piuttosto che la pace interiore. Così facevano gli anacoreti e i santi eremiti, che nei vastissimi e affascinanti deserti occupavano meno terra possibile per costruirvi celle anguste e grotte dove isolarsi. San Benedetto rimase tre anni in una grotta; un altro, di nome san Simone, si legò con una corda per non andare oltre il limite fissato da questo legame. Così pure fecero molti altri che non finirei di ricordare. Quei santi avevano capito benissimo che se non avessero mortificato le loro tendenze sregolate e la bramosia di gioie e soddisfazioni spirituali, non avrebbero potuto raggiungere le gioie dello spirito né diventare spirituali.

3. Il secondo tipo di luogo che agevola la devozione è molto particolare, perché riguarda alcuni posti, non importa se deserti o meno, nei quali Dio è solito accordare ad alcune persone grazie spirituali assai piacevoli. Così, ordinariamente, accade che il cuore della persona favorita da Dio rimanga legato al luogo dove ha ricevuto la tal grazia e prova spesso il desiderio fortissimo di ritornarvi. Ma quando vi ritorna, non avverte più le stesse sensazioni di prima, perché non dipende da lei ricevere simili favori. È Dio, infatti, che concede queste grazie quando e come vuole, senza essere legato a un determinato luogo o momento e neppure alla volontà di colui al quale le accorda. Tuttavia è bene che la persona ritorni talvolta in quel luogo per pregare, a patto che sia distaccata da ogni cosa, per tre motivi: primo, perché se, come dicevo, Dio non è legato ad alcun luogo, sembra però che abbia voluto legarsi a quello lì per esservi lodato dall’anima alla quale ha concesso quella determinata grazia. Secondo, perché l’anima si dispone meglio a ringraziare Dio per il beneficio che ha ricevuto in quel luogo. Terzo, perché lì la devozione si risveglia di più, grazie al ricordo.

4. Questi sono i motivi per cui è bene che la persona ritorni in quel luogo, non ritenendo, però, che Dio sia obbligato a concederle favori proprio lì e non altrove. L’anima, infatti, è il posto più adatto a Dio di qualsiasi altro luogo terreno. Leggiamo nella sacra Scrittura che Abramo innalzò un altare dove Dio gli era apparso e lì invocò il suo nome; in seguito, di ritorno dall’Egitto, ripercorse la stessa strada, ritornò dove gli era apparso Dio e lo invocò di nuovo sullo stesso altare che aveva edificato (Gn 12,8; 13,4). Anche Giacobbe contrassegnò il luogo dove gli era apparso Dio in cima alla scala, elevandovi un pietra cosparsa di olio (Gn 28,13-18). E Agar, apprezzando molto il luogo dove le era apparso l’angelo, gli diede un nome dicendo: Qui dunque sono riuscita ancora a vedere, dopo la mia visione? (Gn 16,13).

5. Il terzo tipo di luogo che stimola la devozione è quello che Dio sceglie in particolar modo per esservi invocato, come il monte Sinai, dove diede la legge a Mosè (Es 24,12), o il luogo che indicò ad Abramo per sacrificarvi suo figlio (Gn 22,2). È altresì il monte Oreb, dove apparve al nostro padre Elia (1Re 19,8), e il monte Gargano – scelto da Dio per il suo servizio – dedicato a san Michele, che apparve al vescovo di Siponto, al quale rivelò di essere lui il custode di quel luogo e comandò di erigervi un oratorio in memoria degli angeli. Anche la gloriosa Vergine scelse a Roma, per mezzo del prodigio della neve, il luogo dove chiese a Patrizio di erigerle un tempio.

6. Solo Dio conosce il motivo per cui sceglie questi luoghi, invece di altri, per esservi lodato. A noi basti sapere che servono al nostro profitto spirituale e che Dio ascolta le nostre preghiere lì e ovunque lo preghiamo con fede viva. Tuttavia i luoghi consacrati al suo servizio sono un’occasione più propizia per essere esauditi, perché la Chiesa li ha segnalati e riservati a questo scopo.

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