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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Spiegazione della Santa Messa di dom Prosper Gueranger abate

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2010 23:53
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30/03/2010 23:39


XXII - MEMENTO DEI VIVI

Memento, Domine, famulorum famularumque tuarum N. et N., "Ricordati, o Signore, dei tuoi servi e serve N. e N.". Il sacerdote, congiungendo le mani, fa menzione in silenzio di coloro che ha intenzione di raccomandare.
Il sacerdote ha dunque inizialmente pregato per la santa Chiesa in generale, per il Papa, per il vescovo e per tutti i cattolici ortodossi, cioè per tutti coloro che vivono nella fede della santa Chiesa. Il santo Sacrificio, i cui frutti sono infiniti, opera tuttavia in modo speciale per quelli che sono oggetto d'una supplica particolare. Ecco perché il sacerdote ha il permesso di menzionare qui tutti coloro che desidera raccomandar a Dio in modo speciale. La Tradizione ci dice che in ogni tempo il sacerdote ha avuto la facoltà di pregare con particolare fervore per coloro che più l'interessavano, perché fossero loro applicati in modo speciale i frutti del santo Sacrificio, senza pregiudizio dell'intenzione principale.

Allargando di nuovo le braccia, il sacerdote continua la sua preghiera e dice: Et omnium circumstantium, quorum tibi fides cognita est et nota devotio. Prega per tutti coloro che sono presenti e che lo circondano, perché la fede ha fatto lasciar loro tutte le cose per venire a riunirsi intorno all'altare e, di conseguenza, hanno diritto ad una parte molto speciale nel Sacrificio. Ecco perché, per quanto è possibile, è conveniente assister alla Messa. Ma bisogna assistervi con fede e devozione, perché lo stesso sacerdote dice: quorum tibi fides cognita est et nota devotio.
È chiaro che il sacerdote non può dire questo a Dio a proposito di quei cristiani che stanno nella Chiesa come starebbero in qualunque altro luogo, senza preoccuparsi affatto di ciò che accade sull'altare, e vi stanno in modo più o meno sconveniente per tutto il tempo che dura la celebrazione del santo Sacrificio. Solo coloro che hanno fede e devozione - quorum tibi fides cognita est et nota devotio - sono quelli che, quando vi assistono, partecipano ai frutti della Santa Messa.

In quanto a quelli che sono legittimamente impediti ad assister al santo Sacrificio, se si uniscono ad esso col desiderio, con fede e devozione, quantunque siano lontani partecipano di tutti i suoi frutti, al pari di coloro che vi sono presenti corporalmente.
Il sacerdote, salendo all'altare, non deve farsi del santo Sacrificio un'idea personale e limitata. No, egli in questo momento ha tra le sue mani tutta la Chiesa e prega con le braccia allargate come pregava Nostro Signore nell'offrire il suo Sacrificio per tutto il genere umano.
Il sacerdote insiste su tutte queste raccomandazioni dicendo a Dio che offre il Sacrificio per quelle persone: prò quibus tibi offeri-mus: vel qui tibi offerunt hoc sacrificium laudis, "per le quali ti offriamo ed esse stesse ti offrono questo sacrificio di lode". La Chiesa adopera l'espressione "sacrificio di lode", sacrificium laudis (più pertinente tuttavia alla salmodia), perché la Santa Messa si celebra anche a lode e ad onore di Dio. Si tratta inoltre d'un'epressione che spesso s'incontra nella Bibbia.

Per chi si offre il Sacrificio? Il sacerdote, parlando sempre di coloro che ha menzionato, continua il suo pensiero e aggiunge: prò se suisque omnibus: prò redemptione animarum suarum, prò spe salutis et incolumitatis suae, "per sé e per tutti i suoi, per la redenzione delle loro anime, ecc.". Così il Sacrificio abbraccia tutto, si estende a tutto. In questa enumerazione figura in primo luogo l'anima, con la formula di petizione che s'incontra spessissimo nelle carte di fondazione durante il Medioevo. Poi la Chiesa si occupa del corpo, e chiede a Dio di mantenerlo sano e saldo in mezzo ai pericoli che l'attorniano: incolumitatis suae. Quindi il sacerdote termina presentando al Dio vivente i voti e le suppliche di tutti i fedeli, in questi termini: tibique reddunt vota sua aeterno Deo, vivo et vero.
Non può il sacerdote pregare qui né per gli infedeli, né per i Giudei e neppure per gli eretici, unicamente perché, a motivo della loro eresia, sono scomunicati e, di conseguenza, fuori della Chiesa Cattolica. Non prega neppure per coloro che, senz'esser eretici, sono tuttavia scomunicati. Sarebbe una profanazione il nominarli nel corso del santo Sacrificio. Si può pregare per essi in segreto, ma non nelle preghiere ufficiali. Sono esclusi dal Sacrificio, poiché sono fuori della Chiesa; di conseguenza è impossibile menzionarli nel corso di essa.

XXIII - COMMUNICANTES

La Chiesa militante non vuoi salire sola all'altare. Ha parlato a Dio del Vicario di Gesù Cristo sulla terra, del vescovo preposto al governo della diocesi, di tutti i cattolici. Ora menziona un'altra categoria di persone che non appartengono più alla Chiesa militante, bensì alla Chiesa trionfante. Considera, e a ragione, che quelli che godono già della gloria nella Chiesa trionfante non per questo sono separati da lei, ma, al contrario, le sono più intimamente uniti in una medesima ed unica Chiesa. Questa Chiesa, è vero, si divide in Chiesa trionfante, purgante e militante, ma tutte e tre sono una medesima ed unica Chiesa. Bisogna dunque presentarsi a Dio non solamente con i santi della terra, ma anche con i Santi del cielo, di conseguenza il sacerdote aggiunge: Communicantes, et memoriam venerantes..., "Sì, veneriamo quelli che nomineremo, ed onoriamo la loro memoria", perché sono giunti alla gloria e possiedono Dio per sempre. Noi siamo uniti a loro e con loro siamo in comunicazione diretta, formando una sola cosa con loro nel Sacrificio.

E chi sono? In primis gloriosae semper Virginis Marìae, Genitricis Dei et Domini nostri Jesu Christi. "Innanzitutto", la Santissima Vergine ha il diritto di ricever un onore particolare, e la Chiesa non manca mai di tributarglielo, come esprime qui attraverso l'espressione in primis. "In primo luogo", dunque, dobbiamo parlare di Maria Santissima. Sì, di Maria che è stata ed è sempre Vergine: Vergine prima del parto, Vergine nel parto, Vergine dopo il parto. Inoltre è vera Madre di Dio, che è al tempo stesso Nostro Signore Gesù Cristo. Per tutti questi titoli ha ben diritto d'esser oggetto d'una special menzione. Sed et beatorum Apostolorum ac Martyrum tuorum... La Chiesa fa qui menzione degli Apostoli e dei Martiri di Cristo; ma non dice i nomi dei Martiri se non dopo aver elencato quelli degli Apostoli, che sono qui tutti nominati, ad eccezione di san Mattia, che sarà menzionato più avanti, nella seconda lista, dopo la Consacrazione.

Queste liste portano il nome di dìttici, perché anticamente erano scritte sopra cartoni separati, ornati d'avorio, che si piegavano in due. Ve n'erano diversi: sopra uno di essi erano scritti i nomi dei Santi dei quali si faceva una speciale menzione, su di un altro v'erano i nomi del Papa, del patriarca da cui si dipendeva, del vescovo della diocesi, ecc. Qualche volta se ne trovava aggiunto un terzo, quando nel primo non si faceva menzione del principe cattolico regnante nel paese né dei suoi figli. Infine, un altro dittico conteneva i nomi delle persone che avevano fondato quella Chiesa, l'avevano dotata o le avevano reso qualche altro servigio speciale. Nei dittici, dunque, si enumeravano tutti questi nomi, cosa che a volte risultava essere lunghissima. Se accadeva che alcune delle persone iscritte nei dittici incorreva nell'eresia, il suo nome si cancellava e vi era riammesso soltanto dopo la riconciliazione con la santa Chiesa. Questi usi finirono per cadere, poiché v'erano molte persone che volevano far valer i loro diritti per esser iscritti nei dittici, fatto che finiva per esser un peso. Si stabilì, dunque, di non ammettere che un certo numero di Santi e si determinarono le liste che abbiamo attualmente nel Messale; queste liste ricordano gli antichi dittici.

Nel Communicantes, come nel Confiteor, non si menziona san Giuseppe (13), perché la devozione a questo Santo benedetto era riservata agli ultimi tempi, ed anche perché nei primi secoli la Chiesa preferiva rendere gli onori del culto ai suoi Apostoli e ai suoi Martiri. Inoltre, una volta fissata la forma del Canone, la Chiesa non voleva che si toccasse né modificasse in nulla, neppure nei dettagli, una preghiera liturgica consacrata e stabilita fin dall'antichità cristiana; e, manifestando in questo come in tutto la sua prudenza, si è limitata ai Santi qui menzionati: sed et beatorum Apostolorum ac Martyrum tuorum.

Petri et Pauli. Il pensiero del sacerdote è di esser in unione con tutti questi Santi e di onorarne la memoria. Nomina insieme san Pietro e san Paolo, perché questi due Santi vengono ad essere come uno solo, appartenendo ambedue alla Chiesa romana, fondata grazie alle loro fatiche. Seguono gli altri Apostoli Andreae, Jacobi, Giacomo il maggiore, Joannis, Giovanni il prediletto, Thomee, Jacobi, Giacomo il minore, Philippo, Bartholomasi, Matthaei, Simonis et Thaddaei: Taddeo, detto anche Giuda.

Tutti i Santi fin qui nominati appartengono al Vangelo, ma la Chiesa appartiene a tutti i tempi e, per dimostrarcelo, ha creduto bene collocar accanto a quelli menzionati, che sono il fondamento della Chiesa, altri nomi che sono per essa ugualmente degni di stima e di venerazione. Perciò seguono immediatamente i tre papi: Lini, Cleti, Clementis. Lino, Cleto, Clemente erano stati ordinati tutti e tre da san Pietro; alla morte dell'Apostolo, dunque, a Roma v'erano tre vescovi. Pietro aveva designato Clemente per suo successore, ma questi seppe sottrarsi a tale carica, sebbene alla fine si vide obbligato ad accettarla. Víè chi crede che successe a san Lino, e che san Cleto fu il terzo sulla cattedra di Pietro.
Xysti, ecco ancora un papa: san Sisto II, colui che aveva per diacono san Lorenzo. È celeberrimo e fu decapitato nel cimitero di Pretestato. Porta anche il nome di san Sisto il cimitero di Callisto, dove si trova la cripta di santa Cecilia. Dopo Sisto viene Cornelio: Cornelii, il cui epitaffio è stato trovato nelle catacombe, dal cavaliere De Rossi; questo epitaffio era in due pezzi, uno portava scritto Core l'altro nelius.

Dopo questi Papi viene Cipriano, vescovo di Cartagine: Cypriani. È stato inserito nei dittici col suo amico san Cornelio papa.
Laurentii, è il gran diacono Lorenzo, che appartiene, come i precedenti, alla persecuzione di Valeriano. Quello che segue, Chrysogoni, appartiene alla persecuzione di Diocleziano. Quanto ai santi Joannis et Pauli, sono d'epoca più recente, perché patirono sotto Giuliano l'Apostata.
Infine, Cosmae et Damiani, ambedue medici, non erano romani, ma i loro corpi col passar del tempo furono trasportati a Roma. Subirono il martirio sotto Diocleziano. Questi due Santi chiudono la lista adottata dalla Chiesa in quest'orazione, che ha inizio con la parola Communicantes, senza che sia permesso aggiungerne alcun altro.
La santa Chiesa termina questa preghiera nominando tutti i Santi per i meriti dei quali si raccomanda a Dio: et omnium Sanctorum tuorum; quorum merìtis precibusque concedas, ut in omnibus protectionis tuae muniamur auxilio.

Così si conclude questa terza orazione che è, come le prime due, una preghiera di raccomandazione. All'inizio il sacerdote ha pregato per la santa Chiesa, per il Papa, per il vescovo, per i cattolici, e poi per coloro secondo le cui intenzioni si offre il santo Sacrificio. Ha quindi aggiunto le persone che l'interessano in modo speciale e per ultimo ricorda a Dio l'unione della Chiesa militante e della Chiesa trionfante, facendo udire sull'altare i nomi dei Santi. Queste tre orazioni, cioè il Te igitur, il Memento dei vivi e il Communicantes, formano un tutt'uno; perciò, alla fine di questa terza preghiera, il sacerdote, congiungendo le mani, aggiunge: Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen. Egli medesimo risponde Amen a voce bassa, e più non s'udrà la sua voce sino al Paternoster.

NOTE

13) II nome di san Giuseppe è stato inserito nel 1962 con il decreto De S. Ioseph nomine Canoni Messae inserendo del 13 novembre 1962. Cf. Acta Apostolicae Sedis LIV(1962), p. 873.



XXIV - HANC IGITUR

Terminata l'orazione precedente, il sacerdote, tenendo le mani stese sulle cose offerte, cioè sull'ostia e sul calice, fa una nuova preghiera. Questo atteggiamento, che ha la sua origine nella legge antica, è degno d'essere notato. Quando si presentava al tempio una vittima che doveva esser offerta, il rito dell'imposizione delle mani aveva un duplice significato e una duplice efficacia. La vittima, mediante questa cerimonia, rimaneva per sempre esclusa dall'uso profano e consacrata al servizio e all'onore di Dio. Il Signore prendeva possesso dell'ostia, qualunque essa fosse. Ora la Chiesa, dopo aver già nell'Offertorio separato il pane e il vino dall'uso profano ed averli presentati a Dio, v'insiste ancora, adesso che si avvicina la Consacrazione.

Il sacerdote aspetta con santa impazienza questo momento e, perché la sua oblazione sia favorevolmente accolta dinanzi al trono di Dio, stende le mani sul pane e sul vino e dice queste parole: Hanc igitur oblationem servitutis nostrae, sed et cunctaa familiaa tuae, quaesumus, Domine, ut placatus accipias: diesque nostros in tua pace disponas, atque ab aeterna damnatione nos eripi, et in electorum tuorumjubeas grege numerari. In tal modo, offrendo il santo Sacrificio della Messa, e specialmente in questo momento in cui designa la sua offerta, il sacerdote prega per se medesimo, per tutti coloro che sono presenti e per tutti coloro che gli sono uniti. Chiede che ci sia data la pace in questo mondo, che siamo liberati dall'inferno e che godiamo della gloria del cielo insieme con gli eletti.

In quest'orazione v'è una significativa aggiunta. Inizialmente, infatti, la santa Chiesa non aveva inserito le parole: diesque nostros in tua pace disponas. È stato il papa san Gregorio Magno ad aggiungerle durante l'assedio di Roma da parte dei Longobardi, allorché la città si trovava in estremo pericolo. La Chiesa ha creduto bene di continuar a domandare la pace anche per i tempi presenti, avendo cura di non sopprimere queste parole ispirate al santo Papa dallo Spirito Santo, che spesso, nelle circostanze gravi - secondo la testimonianza del suo segretario Giovanni - si rendeva visibile sotto forma di colomba, stando vicino alla testa di san Gregorio e dicendogli all'orecchio ciò che doveva dire o fare. Quest'orazione si con elude con: Per Christum Dominum nostrum, che il sacerdote dice ricongiungendo le mani, aggiungendo ancora a voce bassa:

Amen.



XXV - QUAM OBLATIONEM

Qui ha inizio la magnifica orazione che si prolunga sino al Memento dei defunti e che racchiude il sublime mistero della transustanziazione. Ecco ciò che dice il sacerdote: Quam oblationem tu, Deus, in omnibus, quaesumus, benedictam, adscriptam, ratam, rationabilem, acceptabilemque facere digneris... La santa Chiesa continua ad occuparsi dell'oblazione, pregando Dio di benedirla (benedictam), ed il sacerdote fa su di essa il segno di croce, affinchè, santificata da questo segno, sia accetta al Signore; adscriptam (ancora un segno di croce): quest'oblazione è talmente importante che deve essere "registrata", cioè che bisogna ben considerarla; ratam (un ultimo segno di croce), deve essere ratificata, approvata e confermata in cielo come cosa buona e conveniente; infine, questa oblazione deve essere rationabilem (14)
Per comprendere tutto questo, bisogna ricordarsi ciò che erano le vittime dell'antica legge, vittime, dopo tutto, grossolane, figure, la cui grandezza procedeva dalla relazione esistente tra esse e il Sacrificio della croce. Il pane e il vino, o - anticipando con la Chiesa l'effetto dell'augusta Consacrazione - il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, sono qui la vera Vittima, l'oblazione spirituale che rende per sempre superflui e sterili gli altri sacrifici.

È in questo senso che san Paolo, scrivendo ai Romani, dice loro che devono offrire a Dio nelle loro persone un'ostia interiore e veramente spirituale: Obsecro vos, fratres, per misericordiam Dei, ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem, sanctam, Deo placentem, rationabile obsequium vestrum, «Voi che siete cristiani - dice l'Apostolo - dovete offrire a Dio non solamente le vostre anime, ma anche i vostri corpi, come ostia vivente, santa, gradita a Dio e ragionevole, cioè spirituale, in opposizione alle vittime della legge antica» (Rm 12,1). Così, dunque, il cristiano deve offrire a Dio persino il suo corpo, facendolo partecipar alla preghiera, praticando il digiuno e la penitenza, per impedire che segua continuamente le tendenze della materia; in una parola, deve far in modo che la parte inferiore del suo essere s'innalzi sino ad unirsi senza ostacolo alla parte superiore.
Ritorniamo ora all'offerta dell'altare. Se questo pane o questo vino dovessero rimanere tali, non sarebbero superiori alle vittime dell'antica legge; ma ben presto si trasformeranno nel Corpo, Sangue e Anima di Nostro Signore Gesù Cristo e, di conseguenza, quest'ostia sarà rationabilem, ossia essenzialmente spirituale. Ma questo non è tutto. Bisogna, inoltre, che l'oblazione sia acceptabilem, ossia che il Signore possa dire: "lo sono soddisfatto dell' offerta che mi è stata fatta".

Ut nobis Corpus et Sanguis fiat dilectissimi Filli tui Domini nostri Jesu Christi. Alle parole Corpus et Sanguis, il sacerdote fa il segno di croce sull'ostia e sul calice. Che l'oblazione si converta nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo! Senza dubbio il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo sono in cielo, ma noi domandiamo che siano prodotti quaggiù, in quest'oblazione che offriamo. È dunque per noi che domandiamo questo cambiamento dell'oblazione nel Corpo e nel Sangue del Signore, perché la Chiesa ce lo fa dire: Fiat nobis, "siano messi a nostra disposizione e divengano nostro nutrimento".

NOTE

14) II Canone Romano e l'anafora di san Giovanni Crisostomo definiscono la santa Messa "oblationem rationabilem" e "logikèn latreìan", a cui partecipano lo spirito e la ragione. Il RIGHETTI a tal proposito osserva: «La formula (quam oblationem) domanda con una serie di termini propri del linguaggio giuridico romano, che l'oblazione diventi in omnibus, interamente, sotto ogni rapporto, benedictam, consacrata; adscriptam, registrata a merito degli offerenti; ratam, ratificata, cioè riconosciuta valida; rationabilem, spirituale, secondo l'elevato concetto del sacrificio che i filosofi greci dichiaravano essere l'unica forma di culto degna di Dio, in opposizione ai sacrifici carnali, cruenti, ormai aboliti; od anche nel senso di "canonica", secondo le debite forme; acceptabilem, gradita»: op. cit, voi. III, Milano 1966, p. 385.






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