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IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2011 11:25
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24/01/2011 11:09

CAPITOLO IX - DURATA DELLE PENE DEL PURGATORIO


È un segreto divino?

E' mera curiosità quella di indagare la durata delle pene delle anime purganti? Se così fosse, tralasceremmo di trattarne, in ossequio ai moniti del Concilio Tridentino: « Ea vero quae ad curiositatem quandam - nella trattazione della dottrina del Purgatorio aut superstitionem spectant... tanquam scandala et fidelium offendicula prahiheant n (Sess. XXV, I. c.).
Riteniamo invece salutare alle anime nostre indagare quanto a lungo la divina giustizia protragga i suoi castighi, per paventarli maggiormente e, se è possibile, per evitarli. Naturalmente soltanto Iddio, nella sua giustizia, conosce la qualità e la durata delle pene dovute ai peccati di ciascuna anima. Se qualche cosa è stato rivelato ne ringraziamo Iddio, perchè ciò è tutto a nostro vantaggio, a vantaggio, diciamo, di noi viventi, onde veniamo a capo di logiche conceguenze e di salutari proponimenti.

Da quello che leggiamo nelle rivelazioni dei Santi e delle anime pie, siamo indotti a concludere che assai lunga è la durata delle pene del Purgatorio, poichè di pochissimi spiriti sappiamo del loro breve soggiorno tra quelle pene, mentre di molti altri si ebbe la rivelazione di lunghissimi anni di Purgatorio. Se qualcuno sentendo parlar di secoli se ne meravigliasse, legga con attenzione il fatto seguente riferito dal P. Nieremberg (Trophaeus Marianus, lib. 4, cap. 29). Una nobile donzella di Aragona, che viveva al tempo di S. Domenico, avendo inteso questo Santo predicare in una chiesa la divozione del Rosario, volle ascriversi alla confraternita da lui stabilita; ma dedita com'era alle vanità del secolo, non tardò molto a dimenticarsi dei suoi santi propositi e degli obblighi assunti. Or accadde che due giovani cavalieri, suoi corteggiatori, si batterono per lei in duello ed uno di essi rimase ucciso. I parenti del morto, per vendicarsene, sorpresa la fanciulla in una sua villa di campagna, la uccisero e ne affogarono il cadavere in un pozzo. S. Domenico, che allora si trovava a predicare il santo Rosario in un'altra città, avendo per rivelazione saputo il fatto, si condusse immantinente in quel luogo, e giunto all'orlo del pozzo nel quale era stato gittato il cadavere dell'infelice fanciulla, si pose a gridare ad alta voce: - Alessandra, Alessandra - chè tale era il nome di lei; - ed ecco il capo del cadavere, che era spiccato dal busto, riunirsi all’istante, e la fanciulla uscire viva dal pozzo, tutta coperta di sangue, e confessarsi al Santo con un profluvio di lacrime. Visse ancora due giorni recitando continuamente Rosari, che S. Domenico aveale dato come penitenza delle sue colpe. - Avendola poi questi invitata a dire che cosa le fosse accaduto dopo morta, essa parlò di tre cose segnalatissime, e cioè:
1° che senza i meriti del santo Rosario, pei quali ottenne la grazia della contrizione perfetta, sarebbe stata immancabilmente condannata all'Inferno, non avendo avuto il tempo di confessarsi;
2° che nel momento in cui spirò, una turba di demoni schifosissimi erano corsi a prenderla per portarsela nell'Inferno, e l'avrebbero indubbiamente fatto se la Vergine Santissima non l'avesse strappata dalle loro mani;
3° (e questo fa al nostro proposito) che per l'omicidio di cui era stata causa, avrebbe dovuto fare 200 anni di Purgatorio. Questo tempo è credibile però che venisse poi abbreviato per le preghiere del Santo. – Il ven. Beda riporta esempi di molte anime che sarebbero rimaste a penare fino alla fine dei secoli se non fossero state soccorse dalle preghiere dei vivi. - San Vincenzo Ferreri aveva una sorella chiamata Francesca, la quale in vita era stata un po' troppo dedita alle cose mondane. Essendosi però in punto di morte confessata con sincero pentimento, fu salva. Pochi giorni dopo comparve al suo fratello mentre celebrava la Messa, tutta circondata di fiamme e straziata da orribili sofferenze, dicendogli che era stata condannata a quelle pene fino al giorno del giudizio, ma che potrebbe esserne sollevata assai ed anche liberata completamente se egli avesse celebrato in suo suffragio le trenta Messe di S. Gregorio. Si affrettò il Santo a soddisfare questo desiderio della sorella defunta, e in capo al trentesimo giorno ella gli apparve fra uno stuolo di angeli mentre saliva al cielo. - Leggendo queste cose non si sa se ammirare maggiormente gli splendori della divina misericordia o la severità della sua giustizia, poichè ambedue vi si rivelano ugualmente a grandissima gloria di Dio.
La durata del Purgatorio è dunque ordinariamente assai lunga, quantunque sempre proporzionata al numero e alla gravità delle colpe commesse; poichè, dice S. Agostino, colui che più invecchiò nel peccato impiegherà maggior tempo a traversare quel fiume di fuoco e in proporzione della colpa la fiamma accrescerà il suo castigo. In quelle fiamme tutto sarà purificato, tutto abbruciato e consumato.
Calcoli di anime in pena

Ciò non ostante vi è qualche cosa che ci atterrisce ancora di più, e cioè la durata dei Purgatorio non più considerata in se stessa, come si è fatto finora, ma considerata secondo la stima che ne fanno le anime. Pensandovi un po', noi vedremo che un'ora sola di Purgatorio sembrerà più lunga di un secolo a quelle povere infelici, sia per l'impazienza estrema in cui vivono di vedere Iddio, sia per il rigore dei loro supplizi.
Riferiamo in proposito la seguente curiosissima storia che si legge negli Annali dei Padri Cappuccini (Tomo III, anno 1618).

Il P. Ippolito da Scalvo essendo stato eletto Guardiano e Maestro de' Novizi in un convento di Fiandra, si sforzava di eccitare nei suoi figli spirituali le virtù proprie del loro stato sublime. Ora accadde che uno de' novizi che avea fatto grandi progressi nella via della perfezione morì mentre il Maestro era assente, per la qual cosa questi provò gran dolore, e la sera del giorno in cui il giovane era morto, essendo ritornato al convento, mentre dopo mattutino si era fermato in coro a pregare, vide farglisi innanzi un fantasma ravvolto tra le fiamme, il quale così gli parlò: - O mio amorevole e buon Padre! impartitemi, vi prego, la vostra benedizione. Per una leggera mancanza da me commessa contro la regola, mi trovo ora in Purgatorio per soddisfare alla divina Giustizia; la bontà del mio Gesù m'ha permesso di rivolgermi a voi, affinchè m'imponiate la necessaria punizione, che io eseguirò in isconto del mio fallo, per essere libero da queste pene. - Rimase atterrito il buon Padre a quella vista e a quei detti, e data di tutto cuore la benedizione al defunto, soggiunse: - Quanto alla penitenza che io, come mi assicurate, debbo imporvi pel vostro fallo, vi darò quella di rimanere in Purgatorio fino all'ora di Prima (circa le otto del mattino). - Udito ciò il novizio, come un disperato si mise a correre per la chiesa e ad urlare Padre snaturato! Cuore durissimo e senza pietà! Come mai volete punire tanto severamente un fallo che in vita avreste appena giudicato degno d'una leggera disciplina? Voi dunque ignorate l'atrocità dei miei tormenti?! Oh penitenza imposta senza carità!
- E ciò dicendo sparì. - Il povero Guardiano che avea creduto di essere stato molto indulgente nell'imporre quella penitenza, si sentì drizzare sulla testa i capelli per lo spavento e pel dispiacere, ed avrebbe voluto rimediare a tanto errore a costo della propria vita, ma non essendo in suo potere il farlo, pensò di suonare la campana del dormitorio. Si svegliarono i frati e corsero in coro, ove udirono il racconto di quanto era accaduto. Si dettero perciò premura di dire subito Prima, nella speranza che ciò giovasse ad abbreviare le pene del povero defunto, ma il povero Guardiano portò scolpito nel cuore per tutta la vita il ricordo di quella scena orribile, e confessava spesso che fino allora aveva avuto un'idea molto imperfetta delle pene del Purgatorio.

Un altro fatto dello stesso genere è citato dal Rossignoli. - Due religiosi si amavano come fratelli e si eccitavano a vicenda alla pratica della santa vita prescritta dalla regola. Ad uno di essi poco prima di morire apparve l'Angelo custode dicendogli che era salvo e che sarebbe rimasto in Purgatorio finchè fosse stata celebrata una Messa in suo suffragio. Chiamato perciò l'amico, con volto ilare lo scongiura di non lasciarlo dopo morte soffrire a lungo nel Purgatorio e di celebrare immediatamente quella Messa. Questi promette, con le lacrime agli occhi. Infatti, appena morto l'amico corse a celebrare per lui. Era appena tornato in sacrestia, dopo la celebrazione, quand'ecco comparirgli l'amico tutto raggiante di gloria, ma col volto atteggiato a malcontento, rimproverandogli di aver dimenticato la promessa e d'averlo lasciato più d'un anno in Purgatorio! - Com'è possibile quanto dici, rispose il religioso meravigliato, se appena tu sei spirato son corso a soddisfare la mia promessa celebrando il santo Sacrificio, che appena ora ho terminato? Se non credi vieni con me e te ne darò la prova facendoti toccare il tuo cadavere ancor caldo. - Allora il defunto quasi svegliandosi da profondo sonno esclamò: - Come sono spaventevoli, ohimè, le sofferenze del Purgatorio! Un'ora sola di pena mi apparisce più lunga d'un anno! Benedetto sia Dio che ha così abbreviato la mia prova, e grazie mille volte a te, o fratello mio carissimo, della premura e carità che mi hai usato. Io salgo ora al cielo, e pregherò Dio che presto ci unisca lassù come fummo uniti sulla terra. -

Da ciò si vede quanto siano insensati coloro che non si curano affatto di far penitenza in questo mondo, aspettando di scontare i loro falli in Purgatorio. - Dell'iniperatore Maurizio racconta la storia ecclesiastica che avendo commesso quand'era sul trono molti e gravi peccati, e avendogli Dio inviato un angelo per chiedergli se sceglieva di scontarli in questo mondo o nell'altro, rispose: - In questo mondo, in questo mondo, o Signore, poichè la mia pena sarà sempre inferiore a quella che patirei nell'altra vita. - Poco tempo dopo uno de' suoi generali per nome Foca, impadronitosi dell'impero, fa condurre l'Imperatore nel circo, lo fa coricare in terra e premendogli col piede la gola, presente tutto il popolo costanti nopolitano, gli fa sgozzare davanti agli occhi tutti i figli, dopo di che uccide colla spada anche lui. Durante quell'orribile carneficina il pio Imperatore non cessava di ripetere il versetto del Salmista: Justus es, Domine, et judicia tua aequitas.

Dagli esempi citati dobbiamo trarre la conclusione che la durata delle pene del Purgatorio è ordinariamente assai lunga e che il calcolo di noi, che ancora viviamo, è ben diverso dal calcolo che le anime purganti fanno delle loro pene. Tanta è l'intensità dei divini castighi in Purgatorio, che un'ora sola può sembrare una eternità a quelle anime in pena.
Queste riflessioni ci ispirino un salutare terrore del Purgatorio ed una più viva compassione per le povere anime purganti, che spesso dimentichiamo con troppa facilità. La infinita santità di Dio non soffre macchia nei suoi eletti, mentre ordinariamente le anime giungono al tribunale di Dio talmente indebitate con la giustizia divina da inorridire al solo pensarvi. i Misericordia Domini, quia non sumus consumpti! » (Lament. Ier. 3; 22) Salve unicamente per grazia di Dio; rimane da soddisfare ai debiti contratti con la divina giustizia.
E neppure dobbiamo meravigliarci e tanto meno lamentarci con Dio, allorchè sembra che dia fondo ai suoi castighi con gli uomini, finchè vivono. Meriteremmo che Iddio aggravasse la mano assai di più... Comunque son pene risparmiate per l'altra vita!


CAPITOLO X - DIO E LE ANIME DEL PURGATORIO

Santità, sapienza e bontà di Dio

Fino ad ora abbiamo parlato del Purgatorio considerato di per sè, e come se esistesse da solo nel mondo sopranaturale, mentre in virtù della comunione dei Santi si trova in continui rapporti colla Chiesa trionfante e colla militante. Studieremo adunque ora queste relazioni, e innanzi tutto tratteremo di quelle che passano fra le anime del Purgatorio e Dio, fra il giudice che condanna e il reo condannato, fra il padre che tende le braccia al figlio esiliato e l'anima che arde d'amore per lui ed affretta col desiderio il momento d'entrare nella paterna dimora.

Una delle cose che più risaltano, per poco che si sia posto mente al fin qui detto, è che il Purgatorio manifesta in modo ammirabile tutte le perfezioni di Dio. Il Salmista ha detto che i cieli narrano la gloria di Dio, ma altrettanto può dirsi di quelle oscure prigioni dalle quali parrebbe dovesse solo diffondersi il dolore e il pianto; eppure Dio in nessuna parte del creato si rivela forse più grande e perfetto come nel Purgatorio. Fra tutte le perfezioni poi che di lui si manifestano laggiù, tre sopratutto emergono in maniera straordinaria, vale a dire la sua santità, sapienza e bontà.
Che il Purgatorio manifesti la santità infinita di Dio nessuno ne dubita. Là infatti troviamo anime sante, uscite di vita nel pieno esercizio della loro carità, predestinate alla gloria, future abitatrici del cielo, oggetto delle compiacenze dell'adorabile Trinità, spiriti eletti che, dopo le lotte della vita, sono sul punto di giungere alla gloria che Dio Padre, nel crearli, aveva loro assegnata. Tuttavia, siccome nei giorni del loro pellegrinaggio hanno contratto delle macchie, Iddio li tiene inesorabilmente lontani da sè; condannandoli ad un fuoco di purificazione, fino al giorno in cui saranno trovati degni di comparire tutti puri, dinanzi al suo cospetto. Forse quelle anime lavorarono molto per la gloria di Dio, sono forse santi sacerdoti che l'han fatto conoscere e amare nel mondo, o religiosi che han tutto abbandonato per lui e che per amor suo abbracciarono una vita di patimenti e di sacrifici, o apostoli che hanno recato il suo nome nelle estreme parti del mondo; ma non importa: basta che abbiano una macchia, una macchia sola, perchè Iddio dimentichi, per ora, le loro opere buone, i loro sacrifici, i loro meriti. Quantunque sia ormai pronta per loro la corona di gloria, quantunque in Cielo il Padre le attenda, hanno da purificare col fuoco quanto in loro non è ancora degno di Dio e della sua santità.

Ci sembra che tra le anime del Purgatorio e Dio passi qualche cosa di analogo a quello che passava tra Dio e il suo Figliol divino sul Calvario. Cristo, figlio prediletto del Padre, splendore della sua gloria, oggetto delle sue eterne compiacenze, appena addossatisi i peccati degli uomini, attira sopra di sè i colpi della divina giustizia, e non v'è più pietà per lui che si è dato come riscatto pei peccati del mondo. Trema la terra, si fendono le roccie, il sole si ecclissa davanti all'Uomo Dio che muore; ma Dio Padre resta impassibile nel silenzio della sua eternità; nulla lo commuove nè intenerisce, neppure quel grido doloroso che gli rivolge la vittima divina: - Mio Dio, mio Dio, perchè mi hai abbandonato! - Il sacrificio dev'essere tutto consumato, la giustizia deve avere il suo corso, dopo di che soltanto egli si ricorderà di esser Padre. - Orbene, anche le anime son figlie predilette di Dio, ma perchè portano ancora impressa l'orma del peccato, egli non le riconosce per tali, e quando il fuoco vendicatore, quando i supplizi e le espiazioni si saranno accumulati sopra quelle meschine, assisterà impassibile a tante torture, anzi se ne rallegrerà, perchè così la sua giustizia sarà soddisfatta. Sarà inutile ogni grido, ogni soccorso implorato, dal cielo, poichè il cielo sarà chiuso per loro, e prima che Iddio si ricordi d'essere padre, ogni macchia dovrà esser distrutta e consumata dal fuoco. - Santa M. Maria Alacoque, che aveva provato in se stessa questi rigori della giustizia di Dio, soleva dire che i tormenti che l'amore divino imprimeva in lei come saggio di quelli che soffrono le anime del Purgatorio erano veramente insopportabili. - S. Caterina da Genova così si esprime a riguardo di questo martirio che la santità di Dio fa soffrire a quelle anime. Il fondamento di tutte le pene è il peccato originale o attuale. Dio ha creato l'anima pura, semplice e netta d'ogni macchia di peccato, con un certo istinto beatifico verso di lui, dal quale istinto il peccato originale, che essa trova in sè, l'allontana; quando poi vi si aggiunge l'attuale, ancora più se ne discosta, e quanto più se ne fa lontana, tanto più diventa malvagia, poiohè Dio meno le dà la grazia della corrispondenza. E poichè ogni bontà o virtù è largita per partecipazione di Dio, il quale corrisponde nelle creature irrazionali come vuole e come ha ordinato e non manca loro mai, ed all'anima razionale corrisponde più o meno, secondo che la trova purificata dall'impedimento del peccato; perciò quando si trova un'anima che si accosti alla sua prima creazione pura e netta, quell'istinto beatifico se le va disco prendo e crescendo tuttavia, con tanto impeto e furore di carità (il quale la spinge verso il suo ultimo fine) che le par cosa insopportabile l'impedimento che prova, e quanto più vede e intuisce, tanto più le riesce dura la pena. Or dunque, siccome le anime che soffrono nel Purgatorio non sono insozzate da gravi peccati, perciò non v'è altro impedimento tra Dio e loro tranne quella pena la quale le ha ritardate dall'audare a lui, e vedendo esse e provando quanto importi ogni minimo impedimento, ne nasce in loro un estremo fuoco, simile a quello dell'Inferno, eccetto nella colpa, che è quella che fa la volontà maligna ai dannati, ai quali Dio non corrisponde colla sua bontà epperciò restano in quella disperata maligna volontà contro la volontà di Dio».

Oltre alla santità, il Purgatorio manifesta ammirabilmente la sapienza e la bontà di Dio. Egli infatti non può solfrire impurità dinanzi a sè, perchè la sua santità infinita vi si oppone. Siccome però quelle infelici sono morte in istato di grazia e nell'esercizio attuale dell'amore e del pentimento; e quindi non possono essere condannate agli odii e alle disperazioni eterne dell'Inferno, e siccome d'altra parte sono chiuse per loro tanto le porte del Cielo quanto quelle dell'Inferno, Iddio ha creato un luogo intermedio, un soggiorno destinato alle espiazioni temporanee, nel quale regni l'amore accanto alla giustizia e alla santità divina. Sì, l'amore, il più tenero amore fu quello che creò il Purgatorio. Per ben comprendere questa verità, dice S. Caterina da Genova, bisogna pensare che quel che d'ordinarìo gli uomini ritengono come perfezione, è difetto dinanzi agli occhi di Dio, perchè tutte le cose che fa l'uomo portano sempre con sè macchie ed imperfezioni quand'egli non riconosca che la perfezione in quel ch'egli fa è puro dono di Dio. Attesa perciò la corruzione del cuore umano, il Purgatorio era il solo mezzo che a Dio rimanesse per salvarci; poichè chi è mai fra noi che potrebbe ripromettersi di presentarsi senza colpe al tribunale divino? Se non vi fosse stato il Purgatorio, bisognava o che la giustizia di Dio avesse lasciato il peccato impunito, il che ripugna all'essenza sua, o che la quasi universalità delle anime fosse rimasta priva per sempre dalla vista di Dio; mentre ora, grazie a quest'amorevole invenzione del Purgatorio, possiamo ancora aspirare alle gioie della visione beatifica. Così nessuna delle perfezioni divine venendo lesa, la misericordia e la verità s'incontrano in quel soggiorno del dolore, la giustizia e la pace si tendono la mano e tutto si compie in perfetto ordine, sicchè dopo espiato il peccato, segue subito il premio delle buone opere, e l'uomo è salvo. - Ed é appunto perchè le anime del Purgatorio comprendono questa verità che invece delle grida di rabbia e di disperazione che si sollevano di continuo dall'Inferno, esse innalzano al cielo fra-le loro pene canti sublimi d'amore ed inni di grazie. Ma, dirà qui taluno, come potrà mai esercitarsi nel Purgatorio la misericordia di Dio, se Iddio si trova quasi impotente verso quelle povere anime, dovendo la sua giustizia aver libero corso? Risponderò che è tale l'armonia delle perfezioni divine, che non mai una nuoce all'altra, e mentre la giustizia è pienamente soddisfatta, la misericordia trova anch'essa sempre modo di esercitarsi; e Iddio che è amore per eccellenza, fa sempre penetrare in quelle oscure prigioni qualche raggio della sua immensa chiarezza. Come poi possa ciò accadere senza ledere la divina giustizia, sarà manifesto da quanto diremo. Per quattro canali la divina misericordia si spande continuamente su quelle povere anime, ed ecco come.

In primo luogo bisogna convenire che quasi sempre le anime sono mandate in Purgatorio in virtù di una disposizione di misericordia, e d'una misericordia tutta speciale. Infatti chi è fra noi che almeno una volta in vita sua non abbia meritato l'Inferno? Se ora passeggiamo per le vie della città o respiriamo l'aria pura della nostra campagna, e godiamo tutti i comodi della vita invece di contorcerci fra le eterne disperazioni dell'Inferno, non è forse -per misericordia di Dio, che avrebbe potuto farci morire già in tante occasioni, coglierci all'impensata e farci piombare in quel baratro dove si trovano tante anime forse meno colpevoli di noi? - Ma ammettiamo per un momento d'aver conservato la nostra innocenza battesimale e di non esserci macchiati giammai di peccato mortale, chi potrà assicurarci di perseverare nel bene? E se in grazia della perseveranza finale, non commettendo nessun grave peccato, noi arriveremo un giorno in Purgatorio, non sarà forse anche questo un dono immenso della divina misericordia? In realtà però il caso dell'innocenza conservata fino alla morte è cosa rarissima, perchè la maggior parte delle anime cadendo più o meno spesso in peccato mortale, si rendono degne dell'Inferno. Eppure per una misericordia gratuita del Signore anche molte di queste si salvano, perchè dopo una vita tiepida e negligente, dopo una serie di cadute e di ricadute nel peccato, purificate da un'ultima confessione ben fatta, sono salve dalle pene eterne. Resterà loro, è vero, una più o meno lunga e dura pena da scontare in Purgatorio, ma potrebbero forse lamentarsene se considerassero quante volte abbiano coi loro peccati meritato l'Inferno? Che dire poi di coloro che si salvano con un atto di perfetta contrizione concepita nei momenti dell'agonia? Queste anime che hanno forse passato tutta la lor vita nel peccato, accumulando confessioni nulle a comunioni sacrileghe, e intorno alle quali il demonio andava già tripudiando credendole sua preda, in virtù d'una grazia tutta gratuita e assai immeritata, s'illuminano ad un tratto, e sulla soglia dell'eternità e in mezzo agli spasimi dell'agonia mandando un grido supremo di pentimento, innalzando al cielo un atto di perfetta contrizione, si trovano perdonate e salve, e invece dell'Inferno che meritavano, non soffrono che le espiazioni temporanee del Purgatorio. Oh misteri della misericordia e dell'amore di Dio! - Il P. Ravignan era di parere che a' di nostri, nei quali pure tante anime ingolfate nei pregiudizi si tengono lontane da ogni pratica di religione, molte se ne salvino per intervento diretto della divina misericordia, la quale non di rado agisce su loro negli ultimi momenti di vita. È vero che in questo caso lo spirito deve purificarsi dalle sue colpe con un lungo e duro Purgatorio, ma che importa quando l'eternità e assicurata? Anche se i supplizi di quelle anime venissero prolungati fino alla fine dei secoli, credete voi che se ne lamenterebbero? Niente affatto; che anzi nel momento in cui presentatesi al divin Giudice ascoltano la loro sentenza, gioiscono esse in cuor loro sapendosi condannate alle temporanee espiazioni di quel carcere, non altrimenti che il condannato a morte, il quale venisse a sapere essergli stata commutata la pena del capo in pochi anni di prigionia.

In secondo luogo la misericordia divina si manifesta laggiù anche nell'applicazione della pena. Infatti per quanto terribili sieno i supplizi del Purgatorio, bisogna. convenire che son sempre molto inferiori a quello che merita il peccato. - Ogni offesa fatta a Dio, per quanto sia leggera, essendo stata fatta verso una Maestà infinita, importa un'espiazione infinita. Quando si considera il peccato sotto questo rapporto, bisogna persuadersi che la misericordia di Dio regna perfino nell'Inferno, come dice S. Caterina da Genova, perchè mentre il peccatore morto in disgrazia di Dio meriterebbe pena infinita quanto all'intensità e quanto alla durata, Iddio nella sua bontà ha voluto renderla infinita solo quanto al tempo, mentre riguardo all'intensità vi ha voluto porre un limite. Se la sola giustizia avesse avuto più severo corso, avrebbe richiesto certamente maggior pena! Altrettanto e con più ragione è delle anime purganti, le quali relativamente ai falli commessi in vita, soffrono molto meno di quel che in realtà meriterebbero.

In terzo luogo la misericordia divina si manifesta laggiù allorchè Iddio abbrevia la durata della pena di qualche anima senza ledere i diritti della sua eterna giustizia, ed ecco come. - In confronto all'eternità il tempo è un nulla, ma considerato in se stesso non è altro che una relazione di atti intimamente concatenati fra loro. Ora moltiplicando gli atti dell'anima Iddio può in un istante dare a questa la sensazione di più secoli, come verosimilmente accadrà a coloro che morranno negli ultimi giorni del mondo, e che dovranno espiare in pochi minuti tutte le colpe della loro vita. Egli è vero che tutte le sensazioni dolorose accumulate in sì piccolo spazio di tempo fanno crescere l'intensità del castigo ìn una proporzione spaventosa, ma quantunque la giustizia eserciti in ciò i suoi pieni diritti, la misericordia non cessa di guadagnarvi, perchè così l'anima viene messa più sollecitamente in possesso della gloria divina. Secondo le rivelazioni da noi già citate e molte altre ancora, pare che simili abbreviazionì di pena siano concesse specialmente alle anime divote di Maria santissima; ed è così che si spiegherebbero i famosi privilegi della Bolla Sabatina di cui parleremo quando dovremo trattare delle indulgenze.

In quarto luogo la misericordia si manifesta nel Purgatorio allorchè Iddio permette ad un'anima di uscirne temporaneamente per far conoscere il suo stato ai viventi e implorarne suffragi. Da che esiste il Purgatorio migliaia di anime hanno visto in tal modo abbreviare le loro pene, ed è certo gran segno di misericordia il sospendere che Dio fa le leggi della natura permettendo al defunto di venire a raccomandarsi agli amici lasciati su questa terra. Iddio non fa nè sempre né per tutte le anime questa grazia, ma si può dire tuttavia che le apparizioni su questa terra di poche di esse giovano a tutte le altre, perchè rianimando la fede nel Purgatorio fanno sì che i fedeli si risveglino dalla loro apatìa e dal loro egoismo ed implorino la rugiada della divina misericordia su quelle anime penanti.
Giustizia divina

Volendo ora dire qualche cosa sulla giustizia che Dio esercita in Purgatorio, non ripeteremo qui ciò che già dicemmo circa la severità di essa, ma studieremo solo una quistione di non lieve importanza che ci si presenta, e cioè se Iddio si tenga obbligato per giustizia ad applicare ad un dato defunto i suffragi che per lui vengono fatti dai viventi. I teologi sono discordi su questo punto, e i dottori scolastici inclinano a credere che Iddio si sia in ciò riservato la più gran libertà. Quel che è certo si è che - almeno quanto alle indulgenze - i Sommi Pontefici e la Chiesa, non esercitando più alcuna giurisdizione sulle anime del Purgatorio, non possono essere ad esse applicate per modo d'assoluzione come ai vivi, ma solo per modo impetratorio, che è quanto dire che la Chiesa invece di rimettere direttamente quella tale o tal altra parte di pena dovuta al peccato, si limita a pregare Iddio onde accetti quell'indulgenza e l'applichi egli stesso nella proporzione che meglio conviene alla sua giustizia. D'altra parte i teologi mistici inclinando verso l'opposto parere, insegnano che tutti i suffragi che si fanno a favore di un dato defunto, vengono a questo da Dio applicati. Pare infatti conveniente che Iddio tenga conto dell'intenzione particolare di quelli che lo pregano, eccetto che ragioni speciali di giustizia non glielo vietino. Se di tali ragioni ve ne siano spesso, è cosa molto ardua a sapersi. Santa Francesca Romana dice che le preghiere e le buone opere che si fanno in questa vita per qualche anima del Purgatorio, sebbene vadano subito a vantaggio di questa, per quel vincolo però di carità che le unisce tutte; servono anche a giovare le altre: se poi siano offerte per un'anima che è già in possesso della gloria, il merito ritorna a colui che le ha fatte, mentre il frutto si spande allora su tutto il Purgatorio.
D'altra parte in molte rivelazioni di Santi vediamo che la giustizia di Dio ha negato talvolta di applicare i suffragi a vantaggio di talune anime per le quali si pregava.

Dalla Santa M. Alacoque abbiamo veduto raccontare di quel nobile personaggio, già da noi menzionato, il quale avendo commesso in vita molte ingiustizie verso i suoi soggetti, vedeva in Purgatorio che i suffragi fatti per lui venivano applicati dalla divina giustizia a vantaggio di quelli che egli vivendo aveva oppressi e danneggiati. Bisogna quindi concludere che Iddio in tal maniera si riserva la più ampia libertà, e che spesso, e fors'anche sempre, l'anima per la quale noi preghiamo non è sollevata dalle sue pene in quella misura che si crede, altrimenti basterebbe guadagnare un'indulgenza plenaria in favore d'un'anima del Purgatorio, o di celebrare in suo suffragio una Messa ad un altare privilegiato, per esser sicuri della sua liberazione, il che è in aperta contraridizione con quanto suol praticare la Chiesa e con quel che ci dicono i Santi nelle loro rivelazioni. Non dobbìamo mai adunque rassicurarci troppo sulla sorte dei nostri cari defunti, ma pregare e pregar molto per loro, poichè senza una speciale rivelazione non potremo mai esser sicuri che essi non abbisognino piú dei nostri aiuti.
E qui sorge spontanea la domanda, che cosa faccia Iddio di quell'eccedenza di suffragi ch'egli rifiuta di applicare al defunto, al quale individualmente erano diretti. A noi pare probabilissimo ed in tutto conforme alle leggi della giustizia distributiva, che queste preghiere non vadano perdute, ma che siano applicate ad altre anime che a Dio meglio piace di sollevare. S. Caterina da Genova così si esprime a tal proposito: - « Quando le persone del mondo offrono a Dio preghiere ed elemosine per diminuire le pene delle anime del Purgatorio, queste anime hanno facoltà di distogliere il loro sguardo dall'oggetto divino che di continuo contemplano, per posarlo su questi atti di carità, ma li veggono solo nella bilancia della divina volontà, lasciando che Dio sovranamente disponga di tutto, affinchè i suoi diritti siano soddisfatti nel modo che più piaccia alla sua infinita bontà. Queste anime poi hanno ben ragione di rimettersi interamente alla bontà di Dio, perchè ne' suoi rapporti con loro non domina la giustizia, ma bensì l'amore. E come non dovrebbe amarle egli che vede in esse le conquiste della sua passione e morte, le future abitatrici del cielo? Egli desidera la fine delle loro pene, e se la giustizia da un lato gli vincola le mani, dall'altro invita noi a soccorrerlo nelle sue membra sofferenti; Tibi derelictus est pauper, orphano tu eris adjutor! (Ps. 9, 34). Queste parole del Salmo si applicano molto bene a quelle anime. Iddio non può far nulla per trarle dalla miseria nella quale sono piombate, e quindi confida a noi la cura di aiutarle; sono esse orfane pel momento, e perciò c'invita ad averne cura ». - Nostro Signore apparendo un giorno a S. Geltrude, le disse: - Tutte le volte che liberi un'anima dal Purgatorio fai un atto a me sì gradito, che più non lo sarebbe se riscattassi me stesso dalla cattività. - Spesso nostro Signore si è perfino abbassato ad implorare dall'uomo suffragi per le sue care anime del Purgatorio. Potremmo citare molti di questi esempi, ma ci limiteremo solo al seguente che è raccontato da S. Teresa nel suo libro delle fondazioni (capo 10).

«Nel giorno dei morti l'illustre Don Bernardino di Mendoza mi fece dono di una casa e di un bel giardino situato in Valladolid, perchè vi fondassi un monastero in onore della SS. Vergine. Due mesi dopo, questo gentiluomo caduto improvvisamente malato perdette la parola, e quantunque con segni esteriori mostrasse il desiderio di volersi confessare e la viva contrizione che aveva dei suoi peccati, tuttavia non potè farlo. Morì egli, e sebbene allora io mi trovassi lontana dalla sua città, il Signore mi fece conoscere che Don Bernardino di Mendoza era salvo, ma che aveva però corso molto pericolo di dannarsi se la misericordia di Dio non si fosse esercitata sopra di lui in considerazione dei doni fatti al convento della Vergine SS. da me fondato; nondimeno l'anima sua non sarebbe potuta uscire dal Purgatorio prima che venisse celebrata nella nuova casa la prima Messa. A tal notizia rimasi tanto commossa che quantunque desiderassi di affrettare più che fosse possibile l'altra fondazione del convento di Toledo, partii immediatamente per Valladolid per sollecitarvi il compimento dell'edificio del convento. Un giorno mentre stavo a Medina del Campo pregando in una chiesa, nostro Signore mi disse che cercassi di affrettare l'apertura del convento di Valladolid, perchè l'anima di Mendoza era in preda ai più atroci tormenti. Me ne partii all'istante sebbene non fossi affatto preparata al viaggio, ed arrivata a Valladolid il giorno della festa di S. Lorenzo, chiamai immediatamente gli operai ed imposi loro di terminare nel più breve tempo i muri del chiostro; e siccome questo lavoro richiedeva ancora qualche settimana, pregai il Vescovo di permettermi l'erezione di una cappella provvisoria per uso delle suore che mi avevano colà accompagnata; il che avendo ottenuto, appena compiuta la cappella, vi feci subito celebrar la Messa, e con mia gran gioia e sorpresa, mentre mi mossi per andare all'altare a ricevere la S. Comunione, vidi l'anima del nostro benefattore, il quale a mani giunte e col viso splendente, ringraziandomi di quanto io aveva fatto per liberarlo dal Purgatorio, se ne saliva al cielo ».

Da ciò si può argomentare con quanta bontà ed amore Iddio s'interessi delle povere anime del Purgatorio. Queste amorose premure di colui che un giorno sarà nostro giudice ci spronino a pregar molto per quelle care sofferenti, affinchè con questo mezzo ci si prepari un giudizio favorevole quando verrà l'ora suprema in cui dovremo comparire al tribunale di Dio e sperimentar forse i rigori della sua giustizia, poiché allora saranno felici i misericordiosi, perché sarà loro usata misericordia: Beati misericordes, quoniam ipsi misericordiam consequentur (Matth., 5, 7).



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