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IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2011 11:25
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24/01/2011 11:17

CAPITOLO XVII - ELEMOSINE E MORTIFICAZIONE

Un balsamo salutare

Fra tutte le opere di carità evangelica, poche ve n'ha che ci siano con tanta insistenza nella Scrittura raccomandate, quanto l'elemosina. Per mezzo di questa, diceva l'angelo a Tobia, l'uomo si salva dalla morte e trova grazia dinanzi a Dio (Tobia XII, 9). Il nuovo Testamento ne parla con tali espressioni, che par quasi sia promessa ricompensa a quelli soli che praticheranno questa virtù. L'Ecclesiastico dice che come l'acqua spegne il fuoco, così l'elemosina spegne il peccato (Eccli. III, 33). Quindi è che il far l'elemosina coll'intenzione di applicarne il merito alle anime del Purgatorio è lo stesso che versare balsamo salutare sulle piaghe che le divorano. Di più, quest'atto acquista allora doppio merito per chi lo fa quello della carità esercitata verso i poveri e quello del sollievo delle anime purganti; sicchè facendo l'elemosina in questo modo si viene ad acquistare con un atto solo il diritto a un doppio grado di gloria nel cielo. Quest'atto poi contribuisce in due maniere al sollievo dei defunti: primo, col valore soddisfattorio che ha di per sè; secondo, colle preghiere che i poveri cosa beneficati fanno pei loro benefattori, preghiere che Dio ha promesso di esaudire in modo tutto speciale: Desiderium pauperum exaucdivit Dominus (Ps. g, 37). Oltre a ciò l'elemosina è quasi la sola opera che possa essere fatta utilmente per le anime del Purgatorio anche da coloro che per disgrazia vivono in peccato mortale, poichè sebbene non abbia per essi la sua virtù soddisfattoria, non cessa tuttavia dall'avere efficacia, se si consideri che le preghiere del povero beneficato sono profittevoli e a colui che ha fatto l'elemosina per ottenergli la grazia della conversione, e all'anima penante in suffragio della quale l'elemosina è stata fatta, per mitigarne le sofferenze. Non deve quindi stupirci il vedere molte anime pie e molti Santi devoti delle anime del Purgatorio ricorrere a questo mezzo tanto efficace. Era questa l'opera prediletta di S. Gregorio Magno, il quale per sollevare più efficacemente quelle meschine, l'accoppiava sempre all'oblazione del divin Sacrificio, e le numerose apparizioni che ebbe gli rivelarono quanto fosse efficace questa duplice carità. Tale uso invalse poi e divenne legge presso i Benedettini ed in molte famiglie religiose, tanto che, come dicemmo altrove, la regola di S. Benedetto prescrive che quando uno dei monaci passa all'altra vita, venga offerto per trenta giorni in riposo dell'anima sua il santo Sacrificio, e durante questo tempo si distribuisca ai poveri la sua porzione di cibo. Le esortazioni poi dei santi Padri a questo proposito sono incessanti ed assai istruttive. S. Ambrogio dice: Quando la morte v'abbia tolto un figlio o un parente amato, per la cui perdita il vostro dolore è inenarrabile, e vorreste ancora poterlo assistere, consigliare, difendere, senza che però possiate far ciò, pensate allora che nulla v'ha di più efficace e gradito a colui che rimpiangete e che forse avreste voluto lasciar vostro erede, quanto l'assistere i suoi coeredi viventi cioè i poveri, a vantaggio dei quali potete fare quel che avreste voluto dare e fare a pro dell'estinto. Così assistendo nella persona dei poveri la persona da voi perduta, metterete questa più sollecitamente in possesso dei beni eterni, invece di qualche misero bene temporale che avreste potuto lasciargli (S. Ambrogio, Sermo de fide resurrectionis): - Dio volesse che i consigli di questo santo Vescovo fossero fedelmente eseguiti! Le anime dei nostri defunti sarebbero efficacemente sollevate, e seguiterebbero a godere indirettamente di quei beni che loro appartenevano, e cori quell'oro che spesso serve ad alimentare la vanità dei vivi persino in futili dimostrazioni di duolo, quelle povere infelici guadagnerebbero il cielo. O mio Dio, inserite voi nel cuore dei ricchi il sentimento sublime che il povero solo può formare la loro felicità.

Un dotto scrittore suggerisce il consiglio, che noi riteniamo molto utile, che quando un povero batte alla porta della nostra casa, o ci stende la mano per la via, noi fingiamo sia un'anima del Purgatorio, quella per esempio d'uno dei nostri parenti, che si rivolge alla nostra carità e ci prega di non dimenticarla: in tal modo non negheremo l'elemosina e faremo efficacissimo suffragio al defunto che ci è caro. Se questo bellissimo pensiero fosse profondamente scolpito nella nostra mente, i poveri vi guadagnerebbero molto in questo mondo, e le anime del Purgatorio ne trarrebbero immensi vantaggi nell'altro.

I Santi, che sono veri modelli di ogni sorta di buone opere, comprendevano tanto bene queste divine lezioni, che la loro carità arrivava all'eroismo. - Il Padre Magnanti, dell'Oratorio, scrupoloso seguace della povertà verso se stesso, era santamente prodigo quando trattavasi di sollevare con l'elemosina le anime del Purgatorio, alle quali aveva dedicato tutta la sua vita; e ogni anno distribuiva a tal uopo somme immense che vari pii signori, conoscendo la sua carità, facevano passare per le sue mani, e non contento di ciò si faceva mendicante egli stesso per sollecitare elemosine a favore dei defunti. Aveva nella sua stanza una borsa che soleva chiamare il tesoro delle anime, crumena animarum, e che quantunque si colmasse ogni giorno, era tuttavia sempre vuota, tanto che questo povero religioso, il quale al mondo non possedeva nulla, arrivò a distribuire in tal modo nel corso di sua vita elemosine da re, soccorrendo così le membra sofferenti del nostro Salvatore Gesù e in questo mondo e nell'altro (Hist. Congr. Orator., lib. a, cap. ag). - Questo fatto del P. Magnanti ci fa ricordare che fin dal quinto secolo S. Giovanni Crisostomo consigliava ai fedeli di Costantinopoli di tenere sempre una borsetta appesa presso il capezzale, affinchè ogni sera prima d'addormentarsi non dimenticassero di gettarvi una moneta, per darla indi ai poveri, affin di liberare con quell'elemosina qualche anima dalle fiamme del Purgatorio, accumulando in tal modo tesori pel cielo. Coloro poi che si trovassero in povertà e fossero quindi impotenti a soccorrere con elemosine le anime del Purgatorio, non debbono creder per questo di esser dispensati dal farle, ma diano in proporzione della loro povertà, poichè Colui che benedisse l'obolo della vedova, terrà conto della loro buona volontà e dell'offerta, anche meschina, che faranno. Se poi non possono esser generosi di denaro, lo siano del loro tempo e delle loro cure, poichè con una parola di conforto che diranno ad un affitto, con un servigio materiale che a loro poco costerà e che forse gioverà molto al loro prossimo, con un'opera misericordiosa qualunque, potranno ottenere allo stesso modo l'intento; diano l'anima loro, il loro cuore, la loro buona volontà a vantaggio dei propri fratelli. Forse gioveranno meglio di ogni altro il loro simile; perché poveri ancor essi e formati alle dure lezioni della miseria, sapranno con più esperienza assistere e confortare nella sventura. E poi la carità è ingegnosa, più ingegnosa dell'avarizia e della sete di guadagno.

Un povero laico della Compagnia di Gesù, zelantissimo delle anime del Purgatorio, deplorando di non esser sacerdote per poterle suffragare col santo Sacrificio della Messa, e trovandosi d'altro lato senza mezzi e relazioni di sorta che lo mettessero in grado di giovarle in altro modo, ricorse ad una santa astuzia, poichè essendo egli portinaio del convento, ogni volta che vedeva entrare qualche personaggio ricco o potente, gli chiedeva elemosina per le povere anime del Purgatorio, e con una parte delle offerte che così riceveva faceva da alcuni ecclesiastici celebrar Messe pei defunti, erogando l'altra parte a vantaggio dei poveri. Per meglio accrescere poi il tesoro dei suoi fratelli defunti, coltivava presso l'ingresso della casa un giardino pieno di bei fiori, che poi offriva ai visitatori, domandando loro in compenso un'offerta per le anime purganti. Non è a dire come quel buon religioso gioisse nel vedere di giorno in giorno aumentare il suo piccolo tesoro. Giunto a morte fu però ampiamente compensato delle sue premure, poichè le anime da lui liberate e sollevate accorsero al suo letto per assisterlo nell'agonia, e lo condussero senza alcun dubbio in cielo a ricevere la ricompensa della sua ingegnosa carità (Heroes et victimae Societatis Jesu, an. 1656)..

Volete, dice S. Agostino, imparare a trafficar bene e a trarre dal vostro denaro copiosi interessi? Date quel che non potete conservar sempre, affin di ottenere quel che non potete perdere mai. Infatti l'elemosina, oltre ad essere utile per le anime penanti, ha una virtù preservativa tutta speciale per impedire che si cada in Purgatorio o per abbreviare la pena di colui che l'ha fatta, poichè Iddio non si lascia vincer giammai in generosità dalle sue creature, che si mostrarono generose verso le altre. Date e vi sarà dato, è la regola evangelica, ed i fatti ci mostrano la verità di tale efficacia.

S. Pier Damiani narra di un'apparizione avuta da un sacerdote nella chiesa di S. Cecilia in Roma, nella quale vide che mentre in mezzo al tempio, sopra un trono magnifico stava la SS. Vergine circondata da S. Cecilia, da S. Agnese, da S. Agata e da uno stuolo di angeli e di beati, si presentò in mezzo a quel celeste consesso una povera vecchia ricoperta di sordide vesti, e con sulle spalle un ricchissimo mantello, la quale appressandosi al divin trono, e inginocchiandosi e piangendo, scongiurò la Madre di misericordia ad aver pietà dell'anima di Giovanni Patrizi suo benefattore morto di recente, e che stava soffrendo in Purgatorio crudeli tormenti. E poichè la SS. Vergine non sembrava commuoversi a tali parole, la vecchierella ripetè per una seconda e poi per una terza volta la sua domanda, ma sempre invano. Allora invocando maggiormente pietà, con dirotto pianto espose alla Vergine come essendo ella in vita una povera mendicante, che nel cuor dell'inverno, coperta da miserabili cenci, domandava l'elemosina sulla porta della basilica a lei consacrata in Roma, un giorno di grande intemperie essendo entrato in chiesa Giovanni Patrizi, ed avendogli essa in nome della Vergine chiesto la carità, egli toltosi dalle spalle il ricco mantello da cui era ricoperto, volle donarglielo. Supplicava quindi che tanta carità, fatta in nome di lei, meritasse all'infelice Patrizio la sua compassione. A tali parole la Regina delle Vergini, rivolgendo alla supplice uno sguardo d'amore, rispose: - L'anima per la quale tu preghi sarebbe condannata per molto tempo a dure pene per le sue numerose colpe, ma poichè in vita praticò in modo speciale la virtù della carità verso i poveri e la devozione verso di me, voglio usarle misericordia. - E ordinato che le fesse condotto dinanzi Giovanni, eccolo comparire fra una schiera di demoni che lo tenevano incatenato, e, pallido e sfigurato come uomo straziato da acuti dolori, fermarsi davanti al trono della celeste Regina, la quale impose ai demoni di lasciare all'istante il loro prigioniero, affinchè andasse a congiungersi al coro dei beati che la circondavano. Ubbidirono essi, e la visione disparve, insegnando così a quel buon sacerdote il gran merito dell'elemosina e la sua efficacia nel preservare e liberare le anime dal Purgatorio (S. Pier Damiani, opusc. XXXIX, capo 4).

E qui vorremmo fare una riflessione e una proposta che potrebbe essere abbracciata da tante anime generose e pie, le quali sempre pronte a venire in soccorso di tutte le opere buone, non negano mai l'obolo della carità, e vorremmo dir loro: Volete voi ricavare doppio profitto spirituale nell'elargire le vostre elemosine a tanti nobili e svariati scopi? Ebbene, nell'erogare il vostro denaro a pro di questa o quell'opera, formate sempre l'intenzione di suffragare le anime del Purgatorio. Gioverete così alla Chiesa militante e alla purgante, e oltre al conforto e al merito del bene che fate, guadagnerete protettrici nel cielo. Sul quale proposito vogliamo narrare qui un fatto molto commovente.

Un povero vecchio portinaio d'un seminario, durante la sua vita aveva accumulato soldo per soldo, coi suoi risparmi, la somma di 800 franchi; non avendo famiglia a cui lasciarli, li aveva destinati a far celebrare tante Messe in suffragio dell'anima sua quando fosse morto. Un giovane chierico che stava per abbandonare quel seminario per recarsi nelle missioni straniere, ebbe occasione di parlare della sua partenza al povero vecchio, il quale, ispirato da Dio, si decise all'istante di erogare a vantaggio della propagazione della fede il suo piccolo peculio, e preso in disparte il giovane missionario, gli disse che quantunque avesse destinato quella somma per far celebrar tante Messe in suffragio dell'anima propria, preferiva nondimeno di restar dopo morto un po' più di tempo in Purgatorio, purchè il nome di Dio fosse glorificato sulla terra e il Vangelo si dilatasse pel mondo. Il giovane sacerdote, commosso fino alle lacrime a tale offerta, volle rifiutarla, ma l'altro insistette tanto e tanto supplicò, che finalmente dovette cedere. Pochi mesi dopo quel buon vecchio morì, e sebbene nessuna rivelazione sia venuta finora a svelarcelo, ci pare di poter affermare che la sua sorte nell'altra vita sia più che assicurata in forza di quest'atto sì eroico. Il cuore di Gesù, nostro padre, è tanto amabile e generoso, che avrà certo data larga ricompensa a colui che si affidò alle fiamme del Purgatorio perchè il suo santo Nome fosse recato agl'infedeli, e l'avrà voluto in cielo senza indugi, dove contemplerà quel Dio che tanto aveva amato su questa terra.

La mortificazione

Il secondo mezzo per soccorrere le anime del Purgatorio è il digiuno, sotto il qual nome generico si comprendono tutti gli atti di mortificazione interiore ed esteriore, tutto ciò che contraddice la natura, e facendola soffrire, ne doma i malvagi istinti. Non insistiamo sull'efficacia di questa virtù per sollevare le anime purganti, diciamo solo che mentre la preghìera e l'elemosina hanno solo per accidens un carattere penitenziale e soddisfattorio, la mortificazione è l'opera soddisfattoria per eccellenza, è il prezzo di riscatto dei peccati commessi. Questa virtù ci deve stare tanto più a cuore, in quanto che è indispensabile, in un certo grado, alla nostra salvazione. L'oracolo divino ha detto che se non faremo penitenza periremo: Nisi poenitentiam habuentis, omnes simititer peribitis (Luca, 11 3). Mortificare quindi il proprio corpo coll'intenzione di suffragare le anime del Purgatorio è lo stesso che assicurare la propria santificazione e procurare nello stesso tempo efficacemente il sollievo dei poveri defunti. Non è poi questa una costumanza che si sia introdotta ai giorni nostri, ma risale fino agli antichissimi tempi; leggendosi infatti nel primo libro dei Re che gli abitanti di Jabes in Galaad appena ebbero appreso la notizia della morte di Saul e dei suoi tre figli, sorsero tosto, e camminando tutta la notte, presero i corpi dei defunti, e seppellitili, digiunarono per sette giorni (Reg. XXX, 13). Sappiamo bene che la parola mortificazione ripugna agli orecchi delicati degli uomini del nostro secolo, i quali considerandola come un avanzo del medio evo, destinato a scomparire insieme colle altre anticaglie, cercano (e in gran parte vi sono pur troppo riusciti) di bandirla dal seno dei cristiani, fra i quali ormai rarissimi sono quelli che la praticano. Sappiamo che la quaresima è diventata una parola vuota di senso, che il digiuno del venerdì è andato in disuso, e che quei pochi obblighi che restano sono da molti derisi e criticati. Però, siccome di peccati se ne commettono come una volta e forse più, e siccome ogni peccato se non è scontato in questo mondo colla penitenza, dovrà essere poi più rigorosamente scontato nell'altro, se noi non c'incaricheremo di pagare i nostri debiti in questa vita, troveremo grandi e spaventosi conti da saldare nel Purgatorio! Abbiamo, è vero, le indulgenze, ma anche queste sono concesse dalla Chiesa soltanto ai veri penitenti, non potendo essa incoraggiare la tiepidezza dei fedeli, ma solo volendo venire in aiuto di quelli che fanno quanto possono per cancellare le loro colpe. Quindi è necessario ritornare alcun poco alla pratica dell'antica mortificazione se non vogliamo che si accumuli tanto debito e ci si prepari un purgatorio dolorosissimo e lungo. Dirà taluno che dovendo pensare a pagar tanto del nostro, è assai strano esortarci a pagare i debiti altrui, mortificandoci per suffragare le anime del Purgatorio; ma, come dicemmo parlando dell'elemosina, dobbiamo pensare che se noi avremo carità verso i nostri fratelli defunti, pagando i loro debiti, inclineremo Dio, nostro gran creditore, ad usarci misericordia, e in ogni caso il merito delle nostre opere, che è inalienabile, sarà sempre goduto da noi.. Ci siano poi sempre di guida i Santi che ci hanno dato ammirabili esempi di penitenza.

Il beato Francesco da Fabriano, francescano, era solito di offrire a sollievo delle anime purganti tutte le austerità che imponevagli la regola, e tutte le maggiori penitenze che il suo fervore gli suggeriva, sicché nulla riserbando per sè, riposavasi interamente sulla misericordia di Dio pel soddisfacimento dei propri debiti; per rendere poi più accette al Signore le sue penitenze, le univa sempre alle pene patite da Gesù Cristo sulla croce. La sua compassione verso i defunti era sì viva, che non poteva fermare il pensiero sui loro tormenti senza tremare da capo a piedi. Numerose apparizioni di anime da lui liberate gli dimostrarono però quanto la sua carità fosse accetta a Dio.

La beata Caterina da Racconigi, che ricevette da Dio stesso l'ordine di fare mortificazioni in suffragio delle anime del Purgatorio, in una delle sue estasi vide il Salvatore dal cui Cuore usciva abbondante sangue, del quale una parte scendeva sul capo dei peccatori e l'altra sulle anime del Purgatorio. Da ciò comprese di dover praticare la mortificazione per i due grandi scopi della conversione dei peccatori e della liberazione delle anime del Purgatorio. E Iddio benedisse le austerità da lei fatte per la salute dei primi; quanto alle seconde le molte visioni da lei avute la fecero certa che le sue mortificazioni avevano prodotto in Purgatorio frutto non minore che sulla terra.

S. Nicola da Tolentino digiunava spesso a pane ed acqua per le anime del Purgatorio, si martoriava con discipline, e per aver sempre vivo alla mente il pensiero di quelle infelici, portava intorno ai reni una cintura di ferro strettamente serrata, le cui punte gli penetravano profondamente nella carne. Anche a lui apparivano spesso le anime del Purgatorio, come dicemmo altrove, per raccomandarsi ai suoi suffragi o per ringraziarnelo.

In tempi più recenti poi la vener. Maria Francesca del SS. Sacramento diè prova di non minor zelo, digiunando quasi tutto l'anno a pane ed acqua in suffragio de' defunti, lacerando ogni giorno le sue carni con discipline, e non abbandonando mai un aspro cilizio che tormentavala giorno e notte, sicchè perfino quel po' di riposo che per le esigenze della natura concedeva al suo corpo, le si convertiva in una mortificazione. Anche di questa dicemmo altrove come fosse ricompensata della sua eroica carità con innumerevoli apparizioni (Vita della Venerabile, lib. II). Durus est hic serino. Dure sono queste parole, dirà taluno, e troppo straordinari questi esempi, perchè possano essere anche da lungi imitati. Si rassicurino però i deboli, poichè Iddio guarda più alla generosità del cuore che all'atto in se stesso, e senza disciplinarsi ed affievolire le proprie forze e la propria salute, possiamo con piccole astinenze e mortificazioni che ci si possono offrire ogni giorno ed ogni ora, scontare i nostri falli é suffragare quelle povere anime.

Obbedienza e suffragi [SM=g27998]

A consolazione poi di coloro che vivono sotto obbedienza religiosa, e che non sono liberi della loro volontà, aggiungeremo che facendo essi la volontà dei superiori, tornano a Dio più graditi e soccorrono le anime purganti più efficacemente che se facessero grandi mortificazioni. Su di che riesce molto istruttivo l'esempio di S. Margherita M. Alacoque, la cui generosità spingendola ad eccedere la misura delle sue forze, le superiore erano costrette a sorvegliare e reprimere i suoi passi nel cammino della penitenza. Nondimeno ella le pregava ogni giorno per ottenere il permesso d'infliggersi nuovi tormenti, e grande era la sua desolazione quando glielo negavano. Un giorno in cui aveva avuto licenza di disciplinarsi in suffragio delle anime del Purgatorio, lasciatasi trasportare da soverchio zelo, oltrepassò i limiti dall'obbedienza concessile; ed ecco le anime del Purgatorio circondarla, e gemendo lamentarsi con lei perchè le angosciava invece di sollevarle; in tal modo volle mostrarle il Signore che l'obbedienza è la più bella mortificazione per una persona religiosa, e ch'ei non accetta tutto ciò che vien fatto in contrarietà di essa. Del resto chi voglia essere esatto nel praticare la regola, trova in comunità molte occasioni di mortificazione. Diceva S. Giov. Berchmans che la sua penitenza maggiore era quella della vita comune, e un santo religioso paragonava la vita monastica, quando sia severamente praticata, ad un martirio più penoso del martirio di sangue, a cagione della sua durata, e però assai meritorio ed efficace a preservarci dal Purgatorio.

Nel convento delle Domenicane di Vercelli, dove era superiora la beata Emilia, v'era fra le altre una prescrizione della regola che vietava di bere fra un pasto e l'altro senza permesso della superiora, la quale però lo concedeva rarissimamente, eccitando le consorelle a questo piccolo sacrificio in memoria della sete che Gesù patì sul Calvario. Una monaca, Cecilia Avogadro, andata un giorno da lei per chiederle il permesso di bere, ne ebbe il solito divieto, al quale sebbene arsa dalla sete, non mancò di uniformarsi. Ne fu però ben ricompensata, poichè morta poche settimane dopo, in capo a tre giorni apparve tutta raggiante di gloria alla superiora, ringraziandola di averla indotta a quella mortificazione, in forza della quale era stato di molto abbreviato il suo purgatorio, che avrebbe dovuto essere invece di lunga durata a motivo del troppo affetto da lei portato ai proprii parenti (Diario Dommicano, 3 Marzo).

Quelli poi che vivono nel secolo possono allo stesso modo preservare l'anima loro dalle pene del Purgatorio accettando con rassegnazione e senza lamenti le croci che a Dio piace mandare. Ma purtroppo son rari quelli che sanno profittare delle contrarietà della vita, spesso le tribolazioni che Dio ci manda per fornirci occasione di merito, non servono che ad aumentare i nostri debiti. Sottomettiamoci invece con piacere ed ilarità al peso della croce, e quando le afflizioni ci opprimono, e sentiamo lo spirito nostro triste fino alla morte, specchiamoci nel divino Modello, offriamo al Padre celeste la nostra angoscia, pensiamo che siamo predestinati, e sopportiamo tutto per le anime che ci son care e che gemono in Purgatorio; soffriamo pel nostro prossimo, pei nostri amici ed anche pei nemici, che in mezzo a quelle fiamme si raccomandano ai loro fratelli viventi.

CAPITOLO XVIII - PREGHIERA E MESSA PER I DEFUNTI

Rugiada di refrigerio

Un altro efficacissimo mezzo a nostra disposizione per sollevare le anime del Purgatorio è la preghiera, opera facile a praticarsi da tutti, dato che non richiede gran sacrificio e può esser fatta anche durante le azioni giornaliere e con una semplice aspirazione di cuore.

Racconta il Rossignoli, nella sua opera sul Purgatorio più volte da noi citata, che un religioso aveva il pio costume di recitare un Requiem aeternam ogni volta che passava davanti ad un cimitero. Un giorno però, essendo immerso in gravi pensieri, omise questa preghiera; ebbe allora l'impressione di vedere i morti uscire dalle loro tombe e seguirlo cantando il versetto del Salmo: « Et non dixerunt qui praeteribant: Benedictio Domini super vos » (Salmo 128, 7). Alle quali parole, il religioso confuso e mortificato rispose. « Benedicimus vobis in nomine Domini » (Id.), e allora soltanto i morti ritornarono nelle loro tombe suffragati abbastanza da quella piccola preghiera.

Da questo fatto possiamo argomentare quale rugiada di refrigerio sia per i morti anche una semplice invocazione a Dio in loro suffragio. Quando tuttavia intendiamo portare più notevole sollievo e contribuire maggiormente alla liberazione di un'anima, non dobbiamo lusingarci di poterlo fare con così poco, poichè, come dicemmo altrove parlando della durata delle pene del Purgatorio, Iddio esige un più considerevole riscatto, tanto che S. Roberto Bellarmino arriva a dire non doversi mai cessare di pregare per un defunto, anche dopo la sua apparizione.

La preghiera poi dev'essere perseverante e fervarosa, giacchè si tratta di far violenza con essa al cuore di Dio, e di ottenere ad un'anima la grazia della visione beatifica, grazia di cui non v'ha la maggiore e che non si ottiene se non con una grande perseveranza. Diceva un giorno nostro Signore a S. Lutgarda: - Figliuola mia, hai fatto tanta violenza al mio cuore, che non posso resistere alle tue preghiere sii dunque tranquilla, poichè l'anima per la quale preghi sarà ben presto liberata dalle sue pene. - Inoltre perchè la nostra preghiera sia esaudita è necessario che noi ci troviamo in istato di grazia. Infatti colui che col peccato mortale è divenuto nemico di Dio, come potrebbe mai servire di intermediario fra la divina giustizia e le anime del Purgatorio? Scimus Quia peccatores Deus non audit (Io. 9, 31), dice la divina Sapienza, e se non si ha l'anima pura da colpa grave, è sterile ogni nostra orazione.
Quanto alle preghiere che utilmente si possono fare pei defunti, oltre al santo Sacrificio e alle orazioni privilegiate d'indulgenze, diremo col P. Faber che è in nostra facoltà di scegliere quelle che più si affanno al nostro spirito e per le quali ci sentiamo più inclinati: tuttavia vogliamo enumerarne qui alcune che l'esperienza ci ha dimostrato più efficaci. In primo luogo va annoverata la preghiera canonica, ossia l'Ufficio dei defunti, preghiera salutare che la Chiesa innalza a Dio a favore dei suoi figli infelici, e che presentata a lui in nome di essa, è da credere gli torni accetta a preferenza di molte altre. La Madre Francesca del Sacramento, malgrado le sue molteplici occupazioni, era solita di recitarlo ogni giorno, e santa Teresa racconta di se stessa che una volta nel giorno de' morti essendosi ritirata di sera nell'oratorio del monastero per recitare l'Ufficio dei defunti, vide comparire un orribile mostro, che posatosi sul libro, le impediva di leggere e di pregare. Scacciatolo col segno della croce, per tre volte il maligno spirito si ritrasse; ma appena la Santa ritornava a recitare i Salmi, egli nuovamente la disturbava, finchè per liberarsene, asperso il libro d'acqua benedetta, ed essendone alcune goccie cadute sul mostro, questo fuggi a precipizio. Terminata appena la preghiera, vide la Santa salire dal Purgatorio al cielo parecchie anime liberate appunto da quel suffragio, e per cagion delle quali il demonio invidioso voleva opporsi in quei odio alla preghiera ch'essa faceva. - Anche la recita del Salterio può considerarsi molto utile per le anime purganti, quantunque oggi ben pochi siano i cattolici che la praticano. Nel medio evo l'imperatore Ottone IV, insigne benefattore degli Ordini religiosi in Germania, apparendo dopo morte ad una sua zia, le disse che malgrado le buone opere da lui fatte in vita e la fama di pietà lasciata nel mondo, soffriva atrocemente in Purgatorio; le chiese perciò in grazia di invitare tutti i monasteri da lui beneficati a recitare per molte volte il Salterio in suo suffragio. Soddisfatto il desiderio del defunto, fu veduto pochi giorni dopo tutto sfolgorante di luce salire al cielo (Catimpré, Apum, lib. Il, cap. 51, num. 19). Che se il Salterio sembrasse a taluni troppo lungo, vi si può supplire colla recita dei sette Salmi penitenziali. Ad un santo Vescovo, ogni volta che li recitava ed arrivato alla fine di ciascun Salmo ripeteva il Requiescant in pace, un coro di voci era solito rispondere Amen.

Un'altra pia pratica ancor più comoda e breve è quella di recitare il Salmo De profundis, che è pure efficacissimo per suffragare i defunti. Il P. Carneille della Compagnia di Gesù era solito farlo ogni volta che si fosse lavate le mani, e molte apparizioni lo assicurarono che in tal modo apparentemente ridicolo aveva liberato un gran numero di anime. - Bellissimo uso è pur quello della Via Crucis, sia per le indulgenze che vi sono annesse, sia per l'eccellenza della preghiera in se stessa, la quale ricorda la grande immolazione del Calvario. Gesù Cristo apparendo alla venerabile Maria d'Antigna, e rimproverandola d'aver per qualche tempo tralasciato questa divozione, le significò che essa era utilissima per la liberazione delle anime purganti, e la esortò a propagarla tra i fedeli più che le fosse possibile. – E’ pure efficacissima la recita del santo Rosario. La venerabile Maria Francesca del Sacramento non mancava mai di recitarlo ogni giorno, inserendovi il Requiem invece del Gloria Patri, e chiamava la corona la sua elemosiniera, perchè per suo mezzo poteva esser generosa verso le anime del Purgatorio salvandone molte che poi per gratitudine venivano nella sua stanza a baciargliela ringraziandola. E quindi lodevolissimo l'uso introdotto in parecchi collegi e comunità religiose di recitare per turno ogni giorno il Rosario, o di aggiungere alle cinque decine di esso una sesta in suffragio delle anime del Purgatorio, terminandola poi col De profundis.

Quantunque davanti a Dio tutti i giorni siano uguali, e il suo Cuore sia sempre disposto ad accogliere la preghiera dei fedeli, la santa Chiesa ha riservato alcuni giorni particolari per suffragare i defunti, e cioè il terzo, il settimo, il trentesimo e l'anniversario della morte, nei quali le sacre rubriche prescrivono orazioni speciali pei medesimi, prescrizioni che abbiamo visto seguite dai Benedettini e da altre famiglie religiose nei trenta giorni che seguono la morte, e che sono destinati ad offrire suffragi e distribuire elemosine pei defunti, la qual tradizione risale al tempo di S. Gregorio Magno, e si basa sopra una rivelazione di cui parleremo più tardi. - Altra ottima costumanza è quella delle novene per le anime purganti. Il sinodo giansenista di Pistoia ripudiava queste pie usanze dei nostri padri, riponendole fra le superstizioni, dalle quali pretendeva di purgare la Chiesa: ma Pio VI di s. m. condannando formalmente questa proposizione ci ha incoraggiato a seguire quel pio uso. - Così pure in molti luoghi si suol consacrare in suffragio di quelle anime.un giorno della settimana; che ordinariamente è il venerdì, e ai nostri tempi la divozione sempre crescente ha suggerito ai fedeli di dedicar loro un intero mese.
Queste sono in compendio le varie preghiere che più efficacemente possono offrirsi a Dio in favore di quelle anime penanti, e che ogni fedele dovrebbe essere generoso nello scegliere e nel praticare, affin di meritare la protezione di Dio e la riconoscenza eterna di quelle meschine.

La S. Messa [SM=g27998]

Prima di parlare dell'eccellenza del S. Sacrificio della Messa applicato per i defunti, accenniamo ad un altro eccellente mezzo di suffragio: la S. Comunione. Quando Gesù è tutto nostro entro il nostro petto, è mai possibile che non ci ascolti, se lo invochiamo per i nostri morti, se li raccomandiamo a lui, se imploriamo, la sua divina misericordia su di loro? Ai dì nostri va molto estendendosi il pio costume di suffragare i morti per mezzo della S. Comunione, tuttavia non sarà mai raccomandata abbastanza questa pia ed efficacissima pratica. Si diano perciò premura i sacerdoti di invitare i fedeli, specialmente i parenti dei defunti, ad accostarsi ai Santi Sacramenti, in occasione di Messe di suffragio, di Ufficiature funebri, di funerali. Si facciano Comunioni Generali nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti e si ripetano nell'Ottavario dei Morti, in altri giorni del mese di Novembre ed ogni volta che se ne presta la opportunità. Sarà un'opera di grande sollievo per i defunti e arrecherà enormi vantaggi spirituali a quelli che la praticheranno.
Ed ora passiamo a parlare del divin Sacrificio, della Oblazione santa, della preghiera che l'eterno Padre esaudisce sopra ogni altra, perchè innalzatagli dallo stesso suo Unigenito.

A S. Maria Maddalena de' Pazzi, che era solita di offrire all'eterno Padre il Sangue del suo divin Figlio con una commemorazione della Passione, che faceva ben cinquanta volte al giorno, in una delle sue estasi il divin Salvatore fece vedere molti peccatori convertiti, molte anime del Purgatorio liberate in forza di questa sua pratica, e disse che ogni volta che una creatura umana offre al Padre quel Sangue col quale è stata riscattata, offre un dono di prezzo infinito, che nessun tesoro al mondo potrebbe compensare. Se tanta adunque è l'efficacia di una semplice commemorazione della Passione, che dovrà mai dirsi della Messa che ne è la quotidiana rinnovazione vera e reale? E non è già un individuo particolare qualunque, sia pur santo, quello che la compie, ma la Chiesa stessa, la quale offre a Dio tutto il Sangue sparso dal suo Figlio sul Calvario in espiazione dei peccati del mondo.

O splendore e bontà dell'amor divino! Non bastava che il Cristo si fosse immolato una volta sull'altare della croce, ma ogni giorno, ad ogni ora dall'oriente all'occidente, in ogni angolo della terra il Sangue del Redentore viene sparso ed offerto di nuovo pel riscatto delle anime! Ecco perchè i Santi che comprendevano questo mistero avevano in tanto pregio il tesoro del Sacrificio dell'altare. S. Nicola da Tolentino, dopo aver rifuggito per tanti anni dal sacerdozio ritenendosene indegno, s'indusse in fine ad abbracciarlo, pensando che colla celebrazione quotidiana della Messa avrebbe potuto più efficacemente aiutare le anime del Purgatorio. S. Vincenzo de' Paoli spesso celebrava e faceva celebrare ai suoi confratelli per le povere anime del Purgatorio abbandonate. Il P. Corneille della Compagnia di Gesù s'era imposto per voto di celebrare quattro volte la settimana in suffragio di esse. Che poi quelle anime sappiano apprezzare assai meglio di noi il valore infinito di questo divin Sacrificio, lo provano moltissime apparizioni fatte ai loro devoti. Un monaco di Chiaravalle, che era stato liberato dal Purgatorio per le preghiere di S. Bernardo e de' suoi confratelli, apparso ad un religioso della comunità che più ertisi interessato per lui, mostrandogli l'altare su cui in quel momento si celebrava la santa Messa, gli disse: - Ecco le armi che hanno contribuito più di tutto a liberarmi dalla mia cattività: ecco il prezzo del mio riscatto, che mi fa ora salire al cielo. -

Se però una sola Messa ha di per sè un valore infnito, non è altrettanto della sua applicazione, la quale viene limitata dalla volontà divina; poichè essendo infinito il valore del Sacrificio, basterebbe che l'offerta di esso fosse fatta una volta sola per ischiudere le porte del cielo a tutte le anime del Purgatorio. I teologi dividono ordinariamente in tre parti il frutto della Messa, insegnando che una parte si riversa nel tesoro dela Chiesa, ed in forza della comunione dei Santi va a vantaggio di tutti i suoi membri; un'altra a benefizio del sacerdote, al quale spetta quasi per diritto d'anzianità; la terza a profitto di colui per l'intenzione del quale la Messa si celebra; e quest'ultima parte, in quella misura che Iddio solo conosce, è la sola che sia applicabile ai defunti. Ed è per ciò che non bisogna contentarsi di far celebrare una Messa per un defunto, ma, per quanto è possibile, bisogna ripetere più volte l'oblazione del Sacrificio divino, non potendosi mai sapere in qual misura ne sia applicato l'effetto all'anima che si vuol suffragare, e se la giustizia di Dio ne sia rimasta pienamente soddisfatta. Così, per esempio, sappiamo che dopo venti anni S. Agostino raccomandava sull'altare l'anima della sua santa madre Monica, e nei tempi di gran fede, come il medio evo e i primi secoli della Chiesa, le famiglie cristiane largheggiavano di prodigalità nell'offrire spessissimo il divin Sacrificio per la liberazione dei defunti. Quando morì in Ispagna Margherita d'Austria moglie di Filippo III, nel solo giorno delle esequie furono celebrate in Madrid non meno di 1100 Messe, e quando, aperto il suo testamento il Re vide che la sua consorte aveva ordinato ne fossero celebrate in suo suffragio solo mille, volle che se ne aggiungessero venti mila. Alla morte del-. l'arciduca Alberto la vedova di lui Isabella fece celebrare in suo suffragio quaranta mila Messe, ascoltandone essa per un mese intiero dieci al giorno. È vero che queste sono munificenze reali, ma non valgono forse assai più di tutti i mausolei e monumenti che sogliono innalzarsi ai defunti, e non ci dimostrano il sentimento dell'efficacía di tanto Sacrificio?

Quello poi che v'ha di singolare nell'oblazione della santa Messa si è che essa opera indipendentemente dalle disposizioni di colui che l'offre o la fa offrire, in modo che quantunque questi siano macchiati di colpe mortali, e il Sangue di Cristo gridi vendetta contro di loro, tuttavia questo Sangue implora espiazione e scende ristoratore sulle anime del Purgatorio; che se il sacerdote che celebra è colpevole, la sua colpa non infirma il valore dell'atto, poichè non è egli che l'offre, ma Cristo stesso nella persona di lui. Però se il frutto del Sacrificio rimane essenzialmente lo stesso, qualunque possa essere l'indegnità del ministro, è certo anche che vi è un frutto accidentale dipendente più o meno dalle disposizioni del celebrante. Ed ecco il motivo perchè molti sacerdoti ottengono col santo Sacrificio grazie che altri sacerdoti non valgono ad ottenere.


Messe gregoriane [SM=g27998]

Un uso molto divulgato in Italia e in vigore in molti monasteri benedettini e quello di cui vogliamo ora parlare. - S. Gregorio Magno racconta ne' suoi Dialoghi (lib. IV, c. 10) che un monaco del suo convento per nome Giusto, esercitava, con permesso dei superiori, la medicina. Avendo accettato una volta di nascosto all'Abate la moneta di tre scudi in oro con mancanza gravissima contro la povertà religiosa, mosso dai rimproveri che glie ne aveva fatti il monaco Copioso, e umiliato dalla pena della scomunica nella quale era incorso, fu tanto afflitto dal dolore, che ammalatosi gravemente, se ne morì, pentito però e in pace con Dio. Nondimeno volendo S. Gregorio incutere nei suoi religiosi un salutare terrore contro quel fallo che lede uno dei voti più importanti della vita religiosa, non tolse al defunto la scomunica, e lo fece seppellire separatamente in luogo dove si deponevano le immondizie, e, gettati i tre scudi nella fossa, fece ripetere ai religiosi le parole di S. Pietro a Simon Mago: Pereat pecunia tua tecum; il tuo denaro perisca con te. Qualche tempo dopo il santo Abate sentendosi tocco da compassione, fece venire a sè l'economo del monastero, e gli disse: - Da molto tempo il nostro confratello defunto è tormentato dalle pene del Purgatorio, e la carità ci consiglia a liberarnelo. Va dunque, e incominciando da oggi offri per lui il santo Sacrificio per lo spazio di trenta giorni, senza tralasciar d'immolare neppure una volta l'Ostia propiziatoria per la sua liberazione. - L'economo ubbidì, ma non avendo pensato, per le troppe preoccupazioni, a contare i giorni, una notte il defunto apparve a Copioso, dicendogli che se ne saliva al cielo, libero dalle pene del Purgatorio. Furono allora contati i giorni dall'inizio delle celebrazioni e si trovò che quello era precisamente il trentesimo. D'allora in poi invalse l'uso di far celebrare le trenta Messe pei defunti, uso che esiste ancora oggidì nei monasteri dei Benedettini e dei Trappisti, e che Dio con molte rivelazioni ha dato a conoscere essere a lui molto accetto.
Avendo quindi in nostre mani tanti tesori, saremmo veramente crudeli se lasciassimo languire in quel carcere tante povere anime. Pensiamo che nel giorno del rendiconto ci pentiremo, ma troppo tardi, di non aver saputo spendere sì preziosa moneta. Mettiamo dunque in pratica il consiglio di Tobia: Panem tuum super sepulturam fusti constitue: posa il tuo pane sul sepolcro del giusto: questo pane è la SS. Eucaristia, pane vivo sceso dal cielo e che solo può saziar la fame di quelle anime, le quali anelano di andare a godere svelatamente in Paradiso colui che nei giorni di lor vita mortale hanno adorato sotto i veli eucaristici.



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