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Breve storia della Religione Cattolica dal Catechismo di san Pio X

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2010 21:48
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08/07/2010 21:45

Dal Catechismo di san Pio X

BREVE STORIA DELLA RELIGIONE

Principi e nozioni fondamentali.


1. Avendo Iddio sapientissimo ordinate tutte le cose da Lui create al fine ultimo di dargli gloria colla manifesta¬zione delle sue divine perfezioni; anche l’uomo, nel mondo visibile principalmente, doveva promuovere ed adempiere questo fine, secondo la propria natura ragionevole, cogli atti liberi della sua volontà, cioè col conoscere Dio, coll’amarlo, col servirlo e così ottenerne quel premio, che Dio gli avrebbe poi dato. Questo vincolo morale, o legge universale, onde l’uomo si trova per natura legato a Dio si dice religione naturale.

2. Ma avendo Iddio per sua bontà voluto preparare all’uomo un premio molto più grande ed elevato di quanto mai l’uomo potesse pensare e desiderare, volendo cioè metterlo a parte della sua medesima felicità, ne venne di conseguenza che a tanto fine la religione naturale più non bastasse, e perciò Dio stesso avesse ad istruire l’uomo ne’ suoi doveri religiosi. Si comprende quindi che la reli¬gione fin dal principio dovette essere, rivelata, ossia sve¬lata da Dio all’uomo.

3. Di tatto Dio rivelò la religione ad Adamo ed ai primi Patriarchi, che si succedevano gli uni agli altri, e potevano facilmente tramandarsela; vivendo insieme lun¬ghissima vita; finché Iddio si ebbe formato un popolo, che la custodisse sino alla venuta del Salvatore Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato: il quale non la sciolse, ma la compì, la perfezionò e la confidò in custodia alla Chiesa per tutti i secoli.
Tutto ciò è provato dalla storia della religione la quale, può dirsi, si confonde colla storia della umanità. Quindi è chiaro che tutte quelle, che diconsi religioni, fuori dell’unica vera rivelata da Dio, della quale parliamo, sono invenzioni degli uomini e deviazioni dalla Verità, della quale talune conservano una qualche parte, mista però a molte menzogne ed assurdità.

4. Quanto poi alle sètte, ossia divisioni, che si fecero dalla santa Chiesa cattolica, apostolica, romana, esse fu¬rono sempre suscitate e sostenute o da uomini presun¬tuosi, che abbandonarono il sentimento della Chiesa uni¬versale, per tener dietro volontariamente ed ostinatamente a qualche errore proprio od altrui contro la fede - e sono gli eretici; - oppure da uomini orgogliosi ed avidi di dominio, i quali credendosi più illuminati di santa Chiesa, trascinarono una parte dei figli suoi a scindere, contro la parola di Gesti Cristo, la cattolica unità, separandosi dal Papa e dall’Episcopato unito con Lui, e sono gli scismatici.
Invece il fedele cristiano cattolico, che inclina la sua ragione alla parola di Dio, predicatagli in nome di santa Chiesa dai legittimi Pastori, e adempie fedelmente la santa divina legge, cammina sicuramente sulla via che lo conduce al suo ultimo fine, e più s’istruisce nella religione, sempre meglio comprende la ragionevolezza della santa fede.

5. Questo appunto fu il modo stabilito da Dio per la perpetua tradizione della religione: la successiva conti¬nua comunicazione degli uomini fra loro; sicché la verità insegnata dai maggiori si trasmettesse nella stessa guisa ai posteri; e ciò dovette durare anche dopo che una parte della divina legge fu per volere di Dio, in progresso di tempo consegnata in Libri da scrittori ispirati da Lui.
Questi libri scritti sotto l’ispirazione di Dio sr chia¬mano: Santa Scrittura, i Libri Sacri o la Sacra Bibbia. Diconsi libri del Vecchio Testamento, quelli che furono scritti prima della venuta di Gesù Cristo; e quelli che furono scritti dopo, chiamansi dei Testamento Nuovo.

6. Qui Testamento vuoi dire Alleanza, Patto fatto da Dio cogli uomini: di salvarli cioè per mezzo di un Reden¬tore promesso, a condizione che prestassero fede alla pa¬rola di Lui, ed obbedissero alle sue leggi.
L’antico Patto fu stabilito da Dio prima con Adamo e Noè, poscia più specialmente con Abramo e colla sua discendenza: esso imponeva la fede nel venturo Reden¬tore o Messia, e l’osservanza della legge, data in princi¬pio da Dio, poi promulgata nel popolo suo per mezzo di Mosè.
Il nuovo Patto, dopo la venuta di Gesù Cristo Reden¬tore e Salvatore nostro, è stabilito da Dio con tutti quelli, che ricevono il segno da Lui stabilito, il Battesimo; e cre¬dono in Lui ed osservano la legge, che lo stesso Gesù Cristo venne a perfezionare e compire, predicandola in persona ed insegnandola di sua bocca agli Apostoli.
Questi ricevuto il coniando dal divino Maestro di predi¬care dappertutto il santo vangelo, lo predicarono realmente di loro bocca, prima, che fosse scritto, come poi lo fu per divina ispirazione. Ma né tutti, né soli gli Apostoli scris¬sero, e certamente né gli uni, né gli altri scrissero tutto ciò, che avevano visto e sentito.

7. Da quanto ora dicemmo e da quanto accennammo al n. 5 si comprende l’importanza somma della Tradi¬zione divina, la quale è la stessa parola, da Dio mede¬simo dichiarata, a viva voce, ai primi suoi ministri, e da quelli passata fino a noi per una continua successione. Anche ad essa perciò giustamente si appoggia la fede come a stabilissimo fondamento.

8. Questa Tradizione divina, unitamente alla Sacra Scrittura, cioè tutta insieme la parola di Dio scritta e trasmessa a viva voce, fu confidata da N. S. Gesù Cristo a un Depositario, pubblico, perpetuo, infallibile: cioè alla santa Chiesa Cattolica ed Apostolica; la quale fondandosi appunto sopra quella divina Tradizione, appoggiandosi all’autorità datale da Dio, ed affidata alla promessale assi¬stenza e direzione dello Spirito Santo, definisce quali libri contengano la divina rivelazione, interpreta le Scritture, e ne fissa il senso ogniqualvolta nasca dubbio circa il medesimo, decide delle cose che riguardano la fede e i costumi, e giudica inappellabilmente su tutte le questioni, che, riguardo a questi oggetti di suprema importanza, possano comunque far traviare la mente e il cuore dei fedeli credenti.

9. Tale giudizio però si avverta, spetta a quella eletta parte della Chiesa che si chiama docente, cioè insegnante, formata in prima dagli Apostoli, e poi dai loro successori, i Vescovi con a capo il Papa, ossia il Romano Pontefice successore di S. Pietro.
Il Sommo Pontefice dotato da Gesù Cristo della medesima infallibilità, onde è fornita la Chiesa, e che gli è necessaria a conservare l’unità e puntA della dottrina, quando parla ex cathedra, ossia come Pastore e Dottore di tutti i cristiani, può fare quegli stessi decreti e portare quegli stessi giudizi nelle cose che riguar¬dano la fede e i costumi, i quali niuno può rifiutare senza scapitar nella fede. Può sempre esercitare la suprema sua potestà in tutto ciò che riguarda eziandio la disciplina e il buon regime della Chiesa; e tutti i fedeli debbono obbe¬dirlo con sincero ossequio della mente e del cuore.
Nell’obbedienza a questa suprema autorità della Chiesa e del Sommo Pontefice, per la cui autorità ci si propon¬gono le verità della fede, ci s’ impongono le leggi della Chiesa e ci si comanda tutto ciò che è necessario al buon regime di essa, sta la regola della nostra fede.

PARTE PRIMA

SUNTO DI STORIA DELL’ANTICO TESTAMENTO

Creazione del mondo.

10. In principio Iddio creò il cielo e la terra, con tutto ciò che nei cielo e nella terra si contiene: e sebbene avesse potuto compiere la grand’opera in un solo istaiite, v...le impiegarvi sei periodi di tempo, che la Scrittura Santa chiama giorni.
Nel primo giorno disse: sia fatta la luce, e la luce fu; nel secondo fece il firmamento; nel terzo dl separò le acque dalla terra, a cui comandò di produrre erbe, fiori ed ogni sorta di frutti; nel quarto fece il sole, la luna e le stelle; nel quinto dì creò i pesci e gli uccelli; nel sesto creò tutti gli altri animali, e finalmente creò l’uomo.
Nel settimo giorno Iddio cessò dal creare, e questo giorno, che chiamò sabato cioè riposo, comandò poi per mezzo di Mosè al popolo ebreo che fosse santificato e con¬sacrato a Lui.

Creazione dell’uomo e della donna.

11. Iddio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, e lo fece così: ne formò il corpo di terra; poi gli alitò in faccia, infondendogli un’anima immortale.
Iddio diede al primo uomo il nome di Adamo, che vuol dire formato di terra, e lo collocò in un luogo pieno di delizie, chiamato il Paradiso terrestre.

12. Adamo però era solo. Volendo Iddio dargli una compagna e consorte, lo fece cadere in un profondo sonno e, mentre dormiva, gli tolse una costa, e di quella formò la donna, che. presentò ad Adamo. Questi 1’ accolse con grato affetto e la chiamò Eva, che vuoi dire vita, perché sarebbe diventata la madre di tutti i viventi.

Degli Angeli.

13. Prima dell’uomo che è la creatura più perfetta di tutto il inondo sensibile, Iddio aveva pure creato una mol¬titudine infinita di altri esseri, di natura più elevata del¬[uomo, chiamati Angeli.

14. Gli Angeli, senza forma né figura alcuna sensibile, perché puri spiriti, creati per sussistere senza dover es¬sere uniti a corpo alcuno, erano pure stati fatti da Dio ad immagine sua, capaci di conoscerlo ed amarlo, e liberi di operare il bene ed il male.

15. Nel tempo della prova, moltissimi di questi spiriti restarono fedeli a Dio, ma molti altri di loro peccarono. Il loro peccato fu di superbia, volendo essere simili a Lui, e da Lui non dipendere.

16. Gli spiriti fedeli, chiamati Angeli buoni, o Spiriti celesti, o semplice mente Angeli, furono premiati coll’eterna felicità in Paradiso.

17. Gli spiriti infedeli, chiamati Diavoli o Demoni, col loro capo detto Lucifero o Satanasso, furono scacciati dal paradiso e condannati all’intèrno per tutta l’eternità.

Peccato di Adamo ed Eva, e loro castigo.

18. Iddio aveva posto Adamo ed Eva in uno stato per¬fetto di innocenza, di grazia e di felicità, esenti perciò dalla morte e da ogni miseria di anima e di corpo.

19. Egli aveva loro permesso, di mangiare di tutti i frutti del paradiso terrestre, e solamente aveva loro vie¬tato di gustare quelli di un albero, che era in mezzo al paradiso, e che la S. Scrittura chiama l’albero della Scienza del bene e del male. Così fu chiamato, perché per mezzo di esso, in virtù dell’obbedienza, Adamo ed Eva avrebbero avuto bene, cioè aumento di grazia e di felicità; o in pena della disobbedienza sarebbero decaduti dalla loro perfezione essi ed i loro discendenti, ed avreb¬bero fatto esperienza del male, tanto spirituale, quanto corporale.
Voleva Iddio che Adamo ed Eva nell’omaggio di questa obbedienza lo riconoscessero per Signore e Padrone.
Il demonio, invidioso della loro felicità, tentò Eva, par¬landole per mezzo del serpente, e istigandola a trasgre¬dire il ricevuto comando. Eva spiccò del frutto vietato, ne gustò, indusse Adamo a gustarne egli pure, ed ambedue peccarono.

20. Questo peccato produsse per loro e per tutto il genere umano i più disastrosi effetti.
Adamo ed Eva perdettero la grazia santificante, l’ami¬cizia di Dio, e il diritto al paradiso: diventarono schiavi del demonio, e meritevoli dell’ inferno. Il Signore pro¬nunziò contro di essi la sentenza di morte: li sbandì da quel luogo di delizie, e li cacciò fuori a guadagnarsi il pane col sudore della loro fronte, fra innumerevoli stenti e fatiche.

21. Il peccato di Adamo poi si propagò a tutti i loro discendenti, eccetto Maria SS.; ed è quello con cui tutti nasciamo, e che si chiamò peccato originale.

22. Il peccato originale macchia l’anima nostra fin dal primo istante di nostra esistenza, ci rende nemici di Dio, schiavi del demonio, esclusi per sempre dal paradiso, soggetti alla morte ed a tutte le altre miserie.

Promessa d’un Redentore.

23. Iddio però non abbandonò Adamo e la sua discen¬denza a tale disgraziatissimo fine. Nella sua infinita mi¬sericordia gli promise tosto un Salvatore (il Messia), che sarebbe venuto a liberare il genere umano dalla servitù del demonio e dal peccato, ed a meritargli il paradiso. Tale promessa Iddio ripeté in seguito, molte altre volte ai Patriarchi ed al popolo, ebreo per mezzo dei Profeti.

I figliuoli di Adamo ed i Patriarchi.

24. Adamo ed Eva, dopo che furono scacciati dal para¬diso terrestre, ebbero due figli, cui diedero i nomi di Caino ed Abele. Cresciuti in età, Caino si dedicò all’agri¬ coltura, ed Abele alla pastorizia. Avendo Iddio dimostrato di gradire i sacrifizi di Abele, che pio ed innocente gli offeriva il meglio del suo gregge, e di sdegnare quelli di Caino, il quale offeriva i frutti della terra, questi, pieno d’ira e d’invidia contro il fratello, lo condusse seco a diporto nei campi, se gli avventò contro e lo uccise.

25. Per consolare Adamo ed Eva della morte di Abele, Iddio diede loro un altro figliuolo, che chiamarono Seth, il quale fu buono e timorato di Dio.
Adamo, durante la sua lunga vita di 930 anni, ebbe ancora molti altri figliuoli e figliuole, i quali moltiplican¬dosi, a poco a poco popolarono la terra.

26. Fra i discendenti di Seth e degli altri figli di Adamo, i vecchi padri di numerosa progenie restavano a capo delle tribù, formate dalle famiglie dei figli e dei nipoti; ne erano principi, giudici e sacerdoti. - La Storia li onora del nome venerando di Patriarchi. - La Prov¬videnza li dotava di lunghissima vita, affinché insegnas¬sero ai posteri la religione rivelata, e, vigilando sulla tradizione fedele delle divine promesse, perpetuassero la fede nel venturo Messia.

Il Diluvio.

27. Coll’andar dei secoli, i discendenti di Adamo si pervertirono, e tutta la terra fu piena di vizi e di disonestà.
Iddio, per tanta corruzione dapprima minacciò, poi punì il genere umano con un diluvio universale. Allora fece piovere per quaranta giorni e per quaranta notti, fino a tanto che restarono coperte d’acqua le più alte montagne.
Tutti quanti gli uomini morirono annegati; non si salvarono che Noè e la sua famiglia.

28. Noè, per ordine ricevuto da Dio, cento anni prima del diluvio, aveva cominciato a fabbricare un’arca, cioè una specie di nave, in cui poi era entrato egli colla sua moglie, coi suoi figliuoli - Sem, Cam e Iafet- colle tre mogli loro, e con quegli animali, che Dio gli aveva indicato.

La torre di Babele.

29. I discendenti di Noè ben presto si moltiplicarono e crebbero in sì gran numero che, non potendo più stare insieme, dovettero pensare a dividersi. Essi però, prima di separarsi, stabilirono di fabbricare una torre così alta, che arrivasse fino al cielo. L’opera si avanzava a gran passi, quando Iddio, offeso di tanto orgoglio, discese e ne confuse le lingue, per modo che i superbi edificatori, più non intendendosi fra loro, si dovettero disperdere senza compiere l’ambizioso disegno.
La torre ebbe il nome di Babele, che vuoi dire con¬fusione.

Il popolo di Dio.

30. Dopo il diluvio gli uomini non si conservarono per molto tempo fedeli a Dio, ma ricaddero ben presto nelle iniquità di prima, anzi giunsero al punto di per¬dere la cognizione del vero Dio, e di darsi all’idolatria, vale a dire, di riconoscere e adorare come divinità le cose create.

31. Laonde Iddio per conservare la vera religione sopra la terra, si elesse un popolo e prese a governarlo con speciale provvidenza, preservandolo dalla generale corruzione.

Esordi del popolo di Dio.
Si rinnova con Abramo 1’antico patto.

32. A padre e stipite del suo popolo Iddio elesse un uomo della Caldea, chiamato Abramo, discendente dagli antichi Patriarchi per la linea di Eber. Il popolo, che da lui ebbe origine, fu chiamato Popolo Ebreo.
Abramo erasi conservato giusto in mezzo alla sua gente, datasi al culto degli idoli ed acciò perseverasse nella giustizia, Iddio gli ordinò di uscire dal suo paese e di trasferirsi nel paese di Canaan, detto pure Pale¬stina, promettendogli che l’avrebbe fatto capo di un grande popolo, e che il Messia sarebbe nato dalla sua progenie.
In conferma della parola di Dio, Abramo ebbe da Sara sua moglie, sebbene già avanzata in età, un figlio, che chiamò Isacco.

33. Per provare la fedeltà ed obbedienza del suo servo, Iddio gli ordinò di sacrificargli questo suo unico figlio, che egli tanto amava, e sul quale riposavano le divine promesse. Abramo però, sicuro di queste promesse, non vacillò nella fede, e, come sta scritto nella S. Scrittura, sperò contro la stessa speranza; dispose tutto l’occorrente pel sacrificio, e l’avrebbe compito. Ma un angelo gli trat¬tenne la mano; Iddio poi in premio della sua fedeltà lo benedisse, e gli annunziò che da quel figlio sarebbe ve¬nuto il Redentore del mondo.

34. Isacco giunto all’età di quarant’anni, sposò Rebecca, sua cugina, madre poi ad un tempo di due figli, Esaù e Giacobbe.
Ad Esaù, come primogenito sarebbe toccata la bene¬dizione paterna; ma il Signore dispose che, per solleci¬tudine di Rebecca, Isacco benedicesse Giacobbe, al quale, per troppo meschino compenso, Esaù già aveva ceduto il diritto di primogenitura.

35. Giacobbe allora, per sottrarsi all’ira di Esaù, do¬vette fuggire in Aran da suo zio Labano, che gli diede in ispose due sue figliuole - Lia e Rachele; - e dopo venti anni tornò a casa ricchissimo, e con numerosa famiglia.
Nel ritorno per via, prima che si riconciliasse col fra¬tello, in una visione, che egli ebbe, fugli cambiato il nome di Giacobbe in quello d’Israele.

36. Giacobbe fu padre di dodici figliuoli; i due ultimi dei quali, Giuseppe e Beniamino, erano figli di Rachele.
Tra i figli di Giacobbe il più savio e costumato era Giuseppe, sopra tutti carissimo al padre. Per questo mo¬tivo i fratelli presero ad odiarlo, e l’odio li portò a medi¬tarne prima la morte, e poscia a venderlo a certi merca¬tanti ismaeliti, che lo condussero in Egitto e lo rivendet¬tero a Putifarre, ministro di Faraone.

Giacobbe ed i suoi figli in Egitto.

37. Giuseppe in Egitto colla sua virtù si guadagnò su¬bito la stima e l’affezione del suo signore; ma poi, calun¬niato dalla padrona, venne cacciato in prigione. Ivi stette due anni, cioè fino a tanto che, per aver interpretato al Faraone, ossia re d’Egitto, due sogni e profetizzato che sette anni di abbondanza sarebbero seguiti da sette anni di carestia, fu liberato e creato vice-re d’Egitto.
Nel tempo dell’abbondanza Giuseppe fece grandi prov¬visioni, sicché quando la fame cominciò a desolare la terra, l’Egitto rigurgitava di viveri.

38. Da tutte le parti si dovette accorrere colà per com¬prarvi del grano; Giacobbe fu pure costretto a mandarvi i suoi figliuoli, i quali a prima giunta non riconobbero Giuseppe; riconosciuti però da lui, e dopo che egli loro si manifestò, ebbero l’incarico di condurre in Egitto il padre con tutta la sua famiglia.
Giacobbe desideroso di abbracciare il figlio diletto, vi andò, e dal re gli fu assegnata per dimora sua e dei suoi la terra di Gessen.

39. Dopo 17 anni di dimora in Egitto, Giacobbe vi¬cino a morte, radunò intorno a sè i suoi dodici figli, in un coi due figli di Giuseppe, per nome Efraim e Ma¬nasse; raccomandò loro di ritornarsene nella terra di Canaan senza però dimenticare le sue ossa in Egitto, lì benedisse tutti in particolare, predicendo a Giuda che lo scettro, ossia la sovrana potestà, non sarebbe uscito dalla sua discendenza fino alla venuta del Messia.
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Schiavitù degli Ebrei in Egitto.

40. I discendenti di Giacobbe chiamati ebrei o israe¬liti, per alcun tempo furono rispettati e tollerati dagli Egi¬ziani. Ma, essendo poi essi cresciuti in grandissimo nu¬mero, tanto da formare un gran popolo, da un altro Faraone, che regnò più tardi, vennero oppressi sotto il giogo della più dura schiavitù, e condannati persino a gettare nel fiume Nilo tutti i figli maschi appena nati.

Liberazione degli ebrei per mezzo di Mosè.

41. Sotto l’orrenda schiavitù d’Egitto, il popolo ebreo sarebbe perito tutto intero, né avrebbe riveduta la terra di Canaan, se Iddio non veniva a strappano prodigiosa¬mente dalle mani dei barbari oppressori.

42. Un bambino ebreo di nome Mosè era stato provvidenzialmente salvato dalle acque del Nilo dalla stessa figlia di Faraone, e da lei fatto istruire ed educare nella reggia di suo padre.
Di lui si servì Iddio per liberare il suo popolo, e adem¬piere in esso le promesse fatte ad Abramo.

43. A Mosè adunque, fatto adulto, comandò Iddio che, in compagnia di suo fratello Aronne, andasse da Fa. raone, e gli ordinasse di lasciare partire gli ebrei dall’Egitto. Faraone si rifiutò. - Allora Mosè, per vincere il cuore indurito di lui, armato di una verga, percosse l’Egitto con dieci prodigiosi e terribili castighi, detti poi le Piaghe d’Egitto, ultimo dei quali fu che un Angelo in sulla mezzanotte, incominciando dal figlio del re, uc¬cise tutti i primogeniti egiziani, si degli uomini che degli animali.

44. La notte in cui avvenne quell’eccidio, gli ebrei per comando di Dio, celebrarono la prima volta la festa di Pasqua, che vuoi dire passaggio del Signore. - Que¬sto fu il rito prescritto da Dio: che ogni famiglia ucci¬desse un agnello senza macchia, e segnasse col sangue di esso la porta di casa, la quale resterebbe così salva nel passaggio dell’Angelo; che ne arrostisse le carni, e poscia le mangiasse in veste da viaggio e col bastone in mano, come gente preparata per la partenza.
Quell’agnello era figura dell’Agnello immacolato Gesù, il quale col suo sangue avrebbe salvato dalla morte eterna tutti gli uomini.

45. Faraone e tutti gli egiziani, alla vista dei loro figli morti, senza più, scongiurarono gli ebrei a mettersi in cammino, e loro diedero tutto l’oro e l’argento ed ogni cosa che domandarono.
Gli ebrei partirono, e dopo tre giorni si trovarono alle sponde del mar Rosso.

Passaggio del mar Rosso.

46. Ben presto Faraone si penti di aver lasciato an¬dare gli ebrei; si pose tosto ad inseguirli col suo eser¬cito, e li raggiunse presso al mare.
Mosè, confortato il popolo, che era intimorito alla vista degli egiziani, stese la sua verga sul mare, e le acque si divisero da riva a riva fino al fondo, lasciando una lunga via agli ebrei, che passarono a piede asciutto.

47. Faraone ostinato nella perversità, si cacciò anche esso per quella via; ma, appena fu dentro, giù caddero le acque, e quanti erano, uomini e cavalli, perirono an¬negati.

Gli ebrei nel deserto.

48. Passato il mar Rosso, gli ebrei entrarono nel de¬serto, ed in brevissimo tempo avrebbero potuto giungere alla terra promessa, la Palestina, se fossero stati obbe¬dienti alla divina legge ed ai comandi di Mosè loro con¬dottiero; ma, avendo prevaricato ed essendosi ribellati più volte, Iddio li trattenne nel deserto 40 anni, lasciandovi perire tutti quelli che erano usciti dall’Egitto, eccettuati due soli: Caleb e Giosuè.
In tutto questo tempo Iddio provvide al loro nutri¬mento con una specie di brina in bianchi e minuti gra¬nellini, chiamata manna, che ogni notte ricopriva la terra e veniva raccolta al mattino. Però nella notte pre¬cedente al sabato, il qual giorno era festivo per gli ebrei, la manna non cadeva: perciò se ne raccoglieva il doppio la mattina del venerdì. - Alla bevanda Iddio provve¬deva coll’acqua, la quale sovente scaturì miracolosamente dalle rupi, percosse dalla verga di Mosè.
Una gran nuvola poi, che di giorno li difendeva dai raggi del sole, e di notte, cambiandosi in colonna di fuoco, li illuminava e loro mostrava la via, li accompa¬gnò per tutto quel viaggio.

I dieci comandamenti della legge di Dio.

49. Il terzo mese, dopo l’uscita dall’ Egitto gli ebrei pervennero alle falde del monte Sinai. Fu là che, tra le folgori e i tuoni, Iddio parlò, e promulgò la sua legge in dieci comandamenti, scritti su due tavole di pietra, che consegnò a Mosè, sulla vetta del monte.

50. Ma quando ne discese, dopo 40 giorni di colloquI col Signore, Mosè trovò il popolo, che, caduto nell’ ido¬latria, adorava un vitello d’ oro. Compreso di santo zelo per tanta ingratitudine e tanta empietà, spezzò le tavole della legge, ridusse in polvere il vitello, e punì di morte i principali istigatori del grave peccato.
Risalito poscia sul monte, implorò il perdono dal Si¬gnore, ricevette altre tavole della legge, e quando discese,. fu meravigliato il popolo di vedere com’egli avesse due raggi di luce in fronte, che rendevano la sua faccia splen¬dente e gloriosa.

Il Tabernacolo e l’Arca.

51. Quivi appiè del Sinai Mosè, per èomando di Dio e secondo le di lui prescrizioni, fabbricò il Tabernacolo e l’Arca.
Il Tabernacolo era una gran tenda a guisa di tem¬pio, che s’innalzava in mezzo agli accampamenti, quando gli Ebrei si fermavano.
L’Arca. era poi una cassa di legno preziosissimo, co¬perto entro e fuori di purissimo oro, in cui furono poscia collocate le tavole della legge, un vaso della manna del deserto e la verga fiorita di Aronne.

52. Molte volte gli ebrei nel deserto, mormorando con¬tro Mosè e contro il Signore, si attirarono gravi castighi. Fra questi è da notarsi quello dei serpenti velenosi, dai quali morsicati, molti perirono; molti poi, pentiti, si sal¬varono rimirando un serpente di bronzo, che, innalzato da Mosè sopra un’asta, dava imagine di croce. La virtù di questo emblema era simbolo delle virtù che avrebbe avuto la santa Croce di guarire le piaghe del peccato.

Giosuè e l’entrata nella terra promessa.

53. Dopo averli trattenuti per 40 anni nel deserto, Iddio introdusse gli ebrei nella terra promessa.
Mosè la vide da lungi, ma non vi entrò: Giosuè gli succedette nel governo del popolo.

54. Preceduti dall’Arca, passarono il fiume Giordano le cui acque si erano fermate per lasciare libero il passo nel letto del fiume: presero la città di Gerico, soggioga¬rono nella terra di Canaan i popoli che l’abitavano, e la divisero in dodici parti, quante erano le loro tribù. Così Iddio per mezzo del suo popolo castigò i gravissimi de¬litti di quelle genti.
Queste tribù pigliarono il nome da Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Isacar, Zabulon, Dan, Neftali, Gad, Aser, Be¬niamino, figli di Giacobbe, e da Efraim e Manasse, figli di Giuseppe. La tribù di Levi però non ebbe territorio; Iddio la chiamò all’uffizio sacerdotale, e volle tenerle luogo Egli stesso di porzione e di eredità. Dalla tribù di Giuda, se¬condo aveva profetizzato Giacobbe morente, nacque poi il Redentore del mondo.

Giobbe.

55. In quei tempi viveva un principe nell’Idumea, ric¬chissimo e giusto, di nome Giobbe, il quale temeva Iddio e si guardava dal mal fare. Volendo il Signore farne un modello di pazienza nelle miserie più grandi della vita, permise che Satana lo tentasse con inaudite tribolazioni.
In pochi giorni gli furono rapite le sue immense posses¬sioni, la morte lo privò della numerosa sua famiglia, ed egli stesso fu colpito in tutto il corpo da un’ulcere mali¬gna. Giobbe sbattuto da tante disgrazie non peccò d’im¬pazienza; si gettò colla faccia per terra, adorò il Signore disse: il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia bene¬detto il nome del Signore. Iddio, in premio della sua rassegnazione, lo benedisse e, ritornatolo in salute, lo pro¬sperò più che prima.
Tutto ciò viene luminosamente descritto in uno dei libri santi intitolato Giobbe.

Gli ebrei sotto i giudici.

56. Gli ebrei, resisi padroni della Palestina sotto la condotta di Giosuè, più non l’abbandonarono, governati secondo la legge di Mosè, o dai seniori del popolo, o dai giudici, e più tardi dai re.
I Giudici furono persone (fra cui due donne, Debora e Giaele) suscitate ed elette di tempo in tempo da Dio per liberare gli ebrei, ogni qualvolta essi, in castigo dei loro peccati, erano caduti nella schiavitù dei loro nemici.

57. I due più cospicui giudici furono Sansone e Samuele. Sansone, dotato di una forza straordinaria e meravi¬gliosa, tribolò e danneggiò per molti anni i filistei, po¬tenti nemici di Dio.
Tradito poi e perduta la prodigiosa sua forza, usò gli ultimi avanzi di essa per far crollare un tempio dei suoi nemici, sotto cui fu seppellito, con molti di essi.
Samuele, ultimo dei giudici, vinti i filistei, per ordine di Dio radunò il popolo che tumultuava e chiedeva un re, ed alla sua presenza elesse e consacrò Saulle, della tribù di Beniamino, a primo re di tutto il popolo ebreo.

Gli ebrei sotto i re.

58. Molti anni regnò Saulle, ma dopo i due primi per una gravissima disobbedienza, fu rigettato da Dio, e venne unto e consecrato re un giovane, di nome Davidde, della
tribù di Giuda, il quale si rese presto illustre uccidendo in singolare combattimento un gigante filisteo chiamato Golia, che insultava il popolo di Dio schierato in battaglia.

59. Saulle, sconfitto dai filistei, si diede la morte. Allora ascese al trono Davidde, il quale regnò sul popolo di Dio per 40 anni. Egli finì di conquistare tutta la Palestina, scon¬figgendo gli infedeli, che vi erano rimasti, e specialmente s impadronì della città di Gerusalemme, che elesse per sua dimora e fece capitale del regno.

60. A Davidde succedette suo figlio Salomone, che fu l’uomo più sapiente che mai sia esistito. Edificò il tempio di Gerusalemme, ed ebbe regno lungo e glorioso. Ma negli ultimi anni della sua vita, per le arti insidiose di donne straniere, cadde nell’idolatria, e da alcuni si teme della sua salute eterna.

Divisioni del regno.

61. Succedette al re Salomone suo figlio Roboamo. Non avendo costui voluto diminuire il peso durissimo dei tributi imposti dal padre, dieci tribù gli si ribellarono, costituirono re Geroboamo, capo degli insorti, e restarono a Roboamo due sole tribù, quelle di Giuda e di Benia¬mino. Il popolo ebreo si trovò così diviso in due regni - il regno d’Israele e il regno di Giuda. Questi due regni più non si unirono, ma ciascuno ebbe le proprie vicende.

Regno d’Israele e sua distruzione.

62. I re d’Israele, in numero di 19, tutti perversi e caduti nell’ idolatria, a cui trassero la maggior parte del popolo delle dieci tribù, governarono per 254 anni. Fi¬nalmente, in castigo delle enormi scelleratezze commesse, il popolo venne da Salmanasar, re degli Assiri, parte disperso, parte condotto schiavo nell’Assiria; ed il regno d’Israele cadde per non risorgere più (A. a. C. 722).
Furono mandati a ripopolare il paese colonie di gen¬tili, ai quali si assodarono in tempi successivi alcuni reduci israeliti e cattivi giudei, e tra tutti formarono poi un popolo, detto samaritano, nemico acerrimo della na¬zione giudaica.
Fra gli israeliti condotti schiavi in Ninive, capitale dell’Assiria, vi fu Tobia, uomo santissimo, di cui ci è re¬stata fra i Libri Santi una storia particolare, atta a farci altamente apprezzare il santo timore di Dio e le disposi¬zioni della sua Provvidenza.

Regno di Giuda e schiavitù di Babilonia.

63. I re di Giuda in numero di 20, dei quali alcuni pii e buoni, ed altri pur troppo anche scellerati, regna¬rono in tutto 388 anni.

64. Ai tempi di Manasse, uno degli ultimi re di Giuda, succedette quanto è scritto nel libro, che si intitola da Giuditta, la quale uccidendo Oloferne, capitano generale del re degli Assiri di quel tempo, liberò la città di Betulia e tutta la Giudea.
Più tardi un altro re degli Assiri, chiamato Nabucodo¬nosor, pose fine al regno di Giuda; egli s’ impadronì di Gerusalemme e la distrusse, in un col tempio di Salomone fin dai fondamenti; fece prigioniero ed acciecò Sedecia, ultimo re, e condusse il popolo schiavo in Babilonia.

Daniele.

65. Durante la schiavitù di Babilonia visse il profeta Daniele. Scelto insieme con altri giovani ebrei, per essere educato e poscia destinato al servizio personale del re, colla sua virtù si acquistò la stima e l’affezione di Nabu¬codonosor specialmente dopo di aver al medesimo mani¬festato ed interpretato un sogno ch’egli aveva avuto e po¬scia dimenticato.
Sebbene amato dal re, Daniele non andò esente dalle persecuzioni de suoi nemici, i quali, accusandolo di disob¬bedienza agli ordini sovrani, perché adorava il suo Dio, giunsero a cacciarlo in una fossa piena di leoni, dai quali però restò miracolosamente illeso.

Fine della schiavitù dl Babilonia e ritorno degli ebrei nella Giudea.

66. La schiavitù di Babilonia durò 70 anni, dopo i quali i giudei ebbero da Ciro la libertà. Ricondotti in patria da Zorobabele, (A. a. C. 538), fabbricarono Gerusalemme ed il tempio, confortati nell’opera santa da Neemia ministro del re, e da Aggeo profeta.

67. Non tutti però rimpatriarono. Tra quelli che rima¬sero nella terra straniera vi fu per divina disposizione Ester, la quale, essendo stata scelta dal re Assuero a sua sposa, salvò poi il suo popolo dalla distruzione, a cui era stato condannato dal re ad istigazione del ministro Amanno che odiava Mardocheo, zio della regina.

68. I giudei ritornati a libertà, furono quind’innanzi’più fedeli al Signore, vivendo nell’ osservanza delle proprie leggi e riconoscendo per capo della nazione il loro sommo sacerdote, sotto una certa tal quale dipendenza ora dai re di Persia, ora dai re~ di Siria, ora dai re di Egitto, secondo la sorte delle armi.

69. Fra questi re alcuni lasciarono in pace i giudei, ed alcuni altri li perseguitarono per ridurli all’idolatria. Il più crudele e tiranno fu Antioco Epifane, re di Siria, il quale bandì una legge, per cui, pena la morte, tutti i suoi sudditi dovevano abbracciare la religione pagana. Allora molti giudei acconsentirono a quell’ empietà, ma molti più stettero forti e si conservarono fedeli a Dio, ed altri molti morirono di glorioso martirio. Così avvenne di un santo vecchio, detto Eleazaro, e di sette fratelli, detti Maccabei, colla loro madre.

I Maccabei.

70. Sorsero allora alcuni intrepidi sostenitori della re¬ligione e dell’indipendenza della patria, contro l’empio e crudele Antioco alla cui testa si pose un sacerdote per nome Matatia, coi cinque suoi figliuoli, virtuosi e prodi come lui. Prima si ritirò ai monti, e raccolti ancora altri
valorosi intorno a sè, discese e sbaragliò gli oppressori.

71. Giuda, soprannominato Maccabeo, figlio di Matatia, proseguì la guerra incominciata dal padre, e col favore di Dio e coll’aiuto de’ suoi fratelli, fondò il breve regno detto dei Maccabei, che per 128 anni governarono la Giu¬dea come pontefici e principi, poi anche come re.
Questo gran capitano, chiamato nelle Sante Scritture uomo fortissimo, diede esempio insigne di pietà pei de¬funti, ed affermò solennemente la fede nel purgatorio, coll’ordinare una grande colletta di danaro da mandarsi in Gerusalemme, affinché si offrissero doni e sacrifizi in suffragio dei caduti nella guerra santa. Egli fu per le molte sue vittorie benedetto dal popolo, e fu il terrore dei suoi nemici. Ma infine sopraffatto da questi, non sostenuto dai suoi, morì da eroe colle armi in pugno, l’anno 161 prima dell’Era cristiana. A Giuda Maccabeo, succedettero un dopo l’altro i suoi fratelli Gionata e Simone, quindi il figlio di costui Giovanni Ircano, il quale tenne un go¬verno savio, glorioso e felice.

72. Ma i figliuoli e discendenti degenerarono dalla virtù dei maggiori, e discordi fra loro s’implicarono in disgra¬ziate contese con potenti vicini; in breve la Giudea, per¬dute le forze ed il prestigio, a poco a poco cadde sotto il dominio dei romani.

I romani e fine del regno di Giuda.

73. I romani primieramente la resero tributaria, e poco appresso le imposero un re di nazione straniera, Erode il grande, così chiamato per alcune fortunate im¬prese, ma non grande certamente in faccia alla storia, la quale non tace i raggiri e le viltà per mezzo di cui as¬sunse il desiato potere; del quale si valse poi a persegui¬tare la persona adorabile di Gesù Cristo nella sua infanzia. Esternamente fortunato, infelicissimo visse e morì; fine ordinaria dei persecutori.
Dopo di lui regnarono, con varia estensione di potere, tre suoi figliuoli e due nipoti; ma fu breve la gloria, poi¬ché il regno fu presto cambiato in provincia dell’ impero romano; e in nome di esso fu mandato a reggerla un governatore.

I Profeti.

74. Iddio, a mantenere il suo popolo nell’osservanza della legge, od a richiamarvelo, e specialmente a preser¬varlo dall’idolatria, cui era potentemente inclinato, aveva in ogni tempo suscitati uomini straordinari, chiamati Pro¬feti, i quali, da lui ispirati, preannunciavano i futuri avve¬nimenti.

75. Alcuni di tali Profeti, come Elia ed Eliseo, non lasciarono scritti: ma di loro e delle loro gesta, restò me¬moria nella Storia Sacra.
Altri sedici lasciarono scritte le loro profezie, che fu¬rono conservate fra i Libri Santi.

76. Quattro di questi, Geremia, Daniele, Ezechiele ed Isaia, sono detti maggiori, perché le loro profezie sono più ampie; gli altri dodici sono detti minori, per la ragione contraria.

77. Mandato principale dei Profeti era quello di tener viva la memoria della promessa del Messia, e di prepa¬rare la ricognizione di lui. Annunziarono molti secoli prima il tempo preciso della venuta di Lui, ed anzi die¬dero una tale descrizione delle circostanze della nascita, della vita, della passione e della morte di Lui, che, leg¬gendo il complesso delle profezie, i loro autori appaiono storici, più che Profeti.

Alcune profezie che riguardano il Messia.

78. Ecco alcune delle profezie, che riguardano il tempo della venuta del Messia:
Il profeta Daniele sul finire della schiavitù di Babi¬lonia annunziava chiaramente, che il Messia sarebbe com¬parso, vissuto, rinnegato dai giudei, e da loro ucciso, dopo settanta settimane di anni, e che poco dopo Gerusalemme sarebbe distrutta ed i giudei dispersi, senza più potersi costituire in nazione.

79. I profeti Aggeo e Malachia annunziavano ai giudei che il Messia sarebbe venuto nel secondo tempio, e quindi prima della sua distruzione.
Il profeta Isaia, oltre all’aver descritte molte circo¬stanze della nascita e vita del Messia, annunziava che dopo la sua venuta i gentili si sarebbero convertiti.

80. I fatti annunziati da questi e dagli altri profeti ebbero il loro compimento. Cioè si compirono. le settanta settimane, fu distrutta Gerusalemme, fu distrutto il se¬condo tempio, i giudei furono e sono dispersi, ed i gen¬tili si sono convertiti: dunque il Messia deve esser venuto. Più; tutte queste profezie ebbero il loro compimento nella persona di N. S. Gesù Cristo, e solamente in Lui; dunque Egli è stato il vero Messia promesso.
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08/07/2010 21:47

PARTE SECONDA
SUNTO DI STORIA DEL NUOVO TESTAMENTO


Annunciazione della Vergine Maria.

81. Durante il regno di Erode, detto il grande, viveva in Nazaret, piccola città della Galilea, una santissima Vergine di nome Maria, sposata a Giuseppe, che il Vangelo chiama uomo giusto. Sebbene entrambi fossero discendenti dai re di Giuda, e quindi della famiglia di Davidde, tuttavia erano poveri, e guadagnavansi il vitto col lavoro.

82. A questa Vergine fu mandato da Dio l’arcangelo Gabriele, il quale la salutò piena di grazia, e le annunciò che Ella sarebbe divenuta madre del Redentore del mondo. Alla vista ed alle parole dell’Angelo turbossi in prima Maria; ma poi, da lui rassicurata, rispose: Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola. In quello stesso momento il Figliuol di Dio, per opera dello Spirito Santo, s’incarnò nel seno purissimo di Lei, e re¬stando vero Dio, cominciò ad essere vero uomo. Così ebbe principio la redenzione del genere umano.

Visita a S. Elisabetta e nascita di S. Giovanni Battista.

83. Nel colloquio coll’Arcangelo, Maria aveva inteso che sua cugina Elisabetta, moglie ad un sacerdote, chia¬mato Zaccaria, dovea sebbene avanzata in età, avere un figlio. Con santa sollecitudine andò Maria a trovare la cugina sulle montagne della Giudea, per congratularsi con lei, e sovratutto per servirla, come fece per tre mesi, quale umile ancella.
Si fu in quell’occasione che Maria, rispondendo al sa¬luto della cugina che, ispirata dallo Spirito Santo la salu¬tava Madre di Dio, uscì in quel sublime cantico - Magnificat - che sovente canta la Chiesa.

84. Il figlio di Elisabetta fu Giovanni Battista, il santo precursore del Messia.

Nascita di Gesù Cristo e circostanze di quel grandissimo avvenimento.

85. In quel tempo venne pubblicato un editto, per cui l’imperatore Cesare Augusto ordinava che dovesse farsi il censimento di tutte le persone soggette all’ impero ro¬mano, e che quindi tutti dovessero andare a farsi regi¬strare1 ciascuno nella città da cui traeva origine. Maria, e Giuseppe, per essere della casa e famiglia di Davidde, dovettero andare nella città di Betlemme, ove Davidde aveva avuto i natali; ma non vi essendo più luogo per loro negli alberghi a cagione della grande moltitudine venuta a dare il nome, si ripararono in una specie di spe¬lonca, che serviva di stalla, non lungi dalla città.

86. Fu là che, in sulla mezzanotte, il Figliuolo di Dio, fattosi uomo per salvare gli uomini, nacque da Maria Ver¬gine, la quale lo involse in poveri panni e lo collocò a giacere nel presepio, ossia nella mangiatoia degli animali.
In quella notte stessa un Angelo comparve ad alcuni pastori, che vegliavano in quei contorni alla custodia del gregge, e loro annunziò che era nato il Salvatore del mondo. I pastori accorsero stupefatti alla stalla, trovarono il Santo Bambino e per i primi lo adorarono.

Obbedienza di Gesù e della santissima Madre sua alla legge.

87. L’ottavo giorno dopo la nascita, per ubbidire alla legge, il Bambino fu circonciso, e gli fu imposto il nome di Gesù, siccome aveva indicato l’Angelo a Maria, quando le aveva annunziato il mistero dell’ incarnazione.
Ed ancora in ossequio alla legge, Maria, benché non vi fosse obbligata, nel quarantesimo giorno si presentò con Gesù nel tempio, per la cerimonia della purificazione; offrendo per sè il sacrifizio delle povere donne, un paio di tortore o di colombelle; e per Gesù il prezzo del riscatto.

88. V’era nel tempio un santo vecchio di nome Simeone, il quale aveva avuto rivelazione dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di vedere il Cristo del Signore. Ei si recò in braccio il divin Fanciullo, e riconoscendolo per suo Redentore, pieno di giubilo lo benedisse e lo salutò con quel tenero cantico - Nunc dimittis - che la Chiesa canta sul fine dell’ufficio di ciascun giorno.
In quell’ora stessa sopravvenne una piissima e vecchia vedova, la quale vedendo il divin Bambino ne giubilò nel suo cuore, e in seguito parlava di esso a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Israele.

I Magi.

89. Qualche tempo dopo la nascita di Gesù entrarono in Gerusalemme tre Magi, ossia Sapienti, venuti dal¬l’Oriente, domandando dove era nato il Re dei Giudei.
Stando nel loro paese avevano osservato una stella straordinaria, e dalla medesima, secondo un’antica profe¬zia nota nell’Oriente, avevano conosciuto che doveva esser nato nella Giudea l’Aspettato dalle genti; ispirati da Dio, seguendo il cammino indicato dalla stella, erano venuti ad adorarlo.
Regnava allora in Gerusalemme Erode, detto il grande, uomo ambizioso e crudele. Questi alle parole dei Magi tur¬bossi molto; s’informò dai principi dei sacerdoti in qual luogo doveva nascere il Messia e, saputo che il luogo indi¬cato dai Profeti era Betlemme, vi mandò i Magi raccoman-dando loro di ritornare prontamente da lui, simulando di voler anch’egli portarsi ad adorare il nato Bambino.
I Magi partirono; e tosto la stella (scomparsa sopra Gerusalemme) riapparve ad essi, guidandoli alla dimora del Divino Infante in Betlemme, sopra la quale si fermò. Essi vi entrarono, e trovato il Bambino con Maria sua Madre, si prostrarono, l’adorarono, ed aperti i loro tesori, gli offrirono oro, incenso e mirra, riconoscendolo come re, come Dio, e come uomo mortale. Nella notte poi, avver¬titi in sogno di non ripassare da Erode, per altra via ritornarono nel loro paese.

Strage degli innocenti e fuga in Egitto.

90. Erode aspettò inutilmente i Magi; vedendosi deluso, adirossi moltissimo, e nella barbara sua astuzia sperando di colpire anche Gesù, mandò ad uccidere tutti i fanciulli dai due anni in giù, che si trovavano in Betlemme e nei suoi dintorni.
Antecedentemente però un Angelo era apparso in sogno a Giuseppe, per avvisarnelo e per ordinargli di fug¬gire in Egitto. Giuseppe incontanente ubbidì: e con Maria e Gesù andò in Egitto, dove stette fino alla morte di Erode; dopo la quale avvisato nuovamente dall’Angelo, ritornò, non a Betlemme nella Giudea, ma a Nazaret nella Galilea.

Disputa di Gesù nel tempio.

91. Quando Gesù giunse all’età di dodici anni, fu con¬dotto dai parenti a Gerusalemme per le feste di Pasqua, che duravano sette giorni. Finite le feste, secondo l’uso, Maria con le donne e Giuseppe con gli uomini, se ne par¬tirono per Nazaret. I fanciulli erano ammessi a viaggiare tanto cogli uomini, quanto colle donne. Riunitisi dopo un giorno di cammino Maria e Giuseppe s’accorsero che Gesù non era né coll’uno né coll’altra. Dopo averlo cercato invano fra i congiunti e i conoscenti, afflitti rifecero tosto la strada di Gerusalemme e, trovatolo il terzo giorno nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, in atto di interrogarli e di ascoltarli, la Madre dolcemente chiesegli, perché si tosse fatto cercare così. - La risposta ch’ Egli diede fu la prima dichiarazione della sua divinità: E perché mi cer¬cavate? Non sapevate voi che nelle cose, che riguardano il padre mio, fa d’uopo che io mi trovi?
Dopo ciò egli se ne ritornò con loro a Nazaret; e da questo punto fino all’età di trent’anni il Vangelo più non ci riferisce alcun fatto particolare di lui, ma compendia tutta la storia di quei tempo in queste parole: Gesù viveva nell’obbedienza di Maria e di Giuseppe, e cresceva in età, in sapienza ed in grazia appresso Dio ed appresso gli uomini.
Per questo fatto, che Gesù passò in Nazaret il tempo della sua vita privata, Egli fu poi chiamato: Gesù Na¬zareno.

Battesimo di Gesù e suo digiuno nel deserto.

92. Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, desti¬nato da Dio, come fu detto, ad essere il precursore del Messia, ed a preparare gli ebrei a riceverlo, si era riti¬rato nel deserto a far vita penitente.
Venuta l’ora di dar principio alla sua missione, Giovanni, vestito di pelle di cammello con ai lombi una cin¬tura di cuoio, uscì sulle sponde del fiume Giordano, e si diede a predicare ed a battezzare. Egli gridava: fate penitenza, imperciocchè il regno de’ cieli è vicino.
Un giorno fra la moltitudine gli si presentò pure Gesù, il quale, essendo giunto all’età di trent’anni, doveva co¬minciare a manifestarsi al mondo.
In sulle prime Giovanni, che lo riconobbe, voleva ri¬tirarsi, ma poi vinto dal comando di Gesù, lo battezzò. Ed ecco che, appena uscito Gesù dall’acqua si aprirono i cieli, lo Spirito Santo, in figura di colomba, discese Su di lui, e s’udì una voce che diceva: questi è il mio Figliuolo diletto.
Ricevuto il battesimo, Gesù fu dallo stesso Spirito Santo condotto nel deserto, dove passò quaranta giorni e quaranta notti a vegliare, digiunare e pregare. In quell’occasione egli volle essere in varie guise tentato dal demonio, per insegnare a noi a vincere le tentazioni.

Primi discepoli di Gesù e suo primo miracolo.

93. Dopo tale preparazione Gesù per dare principio alla sua vita pubblica, ritornò nei pressi del fiume Gior¬dano, dove Giovanni continuava a predicare; questi, ve¬dendolo venire esclamò: Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo. Questa ed altre testimo¬nianze a favore di Gesù, ripetute ancora il giorno dopo, determinarono due discepoli di Giovanni a seguire il di¬vino Maestro, che in quel giorno li trattenne seco. Uno di questi di nome Andrea, abbattutosi in un suo fratello chiamato Simone, lo menò a Gesù, il quale, riguardatolo in faccia, gli disse: tu sei Simone figlio di Giona; d’ora innanzi sarai chiamato Pietro. E questi furono i primi suoi discepoli.

94. Molti altri ancora, o da lui invitati, come Giacomo, Giovanni, Filippo, Matteo, o mossi dalle sue parole, si diedero a seguirlo. In sul principio essi non si fermavano continuamente con lui, ma dopo aver ascoltato i suoi di¬scorsi, ritornavano alle loro famiglie ed alle loro occupa¬zioni: solamente qualche tempo dopo lasciarono tutto, per non più abbandonarlo.
Con alcuni di essi fu un giorno invitato ad una festa di nozze in Cana di Galilea, alla qual festa era pure stata invitata Maria sua madre. Si è in tale occasione che, per intercessione della sua SS. madre Maria, cambiò una gran quantità di acqua in isquisitissimo vino. E questo fu il primo miracolo di Gesù, per cui egli manifestò la propria gloria e confermò nella fede i suoi discepoli.

Elezione dei dodici Apostoli.

95. Fra questi discepoli Egli ne scelse poi dodici, che chiamò Apostoli, perché fossero sempre con lui, e per mandarli a predicare; e furono, Simone cui dato aveva il nome di Pietro, e suo fratello Andrea, Giacomo e Gio¬vanni figliuoli di Zebedeo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo figlio di Alfeo, Giuda Taddeo, Si¬mone Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì. A capo dei medesimi apostoli Gesù Cristo elesse Simone, ossia Pietro, che doveva essere poi il suo Vicario in terra.

Predicazione di Gesù.

96. Accompagnato dagli Apostoli, e talora da loro pre¬ceduto, per tre anni continui percorse più volte tutta la Giudea e la Galilea, predicando il suo Vangelo e confor¬tando le sue parole con un numero infinito di miracoli.
Per lo più nei sabati entrava nelle sinagoghe ed in. segnava, sebbene, presentandosene l’occasione è l’oppor¬tunità, non isdegnasse di dare in qualunque luogo i suoi ammaestramenti. Leggiamo in fatti che le turbe lo seguivano, ed egli predicava non solo nelle case, sulle piazze, ma ancora all’aperta campagna, sui monti, nei deserti, in riva al mare, e persino dal mare, salendo sulla navicella di Pietro. — Il celebre discorso delle otto beati¬tudini è chiamato appunto il discorso del monte, dal luogo dove lo pronunziò.
Coll’esempio predicava non meno che colle parole. I discepoli, ammirati delle sue lunghe orazioni, lo suppli¬carono un giorno che insegnasse a pregare anche a loro: e Gesù loro insegnò la sublime orazione del Pater noster.

97. Gesù ne’ suoi insegnamenti, per varie ragioni, tra le quali fu anche quella di adattarsi alla capacità della maggior parte de’ suoi uditori, ed all’ indole dei popoli orientali, si serviva ben sovente di parabole, ossia similitudini. Sono semplici e sublimi quelle del figliuol pro¬digo, del samaritano, del buon pastore, dei dieci talenti. delle dieci vergini, del ricco epulone, del fattore infe¬dele, del servo che non vuol perdonare, dei vignaiuoli, dei convitati alle nozze, del grano di senapa, della se¬mente, del fariseo e del pubblicano, degli operai, della zizzania ed altre notissime ai buoni cristiani, che assi¬stono alla spiegazione del santo Vangelo, che si fa alla domenica nelle loro parrocchie.

Mirabili effetti della parola e della potenza del Redentore.

98. Ordinariamente dopo i suoi discorsi, gli erano pre¬sentati infermi d’ogni specie, muti, sordi, storpi, ciechi, lebbrosi, ed Egli a tutti ridonava la sanità.
Non solo nelle sinagoghe andava Egli spargendo le sue grazie ed i suoi benefizi; ma in qualunque luogo si trovasse, presentandosene l’occasione, veniva in soccorso degli infelici, che in gran numero gli erano condotti da ogni parte della Palestina e dei paesi circonvicini, essen¬dosi anche in tutta la Siria sparsa la fama de’ suoi mira¬coli. Specialmente gli ossessi dal demonio, di cui v’era non piccol numero in quel tempo, ed Egli li liberava dagli spiriti maligni, i quali uscivano gridando: tu sei il Cristo, il Figliuol di Dio!

99. Due volte con pochi pani miracolosamente molti¬plicati, sfamò le turbe che lo avevano seguito nel deserto; sulle porte della città di Naim, risuscitò il figlio di una vedova, che era portato alla sepoltura, e, qualche tempo¬prima della sua passione, risuscitò Lazzaro, morto da quattro giorni e fetente nel sepolcro.

100. È infinito il numero dei miracoli, anche strepito¬sissimi, che fece nei tre anni della sua predicazione per dimostrare che Egli parlava per comando di Dio, che era il Messia aspettato dai Patriarchi e predetto dai Pro¬feti, che era il Figliuolo di Dio stesso; e tale si manifestò nella sua Trasfigurazione per lo splendore della sua glo¬ria e per la voce del Padre che lo proclamava suo Fi¬gliuolo diletto.
Alla vista di tali miracoli parecchi si convertivano e lo seguitavano, molti poi lo acclamavano, cercando talora di farlo re.

Guerra aperta contro Gesù.

101. Questi trionfi di Gesù fin da principio eccitarono la gelosia degli scribi, dei farisei, dei principi, dei sa¬cerdoti e dei capi del popolo, la quale si accrebbe a dis¬misura, quando Egli si diede a smascherare la loro ipo¬crisia od a rimproverarli dei loro vizi. Essi perciò non tardarono a perseguitarlo e a denigrano, dicendolo perfino indemoniato, ed a cercare il modo di sorprenderlo in parole, sia per iscreditarlo dinanzi al popolo, sia per accusano presso il governatore romano. La loro invidia aumentò sempre più quando, in seguito alla risurrezione di Lazzaro si moltiplicò grandemente il numero dei giu¬dei, che credevano in Lui. Allora tennero un consiglio per ucciderlo; ed il pontefice Caifa finì per dire: è neces¬sario che un uomo muoia per il popolo, e non perisca tutta la gente: pronunziando colle sue parole una pro¬fezia senza saperlo; imperocché appunto per la morte di Gesù sarebbe salvato il mondo.

Causa di odio estremo e tradimento di Giuda.

102. Finalmente il loro odio giunse al colmo quando, essendo vicina la Pasqua, (ed era la quarta che Egli fa¬ceva a Gerusalemme, dopo che aveva cominciata la sua predicazione) essendo la città ripiena di forestieri venuti da ogni parte per la festa, Gesù, seduto sopra un asinello, entrò trionfante ed acclamato dal popolo, che gli era uscito incontro portando rami di palma e d’ulivo, mentre alcuni stendevano le loro vestimenta sopra la strada, ed altri tagliavano ramoscelli dagli alberi e li spargevano per la via.

103. Allora gli anziani del popolo, i principi dei sa¬cerdoti e gli scribi si congregarono nella casa del pon¬tefice Caifa, e stabilirono insieme di pigliare Gesù con inganno e di soppiatto, per timore che le turbe facessero tumulto. L’occasione non si fece aspettare. Giuda Isca¬riota, uno dei dodici Apostoli, invasato dal demonio dell’avarizia, si offrì a dare il suo divin Maestro nelle mani dei suoi nemici, per trenta monete di argento.

Ultima cena di Gesù Cristo e istituzione del sacramento dell’Eucaristia.

104. Era il di, in cui si doveva sacrificare e mangiare l’agnello pasquale. Giunta l’ora assegnata, Gesù venne al luogo dove Pietro e Giovanni, mandati da lui, avevano apparecchiato ogni cosa per la cena, e si posero a tavola.

105. Si è durante quell’ ultima cena che Gesù diede agli uomini la più gran prova del suo amore per loro, coll’istituire il sacramento dell’Eucaristia.

Passione di N. S. Gesù Cristo.

106. Finita la cena, il divin Salvatore, accompagnato dai suoi Apostoli, uscì dalla città, e per via dicendo loro le più tenere cose e loro dando i più sublimi insegna¬menti, andò, secondo il solito, nell’orto di Getsemani, dove pensando alla sua prossima passione, pregando ed offrendosi all’ Eterno suo Padre, sudò vivo sangue e da un Angelo fu confortato.

107. Venne Giuda, il traditore a capo di una squadra di sgherri armati di bastoni e di spade, e diede a Gesù un bacio, che era il segno convenuto per farlo conoscere.
Gesù abbandonato dagli Apostoli, che erano per paura fuggiti, fu tosto afferrato e legato da quei manigoldi, e con ogni sorta di maltrattamenti da loro trascinato prima ad un principe dei sacerdoti, chiamato Anna, e poscia a Caifa pontefice, il quale nella stessa notte radunò il gran sinedrio, che proclamò Gesù reo di morte.

108. Scioltasi la radunanza dei giudici, Gesù venne consegnato agli sgherri, dai quali, in quella notte, fu vi¬lipeso ed oltraggiato con barbari trattamenti.
Si fu anche in quella notte dolorosa che Pietro amareg¬giò il cuore di Gesù, negandolo tre volte. Guardato però da Gesù tornò in sè, e pianse il suo peccato tutta la vita.

109. Venuto il giorno, e radunatosi nuovamente il Sinedrio, Gesù fu condotto al preside romano, Ponzio Pilato, al quale a voce di popolo si domandò che lo condan¬nasse a morte. Pilato, avendo riconosciuta l’innocenza di Gesù e la perfidia dei giudei, cercò di salvarlo; e dovendo in occasione della Pasqua, liberare un malfattore, lasciò al popolo la scelta tra Gesù e Barabba. Il popolo scelse Barabba.
Poscia, sentendo Pilato che Gesù era galileo, lo mandò ad Erode Antipa da cui fu disprezzato, trattato da pazzo e poi rimandato, vestito per ischerno con una veste bianca. Finalmente lo fece flagellare dai manigoldi, i quali, dopo averlo ridotto tutto una piaga, con insulto atroce gli po¬sero in capo una corona di spine, sulle spalle uno strac¬cio di porpora, in mano una canna, e schernirono salu¬tandolo re.
Ma tutto ciò non essendo bastato ad acquietare il fu¬rore dei suoi nemici e della plebe tumultuante, Pilato lo condannò alla crocifissione.

110. Allora Gesti dovette sottoporre le sue spalle ad un duro tronco di croce e trascinarlo fino al Calvario, dove denudato, abbeverato di fiele e mirra, inchiodato alla croce ed innalzato fra due ladroni, in mezzo ad un mare di spasimi e di tormenti, dopo tre ore di penosis¬sima agonia, spirò pregando per i suoi crocifissori, che non cessarono perciò dall’inferocire. - Anche morto, ebbe il cuore trapassato da un fiero colpo di lancia.

111. Nessuna mente umana può imaginare, nessuna lingua può esprimere quanto Gesù dovette soffrire e nella notte del suo arresto, e nei diversi viaggi dall’uno all’al¬tro tribunale, e nella flagellazione, e nella coronazione di spine, e nella crocifissione, e finalmente nella lunga agonia!... Solo l’amore che ne fu causa, può ridestarne una pallida imagine nei cuori riconoscenti.
Maria santissima assistette con sovrumana fortezza alla morte del suo divin Figlio; e unì lo strazio del suo cuore ai dolori di Lui, per la redenzione del genere umano.
Come nella vita, così nella morte il Padre celeste fece risplendere la divinità di Gesù Cristo; mentre era in croce, il sole si oscurò e si coprì la terra di densissime tenebre; al suo spirare, la terra traballò con spaventoso terremoto; il velo del tempio si lacerò, da capo a fondo, e parecchi morti, usciti dai sepolcri, si videro in Gerusalemme ed apparvero a molti.

Sepoltura di Gesù, sua Risurrezione e sua Ascensione al Cielo.

112. Gesù fu crocifisso e morì in giorno di venerdì e nella stessa sera, prima del calar del sole deposto dalla croce fu sepolto in un sepolcro nuovo, a cui si posero i sigilli e le guardie, per timore che i suoi discepoli potes¬sero involarlo.
All’alba del giorno successivo al sabato, si sentì un gran terremoto; Gesù era risuscitato, e uscito glorioso e trionfante dal sepolcro. Egli, dopo esser comparso alla Maddalena, comparve agli Apostoli, per confortarli e con¬solarli; ed alcuni Santi Padri pensano che prima Egli ap¬parisse alla santissima Madre sua.

113. Quaranta giorni stette. ancora Gesù sulla terra dopo la sua risurrezione, in diverse apparizioni mostran¬dosi ai suoi discepoli e conversando con essi. Così rassi¬curava con miracolosi modi gli Apostoli, confermavali nella fede, comunicava loro altissime cose e dava loro gli ultimi avvertimenti: finché, nel quarantesimo giorno, li ra¬dunò sul monte Oliveto, e dopo averli benedetti, alla loro presenza, visibilmente si alzò da terra ed ascese al cielo.

Discesa dello Spirito Santo. - Predicazione degli Apostoli.

114. Gli Apostoli, seguendo gli avvisi del loro divin Maestro, tosto si ritirarono nel cenacolo di Gerusalemme, e là per dieci giorni aspettarono, pregando, lo Spirito Santo, che Gesù aveva loro promesso, e che discese su di loro in forma di tante lingue di fuoco la mattina del giorno decimo, detto Pentecoste.

115. Essi allora, mutati in altri uomini, cominciarono ad un tratto a parlare diverse lingue, secondoché lo Spi¬rito stesso dava ad essi di favellare. A mirare tale spet¬tacolo accorsero le genti d’ogni nazione, adunate in quei giorni a Gerusalemme; e, ad un discorso fatto da S. Pietro sulle profezie avveratesi nella persona di Gesù Cristo e sui miracoli operati da lui, tremila persone si conver¬tirono.
Alcuni giorni dopo, lo stesso Pietro, seco unito l’apo¬stolo Giovanni, dopo una miracolosa guarigione d’uno storpio dalla nascita, parlando a quella moltitudine di giudei, altri cinque mila ne attirò alla fede.
Né solo in Gerusalemme, ma in tutta la Giudea, pre¬dicando gli Apostoli, il numero dei credenti andava cre¬scendo.

116. Ma tosto i seniori del popolo ed i principi dei sacerdoti cominciarono a perseguitare gli Apostoli, e chia¬matili e rimproveratili acerbamente, intimarono loro di non più parlare di Gesù. Questi rispondevano: Noi non possiamo tacere quello che abbiamo veduto ed udito; giudicate voi stessi se ci sia lecito obbedire agli uomini, disobbedendo a Dio, ma quelli li imprigionarono mal¬trattandoli; fecero morire il diacono S. Stefano sotto una tempesta di sassi: e gli Apostoli lieti di esser fatti degni di patire per Gesù Cristo, ne prendevano coraggio a pre¬dicare, e sempre maggiore era il numero dei convertiti.

L’apostolo Paolo.

117. Il più celebre dei convertiti al Vangelo fu Saulo, detto poscia Paolo, nativo di Tarso, il quale prima furioso nemico e persecutore dei cristiani, colpito dalla divina potenza, diventò un vaso di elezione, il più zelante ed operoso degli Apostoli.
Sono incredibili i viaggi, le fatiche e le tribolazioni di questo prodigio della grazia, per far conoscere il nome e la dottrina di Gesù Cristo fra i gentili: onde vien chia¬mato Dottore delle genti. Predicando la fede, non già coll’apparato della sapienza umana, ma nella virtù di Dio, che confermavala coi miracoli, convertiva i popoli seb¬bene fosse sempre accusato dai nemici della Croce di Cristo. Tali accuse lo portarono provvidenzialmente a Roma, ove poté predicare anch’egli il Vangelo ai giudei ivi residenti .ed ai pagani. Dopo altre peregrinazioni vi ritornò, ed ivi coronando l’apostolica sua vita col martirio, ebbe tagliata la testa sotto il medesimo Imperatore Nerone, sotto cui S. Pietro vi fu crocifisso.

118. Ci restano di lui 14 epistole, scritte la maggior parte alle varie chiese da lui fondate, e sono esse un altro segno dell’apostolica missione datagli da Gesù Cristo, avendo egli scritto, come osserva S. Agostino, con tale estensione, lucidezza, profondità ed unzione che rivelano lo spirito di Dio.

Dispersione degli Apostoli per tutto il mondo.

119. Dopo aver predicato il Vangelo nella Giudea, giusta il comando di Gesù, gli Apostoli si separarono, ed andarono a predicarlo per tutto il mondo. S. Pietro, capo del Collegio apostolico, andò in Antiochia. Si è in questa che i credenti in Gesù Cristo cominciarono a chiamarsi Cristiani. Da Antiochia S. Pietro venne a Roma, dove fissò la sua sede, senza più trasportarla in altro luogo. Esso fu Vescovo di Roma, e nella stessa città finì la sua vita, come sopra si accennò, con un glorioso martirio sotto Nerone.
I successori di S. Pietro nella Sede romana eredi¬tarono la suprema podestà, che il Signore aveva a lui data di Maestro infallibile della Chiesa, di fonte di tutta la giu¬risdizione e di protettore e difensore di tutti i cristiani. Essi perciò giustamente si chiamano col nome di Papi, che vuoi dire Padri, e si sono succeduti senza interru¬zione sulla cattedra di Pietro sino ai nostri giorni.

120. Tutti gli Apostoli concordi ed unanimi, in comu¬nione con Pietro, predicavano dappertutto la stessa fede; e gli uomini si convertivano ed abbandonavano l’idolatria, sicché in breve il mondo si riempì di cristiani, al governo dei quali gli Apostoli stessi ponevano i Vescovi, a conti-nuare il loro ministero.
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08/07/2010 21:48

PARTE TERZA
BREVI CENNI DI STORIA ECCLESIASTICA


Le persecuzioni ed i martiri.

121. Ma la fede cristiana doveva passare per durissime prove, acciò fosse manifesto che essa veniva da Dio, e da Lui solo era sostenuta. Ne tre primi secoli di sua esi¬stenza, ossia per il corso di 300 anni, molte terribili per¬secuzioni infierirono contro i seguaci di Gesù Cristo, per comando degl’ imperatori romani.
Non era continua la guerra intimata ai cristiani ma a certi intervalli ripigliavasi; ed allora essi erano cer¬cati a rendere ragione della loro lede, loro era ingiunto di offrire incenso agli idoli, e, ricusando erano sottoposti a tutti gli sfregi, le pene e i tormenti, che 1’ umana ma¬lizia possa escogitare, infimo alla morte.

122. Essi non irritavano punto i loro nemici; si radu¬navano per le loro divozioni e per assistere al divino Sa¬crifizio per lo più in luoghi sotterranei, oscuri e deserti, che tuttora esistono a Roma ed altrove, detti cemeteri o catacombe; ma non riuscivano ad evitare i pericoli di morte. E un numero grandissimo di essi, collo spargimento del loro sangue, resero testimonianza alla fede di Gesù Cristo, per affermare la quale erano morti gli Apostoli ed i loro imitatori. Perciò diconsi martiri, che appunto vuoi dire testimoni. La Chiesa riconosceva queste care vittime della fede, raccoglieva i loro cadaveri, li componeva nei santi luoghi di dormizione, e li ammetteva all’onore degli altari.

Costantino e la pace della Chiesa.

123. La Chiesa non ebbe solida pace che sotto l’impe¬ratore Costantino, il quale, riuscito vincitore de’ suoi ne¬mici, favorito ed incoraggiato da una celeste visione, emanò editti, pei quali ciascuno restava libero di ascri¬versi alla religione cristiana; i cristiani rientravano in possesso dei beni, che loro erano stati confiscati; nessuno poteva inquietarli per ragione della loro fede; ne dove¬vano più essere esclusi dalle cariche od impieghi dello Stato; essi potevano fabbricare chiese; e l’imperatore ta¬lora ne sosteneva la spesa.
Allora tutti quanti i confessori della fede, che erano in carcere, furono prosciolti; i cristiani cominciarono a cele¬brare con pubblico splendore le loro adunanze, e gl’infe¬deli stessi sentivansi attratti a magnificare il vero Dio.

124. Costantino, superato l’ultimo suo competitore, restò solo padrone del mondo romano, e la Croce di Gesù Cristo videsi sfolgorare nel vessillo dell’impero.
Egli divise poscia l’impero in orientale ed occiden¬tale, facendo di Bisanzio sul Bosforo una nuova capitale, che abbellì e chiamò Costantinopoli (a. d. C. 330). Questa metropoli diventò ben presto una Roma novella, per l’au¬torità imperiale che vi risiedeva.
Allora lo spirito di orgoglio e di novità si impadronì di alcuni ecclesiastici, ivi costituiti in alta dignità; i quali ambirono di primeggiare sul Papa e su tutta la Chiesa di Gesù Cristo. Da ciò nacquero gravissimi sconcerti per parecchi secoli, e finalmente il disastroso scisma, per cui l’Oriente separossi dall’ Occidente (Sec. IX) sottraen¬dosi in gran parte dalla divina autorità del Pontefice Ro¬mano, che è il successore di S. Pietro, Vicario di Gesù Cristo.

Le eresie ed i concili.

125. Mentre usciva vittoriosa della guerra esterna del paganesimo, e vinceva la prova delle sue feroci persecu¬zioni, la Chiesa di Gesù Cristo, assalita da nemici interni, già combatteva una guerra intestina ben più terribile. Guerra lunga e dolorosa che, ingaggiata e tenuta accesa da cattivi cristiani, suoi figli degeneri, non ha veduto ancora il suo termine; ma dalla quale la Chiesa uscirà trionfante secondo la infallibile parola del suo divin Fon¬datore al primo suo Vicario in terra, l’apostolo Pietro: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei. (S. Matteo XVI, 18.).

126. Già dai tempi apostolici erano sorti uomini per¬versi, che per lucro e per ambizione turbavano e corrom¬pevano nel popolo la purità della fede con turpi errori. A questi si opposero gli Apostoli colla predicazione, cogli scritti, e colle infallibili sentenze del primo concilio che essi celebrarono in Gerusalemme.

127. D’allora in poi, lo spirito delle tenebre non cessò da’ suoi velenosi attacchi contro la Chiesa e contro le di¬vine verità delle quali ella è custode indefettibile; e susci¬tandole contro sempre nuove eresie, attentò man mano a tutti i dogmi della cristiana religione.

128. Fra le altre, vanno tristamente famose le eresie: di Sabellio, che impugnò il dogma della SS. Trinità; di Manete, che negò l’Unità di Dio, ed ammise nell’uomo due anime; di Ario, che non volle riconoscere la Divi¬nità di N. S. Gesù Cristo; di Nestorio, che negò a Maria SSma la sua eccelsa qualità di Madre di Dio, e distinse in Gesù Cristo due persone; di Eutiche, il quale in Gesù Cristo non ammise che una sola natura; di Macedon io, che combattè la divinità dello Spirito Santo; di Pelagio, che intaccò il dogma del peccato originale e della neces¬sità della grazia; degli Iconoclasti, che ripudiarono il culto delle Sacre Imagini e delle Reliquie dei Santi; di Berengario, che disdisse la presenza reale di N. S. Gesù Cristo nel SS. Sacramento; di Giovanni Hus, che negò il primato di S. Pietro e del Romano Pontefice; e final¬mente la grande eresia del Protestantesimo (sec. XVI), prodotta e divulgata principalmente da Lutero e da Calvino. Questi novatori, col respingere la Tradizione di¬vina riducendo tutta la rivelazione alla S. Scrittura, e col sottrarre la S. Scrittura medesima al legittimo magi¬stero della Chiesa, per darla insensatamente alla libera interpretazione dello spirito privato di ciascheduno, demo¬lirono tutti i fondamenti della fede, esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e dell’ignoranza, ed aprirono l’adito a tutti gli errori.

129. Il protestantesimo o religione riformata, come orgogliosamente la chiamarono i suoi fondatori, è la somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo, e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime.

130. Con una lotta, che dura senza tregua da 20 secoli, la Chiesa cattolica non cessò di difendere il sacro depo¬sito della verità che Iddio le ha affidato, e di proteggere i fedeli contro il veleno delle eretiche dottrine.

131. Ad imitazione degli Apostoli, ogni volta che lo ha richiesto il pubblico bisogno, la Chiesa radunata in con¬cilio ecumenico o generale, ha definito con limpida chia¬rezza la verità cattolica; l’ha proposta qual domma di fede ai suoi figli; ed ha respinto dal suo seno gli eretici, colpendoli di scomunica e condannandone gli errori.
Il concilio ecumenico o generale, è un augusto con¬sesso a cui sono, dal Romano Pontefice, chiamati tutti i Vescovi dell’universo, ed altri prelati della Chiesa, e che è presieduto dal Papa medesimo, ora in persona, ora per mezzo dei suoi Legati. A tale consesso, che rappresenta tutta la Chiesa docente, è promessa l’assistenza dello Spi¬rito Santo; e le sue decisioni in materia di fede e di co¬stumi, dopo la conferma del Sommo Pontefice, sono sicure ed infallibili come la parola di Dio.

132. Il concilio che condannò il protestantesimo è stato il Sacro Concilio di Trento, così denominato dalla città, dove tenne sua sede.

133. Colpito da questa condanna il protestantesimo vide svilupparsi i germi di dissoluzione che portava nel suo viziato organismo: le dissenzioni lo lacerarono, si moltipli¬carono le sétte, che dividendosi e suddividendosi lo ridus¬sero in frammenti. Al presente il nome di protestantesimo non significa più una credenza uniforme e diffusa, ma nasconde la più mostruosa congerie di errori privati ed individuali, raccoglie tutte le eresie, e rappresenta tutte
le forme di ribellione contro la santa Chiesa cattolica.

134. Lo spirito protestante tuttavia, cioè lo spirito di sconfinata libertà e di opposizione ad ogni autorità, non lasciò di diffondersi; e molti uomini sorsero che gonfiati da una scienza vana e superba, ovvero dominati dall’ambi¬zione e dall’interesse non dubitarono di creare o dar fa¬vore a teorie sovvertitrici della fede, della morale, e di ogni autorità divina ed umana.

135. Il Sommo Pontefice Pio IX, dopo di avere in un Sillabo, condannato molte delle più essenziali proposizioni di questi temerari cristiani, per portare la scure alla ra¬dice del male aveva convocato in Roma un nuovo con¬cilio ecumenico. Questo aveva felicemente incominciato l’opera sua illustre e benefica nelle prime sessioni tenute nella basilica di S. Pietro in Vaticano (onde ebbe il nome di Concilio Vaticano), quando nel 1870 per le vicende dei tempi dovette sospendere le sue sedute.

136. Giova sperare che, quietata la burrasca la quale agita momentaneamente la Chiesa, il Romano Pontefice potrà ripigliare e condurre a termine l’opera provviden¬ziale del santo concilio; e che sconfitti gli errori, i quali ora travagliano 1a Chiesa e la società civile, sarà dato presto di vedere la verità cattolica brillare di nuova luce ed illuminare il mondo de’ suoi eterni splendori.

Accenni e direzioni per lo studio della religione nella storia della Chiesa.

137. Qui ha termine il nostro sunto, perché non è pos¬sibile di seguire passo a passo le vicende della Chiesa complicate cogli avvenimenti politici, senza dir cose meno adatte alla comune intelligenza, e fallire lo scopo di queste pagine.
Il fedele di buona volontà si provveda di un buon compendio di storia ecclesiastica di autore cattolico. - E in ciò fare si valga del consiglio del suo parroco o di un dotto confessore. - Legga con ispirito di semplicità ed umiltà cristiana, e vedrà la Chiesa sua madre risplen¬dere dei caratteri di cui N. S. Gesù Cristo ha insignita la sola vera Chiesa da lui fondata; che sono di essere Una, Santa, Cattolica ed Apostolica.

138. Una. - L’unità della Chiesa vedrà risplendere nell’esercizio continuato della fede, della speranza e della carità. Vedrà in 20 secoli di vita sempre giovane e fio¬rente, che conta la Chiesa, tante generazioni, tanta mol¬titudine di uomini, diversi d’indole, di nazione, di linguag¬gio, riuniti in una società, governata sempre da una me¬desima e perpetua Gerarchia, professare le stesse cre¬denze, confortarsi delle stesse speranze, partecipare alle comuni preghiere, agli stessi sacramenti, sotto la dire¬zione dei legittimi Pastori. Vedrà la gerarchia ecclesia¬stica formata da tante migliaia di Vescovi e di Sacerdoti, tenersi stretta in vincolo di unità nella comunione e nell’ubbidienza del Romano Pontefice, che ne è il capo divi¬namente istituito, ed attingere da lui i divini insegnamènti, per comunicarli al popolo con perfetta unità di dottrina. Onde mai tanta meraviglia d’unione? Dalla presenza, dall’assistenza di Gesù Cristo che aveva detto agli Apostoli: ecco che io sono con voi sino alla consumazione dei secoli.

139. Santa. - Il fedele che leggerà con cuor retto la storia ecclesiastica, vedrà risplendere la santità della Chiesa, non solo nella santità essenziale del suo Capo invisibile Gesti Cristo; nella santità dei sacramenti, della dottrina, delle corporazioni religiose, di moltissimi dei suoi membri; ma ancora nella abbondanza dei doni ce¬lesti, dei sacri carismi, delle profezie e dei miracoli, con cui il Signore (negandoli a tutte le altre società religiose), fa risplendere in faccia al mondo la dote della santità di cui va esclusivamente fregiata la sua unica Chiesa.
Chi legge con animo retto la storia ecclesiastica, è colpito di meraviglia nel contemplare la visibile azione della Prov¬videnza divina, la quale comunica alla Chiesa la santità e la vita; e veglia alla sua conservazione. È dessa che fin dai primi secoli suscitava quei grandi uomini, gloria immortale del cristianesimo, che, ripieni di sapienza e di virtù sovrumana, combatterono vittoriosamente le eresie e gli errori a misura che insorsero: Santi Padri e Dottori che brilleranno come stelle, giusta la frase scrittu¬rale, nella perpetua eternità; del cui unanime ed uni¬versale consenso si valse sempre la Chiesa, a riconoscere la Tradizione e il senso delle Sante Scritture.
E colpisce parimenti il sorgere provvidenziale, a tempo e luogo opportuno, di quegli Ordini Regolari, di quelle Religiose Famiglie, approvate e benedette dalla Chiesa, nelle quali, fin dal quarto secolo fioriva la vita cristiana ed aspiravasi alla perfezione evangelica, praticando i divini consigli nei santi voti di castità, povertà ed obbedienza.
Appare dalla storia che queste Religiose Famiglie, nel corso dei secoli, andarono sempre e vanno tuttora suc¬cedendosi e rinnovandosi con uno scopo sempre adatto alla diversità dei tempi e dei bisogni di essi: o la pre¬ghiera, o l’insegnamento, o l’esercizio del ministero apostolico, o il compimento svariato e molteplice delle opere di carità. Esse vanno soggette, come la santa madre Chiesa, a persecuzioni furiose, che sovente e per qualche tempo le opprimono. Ma siccome tali istituti appartengono all’essenza della Chiesa per l’attuazione dei consigli evan-gelici, perciò non possono del tutto perire. Ed è provato che la tribolazione li purifica e li ringiovanisce: e, rinascendo altrove, si moltiplicano e producono più abbondanti frutti, restando sempre una sorgente inesausta della santità della Chiesa.

140. Cattolica. - Leggerà con rammarico il fedele che pur troppo, nel corso dei secoli, grandi moltitudini di cri¬stiani, talora intiere nazioni, furono miseramente staccate dall’ unità della Chiesa; ma vedrà pure che, successiva¬mente, ad altre genti, ad altre nazioni mandava Iddio la luce del Vangelo per mezzo di uomini apostolici, incaricati appunto da Lui, come lo furono gli Apostoli, di guidare a salvezza le anime. - E si consolerà nel riconoscere che un tale apostolato degnasi il Signore di affidare nel nostro secolo a centinaia e migliaia di sacerdoti, di religiosi d’ogni ordine, di vergini consacrate a Lui, che sui battelli a va¬pore e sulle vie ferrate percorrono le terre e i mari dell’antico e del nuovo mondo, per dilatare il regno di Gesù Cristo. - Imperocché sarebbe un errore il prestar fede alle vanterie degli increduli: che il cattolicismo vada estin-guendosi nel mondo, quasi che gli uomini più non si curino che del progresso delle scienze e delle arti. Invece dalle statistiche risulta chiaramente che il numero complessivo dei cattolici, nelle cinque parti del mondo, non ostante persecuzioni e difficoltà d’ogni sorta, si accresce ogni anno; ed è da sperare che, continuando a facilitarsi i mezzi di comunicazione, e prestando favore Iddio, ornai non saravvi più terra accessibile ove non siavi in una modesta chiesa, attorno ad un povero missionario, un gruppo di cristiani congiunti di mente e di cuore coi fratelli di tutto il mondo, e per mezzo di Vescovi o di Vicari apostolici legittima¬mente mandati dalla Sede Romana, legati alla medesima in unità di fede e di comunione. - È ciò che chiamasi cattolicità della Chiesa. Essa sola può dirsi cattolica ossia universale, cioè d’ogni tempo e d’ogni luogo.

141. Apostolica. - Vedrà il fedele, nel percorrere la storia ecclesiastica, succedersi, fra incredibili difficoltà, tanti Romani Pontefici, tutti nella persona di Pietro rivestiti delle stesse prerogative date a lui da Gesti Cristo, diffon¬dere la giurisdizione ai successori anche degli altri Apo¬stoli, dei quali nessuno erasi mai separato da Pietro1 sic¬come ora nessuno potrebbe separarsi dalla Sede Romana, senza cessare di appartenere alla Chiesa, che perciò è realmente e dicesi apostolica.

142. Nella storia ecclesiastica, il fedele imparerà a co¬noscere ed evitare i nemici della Chiesa e della sua fede. Nel corso dei secoli s’incontrerà in associazioni o so¬cietà tenebrose e segrete, le quali sotto vario nome si anda¬rono formando, non già per glorificare Iddio eterno, onni¬potente e buono, ma per abbattere il suo culto e sostituirvi (cosa incredibile, ma vera) il culto del demonio.
Né si meraviglierà che i legittimi successori di S. Pietro, sopra il quale Gesù Cristo fondò la sua Chiesa, siano stati, o siano al presente ancora, agli eretici ed agli incre¬duli, oggetto d’odio, di scherno e di avversione, dovendo essi più da vicino rassomigliare al divino maestro, che disse: se perseguitarono me, perseguiteranno voi pure.
Ma la verità, che si vedrà risultare dalla storia, è questa: che i primi Papi per vari secoli furono giustamente innal¬zati agli onori degli altari, avendo molti versato il sangue per la fede; che quasi tutti gli altri splendettero per egre¬gie doti di sapienza e di virtù, sempre intenti ad istruire, a difendere e santificare il popolo cristiano, sempre pronti, come i loro predecessori, a dare la vita per rendere testi¬monianza alla parola di Dio. - Che importa (dacché sgraziatamente vi fu tra i dodici un apostolo malvagio), che importa se pochissimi fra tanti fossero stati meno degni di salire su quella suprema Sede, dove ogni macchia ap¬pare gravissima? - Dio lo permise per far conoscere la sua potenza nel sostenere la Chiesa, mantenendo un uomo infallibile nel suo insegnamento, benché fallibile col suo personale operare.


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