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274. A Francesco sarto predetto e a monna Agnesa sua donna.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondati nel timore santo di Dio, poiché senza questo timore non potreste participare la vita de la grazia in voi.

Questo timore santo caccia ogni timore servile che fusse nell'anima e dà grande sicurezza, in tanto che per compire la voluntà di Dio, non teme né cura di dispiacere agli uomini. Questi non cura rimproverio, strazii o villania; né teme di perdere la sustanzia temporale, o eziandio la vita, purché si vegga fare il debito suo di rendere gloria e loda al nome di Dio: levato ha l'occhio suo da la terra, e postolo nel suo Creatore, seguitando con grande sollicitudine le vestigie di Cristo Crocifisso. Tutte le opere sue sono dirizzate e ordinate secondo la volontà di Dio: sta ne la carità de la carità con tutte le creature che hanno in loro ragione. Ogni bene, riposo, pace e quiete esce di questo santo e dolce timore; e ogni perfezione ne segue all'anima che è fondata in verità in esso. E però vi dissi che io desideravo di vedervi fondati nel detto timore santo: e così vi prego che facciate per l'amore di Cristo Crocifisso.

Ebbi per Sandro le vostre lettere. Rispondovi che del fatto de lo spedale non si può qua impetrare nessuna grazia di perdono, o d'altro, se prima non è fatto e inviato; e però prima s'acconci e comincisi, e poi brigaremo di inaffiarlo col sangue di Cristo, lo quale ci ministrarà lo vicario suo.

Io non sono per fare ora altro passaggio, poiché il passaggio è qui, perché abbiamo gl'infedeli e i persecutori de la Chiesa di Dio allato all'uscio, sì che non è da andare altrove per passaggio.

Io vi mandai più dì fa per uno frate Predicatore lo privilegio de la indulgenzia: rispondete se l'avete avuto, e fatene come allora vi scrissi. Confortate Bartalo e monna Orsa, e benedite i fanciulli loro e Bastiano.

Siavi racomandato Giannozzo, e confortatelo e benedicetelo molto per mia parte. Altro non vi dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Fate che io vi senta crescere in virtù, e non essere sempre fanciulli. Gesù dolce, Gesù amore.

A monna Agnesa dico che non venga qua, ma se mi volete trovare, andatevene a la croce. Quando sarà tempo, Dio ci darà lo modo e l'attitudine che noi siamo insieme.



275. A frate Raimondo da Capua dell'ordine dei Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spogliato lo cuore e l'affetto d'ogni amore proprio di voi, affinché l'amore proprio non v'impedisca che voi non siate sposo della verità, e non vi faccia pastore timido, affinché per timore non lassiate lo zelo della santa giustizia e verso di voi e verso dei sudditi vostri.

Poiché, in colui che sta nell'amore proprio di sé, non reluce la giustizia: né a sé, rendendo a sé quello che è suo - cioè rendendosi odio e pentimento per conoscimento di sé -; né a Dio rende gloria e loda al nome suo; e al suddito non dà essemplo di santa e perfetta vita; né non dà la reprensione al difettuoso, né la benevolenza al buono, confermandolo, e aiutandolo a navigare nell'Ordine santo. Sì che colui che sta nell'amore proprio commette ingiustizia e non tiene giustizia, e però c'è bisogno di spogliarci di noi, e vestirci di Cristo crocifisso, e salire in sulla navicella della santissima croce, e navigare in questo mare tempestoso senza timore: poiché, a chi è in su questa navicella, non gli bisogna temere di timore servile, poiché la nave è fornita di qualunque cibo l'anima vuole divisare.

E venendo i venti contrarii, che ci percotessero o ritardassero che non potessimo così tosto adempire i nostri desiderii, non ce ne curiamo; ma stiamo con fede viva, poiché i ci ha che mangiare, e la navicella è forte sì e per siffatto modo che neuno vento è sì terribile che, percotendola nello scoglio, che ella si rompa mai. è bene vero che spesse volte la navicella ci lassa ricoprire all'onde del mare, e fallo non perché noi afoghiamo, ma perché noi cognosciamo meglio e più perfettamente lo tempo pacifico dal tempestoso; e affinché nel tempo pacifico noi disordinatamente non ci fidiamo; e perché noi torniamo al santo timore con umile e continua orazione, con santo e ardente desiderio, cercando l'onore suo e la salute delle anime in su questa navicella della croce: e però ci permette che il demonio, la carne, e il mondo, colle molte persecuzioni, ci ricuoprano colle tempestose onde loro.

Ma l'anima ch'è in su questa navicella non sta solamente alla riva, ma gittasi nel midollo dentro nel fondo della nave, nell'abisso del cruciato e ardente amore di Cristo crocifisso: non gli farà male alcuno, ma molto più confortato e virile si levarà a volere portare pene e fatiche e rimproverii nel mondo senza colpa, avendo gustato e provato nell'onde la divina providenzia. Perciò, spogliato dell'amore proprio, e vestito della dotrina di Cristo crocifisso, vi prego e voglio che intriate in questa navicella della santissima croce, e con essa navichiate per questo mare tempestoso, col lume della santissima fede viva, e colla margarita della vera e santa giustizia verso di voi e verso dei sudditi vostri. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



276. A una meretrice in Perugia, a petizione d'uno suo fratello.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti participare lo sangue del Figlio di Dio, poiché senza lo sangue non puoi avere la vita. Chi sonno coloro che participano lo sangue? Coloro che vivono col santo e dolce timore di Dio: chi teme Dio, vuole inanzi morire che ofendarlo mai mortalmente.

Però, figlia mia, io piango e dolgomi che tu, creata ad immagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), ricomprata del prezioso sangue suo, non riguardi la tua degnità, né il grande prezzo che fu pagato per te; ma pare che tu faccia come il porco che s'involle nel loto. Così tu t'involli nel loto della immondizia; fatta sei serva e schiava del peccato; preso hai per signore lo demonio, a lui servi lo dì e la notte. Pensati che il signore dà al servo suo di quello ch'egli ha: se tu servi al demonio, tu participi del suo. Or che ha il demonio, figlia mia? Tenebre, tempeste, amaritudine, pena, tormenti, fragelli; nel luogo suo v'ha pianto e stridore di denti, privazione della visione di Dio, nella quale visione sta la beatitudine de l'anima. Di questa beatitudine ne furono privati essi dimoni per la superbia loro; e così coloro che seguitano la volontà del demonio sonno privati da questa visione.

Or quante sonno quelle pene intolerabili che sonno date a l'anima che va dietro a la 'niquità dei peccati mortali, non è lingua sufficiente a poterlo narrare. Oimé, oimé ch'è a pensare che tu abi perduta la memoria del tuo Creatore, e che tu non vedi che tu sei fatta come il membro ch'è tagliato, ch'essendo tagliato, subito si secca: così tu essendo tagliata e divisa da Cristo per lo peccato mortale, sei fatta come lo legno arido e secco (Jn 15,6), senza neuno frutto: in questa vita cominci la caparra de l’inferno.

Or non pensi tu, figlia, quanta è la servitudine tua, e quanto ella è misera miserabile? Ché in questa vita hai l’inferno, e hai la conversazione deli demoni oribili. Esce, esce di questa pericolosa servitudine e tenebre, nella quale ti sei condotta. Oimé, se mai tu nol facessi per amore di Dio, almeno per la vergogna e confusione del mondo lo dovaresti fare. Or non vedi tu che tu sei colei che ti dai nelle mani degli uomini a fare strazio, scherni e scempio delle carni tue? Or non vedi che tu sei amata e ami d'un amore mercennaio che ti dà morte; che tanto ami o sei amata quanto ne tragono, o tu ne trai, diletto o utilità? Tratto a sé lo diletto e il dono, è tratto a sé l'amore, poiché non è fondato in Dio, ma è fondato nel demonio.

Pensati, figlia, che tu hai a morire, e non sai quando. Però disse lo nostro dolce Salvatore: «State aparechiati, ché voi non sapete né il dì né l'ora che voi sarete richiesti». E santo Giovanni dice: «Egli è già posta la scure a la radice de l'albore: non è se non a tagliare» (Mt 3,10 Lc 3,9). Pensa che se ora lo sommo giudice ti richiede, tu sei trovata nelle mani deli demoni e in stato di dannazione. Comparire ti conviene, e non hai chi risponda per te, ché coloro che possono rispondare, aiutarti e sovenirti - ciò sonno le virtù -, tu non l’hai; ma bene hai quelli amici che ti condenaranno dinanzi al giudice vero: ciò sonno lo mondo, il demonio e la carne, cui tu hai servito con tanta solecitudine. Essi t'acusano, manifestando con grande tua confusione e vergogna l'ofese che tu hai fatte a Dio; condannati a la morte eterna, menanti a la loro compagnia, dove ha fuoco, puzza di solfo, stridore di denti, freddo, caldo, e il verme della coscienza che sempre il rimorde e riprendelo, perché si vede per suo difetto esser privato della visione di Dio, ed esser degno della visione delle demonia. Or questo è il merito che tu hai del servigio e fatica che tu hai durata per servire al mondo, al demonio e a la carne.

Perciò, poiché tu veghi che ti fanno degna di tanto male, e privanti di tanto bene, fatti una santa forza a te medesima: levati di tanta miseria e fracidume, ricorre al tuo Creatore, che ti riceverà, pure che tu voglia lasciare lo peccato mortale e tornare a lo stato della grazia. Io ti dico, dolcissima figlia mia, che se tu bomicarai lo fracidume del peccato per la santa confessione, con proponimento di non cadere più né tornare a bomico (2P 2,22 Pr 26,11), dice la dolce benignità di Dio: «Io ti prometto che non mi ricordarò che tu m'ofendessi mai». E veramente così è: che colui che punisce per contrizione e pentimento lo peccato, Dio nol vuole punire ne l'altra vita. Non ti paia faticoso. Ricorre a quella dolce Maria ch'è madre di pietà e di misericordia: ella ti menarà dinanzi a la presenza del Figlio suo, mostrandoli per te lo petto con che ella l'alattò, inchinandolo a farti misericordia.

Tu, come figlia e serva ricomprata del sangue (1P 1,19), entra allora ne le piaghe del Figlio di Dio, dove trovarai tanto fuoco d'inefabile carità, che consumarà e ardarà tutte le miserie e difetti tuoi. Vederai che t'ha fatto bagno di sangue per lavarti de la lebra del peccato mortale e della tua immondizia, ne la quale tanto tempo sei stata. Non ti schifarà lo dolce Dio tuo. Acompagnati e impara da quella dolce e inamorata Madalena che, subito ch'ella ebbe veduto il male e il difetto suo, e vide sé ne lo stato della dannazione, subbitamente si leva con grandissimo odio de l'ofesa di Dio e amore de la virtù. Va cercando per potere trovare misericordia, vede bene che non la può trovare altro che in Cristo dolce Gesù, e però ella se ne va a lui; e non mira né a onore né a vitoperio, ma umilemente se li gitta ai piedi. Ine per amore, dolore e amaritudine, con perfetta umilità riceve la rimessione dei peccati suoi. Ella merita d'udire quella dolce parola: «Maria, va' in pace (Lc 7,50) e non peccare più» (Jn 8,11).

Or così fa' tu, figlia mia dolcissima: ricorre a lui; guarda quell'atto umile di Madalena che si pone ai piedi (Lc 7,38) - manifestando l'affetto suo che ella si moveva con contrizione di cuore -, e non si reputa degna d'andare dinanzi a la faccia del maestro suo. Così tu esce col cuore, con l'affetto e col corpo, e non dormire più, poiché tu non hai tempo; da che tu non hai tempo, non aspetare il tempo. Risponde a Cristo crocifisso che ti chiama con boce umile; corre dietro a l'odore de l'onguento suo (Ct 1,3); bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso, ché a questo modo participarai lo frutto del sangue suo. Così desidera l'anima mia di vederti participare lo Sangue, e che tu sia membro legato per grazia nel tuo capo Cristo crocifisso.

E se tu mi dicessi: «Lo non avere di che vivare mi ritrae», e io ti dico che Dio ti provederà; e anco ho sentito dal tuo fratello carnale che ti vuole aitare in ciò che bisogna. Non volere dunque aspetare lo divino giudicio, lo quale cadarebbe sopra di te se tu questo non facessi. Non volere più essere membro del diavolo, ché come laccio suo ti sei posta a pigliare le creature. Non basta assai lo male che tu fai per te; pensati di quanti tu sei cagione di fare andare all’inferno. Non dico più. Ama Cristo crocifisso; e pensa che tu devi morire e non sai quando.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce madre.



277. A la detta monna Alessa, essendo essa Caterina a Firenze.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti, te e l'altre, spose e serve fedeli a Cristo Crocifisso, a ciò che sempre rinnoviate lo pianto per onore di Dio e per salute delle anime, e per la reformazione de la santa Chiesa.

Ora è il tempo che voi vi serriate dentro nel cognoscimento di voi, con continua vigilia e orazione, a ciò che il sole tosto si levi, poi che l'aurora è cominciata a venire. L'aurora è venuta, poiché le tenebre che c'era dei molti peccati mortali, i quali si commettevano per l'offizio che si diceva, è levata via, a male grado di chi l'ha voluto impedire, e tiensi lo interdetto. Grazia, grazia sia al nostro dolce Salvatore, che non è spregiatore dell'orazioni umili, né de le lacrime e affocati desiderii dei servi suoi. Poi, dunque, che non n'è spregiatore, anco gli accetta, io v'invito a pregare, e a fare pregare la divina bontà che tosto ci mandi la pace, a ciò che Dio sia gloriato, e levisi tanto male, e noi ci ritroviamo insieme a narrare le ammirabili cose di Dio. Suso, e non dormite più: destatevi tutte dal sonno de la negligenzia.

Fate fare speciale orazione a cotesti monasterii; e dite a la priora nostra che faccia fare a tutte coteste figlie speziale orazione per la pace, sì che Dio ci facci misericordia, e non si torni senza essa. E per me, misera sua figlia, che Dio mi dia grazia che sempre sia amatrice e annunziatrice de la verità, e per essa verità io muoia. Altro non dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



278. A monna Bartolomea di Domenico, in Roma.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi buona e vera peregrina, e tenere lo modo che tiene lo vero peregrino e viandante (He 11,13 1P 2,11) in questa vita.

E perché continovamente corriamo inverso lo termine de la morte, voglio che virilmente facciate come lo peregrino ch'è savio, che non riguarda mai né a fatica né a diletti che ne la via trovasse, ma riguarda pure al fine dove vuole giognere. Così noi viandanti non ci dobiamo volgere né a le tribolazioni, ingiurie, obrobii che ci fussero detti o fatti in questa vita. Non vi volgete per impazienzia; ma con vera e santa pazienza, come persona che non ha a stare qui. Dico che anco non ci doviamo volgiare a diletti né consolazioni per apetito o diletto desordinato; ma dobiamo virilmente trapassare, e non ristarci per diletto in esse.

E convienci avere, in questo camino, lo bastone in mano, sì che ci possiamo difendare dagli animali e nemici nostri. Questo, madre e figlia mia carissima, sia il bastone della santissima croce - nel quale bastone trovarete l'Agnello dissanguato, consumato d'amore -, lo quale ci difende dal nemico della nostra sensualità, poiché riguardando l'anima tanto fuoco d'amore, mortifica e ucide le sue perverse volontà.

Dico che ci difende dagli animali, cioè dalle cogitazioni del demonio, e dalle false lusinghe del mondo, e dall'amore disordenato dei figli e d'ogni creatura. Oh quanto è dolce questo glorioso legno, dove l'anima s'apoggia; e falla corrire e giognare al termine suo! Lo termine e fine nostro è vita eterna: questo obiettivo voglio che vi poniate dinanzi agli occhi della mente vostra; e così sarete peregrina vera, e giognarete a porto di salute.

Bagnatevi, bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, andate lecando lo sangue di Cristo crocifisso per cotesti perdoni, ché altro non fa la creatura, quando va per li perdoni, se non che va ricogliendo lo sangue: poiché il perdono ci è dato per lo sangue dell'Agnello immacolato.

Rimanete etc. Gesù dolce etc.




279. A messere Ristoro sopradetto da Fiorenze, in Pistoia.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato in vera e perfettissima carità, la quale carità è madre e nutrice di tutte l'altre virtù: fa l'uomo constante e perseverante in esse virtù, in tanto che né demonio né creatura nel può separare, se egli non vuole.

Ella è di tanta dolcezza che in lei non cade veruna amaritudine che affligga l'anima, ma genera una amaritudine dolce che ingrassa l'anima in uno vero cognoscimento di sé - dove conosce le colpe sue passate e presenti, commesse contro al suo Creatore -; per mezzo del quale cognoscimento ha amaritudine, dolendosi d'avere offeso tanto sommo ed eterno bene e d'avere lordata la faccia e la bellezza dell'anima sua, la quale fu lavata nel sangue de l'umile immacolato Agnello: nel qual sangue conosce il fuoco e abisso della sua carità. Per questo conoscimento l'anima viene ad amare, ché in altro modo non vi verrebbe, poiché tanto ama la creatura il suo Creatore, quanto raguarda sé essere amata da lui, perché condizione è dell'amore d'amare quando si vede amare. Unde tutta la freddezza del cuore nostro non procede da altro, se non perché noi non raguardiamo quanto siamo amati da Dio. E perché nol vediamo? Perché la nuvola del proprio amore ha offuscato l'occhio dell’intelletto, dove sta la pupilla del lume della santissima fede.

Con questo lume veniamo a perfettissima carità di Dio; con questo medesimo veniamo alla carità del prossimo nostro, poiché l'anima che ama il suo Creatore vuole amare quello che egli molto ama: e vedendo che egli sommamente ama la creatura, è costretta da l'affetto della sua carità d'amarla e servirla con grande sollicitudine, e quella utilità che non può fare a Dio - perché non ha bisogno di noi - la vuole fare a lei, ministrandole di quelle grazie e doni che ha ricevuti da Dio, spirituali e temporali. E ciò che le ministra il fa con spirituale intenzione, perché la carità è schietta e liberale: non cerca le cose sue perché non ama sé, né le creature né il Creatore per sé, ma ogni cosa ama per Dio.

La carità non è finta né doppia, che ella mostri una di fuori, e un'altra porti dentro.

Ella è umile e non superba: anco, l'umilità nutre la carità nell'anima.

Ella è fedele e non infedele, che fedelmente serve Dio e il prossimo suo, sperando in lui e non in sé.

Ella non è imprudente, e però adopera con grande prudenzia.

Ella è giusta che a ciascuno rende il debito suo, rendendo gloria e loda al nome di Dio; al prossimo la benevolenza; e a sé rende odio della colpa commessa e pentimento della propria fragilità.

Ella è forte che né l'avversità la può indebilire per impazienzia, né la prosperità con disordinata allegrezza.

Ella pacifica i discordanti, rifrena l'ira, e conculca l'accidia e la invidia, poiché ama e gode del bene del prossimo come del suo.

Ella riveste l'anima del vestimento della grazia con tanta fortezza che nessuno colpo la può accarnare, anco ritorna in colui che gliele gitta.

Unde vediamo che, se il prossimo ci percuote con la ingiuria - e noi la riceviamo con pazienza -, il colpo avelenato della colpa ritorna a colui che la gitta; e se il mondo ci percuote coi piaceri, delizie e stati suoi - e noi il riceviamo con pentimento -, ritorna il colpo a lui con l'odio; e se il demonio ci percuote con le molte varie e diverse tentazioni - e noi percotiamo lui con la fortezza della voluntà, stando fermi, constanti e perseveranti fino alla morte, non consentendo alle cogitazioni e malizie sue -, tenendosi questa rocca, nessuno colpo ci può nuocere: poiché solo la voluntà è quella che commette la colpa, e aopera le virtù, secondo che le piace.

Se il colpo della immundizia vuole percuotere noi - e noi percotiamo lui con l'odore della purezza, la quale purezza e continenzia fa l'anima angelica. Ella è stretta sorella della carità, e tanto l'ama questa dolce madre, che non solamente la fa schifare la immundizia che dà morte all'anima - cioè di quelli che si invollono nel loto della carnalità sì come animali bruti -, ma eziandio quella che sanza colpa di peccato mortale licitamente si può usare - cioè di quelli che sono nello stato del matrimonio - vuole che lassi, in tanto che volentieri la fugirebbe la creatura, se potesse, perché le pare bene quello che è: che di quello loto non puote uscire che non si lordi. Molto è cosa impossibile a trassinare il loto, e non imbrattarsi. E però l'anima che sta nella perfettissima carità gusta l'odore della continenzia: unde vorrebbe fugire quello che l'è contrario.

Oh quanto sarebbe dolce sacrifizio e accetto a Dio se voi, figlio e figlia carissimi, v'offeriste a Dio con questo dolcissimo e suavissimo odore, e lassaste oggimai la lebra ai lebrosi, e voi seguitaste lo stato angelico! Non aspettate il tempo della vecchiezza - ché allora il mondo lassa voi; e poco grado ve ne saprebbe Dio quando lassaste quello che non poteste tenere -, ma dategli il fiore della gioventudine, il quale egli accetterà con grandissimo amore, e saragli grato e piacevole molto. Non dormiamo più: tanto tempo aviamo fatta stalla del corpo e della mente nostra, che ogimai è da farne uno giardino; e non è da aspettare il tempo, poiché il tempo non aspetta noi.

L'uno inviti e constringa l'altro a vestirsi di questa dolcissima purezza, la quale gitta odore nel conspetto di Dio e dinanzi alle creature. Sono certa che, stando voi in questa dolce madre carità, voi il farete, iuxta lo vostro potere, impugnando alla propria fragilità quando volesse ricalcitrare alla ragione; in altro modo, no. Unde, considerando io questo, e avendo desiderio di vedervi giunti a questo eccellente stato, al quale non si può venire se non per la via della carità, dissi, e dico, che io ho grandissimo desiderio di vedervi fondato in vera e perfettissima carità; la quale carità abbraccia ogni bene e schifa e fugge ogni male di colpa. Poi che ella è tanto dolce e dilettevole, non è da perdere il tempo per negligenzia, ma è da levarsi con grande sollicitudine col lume della santissima fede, col quale lume vedremo noi essere amati da Dio; vedendo, conosceremo la sua bontà e, conoscendola, l'ameremo; e con esso amore cacceremo l'amore proprio, che ci priva della vita della grazia. Empitevi la memoria per ricordo del sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa etc. Gesù dolce, Gesù amore.





280. A frate Raimondo da Capua dei frati Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vasello di carità, e con fuoco portare e con ardire anunziare la verità, e seminare lo seme della parola di Dio a ogni creatura, e singularmente ora per lo presente al nostro dolce Cristo in terra.

Su, padre e figli carissimi, andatemi come banditori povarelli, portando con voi la ricchezza della fede e de la speranza, e coi la fortezza e legame della carità. Ricordivi di quella parola dolce che disse la prima Verità: «Tu mandarai i figli tuoi come agnelli in mezzo dei lupi (Mt 10,16): vadino sicuramente, ché io sarò con loro; e se l'aiuto umano fusse venuto meno, l'aiuto mio divino sarà sempre con loro.» O padre e figli miei, chi vuole altro diletto e conforto? chi sarà colui che caggia in timore? Colui che non si confida, ma non colui che morrà di fame de l'onore di Dio e de la salute delle anime, e sarà consumato nel fuoco de la divina carità, bagnato anegato e consumato nel sangue de lo dissanguato Agnello.

Oimé oimé, disaventurata l'anima mia, che io muoio e non posso morire: lo cuore si divide, l'ossa si distendono, non avendo lo tempo desiderato. Poniamo che la primavera voglia cominciare a produciare i fiori, non basta però a me, ché del fiore non si vive, ma dei frutti. Dico, babbo mio e figli miei, aitate a me misera che muoio di fame. Pregate la prima dolce Verità che ci doni dei frutti senza più indugiare.

Altro non dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce Gesù Gesù.



281. A Neri di Landoccio.

Carissimo e dilettissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in te lo lume de la santissima fede, affinché mai di nessuna cosa che t'avenga ti scandalizzi, ma in tutti i misterii di Dio si pacifichi la mente tua, raguardando l'amore ineffabile che mosse lui a trarci di sé creature ragionevoli, e dare a noi la imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e a ricomperarci del sangue de l'umile immacolato Agnello.

Facendo così, ciò che ti adiverrà averai in debita reverenzia, e con vera umilità anegarai ogni tuo parere, quando alcune volte per illusione del demonio ti paresse vedere uscire le cose fuore dell'ordine loro, per molte occupazioni mentali, e molti dolci tormenti corporali. Non dico più.

Permane ne la santa e dolce carità di Dio. Cristo benedetto ti doni la sua dolce eterna benedizione.

Gesù dolce, Gesù amore.