00 19/10/2012 17:33
282. A missere Nicola da Osimo, secretario e protonotario di nostro signore lo papa.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi colonna ferma che non si muova mai se non in Dio, non schifando né refiutando lo labore e la fatica che durate nel corpo mistico della santa Chiesa, sposa dolce di Cristo, né per ingratitudine e ignoranza che trovaste in coloro che si pascono in questo giardino, né per tedio che ci venisse di vedere le cose della Chiesa andare con poco ordine.

Poiché spesse volte adiviene che quando l'uomo s'affatica in una cosa, e poi non viene compiuta in quello modo ed effetto che esso desidera, la mente ne viene a tedio e a tristizia, quasi cogitando in sé medesimo e dicendo: «Meglio t'è di lasciare stare questa opera che hai cominciata e fatta tanto tempo, e anco non è venuta a fine; e cerca la pace e la quiete della mente tua». Arditamente allora debba rispondere l'anima con fame de l'onore di Dio e della salute delle anime, e refiutare la consolazione propria, e dire: «Io non voglio schifare né fuggire fatica, perché io non sono degno della pace e quiete della mente, anco voglio permanere in quello stato che io sono eletto, e virilmente dare l'onore a Dio con mia fatica, e la fatica al prossimo mio». Bene che alcune volte lo demonio, per farci venire a tedio le nostre opere, sentendovi la poca pace della mente, gli porrà dinanzi questo, dicendo nella mente sua: «In questo io offendo più che io non merito, e però vorrei volentieri fuggire, non per fatica, ma per non offendere».

O carissimo padre, né a voi né al demonio, quando vi mettesse questi pensieri nel cuore e nella mente, non date luogo né credete, ma con allegrezza e con santo e ardente desiderio abbracciate le fatiche, e senza alcuno timore servile. E non abbiate timore in quello d'offendere, poiché l'offesa c'è manifesta nella disordenata e perversa volontà, poiché, quando la volontà non fusse ordenata in Dio, allora è offesa.

Che, perché l'anima sia privata della consolazione e dell'essercizio dell'offizio e dei molti psalmi, e di non dirlo al luogo e al tempo suo, né con quella mente pacifica che esso medesimo vorrebbe, non è perduto però lo tempo suo, anco è essercitato pur per Dio. Unde non ne debba pigliare pena ne la mente sua; e spezialmente quando s'affatica ed essercita in servizio della Sposa di Cristo, poiché, per qualunque modo e di qualunque cosa noi ci affadighiamo per liei, è di tanto merito ed è tanto piacevole a Dio che l’intelletto nostro non è sufficiente a vederlo né a poterlo imaginare.

Ricordomi, dolcissimo padre, d'una serva di Dio alla quale fu manifestato quanto era piacevole a lui questo servizio; e questo dico a ciò che siate inanimato a sostenere fatica per lei. Avendo una volta, fra l'altre, questa serva di Dio - secondo che io intesi - grandissimo desiderio di ponere lo sangue e la vita, e tutte le 'nteriora sue distruggere e consumare, nella Sposa di Cristo, cioè la santa Chiesa, levato l'occhio dell'intelletto suo a conoscere sé medesima non essere per sé, e a conoscere la bontà di Dio in sé - cioè vedere che Dio per amore l'aveva dato l'essere e tutte le grazie e doni che erano posti sopra l'essere -, unde vedendo e gustando tanto amore e abisso di carità, non vedeva in che modo potesse rispondere a Dio, se non con amore; ma perché utilità a lui non poteva fare, non gli poteva dimostrare l'amore: però si dava a vedere e conoscere se trovava da amare alcuno mezzo per lui, per cui manifestasse l'amore.

Unde ella vedeva che Dio sommamente amava la sua creatura che ha in sé ragione; e quello amore che ella trovava in sé, quello trovava in tutti, poiché tutti siamo amati da Dio. E questo era quello mezzo che ella trovava che manifestava se ella amava o no, e in cui ella poteva fare utilità. Unde ella allora si levava ardentemente nella carità del prossimo, e concepeva tanto amore alla salute loro, che volentieri averebbe data la vita per la salute loro, sì che quella utilità che non poteva fare a Dio desiderava di fare al prossimo suo. E poi che ebbe veduto e gustato che le conveniva rispondere col mezzo del prossimo, e così renderli amore per amore - sì come Dio col mezzo del Verbo del suo Figlio ci ha manifestato l'amore e la misericordia sua -, così vedendo ch'è col mezzo del desiderio de la salute delle anime, dando l'onore a Dio e la fatica al prossimo, guardava in che giardino e in su che mensa si gustava lo prossimo.

Allora manifestava lo nostro Salvatore, dicendole: «Dilettissima figlia, nel giardino della sposa mia te il conviene mangiare, e in su la mensa della santissima croce, cioè con tua pena e con cruciato desiderio, e con vigilie e orazioni, e con ogni essercizio che tu puoi, senza negligenzia. E sappi che tu non puoi avere desiderio della salute delle anime che tu non l'abbi della santa Chiesa, perché è lo corpo universale di tutte le creature che participano lo lume della santa fede; e non possono avere vita, se non sono obedienti alla sposa mia. E però debbi tu desiderare di vedere i prossimi cristiani e infedeli e ogni creatura che ha in sé ragione, che si paschino in questo giardino, sotto lo giogo della santaobbedienza, vestiti del lume della fede viva, con sante e buone opere, poiché fede senza opera è morta (Jc 2,17-26).

Questo è quello desiderio e fame generale di questo universale corpo; ma ora ti dico e voglio che tu cresca fame e desiderio, e disponghiti a ponere la vita, se bisogna, in particulare nel corpo mistico della santa Chiesa, per reformazione da questa sposa mia, poiché, essendo reformata, segue l'utilità di tutto quanto lo mondo. Come? poiché con le tenebre e ignoranza e amore proprio e immondizie, e con gonfia superbia, ha generato e genera tenebre e morte nell'anime dei sudditi. Unde io invito te e gli altri servi miei che v'affadighiate in desiderio in vigilie e orazioni e in ogni altro essercizio, secondo l'attitudine che io dò a voi; poiché io ti dico che a me è tanto piacevole questa fatica e servigio che si fa a lei, che non tanto che sia remunerata nei servi che hanno dritta e santa intenzione, ma anco sarà remunerata nei servi del mondo, i quali spesse volte per amore proprio di loro la servono, e anco tal volta per reverenzia della Chiesa.

Unde io ti dico che non sarà neuno che con reverenzia la serva, tanto gli ho per bene, che non sia remunerato - e dicoti che non vedrà morte eterna -; sì come coloro che offendono e diservono la sposa mia con poca reverenzia: io non lassarò impunita quella offesa, o per uno modo e per uno altro».

Allora, vedendo tanta grandezza e larghezza nella bontà di Dio, e quello che si doveva fare per più piacere a lui, cresceva tanto lo fuoco del desiderio, che, se possibile le fusse stato mille volte lo dì di dare la vita per la santa Chiesa - e bastasse di qui all'ultimo dì del giudicio -, le pareva che fusse meno che una gocciola di vino nel mare; e così è veramente. Voglio Perciò e vi invito alle fatiche per liei, come sempre avete fatto, sì che siate colonna, lo quale sete posto per appoggiare e aitare questa sposa; e così dovete essere, come detto è, sì che né consolazione né tribulazione vi muova mai. Né perché vengano i molti venti contrarii per impedire quelli che vanno per la via della verità, non doviamo noi per alcuna cosa vòllere lo capo adietro. E però vi dissi che io desideravo di vedervi colonna ferma. Orsù dunque, carissimo e dolcissimo padre, poiché lo tempo è nostro, in questa sposa, di dare l'onore a Dio e la fatica a lei. Pregovi per l'amore di Cristo Crocifisso, che preghiate lo santo padre che ogni remedio che si può pigliare - conservando la conscienzia sua - nella reformazione della santa Chiesa e ne la pace di tanta guerra quanta si vede in dannazione di tante anime, che egli lo pigli con ogni sollicitudine, e non con negligenzia: poiché d'ogni negligenzia e poca sollicitudine Dio lo riprendarà durissimamente, e richiederalli l'anime che per questo periscono. Racomandatemeli, e umilemente gli dimando la sua benedizione. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





283. A frate Tommaso da la Fonte dell'ordine dei Predicatori.

Laudato sia lo nostro dolce Salvatore.

A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, indegna vostra figlia nel prezioso sangue del Figlio di Dio, desidero di vedervi transformato e affogato ne l'abondantissimo sangue, lo qual sangue ci farà inanimare e corrire in sul campo de la battaglia, sì come fece quella innamorata dolce di Lucia, che tanto fu inamorata, con una continua memoria del sangue del Figlio di Dio, che corse con animo virile a fare sacrificio del corpo suo.

Così prego io lo nostro dolce Salvatore ch'ella ci guidi a sbradare e a macellare le corpora nostre. Non vi maravigliate, carissimo padre, che io non mi posso saziare di questo sacrifizio, poiché di nuovo, lo dì de la festa sua, mi fece gustare lo frutto del martirio suo, ritrovandomi per desiderio a la mensa dell'Agnello, lo quale diceva a me, misera miserabile: «Io sono mensa e sono cibo»; e essa mano dello Spirito santo n'era porgitore e dolcemente serviva ai veri gustatori. Ine si vedeva piena la dolce parola che disse la dolce bocca de la Verità: «Ne la casa del Padre mio ha molte mansioni» (Jn 14,2).

O dolcissimo padre, quanto erano differenti i frutti de le virtù le quali avevano adoperate in questa vita! Ognuno gustava con la natura angelica la somma beatitudine; ine si vedeva tanta verità - che l'anima mia confessa che io non ne fui mai amatrice -, però io dimandava nel conspetto di Dio, per mezzo di lei, che ci rivestisse del vestimento de la verità: sento tanta rinnovazione nell'anima mia che la lingua non sarebbe sufficente a dirlo. Oimé oimé, che io non voglio dire più, se non ch'io prego quella dolcissima luce che ci conduca tosto a essare svenati per la verità.

Mandastemi dicendo ch'io scrivesse a Caterina, e che io ne venisse tosto, e che monna Agnesa voleva fare lo suo testamento. Non ho scritto a Caterina, né all'altre mie dilettissime figlie, per lo poco tempo che io ho, e così me lo' scusate e tutte le benedite da parte di Gesù Cristo e da mia e di queste altre, mille migliaia di volte. Sappiate che l'onore di Dio si vede nei prelati più che per me si vedesse mai: parmi che Dio ci voglia dare mangiare dei buoni bocconi grossi; e anco vi dico che il monisterio di Ripoli è escito de le mani del demonio. Alessa e Caterina e Cecha vi si mandano molto racomandando.

Caterina vostra schiava, serva dei servi di Dio, vi si racomanda.





284. A missere "Simone" cardinale di Luna.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Reverendissimo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi amatore dolce della verità - la quale verità ci libera (Jn 8,32) -, poiché neuno è che possa fare contro alla verità.

Ma questa verità non pare che si possa avere perfettamente, se l'uomo non la conosce, poiché, non conoscendola, non l'ama; e non amandola non trova in sé né segue questa verità. Ècci dunque bisogno lo lume della santissima fede, lo quale lume è la pupilla dell'occhio dell'intelletto; col quale occhio - essendovi lo lume della santissima fede - l'anima conosce la verità dolce di Dio, vedendo in verità che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che Dio dà e permette a noi in questa vita lo dà solo per questo fine, cioè perché noi siamo santificati in lui. Chi ci dimostra questa verità, che egli non vuole altro di noi, e che Dio ci creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26) perché noi godessimo di lui, participando del suo eterno bene? Lo sangue dell'unigenito suo Figlio, sparto con tanto fuoco d'amore, nel quale sangue fummo recreati a grazia: poiché, se Dio non avesse voluto e non volesse il nostro bene, non ci avrebbe dato sì-fatto ricompratore. Sì che nel sangue cognosciamo la verità col lume della santissima fede, la quale sta nell'occhio dell'intelletto.

Allora l'anima s'accende e notricasi in amore di questa verità; e per amore della verità sceglie di volere morire prima che scordarsi da la verità. E non tace la verità, quando egli è tempo da parlare (), perché non teme li uomini del mondo, né teme di perdere la vita, poiché già ha disposto di darla per amore della verità, ma solo teme Dio. La verità arditamente riprende, poiché la verità ha per compagna la giustizia santa, la quale è una margarita che deve relucere in ogni creatura che ha in sé ragione, ma singularmente nel prelato. La verità tace quando egli è tempo da tacere (), e tacendo grida col grido della pazienza, poiché ella non è ignorante, anco discerne e conosce dove più sia l'onore di Dio e la salute delle anime.

O carissimo padre, inamoratevi di questa verità, a ciò che voi siate una colonna ferma nel corpo mistico della santa Chiesa, dove si debbda amministrare questa verità, poiché verità è in lei; e perché verità è in lei, vuole essere ministrata da persone veritiere, e che ne sieno inamorati e illuminati, e non sieno ignoranti né idioti della verità. Ma i mi pare che la Chiesa di Dio n'abbi grandissimo caro dei buoni ministratori, poiché è tanto ricresciuta la nuvola dell'amore proprio di noi nell'occhio dell'intelletto, che neuno pare che possa vedere né conoscere questa verità. E però non l'amano, poiché, essendo ripieni dell'amore sensitivo e particulare di loro medesimi, non possono empire il cuore e l'affetto dell'amore della verità; e così si trovano in bugie e in menzogne le bocche di coloro che sono fatti anunziatori della verità. E io, carissimo padre, ve ne posso rendere ragione che egli è così, poiché nel luogo dove io sono, lassiamo andare dei seculari - che si trovano dei gattivi assai e pochi dei buoni -, ma dei religiosi e cherici seculari, e singularmente i frati Mendicanti - i quali sono posti dalla dolce Sposa di Cristo per annunziare e bandire la verità -, essi si scordano dalla verità, e in polpito la niegano. Credo che i miei peccati ne sieno cagione.

Questo dico per lo interdetto che essi hanno rotto; e non tanto che essi abbiano fatto il male, ma essi consigliano una parte - che ce n'è - che con buona conscienzia si può celebrare, e i secolari andarvi; e dicono che chi non vi va commette difetto. E hanno messo lo populo in tanta eresia, che è una pietà pur a pensarlo, non tanto che a vederlo. E questo lo' fa dire e fare il timore servile delli uomini, e il piacere umano, e il desiderio dell'offerta. Oimé, oimé! io muoio e non posso morire, a vedere essere privati della verità quelli che dovarebbero morire per la verità. Voglio dunque, dolce padre mio, che v'inamoriate della verità, a ciò che il santo principio che faceste, conoscendo che la Sposa di Cristo aveva bisogno di buono e santo pastore - e per questo vi metteste senza timore a ogni cosa -, voglio che venga in effetto con perseveranza.

Io vi prego che siate alli orecchi di Cristo in terra a sonarli continuamente questa verità; sì che in essa verità reformi la Sposa sua. E diteli con cuore virile che la reformi di buoni e santi pastori, in effetto e in verità, non solamente col suono della parola, poiché, se si dicesse e non si facesse, questo non sarebbe nulla. E se non si facesse i buoni pastori, mai non adempirebbe lo desiderio suo di reformarla. Voglia dunque, per amore di Cristo Crocifisso, con l'asprezza e con la dolcezza dibarbicare i vizii e piantare la virtù, giusta al suo potere. E piacciali di pacificare Italia; a ciò che poi di bella brigata, levando lo gonfalone della croce, facciamo sacrifizio di noi a Dio per amore della verità. E pregatelo che non lassi passare le colpe impunite, e spezialmente quelle di coloro che sono contaminatori della fede santa per l'amore proprio di loro.

E vogliasi vedere i servi di Dio da lato, i quali coraggiosamente gli aiuteranno a portare le fatiche sue, poiché, se egli vorrà trare la marcia di questo malore, gli converrà sostenere delle persecuzioni, e il bastone delle lingue delle creature - ed egli, e voi, e gli altri. Ma se voi sarete amatori della verità, con la margarita della giustizia condita con la misericordia - cioè che non si ponga maggiore peso che si possa portare -, non curerete nulla, né vollarete lo capo indietro a mirare l'arato (Lc 9,62), per alcuna cosa che sia, ma sarete constanti e perseveranti infine alla morte. E se cognosciarete e sarete amatori della verità, non vi daranno timore le pene, ma nelle pene vi dilettarete; ma se non fuste in questo dolce e suave amore della verità, l'ombra vostra vi farebbe paura. Unde, considerando me che altra via non c'è, dissi che io desideravo di vedervi amatore dolce della verità. Pregovi dunque per l'amore di Cristo Crocifisso, e per quello dolce sangue sparto con tanto fuoco d'amore, che voi vi facciate sposo della verità, a ciò che sia adempita in voi la voluntà di Dio, e il desiderio dell'anima mia, che desidero di vedervi morire per la verità. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





285. Al detto padre santo Gregorio XI, poi che fu gionto a Roma.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, indegna vostra figlia, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi ricevere vera e perfetta pace da' sudditi e figli vostri tornando al giogo della santaobbedienza, sì che voi potiate vivere con pace e quiete ne l'anima e nel corpo; e Dio per la sua inestimabile bontà e carità infinita mi dia grazia ch'io vi vega quel mezzo il quale facciate pacificare l'anima con Dio, della guerra che hanno per li difetti suoi commessi contro la sua ineffabile bontà, e contro la Santità vostra. E non dubito che, facendosi questa pace, sarà pacificata tutta Italia, l'uno con l'altro.

Oh quanto sarà beata l'anima mia, che io vegga che per mezzo della Santità vostra e benignità vostra voi gli leghiate col legame d'amore, tornando all’obbedienza vostra legati l'uno con l'altro per unione d'amore! Sappiate, santo padre, che in altro modo non si unì Dio nell’uomo, se non col legame de l'amore; e l'amore il tenne confitto e chiavellato in croce, perché l'uomo, che era fatto d'amore, non si traeva in veruno modo sì bene, quanto per amore. Con l'amore del Verbo de l'unigenito Figlio di Dio, si cacciò la guerra, che l'uomo fece ribellando a Dio, e la signoria del demonio.

In questo modo vedo, santissimo padre, che cacciarete la guerra e la signoria che il demonio ha preso nella città de l'anima dei vostri figli, ché il demonio non si caccia col demonio; ma con la virtù de l' umilità e benignità vostra il cacciarete, ché non sosterrà il demonio questa umiltà, perché non la può sostenere, anco ne rimane sconfitto. Con l'amore e fame che avarete a l'onore di Dio e alla salute de l'anime, imparando dallo dissanguato e consumato Agnello, la cui vece tenete, cacciarete la guerra e l'odio dei cuori loro, e gittarete lo' carboni di fuoco, acceso sopra dei capi di loro figli ribelli a voi, padre: drittamente dimoni incarnati.

Con questo dolce e soave modo si sconfiggerà il demonio e la superbia dell'uomo - ché in veruno modo s'atterra tanto bene, quanto per l'umiltà -, e la guerra col sostenere pazientemente, portando e sopportando i difetti dei vostri figli; non lassando però la correzione che se lo' debba dare secondo la possibilità loro. Così, con la misericordia benignità e santa giustizia, con fuoco dolce d'amore si consumarà l'odio de l'anime loro sì come acqua in fornace. Avanzi la benignità, padre: ché ogni creatura che ha in sé ragione è più presa con amore e benignità, che con altro, e specialmente questi nostri italiani di qua; e non ci so vedere altro modo per mezzo del quale voi gli potiate ben pigliare, se non con questo. Facendo così, avarete da loro ciò che vorrete; e di questo vi prego per l'amore di Cristo crocifisso per bene e utilità della santa Chiesa.

Vengono alla Santità vostra gli ambasciatori senesi, i quali, se gente è al mondo che si possano pigliare con amore, sì sonno eglino, e però io vi prego che con questo amo gli sappiate pigliare. Accettate un poco la scusa loro del difetto che hanno commesso, ché essi se ne dolgono, e pare a loro essere a sì-fatti partiti che non sanno che si fare. Piaccia alla Santità vostra, babbo mio dolce, se vedeste alcuno modo che eglino avessero a tenere verso la vostra Santità che fusse piacevole a voi, e non rimanessero in guerra con quelli a cui essi sono legati, vi prego che il facciate. Sostentateli per l'amore di Cristo crocifisso; credo, se il farete, che sarà grande bene per la santa Chiesa, e menovamento di male.

Poi vi prego che volliate l'occhio in punire i difetti dei pastori e officiali della Chiesa, quando fanno quello che non si die fare. Attendete a fare dei buoni che vivano virtuosamente e giustamente: questo si debba fare per onore di Dio, e per dovere e salute loro; e poi perch'i secolari vi mirano in questo molto alle mani, e per questo, ch'egli hanno veduto del non essere puniti i difetti, ne son venuti molti inconvenienti.

Spero nella somma eterna bontà di Dio e nella Santità vostra, che farete questo e ogni altra cosa buona, e ciò che bisognerà adoperare intorno a questa materia. Non dico più. Perdonate alla mia presunzione.

Umilemente vi domando la vostra benedizione. Racomandovi etc.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





286. A monna Alessa e a certe altre sue figlie da Siena, lo dì de la Conversione di santo Paolo.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figlie in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitatrici e amatrici de la verità, sì che io vi vegga acecato e perduto l'occhio dell'amore sensitivo, e illuminato l'occhio dell'intelletto del lume de la santissima fede, a ciò che voi diciate in verità, con volontà morta, col glorioso Paulo: «Signore mio, che vuoli tu che io facci? dimmi quello che tu vuoli che io facci, e io lo farò».(Ac 9,6) O carissime figlie, io vi prometto che, se voi lo farete, respondendo realmente in affetto al vostro Creatore, voi vi trovarete con Paulo salite al terzo cielo (2Co 12,2) nel mezzo de la Trinità, cioè che la memoria vostra s'empirà dei beneficii di Dio, e participarete de la potenza del Padre eterno, facendovi Dio forti e potenti contr'al demonio e a la propria fragilità vostra, e contro le persecuzioni del mondo; e portando con vera pazienza lo signoreggiarete. L’intelletto gustarà, vedendo l'obiettivo suo, cioè la sapienza del Figlio di Dio, e da questa sapienza riceverete lume sopranaturale. La volontà sarà legata col legame dello Spirito santo, abisso di carità, ne la quale carità conceperete dolce e amoroso desiderio e spasimato, per onore di Dio e per salute delle anime. Ed essendo così dolcemente levate nel mezzo de la Trinità, participando la potenza del Padre, la sapienza del Figlio e la clemenza dello Spirito santo, come detto è, piangerete con ardente amore e smisurato dolore sopra lo figlio morto de l'umana generazione e il corpo mistico de la santa Chiesa con con me, miserabile sopra miserabile vostra ignorante madre.

Abbiate compassione a le mie iniquitadi, carissime figlie, che sono cagione dei mali i quali si fanno per tutto quanto lo mondo, e singularmente dell'offesa che è fatta a la dolce Sposa di Cristo. Dio provvegga a tanti mali: sono certa, e di questo mi conforto, che la sua providenzia non mancarà. E già mi pare che essa sua providenzia cominci ad apparire. E però vi prego e comando, carissime figlie, che vi bagniate e anneghiate nel sangue dello immacolato Agnello, e offeriate dinanzi a lui umili e continue orazioni. Altro non vi dico, se non che Dio vi doni la sua dolce ed eterna benedizione, e io da sua parte vi do la mia. Amatevi amatevi insieme.

A te dico Alessa, dilettissima figlia mia, che t'innebrii di sangue, tu e l'altre, e d'altro che di sangue non ti notricare etc. Prego la somma ed eterna verità e dolce bontà di Dio che t'abondi, te e l'altre, tanto de la sua grazia che io ti vegga in tutto e per tutto morta e annegata la tua volontà, sì che io di te e dell'altre mi possa gloriare dinanzi a Dio, rendendo gloria e loda al nome suo etc.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







287. due Lettere

1) A frate Nicolò di Nanni di ser Vanni, dei frati di Monte Oliveto.
2) A don Piero di Giovanni di Viva, monaco di Certosa a Maggiano presso a Siena.


Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi constante e perseverante nel santo e vero proponimento che avete fatto nel cuore e nella mente vostra, cioè di servire a Dio in verità nell'Ordine santo, poiché senza la perseveranza non ricevareste lo frutto delle vostre fatiche. Poiché solo la perseveranza è quella che è coronata, sì che vedete che questa gloriosa virtù della perseveranza c'è di grande necessità.

Poi, dunque, che ella c'è di così grande bisogno, in che modo la possiamo avere? Dicovelo: ogni virtù ha vita da l'affetto della carità; e senza la carità, perché vi fusse l'atto della virtù, non ne ricevarebbe l'anima frutto di grazia. Convienci dunque per affetto d'amore acquistare la virtù; ma all'amore vero non si può venire che lo cuore e l'affetto non sia spogliato dell'amore proprio di sé. Lo quale amore proprio e tenerezza che l'uomo ha alla propria passione sensitiva priva della vita della grazia - e offusca lo lume dell'intelletto -: lo quale drittamente è una nuvola posta sopra la pupilla del lume della santissima fede, che perde lo gusto del santo desiderio; onde la virtù - che prima gli pareva buona e dilettavasi di vederla nelli uomini virtuosi, e per sé la cercava in Cristo Crocifisso -, venuto che egli è a questo amore proprio, gli pare tutto lo contrario. E fallo debole e timoroso, e l'ombra sua gli fa paura.

E questa è la cagione che l'uomo non persevera in quello che egli ha cominciato, cioè, mentre che la radice dell'amore proprio vive in lui: poiché, non avendo lo lume - che già l'ha perduto, come detto è -, va in tenebre e non conosce la verità; né conosce lo difetto suo, né le grazie i doni di Dio, i quali ha ricevuti da la infinita sua bontà. Ma se egli avesse questo cognoscimento non sarebbe debole, ma forte e perseverante; e non verrebbe meno per le inique e malvage tentazioni del demonio, né per molestia della propria fragilità, né per le lusenghe del mondo, né per le fatiche dell'Ordine, ma ogni cosa trapassarebbe con cuore virile e col lume della santissima fede.

Perciò, carissimo figlio, questo è lo modo di venire a perfetta perseveranza: cioè che voi vi spogliate lo cuore e l'affetto d'ogni amore proprio di voi, e d'ogni tenerezza del corpo vostro. Fuggite lo ricordo del mondo, del padre, e dei fratelli, sorella e parenti vostri; ricordateli per desiderio della salute loro, con sante orazioni: ma con altra tenerezza, no. Voi sapete che lo nostro Salvatore dice che noi doviamo renunziare al padre e alla madre, a sorella e a fratelli e a noi medesimi - cioè alla propria nostra volontà - se noi vogliamo essere degni di lui (Mt 10,37 Lc 14,26), poiché in altro modo non potremmo.

Voi avete cominciato a renunziare al mondo e alla propria vostra volontà, e preso lo giogo della veraobbedienza: a volerla dunque bene osservare, e compire questo proponimento infine alla morte, vi conviene ogni dì di nuovo renunziare al mondo e a tutte le sue delizie. Ma attendete che la cosa che non si conosce non si può né pigliare né lasciare, e però c'è bisogno lo lume della santissima fede, e con esso lume ponere dinanzi all'occhio dell’intelletto vostro l'obiettivo di Cristo Crocifisso. Nel quale obiettivo cognosciarete quanto è grave la colpa del peccato mortale; la quale colpa si commette col disordenato amore e volontà che l'uomo piglia o in sé medesimo, o nelle creature che hanno in loro ragione, o nelle cose create. E tanto è la gravezza del peccato mortale, che solo uno è sufficiente a mandare all’inferno l'anima che dentro vi si trova legata.

Tanto dispiacque a Dio e dispiace, che per punire lo peccato di Adam mandò lo Verbo dell'unigenito suo Figlio, e volselo punire sopra lo corpo suo, con-ciò-sia-cosa-che in lui non fusse veleno di peccato.

Non di meno per satisfare alla colpa dell’uomo, e per non lassarla impunita, lo punì sopra lo Verbo unigenito suo Figlio; unde Cristo benedetto fu nostra giustizia, e la giustizia e la pena che doveva portare l'uomo, la portò egli, e, come inamorato, per compire l'obedienzia del Padre e la salute nostra, corse all'oprobiosa morte della santissima croce. Sì che bene vediamo in questo obiettivo del Verbo quanto è grave la colpa del peccato mortale.

Vedendo dunque che egli è di tanta gravezza e tanto spiacevole a Dio, l'anima, che l'ha cognosciuto col lume de la fede, l'odia, e vienle a grande dispiacere e il peccato e la cagione del peccato. E perché vede che la legge perversa del corpo suo è uno strumento che lo inchina a peccato, ed è una legge perversa che combatte contro allo spirito, però la ragione col libero arbitrio, e con la santa e buona volontà, si leva con odio e pentimento, maciarando lo corpo e la carne sua, e uccidendo la propria volontà col coltello della santaobbedienza, non ribellando mai a l'Ordine né al prelato suo. Ma sempre persevera, e debba perseverare, con quello desiderio dell’obbedienza che egli v'entra lo primo dì, e con quello santo timore, infine all'ultimo della vita sua, essercitandosi la mente con umile e continua orazione, a ciò che mai la mente non stia oziosa; ma sempre si vuole empire, o psalmeggiando, o pensando, o levando la mente sua a Dio, rugumando in sé medesimo l'affocata carità la quale trova e vede nel sangue del Verbo del Figlio di Dio, poiché del sangue ci ha fatto bagno per lavare i nostri defetti. Quando l'anima vede e pensa sé essere tanto amata da Dio, non può fare che non ami: amando, la mente pensa di quello che ella ama. E perché senza amore non può vivere, e due amori contrarii insieme non possono stare, necessario sarà che sia spogliata del perverso amore e vestita di quello di Dio.

Lo cuore allora, che non può fare che non senta quello che ama, cacciarà coi santi pensieri le cogitazioni che lo demonio volesse mandare nel cuore. E trovando lo demonio che lo cuore arda nel fuoco della divina carità, non vi s'accostarà molto, se non come la mosca alla pignatta che bolle. Ma se lo demonio lo trovasse tiepido e timoroso, egli v'entrarebbe subito dentro con diversi e ladii pensieri e fantasie. Doviamo dunque essercitarci, a ciò che non siamo trovati tiepidi né vòti, ma pieni di Dio per santo desiderio, meditando e pensando i dolci beneficii che aviamo ricevuti da lui.

E se pur i pensieri venissero - perché lo demonio non dorme mai, ma sempre ci molesta -, non doviamo però venire a tedio né a confusione di mente, ma resistere e guardare che la volontà non consenta, poiché, non consentendo la volontà né alle cogitazioni del demonio né alla fragilità della carne, non offende, anco merita per la pena che egli porta. E per questo - se egli non si pone a sedere per negligenzia, né venga a confusione né a tedio di mente, né lassi l'essercizio dell'orazione - ne viene a vera e perfetta virtù, poiché nel tempo delle battaglie conosce meglio sé e la sua fragilità, e la bontà di Dio in sé, vedendo che Dio per grazia gli conserva la buona e santa volontà; la quale volontà è sola quella che offende e merita. Sì che vedete che nel tempo delle grandi battaglie l'anima viene a maggiore perfezione, e pruovasi nella virtù.

Poi voglio che voi crediate che Dio non ci pone maggiore peso che noi possiamo portare; anco ce li dà a misura, poiché egli è lo Dio nostro, che non vuole altro che la nostra santificazione. Perciò col lume de la fede vi levate da ogni amore proprio.

E a ciò che veniate a perfettissimo amore vi ponete per obiettivo, come detto è, dinanzi all'occhio dell'intelletto vostro, Cristo Crocifisso e la ineffabile carità sua - la quale v'ha mostrata col sangue che egli ha sparto con tanto fuoco d'amore -, a ciò che col lume in questo dolce Verbo cognosciate la gravezza del peccato, e la propria vostra fragilità, e la carità sua. Nella quale carità amarete e cercarete le virtù, volendo sostenere ogni pena per potere acquistare virtù; e ameretevi caritativamente col prossimo vostro.

E a questo vi dovete studiare, cioè d'amare Dio in verità, e il prossimo come voi medesimo; ed essere umile e obediente e con vera pazienza, sostenendo pene ingiurie scherni e villanie, e le fatiche dell'Ordine, e le gravi obedienzie che vi fussero imposte dal prelato, e le tentazioni del demonio: e ogni cosa portare con vera perseveranza infine alla morte; e ricorrire, nel tempo delle battaglie e fatiche, con questo lume della fede santa, ad abbracciare la santissima croce, e ine con ferma speranza sperare nel sangue di Cristo Crocifisso. E io non dubbito punto che, essendo voi umile - la quale umilità notrica la carità nell'anima - e obediente con vera pazienza, che in virtù di questo sangue voi avarete vittoria dei nemici vostri, cioè del mondo, della carne, e del demonio, e tornarete con la vittoria alla città vostra di Yherusalem, la quale è visione di pace. Ma senza la fortezza e perseveranza, la quale si perde per l'amore proprio, non vi tornareste mai. E però vi dissi che io desideravo di vedervi constante e perseverante nel santo proponimento che fatto avete, infine alla morte; e così vi prego, carissimo figlio, che facciate, poiché Dio v'ha fatta tanta misericordia - e il glorioso santo Nicolò - che v'ha tratto delle puzze del mondo e di tanta miserabile fatica nella quale voi eravate, e postovi nel giardino della santa religione a combattare contro i vizii e contro alla propria volontà, per acquistare le virtù e per adempire la dolce volontà di Dio in voi.

Combattete dunque virilmente - e non vollete lo capo indietro - con lo scudo (Ep 6,16) e lume della fede, navicando col giogo della santaobbedienza; e inanzi volere morire, che ricalcitrare all’obbedienza santa. E se alcune volte alla sensualità le paresse duro a portare, o che l'anima alcune volte venisse a tedio per molti pensieri che venissero nella mente, non sentendo la pace che vorrebbe, levatevi allora con vera umilità, reputandovi indegno della pace e quiete della mente, e degno di portare fatiche, in qualunque modo Dio ve le concede, considerando le pene che lo Figlio di Dio ha portate per noi, e anco considerando le pene che portaste in servigio del demonio.

Direte allora a voi medesimo: «Come tu, falsa sensualità, portasti tanta pena, mentre che eri in tenebre del peccato mortale, molto maggiormente debbi portare ora per Cristo Crocifisso nel tempo che Dio t'ha dato lo lume. Porta oggi dunque, anima mia, e domane farai quello che ti farà fare Dio. Forse che domane sarà terminata la vita tua, e ricevarai lo frutto, in virtù del sangue, delle tue fatiche». Per questo modo, facendovi degno delle fatiche per amore di Cristo Crocifisso, e per considerazione dei difetti vostri, trapassarete le fatiche, e portarete lo giogo di Cristo, che è dolce e suave (Mt 11,30), dando nell'anima vostra l'ardore della sua inestimabile carità.

Bagnatevi nel sangue di Cristo Crocifisso, a ciò che siate constante e perseverante, e compiate l'allegrezza nell'anima mia, la quale io ho avuta per la salute vostra, dell'abito e giogo santo, che avete preso, dell’obbedienza. E pensate che intollerabile dolore mi sarebbe d'avere tratto uno figlio, per la bontà di Dio, delle mani del demonio, e io vedesse che voi non perseveraste, e non fuste specchio di religione con vera umilità eobbedienza. E però vi prego e comando quanto io so e posso, che voi non volliate lo capo indietro a mirare l'arato, ma andate inanzi senza alcuno timore servile. E pregovi che sappiate ponere freno alla lingua, e che, quando i pensieri o forti tentazioni d'alcuna cosa più particolare vi venissero nel cuore, e fusse ladia quanto più si volesse essere, voi non la teniate mai dentro da voi, anco le manifestate al padre dell'anima vostra, poiché molto piace al demonio quando noi le teniamo e molto gli dispiace quando noi le diciamo: poiché, tenendole, l'anima se ne confonde, e viene a tedio, e lassa gli essercizii spirituali che ha presi. E il demonio non vorrebbe altro se non farci cadere in disperazione. Perciò c'è necessario lo non temere, ma manifestare ogni nostra infermità al medico de l'anima nostra, con la speranza nel sangue di Cristo. Non vi dico più.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.