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231. Risposta d'una breve poliza che il sopradetto padre santo le mandò, essendo essa Caterina in Vignone, la quale risposta il provoca a venire a Roma.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

santissimo padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figlia Caterina vi si racomanda nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pietra ferma fortificata nel santo e buono proponimento, sì che i molti venti contrarii - i quali vi percuotono - de li uomini del mondo, per ministerio e illusioni e per malizia deli demoni, non vi nuociano; i quali vogliono impedire tanto bene che segue de l'andata vostra.

Intesi, per la scritta che mi mandaste, che i cardinali alegano che papa Climento IIII, quando aveva a fare una cosa, non la voleva fare senza lo consiglio dei suoi fratelli cardinali: poniamo che spesse volte li paresse che fusse di più utilità lo suo medesimo che il loro, nondimeno seguitava il loro. Oimé, santissimo padre, costoro v'alegano papa Climento IIII, ma eglino non v'alegano papa Urbano V, il quale, delle cose ch'egli era in dubio se egli era il meglio o sì o no di farle, allora voleva il loro consiglio; ma della cosa che gli era certa e manifesta - come è a voi l'andata vostra, della quale sete certo - egli non se n'ateneva al loro conseglio, ma seguitava lo suo, e non si curava perché tutti li fussero contrarii. Parmi che il consiglio dei buoni atenda solo a l'onore di Dio e alla salute delle anime e alla riformazione della santa Chiesa, e non ad amore proprio di loro. Dico che il consiglio di costoro è da seguitarlo, ma non quello di coloro che amassero solo la vita loro, onori, stati, dilizie, poiché il consilio loro va colà dove hanno l'amore.

Pregovi, da parte di Cristo crocifisso, che piaccia alla santità vostra di spaciarvi tosto. Usate uno santo inganno: cioè parendo di prolungare più dì, e farlo poi subito e tosto, ché, quanto più tosto, meno starete in queste angoscie e travagli. Anco, mi pare ch'eglino v'insegnino, dandovi l'esempio delle fiere, che, quando campano del lacciuolo, non vi ritornano più. Per insino a qui sete campato del lacciuolo dei consigli loro, nel quale una volta vi feceno cadere, quando tardaste la venuta vostra: lo quale lacciuolo fece tendare lo demonio, perché ne seguitasse lo danno e il male che n'è seguito. Voi, come savio, 'spirato dallo Spirito santo, più non vi cadrete. Andianci tosto, babbo mio dolce, senza neuno timore; se Dio è per voi, neuno sarà contro voi (Rm 8,31): Dio è quello che vi muove, sì ch'egli è con voi. Andate tosto a la Sposa vostra, che v'aspetta tutta impalidita perché le poniate lo colore. Non vi voglio gravare di più parole, ché molte n'arei a dire.

Rimanete etc.

Perdonate a me presuntuosa. Umilemente vi domando la vostra benedizione, etc. Gesù dolce, Gesù amore.





232. A Sano di Maco, in Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi unito e fondato nel vero fondamento, cioè Cristo crocifisso, lo quale è pietra viva (1P 2,4): nel quale fondandosi ogni edifizio è stabile e sicuro; e senza lui nullo può aver fermezza veruna.

Così dicea quello inamorato di Pavolo: «Neuno può con sicurezza fondarsi in altro fondamento che nella pietra viva, la quale è Cristo crocifisso (1Co 3,11); impoiché non è posto da Dio altro fondamento che egli». E veramente, fratello e figlio carissimo in Cristo Gesù, a me pare che così sia la verità, poiché, se l'anima è fondata veramente in Cristo, neuno vento di superbia o di vanagloria il può cacciare a terra, però ch'ell'è fondata in umilità profonda (Mt 7,25), la quale vede Dio umiliato a l'uomo per salvarlo. Così ancora nessuna acqua d'avarizia o diletti mondani e carnali, quantunque sia grande la piena, può cacciare a terra questa anima, imperò ch'è stabilita e fermata in quella pietra (Lc 6,48 Mt 7,25) ne la quale non fu mai nessuna molizie di diletti o consolazioni corporali, ma tutta fermezza in pene e in dolori.

Unde l'anima inamorata di lui non può volere altro che sempre patire con lui obrobi, scherni, fame, sete, freddo, caldo, ingiurie e infamazioni, e a l'ultimo ancora, con grande diletto, ponere e dare la vita corporale per amore di lui. Anco, allora l'anima gode e ingrassa, quando si vede fatta degna di sostenere strazii e derisioni e beffe dal mondo, per amore del dolce e buon Gesù. Così si legge degli apostoli che allora godevano, quando cominciarono a essere spregiati e vilanegiati per lo nome di Gesù. In questo modo disidera l'anima mia di vederci fondati in Cristo crocifisso, sì e per sì-fatto modo che né acqua di tribulazioni, né vento di tentazioni, né anco il demonio coi le sue astuzie, né il mondo coi le sue lusinghe, né la carne con le sue immondizie mai ci possano separare dalla carità di Cristo e da quella del prossimo (Rm 8,35-39).

E non vi movesse parole seminate dal demonio per mezzo delle creature, per conturbare la mente vostra e degli altri miei dolci figli e figlie in Cristo Gesù: impoiché questa è l'arte sua antica, di fare suo strumento delle lingue dei cattivi; e alcune volte, per permessione di Dio, delle lingue dei servi di Dio ne fa suo strumento, per conturbare gli altri servi di Dio.

Per la grazia del nostro dolce Salvatore, noi giognemo qui a Vignone già xxvi dì, e ho parlato col santo padre e con alquanti cardinali e altri signori temporali. Ed èssi molto adoperata la grazia del nostro dolce Salvatore nei fatti per li quali venimo qua etc. Pregate tutti Dio per Cristo in terra e per la pace etc.

Godete, ed () Confortate etc.

Rimanete etc. Gesù dolce e Maria etc.

A dì 18 di giugno 1376 giognemo in Vignone.





233. A papa Gregorio XI, quando ella era a Vignone.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo caro e dolce padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna miserabile figlia Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, vi scrive e conforta nel dolce sangue suo, con desiderio di vedervi senza veruno timore servile, considerando me che l'uomo timoroso taglia lo vigore del santo proponimento e buono desiderio.

E però io ho pregato e pregarò lo dolce e buono Gesù che vi tolga ogni timore servile, e rimanga solo lo timore santo. E sia in voi uno ardore di carità, sì e per sì-fatto modo che non vi lassi udire le voci dei dimoni incarnati, e non vi faccia tenere lo consiglio dei perversi consiglieri, fondati in amore proprio, che, secondo che io intendo, vi vogliono mettare paura, dicendo «voi sarete morto»; e questo dicono per impedire l'avenimento vostro per paura.

E io vi dico da parte di Cristo Crocifisso, dolcissimo e santissimo padre, che voi non temiate per veruna cosa che sia: venite sicuramente, confidatevi in Cristo dolce Gesù, ché, facendo quello che voi dovete, Dio sarà per voi, e non sarà veruno che sia contro a voi (Rm 8,31). Su virilmente, padre, ché io vi dico che non vi bisogna temere. Se non faceste quello che dovete fare, avreste bene bisogno di temere. Voi dovete venire: venite dunque venite, dolcemente e senza veruno timore.

E se alcuno dimestico vi vuole impedire, dite a loro arditamente come disse Cristo a santo Pietro, quando per tenerezza lo voleva ritrare che non andasse alla passione, e Cristo si rivolse a lui dicendo: «Va doppo me, sathana; tu mi sei scandolo, cercando le cose che sono dagli uomini e non quelle che sono da Dio. E non vuoli tu che io compia la volontà del Padre mio?» (). Or così fate voi, dolcissimo padre: seguitatelo come vicario suo, deliberando e fermando in voi medesimo e dinanzi da loro, dicendo: «Se n'andasse mille volte la vita, io voglio adempire la volontà del Padre mio eterno»; poniamo che vita non ne vada, anco pigliate la via e la materia d'acquistare continuamente la vita de la grazia. Or vi confortate e non temete, ché non vi bisogna. Pigliate l'arme della santissima croce, che è la sicurezza e la vita dei cristiani; lassate dire chi vuole dire, e tenete fermo lo santo proponimento.

Dissemi lo padre mio frate Raimondo, per vostra parte, che io pregasse Dio se doveste avere impedimento; e io già n'avevo pregato inanzi e doppo la santa comunione: non vedevo né morte né pericolo alcuno, i quali pericoli pongono coloro che vi consigliano: credete e confidatevi in Cristo dolce Gesù. Spero che Dio non dispregiarà tante orazioni, fatte con tanto ardentissimo desiderio e con molte lacrime e sudori.

Perdonatemi perdonatemi. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.





234. A Bonacorso di Lapo in Firenze, poi che gli ambasciadori fiorentini gionsero in Vignone, non volendo atenere nulla di quello che promessole in Firenze dagli Otto de la guerra.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere voi e gli altri vostri signori pacificare il cuore e l'anima vostra nel dolcissimo sangue suo. Nel quale sangue si spegne ogni odio e guerra e abassasi ogni superbia dell’uomo, poiché nel sangue l'uomo vede Dio umiliato a sé prendendo la nostra umanità, la quale umanità è aperta e confitta e chiavellata in croce, sì che per li forami del corpo di Cristo crocifisso esce e versa il sangue sopra di noi, ed ècci ministrato da' amministri della santa Chiesa.

Priegovi, per l'amore di Cristo crocifisso, che voi riceviate il tesoro del sangue, lo quale v'è dato dalla Sposa di Cristo. Pacificatevi pacificatevi con lei nel sangue; conoscete le colpe e l'offese vostre fatte contro di lei, poiché chi conosce la colpa sua, e mostra in effetto che si conosca e sia umiliato, riceve sempre misericordia. Ma chi il mostra solo con la parola e non va più oltre con l'opera, non la trova mai.

Questo non dico tanto per voi, quanto per li altri che in questo difetto cadessero.

Oimé oimé, carissimo fratello, io mi doglio dei modi che si sonno tenuti in domandare la pace al santissimo padre, che s'è mostrato più la parola che l'affetto. Questo dico perché, quando io venni costà a voi e ai vostri signori - mostrando ne le parole che fussero amendati della colpa comessa, parendo che si volessero umiliare, chiedendo misericordia al santo padre -, dicendo io a loro: «Vedete, signori, se voi avete intenzione d'usare ogni umilità in fatto e in detto, e ch'io v'offari come figli morti dinanzi al padre vostro, io m'afaticarò in quanto questo vogliate fare: per altro modo non v'andarei»; ed eglino mi risposero erano contenti. Oimé oimé, carissimi fratelli, questa è la via, e la porta per la quale vi convenia intrare, e nessuna altra ce n'ha; e se si fusse seguitata questa via in effetto, come con la parola, voi avareste avuto la più gloriosa pace che avesse mai persona.

E non dico questo senza cagione, però ch'io so la disposizione del santo padre com'era fatta: ma poi che noi cominciamo a uscire della via, seguitando i modi astuti del mondo, facendo altro in effetto che non s'era porto con la parola, ha dato materia al santo padre non di pace, ma di più turbazione. Poiché, venendo di qua i vostri imbasciadori, non tennero quello modo debito che l'era fatto tenere per li servi di Dio. Voi sete andati coi li modi vostri, e mai con loro non potei conferire, sì come diceste a me che direste a loro quando chiesi la lettara della credenzia, cioè che noi conferissimo insieme d'ogni cosa, dicendo: «Noi non crediamo che questo si faccia mai per altra mano che per servi di Dio». Ed egli s'è fatto tutto il contrario.

Tutto è perché non ci è anco il vero conoscimento dei difetti nostri. E avegomi che le parole umili procedono più per timore e per bisogno che per effetto d'amore o di virtù, poiché, se fusse stato in verità il conoscimento de la colpa comessa, avrebbe risposto l'opera al suono della parola; e i vostri bisogni, e quello che volavate dal santo padre, avareste posti nelle mani dei veri servi di Dio. I quali sarebbero quelli mezzi che avrebbero sì dirizzati i dimandati vostri e quelli del santo padre, che voi avareste avuto buona concordia. Non l'avete fatto, della qual cosa ho avuto grande amaritudine, per l'offesa di Dio e danno vostro. Ma voi non vedete quanto male e quanti inconvenienti ne vengono per la vostra ostinazione, e per lo stare fermo nel vostro proponimento.

Oimé oimé, scioglietevi dal legame della superbia e legatevi con l'umile Agnello, e non vogliate spregiare né fare contro il vicario suo. Non più così, per l'amore di Cristo crocifisso: non tenete a vile il sangue suo.

Quello che non s'è fatto per lo tempo passato, fatelo per lo presente. Non pigliate amaritudine né sdegno, se vi paresse che il padre santo dimandasse quello che vi paresse molto duro e impossibile a fare. Egli non vorrà però altro che la vostra possibilità. Ma egli fa come vero padre, che batte il figlio quando egli offende; fagli grande riprensione per farlo umiliare e conoscere la colpa sua: e il buono figlio non si sdegna contro lo padre, perché vede che ciò che fa, fa per amore e però, quanto più il caccia, più torna a lui, chiedendo sempre misericordia. Così dico a voi da parte di Cristo crocifisso che, tante volte quante fuste spregiati dal vostro padre Cristo in terra, tante volte fuggiate a lui. Lassatelo fare, ch'egli ha ragione.

Ecco che ora ne viene a la Sposa sua, cioè al luogo di santo Pietro e di santo Pavolo. Fate che subito corriate a lui, con vera umilità di cuore e mendazione delle colpe vostre, seguitando lo santo principio con lo quale cominciaste. Facendo così, avarete pace spirituale e corporale; e tenendo altro modo, i nostri antichi non ebero mai tanti guai quanti avaremo noi, poiché chiamaremo l'ira di Dio sopra di noi e non participaremo il sangue dell'Agnello. Non dico più.

Solicitate quanto potete, ora che il santo padre sarà a Roma. Io ho fatto e farò ciò che potrò, fino a la morte, per onore di Dio e per pace vostra, e perché si levi via questo mezzo che impedisce il santo e dolce passagio: che se non n'uscisse altro male, sì siamo degni di mille inferni. Confortatevi in Cristo nostro dolce Gesù, ch'io spero per la sua bontà che, se vorrete tenere quel modo che dovete, voi avarete buona pace.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



235. Al re di Francia, a 'stanza del duca d'Angiò.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo signore e padre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi osservatore dei santi e dolci comandamenti di Dio, considerando me che in altro modo non possiamo partecipare il frutto del sangue dell'Agnello immacolato.

Lo quale Agnello dolce Gesù ci ha insegnato la via; e così diss'egli: «(), verità e vita» (Jn 14,6). Egli è lo dolce maestro che ci ha insegnata la dottrina, salendo in sulla catedra della santissima croce. Venerabile padre, raguardate che dottrina e che via egli vi dà. La via sua è questa: pene, obrobii, vituperi, scherni e villanie; sostenere con vera pazienza fame e sete, satolato d'obrobii; confitto e chiavellato in croce per onore del Padre e salute nostra, ché, con la pena e obrobio suo, ha sodisfatto alla colpa nostra e al nostro vituperio, nel quale era caduto l'uomo per lo peccato comesso. Egli ha ristituito, e punite le nostre iniquità sopra lo corpo suo, e àllo fatto solo per amore e non per debito. Questo dolce Agnello, via nostra, ha spregiato lo mondo con tutte le dilizie e stato suo, e ha odiato lo vizio e amato le virtù.

Voi, come figlio e servo fedele a Cristo crocifisso, seguitate le vestigie sue e la via la quale egli v'insegna: cioè, che ogni pena, tormento e tribulazione che Dio permette che il mondo vi faccia, portiate con vera pazienza, poiché la pazienza non è venta, ma essa vence lo mondo. Siate siate amatore delle virtù, fondate in una vera e santa giustizia, e spregiatore del vizio.

Tre cose singulari vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che facciate nello stato vostro. La prima si è che spregiate lo mondo e voi medesimo, con tutti i diletti suoi; possedendo voi lo reame vostro come cosa prestata a voi, e non vostra, poiché voi sapete bene che né vita né sanità né ricchezze né onore né stato né signoria non è vostra, ché s'ella fusse vostra, voi la potreste possedere a vostro modo. Ma talora vuole essere l'uomo sano, ch'egli è malato; o vivo, ch'egli è morto; o ricco, ch'egli è povaro; o signore, ch'egli è fatto servo o vassallo. E tutto questo è perché elle non sono sue; e non le può tenere se no quanto piace a colui che gli l'ha prestate. Perciò bene è semplice colui che possiede l'altrui per suo: dirittamente egli è furo, e degno di morte. E però pregovi che, come savio, facciate come buono dispensatore - possedendo come cose prestate a voi -, fatto per lui suo dispensatore.

L'altra cosa si è che voi manteniate la santa e vera giustizia, e non sia guasta né per amore proprio di voi medesimo, né per lusinghe, né per veruno piacere d'uomo; e non tenete occhio ch'i vostri uffiziali faccino ingiustizia per denari, tollendo la ragione ai povarelli, ma siate padre dei povari, sì come distribuitore di quello che Dio v'ha dato. E vogliate ch'i difetti che si trovano per lo reame vostro sieno puniti, e la virtù essaltata, poiché tutto questo apartiene alla divina giustizia di fare.

La terza cosa si è d'osservare la dottrina che vi dà questo maestro in croce, che è quella cosa che più desidera l'anima mia di vedere in voi: cioè l'amore e la carità col prossimo vostro, col quale tanto tempo avete avuto guerra. Poiché voi sapete bene che, senza questa radice dell'amore, l'alboro dell'anima vostra non farebbe frutto, ma seccarebbesi, non potendo trare a sé l'umore della grazia stando in odio.

Oimé, carissimo padre, che la prima dolce Verità ve lo 'nsegna e lassa per comandamento, d'amare Dio sopra ogni cosa, e il prossimo come sé medesimo (Mt 22,37-39 Mc 12,30-31 Lc 10,27).

Esso vi dé l'esempio, pendendo in sul legno della santissima croce; gridando i giudei: «Crucifige»(Mt 27,22-23 Mc 15,13-14 Lc 23,21), ed egli grida con voce umile e mansueta: «Padre, perdona a costoro che mi crucifigeno, che non sanno che si faccino» (Lc 23,34). Raguardate la sua inestimabile carità che, non tanto ch'egli perdoni, ma gli scusa dinanzi al Padre. Che esempio e dottrina è questa, che il giusto, che non ha in sé veleno di peccato, sostenga dallo 'ingiusto, per punire le nostre iniquità! O quanto si debba vergognare l'uomo che segue la dottrina del demonio e della sensualità, curandosi più d'acquistare le richezze del mondo e di conservarle - che tutte sono vane e passano come lo vento - che dell'anima sua e del prossimo suo! Ché, stando in odio col prossimo, sta in odio con con sè medesimo, perché l'odio lo priva della divina carità. Bene è stolto e cieco, ch'egli non vede che col coltello dell'odio del prossimo suo ucide sé medesimo.

E però vi prego e voglio che seguitiate Cristo crocifisso, e siate amatore della salute del prossimo vostro, dimostrando di seguire l'Agnello, che, per fame dell'onore del Padre e salute delle anime, elesse la morte del corpo suo. Così fate voi, signore mio: non curate di perdare della sustanzia del mondo, ché il perdare vi sarà guadagno, pure che potiate pacificare l'anima vostra col fratello vostro. Io mi maraviglio come voi non ci metete eziandio, se fusse possibile, la vita, non tanto che le cose temporali, considerando tanta distruzione delle anime e dei corpi, quanta è stata, e quanti religiosi, donne e fanciulle sonno state vituperate e cacciate per questa guerra. Non più, per l'amore di Cristo crocifisso! Non pensate voi che, se voi non fate quello che voi potete, di quanto male voi sete cagione? male nei cristiani, e male nelli infedeli, poiché la briga vostra ha impacciato e impaccia lo misterio del santo passagio; che, se non n'uscisse altro male che questo, mi pare che dobiamo aspettare lo divino giudicio.

Io vi prego che non siate più così, operatore di tanto male, e impacciatore di tanto bene quanto è la ricuperazione della Terra-santa, e di quelle anime tapinelle che non participano lo sangue del Figlio di Dio. Della qual cosa vi dovareste vergognare, voi e gli altri signori cristiani: ché grande confusione è questa dinanzi agli uomini, e abominazione dinanzi a Dio, che si facci la guerra sopra lo fratello e lassisi stare lo nemico, e voglisi torre l'altrui e non racquistare lo suo. Non più tanta stoltizia né cecità! Io vi dico, da parte di Cristo crocifisso, che non indugiate più tempo a fare questa pace: fate fate fate la pace, e tutta la guerra mandate sopra gl'infedeli. Aitate a favoregiare e a levare su la 'nsegna della santissima croce, la quale Dio vi richiederà, a voi e agli altri, nell'ultima 'stremità della morte, di tanta negligenzia e ignoranza, quanto ci s'è commessa e commette tutto il dì. Non dormite più, per l'amore di Cristo crocifisso e per la vostra utilità, questo punto del tempo che v'è rimaso; poiché il tempo è breve, e dovete morire e non sapete quando. Cresca in voi uno fuoco di santo desiderio a seguire questa santa croce, e a pacificarvi col prossimo vostro. E per questo modo seguitarete la via e la dottrina dell'Agnello dissanguato derelitto in croce, e osservarete i comandamenti.

E la via seguitarete, portando con pazienza le 'ngiurie che vi sonno state fatte; e la dottrina, in riconciliarvi col prossimo; e l'amore di Dio, manifestandolo con seguire la santissima croce nel santo e dolce passagio, nel quale mi pare che il vostro fratello, signore duca d'Angiò, per l'amore di Cristo, vuole prendare a faticarsi in questa santa opera. Sarebbe da farsi coscienza se per voi rimanesse tanto dolce e santo misterio. Ora in questo modo seguitarete le vestigie di Cristo crocifisso, adempirete la volontà di Dio e mia, e i comandamenti suoi, che vi dissi ch'io desiderava di vedervi osservatore dei comandamenti santi di Dio. Non dico più. Perdonate alla mia presunzione.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce madre.



236. A Bartalo Usimbaldi, in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi ardare nella fornace de la divina carità, affinché consumi ogni amore proprio di voi, e solo atendiate di piacere al vostro Creatore - non curando detto di creatura, né ingiuria o scherni o rimproverio che da loro riceveste, ma con umilità chinare il capo a ciò che la divina bontà vi permette -, e affinché siate forte contro le varie e diverse cogitazioni e bataglie deli demoni, tenendo ferma la volontà che non consenta, ma solo voglia amare e servire lo suo Creatore.

E facendo così, sarete perseverante fino a la morte; e così riceverete a l'ultimo lo frutto delle vostre fatiche, lo quale, come dice santo Pavolo, senza alcuna comparazione è maggiore che le passioni che in questa vita si sostengono. Ralegratevi, figlio mio dolce, ché ora di nuovo avete ricevuta grande abondanzia del sangue di Gesù Cristo: però ch'io ho avuta dal santo padre la indulgenzia di colpa e di pena, al ponto della morte, per molti dei miei figli, tra i quali sete voi, e Francesco e la donna. E di tutti insieme fo fare un privilegio, per meno impaccio e spesa. Ma se mai non aveste il vostro per scrittura, niente vi nuoce: bastivi averla per bocca di lui, vicario di Cristo, e al ponto della morte dimandare al prete l'absoluzione di colpa e pena secondo che può: ed egli è tenuto di darvela.

Credete, figlio, con fede viva e speranza ferma, che, passando di questa vita con questa indulgenzia, confesso e pentuto dei vostri peccati, l'anima vostra ne va pura e netta e monda a vita eterna, come il dì che ebbe ricevuto lo santo baptesmo. Adonque voglio che mutiate vita, ordinandovi in tutto secondo la volontà di Dio: ponere tutto lo cuore e l'affetto vostro in lui, e del mondo vi fate beffe, pigliandone solo la vostra necessità. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.