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322. A don Giovanni monaco nelle Celle di Vallombrosa, essendo richiesto dal santo padre papa Urbano VI.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio e padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi arso nella fornace della divina carità.

La qual carità consuma l'acqua de l'amore proprio di noi medesimi: fa l'uomo perdere sé medesimo, cioè che non cerca sé per sé, ma sé per Dio, né appetisce le proprie consolazioni. Se egli ama il prossimo non l'ama per sé ma per Dio, cercando la salute sua; e Dio ama perché conosce ch'egli è somma ed eterna bontà, degno d'essere amato. Oh quanto è dolce la madre della carità! Ella notrica i figli delle virtù al petto suo, che nessuna virtù può dare a noi vita di grazia se ella non è fatta e notricata dalla carità. Ella è uno lume che priva delle tenebre della ignoranza, col quale lume più perfettamente si conosce la verità: e, nel più conoscere, più ama. Ella è uno vestimento che ricuopre la nostra nudità, ché l'anima la quale è nuda di virtù (unde le segue vergogna, sì come a l'uomo che si vede nudo), ella la ricuopre del vestimento delle vere e reali virtù. Ella è uno cibo che dà fame insiememente e nutre l'anima, ché altrimenti non sarebbe cibo dilettevole se la fame insiememente col cibo non fosse: unde noi vediamo che l'anima che si consuma in questa fornace sempre mangia il cibo suo; e quanto più mangia più ha fame.

Quale è il cibo suo? I l'onore di Dio e la salute delle anime: levata s'è da cercare l'onore proprio, e corre come inamorata alla mensa della croce a cercare l'onore di Dio. Ella si satolla d'obbrobrii abracciando scherni e villanie, conformandosi tutta nella dottrina del Verbo, e seguitando in verità le vestigie sue. Non gli è duro il portare pene né fatighe, anco gli è diletto, perché con odio santo ha abandonato sé medesimo, unde riluce in lui la virtù della pazienza, con la sorella della fortezza e la longa perseveranza. Ella gusta la caparra di vita eterna, sì come quegli che stanno nell'amore proprio gustano la caparra de l’inferno perché sono fatti incomportabili a loro medesimi, per lo disordinato amore che hanno a loro e alle cose create.

Bene è dunque dolce questa dolce madre: non è da dormire, ma è da cercarla con perfetta sollecitudine, chi l'avesse smarrita per colpa di peccato mortale: smarrita, dico, perché la può ritrovare, mentre che egli ha il tempo; e chi l'ha imperfettamente cerchi d'averla con perfezione. E non si dorma più, ché noi siamo chiamati e invitati a levarci dal sonno. Dormiremo noi nel tempo che i nimici nostri veghiano? No, ché la necessità ci chiama e il debito ci stregne che con istrette d'amore ci debba destare.

Or videsi mai tanta necessità quanta oggi si vede nel corpo mistico della santa Chiesa, di vedere levati i figli notricati al petto della santa Chiesa ed essere contro al padre - facendo contro a Cristo in terra, papa Urbano VI, il quale è veramente papa -, e avere eletto l'antipapa, demonio incarnato egli e chi il segue? Bene ci debbe stregnere il debito di subvenire al padre nostro, in questa necessità, lo quale dimanda benignamente e con grande umilità l'aiutorio dei servi di Dio, volendoli allato a sé. Noi doviamo respondere, consumati nella fornace della carità; e non ritrare adietro, ma andare innanzi con una verità schietta che non sia contaminata per veruno piacere umano; con uno cuore virile intrare in questo campo della battaglia, con vera umilità cordiale.

Rispondete, poiché il sommo pontefice papa Urbano umilemente vi richiede non per le nostre virtù o giustizie, ma per la bontà di Dio, e umilità sua. E però io vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che voi prontamente compiate la volontà di Dio e la sua. Ora m'avedrò se voi sarete amatore e zelante de l'onore di Dio e della reformazione della santa Chiesa, e se voi non raguardarete alle consolazioni vostre. Sono certa che, se averete consumato l'amore proprio in questa fornace, voi non curarete d'abandonare la cella né le vostre consolazioni, ma pigliarete la cella del cognoscimento di voi e con essa verrete a ponere la vita, se bisognerà, per la verità dolce: altrementi no. E però dissi che io desideravo di vedervi consumato ogni amore proprio nella fornace della divina carità. Escano fuore i servi di Dio, e vengano ad annunziare e a sostenere per essa verità, ché ora è il tempo loro. Venite, e non indugiate, con ferma disposizione di volere attendere solo a l'onore di Dio e bene della santa Chiesa; e per questo ponere la vita, se bisognerà. Non dico più qui.

Ma d'un'altra cosa vi prego e costringo da parte di Cristo crocifisso: che voi andiate a Fiorenze, e dite a quelli che sono vostri amici - e che il possono fare - che lo' piaccia di subvenire al Padre loro e d'attenergli quello che essi hanno promesso. E non voglino mostrare tanta ingratitudine delle grazie che essi hanno ricevute da Dio e dalla Santità sua - voi sapete bene che la ingratitudine disecca la fonte della pietà -: e quante n'hanno ricevute! E delle offese che essi hanno fatte che punizione n'hanno ricevuta? Nessuna da lui, ma grazie. Se essi nol conosceranno, riceverannola dal sommo giudice, e molto più dura senza alcuna comparazione che la disciplina umana, e però gli pregate strettissimamente che faccino il dovere loro, e non si lassino ingannare dalle lusinghe de l'antipapa demonio incarnato etc.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



323. A don Bartolomeo Serafini priore di Gorgona dell'ordine di Certosa in Pisa, a dì xv di dicembre 1378.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sollicito ad essercitarvi in servizio della dolce Sposa di Cristo, la quale si vede ora in tanta necessità. Ora è il tempo nostro che si vedrà chi sarà amatore della verità o no: non è da dormire, ma è da destarsi dal sonno e ponersi per oggetto lo sangue di Cristo crocifisso, affinché siamo più inanimati alla battaglia.

Lo nostro dolce santo padre papa Urbano VI, vero sommo pontefice, pare che voglia pigliare quello remedio che gli è necessario alla riformazione della santa Chiesa, cioè di volere i servi di Dio allato a sé, e col consiglio loro guidare sé e la santa Chiesa: per questa cagione vi manda questa bolla, nella quale si contiene che voi abbiate a richiedare tutti quelli che vi saranno scritti. Fatelo sollicitamente e tosto, e non ci mettete spazio di tempo, ché la Chiesa di Dio non ha bisogno d'indugio. Lassate stare ogni altra cosa sia - ciò che si vuole -, e sollicitate gli altri che vi saranno scritti che tosto siano qui. Non tardate, non tardate, per l'amore di Dio.

Entrate in questo giardino a lavorare di qua; e frate Raimondo è ito a lavorare di là, poiché il santo padre l'ha mandato al re di Francia. Pregate Dio per lui che il faccia vero seminatore della verità; e se egli è bisogno, che ne ponga la vita. Altro non vi dico.

Rimanete etc.

Lo santo padre si conforta bene e realmente, come uomo virile giusto e zelante de l'onore di Dio che egli è.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.





324. A Stefano Maconi detto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti morire spasimato, per onore di Dio, di quella morte che dà vita a l'anima: cioè che per onore di Dio non curi di te, ma virilmente ti vega corrire in qualunque parte meglio possa compire la volontà sua. Tempo è, figlio mio dolce, da perdare sé e non curare di cosa veruna, pure che noi facciamo l'onore di Dio per molta occupazione. Non dico più qui.

Pregoti e comando, per parte di Cristo crocifisso, che se il Priore etc. o altre per lui, con lettere o con ambasciata, ti richiedesse d'alcuno servigio, che tu l'obedisca come la mia persona propria, sapendo che per mia volontà ti sarà imposto ciò ch'egli volesse da te. E il simigliante ti dico di Tomaso etc.

Briga di levarti dal mondo attualmente, affinché in verità osservi i comandamenti e consegli di Cristo crocifisso. Tutta questa famiglia ti conforta; e vogliono che preghi Dio per loro etc.

Permane etc.

Impone a tutti i figli di nuovo che ogni dì faccino speciale orazione per la santa Chiesa e per papa Urbano VI, perché egli ha di nuovo dato indulgenzia cento dì a chiunque prega per la Chiesa. Gesù dolce, Gesù amore.





325. A frate Tommaso dei frati Predicatori.

Al nome di Cristo Gesù crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spasimato di quella morte che dà vita di grazia all'anima, cioè dolore dell'offesa di Dio e danno delle anime.

Questo dolce dolore voglio che continuamente cresca ne la mente vostra. Dolce è, perché procede da la dolcezza de la divina carità; e non affrigge l'anima, anco la 'ngrassa, poiché per compassione la fa stare nel cospetto di Dio con umile, continua e fedele orazione a pregarlo per la salute di tutto quanto lo mondo: che allumini gli occhi dei tenebrosi - i quali giacciono ne la morte del peccato mortale -, e doni la perfezione ai servi suoi. Umile, dico: tratta del cognoscimento di sé, vedendo sé non essere, se non in quanto è fatto e creato da Dio. Continua, dico, tratta del cognoscimento de la bontà di Dio in sé, dove ha veduto che continuamente Dio adopera in lui, versando le molte grazie e i diversi beneficii sopra di lui. E, dissi, fedele: che in verità speri, e con ferma e viva fede creda che Dio sa, può e vuole essaudire le giuste petizioni nostre, e dare le cose necessarie a la nostra salute. Or questa è quella orazione che vola e trapassa fino a l'orechia di Dio, e sempre è essaudita. Ma non veggio che si possa fare stando in freddezza di cuore, e però vi dissi che io desideravo di vedervi morire spasimato, la qual cosa procede dal fervente desiderio che l'anima ha a Dio.

Orsù, figlio carissimo, risentianci a tanta necessità quanta vediamo ne la santa Chiesa. Mughi lo desiderio vostro sopra questi morti; e non ci ristiamo perfino a tanto che Dio volla l'occhio de la sua misericordia. Lo santo padre Urbano VI mi possiede conceduta la 'ndulgenzia di colpa e pena per voi e per più altri: e sete obligato ne le confessioni e predicazioni inducere la gente a fare la loro possibilità che lo Comune renda lo debito al santo padre, e sovvenirlo in tanta necessità. A questo sete obligato voi e tutti gli altri frati a cui egli l'ha conceduta. E però verilmente annunziate questa verità.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

1379 nel dì di santo L., in Roma.







326. A frate Guglielmo d'Inghilterra e frate Antonio da Nizza, a Lecceto presso a Siena.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi perdare voi medesimi per sì-fatto modo che voi non cerchiate né pace né quiete altro che in Cristo crocifisso, concependo fame in su la mensa della croce a l'onore di Dio, e salute delle anime e riformazione della santa Chiesa; la quale oggi vediamo in tanta necessità che, per sovenirla, è da uscire del bosco e abandonare sé medesimo.

Vedendo che si possa fare frutto in lei, non è da stare, né da dire: «Io non avarei la pace mia», ché poi che Dio ci ha data grazia d'avere proveduto a la santa Chiesa d'uno buono e giusto pastore - lo quale si diletta dei servi di Dio, e vuogli a sé, e atende di potere purgare e divellare i vizii e piantare le virtù senza alcuno timore d'uomo, perché come uomo giusto e virile si porta -, noi altri lo dobiamo sovvenire.

Avedromi se in verità aviamo conceputo amore alla riformazione della santa Chiesa: poiché se sarà così in verità seguitarete la volontà di Dio e del vicario suo, escirete del bosco e verrete ad intrare nel campo della battaglia. Ma se voi nol farete, vi scordarete dalla volontà di Dio.

E però vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che tosto ne veniate senza indugio alla richiesta che il santo padre fa a voi; e non dubitate di non avere del bosco: ché qui ha dei boschi e delle selve. Su, carissimi figli, e non dormite più, ché tempo è di vigilia. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.

In Roma, a dì 15 di dicembre 1378.




327. A frate Andrea da Lucca, a frate Baldo e frate Lando, servi di Dio in Spoleto, essendo per introdotto di lei richiesti dal santo padre.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi solliciti e pronti a fare la volontà di Dio e quella del vicario suo in terra, affinché per voi e per gli altri servi di Dio sia sovenuto alla dolce Sposa sua, la quale oggi vediamo posta in tanta amaritudine che da ogni lato è percossa da molti venti contrarii.

E singularmente la vedete percossa dagl'iniqui uomini amatori di loro medesimi col pericoloso vento e malvagio della eresia e scisma, che ha a contaminare la fede nostra. O fu ella mai in tanto bisogno, che chi la debbe aitare l'abbi percossa, e da quelli che l'hanno ad alluminare le sia porta le tenebre? Debbonsi notricare del cibo delle anime, ministrando lo' lo sangue che lo' dà vita, cioè il sangue di Cristo crocifisso, e essi lo tragono loro di bocca, ministrando lo' morte eternale, come lupi, non governatori ma divoratori delle pecorelle.

E che faranno i cani, cioè i servi di Dio, che sono posti nel mondo per guardie affinché abbaino quando veggono giognare lo lupo, perché lo pastore principale si desti? Con che abbaieranno e debbono abbaiare? Con l'umile e continua orazione e con la voce viva della parola. A questo modo spaventaranno i demoni visibili e le invisibili; destarassi lo cuore e l'affetto del principale pastore nostro papa Urbano VI; desto che egli sia, non dubitiamo che il corpo universale della religione cristiana e il corpo mistico della santa Chiesa saranno sovenuti, e ricoverate le pecorelle, e tratte delle mani deli demoni.

Non vi dovete ritrare per nessuna cosa: non per pena che n'aspettaste; non per persecuzioni, infamie o scherni che fussero fatti di voi; non per fame né sete né morte, se mille volte si potesse dare la vita; non per desiderio delle vostre consolazioni, che voi diciate: «Io voglio la pace e la quiete dell'anima mia; e con l'orazione potrò gridare nel conspetto di Dio». Non così, per l'amore di Cristo crocifisso! ché ora non è tempo da cercare sé, né per fugire pene né per cercare consolazioni; anco, è tempo da perdare sé medesimo, poi che la infinita bontà e misericordia di Dio ha proveduto alla necessità della santa Chiesa d'averle dato uno pastore giusto e buono, il quale vuole avere intorno a sé, per onore di Dio e bene della Chiesa, di questi cani che abbaino continovamente intorno a lui, per timore di non dormire, non fidandosi della vigilia sua, affinché sempre l'abbiano a destare: tra' quali che egli ha eletti sete voi.

E però io vi prego e strengo in Cristo dolce Gesù che tosto veniate a compire la volontà di Dio, che vuole così, e la santa volontà sua, che benignamente chiama voi e gli altri. Non vi bisogna avere paura delle delizie né delle grandi consolazioni, ché voi venite a patire e a sostenere e non a dilettarvi, se non del diletto della santissima croce. Traete fuori lo capo, e uscite a campo a combattare realmente per la verità, ponendoci dinanzi a l'occhio dell'intelletto la persecuzione ch'è fatta al sangue di Cristo e la dannazione delle anime, affinché siamo più inanimati alla battaglia; e per nessuna cosa voltiamo lo capo a dietro.

Venite, venite e non tardate aspettando lo tempo, ché il tempo non aspetta noi.

Sono certa che la infinita bontà di Dio vi farà conosciare la verità, e anco so che molti, eziandio di quelli che son servi di Dio, biasimaranno e contradiceranno a questa santa e buona opera, parendo lo' fare bene dicendo: «Voi andarete e non si farà nulla». E io, come presuntuosa, dico che si farà; e se ora non si compirà il nostro principale affetto, almeno si farà la via. E se nessuna cosa ce ne venisse fatta, aviamo mostrato nel conspetto di Dio e delle creature d'avere fatto la nostra possibilità, e scusata è la conscienzia nostra, sì che per ogni modo questo è bene. Quanto più contrario averete, più v'è un segno dimostrativo che ella è buona e santa opera: questo aviamo veduto e vediamo continovamente, che le grandi sante e buone opere hanno più contrario che le piccole perché sono di maggiore frutto; e però lo demonio le impedisce in ogni modo che può, e spezialmente con occulto inganno, sotto colore di virtù, col mezzo dei servi di Dio.

Questo v'ho detto affinché per nessuna cosa lassiate, né per questo né per altro, ma mostrate sempre d'essere pronti ad obedire. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ine muoia ogni nostra propria volontà. Altro non vi dico. Raccomandatemi strettamente a tutti cotesti servi di Dio che preghino la divina bontà che io ponga la vita per la verità sua.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





328. A frate Antonio da Nizza dell'ordine degli Eremitani, a Lecceto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù, affinché l'edificio che ci si pone su non caggia mai per neuno vento contrario che venisse.

O quanto ci è necessario questo vero e reale fondamento, non conosciuto da me, miserabile e ignorante!, che se io il conoscessi, non lo farei sopra me medesima - che sono peggio che rena -, ma sopra la viva pietra di sopra detta. Seguitando Cristo per la via degli obrobrii, pene scherni e villanie, io mi privarei d'ogni consolazione per potermi conformare con Cristo crocifisso, da qualunque lato elle si vengano, o dentro o di fuore. Non cercarei me per me, ma solo atendarei a l'onore di Dio, alla salute delle anime, e alla reformazione de la santa Chiesa, la quale vego in tanto bisogno.

Misera me, che fo tutto il contrario! Facendo male io non vorrei poiché voi né gli altri il faceste; anco desidero di vedervi fondato in su questa pietra. Ora è venuto quello tempo che si pruova chi è servo di Dio; e se essi cercaranno loro per loro, e Dio per propria loro consolazione che truovino in lui, e il prossimo per loro - in quanto se ne vegano consolazione, e non perderla -, o no; e se noi crederemo che Dio si truovi solamente in uno luogo e non in un altro. Non vego che sia così; ma truovo che al vero servo di Dio ogni luogo gli è luogo e ogni tempo gli è tempo. Quando egli è tempo d'abandonare la propria consolazione e abracciare le fatighe per onore di Dio, egli lo fa; e quando è tempo di fugire lo bosco e andarne ai luoghi publichi, per necessità de l'onore di Dio, egli vi va sì come faceva lo glorioso santo Antonio, lo quale, nonostante che molto amasse la solitudine, nondimeno spesse volte n'usciva per confortare i cristiani. Questo è sempre stato lo costume dei servi di Dio, d'uscire fuori nel tempo della necessità ma non nella prosperità; anco nella prosperità essi fugono e nella avversità corrono.

Non bisogna, a questo tempo, lo fugire per timore che per la molta prosperità noi andiamo a vela col vento della superbia e vanagloria, ché neuno è che si possa gloriare altro che nelle fatighe. Ma pare a me ch'lo lume ci manchi, abaccinati dalle proprie consolazioni e speranza posta in rivelazioni, unde non ci lassa bene conosciare la verità, poniamo che con buona intenzione si faccia. Ma Dio, lo quale è somma e eterna verità, ci dia vero lume e perfettissimo. Non voglio distendermi più sopra questa materia.

Dissemi questo giovane portatore della presente lettera, che voi dovavate venire innanzi la Pasqua. Ora pare, per la lettera che frate Guiglielmo mi possiede mandata, che né l'uno né l'altro venga: alla quale lettera non intendo di rispondare, ma molto mi duole della sua semplicità, perché ne segue poco onore di Dio e edificazione del prossimo. Che s'egli per umilità non vuole venire, o per timore di non perdare la pace sua, dovarebbe usarla, la virtù de l'umilità: cioè con mansuetudine e umilità chiedere licenzia al vicario di Cristo, supplicare alla Santità sua che gli piacesse di lassarlo stare al bosco per più sua pace, nondimeno rimettendolo nella volontà sua, sì come vero obediente: e così sarebbe più piacevole a Dio, e utilità a l'anima sua.

Ma pare ch'egli abbia fatto il contrario, ponendo che chi è legato a l'obedienzia divina non debbe obedire alla creatura. De l'altre creature non curarei, ma ch'egli ci metta lo vicario di Cristo, questo molto mi duole, vedendo che egli si scordi tanto dalla verità: poiché l'obedienzia divina non ci trae mai di questaobbedienza. Anco, quanto è più perfetta la divina, tanto è più perfetta questa, e sempre al comandamento suo dobiamo essere sudditi e obedienti fino alla morte. Poniamo che la suaobbedienza paresse indiscreta, e privasseci della pace e consolazione della mente, noi dobiamo obedire; e facendo lo contrario, riputo che sia grande imperfezione o inganno del demonio.

Pare, secondo che egli scrive, che due servi di Dio abbiano avuta grande revelazione che Cristo in terra, e chi l'ha consigliato che esso mandi per questi servi di Dio, sieno stati ingannati, e che questa sia cosa umana e non divina, e sia stata più tosto 'spirazione dal demonio che da Dio, per volere trare i servi suoi della pace e consolazione loro, dicendo che se voi veniste, e gli altri ancora, perdareste lo spirito, e così non potreste sovvenire coll'orazione né stare in spirito col santo padre. Troppo sta ataccato legiero se, per mutare luogo, si perde lo spirito! Pare che Dio sia acettatore dei luoghi, e che egli si truovi solamente nel bosco e non altrove, nel tempo delle necessità.

Perciò che diremo, che dall’una parte desideriamo che sia riformata la santa Chiesa, e siane tratte le spine, e messeci i fiori dei servi di Dio; e da l'altro lato diciamo ch'lo mandare per loro e trarli della pace e quiete della mente, perché vengano a sovvenire questa navicella, è inganno di demonio? Almeno parlasse per sé medesimo, e non parlasse in comune degli altri servi di Dio! (poiché i servi del mondo non ci dobiamo noi mettare). Non hanno fatto così frate Andrea da Lucca e frate Pavolino, così grandi servi di Dio, antichi e poco sani, stati tanto tempo nella pace loro; e nondimeno subito con loro fatica e malagevolezza si misero in via, e sonno venuti, e compita hanno l'obedienzia loro. E poniamo ch'lo desiderio gli stringa di tornare a le celle loro, non vogliono però partirsi dal giogo - ma dicono: «Quello che io ho detto, sia per non detto», anegando la loro volontà -, né le proprie consolazioni. Chi viene, viene per sostenere, e non per prelazioni, ma per la degnità delle molte fatighe, con lacrime, vigilia e continova orazione: così si debba fare.

Or non ci graviamo più sopra questa materia ché troppo aremmo che dire. Ma d'una cosa mi maraviglio, con-ciò-sia-cosa-che io sappi il contrario, che io vegga dare giudicio che il maestro Giovanni sia venuto solo per essaltarsi. Cordialmente ne sento intollerabile dolore, vedendoci col colore della virtù offendere Dio tanto manifestatamente, con-ciò-sia-cosa-che la intenzione della creatura non si possa né debba giudicare; ma se alcuno difetto conoscessimo, ch'lo vedessimo per effetto, non dobiamo giudicare la intenzione, ma con grande compassione portarlo dinanzi a Dio. Il contrario si fa, come ingannati da' nostri pareri. Dio, per la sua infinita misericordia ci mandi schietti per la via della verità e dìaci vero e perfettissimo lume, affinché mai non andiamo in tenebre. Prego voi e il baccelliere e gli altri servi di Dio che preghiate l'umile Agnello che mi facci andare per la via sua. Altro non vi dico.

Del venire e dello stare vostro e di frate Guiglielmo siane fatta la volontà di Dio. Già non aspettava io che egli venisse, e anco non aspettava che rispondesse con tanta irreverenzia della santaobbedienza, né con tanta simplicità. Raccomandatemi a lui e a tutti gli altri. Prego voi e lui che se io sono stata cagione di scandalizzarvi e darvi pene, voi mi perdoniate. Confesso che io sono scandalo a tutto il mondo, come ignorante e piena di difetto che io sono.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




329. A Stefano di Currado, essendo essa a Roma.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti tagliare e non ponerti a sciogliare, poiché nello sciogliere si mette spazio di tempo, e tu non sei sicuro d'averlo, perché passa tosto. Perciò meglio è di tagliare di fatto con una vera e santa sollicitudine.

Oh quanto sarà beata l'anima mia, quando io ti vedrò avere tagliato da te il mondo - attualmente e mentalmente - e il proprio sentimento sensitivo, e unito con la verità eterna, la quale unione è di tanto diletto, e di tanta dolcezza e suavità, che ogni amaritudine spegne, ogni grande peso fa leggiero! Chi si terrà dunque che non tragga fuore il coltello de l'odio e de l'amore, e con la mano del libero arbitrio non tagli sé da sé; e subito che egli ha tagliato, è di tanta virtù questo coltello che l'unisce. Ma tu mi dirai, carissimo figlio: «Dove il truovo, e dove si fabrica, questo coltello?». Rispondoti: truovilo nella cella del cognoscimento di te, du' concipi odio al vizio e alla propria fragilità, e amore al tuo Criatore e al prossimo tuo, con le vere e reali virtù. Dove è fabricato? Nel fuoco della divina carità, sopra la 'ncudine del corpo del dolce e amoroso Verbo Figlio di Dio. Perciò bene è ignorante e degno di grande reprensione quegli che ha l'arme in sé medesimo da potersi difendere, e gittala da sé. Non voglio che sia tu di questi ignoranti; ma voglio che, tutto virile, ti spacci, e risponde a Maria che ti chiama con grandissimo amore.

E il sangue di questi gloriosi martiri - che con tanto fuoco d'amore dierono il sangue per amore del sangue, e la vita per amore della vita - tutto bolle, invitando te e gli altri che veniate a sostenere per gloria e loda del nome di Dio e della santa Chiesa, e a prova delle virtù; ché in questa santa terra, la quale Dio manifestava la dignità sua chiamandola il suo giardino, al quale giardino chiamava i servi suoi dicendo: «Ora è il tempo che essi venghino a provare l'oro delle virtù». Or non faciamo del sordo; se per lo freddo l'orecchie fussino turate, pigliamo il sangue caldo, perché è intriso col fuoco, e laviancele dentro, e sarà tolta ogni sordezza.

Niscondeti nelle piaghe di Cristo Crocifisso; fuggi dinanzi al mondo, esce della casa dei parenti tuoi (Gn 12,1 Ps 44,11); fuggi nella caverna del costato di Cristo Crocifisso, affinché possi venire a terra di promissione. Questo medesimo dico ancora a Petro. Ponetevi in su la mensa della croce, e ine tutti ebri di sangue prendete il cibo delle anime, sostenendo pene, obbrobri, scherni e villanie, fame sete e nudità: gloriandoci, con quello dolce Paulo vasello di carità, negli obbrobrii di Cristo Crocifisso. Se tu tagliarai, come detto è, il sostenere sarà la gloria tua; altrimenti no, ma sarebbeti pena, e l'ombra tua ti farebbe paura. Considerando questo l'anima mia, come affamata della tua salute, disidero di vederti tagliare e non ponerti a sciogliere, affinché possa più espeditamente corrire. Vestiti del sangue di Cristo Crocifisso. Altro non ti dico.

Permane nella santa e dolce carità di Dio.

Ebbi le lettere tue, e ebbine grande consolazione di Battista che era guarito, sì perché io ho speranza che anco sia una buona pianta, e per compassione che io avevo a monna Giovanna; ma molto più mi sono rallegrata che Dio t'ha mandato il modo di poterti sviluppare dal mondo, e anco della buona disposizione, che mi scrivi, dei Signori e degli altri nostri cittadini inverso il dolce babbo nostro, papa Urbano VI. Dio per la sua infinita misericordia gli conservi e accresca sempre nella reverenzia eobbedienza sua: mentre che tu e gli altri vi state, siate solliciti di seminare la verità e confondere la bugia, giusta lo vostro potere.

Raccomandami strettamente a monna Giovanna e a Currado. Conforta e benedi' Battista e l'altra famiglia.

Conforta tutti cotesti figli, e Sano singularmente. Di' lo' che mi perdonino, se io non lo' scrivo, poiché m'è pure assai malagevole. Conforta missere Matteo: di' che ci mandi piena informazione di quello che vuole, perché a me è scordato, e frate Raimondo si partì sì tosto che non la potemmo avere da lui: poi ne farò sollicitamente la mia possibilità. Se frate Tomasso v'è, digli che io non gli scrivo perché non so s'egli v'è; ma essendovi, confortalo e digli che mi dia la sua benedizione. La nonna, Lisa e tutta l'altra famiglia ti si raccomandano. Neri non ti scrive perché è stato a fine di morte, ma ora è quasi guarito. Dio ti doni la sua dolce eterna benedizione. Di' a Petro che se egli può venire ci venga per alcuna cosa che è necessario. Gesù dolce, Gesù amore.

Da', o fa' bene dare, tutte queste lettere; e prega Dio per noi. Queste parecchi lettere legate per sé, dàlle così legate a monna Caterina di Giovanni, e ella le distribuisca.





330. A frate Raimondo da Capua dell'ordine dei Predicatori, in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi illuminato d'un vero e perfettissimo lume, affinché nel lume di Dio vediate lume: poiché, vedendo, conosciarete la sua verità, conoscendola l'amarete, e così sarete sposo fedele della Verità.

Senza questo lume andareste in tenebre, e non sareste fedele ma infedele sposo della Verità, poiché questo lume è quello che fa l'anima fedele: dilongala dalla bugia della propria sensualità; falla corrire per la via della dottrina di Cristo crocifisso, lo quale è essa Verità; fa lo cuore maturo e stabile e non volubile, cioè che per fatiga non si muove con impazienzia, né per consolazione con disordinata allegrezza: in ogni cosa è ordinato e pesato nei costumi suoi. Tutto il suo adoparare è fatto con prudenzia e con lume di grande discrezione; e come prudentemente adopera, così prudentemente parla e prudentemente tace, dilettandosi più d'udire le cose necessarie che di parlare senza bisogno. Questo perché? perché col lume ha veduto nel lume che il dolce Dio nostro si diletta di poche parole e di molte opere.

Senza lo lume non l'arebbe conosciuto, e però arebbe fatto tutto lo contrario, parlando assai e facendo poco. Lo cuore suo andarebbe a vela, ché nella allegrezza sarebbe leggiero con vanità di cuore, e nell'amaritudine si trovarebbe con disordinata tristizia. In ogni male è atto a cadere colui ch'è privato del lume; e così quegli che nel lume della verità eterna ha veduto lume, è disposto e atto a venire a grande perfezione, e vienvi se con sollecitudine, con odio santo di sé e amore della virtù, essercita la vita sua; ma in altro modo, no: anco sarebbe tutta imperfetta e corrotta la vita sua.

E però considerando, carissimo padre, quanto c'è necessario, dissi ch'io desideravo di vedervi illuminato d'uno vero e perfettissimo lume. E sapete quanto lo desidera l'anima mia? Quanto ella desidera di levarsi dalle tenebre e conformarsi e unirsi colla perfettissima luce. Pregovi, per l'amore di Gesù Cristo e di quella dolce madre Maria, che voi vi studiate, giusta lo vostro potere, di compire in voi la volontà di Dio e il desiderio mio: allora sarà beata l'anima mia. Non è più tempo da dormire, ma è da destarsi dal sonno della negligenzia, e levarsi dalla cecità della ignoranza; e realmente sposare la verità con l'anello della santissima fede; e annunziare essa verità non tacendola mai per neuno timore, ma largo e liberale disponarsi a dare la vita, se bisogna, tutto ebro di sangue de l'umile e immacolato Agnello, traendolo delle mammelle della dolce Sposa sua.

La quale sposa, cioè la santa Chiesa, vediamo tutta smembrata, ma spero nella somma eterna bontà di Dio che le rendarà membri sani e non infermi, odoriferi e non putridi: e fabricarannosi questi membri sopra le spalle dei servi di Dio, amatori della verità, con molti labori, con sudori, lacrime e umile e continove orazioni; ma nelle fatighe riceveremo rifrigerio, rallegrandoci nella renovazione della dolce Sposa di Cristo. Or tiene silenzio, anima mia, e non parlare più. Non voglio mettare mano, carissimo padre, a dire quello che con penna non potrei scrivare, né con lingua parlare, ma lo tacere vi manifesti quello ch'io voglio dire. Non dico più sopra questa materia.

Grande desiderio ho di vedervi tornato in questo giardino, affinché siate aiutatore a trarne le spine. p inteso che sete costì a Pisa etc.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.