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237. Al duca d'Angiò (avendo esso fatto lo dì dinanzi uno mangiare molto sumptuoso, cadde uno muro e morirvi più persone).

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo signore e fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi lo cuore confitto e chiavellato in croce; e sì e per sì-fatto modo v'accresca lo desiderio vostro che tosto siate pronto e sollicito a levare lo gonfalone della santissima croce sopra gl'infedeli.

Sono certa che, se voi ragguardarete l'Agnello dissanguato e consumato in croce per amore, per tollervi la morte e rendervi la vita della grazia, che questa sarà quella santa memoria che v'accenderà lo desiderio a tosto farlo, e raffrenarà del cuore e dell'anima vostra ogni disordenato diletto e vanità del mondo. I quali diletti passano via come lo vento, e lassano sempre la morte nell'anima di colui che li possiede; e, nel fine della morte, se non si corregge, lo conducono nella morte eterna: sì che per suo difetto s'è privato della visione di Dio, e fattosi degno della visione e conversazione deli demoni. Ed è cosa degna e convenevole che sostenga pena infinita colui che offende Dio, che è bene infinito.

Dico di quello che spende tutta la vita sua in delizie, in vivere splendidamente, cercando i grandi onori nei gran conviti e molti adornamenti; e tutta la sustanzia loro non spendono in altro. I povarelli si muoiono di fame, ma essi sempre cercano le grandi e le molte vivande, nettezza di vasi, le care mense, i dilicati e ornati vestimenti; ma non si curano dell'anima tapinella, che si muore di fame poiché le tolgono lo cibo della virtù e della santa confessione, e della parola santa di Dio, cioè della parola incarnata, unigenito suo Figlio. Del quale doviamo seguire le vestigie per affetto e amore, amando quello che egli ama, cercando quello che egli cercò: amare la virtù e ispregiare lo vizio, cercare l'onore di Dio e cercare la salute di noi e del prossimo nostro. E però disse Cristo che di solo pane non vivea l'uomo, ma della parola di Dio (Mt 4,4).

Dunque voglio, caro e dolce signore e fratello in Cristo dolce Gesù, che seguitiate questa dolce parola, con virtù vera, Cristo Crocifisso; e non vi lassate ingannare al mondo né alla forte gioventudine, poiché, seguitando noi pure lo mondo, potrebbe esser detto a noi quella parola che disse Cristo benedetto dei Giuderi: «Costoro sono simili ai sipolcri, che di fuori sono begli e scialbati, e dentro sono pieni d'ossa e di puzza di morti » (Mt 23,27). O quanto dice bene la dolce prima Verità! E veramente egli è così, che di fuore paiono belli con molti adornamenti, impiendosi lo cuore e l'affetto di queste cose morte e transitorie, che generan puzza e fastidio di disonestà nell'anima e nel corpo. Ma io spero, per la bontà di Dio, che voi v'ingegnarete di correggere sì la vita vostra che questo non toccarà a voi; ma con grandissimo fuoco d'amore pigliarete la croce, nella quale si spense e distrusse la morte del peccato mortale, e avemo la vita.

E così farà a voi: nella levazione della croce si levaranno tutte l'offese che avete fatte a Dio, e dirà poi Dio a voi: «Vieni, diletto figlio mio, che ti sei affatigato per me. Io ti consolarò (Mt 11,28 Mt 5,4), e menarotti alle nozze della vita durabile» (Mt 22,2 Ap 19,9), dove è sazietà senza fastidio e fame senza pena, diletto senza scandolo; e non son fatte come le nozze e conviti del mondo, che danno spesa senza neuno guadagno e, quanto più se n'empie l'uomo, più rimane vòto: da letizia viene a tristizia.

E ben lo vedeste voi nel dì di ieri, che, avendo voi con gran festa fatto lo convito, i vi tornò a grande amaritudine. E questo permisse Dio per grandissimo amore che ha all'anima vostra; e volse manifestare a voi e agli altri che erano d'intorno, che cosa è la nostra vana letizia. E mostrò Dio che quegli atti, le parole e costumi e modi e consigli fussero poco piacevoli e acettevoli a lui.

Oimé, io temo bene che la nostra stoltizia non sia tanta che non ci lassi considerare lo divino giudizio! Dicovi, da parte di Cristo crocifisso, che sempre il dì di ieri portiate nella memoria, affinché le cose vostre siano fatte con ordinato modo, con virtù e timore di Dio, e non senza timore di Dio. Confortatevi confortatevi, ch'io spero per la sua bontà che vel farà. E non abbiate amaritudine affliggitiva di questo caso che v'è avenuto; ma sia pena sanativa d'uno cognoscimento santo di voi medesimo. Siavi un santo freno che raffreni in voi ogni disordinata vanità, sì come si fa al cavallo che corre, che si tira la briglia perché non esca fuore dell'ordine del corso suo. Orsù, figlio mio dolce in Cristo nostro dolce Gesù, abracciatevi con la santissima croce; rispondete a Dio, che con essa croce vi chiama: e così adimpirete la voluntà sua e il desiderio mio. E però vi dissi ch'io desiderava di vedervi il cuore e il desiderio vostro confitto e chiavellato in croce.

Fate che, inanzi che il santo padre ne vadi, voi fermiate il vostro santo desiderio, pigliando la santa croce dprima della santità sua; e quanto più tosto, meglio è per lo popolo cristiano e infedele. E fate tosto, senza negligenzia; non prolungate più tempo. Vogliate che piuttosto vi manchi lo tempo nelle cose temporali che nelle spirituali; e spezialmente in questa santa e dolce opera, la quale Dio v'ha posto in mano, e fàvi degno di quello, per sua bontà, che spesse volte suole fare ai grandi servi suoi. Non dico più. Ricordivi, monsignore, che dovete morire, e non sapete quando.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Perdonate alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù amore.





238. Al santo padre papa Gregorio XI, mentre che Caterina era in Vignone.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

santissimo padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figlia Caterina vi si racomanda nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con disiderio di vedere adempita la volontà di Dio e il desiderio vostro di vedere levato in alto lo gonfalone e segno della santissima croce.

Lo quale segno pare che la volontà dolce di Dio voglia che voi leviate; e voi so, santissimo padre, che n'avete grandissimo desiderio. Poi che Dio vuole, e voi n'avete buona volontà, pregovi e dicovi per l'amore di Cristo crocifisso che voi non ci siate negligente, ma, se il dolce e buono Gesù vi manda la via e il modo per potere fare lo santo principio, fatelo. Se voi lo farete, Dio prosperarà la Sposa sua; e così andarete dalla guerra alla pace con l'aiutorio divino.

So che mi parbe che voi diceste, quando fui dprima della vostra santità, ch'egli era bisogno d'avere uno principe che fusse buono capo: altrimenti non vedavate lo modo. Ecco lo capo, padre santo: lo duca d'Angiò vuole, per l'amore di Cristo e riverenzia della santa croce, con amoroso e santo desiderio pigliare questa fatica, la quale, per amore ch'egli ha del santo passagio, li pare legiera; dolcissima li parrà, pure che voi, Santissimo babbo mio, vogliate atendare a farlo. Oimé, dolce Dio amore, non indugiate più a mandare in effetto lo vostro desiderio e dolce volontà! Sapiate sapiate tenere i doni e tesori di Cristo, i quali egli vi manda inanzi ora, mentre che avete lo tempo.

Pare che la divina Bontha tre cose vi richiega: dell'una ne ringrazio Dio e la santità vostra, ch'egli ha fermato e stabilito lo cuore vostro, fattovi forte contro le bataglie di coloro che vi voleano impedire, cioè de l'andare a tenere e possedere lo luogo vostro. Godo ed essulto della buona perseveranza che avete avuta, mandando ad effetto la volontà di Dio e il vostro buono desiderio.

Ora vi prego che voi siate solicito d'adempire l'altre due; poiché, pregando io lo nostro dolce Salvatore per voi, sì come mi mandaste dicendo, manifestando egli ch'io dicessi a voi che voi doveste andare, e io scusando, riputandomi indegna d'essere anunziatrice di tanto misterio, dicevo: «Signore mio, io ti prego che, se egli è la tua volontà ch'egli vada, che tu gli acresca e accenda più lo desiderio suo».

Diceva, per la sua bontà, lo nostro dolce Salvatore: «Digli sicuramente che questo ottimo segno li do che ella è mia volontà ch'egli vada: che, quanti più contrarii li verrano, e più li sarà contradetto ch'egli non vada, più si sentirà cresciare in sé una fortezza che uomo non parrà che li il possa tòllare; che è questo contro il modo suo naturale. Ora ti dico ch'io voglio ch'egli levi la croce santissima sopra l'infedeli, e levila sopra i suditi suoi, ciò sonno quelli che si pasciono e notricano nel giardino della santa Chiesa, che sonno ministratori del sangue mio. Dico che sopra costoro voglio ch'egli levi la croce, cioè in perseguitare i vizii e i difetti loro».

Divelto lo vizio, è piantata la virtù, ponendo questa croce in mano di buoni pastori e rettori della santa Chiesa. E se non ci ha dei fatti, vuole che, quelli che sonno a fare, voi miriate che sieno buoni e virtuosi, che non temano la morte del corpo loro. Non vuole Dio che si raguardi a li stati e alle grandezze e alle pompe del mondo - poiché Cristo non ha conformità con loro -, ma solo alla grandezza e richezza della virtù. A questo modo i buoni, con l'affetto della croce, perseguitaranno i vizii dei cattivi.

Pregovi, santissimo padre, per l'amore dell'Agnello dissanguato, consumato e derelitto in croce, che voi, come vicario suo, adempiate questa sua dolce volontà, facendo ciò che ne potete fare; e sarete poi scusato dinanzi da lui, e la coscienza vostra sarà scaricata. Se non faceste quello che potete, sareste molto ripreso da Dio. Spero per la sua bontà e santità vostra che voi lo farete; come avete fatto dell'una, d'averla messa in effetto, cioè dell'andata vostra, così compirete le tre, del santo passagio, e del perseguitare i vizii che si comettono nel corpo della santa Chiesa. Non dico più. Perdonate alla mia presunzione.

Misser lo duca so che verrà a voi, per ragionarvi con grande desiderio del fatto del santo passagio, come è detto. Dateli buono effetto, per l'amore di Dio: adempite lo dolce desiderio suo.

Rimanete etc. Adomandovi umilemente la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.





239. Al santo padre Gregorio XI, quando Caterina era in Vignone.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e carissimo e dolce padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figlia Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrive alla vostra santità nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi forte e perseverante nel santo e buono proponimento, sì e per sì-fatto modo che non sia veruno vento contrario che vi possa impedire, né demonio, né creatura.

I quali pare che vogliano venire, come dice lo nostro dolce Salvatore nel santo evangelio, nel vestimento de la pecora, parendo agnelli, ed essi sono lupi rapaci (Mt 7,15). Dice lo nostro Salvatore che noi ci doviamo guardare da costoro: parmi, dolce padre, che già comincino a venire a voi con la scrittura; e, oltre alla scrittura, v'annunzia l'avenimento suo, dicendo che giognarà alla porta quando nol saprete (Mt 24,42 Mt 24,44 Mc 13,35 Lc 12,40 Mt 25,13). Questi suona umile, dicendo: Se mi sarà aperto, io entrarò e ragioneremo insieme (Ap 3,20); questi si mette lo vestimento de l'umilità, affinché gli sia creduto. Bene è gloriosa questa virtù, con la quale la superbia se n'amantella! Costui ha fatto in questa lettera verso la vostra santità, secondo che io n'ho compreso, come fa lo demonio nell'anima, quando spesse volte, sotto colore di virtù e di compassione, gli gitta lo veleno; e spezialmente coi servi di Dio usa questa arte, poiché vede che puramente col vizio egli nol potrebbe ingannare. Così mi pare che faccia questo demonio incarnato, lo quale ha scritto a voi con colore di compassione e con fama di santità, cioè parendo che ella venga da uomo santo e giusto: ed ella viene dagli iniqui uomini consiglieri del demonio, stroppiatori del bene comune de la congregazione cristiana e reformazione de la santa Chiesa, amatori d'amore proprio, cercando i beni loro particulari.

Ma tosto, padre, ve ne potrete dichiarare se ella è venuta da quello giusto uomo o no - parmi che secondo l'onore di Dio lo doviate cercare -: quanto io non reputo, per quello che io ne possa vedere o comprendare, e non mi si rappresenta al suono de le parole sue, servo di Dio, ma fittivamente pare fatta. Ma non pare che sapesse bene l'arte colui che la fece: doveva prima ponarsi alla scuola, e pare che avesse saputo meno che uno bambolo. Vedete, santissimo padre, che egli v'ha posto inanzi quella parte che conosce più debole nell'uomo, e singularmente in coloro che sono molto teneri e compassionevoli d'amore carnale e teneri del corpo loro, perché questi tengono più cara la vita che tutti gli altri, e però ve l'ha posto per lo primo vocabolo. Ma io spero, per la bontà di Dio e la santità vostra, che questo timore non cadrà in voi: sarete pietra fondata sopra la viva pietra (1P 2,4), raguardarete più all'onore di Dio e alla salute delle vostre pecorelle che a voi medesimo, sì come lo pastore buono che deve ponere la vita per le pecorelle sue (Jn 10,11).

Parmi che questo venenoso uomo dall’una parte commenda l'avenimento vostro, dicendo che è buono e santo, e dall'altra parte dice che il veleno è apparecchiato. E parmi che vi consigli che voi mandiate uomini confidenti, che vadino inanzi a voi, e trovaranno lo veleno per le tavole - ciò pare che dica per le bottighe -, che s'apparecchia per darlo temperatamente, o per dì, o per mese, o per anno: bene gli confesso che del veleno se ne trova così a le tavole di Vignone e dell'altre città, come a quelle di Roma. E così se ne trovarà temperatamente per lo mese e per l'anno, e largamente, secondo che piacesse al compratore: in ogni luogo si trovarà. E però gli parrebbe bene fatto che voi mandaste, e sostentaste in questo mezzo l'avenimento vostro. Mostra che aspetti che in questo mezzo venga lo divino giudicio sopra questi iniqui uomini che, secondo che dice, pare che cerchino la vostra morte: ma se fusse savio, egli l'aspettarebbe prima per sé medesimo, perché egli è lo seminatore del più pessimo veleno che fusse già gran tempo seminato nella Chiesa santa, in quanto egli vuole impedire a voi quello che Dio vi richiede e che dovete fare.

E sapete in che modo si seminarebbe questo veleno? che, non andando voi ma mandando, secondo che vi consiglia lo buono uomo, suscitarebbe uno scandalo e una rebellione temporale e spirituale, trovando in voi menzogna che tenete luogo di verità: ché, avendo anunziato e determinato voi l'avenimento vostro, e trovando lo contrario, che egli non fusse, troppo sarebbe grande scandalo, turbazione ed errore nei cuori loro, sì che egli dice bene lo vero. Egli ha la profezia di Chayfas, quando disse: «Egli è necessario che uno uomo muoia, affinché il popolo non perisca» (Jn 11,50): egli non sapeva quello che si diceva, ma egli lo sapeva bene lo Spirito santo, che diceva la verità per la bocca sua; ma lo demonio non glil faceva dire per quella intenzione. Così costui vuole essere un altro Cayfas; egli profeta che, se voi mandate, trovaranno lo veleno: veramente egli è così, ché se fussero tanti i nostri peccati che voi rimaneste ed essi andassero, i vostri confidenti trovaranno che si porrà lo veleno nelle bottighe del cuore e delle bocche loro, nel modo detto. E non bastarebbe pure uno dì, ché n'andarebbe lo mese e l'anno inanzi che fusse smaltito.

Molto mi maraviglio de le parole di questo uomo, che egli commendi l'opera santa e buona e spirituale, e poi vuole che per timore corporale lassi la santa opera. Non è costume dei servi di Dio che, per veruno danno corporale o temporale, eziandio se la vita n'andasse, eglino vogliano mai abbandonare l'esercizio e opera spirituale: ché, se non avessero fatto così, neuno sarebbe giunto al termine suo, poiché la perseveranza del santo e buono desiderio, con le buone opere, è quella che è coronata, e merita gloria e non confusione.

E però vi dissi, padre reverendo, che io desideravo di vedervi fermo e stabile nel vostro buono proponimento - ché doppo questo seguitarà la pace dei vostri ribelli figli e la reformazione de la santa Chiesa -, e anco d'adempire lo desiderio dei servi di Dio, lo quale hanno di vedere rizzare lo gonfalone de la santissima croce sopra gl'infedeli. Allora potrete amministrare lo sangue dell'Agnello nei tapinelli infedeli, poiché voi sete lo celleraio di questo sangue, che ne tenete le chiavi. Oimé, padre, che io vi prego, per l'amore di Cristo Crocifisso, che tosto diate la potenza vostra, ché senza la potenza vostra non si può fare.

Non vi consiglio però, dolce padre, che voi abandoniate quelli che vi sono figli naturali, che si pascono a le mammelle della Sposa di Cristo, per gli figli bastardi che non sono anco legittimati col santo baptesmo; ma spero, per la bontà di Dio, che, andando i figli legittimi con la vostra autorità, e con la virtù divina del coltello de la parola santa, e con la virtù e forza umana, essi tornaranno alla madre de la santa Chiesa e voi gli legittimarete. Questo pare che sia onore di Dio, utile a voi, onore ed essaltazione de la dolce Sposa di Cristo, più che seguire lo semplice consiglio di questo giusto uomo, che vi pone che meglio vi sarebbe, a voi e agli altri ministri de la Chiesa di Dio, abitare fra gl'infedeli e saracini che fra la gente di Roma o di Italia.

A me piace la buona fame che egli ha de la salute degl'infedeli, ma non mi piace che voglia tòllare lo padre ai figli legittimi, e il pastore alle pecorelle riunite nell'ovile. I mi pare che voglia fare di voi come fa la madre del fanciullo quando gli vuole tòllare lo latte di bocca, che si pone l'amaro in sul petto, ché vuole che senta l'amaritudine prima che il latte, sì che per timore dell'amaro abbandoni lo sùgiare, perché il fanciullo s'inganna più con l'amaritudine che con altro. Così vuole fare a voi, ponendovi inanzi l'amaritudine del veleno e de la molta persecuzione, per ingannare la fanciullezza dell'amore tenero sensitivo, affinché per paura lassiate lo latte, lo quale latte di grazia segue doppo lo dolce avenimento vostro.

E io vi prego da parte di Cristo Crocifisso che voi non siate fanciullo timoroso, ma virile: aprite la bocca e inghiottite l'amaro per lo dolce. Non si converrebbe alla vostra santità d'abandonare lo latte per l'amaritudine. Spero, per la infinita inestimabile bontà di Dio, che, se vorrete, vi farà grazia a voi e a noi che voi sarete uomo fermo e stabile, e non vi movarete per veruno vento, né illusione di demonio, né per consiglio di demonio incarnato, ma seguitarete la volontà di Dio e il vostro buono desiderio e il consiglio dei servi di Cristo Crocifisso. Non dico più.

Conchiudo che io non credo che la lettera mandata a voi esca da quello servo di Dio nominato a voi, né che ella fusse scritta molto da la lunga, ma credo che ella venga bene di presso - servi del demonio che poco temono Dio! -: ché, in quanto io credesse che ella uscisse da lui, non lo reputarei servo di Dio, se altro non ne vedesse. Perdonate a me, padre, lo favellare troppo presuntuosamente. Umilemente v'adimando che mi perdoniate e doniate la vostra benedizione.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Prego la infinita sua bontà che mi dia grazia che tosto per lo suo onore vi vegga mettere lo piè fuore dell'uscio, con pace riposo e quiete de l'anima e del corpo. Pregovi, dolce padre, che quando piacesse alla vostra santità, mi diate audienzia, poiché mi vorrei trovare dinanzi a voi prima che io mi partisse: lo tempo è breve, sì che, dove piacesse a voi, vorrei che fusse tosto. Gesù dolce, Gesù.





240. A monna Lapa sua madre, prima che tornasse da Vignone.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figlia Caterina vi conforta nel prezioso sangue del Figlio di Dio. Con desiderio ho desiderato di vedervi madre vera, non solamente del corpo ma de l'anima mia, considerando me ch'esendo voi amatrice più dell'anima che del corpo, morrà in voi ogni disordenata tenerezza, e non vi sarà tanta fatica lo partire della presenza mia corporale; ma vi sarà più tosto consolazione, e vorrete per onore di Dio portare ogni fatica di me, considerando che si facci l'onore di Dio. Facendo l'onore di Dio, non è senza acrescimento di grazia e di virtù ne l'anima mia: sì ch'è bene vero ch'esendo voi, dolcissima madre, amatrice più de l'anima che del corpo, sarete consolata e non sconsolata.

Io voglio che impariate da quella dolce madre Maria, che per onore di Dio e salute nostra ci donò il Figlio, morto in sul legno della santissima croce. E rimanendo Maria sola, poi che Cristo fu salito in cielo, rimase coi discepoli santi: e poniamo che Maria i discepoli avessero grande consolazione e il partire fusse sconsolazione, nondimeno, per gloria e lode del Figlio suo e per bene di tutto l'universo mondo, ella consentì; e vuole ch'eglino si partano. E più tosto elege la fatica del partire loro che la consolazione de lo stare, solo per l'amore ch'ella aveva a l'onore di Dio e a la salute nostra. Ora da lei voglio che impariate, carissima madre.

Voi sapete che a me conviene seguire la volontà di Dio; e io so che voi volete ch'io la seguiti: sua volontà fu ch'io mi partissi, la quale partita non è stata senza misterio, né senza frutto di grande utilità.

Sua volontà è stata ch'io sia stata, e non per volontà d'uomo, e chi dicesse il contrario, è lo falso e non è la verità. E così mi converrà andare, seguitando le vestigie sue in quel modo e a quel tempo che piacerà alla sua inestimabile bontà.

Voi, come buona e dolce madre, dovete esser contenta e non sconsolata, portare ogni fatica per onore di Dio e salute vostra e mia. Ricordomi che per li beni temporali voi lo faciavate, quando i vostri figli si partivano da voi per acquistare la richezza temporale; ora, per acquistare vita eterna, vi pare di tanta fatica che dite che v'andarete a dilequiare se tosto io non vi rispondo. Tutto questo v'adiviene perché voi amate più quella parte ch'io ho tratta da voi, che quella ch'io ho tratta da Dio, cioè la carne vostra, de la quale mi vestiste. Levate levate un poco lo cuore e l'affetto vostro in quella dolce e santissima croce, dove viene meno ogni fatica; vogliate portare un poco di pena finita per fugire la pena infinita, che meritiamo per li nostri peccati. Or vi confortate per amore di Cristo crocifisso, e non crediate d'essere abandonata né da Dio né da me, anco sarete consolata e ricevarete piena consolazione; e non è tanta stata la pena, quanto sarà maggiore lo diletto. Tosto ne verremo, per la grazia di Dio; e non saremo ora a venire, se non fusse lo 'mpedimento che abiamo avuto della infermità grave di Neri, e anco lo maestro Giovanni e frate Bartolomeo sono stati infermi etc. Altro non dico. Racomandateci etc.

Rimanete etc. Gesù dolce etc.







241. A monna Giovanna di Curado, quando io Stefano ero con Caterina a Vignone.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fare una abitazione nella cella del conoscimento di voi medesima, affinché potiate venire a perfetto amore; considerando me che colui che non ama lo suo Creatore non può piacere a lui: perché egli è esso amore (1Jn 4,8-16), non vuole altro che amore.

Questo amore trova l'anima che conosce sé medesima, poiché, vedendo sé non essere - ma l'essere suo avere per grazia e non per debito, e ogni grazia ch'è fondata sopra l'essere, e dato ci è con inestimabile amore -, allora trova in sé tanta bontà di Dio versare che la lingua non è suficiente a dirlo, e poi che si vede tanto amare da Dio, non può fare che non ami. Ama in sé la ragione e Dio, e odia la sensualità, che disordenatamente si vuole dilettare del mondo: o ella si diletta dello stato, o ricchezze, o di piacere alle creature più che al Creatore, fondandosi in su i pareri, diletti e piaceri del mondo; o alcune volte son di quelli che amano i figli, e chi lo sposo, e chi la madre o padre, disordenatamente d'amore troppo sensitivo: lo quale amore è un mezzo, tra l'anima e Dio, che non lassa ben conosciare la verità del vero e superno amore.

E però disse la prima dolce Verità: «Chi non abandona lo padre e la madre, sorella e fratelli, e sé medesimo, non è degno di me» (Lc 14,26 Mt 10,37). Ben se ne avedevano e avegano i veri servi di Dio, che subito spogliano lo cuore e l'affetto e l'anima loro del mondo e delle pompe e delizie sue, e d'ogni creatura fuori di Dio: non ch'eglino non amino la creatura, ma amanla solamente per Dio, in quanto sono creature amate smisuratamente dal Creatore. Ma come essi odiano la parte sensitiva, che ribella a Dio in loro, così l'odiano nel prossimo che vegono che offende la somma eterna bontà.

Così voglio che facciate voi, carissima madre in Cristo dolce Gesù: che voi amiate la bontà di Dio in voi, e la sua smisurata carità, la quale trovarete nella cella del conoscimento di voi medesima. In questa cella trovarete Dio, ché come Dio tiene in sé ogni cosa che participa essere, così in voi trovarete la memoria, la quale tiene ed è atta a tenere lo tesoro dei beneficii di Dio; trovatevi lo 'ntendimento, lo quale ci fa partecipare la sapienza del Figlio di Dio, intendendo e conoscendo la sua volontà, che non vuole altro che la nostra santificazione. Vedendo questo, l'anima non si può dolere né conturbare di nessuna cosa che venga, conoscendo che ogni cosa è fatta con providenzia di Dio e con grandissimo amore. Con questo conoscimento voglio, e vi prego per amore dello dissanguato Agnello, che medichiate l'ascaro e la malagevolezza che avete sentita per la partita di Stefano. Godete ed essultate, ché non sarà senza accrescimento di grazia nell'anima sua e nella vostra: e per la grazia di Dio tosto lo vedrete.

Anco dico che, nel conoscimento di voi, voi trovarete la clemenza dolce dello Spirito santo, che è quella parte che non dona - né è altro - che amore, e ciò ch'egli fa e aduopara, aduopara per amore. Questo affetto trovarete nell'anima vostra; poiché la volontà non è altro che amore, ogni suo affetto e movimento non si muove per altro che per amore: ama e odia quello che l'occhio del conoscimento ha veduto e inteso. Orbene è vero dunque, carissima madre, che dentro nella cella dell'anima voi trovarete tutto Dio, lo quale dà tanta dolcezza, refrigerio e consolazione che per nessuna cosa che avenga si può turbare, però ch'ell'è fatta capace della volontà di Dio, poiché ha gitato fuori di sé ogni amore proprio, e tutte quelle cose che son fuori della volontà di Dio.

Dirittamente l'anima allora diventa un giardino pieno di fiori odoriferi di santo desiderio; e nel mezzo v'è piantato l'albore della santissima croce, dove si riposa l'Agnello immacolato, lo quale diriga sangue, bagna e alaga questo glorioso giardino, e tiene in sé i frutti maturi delle vere e reali virtù. Se volete pazienza, ine è fondata mansuetudine, in tanto che non è udito lo grido dell'Agnello per nessuna mormorazione; umilità profonda, vedendo Dio umiliato all'uomo, e il Verbo umiliato all'obrobiosa morte della croce; se carità, egli è essa carità: anco più, ché la forza dell'amore e della carità l'ha tenuto confitto e chiavellato in croce. Non erano suficienti i chiodi e la croce a tenere Dio e Uomo, se la forza della carità non l'avesse tenuto.

Non mi maraviglio se quella che ha fatto di sé giardino per conoscimento di sé, ella è forte contro tutto quanto lo mondo; però ch'ell'è conformata e fatta una cosa con la somma fortezza. Veramente ella comincia a gustare la caparra di vita eterna in questa vita; ella signoreggia il mondo, poiché se ne fa beffe.

I demoni temono d'aprossimarsi all'anima che arde nella divina carità. Orsù, carissima madre, non voglio che dormiate più in negligenzia né nell'amore sensitivo; ma con uno ardentissimo e smisurato amore vi levate su, bagnandovi nel sangue di Cristo, e nascondendovi nelle piaghe di Cristo crocifisso.

Non dico più. Sono certa, se starete in cella, come detto è, non trovarete altro che Cristo crocifisso. E così dite a Curado che facci questo medesimo.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.