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7. L'immagine miracolosa della Madonna di Guadalupe (Messico).

(Dalla Rivista “Informatore di Urio", n. 53, Nov.-Dic. 1981, Via A. Stradivari, 7, 20131 Milano, p. 30-31).

Sapevo qualche cosa, ma non sapevo nè bene nè sufficientemente le cose. Questo secondo caso è veramente unico nel suo genere ed ha l'avallo rigoroso e particolareggiato degli scienziati. Esso è davvero sconvolgente. Se leggendo questi fatti, c'è qualcuno che riuscirà a smentirli seriamente, io gliene sarò grato perchè mi metterebbe in condizione di rivedere meglio alcune mie posizioni e di essere molto più cauto nel dare certe notizie.

Anche per questo secondo caso, leggiamo e meditiamo le meraviglie di Dio.

Le straordinarie scoperte scientifiche recentemente fatte, e che tuttora si continuano a fare, intorno all'immagine messicana della Madonna di Guadalupe hanno letteralmente stupito quanti ne sono venuti a conoscenza.

Per comprendere l'importanza di tali scoperte è necessario riassumere brevemente ciò che un'antica e pia tradizione dice a proposito della miracolosa effigie, non dipinta da mano umana, ma prodigiosamente impressa sulla tunica di un indio chiamato Juan Diego, nel 1531. Il racconto che narra l'avvenimento è scritto in nàhualt (la lingua degli Aztechi) con caratteri latini, e fu edito in lingua originale e in spagnolo nel 1649, all'incirca un secolo dopo la sua primitiva redazione, per iniziativa di un baccelliere, tal Luis Lasso de la Vega.

La storia racconta che Juan Diego importunò più volte il primo vescovo dei Messico, il francescano Fray Juan do Zumàrraga, per manifestargli il desiderio espresso dalla Madre di Dio in diverso apparizioni: la costruzione di un eremo in una località denominata Cerro de Tepeyac. Per liberarsi del visionario, il buon vescovo gli chiese di fornire, una prova convincente della sua asserzione; in caso contrario, smettesse di importunarlo. Pochi giorni dopo Juan Diego ritornò dal vescovo portando come prova alcune "rose di Castiglia”, la cui fioritura era impossibile in quella stagione (si era in dicembre); l'indio affermò che era stata la Vergine a dargliele perchè le mostrasse al vescovo. Il giovane portava le rose raccolte nella tunica (tilma), e quando la dispiegò facendo cadere a terra i fiori, ecco apparire la Vergine Maria a tutti i presenti, otto-dieci persone. Immediatamente la celestiale visione s'impresso sul rozzo tessuto dell'indumento che aveva contenuto i fiori. Spaventato e stupito da ciò che aveva visto, il vescovo eresse l'eremo sul picco di Tepeyac e li fu esposta, come immagine da venerare, la tunica miracolosamente impressa dell'indio Juan Diego.

Questa la succinta narrazione del racconto, scritto in lingua nàhualt quando era ancora in vita Hernàn Cortés, il conquistatore del Messico.

La devozione che l'effigie suscitò fin dai primi tempi della pacificazione del Messico fu così insolita, e i pellegrinaggi spontanei degli indi che accorrevano da ogni parte ad onorare la Vergine così numerosi, che di ciò si occupa perfino Bernal Diaz del Castillo nella sua celebre cronaca della conquista della Nuova Spagna.

E giungiamo ai nostri giorni - o meglio, al nostro secolo - in cui si costituisce una Commissione di studio per indagare su non pochi inspiegabili fenomeni della famosa tunica di Juan Diego. A richiamare l'attenzione dei periti tessili è innanzitutto la sorprendente conservazione del rozzo panno. Oggigiorno è protetto da vetri. Ma per secoli fu esposto alla mercé di Dio, alle incurie, al caldo torrido, alla polvere e all'umidità senza che si sfilacciasse o che scolorisse la sua non comune policromia.

Il materiale su cui l'immagine rimase impressa è una trama costituita di fibra tessile ricavata da un particolare tipo di agave messicana (agave maguey), una fibra che si disgrega per marcescenza dopo circa 20 anni come è stato accertato con numerosi esperimenti fatti di proposito. La tunica del contemporaneo di Cortés ha invece 450 anni; non si è né rotta né disgregata, e per cause incomprensibili ai suddetti periti è refrattaria all'umido e alla polvere. Questa sua peculiarità fu attribuita al tipo di pittura che ricopre la tela, e che potrebbe benissimo costituire un eccellente materiale protettivo. Pertanto. s'inviò un campione di pittura allo scienziato tedesco Richard Kuhn, premio Nobel per la chimica, perchè lo analizzasse. Il verdetto lasciò attoniti coloro che l'avevano consultato.  I coloranti dell’immagine di Guadalupe - rispose lo scienziato tedesco - non appartengono al regno vegetale, né tanto meno a quello minerale o animale. Si pensò che forse il tessuto era stato trattato con un procedimento speciale. Le grandi pitture dell'antichità sono potute arrivare fino a noi perchè le pareti (o i muri per ricevere gli affreschi) sono stati previamente "preparati” ricoperti con una colla o uno stucco particolari. Ma a quale straordinaria tecnica preparatoria si sarebbe fatto ricorso perchè la pittura potesse aderire e conservarsi integra su un materiale tessile così fragile e caduco? Due studiosi nordamericani - il Dr. Callagan dell'equipe scientifica della Nasa, e il Prof. Jody B.Smith, ordinario di Filosofia della Scienza al Pensacolla College - furono incaricati di sottoporre l'immagine di Guadalupe all'analisi fotografica con raggi infrarossi. Le loro conclusioni sono state le seguenti:

Prima. La tela rada di filo ricavato dall'agave maguey è immune da qualsiasi preparazione; il che rende inspiegabile, alla luce delle conoscenze umane, come i coloranti abbiano potuto impregnare una fibra così delicata, e tuttora si conservino.

Seconda. Non vi sono abbozzi preliminari come quelli scoperti col medesimo procedimento sui quadri di Velàzquez, Rubens, il Greco e Tiziano. L’immagine fu "dipinta” direttamente, così come la si vede, senza prove né correzioni.

Terza. Non vi sono pennellate. La tecnica impiegata è sconosciuta nella storia della pittura: è insolita incomprensibile e irripetibile.

Parallelamente a questo, un famoso oculista ispano-francese, Torija Lauvoignet, esaminò con un oftalmoscopio di alta potenza la pupilla dell'immagine e osservò con meraviglia che nell'iride si vedeva riflessa una piccolissima figura, che sembrava il busto di un uomo. Ciò fu l'antecedente immediato che condusse alla ricerca di cui sto per parlare: la "digitalizzazione" degli occhi della Vergine di Guadalupe. E' noto che nella cornea dell'occhio umano si riflette tutto ciò che si vede in un determinato istante. Il dottor Aste Torismann fece fotografare (senza essere presente) gli occhi di una sua figlia e utilizzando una particolare tecnica chiamata “processo per digitizzare immagini" potè verificare puntualmente tutto quello che sua figlia vedeva al momento di essere fotografata. Il medesimo scienziato, che attualmente lavora a captare le immagini della terra trasmesse dallo spazio attraverso i satelliti artificiali, "digitalizzò" lo scorso anno l'immagine di Guadalupe e i risultati cominciano a essere ora conosciuti. Il procedimento consiste nel suddividere l'immagine in microscopici quadretti al punto che su una superficie di un millimetro quadrato si contino 27.778 piccolissimi, infimi quadratini. Dopo questa operazione, ogni mini-quadratino può ampliarsi, moltiplicandolo per duemila, consentendo l'osservazione di dettagli impossibili a essere percepiti con i soli occhi. E i dettagli che si osservarono nell'iride dell'immagine di Guadalupe furono: un indio nell'atto di dispiegare la sua tunica davanti a un francescano, sul cui viso si vede scendere una lacrima; un contadino assai giovane, con una mano sul mento ad esprimere sbigottimento; un indio con il torso nudo in atteggiamento quasi di preghiera; una donna dai capelli crespi, probabilmente una negra della servitù del vescovo; un uomo adulto, una donna e alcuni bambini con la testa rapata; infine, altri religiosi in abito francescano. In altri termini, quello stesso episodio narrato in lingua nàhualt da uno scrittore indigeno anonimo nella prima metà del XVI sec. ed edito in nàhualt e in spagnolo da Lasso de la Vega nel 1649 al quale ci siamo dianzi riferiti! Si stanno ora conducendo studi iconografici per confrontare queste figure con i ritratti conosciuti del vescovo Zumàrraga e delle persone del suo tempo e del suo ambiente. Quello che risulta del tutto impossibile è che in uno spazio così piccolo come la cornea di un occhio, situata su una immagine di grandezza assai prossima al naturale, un miniaturista abbia potuto dipingere ciò che è stato necessario ampliare duemila volte perchè fosse percepito. "Inspiegabile!", esclamarono i membri della Commissione di studio quando conobbero il verdetto dello scienziato tedesco Richard Kuhn, a giudizio del quale la policromia dell'immagine di Guadalupe non era dovuta a colori minerali, vegetali o animali. “Inspiegabile!”, dichiararono per iscritto i nordamericani Smith e Callagan, quando per mezzo dei raggi infrarossi si avvidero che il "dipinto" non denunciava pennellate, e che la misera tela della tunica di Juan Diego era immune da qualsiasi preparazione. Infine il dottor Aste Tonsmann, raccontando nelle sue numerose conferenze la scoperta delle figure umane di infinitesimale dimensione nell'iride della Vergine, non si stanca di ripetere: "Inspiegabile! Assolutamente inspiegabile!"

Torcuato Luca de Tow

(da Interpress, n. 164. pp.5-8)

Fratello e sorella che mi avete letto, proviamo a recitare insieme con fede e riconoscenza a Dio e alla Vergine Maria la preghiera che il protestante prof. Roberts nel 1938 scopriva e pubblicava con altri papiri egiziani.

“Sotto la tua protezione troviamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo. o Vergine gloriosa e benedetta". La preghiera scoperta dal suddetto professore è del Il sec., ma non è detto che non la recitassero già da tempo i nostri antenati cristiani.

 

8. Quel che avviene a Camposampiero

 

Ho letto in un libro sulla vita di S. Antonio di Padova che a Camposampiero (Padova), ove S. Antonio morì, esiste un albero di noce (veramente oggi sono tre) che verso la fine di maggio e durante i primi tredici giorni di giugno, mette fiori e foglie e in poco tempo si ristabilisce con gli altri noci.

Gli scienziati non sanno spiegare il fatto. C'è un'ipotesi da essi avanzata: uno strano incrocio, eseguito nei secoli scorsi, produrrebbe questo effetto. Ma come si può credere ad una ipotesi così poco scientifica?

La tradizione invece ci dice che S. Antonio, ammalato di idropisia, presagendo la sua prossima fine, volle prepararsi al transito per l'altra vita, facendosi una specie di celluzza su di un noce per essere più staccato dalle cose terrene e unirsi al suo Dio in più intima e continua preghiera, attendendo così sorella morte.

Passata la sua benedetta anima al cielo, il noce seccò, mentre gli altri noci dello stesso campo continuarono a vivere. Alla fine di maggio l'albero secco, improvvisamente mise foglie e fiori e, a suo tempo, portò anche i frutti. Il fenomeno si è ripetuto per molti anni invariabilmente.

Oggi restano tre alberi di noci, provenienti da tre polloni dello stesso albero sul quale S. Antonio si era costruita la cella, i quali invariabilmente, ogni anno, ripetono lo stesso fenomeno: sono secchi durante l'anno, ma alla fine di maggio fioriscono, mettono le foglie e al 13 giugno (festa del Santo) sono alla pari con gli altri della stessa zona e, a suo tempo, portano anche i frutti.

 

9. Il faggio di San Francesco

 

Molto viva è nel paese di Rivodutri (Rieti) la leggenda del faggio di S. Francesco e del sasso che porta impressa l'orma del piede del Poverello di Assisi.

Si racconta che il Santo, lasciato Poggio Bustone e diretto nelle Marche, fosse sorpreso, nelle vicinanze dei paese, da un violento temporale. Egli cercò riparo sotto un faggio e l'albero, tuttora visibile, piegò i suoi rami che, sono rimasti perennemente chinati quasi a ricordare il grande onore ricevuto.

Un signore di Rivodutri - che mi ospitò in macchina per un tratto di strada - (venivo da Poggio Bustone ed ero diretto, in autostop, a Fabriano (AN) - mi diceva che li dov'è il detto “Faggio di S. Francesco" c'è una selva di faggi, ma tutti con i rami disposti normalmente.

Quelli del luogo hanno provato a tagliare i rami del “Faggio" sperando che ricrescendo si disponessero in posizione normale, ma tutti i tentativi sono stati inutili perchè i rami del “Faggio di S. Francesco” crescono e si dispongono nella maniera suddetta, cioè ad ombrello, come per ricordare il servizio di protezione reso al Santo quando passò da Rivodutri... (cfr Storia di Rivodutri, Opuscolo fatto stampare dal Sindaco di Rivodutri; basta rivolgersi al Municipio per averne copia).

 

 

10. La Sacra Sindone

 

Dopo le smentite delle prove del C14, dissi tra me e ad altri: Da oggi inizieranno le

più forti e sicure prove sulla S. Sindone. E fu così. Consiglio di leggere il libro di Guido Ricci: “L’uomo della Sindone è Gesù. Ne diamo le prove" (Ed. Carroccio, Vigodarzene (PD) - Tel. (094)-700568). Di questo libro riporto soltanto la conclusione. Eccola.

Dopo quanto esposto, potremmo dirci soddisfatti circa la autenticità di questo documento non manufatto, dichiarato irriproducibile e di conseguenza autentico. Nonostante le prove scientifiche già riferite, si volle tentare la prova del C14 con l'intento di datare storicamente il Santo Lenzuolo.

Dato il carattere descrittivo di questa monografia, mi limito a riportare il pensiero di alcuni scienziati, esperti in materia, che sono intervenuti nella discussione dopo aver appreso dai mass media il risultato dei tre laboratori incaricati dell'esame.

Premetto una notizia, poco pubblicizzata in questi mesi. P. Marcozzi la riporta nel numero 14 delle dispense di "Emmaus" dei nostro Centro romano: “L'archeologo W. Meacham ha 16 anni di esperienza nell'applicazione dei C14 e ha una buona conoscenza, della Sindone. Fu chiamato per stabilire il piano di applicazione del test C14, insieme ad altri studiosi convocati dal Vaticano per stabilire come applicare il C14 alla Sindone. Il Meacham era l'unico archeologo presente, che avanzò obiezioni in uno scritto fatto circolare durante la conferenza. Esso ammoniva: la contaminazione per scambio di isotopi è realmente una forte possibilità... poichè la Sindone fu soggetta a riscaldamento molto rapido, a una temperatura molto alta in contatto con carbonio, circa 1500 anni dopo il suo utilizzo. Sé un campione della parte bruciata della Sindone è preso, il risultato sarà molto probabilmente abbassato in qualche parte tra l'età reale della Sindone e la data del fuoco”.

Il direttore di uno dei tre laboratori scelti per la datazione rispose per scritto: Io condivido la vostra opinione riguardo al problema della contaminazione. C'è il problema della datazione di un campione minimo. Io fui del tutto sorpreso all'apprendere nella conferenza di Torino, che la maggior parte dei miei colleghi, non era pienamente cosciente dei problema”.

Il dottor Herbert Haas, del Laboratorio del radiocarbonio della Southern Methodist University , uno dei più avanzati degli Usa, scriveva: “Per ciò che concerne le varie possibilità di contaminazioni, esse sono bene fondate”. E' possibile eliminare alcune di queste cause, ma non tutte. “Neppure con trattamenti specializzati”, osserva Stuckenrat (Atti del convegno di Hong Kong, marzo 1986). Ciononostante si è proceduto alla datazione.

Concludendo: i tre laboratori, della cui efficienza e professionalità non si ha motivo di dubitare, hanno effettuato un preciso conteggio numerico del C14 presente nei tre, campioni, fornendoci il totale di una somma “alla cieca”. Peccato però, che non abbiano potuto, e quindi saputo, darci la opportuna e decisiva sottrazione del C14 dei numerosi scambi isotopici, essendo questa operazione non quantificabile, dato il lungo quasi bimillenario e tormentato pellegrinare di questo Santo Lenzuolo.

Allo stato attuale della ricerca scientifica, la Sindone risulta una perfetta e irriproducibile, “carta d identità" che riporta oltre i dati fisionomici, con insospettata fedeltà, la circostanziata data di morte del Personaggio che accolse, avvolgendone la nuda umanità in una provvisoria, incompleta e non rituale sepoltura. Tutto questo risale a epoca molto recente e fu rilevato dalla scoperta fotografica.

Rimane da colmare la data del documento tessile. Alcuni scienziati hanno tentato di farlo bombardandone elettronicamente le intime fibre, al fine di farlo parlare con il linguaggio aleatorio del C14. Ma il tentativo ha dato una risposta a senso unico, offrendo il totale di una somma di difficili e ambigui addendi, senza ipotizzare la non facilmente ipotizzabile sottrazione.

Gli strumenti elettronici non hanno la capacità di scoprire la verità delle cose, ma possono aiutare l'uomo a scoprirla, quando la mente che li manovra sia in grado di affidare loro, in partenza, i dati esatti e quelli ipotizzabili. I dati esatti erano, nel nostro caso, non solo quelli elaborati da altre rispettabili equipes di ricercatori, impegnati in varie discipline scientifiche intorno allo stesso documento, non escluse quelle storiche e ambientali, che già tanti spiragli di luce hanno recato in questa complessa verità storica drammatica; ma anche altri dati da elaborare sperimentalmente, se possibile, almeno ipoteticamente, rifacendosi alle situazioni ambientali che poterono condizionare numerosi scambi isotopici, da mettere sulla bilancia come documentazione ipotizzabile e da ... obliterare nel conteggio finale.

Troppe volte i magnifici strumenti elettronici hanno sballato il loro "tiro a segno" di secoli anticipati o posticipati quando gli incaricati, pur essendo all'oscuro di passaggi qualificanti, hanno avvertito la inopportunità di riportarne notizia nelle riviste scientifiche (sembrerebbe il caso nostro dopo 6 mesi di silenzio). Al più, per evitare la confusione tra verità cosiddetta scientifica e menzogna storica, hanno chiarito i dati deboli della ricerca, che non li coinvolgeva personalmente nella loro coscienza di operatori scientifici, salva sempre restando la loro professionalità.

Questo ancora si attende".

 

Se ora diamo uno sguardo a tutte le divisioni dottrinali e pratiche, che tentano di insidiare il mistero eucaristico, e lo insidiano di fatto, nel seno stesso del popolo di Dio, nel seno stesso della Chiesa cattolica, c'è da rimanere sconcertati e ci sarebbe da rimanere sconfortati, se non si avesse la sicura coscienza che la Chiesa altre simili burrasche ha attraversato e che il suo divino Fondatore ne regge sempre le sorti. Sempre la Chiesa è la barca di Pietro minacciata dai flutti, e sempre il Cristo, assicura, come allora, “coraggio: sono io, non abbiate paura" (Mc 6,50).

Ogni fedele deve acquistare coscienza della situazione attuale della Chiesa e deve sentire più che mai l'impegno della propria responsabilità cristiana. Egli sa che nella Chiesa c'è un Magistero, c'è un Capo - che è il Vicario di Cristo -, c'è una Roccia, che garantisce tutto l'edificio del corpo mistico di Cristo. Su questa Roccia si è sicuri; bisogna tenere gli occhi a questo Capo, a questo Magistero. Gesù lo ha previsto: possono errare anche i pastori, anch'essi possono avere momenti di incertezza e smarrimento. Ma c'è il pastore dei pastori, al quale Cristo ha garantito la fermezza della fede e per questo appunto gli ha affidato il supremo compito di correggere e confermare tutti i fratelli (Lc 22,32); c'è il pastore dei pastori, al quale Cristo ha affidato di condurre ai pascoli sicuri della verità non solo gli agnelli, ma anche le pecore (Gv 21,17).

Ascolterò piuttosto qualche teologo opinante singolari e compiacenti dottrine? Seguirò piuttosto qualche sacerdote che tratta il SS. Corpo fisico di Cristo e il suo corpo mistico come campi sperimentali? Come cose su cui fare esperienze estrose e reclamistiche? Che rispetto, che amore per il Cristo e per i fratelli! Che umiltà di fronte al mistero dei misteri! Che ubbidienza alla Santa Madre Chiesa! Che trepida delicatezza verso le cose sante e santissime della nostra religione! Che senso religioso infine e che prudenza critica di fronte all'imponente testimonianza bimillenaria di una dottrina chiaramente dogmatizzata e di una prassi inequivocabilmente affermata!

In nessun punto, come in questo del mistero eucaristico, è chiaro che le deviazioni dottrinali e pratiche si rifanno, più o meno consapevolmente, agli errori del protestantesimo, i quali tutti si radicano infine nella contestazione del dogma della presenza reale e sostanziale di Cristo nell'Eucaristia. Contestato e negato questo, la Messa non è più sacrificio, diventa cena commemorativa; la comunione diventa simbolo - anche se detto efficace - della presenza di Cristo in mezzo ai comunicanti. Dalla Chiesa scompare il tabernacolo; la mensa del sacrificio diventa la tavola del banchetto; e poichè il banchetto non esiste se non ci sono i commensali, sono i commensali, i comunicanti, che realizzano tutto quello che è l'Eucaristia; il sacerdote ministeriale non ha più alcun senso e alcuna funzione specifica.

E' facile vedere come le innovazioni promosse da certi sacerdoti nella prassi eucaristica, e purtroppo tollerate dai minori pastori, si possano giustificare solamente su tale base dottrinale, nettamente protestante, ossia su una base dottrinale in netta contrapposizione con la fede cattolica. Questo indipendentemente dalle intenzioni e dalla consapevolezza che ne possano avere i singoli patrocinatori delle novità.

Infine, mi permetto di richiamare l'assoluta centralità dell'Eucaristia nell'ordine della redenzione: nell'Eucaristia viene riassunta, simboleggiata, promossa ed efficacemente realizzata l'applicazione della redenzione agli uomini: al singoli come membra del Corpo mistico, all'intero Corpo mistico, agli uomini tutti ad esso ordinati. “Gesù ci ha amato - dice Paolo VI - fino a lasciarci il suo corpo e il suo sangue, la rinnovazione del suo sacrificio, la sua presenza misteriosa e reale, il pane della vita eterna, il memoriale della sua passione, il pegno della risurrezione finale...» .(Corpus Domini, 5.6.1969).

Concludiamo con l'invocazione con cui lo stesso pontefice chiude la sua enciclica sul Mysteriurn Fidei: “Che il benignissimo Redentore -, il quale già prossimo alla morte pregò il Padre perchè tutti gli uomini che avrebbero creduto in Lui diventassero una cosa sola, come Egli e il Padre sono una cosa sola, - si degni di esaudire al più presto questo voto nostro e di tutta la Chiesa: che cioè tutti con una sola voce e una sola fede celebriamo il mistero eucaristico e, fatti partecipi del corpo di Cristo, formiamo un sol corpo compaginato con quegli stessi vincoli con i quali Egli lo volle formato" (§ 39).

 

Non cattolico. Conoscerai certamente i nostri gruppi di evangelici, specialmente i Pentecostali. Ebbene, sappi che in questi gruppi i miracoli avvengono quasi tutti i giorni quando si è in preghiera. Molte sono le persone che guariscono da mali fisici e anche spirituali.

 

Cattolico. E tu sei convinto di questi miracoli; anzi, io so che molti di voi si convincono delle loro “verità” proprio in base a tali "miracoli”.

 

Non cattolico. Certo, certissimo, è Gesù, è lo Spirito Santo che sono presenti in mezzo a noi.

 

Cattolico. In merito ho da farti fare delle riflessioni molto valide, le quali ridimensionano molti fatti.

 

Non cattolico. Suggeriscimi queste riflessioni che potranno servire anche a me nella valutazione dei fatti.

 

Cattolico. Dopo la prima conversione in prigionia, uno dei miei più cari colleghi, certo Mimmo Buonaccorsi, laureato in lettere e filosofia o anche in giurisprudenza, di Catania, ormai deceduto da alcuni anni, vedendo il mio entusiasmo per la fede donatami da Dio, provò, egli che era scettico, a mettermi in difficoltà e mi pose questa domanda: “Tu dici che la religione Cristiana è la Verità piena, per tante ragioni storiche e anche per i segni

straordinari e miracolosi che in essa sono avvenuti e avvengono. Ebbene, io leggendo Orazio (se non erro, Buonaccorsi era uno studioso e conosceva molto bene i classici latini) ho trovato questo fatto: un poveruomo ammalato e mal ridotto si rivolse al suo dio

(forse Giove) e guarì. Quindi i miracoli avvengono anche altrove". Io senza neppure scompormi, gli, risposi: “Tu ti meravigli?". E lui: "E tu non ti meravigli?". Io no. E perchè? Perchè quel Dio che ha creato il cielo e la terra, me e te, aveva anche creato quel poveruomo. Forse era anche un buon uomo e pieno di fede nel suo dio che credeva vero. E perciò Dio gli fece la grazia della guarigione.

Ma queste grazie possono ottenersi da chiunque è in buona fede e sinceramente prega. La vera preghiera arriva all'unico vero Dio. Quindi, io non mi meraviglio se sento parlare di guarigioni che si ottengono nei vari gruppi di preghiera, anche se di estrazioni diverse e contrastanti. Non troverai però i miracoli che ti ho raccontati io sull'Eucaristia o sulla Madonna di Guadalupe.

Perchè tu possa meglio convincerti di quello che sto dicendo voglio segnalarti alcuni pensieri di D. Pietro Canova, esperto del fenomeno delle sétte in America Latina e membro del Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria tra le Chiesa (CUM).

Il termine “Pentecostale" esprime una realtà molto complessa. L'uso indiscriminato di questo termine può ingenerare confusione e dare origine a tutta una serie di equivoci. I movimenti pentecostali si trovano oggi in una fase esplosiva soprattutto in USA, ove essi sono nati all'inizio del secolo. Secondo Vernette, nel 1987 gli aderenti ai vari gruppi pentecostali sparsi nel mondo sarebbero stati oltre 50 milioni.

Il movimento pentecostale è da situarsi nel contesto dei movimenti di "rinnovamento" che si incontrano nella storia del cristianesimo soprattutto nelle chiese uscite dalla "Riforma" protestante. Si può dire che le origini del Pentecostalismo risalgono ai Quackeri e ai Metodisti. Secondo molti storici il movimento pentecostale sarebbe nato all’inizio del nostro secolo nella "Bethel Healing Home" (Casa di Cura di Bethel) di Topeka (Kansas).

La corrente pentecostale si sparse come una valanga, come un lampo non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa, particolarmente in Scozia soprattutto presso le chiese dei Metodisti e dei Battisti.

I nuovi movimenti, a causa della loro effervescenza, saranno ben presto esclusi dalle loro chiese d'origine e si organizzeranno in comunità autonome. Secondo altri storici, il movimento pentecostale sarebbe sorto in una Chiesa metodista vecchia e abbandonata situata in Azura Strect a Los Angeles (USA) ... Colui che avrebbe ricevuto per primo "il battesimo dello Spirito" sarebbe stato un cristiano nero, il predicatore Seymour (1906-08). Ma verso il 1908, i bianchi iniziarono a separarsi dai neri. La "Chiesa di Dio in Cristo” composta quasi esclusivamente di neri, si differenzia dall'Assemblea di Dio che in USA è costituita per lo più di bianchi. Questa differenza non è solo di carattere sociale, ma soprattutto politico. Il gruppo pentecostale dei bianchi nordamericani, fin dalle origini, ha dato particolare importanza al "battesimo nello Spirito Santo", al dono delle "lingue" e delle "guarigioni".

I pentecostali, in genere, proclamano la loro fede con una convinzione e una sincerità tali da impressionare in modo particolare la gente umile e semplice.

Nel 1914 nasce l'Assemblea di Dio la prima e la maggiore organizzazione pentecostale nel mondo e anche la più dinamica.

A partire dal 1912 si notano dei tentativi embrionali di "Conferenze pentecostali" a carattere internazionale.

A partire dagli anni '50 il movimento USA contagia le Chiese protestanti storiche e la Chiesa cattolica provocando in essa una “pentecostalizzazione", provocando cioè dei gruppi pentecostali nel loro interno (movimenti neo pentecostali).

Il neopentecostalismo nasce in modo particolare nelle confessioni cristiane più tradizionali a partire dagli anni '50: nella chiesa episcopaliana (in California, nel 1958), nella Chiesa luterana (USA, 1962), nella Chiesa presbiteriana e in quella cattolica (USA, 1967). I neo-pentecostali restano fedeli alle chiese. in cui sono nati, e questo fa si che non siano giudicati alla stregua delle sétte.

Nel 1969 è iniziato un dialogo ecumenico tra il Segretariato per l'Unità dei Cristiani della Chiesa cattolica, i dirigenti di alcune chiese pentecostali e alcuni membri di comunità neo-pentecostali Tra i competenti c'è chi si mostra ottimista (Laurentin), e chi invece afferma che i progressi registrati finora sono stati irrisori (Delcio Monteiro de Lima).

Le caratteristiche e la forza dei movimenti neopentecostali sono insite nella loro "mistica”. Essi sono convinti che il "dono delle lingue" e, il "dono delle guarigioni” sia il segno caratteristico che lo Spirito Santo è disceso su di loro come in una nuova Pentecoste. Queste chiese sono per lo più costituite dal sottoproletariato urbano. Sono antirazionaliste, antintellettualiste; non hanno manuali teologici di carattere sistematico e astratto; anzi numerosi pastori pentecostali sono analfabeti.

La dottrina fondamentale è la Trinità di Dio. E' Gesù Cristo che salva. L'annuncio e la testimonianza sono doveri di tutti, non solo di alcuni specialisti. Le celebrazioni, anche se durano assai a lungo, sono sempre caratterizzate da molta vivacità.

In molti pentecostali si nota l'impegno a conoscere la Bibbia. Anche se spesso se ne fa una lettura di tipo fondamentalista. La vita morale parte dall'impegno di conversione e di santificazione. Si pratica un rigorismo etico simile a quello che si incontra in altre sètte: non fumare, non bere alcool, non assistere a cine e a teatri...

Tra i pentecostali vi è una ricerca appassionata di un contatto col divino, che si manifesterebbe in modo particolare con la "glossolalia" e con il dono delle "guarigioni". Tali credenze presentano caratteristiche molto ambigue e di carattere alienante. Si tenga però presente che tale atteggiamento, e soprattutto la "credenza" nelle "guarigioni" si riscontra anche in due altri fenomeni religiosi di massa, il cattolicesimo popolare e i culti afro-brasiliani. Inoltre, l’”alienazione" è un atteggiamento tipico delle masse.

1L’esperienza del "cadere dello Spirito” è vista da parecchi autori come "una perdita di coscienza di tipo egocentrico”. Essa obbedisce allo stesso simbolismo dell'altra esperienza del "parlare in lingue". Bartz e numerosi altri autori denunziano la Lettura Fondamentalista della S. Scrittura come un grosso limite del movimento pentecostale. "Già il fatto che i testi biblici vengano interpretati in maniera del tutto acritica, senza attenzione al contesto, e in modo prevenuto, comporta una prospettiva errata... Lo stesso vale per i carismi: il dono di guarire gli infermi, di profetizzare, di parlare enfaticamente in lingue misteriose, non può essere conquistato".

L’esperienza delle lingue, scrive Gelpi, è spesso male interpretata, a causa di informazioni errate o di inesattezze teologiche ... Si è tentati di considerare il dono dell'interpretazione delle lingue come un dono di traduzione. Se la glossolalia e la sua interpretazione fossero dono di questa specie, sarebbero davvero miracolosi. Ma i migliori studi linguistici sulla glossolalia indicano che le lingue parlate dai pentecostali non sono lingue nel senso stretto del termine e che non si può dimostrare che posseggono un vero vocabolario e una vera sintassi. Nonostante varie somiglianze superficiali con una lingua parlata, la glossolalia non è essenzialmente una lingua. Nessuno degli esempi studiati rivela caratteristiche tali da far pensare, anche lontanamente, a una specie, di sistema comunicativo.

La glossolalia, secondo Samarin, può essere alle volte un comportamento insolito o anomalo, ma non è affatto una grazia straordinaria, perchè è un fenomeno assai comune e per nulla miracoloso.