00 01/09/2009 08:49

6 - "Come si è formata la dottrina della Chiesa Romana?

 

La dottrina della Chiesa romana è il risultato di una lenta evoluzione che si è manifestata attraverso i secoli, man mano che essa si allontanava dall'insegnamento di Gesù Cristo e dei suoi apostoli".

 

Per rispondere adeguatamente a delle affermazioni così generiche, occorrerebbe un trattato di storia ecclesiastica. Si potrebbe così dimostrare che la Chiesa Cattolica, come ho avuto occasione di provare in qualche caso precedente, si è sviluppata sì, e come!..., ma rimanendo sempre uguale a se stessa e sempre unita ai "principi" che le hanno dato vita.

Le obiezioni avanzate non corrispondono alla realtà dei fatti. Studiando la Bibbia si può costatare che la dottrina cattolica è oggi come ieri, e come all'inizio del Cristianesimo sempre la stessa. Ciò che hanno affermato i primi papi è quello che afferma ancora oggi l'attuale regnante pontefice Giovanni Paolo II. La vera storia conferma che la dottrina nel suo evolversi, come quello di ogni altro corpo vivo e vitale, rimane sempre la stessa pur sapendosi calare nella sinuosità del tempo.

Io sono oggi, sostanzialmente, lo stesso essere di quando nacqui. Ma quale sviluppo ha subito tutto il mio corpo nella serie di tanti anni ... e quante manifestazioni nella mia persona, sostanzialmente identiche, ma anche notevolmente diverse da quelle della mia infanzia!.

Così la Chiesa di oggi crede a tutte le verità evangeliche rivelate da Cristo: al mistero trinitario, all'Incarnazione del Verbo, al Corpo di Cristo che è la Chiesa, una ed unica da Lui fondata su Pietro e sugli Apostoli, ai sacramenti da Gesù istituiti, ecc.

Insomma, la Chiesa Cattolica crede a tutto ciò che Cristo le ha affidato come prezioso deposito da custodire, difendere, vivere. E chi non crede a quanto Cristo ha stabilito con la Sua divina Parola, non può avere la pretesa di sentirsi a posto con la Parola di Dio.

Vorremmo chiedere al fratello Roberto Nisbet: quali sono le "deviazioni" della Chiesa Cattolica passate ed attuali?

Sarebbe interessante conoscerle per potere rispondere con la Bibbia alla mano. La vita ecclesiastica di duemila anni non ci segnala alcuna innovazione fino ad oggi.

Certo, molte cose sono state studiate, approfondite, meglio chiarite e capite col tempo. Ma ciò non ci autorizza a parlare di innovazioni vere e proprie. Sappiamo bene che Gesù ha precisato tante cose nei riguardi della “Sua" Chiesa: le porte degli inferi non avrebbero mai prevalso contro di essa; avrebbe avuto lo Spirito Santo che l'avrebbe guidata alla verità tutta intera; le avrebbe ricordato tutto quello che Egli le aveva detto; l'avrebbe assistita sino alla fine dei secoli; l'avrebbe resa colonna e sostegno della verità. Di tutto questo la Chiesa ringrazia umilmente "Colui che ha il potere di fare molto più di quanto possiamo domandare... a Lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli. Amen". (cf Ef 3,20-21).

Quindi, per essere precisi, si dovrà dire che la Chiesa è stata consolidata dal tempo se la sua dottrina è divenuta sempre più luminosa e, se si può dire, sempre più coerente e aderente alla Divina Parola.

Le precisazioni e la luminosità della dottrina nel tempo, rispondono alle leggi naturali dello sviluppo di qualunque organismo, di qualunque scienza, disciplina, dottrina. Tante verità, per se stesse ardue e difficili, sono state meglio assimilate e comprese col tempo. Tanto più quando si tratta dì Verità soprannaturali di cui la Chiesa di Gesù è custode e maestra.

La Chiesa fondata da Cristo non è una vecchia paralitica immobile o messa su una poltrona a rotelle. Essa è viva e vitale e la sua continua giovinezza, nonostante l'usura dei tempo e la sua navigazione non esente da burrascose tempeste, è costituita proprio dall'adesione perfetta a Cristo ed alla Sua Divina Parola.

Al fratello Roberto Nisbet domandiamo ancora: se la Chiesa Cattolica, non è anche quella apostolica, dove e in quale raggruppamento umano dovremo cercare la vera Chiesa di Cristo?

Noi sappiamo che molti fratelli non cattolici respingono tante verità bibliche, ossia cattoliche, per esempio, i Sacramenti. Eppure la Chiesa Cattolica risponde che al centro della comprensione dei Sacramenti, dei gesti e degli elementi che ne esprimono il significato, sta la fede nella Parola di Dio e nella persona di Cristo. Gesù ha fatto sue le immagini e i simboli dell'Antico Testamento e si presenta come Colui che salva proprio attraverso un simbolismo che diviene realtà.

La Pasqua di Gesù, che è anche "passaggio" dall'A. al N. Testamento, rende comprensibili quelle immagini e quei simboli biblici, grazie al dono e alla presenza dello Spirito Santo che rende i simboli parte viva dei Sacramenti e fa comprendere al cristiano il passaggio dalle radici bibliche all'albero che è Gesù, dal simbolismo biblico alla realtà viva che è Gesù, dalle fondamenta poste nella Bibbia all'edificio, che è

Gesù, con la Sua Chiesa e i suoi Sacramenti. In Gesù, infatti, "ogni costruzione cresce bene ordinata per essere tempio santo nel Signore; in Lui anche voi... venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef. 2,21- 22); "Stringendovi a Lui, pietra viva... anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale" (1 Pt 2,4-5.).

 

La Chiesa primitiva e l'epoca dei Padri sono intrise del profondo simbolismo biblico ed evangelico. Purtroppo l'epoca moderna, col protestantesimo, ha incrinato la continuità tra Bibbia e Vangelo, tra Gesù e Chiesa, tra fede e Sacramenti:

"i Sacramenti sono ormai incomprensibili", ha detto il teologo protestante"Rudolf Bultmann (1884-1976).

"Occorre dare il primato alla sola Parola di Dio" disse Lutero e tutti i suoi seguaci.

 

Ma intanto la Parola di Dio voluta e dIfesa dal protestantesimo diventa la 

parola dell'uomo , perché letta e interpretata personalmente ed arbitrariamente.

 

7. "Come viene chiamato l'imperio della Chiesa sulle anime?"

 

"Si chiama il clericalismo".

 

8. "Come ha avuto origine il clericalismo?"

 

"Il clericalismo ha due responsabili: il clero ed il popolo stesso.

Fin dalle più remote età vi è stato chi ha voluto servirsi della più delicata delle funzioni sociali, la religione, come di uno strumento, per imporsi non soltanto sui beni e sulla vita del popolo (come fanno i governi), ma addirittura sulla sua anima. Per ottenere questo risultato, il clero di tutte le religioni si è considerato al di sopra degli altri comuni mortali.

Il Concilio Vaticano II cosi ha decretato: "I laici, come tutti I fedeli con cristiana obbedienza prontamente abbracciano ciò che i sacri Pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono come maestri e rettori della Chiesa". (Costituzione dogmatica sulla Chiesa, 37).

E il regnante pontefice aggiunge: "Chiunque pretendesse di agire senza la gerarchia o contro di essa nel campo del padre di famiglia, sarebbe paragonabile a un ramo che si atrofizza, se non è unito al tronco che gli comunica la linfa" (Paolo VI al III Congresso mondiale dei laici, citato da Docum. Cathol, 5 nov. 1967).

 

Così il clero ha il coraggio di attribuirsi quel che Gesù Cristo diceva di se stesso (vedi Giovanni 15,4 e ss.).

 

Fin qui l'autore.

 

Faccio una premessa che è anche una dichiarazione valida per tutto quello che ho scritto finora e che scriverò in seguito: i libri del non cattolici vengono scritti con lo scopo specifico di diffonderli largamente. Chi li scrive generalmente sa che c'è in giro molta ignoranza religiosa, per cui - così come sono compilati - essi potranno impressionare le persone "sprovvedute" ed ottenere l'effetto voluto: crisi, dubbi e anche perdita della fede.

Personalmente ho dovuto costatare che anche lì dove i "non cattolici" hanno richiesto - almeno a parole - una risposta alle loro domande, non ne hanno tenuto conto quando essa è arrivata, ed hanno continuato a diffondere la stessa stampa e a scrivere: “finora nessuna risposta ci è pervenuta da parte dei cattolici”. E chi ha loro risposto ha anche fatto presente che alle loro domande, insidiose e spesso antibibliche o extrabibliche, la Chiesa Cattolica ha già risposto da molti secoli.

 

E ora mi accingo a dare una breve risposta ai due punti presi in considerazione, i quali possono riguardarsi come un'unica obiezione.

Già Il Tommaseo scriveva: “Abusano della parola clericale (clericalismo) in senso di disprezzo per notare di biasimo non solo il clero e chi parteggia umanamente per esso, ma anche chi professa credenze religiose”. Nicolò Tommaseo aveva già notato la confusione che facevano quelli che si proclamavano liberali: non soltanto cercavano di gettare il discredito contro avversari politici, ma prendevano di mira i credenti che intendevano di essere cattolici sinceramente senza scendere a patti con l’indifferentismo o a nuove teorie. Questa confusione tra concetto politico e religioso 

continuò... Il Panzini a sua volta scriveva: "Dopo il 1370 “clericali”, furono chiamate le persone e le associazioni che si proponevano di lottare per la rivendicazione dei diritti della S. Sede.

Dopo l'elezione di Pio X al pontificato, accedendo i clericali alle urne, il nome "clericale" fu dato a coloro che vagheggiavano un accordo tra il potere religioso e civile. Con il Concordato dell'11 febbraio 1929, la parola clericale fu meno usata ...

Eppure la parola "clericale", nel suo senso spregiativo non è caduta dall'uso.

Analoga sorte subì la voce "clericalismo che ne seguì i mutevoli significati. Ad esse corrisposero quelle di “anticlericale” e “anticlericalismo” ... usati dai nemici della religione, in particolare del Cattolicesimo. Questa avversione si nota facilmente anche in persone che dicono di rimanere ossequianti alla fede.

Attualmente "clericalismo" é piuttosto riferito al clero che si ingerisce in fatti e avvenimenti politici. Da non dimenticare, però, che oggi molti accusano facilmente di clericalismo la religione cattolica e i suoi rappresentanti, quando essi si levano a deprecare atteggiamenti politici e giuridici che sono evidentemente contro la morale evangelica, ossia contro il singolo, la famiglia e la nazione. In questi casi, l'intervento religioso non è ingerenza politica, ma necessario e doveroso per salvare il vivere morale e religioso della società.

Finora, come vedete, non ci siamo ancora imbattuti in nessuna definizione che ti fa sapere che "clericalismo" è l’imperio della Chiesa sulle anime.

Nei documenti ecclesiastici spesso troviamo precisato che il pontefice è il “Servo dei servi di Dio”, e tutti gli altri, vescovi e sacerdoti devono ascoltare, assistere, aiutare, istruire i fedeli, ma sempre in atteggiamento di servizio, come appunto ci comanda Nostro Signore Gesù Cristo. Purtroppo, quasi tutti conosciamo la demagogia e la dittatura che esiste nelle sette e in tanti raggruppamenti non cattolici.

Si sa che Lutero, pur predicando, a parole, il libero esame, voleva che tutti si assoggettassero alla sua interpretazione biblica... arrogandosi così, di fatto, l'infallibilità! ... Tanto che un suo contemporaneo, Sebastiano Frank, scrisse scoraggiato: “Perfino sotto il Papato c'era maggiore libertà”.

Si sa poi che Calvino chiedeva la pena di morte per gli eretici, cioè per coloro che dissentivano da lui: egli fece bruciare vIvo il suo avversario teologico Serveto.

 

Questi sono, generalmente, i metodi dei non cattolici, per cui il Lessing diceva: “Se si giunge al punto di fare altrettanti Papi infallibili dei nostri ministri e pastori luterani, sono io il primo a barattare questi “papetti” col solo Papa Cattolico“.              (cf Catechismo agli adulti di Msg. B. Castegnaro, I Vol. pag. 471, Ediz. G. Galla, Vicenza).

A tal riguardo, tutti conoscono le aberrazioni dei Testimoni di Geova.

 

Ho già detto che "clericalismo", da quanto risulta da informazioni storiche e da quello che comunemente si sa, non significa “imperio sulle anime”,  ma piuttosto ingerenza del clero nella politica. La parola è anche usata dagli anticlericali in senso negativo, ossia dispregiativo.

Un cristiano che conosce il Nuovo Testamento sa benissimo che Gesù ha predetto che la Sua Chiesa sarebbe stata, come Lui, segno di contraddizione e sempre perseguitata.

Un cristiano che appartiene alla Chiesa di Gesù sa anche bene, specialmente dopo l'avvento del Protestantesimo, che il distintivo cattolico della “persecuzione” gli viene regalato non solo dal miscredenti e dagli infedeli, ma anche, e principalmente, dai fratelli ex cattolici o cristiani non cattolici. Di tutto ciò il buon cristiano non si meraviglia, ma ringrazia il Signore perché sa che “Un discepolo non è da più del Maestro, né un servo da più del suo padrone” (Mt 10,24).

Forse tutto quello che ho detto finora sull'argomento che sto trattando non si accorda con quello che dice il fratello R. Nisbet, ma sembra che risponda più esattamente a quello che comunemente è conosciuto, se non da tutti, almeno dai Cattolici.

Leggendo, infatti, l’Avvenire di Domenica 11 febbraio 1990, p.13, vi trovo proprio un richiamo del regnante Pontefice Giovanni Paolo II ai Vescovi del sud Brasile. Riferisco quanto vi leggo:

“il coinvolgimento politico è una forma di clericalismo”. La promozione umana “è uno dei fini specifici della Chiesa”, ma non si deve mai dimenticare che “il suo fine essenziale e la sua legge suprema è la proclamazione del Regno di Dio e la sua estensione alle anime”. Per cui il suo coinvolgimento “nei problemi socio-economici e nella vita della comunità politica” dovrà essere sempre e comunque “una conseguenza o un corollario della sua missione originaria”.

Pensare, parlare e agire con atteggiamento diverso, sarebbe una forma di clericalismo che appare, oggi più che mai, “anacronistica”.

Lo ha affermato ieri Giovanni Paolo II, nel discorso rivolto a 17 vescovi della Regione ecclesiastica del sud del Brasile, venuti a Roma per la quinquennale visita "ad limina"... Il Papa ha detto pure di condividere la preoccupazione dei vescovi brasiliani per la promozione umana nel Paese, ma essa non deve divenire motivo esclusivo dell'azione della Chiesa. Sarebbe “pericoloso” se in essa si introducessero “ideologie estranee al messaggio evangelico”. Non che la Chiesa, nella sua opera di salvare le anime debba dimenticare la realizzazione terrena dell'uomo. Anzi, di fatto, si sa quanto l'umanità deve alla Chiesa nella difesa dei diritti umani: la promozione umana è uno dei fini specifici della Chiesa.... Il Papa ha concluso il suo discorso ribadendo che non bisogna dimenticare la distinzione e l'autonomia tra il potere temporale e quello spirituale e che altra cosa, rispetto a tale distinzione, è l’impegno del laicato cristiano nell'attività economica e sociale.

 

Chiedo scusa della lungaggine della citazione, ma mi è sembrata opportuna per rendere più chiare le mie idee e quelle degli altri.

L’imperio sulle anime, così come è inteso dal fratello Nisbet, forse non è esente da tante religioni, e specialmente dai gruppi staccatisi dalla Chiesa Universale. La Chiesa Cattolica ringrazia umilmente il Signore per averle fatto il gran dono di "servire le anime" sforzandosi dì imitare lo stesso amore di Cristo.

Se volessi elencare il "servizio" reso dai papi alle anime dovrei riempire molte pagine.

I Papi già canonizzati sono oltre settanta; di essi molti sono martiri. La storia del Papato, passa attraverso secoli che, furono di gloria e talvolta anche di orrore, di tempesta, ma anche di tranquilla navigazione. I papi si sono moltiplicati nella loro successione: ma per essi, con essi e, in essi sempre Lui, Gesù Cristo. In essi e in Lui, indubbiamente i titoli dell'autorità sono assai diversi; essi capi per delega, per missione vicaria; Lui, capo per natura. Ma da essi e da Lui una identica autorità. L'uomo non è che uno strumento, il mezzo di cui si serve Gesù per prolungare visibilmente la sua azione. Si tratta di arrivare al Capo invisibile attraverso il capo visibile. Attraverso il Papa, oggi come ieri, ci vengono manifestati i desideri, gli ordini, gli insegnamenti dell'unico Maestro.

Detto questo, possiamo anche ricordare qualche disposizione del Concilio Vaticano II.

Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, detta “Lumen Gentium” (L.G.) al n. 36 leggiamo che Gesù ha comunicata la Sua potestà “ai discepoli,  perché anch’essi siano costituiti nella libertà regale e con l'abnegazione di sé... anzi, servendo Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza, conducano i loro fratelli al Re, servire il quale è regnare”.

I fedeli laici ... con la loro vita devono far in modo che “il mondo sia imbevuto dello spirito di Cristo”... “Così Cristo, per mezzo dei membri della Chiesa, illuminerà sempre di più col suo salutare lume l'intera società umana...”.

... “Così agendo i fedeli laici impregneranno di valore morale la cultura e le opere umane”... “In questo modo il campo del mondo è meglio preparato per il seme della parola divina, e insieme più aperte sono le porte della Chiesa, per le quali l'annuncio della pace entri nel mondo”.

Al n. 37 è detto che “I laici come tutti i fedeli, hanno il diritto di ricevere abbondantemente dai Sacri Pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola di Dio e dei sacramenti; ed essi manifestino quindi le loro necessità e i loro desideri, con quella libertà e fiducia, che si addice ai figli di Dio e a fratelli in Cristo”,  dimostrando sempre “riverenza e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio rappresentano Cristo”.

“I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i Pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono come maestri e rettori nella Chiesa, seguendo in ciò l'esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte, ha aperto a tutti gli uomini la via del la libertà dei figli di Dio. Né tralascino di raccomandare a Dio con le loro preghiere i loro superiori, affinché, dovendo essi, come responsabili, vegliare sopra le nostre anime, lo facciano con gioia e non gemendo“.

(Ebrei 13,17: “Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi”.)

 

E' strano che ci siano di quelli che si scandalizzino che il Conc. Vat. II possa ricordare ai fedeli il dovere dell'obbedienza quando è la stessa Parola di Dio che ci richiama a tale dovere.

S. Pietro e S. Paolo ci dicono che noi cristiani dobbiamo "essere sottomessi ai poteri civili" (Rm 13,1-7), "ai nostri padroni e agli anziani" (1 Pt 2,18- 20; 5,5-7); "a ogni istituzione umana" (1 Pt 2,13-17); "ai magistrati e alle autorità" (Tt 3,1). Credo che sia lecito trarre la conseguenza che il cristiano debba ancor più obbedire al Vangelo (Rm 10,16). S. Paolo (Rm 6,17) rendeva "grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento che vi è stato trasmesso", e per i disobbedienti arriva sino alla minaccia e ai castighi. Egli così si esprime: "Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni..." (2 Ts 3,14). Egli fa presente che la rivelazione é annunziata "mediante le scritture profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede..." (Rm 16,26; cf anche Rm 1,5 e 15,18). Tutti dobbiamo “obbedienza alla Verità” (1 Pt 1,22), e dobbiamo essere sottomessi alla Chiesa (ossia ai capi), come "la Chiesa sta sottomessa a Cristo" (Ef 5,24).

Tutti sappiamo che Gesù ci ha dato l’esempio. Egli disse che "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire" (cf Mt 20,28). La stessa cosa Gesù l'ha insegnata al suoi discepoli: “chi vuole essere il primo sia il servo di tutti” (Mc 9,35); e in Lc 22,24 -26, leggiamo: "... I re delle nazioni... e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia cosi; ma chi è più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve".

In conclusione, vorrei far presente a quelli che non lo sanno o lo dimenticano che: "Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna“. L'autorità "è al servizio di Dio per il tuo bene" (cf Rm 13,1-4).

Non voglio giudicare nessuno. Ma quale sorte toccherà a chi non obbedisce

all'Autorità stabilita da Dio per mezzo di Cristo? A quelli che la disprezzano? Sentiamo Gesù stesso che parla ai suoi apostoli: "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato ... E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi miei piccoli, perché è mio discepolo in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa" (Mt 10,40-42).

E ancora: "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato" (Lc 10,16).

 

Mi sembra che Gesù, nel comunicare i suoi poteri agli Apostoli, abbia ben precisato i loro doveri e quelli di coloro che crederanno in Lui “per la loro parola” (cf Gv 17,20). Inoltre i suoi apostoli e, quindi, anche i loro successori, sono "consacrati nella verità" (Gv.17,16-18). Tanto più  che Gesù ha promesso di restare sempre con loro "tutti i giorni, sino alla fine del mondo", e questo dopo aver loro comunicato tutti i suoi poteri avuti dal Padre in Cielo e in terra..." (cf Mt 28,18-20).

Forse il fratello R. Nisbet nello scrivere ha dimenticato che Gesù, oltre gli Apostoli, ha costituito suo principale rappresentante sulla terra, con potestà vicaria, l'Apostolo Pietro, sul quale, quale roccia nella fede, aveva fondato la "Sua" Chiesa; al quale aveva ingiunto.di "confermare i fratelli nella fede"; al quale aveva ancora perentoriamente comandato di "pascere" i suoi agnelli e le sue pecorelle, cioè tutto il “Suo” gregge. (cf Mt 16,16"20; Lc 22,31-32; Gv 21,15-17).

Così dopo tutte queste citazioni bibliche, è facile comprendere che il richiamo del Conc. Vat. II ai fedeli tutti di rimanere obbedienti alle disposizioni che loro vengono date in umile servizio e in obbedienza a Cristo, non costituiscono una usurpazione di poteri, in quanto la Chiesa, nei suoi rappresentanti e nella sua gerarchia ha le funzioni di Cristo perché "Dio ha affidato a noi il ministero della riconciliazione ... noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro" (2 Cor 2,18-20).

In conclusione, non obbedire alla Chiesa Cattolica, in quanto organo istituito da Cristo, significa non obbedire a Cristo stesso. Chi dunque si sottrae alla obbedienza attenta, più o meno coscientemente, alla struttura stessa data da Cristo alla sua Chiesa, e impugna lo STATUTO DIVINO dell'autorità nella Chiesa.

Torno a ripetere non intendo giudicare nessuno, tanto più che molto spesso c'è chi cade nell'errore per semplice ignoranza e, quindi, resta in buona fede. Ciò ci fa facilmente comprendere che l'errante, se serve il Signore con cuore sincero e umile, può essere più gradito a Dio di chi è nella Verità ma non la vive rettamente e umilmente. Io mi auguro che molti fratelli non cattolici possano trovarsi in tale buona fede e godere così dell'amicizia di Dio. Auguro, però, a tutti quelli che sono staccati dalla Chiesa Madre voluta da Cristo o che per diretta successione apostolica vive da duemila anni con i segni inconfondibili di una santità ammirabile e meravigliosa, il dono dell'umiltà senza il quale non credo che possano essere giustificati dinanzi a Dio.

Per finire: anche un pagano, Cicerone, aveva capito che l'obbedienza dovuta all'autorità è vera libertà. Egli ha scritto: "Servi facti sumus legum, ut liberi esse possimus" (Siamo fatti schiavi delle leggi affinché possiamo essere liberi).

Dopo tutto, è sempre bene ricordare che come Cristo, la Chiesa è stata è e sarà sempre segno di contraddizione.

 

Le obiezioni nn. 9 e 10 suonano così.

 

 

9. “Perché diciamo che anche il popolo è responsabile del clericalismo?”

 

"Anche il popolo è responsabile dei giogo che l'opprime, perché la maggioranza non ha la volontà di pensare profondamente la propria religione. Molti,  per paura e soprattutto per pigrizia mentale, preferiscono delegare al clero la facoltà di pensare per loro.

Accettando il giogo del clericalismo, essi si illudono di essere liberati dalla responsabilità. Ma Lutero era nel giusto, quando scriveva: “Tu stesso, tu solo ti devi convincere, ti costi magari la vita. E perciò Dio stesso, nell'intimo del cuore, dovrà dirti che questa, e proprio questa è la sua Parola divina, altrimenti tu non sarai mai sicuro”  (Il Protestantesimo ieri e oggi,  A. Piolanti, Ediz. F. Ferrari, 1958, p. 1227).

 

10. “Perché non accettiamo l'imposizione del clericalismo?”

 

“Se rifiutiamo l'imposizione del clericalismo non è per un orgoglioso senso di indipendenza spirituale, ma perché, per mezzo di Cristo, abbiamo la possibilità di avvicinarci direttamente a Dio, come un figlio parla a suo padre, come un amico parla al suo amico.

Quando l’apostolo Paolo scriveva: “Per mezzo di Cristo e gli uni e gli altri abbiamo accesso al Padre" (Ef 2,18) non ha voluto dire cha abbiamo accesso a Dio per mezzo di un clero”.

L'autore continua nell'equivoco e insiste a dare alla voce “clericalismo” esclusivamente il significato da lui voluto e programmato: “imposizione da parte della Chiesa Cattolica, l’imperio sulle anime”.

Ripeto, né la storia, né l’esperienza di ieri e di oggi”, ci parlano di questa “imposizione imperialistica”.

Forse io posso comprendere – almeno in parte - l'autore del libro, e quello che, ribellatisi alla Chiesa di Dio, hanno creduto e credono a tale significato.

Quando io ero cristiano-credente, quasi soltanto anagraficamente, ossia per tradizione ed eredità, per giustificare la mia vita, “poco cristiana”, pensavo che il Papa e i preti avessero addirittura inventato qualcuno dei dieci comandamenti; non solo, ma mi dicevo: “se io cerco di diventare cristiano come vuole la Chiesa, éssa mi metterà i ceppi ai piedi, le catene alle mani e le bende agli occhi, e sarò quindi, un handicappato, perderò la mia libertà”.

Mi sembrava ancora, che alla richiesta di una vita facile, la Chiesa mi avrebbe risposto: “questo non lo puoi fare, quest'altro non lo puoi fare... e quest’altro neppure...”. Al che, tra me e. me, rispondevo: “E allora, perché vivo?”

Fu per questa ragione che ho vissuto per 37 anni circa ai margini e in contrasto con la Chiesa di Cristo. Senza saperlo, l'ho capito dopo la conversione, io mi ribellavo alla vita evangelica, sotto la scusa di rifiutare le norme della Chiesa. La stessa cosa      - anche se non per le stesse ragioni - fanno i fratelli non cattolici: essi si ribellano alla Chiesa perché sanno (o non sanno?) che essa è “l'umile serva della Parola di Dio”.

Chi afferma che Lutero è nel giusto quando consiglia il soggettivismo, ossia la sola interpretazione personale della S. Scrittura, fomenta - forse inconsciamente - la ribellione alla volontà di Dio. L'errore grave che s'inculca è quello di rifiutare la funzione della Chiesa di Cristo, la quale non si ritiene e non è certamente superiore alla Parola di Dio, ma ancella di essa, Parola che deve custodire (1 Tm 6,20), diffondere inalterata (Mt 28,18-20), e difendere da tutto ciò che può inquinarla, alterarla, manometterla. Il far dipendere la Parola di Dio, la rivelazione divina dal singolo significa relegarla nel campo della soggettività, mentre essa è - per sua natura- eminentemente “oggettiva”.

La personale incredulità non intacca le realtà delle verità della fede. L'autorità, divinamente costituita, garantisce l'autenticità della Parola di Dio dai facili dispareri dei singoli.

Strano che né Lutero, né l'autore del libro mostrano di conoscere il proverbio latino: “Nemo in sua causa idex” (=Nessuno è giudice in causa propria). Perciò San Agostino ha potuto logicamente affermare: “Non crederei al Vangelo se non me lo dicesse la Chiesa”.

Non ho mai saputo che le leggi civili siano lasciate all'arbitrio di privata interpretazione. E' chiaro che come un corpo di competenti, scelti ed autorizzati dallo Stato, non viene posto al di sopra ma a servizio della legge, così, proprio secondo il pensiero di Cristo, fa il Magistero ecclesiastico che è al servizio della divina Parola.

Ho parlato altrove del "peccato originale" del Protestantesimo: esso consiste appunto, nell'arbitrio del soggettivismo, nei confronti della divina Parola.

Nel libro di E. Comba “cristianesimo e cattolicesimo romano”, Ed. Claudiana, Torino, leggiamo: “tutti i fedeli possono ed hanno il diritto di interpretare le S. Scritture – quando bene inteso – si trovano (e quando si trovano??…) nelle condizioni spirituali che le S. Scritture medesime richiedono ed indicano” (pag. 34).

A pag. 13 è detto: “sempre avviene una rivelazione divina nella coscienza umana religiosa, è pertanto l’organo della rivelazione divina, non ve ne sono altri”.

Ora, ringrazio il fratello R. Nisbet che mi fa conoscere le parole di Lutero così interessanti e veramente da meditare: “Tu stesso, tu solo ti devi convincere, ti costi magari la vita. E perciò Dio stesso, nell’intimo del cuore, dovrà dirti che questa, e proprio questa, è la Sua divina Parola, altrimenti non sarai mai sicuro”.

Ecco qui, ripeto, “il peccato originale” del protestantesimo. Ho voluto riferire una seconda volta queste parole con la speranza che aprano la mente a qualche fratello non cattolico, sbloccandolo dall’incrostazione dei pregiudizi.

E’ tutto qui il protestantesimo: il rifiuto dell’autorità stabilita da Dio e, quindi, il rifiuto della stessa Parola di Dio.

Grazie a Dio, io ho una certezza non matematica, ma soprannaturale della Verità divina. Di questa certezza ringrazio il Signore, e Lo ringrazio ancora di più perché con la Sua Parola mi garantisce la Verità per mezzo della Chiesa “Colonna e sostegno della Verità” (1 Tim 3,15); Chiesa che è Sposa e Corpo di Cristo, Suo prolungamento, l’unica che per mezzo di “Pietro” mi conferma nella fede; che con le sue “Chiavi” mi assicura il regno dei Cieli”; e che col “bastone” del suo Pastore mi pascola con erba fresca e non avvelenata dall’errore proveniente dall’arbitrio e dalla superbia.