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Capitolo VII

IL PURGATORIO

Circa l'esistenza nell'aldilà da, di questo luogo o meglio di questo stato di purificazione delle anime nell'attesa di essere ammesse alla visione beatifica di Dio, dichiarata più volte verità di fede dalla Chiesa Cattolica, in campo protestante c'è il più netto rifiuto. "Il Purgatorio - leggiamo a pag. 17 dell'opuscolo - è una pura invenzione della Gerarchia Romana, non essendovi di esso neanche l'idea nel Nuovo Testamento. Tale dottrina è in contraddizione con le parole di Cristo, che dice che i suoi credenti vanno direttamente in Paradiso quando muoiono" (Lc.23:43; Gv.14:3).

E' anche un insulto alla efficacia del Sangue di Cristo che ci purga da ogni peccato (Gv.1:7). Questo (il Sangue di Cristo) è il vero Purgatorio evangelico, e non il Purgatorio di fuoco".

A vieppiù screditare su questo punto la Chiesa Cattolica, i Protestanti hanno cercato di confondere le idee, precisamente come nella questione del culto delle immagini, dove per essi tutto, anche la semplice venerazione, è adorazione e quindi idolatria.

Non diversamente essi fanno riguardo al Purgatorio: confondono insieme i dati dommatici della Chiesa con altri elementi -, a volte solo tollerati - , che la pietà dei fedeli o la devozione popolare ha introdotto con rappresentazioni talvolta fantasiose ed arbitrarie: cose che nascono in gran parte dalla difficoltà che incontra la fede nel non sapersi spiegare le condizioni dell'uomo dopo la morte.

Ecco cosa intende la Chiesa cattolica quando parla di Purgatorio e di Inferno: in fedele adesione al Nuovo Testamento e alla Tradizione essa crede alla felicità dei giusti, i quali saranno un giorno con Cristo. Crede altresì che una pena attende per sempre il peccatore, il quale sarà privato per tutta l'eternità della visione di Dio con ripercussione di tale pena in tutto il suo essere. Crede, infine, per quanto concerne gli eletti, ad una eventuale purificazione che è preliminare alla visione di Dio ed è, tuttavia, del tutto diversa dalla pena dei dannati (Cfr. Dichiarazione della S.Congr. per la Dottrina della fede, del 17/5/1979).

Che questo luogo di purificazione o Purgatorio realmente esista, ce lo dice la stessa ragione umana appoggiata alla S.Scrittura. Dall'Apocalisse (21:27) sappiamo infatti che nella celeste Gerusalemme "nulla di men che puro può entrare": lo richiede

la giustizia di Dio prima di conferire il premio dell'eterna felicità. Ora sta di fatto che molti muoiono improvvisamente. Questi tali, se sono in peccato mortale e non hanno avuto tempo di pentirsi, vanno all'Inferno; se invece hanno avuto tempo e modo di pentirsi, all'Inferno non ci andranno più: il Signore misericordioso accoglie sempre il peccatore che si pente. Ma è anche vero che questi tali non hanno potuto in nessun modo far penitenza per i peccati commessi; come è anche vero che chi muore improvvisamente, anche se in grazia di Dio, non ha modo di pentirsi e di espiare per i peccati veniali; qualora ne abbia. Neppure per questo però egli andrà all'Inferno.

Adunque, all'Inferno no, perchè morti in grazia di Dio, in Paradiso no, perchè "nulla di men puro vi può entrare". Deve, per conseguenza, esserci un luogo, distinto dall'Inferno e dal Paradiso, dove le anime, passate di vita in grazia di Dio e non del tutto monde, abbiano la possibilità di purificarsi e rendersi degne di entrare nella patria beata.

Questo luogo di espiazione non solo non svalora il sacrificio della Croce, ma costituisce una tangibile espressione della infinita misericordia di Dio perchè in questo modo dà alle anime, non interamente monde, la possibilità di liberarsi dalle scorie del peccato espiando dopo morte la pena temporale dovuta alle loro colpe e che non hanno avuto tempo o modo di soddisfare durante la loro vita.

I nostri fratelli evangelici sono convinti che per essere ammessi al Paradiso basti aderire mediante la fede a Cristo; quanto poi all'espiazione dei peccati commessi - essi dicono - ha provveduto con sovrabbondanza Cristo: il sacrificio della Croce basta a soddisfare per i peccati di tutto il mondo!

Anche la Chiesa cattolica sa bene che Cristo ha soddisfatto con sovrabbondanza, ma sa pure che i suoi meriti infiniti, perchè siano all'individuo fruttuosi, debbono essere applicati caso per caso; come è pur vero che nell'ordine della Provvidenza è stabilito che anche noi, insieme con Cristo, dobbiamo operare la nostra salvezza. In ciò S.Paolo è molto esplicito: "Adempio in me ciò che manca (perchè fruttifichi) alla Passione di Cristo" (Col.1:24). E che cosa manca alla Passione di Cristo? Non certo l'efficacia di soddisfare essendo essa di valore infinito, ma manca l'applicazione al cristiano singolo, cosa che non può essere realizzata senza la sua libera accettazione e senza la sua personale cooperazione, proprio secondo il detto di S.Agostino; "Chi ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te".

Se dunque qualcuno - pur trovato alla morte degno del Paradiso - non si è unito durante la sua vita ai patimenti di Cristo e insieme a lui non ha soddisfatto completamente per i propri peccati, non avrà altra possibilità per andare in Paradiso che compiere queste espiazioni nel Purgatorio e ciò pur avendo Cristo soddisfatto abbondantemente per i peccati del genere umano.

Anche se nella Bibbia - come ci rinfacciano i Protestanti - non troviamo la parola "Purgatorio", c'è però, e in modo assai chiaro, la cosa che con tale vocabolo si vuole significare.

Nel libro II dei Maccabei - della cui ispirazione divina neppure i Protestanti dovrebbero dubitare dal momento che lo cita anche S.Paolo (Ebr.11:35) - l'esistenza del Purgatorio emerge in modo evidente. Ivi infatti si narra come il prode Giuda Maccabeo, trovati dopo una sanguinosa battaglia su alcuni cadaveri degli oggetti idolatrici, presi nei paesi conquistati, ordina di fare tra i presenti una colletta e invia la somma - dodici mila dramme d'argento - a Gerusalemme perchè vengano compiuti dei sacrifici nel tempio per ottenere il perdono di questo loro peccato alle anime dei soldati caduti valorosamente per la patria.

E come se questo già non bastasse a fare comprendere il dovere che i vivi hanno di venire in aiuto dei defunti, il sacro testo autorevolmente conferma che "santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perchè siano sciolti dai loro peccati"

(II Macc.12:43).

E fuori dubbio che qui si tratta di individui morti con sentimenti di pietà religiosa e nell'amicizia di Dio; venivano a trovarsi, per conseguenza, non già nell'Inferno e neppure - a causa del peccato commesso - in Paradiso, ma in luogo di espiazione ossia in Purgatorio, altrimenti non avrebbero potuto "essere sciolti dai loro peccati".

Nel Nuovo Testamento si leggono espressioni che ne presuppongono l'esistenza.

Così in Matteo (12:32) Gesù parla di peccati che non saranno rimessi "né in questo secolo né in quello futuro"; altrove ammonisce che "nel giorno del giudizio" gli uomini dovranno rendere conto di ogni parola oziosa che avranno detto" (Mt,12:36); e a più chiare note ci esorta in Matteo (5:25-26): Mettiti subito d'accordo col tuo avversario, mentre sei ancora con lui in vita; affinchè l'avversario non ti consegni al giudice, e il giudice alla guardia, e tu non sia gettato in carcere. In verità ti dico: Tu non uscirai finchè non abbia pagato sino all'ultimo spicciolo".

Ora, qual è questa prigione ove alla morte si va per espiare una parola oziosa, un fallo commesso e non riparato e dalla quale si potrà uscire solo dopo aver pagato fino all'ultimo centesimo, se non il Purgatorio?

Contrariamente a quanto affermano i Protestanti - che nell'altra vita, cioè, esistano solo il Paradiso e l'Inferno -, S.Paolo riconosce dopo la morte tre stati in cui ci si può trovare al giudizio particolare: "Ma nel giorno del giudizio - egli scrive nella sua prima ai Corinzi (3:13-15) -, Dio rivelerà quel che vale l'opera di ciascuno. Essa verrà sottoposta alla prova del fuoco, e il fuoco ne proverà la consistenza. Se uno ha fatto un'opera che supera la prova, ne avrà la ricompensa (il Paradiso). Se invece la sua opera sarà distrutta dal fuoco, egli perderà la ricompensa (cioè avrà l'eterna condanna).

Egli personalmente (se si trova in una via di mezzo) sarà tuttavia salvo, come uno che passa attraverso l'incendio".

E veniamo ora alla prima delle citazioni (Mt. 25:46) che gli autori dell'opuscolo - per dimostrare la loro tesi - fanno seguire alla domanda 76: "Che vi sia un Purgatorio, come luogo intermedio tra il Paradiso e l'Inferno? ".

In questo passo il Vangelo presenta, è vero, solo questi due stati eterni, ma essi sono conseguenti al giudizio universale quando - anche secondo la Chiesa cattolica - il Purgatorio cessa la sua funzione.

Anche il fatto che il buon ladrone (dom.78) sia passato direttamente al cielo (Lc.23:43) subito dopo la morte, nulla prova in contrario perchè a lui è bastato come purificazione dei suoi peccati la fortunata vicinanza a Cristo morente (spettacolo assai commovente e istruttivo) e le sofferenze della crocifissione e spezzamento delle gambe. Quel che vale per il suo caso - veramente singolare - non vale come legge generale.

Cosi pure il passo di Giovanni (14:3) nulla prova in contrario, perchè ivi si parla del ritorno di Cristo alla fine del mondo, quando gli eletti tutti entreranno al posto loro preparato da Gesù presso il Padre. Tra l'Ascensione del Risorto al cielo e il suo ritorno alla fine del mondo cosa impedisce infatti la purificazione di alcune anime dopo la morte? Giovanni ci insegna (1:7-9) che è Dio che purifica da ogni peccato, ma non dice il modo come lo fa per cui può essere anche mediante l'espiazione dopo la morte.

Quanto al Salmo (49:6-9) è ovvio che nessuno può acquistare la propria salvezza con denaro; ma è pur vero che l'elemosina - fatta nel modo voluto da Cristo nel Vangelo (Mt.6:1-4), cioè animata dalla carità (I Pet' 4:8) - purifica da ogni peccato, come viene assicurato in Tobia (12:9): "L'elemosina salva da morte e purifica da ogni peccato", e in altri numerosi passi biblici.

Quanto alla dom.81 è da precisare che le anime del Purgatorio non "esaudiscono le preghiere dei loro amici rimasti sulla terra", ma - in quanto anch'esse amiche di Dio - chiedono che tali preghiere vengano esaudite.Né si vede - dopo quanto è stato detto nel capitolo precedente alle dom.50 e 53 - perchè esse non possano essere aiutate dai viventi con preghiere, Messe, suffragi, elemosine ed altre opere buone per affrettarne l'ingresso in Paradiso.