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10. Che per queste prerogative fossero poi da S. Pietro trasmesse ai vescovi di Roma quali suoi successori fino al giorno d'oggi?

Che il compito affidato a Pietro non dovesse cessare con la sua morte, risulta anche dalle varie immagini usate da Gesù nei suoi riguardi. Ad esempio quella della "roccia" su cui Cristo avrebbe edificato la sua Chiesa affinchè "le porte degli inferi non prevalessero mai contro di essa". In ciò è evidente che o Pietro o la sua funzione non avrebbero mai dovuto venir meno sino alla fine del mondo.

11. "Che S. Pietro abbia mai chiesto o accettato doni per accumularsi un tesoro di argento o di oro, da chiamarsi "Tesoro di S. Pietro"?

12. "Che S.Pietro abbia mai accettato onori mondani .... ? (Atti 3: 6; 8: 10).

Nel Vangelo si raccomanda di tenere staccato il cuore dalle ricchezze e dai beni di questo mondo "Beati i poveri di spirito, perchè di essi è il regno dei cieli" (Mt.5:3), ma in nessun luogo si vieta al Sommo Pontefice di accettare offerte per le occorrenti necessità della Chiesa e delle sue opere benefiche. S. Pietro stesso e gli altri Apostoli accettavano ed amministravano denaro ed averi della comunità per distribuirli ai poveri e alle vedove, ed erano in così copiosa abbondanza che ne dovettero affidare il compito a sette diaconi (Atti 4: 32-37).

Del resto, anche lo stesso Collegio apostolico - con a capo Cristo vivente - aveva ed amministrava denaro proveniente dalle offerte, e Giuda - come ben sappiamo - ne era il cassiere.

Se nel medioevo - quando i poteri civili e spirituali non erano ancora ben definiti e i Pontefici erano costretti a difendere anche con le armi, specie durante le invasioni barbariche e musulmane, la fede e la civiltà cristiana salvando più volte Roma e l'Italia - regnanti pii e generosi fecero loro dono di vasti possedimenti formandone il cosiddetto "Patrimonio di S.Pietro", che ragione c'è di scandalizzarsi quando era questo che comportava la condizione dei tempi? E quello che dicesi oggi "Tesoro di S.Pietro" e gli stessi palazzi pontifici, coi tesori d'arte che contengono, son forse proprietà del Papa o non piuttosto patrimonio e vanto di tutta la cristianità?

Gli onori e gli omaggi, che secondo l'uso dei tempi e l'utilità pratica, come la sedia gestatoria (ormai anche questa abolita) o altro mezzo oggi più adatto nei grandi

affollamenti di fedeli, vengono prestati al Papa non in quanto persona ma come Vicario di Cristo, e tutti sappiamo che per onorare Cristo Gesù non si fa mai abbastanza. Comunque, si tratta sempre di comportamenti pratici, che possono variare col mutar dei tempi, e non di dottrine e tanto meno di verità di fede.

Capitolo III

IL PAPA

13. Che la parola Papa si trova nella Bibbia

Se è per questo, neanche il termine "Trinità" compare nella Bibbia, eppure gli stessi Evangelici lo usano tranquillamente, ne affermano la dottrina relativa e le rendono omaggio di lodi e di culto.

Il nome "Papa" non lo troviamo nella S. Scrittura, ma in essa è chiaramente indicato ciò che tale ufficio comporta nel governo della Chiesa.

Il termine (dal greco pàpas = padre) designava nei primi tempi l'ufficio del Vescovo in genere, ma poi fu riservato al solo vescovo di Roma. Che a Lui lo abbia affibbiato l'empio imperatore Foca nel 607 - come afferma l'opuscolo (pag. 7 e 22) - è frutto di pura fantasia. Lo troviamo infatti già due secoli prima di Foca. S.Pier Crisologo (+ 450) scrivendo al Vescovo Eutiche, condannato per le sue eresie, lo esortava ad eseguire quanto gli aveva imposto "il beatissimo Papa di Roma".

14. Che il Papa sia il successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa universale?

Stupisce che i Protestanti - dopo ormai venti secoli di cristianesimo, non sappiano ancora che il Papa è il successore del Principe degli Apostoli, cioè di S.Pietro, quando ciò - a parte che risulti chiaramente dal Nuovo Testamento - era pienamente notorio a tutta la Chiesa dei primi secoli. Fra le tante testimonianze basta qui addurre quella di S. Ireneo. Da giovane fu discepolo di S. Policarpo, vescovo di Smirne e discepolo di S. Giovanni l'evangelista. Fatto poi vescovo della Chiesa di Lione, in Francia, vi morì martire nel 169.

Ora ecco cosa scrive Ireneo riguardo al vescovo di Roma: "Poichè sarebbe troppo lungo enumerare le successioni dei vescovi di tutte le Chiese, basta indicare quale sia la tradizione della Chiesa più grande e più antica e più conosciuta da tutti, fondata e stabilita in Roma dai due gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo: la quale fede e tradizione, annunziata agli uomini dagli Apostoli, è giunta fino a noi attraverso la successione dei vescovi.

"E necessario che con la Chiesa romana, per la sua supremazia, siano congiunte tutte le Chiese, cioè i fedeli di tutte le parti...

"Gli Apostoli, dopo aver fondata e catechizzata la Chiesa, lasciarono a Lino la vigilanza ed il compito di amministrarla. Paolo ricorda questo Lino nella sua lettera a Timoteo (4;21). Gli successe Anacleto; dopo di lui, quale terzo successore, Clemente ottenne dagli Apostoli l'episcopato; egli vide gli Apostoli medesimi, conversò con loro e di essi udiva risuonare il messaggio e aveva dinanzi agli occhi la tradizione apostolica.

Ed egli non era il solo, poichè vivevano con lui ancora molti istruiti dagli Apostoli" (Adv. Haer. III,c. 3,2-3).

Come si fa, non dico a negare ma a mettere semplicemente in dubbio testimonianze così antiche e così autorevoli circa la successione dei Pontefici Romani da S.Pietro, che Ireneo continua ad enumerare con ogni precisione fino ai suoi tempi?

15. Che il Papa sia il "Successore del principe degli Apostoli, Sommo pontefice della Chiesa Universale"?

Ci dispensiamo dal rispondere alla prima di queste due domande avendo ciò fatto esaurientemente trattando di S. Pietro.

Se la Chiesa cattolica, nel corso dei secoli, ha parlato di sè, della sua origine, della sua missione e della sua autorità, cioè - come oggi si dice - a definirsi, non l'ha fatto mai

per vuota affermazione trionfalistica, ma sempre perchè costrettavi dagli assalti esterni e dalle sue crisi interne. Nel secolo scorso, per rigettare con tutta autorità gli errori della cultura moderna, che minavano le basi stesse della fede, ha dovuto riaffermare ufficialmente, nel Concilio Vaticano I del 1870, la dottrina del Primato del Vescovo di Roma e soprattutto dell'infallibilità pontificia.

Di questa singolare prerogativa, indispensabile al supremo magistero, Cristo ha sapientemente dotato la sua Chiesa perchè potesse custodire intatto da errori e validamente difendere il sacro deposito della fede. Senza tale carisma già da tempo la Chiesa avrebbe miseramente naufragato tra le mille insidie delle forze del male e delle eresie.

Fu lo stesso divin Fondatore che, nelle ore oscure dell'imminente passione, confidò a Pietro: "Simone, Simone, ecco satana ha cercato di voi per vagliarvi come si vaglia il grano. Ma io ho pregato per te affinchè non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto (l'avrebbe infatti da lì a poco rinnegato tre volte), conferma i tuoi fratelli" (Lc.22:31).

E' da questa preghiera del Figlio di Dio - ovviamente infallibile - e dalla promessa della sua continua assistenza che viene assicurata a Pietro, vivente nei suoi successori, l'infallibilità di magistero, sempre creduta ed ammessa dai fedeli fin dai tempi apostolici, ma dichiarata verità di fede nell'accennato Concilio Vaticano I.

In seguito a tale solenne dichiarazione si è gridato allo scandalo tra i nostri fratelli separati - come lascia intuire anche questa loro domanda -, e hanno erroneamente supposto che il Papa fosse stato dichiarato addirittura impeccabile, mentre una cosa è l'impossibilità di peccare e altra quella di non poter commettere errore: la prima preserva dalla colpa morale ed è dono della volontà; l'infallibilità invece, preserva dall'errore ed è dono dell'intelletto. Per il fatto che un Papa si rende reo di peccato non per questo resta compromessa la sua infallibilità, così come per il fatto che un giudice non osserva nella sua vita privata la legge, non segue che non abbiano valore le sentenze che pronunzia in tribunale.

Altri pensano che il Papa non possa mai sbagliare neppure quando tratta di questioni scientifiche, storiche, filosofiche o politiche. Non significa neppure che egli non possa errare in questioni ecclesiastiche stesse se parla o scrive come teologo o dottore privato.

L'infallibilità - secondo il Concilio - consiste propriamente in questo: quando il Papa parla ex-cathedra, ossia come Pastore e Maestro di tutta la Chiesa, in questioni di fede e di morale da tenersi da tutti i fedeli, egli in virtù dell'assistenza divina a lui promessa nella persona di Pietro - non può errare perchè non può compromettere gli interessi spirituali ed eterni delle anime. Tali sue definizioni sono irreformabili cioè infallibili per se stesse a prescindere dal consenso della Chiesa, dalle decisioni del Concilio o dal previo studio degli esperti e dei dotti.

Questa infallibilità, concessa da Cristo come un grande e singolare dono alla Chiesa docente (Papa e vescovi), si irradia anche sulla Chiesa discente in modo che tutta la Cristianità è chiamata a vivere nell'unità della verità.

I Protestanti vanno invece dicendo che essi hanno una Bibbia infallibile e questo loro basta. Ma a che vale avere una Bibbia infallibile se chi la interpreta non è poi infallibile?

Si deve evidentemente a questa mancanza di infallibilità e di unità di magistero se nel Protestantesimo regna oggi una miriade di chiese dai credi più diversi e contrastanti.