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1. Il testo del Nuovo Testamento, solida base della nostra conoscenza del cristianesimo;

tratto dall'Enciclopedia di Apologetica - quinta edizione - traduzione del testo APOLOGÉTIQUE Nos raisons de croire - Réponses aux objection

 

CAPITOLO I. - POSSIAMO CREDERE AI TESTI DEL NUOVO TESTAMENTO?

Tutti sanno che l'originale dei testi attribuiti a Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Giacomo, Giuda e Pietro, che formano il Nuovo Testamento, è perduto. Le più antiche copie frammentarie di una certa estensione non vanno oltre il principio del terzo secolo e i manoscritti contenenti il testo completo sono del quarto secolo.

Ci si può quindi domandare: che valore può avere un testo i cui originali sono perduti e che si fonda su copie apparse circa centocinquant'anni dopo la composizione degli originali?

La domanda è importante, perché il testo è fondamentale per la dimostrazione della divinità del cristianesimo e dell'infallibilità della Chiesa, prima ancora di servire, unitamente alla tradizione, come fonte per la conoscenza del dato rivelato.

Il problema però dev'essere considerato nel suo contesto. Il problema critico contemporaneo è soprattutto problema di critica letteraria. Ma un notevole numero di studiosi studiano il cristianesimo partendo dal presupposto che qualsiasi credenza nel soprannaturale sia il prodotto d'una facoltà fabulatrice innata di tutti i popoli e di tutti i tempi; negando la stessa possibilità del soprannaturale, dell'intervento di Dio sulla terra, dell'Incarnazione del Verbo e della Redenzione, tentano di spiegare i racconti sacri sezionando i testi in strati successivi risalenti fino al primo secolo, e come criterio di classificazione usano l'evoluzione religiosa e la dipendenza delle credenze cristiane dalle religioni dell'ambiente.

Il vero problema dell'apologetica contemporanea dunque si pone dapprima sul terreno filosofia) per sconfinare poi nella storia della composizione dei libri. Ma lo studio della trasmissione del testo ha tuttavia grandissimo valore perché con esso possiamo fissare la data con la quale terminò certamente la pretesa manipolazione dei testi, e inoltre giungere a conclusioni certe sul valore di questa trasmissione. La critica testuale mira a darci l'opera nella sua forma originale, o la più vicina ad essa, che aveva quando essa usci dalle mani dell'autore o dell'ultimo redattore. Le lettere di Paolo scritte tra il 51 e il 67, i Sinottici redatti tra il 60 e il 70, l'Apocalisse, il quarto Vangelo e le Lettere di Giovanni datate tra il 95 e il 100 sono pervenute a noi nel testo redatto da questi scrittori? Si dubita o si è d'accordo? Quali sono le ragioni della nostra certezza? Le voci del Vangelo sono pure, o sono mescolate a voci parassite? Tale la questione; ed ecco la risposta.

1. La testimonianza degli specialisti di critica testuale. - Gli studiosi che si applicano a ricostruire il testo originale e a studiarlo nella sua trasmissione attraverso le età, si trovano di fronte a circa duemilacinquecento manoscritti

I frammenti di manoscritti greci; inoltre devono tenere presenti le antiche versioni latine, siriache, copte, armena, georgiana e gotica; utilizzare infine i lezionari e le citazioni scritturali degli antichi autori ecclesiastici. Il lavoro di collezionamento constatò un totale incalcolabile di varianti, tanto che si parlò di centocinquantamila, e perfino di duecentosessantamila varianti. Basta una semplice occhiata ad un'edizione critica per constatare che è difficile citare un solo versetto della Bibbia il quale ci sia pervenuto nella stessa forma, nell'insieme della tradizione manoscritta. Malgrado il compito enorme, gli studiosi proclamano unanimi che il testo è sicuro. Ecco alcune significative testimonianze.

1) F. J. A. Hort, in B. F. Westcott, e F. J. A. Hort, The New Testament in thè Originai Greek, Londra 1907, t. II, p. 2, scrive: " La proporzione delle parole virtualmente accettate da tutti come fuori dubbio è molto grande e in cifra tonda costituisce non meno dei sette ottavi dell'insieme. Quindi l'ultimo ottavo, consistente soprattutto nel cambiamento dell'ordine delle parole e in varianti insignificanti, costituisce tutto il campo della critica. Se i principi seguiti nella presente edizione sono esatti, tale campo può essere molto ridotto. Riconoscendo il dovere di astenersi da qualsiasi decisione perentoria nei casi in cui

1 fatti lasciano il giudizio sospeso tra due o più lezioni, troviamo che, a parte le differenze d'ortografia, le parole che restano dubbie, secondo la nostra opinione, costituiscono soltanto un sessantesimo circa del Nuovo Testamento. In questa seconda valutazione la proporzione delle lezioni insignificanti è incomparabilmente più forte che nella prima, di modo che ciò che in qualche modo possiamo chiamare divergenza sostanziale rappresenta solo una piccola frazione
delle divergenze complessive e può formare appena la millesima parte del testo a. Questa testimonianza è di grandissimo valore. L'edizione di Westcott (1835- 1901) e Hort (1828-1892) fu preparata da trent'anni di lavoro in comune e fu fatta dopo la scoperta e i confronti di Tischendorf. Essa presentava una teoria sulla storia del testo, che oggi è superata, ma che per lungo tempo raccolse l'approvazione degli studiosi. Essa sostituì il testo ricevuto con un testo riveduto che, nonostante le feroci opposizioni incontrate al principio, s'impose universalmente.

2) R. Knopf, H. Lietzmann, H. Weinel, Einfùhrung in das Neue Testament, (Introduz. al Nuovo Testamento), Giessen, 1923, p. 23, attestano" Noi non siamo arrivati al risultato di poter ricostruire un archetipo unico per l'insieme della tradizione manoscritta del Nuovo Testamento; possiamo tuttavia dire che, grazie alla ricca e antica tradizione di questi scritti, è possibile, ritrovare diversi archetipi che risalgono molto in là e che non sono molto lontani dal testo originale, per quanto non possa essere raggiunto ". I tre autori, che lavoravano a quest'introduzione, sono specialisti dell'esegesi neotestamentaria, soprattutto Lietzmann che si occupò di questioni testuali. Di lui, tra gli altri studi si veda la " introduzione alla storia del testo delle lettere di Paolo " nel a Commento alla lettera ai Romani " 13.a ed., Tubinga, 1928, pp. 1-18.

3) Citiamo infine il P. J. Lagrange, Critique textuelle, II, La critique rationelle, Introduction à l'elude du Nouveau Testament, Parigi, 1935, p. 31: a Un editore critico contrariamente ai teorici della critica radicale testuale dovrà riconoscere che, malgrado questi piccoli cambiamenti, i testi del Nuovo Testamento sono giunti a noi in una meravigliosa 'integrità, sostanzialmente tali e quali uscirono dalle mani del loro autore. Le libertà che sono state prese, anche le più ardite e che possiamo riconoscere, col limite in cui si sono tenuti i loro autori, testimoniano in modo invincibile contro la pretesa origine dei libri attraverso frammenti successivi, rimaneggiamenti, fusioni redazionali ".

2. La testimonianza delle edizioni critiche. - II nome dello studioso A. F. Tischendorf (1815-1874) figura all'origine del rinnovamento degli studi della critica testuale neotestamentaria e deve la sua celebrità al ritrovamento di uno degli unciali più preziosi del secolo quarto, il Sinaitico, e alla scoperta di una ventina di manoscritti unciali dei quali ne pubblicò diciotto per la prima volta e per primo collazionò ventitré manoscritti minuscoli. La sua opera fu coronata nell'Editto octava major (1869-1872) del Nuovo Testamento con tale ricchezza di varianti, che l'opera ancor oggi resta indispensabile a tutti gli esegeti di professione. L'edizione fu poi seguita, nel 1881, da quella di B. F. Westcott e F. J. A. Hort, di cui si è già parlato. Nei trent'anni successivi apparvero numerosi studi d'insieme e particolari, ma nessuna edizione critica importante sostituì il testo degli studiosi di Cambridge. Nel 1902 Herman von Soden cominciò la pubblicazione della sua opera monumentale: Die Schrìften des Neuen Testamenls in ihrer altesten erreichbaren Textgestalt hergestellt auf Grund ihrer Textgeschichte (Gli scritti del Nuovo Test, esposti nel loro testo più antico in base alla storia del loro testo). Parte prima: Berlino 1902. 1907. 1910; parte seconda: Gottinga 1913.

H. von Soden s'era circondato da una squadra di collaboratori che per vent'anni, assieme al loro capo, rovistarono le biblioteche e collezionarono i testi con lo scopo confessato di sostituire i lavori di Tischendorf e di Westcott-Hort. Il risultato del loro sforzo riguarda la storia del testo e il testo stesso; sull'uno e sull'altro furono proposte nuove teorie. L'edizione di von Soden, difficile al maneggio, discutibile per i principi direttivi, criticata anche nell'attestazione delle varianti, ricevette una cattiva accoglienza; perciò un comitato inglese decise di rifare su basi nuove l'edizione di Tischendorf. S. C. E. Legg nel 1935 pubblicò il primo volume che comprende il Vangelo di Marco con tutta la ricca documentazione moderna. Citiamo infine le due edizioni manuali cattoliche di F. J. Vogels, 2.a ed., Bonn 1922, e di A. Merk, 6.a ed., Roma 1948. Confrontiamo queste edizioni tra loro; la cosa è facile. L'edizione scolastica di Nestle, 13.a ed. 1932, si basa sulle edizioni di Tischendorf, Hort, Weiss (di cui non ho parlato, non avendo l'importanza delle altre) e cita quella di von Soden quando il suo testo si allontana dalle prime. Quest'edizione va per le mani di tutti, come pure quella dei due autori cattolici. Per chi si da la pena di collazionarle, la prova è evidente: esse differiscono solo in punti d'importanza insignificante per la fissazione del dato cristiano. Ora se tali lavori intrapresi con metodi divergenti arrivano a un risultato press'a poco identico, il testo ottenuto è eccellente.

3. I risultati della storia del testo. - Lo schema ideale della classificazione dei manoscritti secondo le date e i luoghi d'origine, e stabilendo l'albero genealogico fino all'archetipo comune, non è applicabile alla critica testuale del Nuovo Testamento. Non solo perché la massa dei manoscritti è immensa, ma anche perché è difficile se non impossibile scoprire la loro dipendenza. Tuttavia dopo più di un mezzo secolo di tentativi e senza pregiudicare gli studi futuri; possiamo collegarci alla classificazione che seguendo altri studiosi fu proposta dal P. M. J. Lagrange. A partire dal secondo secolo, i cristiani preoccupati della purezza del testo, rividero i loro scritti sacri, sia collazionandoli su una copia più pura, sia confrontando parecchi testi tra loro, per estrarne un altro che costituiva una recensione. Per i Vangeli il P. Lagrange distingue la recensione B, che come principali suoi rappresentanti ha i codici Vaticanus e Sinaiticus; la recensione D, che ha il suo forte sostegno nel codice Berne; è la recensione che il P. Lagrange chiama anche armonizzante popolare; la recensione A, che è il testo ecclesiastico di Costantinopoli, divenuto à testo accettato; infine un quarto tipo C, detto Cesareo, poco noto. Perciò limitiamo le nostre osservazioni ai tre precedenti. È una conquista della critica testuale l'aver rotto col testo A accettato, mentre la questione della priorità e del valore viene spesso risolta in favore delle recensioni B e D, senza tuttavia negare che in A ci siano buoni elementi. Ma già nel 1906 R. Knopf, Der Text des Neuen Testaments, Giessen 1906, p. 38, affermava che le nostre idee su Gesù, Pietro, Paolo e Giovanni non cambierebbero in nulla anche se avessimo solo il testo accettato. Altrettanto si dica delle recensioni B e D, lo studio delle quali ci permette di conoscere meglio la storia del testo, di appoggiare questa o quella variante, ma i casi discussi o insolubili non toccano minimamente i punti essenziali del dato cristiano, e anche dove D differisce di più da B, cioè nel libro degli Atti, non otterremmo un'immagine diversa dell'attività apostolica e delle credenze se preferissimo D a B. Ma c'è di più. Le nostre edizioni critiche ordinariamente fondano il loro testo sulla recensione B, senza rigettare a priori la possibilità di lezioni originali nelle altre recensioni. Il miglior testimonio di B è il Vaticanus che risale al quarto secolo. Ora questo manoscritto rappresenta un testo molto puro che dimostra un lavoro accuratissimo di trascrizione o d'edizione. Confrontandolo col testo più antico d'un centinaio d'anni, ritrovato nei papiri Beatty ed edito da F. G. Kenyon, The Chester Beatty Biblical Papyri, Londra, 1933-1936, s'è notato che nessun altro manoscritto si avvicina a questi papiri più del Vaticanus, sostegno della recensione B e base delle nostre migliori edizioni critiche Senza attribuire al Vaticanus un diritto di priorità assoluta e senza pregiudicare per l'avvenire il lavoro della critica, è certamente permesso constatare che lungi dall'indebolire la nostra certezza di possedere un testo sicuro, la storia della trasmissione manoscritta ci ha posti dinanzi a una recensione solidissima di cui le recenti scoperte hanno sottolineato il valore (cfr. A. Sandersen, a Third Century Papyrus Codex of thè Epistels of Paul, Ann Arbor, 1935, p. 24).

4. Numero e antichità dei manoscritti. . Le testimonianze degli specialisti, l'identità delle edizioni, i risultati della storia del testo, hanno il loro punto di partenza nei materiali adoperati; ora noi siamo realmente davanti a ricchezze senza paragone.

Già Helley contava 157 frammenti del Nuovo Testamento sui papiri, oggi Kanyon ne ha contati più di 170; possediamo inoltre più di 200 manoscritti o frammenti di manoscritti maiuscoli su pergamena, circa 2429 minuscoli e 1678 lezìonari, numero che aumenta considerevolmente aggiungendo le versioni: per la vecchia latina una cinquantina di manoscritti; per la Volgata sono stimati da 2.500 a 8.000; per le versioni siriache, copte, gotica, armena, georgiana ed etiopica le copie sono meno numerose, ma bisogna dire che resta molto da fare e che in ogni caso alcune di queste antiche versioni ci danno un testo che risale a un originale più antico di numerosi manoscritti greci. Balza agli occhi il beneficio di un materiale così ricco. Dove i testimoni concordano, l'autorità è indiscutibile. Abbiamo detto che il computo di Hert, anche se un po' troppo ottimista, è in favore d'un accordo straordinariamente esteso, e dove le testimonianze sono divergenti, il loro numero ci offre il mezzo per cercare la lezione buona.

Al numero dei manoscritti s'aggiunge la loro età. " Per gli autori classici il più spesso c'è un lungo spazio di tempo tra l'autografo e la sua copia più antica in nostro possesso: millequattrocento anni per il manoscritto delle tragedie di Sofocle, come pure per le opere di Eschilo, di Aristofane, e di Tucidide; milleseicento anni per quelle d'Euripide e di Catullo; milletrecento per quelle di Demostene; solo settecento anni per quelle di Terenzio e cinquecento per Tito Livio; infine per Virgilio lo scarto è solo di quattrocento anni " (E. Jac-quier, Le Nouveau Teslament dans l'Église chrétienne, t. n: Le texte du Nou-veau Testaraent, Parigi, 1913, p. 2). Il confronto è tutto in favore del Nuovo Testamento per il quale abbiamo eccellenti manoscritti della metà del quarto secolo (Vaticanus e Sinaiticus) e frammenti molto importanti nei papiri, specialmente i papiri di Beatty che ci portano a meno di duecento anni dagli originali.

Dopo un secolo di ricerche e di studi di critica testuale si può dunque considerare come un risultato definitivamente acquisito che il nostro testo del Nuovo Testamento, anche se è ancora lontano dall'essere fissato in ogni particolarità, anche se nasconde ancora il segreto delle vicissitudini che attraversò per ramificarsi in recensioni diverse, offre un tale grado di fissità che lo studio del dato rivelato cristiano, basandosi sopra di esso, ha tutte le garanzie di genuinità e di solidità.

Oggi è criticamente provato che alla fine del primo secolo i testi del Nuovo Testamento erano letti nella stessa forma sostanziale riportata dalle nostre edizioni critiche. Lo scarto tra l'originale e le recensioni si può trascurare anche se si voglia costruire una teoria dello sviluppo della credenza cristiana. Così il beneficio degli studi di critica testuale è grandissimo, perché ha ridotto il campo cronologico in cui è possibile un'evoluzione sostanziale. Se non ci sono interpolazioni dopo l'anno 100, se il tempo dei redattori e dei correttori è chiuso, ciò significa che il loro lavoro si svolse sotto l'occhio vigile dei contemporanei di Cristo, dei beneficiari del suo insegnamento e dei responsabili della sua opera.