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6 - Lo scandalo dell'incredulità giudaica

CAPITOLO VI. - LO SCANDALO DELL'INCREDULITÀ GIUDAICA

II Problema. - Dio si era scelto un popolo onde preparare la venuta del Figlio suo in questo mondo; da Abramo a Gesù Iahvé conservò in Israele l'adorazione dell'unico vero Dio e la speranza in un'era messianica, nella quale l'eletto instaurerà una nuova economia. Gesù si presentò al suo popolo come realizzatore delle profezie antiche e fondò la sua missione sulla profezia e sul miracolo. L'indomani della prima Pentecoste, Pietro notava che il popolo eletto aveva rigettato la pietra angolare e, alla fine del primo secolo, Giovanni constatava che i " suoi " non lo avevano ricevuto. Ma Gesù non aveva proclamato che rivolgeva il suo messaggio prima di tutto ai privilegiati dell'umanità, i Giudei, e san Paolo, nonostante il suo universalismo, non rivendicava forse che i discendenti di Abramo avevano speciali diritti? Il fallimento di Gesù tra i Giudei non prova che le sue pretese messianiche erano vane? Già nel quinto secolo Gennadio esprimeva questo problema prestando ai Giudei la seguente obiezione: " Una delle due cose: o è falso il Vangelo o si deve accusare Dio di menzogna. Se il vostro insegnamento ha un fondamento, Dio ci ha ingannati, perché fece ai nostri antenati promesse che non avrebbe compiuto... e ricorrere a quest'imputazione sarebbe blasfemo; dunque voi mentite e la vostra predicazione è solo falsità ".

La risposta dei primi cristiani. - II problema è antico quanto il cristianesimo e ogni autore del Nuovo Testamento, anche se non lo formulò in termini netti come Gennadio, vi diede a suo modo la propria risposta, come spiega A. Charue nel suo eccellente libro L'Incrédulilé des Juifs dans le Nouveau Testament. Elude hislorique, cxègèlìque, Ihéologique., Gembloux, 1929. Vedi anche J. Bonsirven, Les enseignements de Jésus-Christ, pp. 68-86. I Sinottici presentano Gesù come il Messia d'Israele. La sua missione non si limita ai Giudei, tuttavia è venuto prima di tutto per loro. L'insegnamento in parabole e la somministrazione della luce sulla messianità, la passione, la resurrezione, l'essenza spirituale del regno, l'appello dei gentili, la data della parusia, cioè quello che si chiama il segreto e la riserva messianica, non sono un castigo per i Giudei, ma provengono da un'intenzione misericordiosa di Dio che distribuisce la luce con riserva per lasciare che le cause seconde agiscano liberamente e attivamente; però nel medesimo tempo si manifesta l'incomprensione giudaica che ostacolerà il disegno di Dio. L'ostilità, l'odio dei capi, l'aberrazione dei farisei, l'impreparazione dei cuori nel popolo e l'attività dei demoni impediranno ai Giudei d'entrare in massa nel regno di Dio. Il quarto vangelo conferma le conclusioni tratte dai sinottici: "Azione misericordiosa di Gesù, scandalo d'un messianismo immune da ogni deviazione nazionalista, perfida ostilità dei capi del popolo, coordinamento di tutte le forze d'opposizione da parte di Satana ". Giovanni però, più che i primi tre Vangeli, vede l'incredulità come un effetto della abbagliante rivelazione della gloria di Dio in Gesù, con la causa all'interno delle anime, poiché il rifiuto del messaggio cristiano non è altro che la manifestazione dei sentimenti perversi, mentre i cuori ben disposti vengono da se stessi a Cristo. Per Paolo, Israele, con qualità e privilegi propri, è più preparato che il resto del mondo a ricevere la verità. Il cristianesimo non è altro che la continuazione del vero popolo eletto. Il Vangelo prima era annunciato a Israele e l'Apostolo stesso in ogni città cominciava a predicare nelle sinagoghe della diaspora. Il fallimento veniva dall'orgoglio dei Giudei, che rifiutarono di collaborare all'opera di salute e provocarono la collera di Dio. D'altronde Satana è il grande avversario che opera già nell'ombra e rivelerà la sua azione all'ultimo giorno, quando l'iniquità dilagherà, quando Israele si sarà convertito e salvato e quando le promesse di Dio saranno realizzate. Insomma a il carattere inatteso, deludente, mortificante del messianismo cristiano fu la pietra di scandalo. Il Salvatore fallì come spesso falliscono i riformatori. Ostacoli alla via d'accesso alla verità, nubi che interdicevano al mondo giudaico i raggi della luce furono le divergenze di fronte alle tradizioni farisaiche, alle prescrizioni antiquate del mosaismo, l'opposizione sempre più netta dei due sistemi di giustificazione, la precisazione inaudita dei privilegi dell'alleanza e ben presto la franca professione d'un universalismo assoluto che ridusse il gruppo giudaico a una minoranza nel regno promesso agli antichi, le pretese più che messianiche, credute blasfeme, di Gesù che si arroga il potere di Iahvé e innalza la propria dignità al livello della sua maestà divina, la bancarotta ufficiale della nuova religione e la morte ignominiosa del suo fondatore " (Charue, o. e, pp. 835-336). A queste cause obiettive, intellettuali e sociali, s'aggiungono le ragioni soggettive: incuria, apatia, comodità delle opinioni accettate, timore dell'autorità, orgoglio di razza e odio del barbaro r fecero ben presto respingere la verità sconcertante e rimisero lo spirito inquieto sotto l'influsso soporifico dei pregiudizi " (ivi, p. 337).

Gli autori del Nuovo Testamento si rendevano dunque perfettamente conto dello scandalo, ma lungi dallo sbigottirsi, lo esposero ai Gentili coi fatti chiarissimi; dimostrando tuttavia, nello stesso tempo, che lo scandalo veniva dalla malizia umana e al fallimento di Dio opposero il quadro d'un'economia che aveva in se stessa la giustificazione della sua difficoltà di penetrazione. " Gesù mantiene il contatto col giudaismo, ma lo purifica; conserva l'Alleanza antica, ma la perfeziona, poiché aveva il compito di restaurare lo spirito dei profeti, compierne gli oracoli, perfezionarne l'insegnamento; questo il suo posto preciso nella storia. Le rivelazioni antiche erano parziali, deficienti, perfino sperdute in un groviglio d'immaginazioni apocalittiche, o ricoperte dalle interpretazioni d'un nazionalismo limitato. Occorreva riscoprirle e pulirle, perché si facesse la sintesi nella luce definitiva del Figlio di Dio, manifestando finalmente la grandezza e la semplicità, la trascendenza e la condiscendenza, la divinità e l'umanità del messianismo autentico " (Charue, o. e, p. 340).

Il cristianesimo non poteva adattarsi alla mentalità giudaica senza rinnegarsi; resistendo ad essa continuò tutta la nobiltà e la grandezza della storia di Israele. Quando il popolo di Dio, ravveduto dei suoi errori, ritroverà la linea che fece la sua grandezza morale e spirituale, Israele aderirà al credo che il più grande dei suoi figli venne a rivelare alla terra. Questo insegna S. Paolo e questa è l'ultima risposta allo scandalo. La ripulsa e l'indurimento sono solo temporanei, ma la Chiesa ne soffre ed è impaziente di avvicinare a sé questa parte eletta della umanità.

Cause dell'incredulità dei Giudei. - L'analisi del dato cristiano offre dunque una risposta all'obiezione che abbiamo formulato; lo studio del giudaismo palestinese del tempo di Gesù permette di cogliere nel vivo il restringersi delle idee e il chiudersi dei cuori che prepararono e motivarono il fallimento.

Analizziamo i fattori delle deviazioni religiose tra i Giudei al tempo del Salvatore. Questi fattori si possono raggruppare in alcuni temi salienti.

1. Il domma nazionale. - Guarito dal male politeista, il giudaismo si era costituito come nazione religiosa sotto la tutela di Iahvé. La penetrazione greca, la persecuzione siriaca, l'attacco romano avevano suscitato la reazione di una classe nazionalista e fatto nascere il fariseismo. Fiero per le promesse di Dio, fidente nella sua legge e nel suo tempio, il popolo giudaico disprezzava tutti i Gentili, di cui subiva il giogo e temeva la contaminazione religiosa; ma a forza di imbeversi con le tradizioni antiche e coi libri specificamente giudaici, falsò la propria visuale, tanto ch-e Dio gli apparteneva un po' come cosa sua e il Signore doveva a Israele più di quanto esso gli dava. Il Messia non poteva essere che nazionale e sulle rovine dei popoli doveva fondare la regalità incontestata dei figli d'Abramo; la legge e il tempio, veramente sacri ed eterni, nella nuova economia non potevano venir sostituiti dall'adorazione in spirito e verità; perché essere giudei significava essere santi e degni di ricompensa. I Gentili erano solo uomini d'una classe inferiore e potevano partecipare alla salute solo osservando la legge e rimanendo nello stato d'inferiorità in cui la nascita li aveva fissati per sempre.

2. Il domma formalista. - Dio non è più il Dio vivo potente e misericordioso dei patriarchi, di Davide, dei profeti o del Deuteronomio, ma" monade infeconda ", isolata nella sua maestà (M. J. Lagrange, Le judaisme avanl Jésus-Christ, Parigi, 1931, p. 590). Il Messia, sia celeste o terreno, non è l'uomo umile e sofferente degli oracoli d'Isaià e neppure il Dio che sarà Gesù, ma per non vedersi rifiutato l'accesso ai cuori e non sentirsi accusato di bestemmia deve rispondere alle loro concezioni; la' loro giustizia non è affatto un dono di Dio, ma il risultato dei loro sforzi e un diritto alle sue benedizioni temporali; frutto di tale concezione è l'atteggiamento verso la legge; il loro attaccamento porterà all'osservanza puntuale, raffinata, ma esteriore e formalistica.

3. Il domma morale. - Queste idee conducono all'esaltazione dell'io. Il Giudeo è voluto da Dio per essere centro della creazione, e il creatore deve rispettare i suoi diritti; come possessore d'un Dio, dell'unico vero Dio che appartiene a lui solo, egli si sente esaltato e forte, superiore a tutti gl'infedeli. Il suo Messia, il suo Tempio, la sua Legge, i favori divini del passato, i privilegi e le donazioni del presente, crearono nel cuore di questi feroci monoteisti e osservatori della legge un orgoglio incommensurabile, che ridusse la religione al livello della ragione umana, razionalizzandola nel proprio spirito e rimpicciolendola nelle prescrizioni. In questo modo il divino viene esiliato nella categoria delle astrazioni impersonali, spogliato del suo mistero e del suo soprannaturale. L'anima giudaica resta chiusa alle rivelazioni sull'intima vita di Dio e alle rivelazioni trinitarie. Il pensiero divino cede alla speculazione umana, che prende la rivincita nelle " speculazioni sul cielo e sugli angeli con esoterismi che, al pari delle teosofie, sono opposti al vero mistero e gli sbarrano le vie d'accesso " (J. Bonsirven, Les idées juives au temps de Notre-Seigneur, Parigi, 1934, p. 212). Anche riguardo alla religione la voce dei grandi profeti non è più la norma dei sentimenti e delle azioni, ma le prescrizioni degli uomini hanno sostituito la lettera allo spirito e incatenato la parola di Dio con prescrizioni umane. Se l'uomo sostituisce Dio, egli trova nella sua pretesa la ricompensa alle sue opere. " L'effetto più appariscente delle deviazioni suesposte sarà quello di chiudere al messaggio cristiano il cuore di molte anime giudaiche, che in esso vedranno un attacco contro il monoteismo e la Torà, la fine della separazione d'Israele e l'abolizione dei suoi privilegi " (Cfr. J. Bonsirven, Le judaisme paleslinien, Parigi, 1935, t. n, p. 322).

Per notare ciò che aveva impedito a Israele l'ingresso nella nuova via tracciatagli da Gesù, abbiamo dovuto insistere sulle sue deficienze. Però accanto alle deficienze ci sono nobili qualità che mettono questo popolo, erede delle promesse, sopra un piano unico nella storia del mondo; da questo popolo usci il monoteismo che doveva prevalere in una grande parte dell'umanità, ed in esso il Figlio di Dio fatto uomo trovò i fondatori della sua Chiesa, (Cfr. Kit-tei, Die Probleme des palastinischen Spatjudentwns una das Urchristentums, [II problema del tardo giudaismo palestinese e il cristianesimo primitivo] Gutersloh, 1926).

Riassumendo, lo scandalo giudaico, conosciuto e superato in base alle spiegazioni degli autori sacri, rientra nella divina economia. Dio illumina sufficientemente gli uomini, perché la verità li guidi e rispetta il loro libero arbitrio, fino a lasciar il potere di volgersi contro di lui. In un momento della sua storia, il popolo giudaico, dimentico dei divini messaggi, volle trovare in se stesso la propria ragion d'essere, la norma di fede e d'azione. Il rifiuto di Cristo non proviene dall'imperfezione dell'economia divina, né dal Messia, ma dalla volontà di questo popolo, verso il quale il Dio di Gesù, come il Dio d'Abramo, tende le braccia della sua misericordia.

B. R.

BIBLIOGRAFIA. - i. Relativamente al capo I. Oltre le già citate edizioni del N.T. e le opere di Lagrange e Jacquier, sarà utile consultare le introduzioni di R. Gregory (1907), J. H. Volgels (1923), E. Nestle - E. von Dobschuts (1923), F. G. Kenyon (1926), K. Lare - S. New (attualmente M.e Lake) (1928) manuale eccellente, A. Scuter ( 1930) ; R. Knopf, Neue Testament, 4 ed., Giessen 1934, p. 21-70 ; P. Feine - J. Behm, Einleilung in das Neue Testament, Lipsia 1936, pp. 298-317; F. G. Kenyon, The Bible and Ancienl Manuscnpts, 4 ed., Londra 1939; H. Wh. Robinson, The Bible in its Anàent and English Version, Oxford 1940; L. Vaganay, Initiation à la critìque textuelle néotestamentaire, Bloud et Gay, Parigi 1943, con copiosa bibliografia (pp. 174-176); F. G. Kenyon, The Texl of tlie Creek Bible, Londra 1937. V. il riassunto di J. Huby, Les Evangiles, in Christus, Parigi 1935, p. 192-208. A. Vaccari in Institutiones Biblicae, 4 ed., Roma 1937, pp. 238-256. La scoperta dei papiri Beatty, d'un frammento del Diatessaron di Taziano in greco, d'un frammento del Vangelo di Giovanni e di un frammento apocrifo del secondo secolo, ha provocato numerosi studi nuovi nelle riviste in questi ultimi anni. Cfr. E. Florit, Parlano anche i papiri, Roma 1943.

2. Relativamente ai capi II-III-IV. Sul vangelo dell'infanzia e la concezione verginale si vedano i commentari di M. J. Lagrange, di Durand, di Valensin-Huby, Pirot, Dausch (in tedesco) ; nonché le vite di Gesù di Fillon, Lagrange, Lebreton, Prat, Ricciotti. Per gli studi particolari oltre quelli di Rose, Durand e Médebielle, si può consultare M. Lepin, Jésus, Messie et Fils de JDieu d'après les Evangiles synoptiques, 4 ed., Parigi 1910, pp. 196-201 320-333; E. Mangenot, Les Evangiles synopliques, Parigi 1911, pp. 89-140; A. Steinmann, Die jungfrauliche Geburt des Herrn, (La nascita verginale del Signore) in Biblische Zeitfragen, Miinster in W., 3 ed. 1926; D. Baldi, L'infanzia del Salvatore. Studio esegetico e storico sui primi due capitoli dei vangeli di San Matteo e di San Luca, Roma 1925 ; G. M. Vosté, De conceptione Virginali Jesti Christi. Accedunt excursus. I. De duplici genealogia, De fratribus Domini, in Studia theologiae biblicae Novi Testamenti, t. I, Roma 1933; K. Promm, Der christiche Glaube und der allkeideidmscìie Welt, (La fede cristiana e l'antico mondo pagano) Lipsia 1935,1.1, pp. 253-281. Vi si troverà un'abbondante bibliografia sulla storia delle religioni e l'esame parti-colareggiato delle opinioni di Gressmann, Bousset, Leisegang, Norden Dibelius. D. Hauqo, Das ersle biblische Marien-Wort (La prima parola di Maria nella Bibbia) in Bibelwissensckaf-tliche Reite, fase. I, Stoccarda 1938. U. Holzmeister, Genealogia S. Lucae, in Verbum Domini 23 ('943) PP- 9-18, Roma. I protestanti inglesi e americani hanno fornito buone difese della concezione verginale. Accanto aile opere ormai vecchie di Orr ( 1904) e di Swete ( 1907) segnaliamo V. Taylor, The historical Evidencefor thè Virgin Birth, Oxford 1921 e J. Gresham Machew, The Virghi Birth, New-York 1930. Si veda l'elenco degli studi sui particolari in J. M. Vosté, 0. e, pp. 76-80 e 129. Per la risposta agli attacchi recenti di A. Loisy e Ch. Cui-gnebert cfr. Lepin, Le Problèmi de Jésus, Parigi 1936, pp. 225-240.

3. Relativamente al capo V. Oltre i commenti e le vite di Gesù si veda soprattutto J. Lebreton, Les origines du dogme de la Trinité, 1.1, 7 ed., 1927 ; L. de Grandmaison, Jésus-Ckrìst, sapersonne, son message, sespreuves, 2 voli., Parigi 1928; le varie opere di M. Lepin: Jésus-Chrìst, sa me, son oeuvre. Esquisse des originis dvréliermes, Parigi, 6 ed. 1925 ; Le Christ Jesus, son exisience historique et sa divinite, Parigi 1930 ; Le Problème de Jésus, Parigi 1936 ; P. Van Imschoot, Jésus-Christ, Bruges 1944; J. Bonsirven, Les enseignements de Jésus-Christ, Parigi 1946, pp. 356-432.