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Lo zootecnico studia quello che prescinde dalla materia individuale, da quello o quell’altro animale, mantenendo però l’animale nella sua materialità sensibile specifica. Alla cavallinità, per usare un termine platonico, spetta avere materia, avere corpo, anche se si astrae dalla differenziazione individuale. Il secondo stato di astrazione è quello matematico, la matematica considera la quantità astratta, la fisica moderna è molto dipendente dalla matematica, quindi si potrebbe pensare che sia in qualche modo uno stato intermedio tra il primo e il secondo grado astrattivo. Voi mi dite, perché la quantità? La quantità si può rendere in qualche modo indipendente dalla sostanza a cui appartiene, proprio perché la quantità, essendo proprietà della materia, precede la costituzione della sostanza tramite la forma.(è una cosa curiosa, pensateci voi stessi, io ve lo propongo come tema di meditazione).

Questo è già un esistenzialismo che gli altri accidenti non hanno. E’ possibile in qualche modo porre la quantità di per sé, cioè separandola dalla sostanza a cui appartiene, così il matematico non è interessato a sapere se il due e il tre che fanno cinque insieme sono mele, pere o che altro. Ai bambini si insegna la matematica con i numeri concreti, ove vi è rilevanza se il tre sono pere o mele, la matematica cerca poi di sganciarsi da questo. Interessa il due, tre quattro, cinque in sé, non rispetto a ciò che è quantificato, la materia specifica non c’è più. Nel cavallo la materia è specifica, nel due, tre o cinque non c’è materia specifica, non c’è la materia della pera o della mela o del cavallo, però una materialità intelligibile, la chiamano gli scolastici, ci deve pur essere, perché la quantità è una proprietà della materia. Quindi il matematico, considerando le relazioni di quantità, struttura un qualche cosa che lui pensa a modo materiale, senza che sia materiale. Pensate che la matematica più avanzata parla di spazi, uno spazio topologico non esiste, però questi rapporti complessi di quantità li struttura sapendo che c’è qualcosa di strutturato e allora lo chiama spazio, in linea teorica li chiama campi.

Tutte immagini abbastanza materiali, che danno ragione a San Tommaso in questo, quindi anche la matematica modernissima, euclidea è definibile perfettamente in chiave del secondo stato astrattivo, cioè si astrae sempre dalla realtà sensibile, però poi la matematica è molto indipendente, può immaginarsi numeri che non esistono, degli spazi a N dimensione, però partendo sempre dalla fondamentale astrazione di uno spazio che esiste. Non è il caso che mi si dica: "Padre, lo spazio N dimensionale non è estraibile dai sensibili", certamente no, però lo spazio tridimensionale certamente lo è, poi se gli aggiungo N-3 altre dimensioni, questa è una estrapolazione astrattiva che è consentita dal tipo di astrazione matematica.

Non posso estrapolare da una cavallinità qualunque altre proprietà, nella matematica invece sì, c’è più libertà, io ho dinanzi a me una materia intellettiva quantificabile, e la quantifico facendo delle supposizioni, parto da assiomi e deduco dei teoremi, anche dei teoremi che poi non hanno corrispondenza nel mondo sensibile. Questa è l’astrazione matematica.

L’astrazione metafisica invece è quella che prescinde da ogni tipo di materialità, anche dalla materia diciamo così intelligibile, prescinde persino (questo è molto importante), dalla stessa differenza fra materia e forma, da materia e spirito. Quindi studia anche le forme materiali, ma facendo come se non fossero materiali, anzi l’uomo non può studiare nella metafisica se non le cose materiali, però studiando, nelle cose materiali, ciò che si applica anche al di là delle cose materiali. Una volta c’era un nostro confratello che ci predicava gli esercizi spirituali, mi è rimasto impresso, mi citò un suo maestro di filosofia che fece stupire, per esemplificare come dagli esseri infimi si può dedurre la realtà più sublime, diceva che un buon metafisico è in grado di dedurre tutta la metafisica da uno sterco di cavallo. Diceva: "c’è tutto, c’è la sostanza, ci sono gli accidenti, c’è la disposizione accidentale, c’è una certa operatività". Comunque questo metafisico entusiasta si servì di questo esempio decisamente estremo per spiegare che nella realtà sensibile infima si deduce tutta questa bellezza dell’essere, dell’essenza, della forma, della materia, delle forme separate, delle gerarchie angeliche, tutta la metafisica è deducibile dal dato sensoriale, da cui facciamo astrazione in concreto, ma comunque da qualunque dato materiale, si può dedurre tutta la metafisica.

Questo è molto importante, il metafisico non perde l’aggancio con la materia. E’ questo che spesso si obbietta contro la metafisica. Noi siamo antimetafisici, perché? Perché noi conosciamo solo il dato sensibile. Anche San Tommaso lo sapeva, ma San Tommaso sapeva che nel sensibile c’è l’universale, c’è l’intelligibile, c’è l’essere. In ogni sensibile, anche nel più modesto, in tutto l’universo, nessuna cosa esclusa, c’è la partecipazione dell’essere ed anche la partecipazione similitudinaria della suprema essenza, che è quella divina. In qualche modo l’uomo per quanto è legato ai sensi, è però in grado di elevarsi al di sopra dei sensi, ed essendo in grado, è anche obbligato a farlo.

San Tommaso dice: "tutta questa dottrina è fondata su un moderato realismo" ed ancora: "Nello stesso dato sensibile è insito l’universale. In questi strati ci sono gli elementi materiali". Per esempio nel tavolino, che cosa c’è? C’è il pezzo di legno, di una determinata specie, un botanico potrebbe fare l’analisi di questo legno, potrebbe prendere un campione e vedere a che specie di albero appartiene. Ecco le tre dimensioni nelle quali allo sguardo del metafisico e comunque dello scienziato, si svela la realtà delle cose partendo dal sensibile. Il primo colpo d’occhio, la prima dimensione, è quella di vedere la specie della cosa materiale. Il botanico, da un tavolino, che è già una materia più nobile, il botanico fa vedere che appartiene a quella specie di albero di cui fa tutta la storia, come l’albero è strutturato, quali sono le sua proprietà. Il matematico considera nel tavolino, che cosa? La qualità astratta, lo misura, fa vedere a quali leggi quantitative di estensioni sottostà, lo studia da geometra, nel senso classico della parola, nel senso che misura le cose. Però il misurato è concreto, la misura è astratta, quindi l’operazione matematica è dalla parte del misurante.

Infine il metafisico considera il tavolino né come una natura fisica, né come una quantità estraibile a livello matematico, ma lo considera come un ente. Allora si chiede: il tavolino è una essenza? E’ una sostanza? Che tipo di sostanza è? Subito scopre per esempio che il tavolino non è sostanza, è un artefatto, quindi è un accidens. Si chiederà di quali sostanze è composto, dal legno, dal ferro. Perché il legno è una sostanza? Perché ha una struttura essenziale etc. Queste sono le domande che si fa il metafisico, invece il matematico, lo scienziato naturalista non si pongono queste domande. Ecco i tre attimi di rivelazione dell’universale nel concreto: c’è questo oggetto formale, ai tre tipici gradi di astrazione questo oggetto nella sua universalità è insito nel concreto. Sono riuscito a spiegarmi? Oggi lo Spirito Santo me la manda proprio buona, perché non è facile.

Ricordate quello che dice San Tommaso: solo l’universale è conoscibile. De singularibus non est scientia, dunque l’uomo conoscendo si converte ai fantasmi sensibili, alle rappresentazioni sensibili, per compiere l’astrazione.

Bisogna fare un collegamento con Kant, che mi pare importantissimo, Kant diventa soggettivista perché è estremo nominalista. La tesi di Kant dice: "Tutte le proposizioni necessarie ed universali sono a priori". Dunque l’universale necessario non c’è nell’oggetto, sta unicamente dalla parte del soggetto. Perché Kant dice questo? Ebbene, per partito preso, perché secondo lui, nominalista come era, l’universale non esiste in re, dove esiste? Nelle forme della soggettività, nelle forme a priori della sensibilità, come categorie dell’intelletto. Notate questa anima nominalistica della filosofia kantiana. San Tommaso avrebbe contestato Kant dicendo che l’universale a priori non puoi dimostrarlo, perché l’universale è insito nelle cose stesse. Il cavallo concreto, certamente è concreto, ma non si riduce nella sua concretezza, è portatore di proprietà che sono comuni anche ad altri cavalli, così è per tutte le altre cose. Quindi bisogna vedere come nel concreto si realizza qualche cosa che oltrepassa il concreto, questo permette all’uomo, all’intelligenza umana, di partire dal sensibile, ma di trascenderlo mediante il processo dell’astrazione.

Ora l’astrazione psicologicamente procede così: ci sono cinque sensi esterni, i quali sono coordinati dal senso detto comune, il primo senso interno. Interessante come i neurologi approvano molto la dottrina di San Tommaso sui sensi interni, proprio perché vedono una corrispondenza con le tesi moderne. Quindi c’è una specie di coordinamento dei sensi esterni. Notate che tutti i sensi esterni hanno un organo corporeo, per esempio la vista è nell’occhio, però anche qualche cosa di psichico, che è localizzato nel cervello, nel sistema nervoso, il nervo ottico, poi i centri cerebrali della vista. San Tommaso insiste nel dire che i sensi sono organicamente legati, quindi anche il senso interno è il primo senso comune che coordina il dato sensibile, di per sé disparato. Dice San Tommaso nella teoria del sogno: "Noi abbiamo talvolta dei sogni un po’ strani, proprio perché il senso comune non coordina, è come se le sensazioni accumulate durante la giornata, mantenute nella memoria sensitiva, nella fantasia, fossero non più dominate dal senso comune, quindi in qualche modo ci sono delle cose assurde che uno può sognare". Il senso comune è coordinatore.

Poi c’è la fantasia immaginativa, l’immaginazione, che elabora già minimamente, visualizza il sensibile, c’è la memoria sensitiva e la vis estimativa, la memoria sensitiva che conserva questi fantasmi, questi elaborati immaginativi e possiede una certa prontezza nell’evocarli, secondo la legge dell’associazione. E’ qui appunto a livello della memoria sensitiva che si colloca quello che noi chiamiamo la memoria psicologica, il processo inconscio dell’associazione. Poi c’è la vis estimativa, che è qualcosa di conoscitivo, ma conoscitivo per appetito, per istinto, una conoscenza tramite l’istinto. San Tommaso la spiega dicendo: "La pecora appena nata trova da mangiare presso la mamma senza aver bisogno che qualcuno glie lo indichi, trova immediatamente il nutrimento. Così poi, quando cresce, impara a mangiare l’erba e via dicendo. Sicuramente fugge il nemico naturale, il lupo, le pecore non hanno bisogno di dirsi a vicenda che il lupo è pericoloso, per istinto fuggono il lupo". E’ ovviamente banale, però illustra questo fatto, che anche l’inclinazione istintuale dà un’informazione.

Questa vis estimativa avrà la sua importanza, perché nell’uomo poi si chiamerà la vis cogitativa o la ratio interior, si avvicina già molto alla ragione. Aristotele ha questa affermazione un po’ amena, per la verità cioè dice che la pecora fuggendo il lupo è già in grado di annunciare una proposizione negativa, cioè con la fuga nega il lupo, mentre il nutrimento lo afferma, quindi ha già la capacità di giudizi affermativi e negativi.

continua...