00 03/09/2009 11:31
L MAGISTERO DELLA CHIESA
Autore: Stefano BIAVASCHI

 

La parola "magistero" viene da  "maestro": quest'ultimo è uno degli attributi che il Vangelo riconosce a Gesù. In che modo Gesù continua ad ammaestrarci dopo il suo ritorno al Padre? Tramite il Magistero.
In forza di che il Magistero attinge a questa promessa? In forza della Successione Apostolica (cfr Il Timone n.14) e della Tradizione (cfr Il Timone n.15). La possibilità di una permanenza della Verità sulla terra è desiderio di Gesù stesso: "lo pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre: lo Spirito di Verità" (Gv 14,16-17). E aggiunge: "Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto" (Gv 14,26). L'assistenza di Gesù ai suoi apostoli è dunque confermata nel tempo, e non solo perché la Chiesa da lui fondata potesse ricordare ma anche testimoniare ("mi renderete testimonianza", Gv 15,27).
Del resto, se questa permanenza della Verità sulla terra non fosse stata garantita, in conformità a che cosa saremmo stati giudicati? E chi avrebbe potuto salvarsi?
La sola ragione è fallibile; il Magistero è invece infallibile perché, illuminato da una continua pentecoste, gode "per sempre" della promessa di Gesù: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di Verità, egli vi guiderà alla Verità tutta intera" (Gv 16,12-13). Respingere il Magistero significa respingere lo stesso Gesù, perché "Chi ascolta voi ascolta Me, chi disprezza voi disprezza Me" (Lc 10,16).
L'Islam e il Protestantesimo hanno cercato di costruire una religione senza magistero, ma non ci sono riusciti, finendo per ricorrere lo stesso a forme d'autorità costruite dal basso.
Al contrario, la Chiesa dei primi secoli riconosce subito i vescovi come successori degli apostoli anche nell'esercizio dell'insegnamento.
Quest'autorità costruita dall'alto "non è però al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso" (Conc. Vat. Il, DV 10).
All'interno del Magistero siamo soliti distinguere tra episcopato (i vescovi, successori degli apostoli) e primato (il Papa, come successore di Pietro), entrambi di diritto divino e strettamente connessi.
 Distinguiamo anche tra magistero particolare (per esempio quello di un Vescovo verso la sua diocesi) e magistero universale (cioè quello di tutti i vescovi verso tutti i cristiani); il Concilio Vaticano I ha definito l'infallibilità di quest'ultimo.
Anche il Concilio Vaticano II conferma: "L'infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo Magistero col successore di Pietro" (LG 25).
E questo avviene, per esempio, in occasione di un Concilio Ecumenico: in tal caso si parla di magistero straordinario. Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: "Il grado più alto nella partecipazione all'autorità di Cristo è assicurato dal carisma dell'infallibilità. Essa si estende tanto quanto il deposito della divina Rivelazione; essa si estende anche a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale" (CCC n.2035).
E ancora:"Per mantenere la Chiesa nella purezza della fede trasmessa dagli Apostoli, Cristo, che è la Verità, ha voluto rendere la sua chiesa partecipe della propria infallibilità. [...] Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale" (CCC nn 889-891).
Anche il magistero straordinario del Papa è dunque coperto da infallibilità, e questo avviene "quando parla dalla cattedra, cioè quando adempiendo al suo ufficio di pastore e di maestro di tutti i cristiani, per la sua suprema autorità apostolica definisce che una dottrina riguardo alla fede e ai costumi deve essere tenuta da tutta la Chiesa, per l'assistenza divina a lui promessa nel beato Pietro" (Conc. Vat. II, PA 4).
Naturalmente il senso di tutto questo non va colto considerando gli uomini in sé, ma l'infallibilità della verità di Dio.



IL TIMONE - Novembre/ Dicembre 2001 (pag.59)