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Cap. VII

VITTORIOSI CON E ATTRAVERSO L'IMMACOLATA
[SM=g27998] [SM=g28002]

L'Immacolata costituisce il sommo e il più puro trionfo della Redenzione, la grande vittoria di Dio e di Gesù. In Lei, per i meriti e il sangue di Cristo, satana è stato totalmente sconfitto. Se ne deduce che basterebbe anche solo l'Immacolata a giustificare l'opera della reden­zione, voluta da Dio.

Sconfitto totalmente in Maria, satana lo sarà ancora, fino alla fine dei tempi, in Lei e attraverso Lei: è questa la «via» scelta da Dio, obbligata perché così è piaciuto

a Lui. E cioè: Gesù continua a redimere le anime, serven­dosi principalmente della sua Mamma Immacolata che, così, continua dal cielo la sua missione. «L'Immacolata ha lasciato la terra - dice P. Kolbe - ma la sua vita è penetrata e si è dilatata sempre più nelle anime», con una attività incessante di tenera Madre delle anime redente. Ma tutto questo lo si può provare teologi­camente?



1. L'Immacolata, «via» di Dio

Che l'Immacolata sia «via» obbligata, necessaria di salvezza e di vittoria, lo si deduce già da quanto detto precedentemente. Se, infatti, l'Immacolata è Colei attra­verso cui tutto discende dalla Trinità a Cristo e agli uomini; e tutto ritorna, in maniera inversa, al Padre, vuol dire non solo che la grazia della vittoria sui nemici di ogni genere viene attraverso Lei; ma che l'Immacolata è pure la sola «via» della vittoria. Tutto cioè si realizza con e attraverso l'Immacolata: la rigenerazione alla vita soprannaturale come il fervore e la santità e il conse­guente fallimento del piano demoniaco. P. Kolbe lucida­mente ne tira tutte le conclusioni. Se il Verbo Incarnato, capolavoro dello Spirito Santo, viene plasmato in Maria, «anche dopo la morte di Cristo, lo Spirito Santo opera ogni cosa in noi attraverso Maria. Infatti, ciò che il Crea­tore disse al serpente a proposito di Maria: «Ella ti schiaccerà il capo» (Gen 3, 15), secondo l'insegnamento dei teologi deve essere inteso senza limitazione di tempo (siamo noi a sottolineare!). È compito dello Spirito Santo formare sino alla fine del mondo le nuove membra dei predestinati del Corpo mistico di Cristo. Ma, come il beato Luigi Grignon dimostra, quest'opera viene portata a compimento «con Maria, in Maria, e attraverso Maria», in un concatenamento misterioso e sublime, che rende più mirabile il piano di Dio.

Dottrina, questa, confermata dalla Chiesa, anche recentemente, nel Concilio Vaticano II. Questi, infatti, dopo aver affermato che Maria cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore per la restaurazione della vita soprannaturale delle anime, divenendo per questo nostra Madre nell'ordine della grazia, così si esprime: «Questa maternità perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato (...) fino al perpetuo coro­namento di tutti gli eletti. Difatti anche dopo la sua Assunzione in cielo, non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenere i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna». Una funzione che, oltre tutto, si armonizza mirabilmente con la mediazione unica del Cristo: «Questa funzione materna di Maria verso gli uomini, in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini, non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua effica­cia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita».

Dottrina, limpidamente ripresa, non meno, da Papa Paolo VI, che afferma: «Lo sviluppo (...) della devozione verso la Vergine Maria, inserita (...) nell'alveo dell'unico culto che a buon diritto è chiamato cristiano (...) è ele­mento qualificante della genuina pietà della Chiesa. Per intima necessità, infatti, essa rispecchia nella prassi cul­tuale il piano redentivo di Dio, per cui al posto singolare, che in esso ha avuto Maria, corrisponde un culto singo­lare per Lei».

Perché Dio abbia voluto così, non è difficile indovi­narlo, specie dopo i tanti scritti dei santi Padri, a riguardo: satana che aveva vinto a mezzo della donna, viene a sua volta sconfitto dalla Donna Immacolata. Dio ha accettato la sfida lanciatagli. E così, anche, la donna, fatta strumento di rovina dell'uomo (un «segno» che ricorrerà incessantemente, negli attacchi dei nemici della Chiesa), diviene magnifico strumento di salvezza per e nell'Immacolata. Una realissima e stupenda promozione della donna, oltre tutto, tutt'altra cosa da quella, spesso, perseguita da un femminismo equivoco e poco coerente.

Dio ha scelto la «via» della donna anche per facilitare l'accesso a Lui: «Chi si avvicina a Lei (= l'Immacolata) - ripete P. Kolbe - per ciò stesso si avvicina a Dio, solo che lo fa percorrendo una strada più breve, più sicura e più facile». Perché? A parte anche le ottime e belle ragioni, addotte dal Montfort, si deve dire che, da una parte, Dio, volendo usare verso di noi l'infi­nità del suo amore misericordioso, ha voluto trovare come una giustificazione valida di fronte alle esigenze della non meno infinita sua giustizia. «In una famiglia, spiega P. Kolbe, talvolta il padre si rallegra allorché la madre, con un proprio intervento, trattiene la sua mano che vorrebbe castigare il figliuolo, poiché in tal caso viene data soddisfazione alla giustizia e si manifesta pure la misericordia. Non è senza ragione, infatti, che la giusti­zia viene sospesa. Allo stesso modo anche Dio, per non castigarci, ci offre una madre spirituale, alla cui interces­sione non si oppone mai. Ecco perché i santi affermano che Gesù ha riservato a sé l'economia della giustizia, per affidare all'Immacolata l'intera economia della misericor­dia».

Dall'altra parte Egli ha donato a questa incom­parabile Creatura un cuore così grande, che mai resta insensibile alla pur minima invocazione o gemito dei figli suoi: «Sì, perché, umanamente parlando, il Cuore divino è simile al cuore di un buon padre di famiglia. Se uno dei figli si rende colpevole di qualcosa, il padre deve punirlo, perché così esige la giustizia, anzi lo stesso amore verso il figliuolo, affinché questi non trascuri il proprio sbaglio. (...) Ebbene, il Cuore divino di Gesù, che arde di amore verso di noi, che siamo colpevoli, trova a que­sto proposito un mezzo degno della sapienza divina. Ci dona come madre e protettrice la propria carissima e dilettissima Madre, la creatura più santa dei santi e degli angeli, alla quale non è capace di rifiutare nulla, poiché Ella è la più degna e la più amata delle madri. Inoltre, Egli Le ha dato un cuore molto grande, così che non possa non preoccuparsi della salvezza e della santifica­zione di ogni uomo». Ciò, continua P. Kolbe, è «un ponte già pronto verso il sacratissimo Cuore di Gesù. Colui che cade in peccato, sprofonda nel vizio, disprezza le grazie divine (...), costui deve forse disperare?

No, giammai! Infatti, egli ha una Madre che gli è stata data da Dio, una Madre che segue con cuore tenero ogni sua azione, ogni sua parola, ogni suo pensiero. Ella non si preoccupa del fatto che egli sia degno oppure no della grazia della sua tenerezza. Ella è soltanto Madre di mise­ricordia, perciò si affretta ad accorrere, anche se non è affatto invocata, dove si manifesta in modo più grave la miseria delle anime. Anzi, quanto più l'anima si è deturpata con il peccato, tanto più si manifesta in Lei la misericordia divina, di cui l'Immacolata è appunto la personificazione». E conclude: «Perciò, noi lottiamo per consegnare all'Immacolata lo scettro di comando su ogni anima. Infatti, se Ella riesce solo ad entrare in un'anima (...) non può permettere che essa si perda...».

Questa «via» dell'Immacolata, ossia della «Donna», Dio l'annunciò subito dopo la caduta di Adamo e la sua condanna. Al serpe ingannatore dirà appunto: «Io porrò inimicizie tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

Parole che, dunque, provano abbondantemente non solo che la lotta si protrarrà fino alla fine dei secoli; ma anche che la vittoria piena sarà della donna e della sua stirpe.

Così, in pratica, stanno le cose, è questo il progetto misterioso di Dio: l'Immacolata è «passaggio obbli­gato». L'anima o il singolo fedele può anche ignorare e non comprendere tutto ciò, il necessario è che non si rifiuti coscientemente il ruolo essenziale di Maria: «Non sempre le creature si rendono conto di tutto questo, tut­tavia avviene sempre così». Ad un Fratello religioso, che trova difficoltà ad applicare le norme di devozione all'Immacolata, suggerite dal P. Kolbe, questi gli rispon­deva: «Mio caro, non si tratta del fatto che tu debba sentire o pensare, ma unicamente che questa è appunto la realtà, anche se non ci si pensi per nulla». «Tu puoi anche non conoscere per nulla queste belle verità, puoi non comprenderle, puoi non ricordarle affatto e non essere capace, con la tua intelligenza limitata e con la tua immaginazione, nemmeno di riuscire a fartene un'idea in modo umano...». «Se però qualcuno dicesse a se steso: Io non ho bisogno della mediazione di nessuno, non ho bisogno della Madonna santissima, io sono in grado di adorare e di rendere omaggio da solo al SS. Cuore di Gesù e di chiederGli ciò di cui ho bisogno, non avrebbe ragione Gesù di respingerlo per una superbia così insopportabile?».



2. Come attuare la «via» o il ricorso all'Im­macolata.

Come entrare in questa «via», ossia come fare per impostare e condurre la lotta ai nemici di Dio con e attraverso l'Immacolata?

a) L'anima deve imparare ad amare teneramente l'Im­macolata. Si impone, cioè, una grande devozione all'Im­macolata. La devozione, in effetti, - prescindendo, per il momento, dal più profondo e originario significato di consacrazione, che tale parola implica -, è amore e, quindi, anche un operare nel clima e nella logica dell'a­more. L'amore è la forza unitiva più feconda che esista: unisce e, sotto certi aspetti, identifica alla persona amata, e cioé a Dio, sicché chi opera, opera in quelche modo con la forza e la potenza di Dio a cui è unito. Lo stesso deve dirsi, fatte le debite proporzioni, dell'amore all'Im­macolata. Muoversi, operare da «devoti» di Lei è muo­versi e operare nell'amore, uniti quindi a Lei, è muoversi perciò ad operare con la sua potenza e la sua forza. Sta qui il segreto del successo dei santi e del P. Kolbe, in particolare. In effetti, la povertà e la debolezza dell'uomo, nelle mani dell'Immacolata, diventano forza formidabile. L'anima che a Lei si affida diviene un po' come Lei, che sempre ha trionfato dei suoi nemici. E all'Immacolata deve unirsi per meglio glorificare il Padre: «Quanto più esattamente un'anima comprenderà che tutti gli atti di un amore vengono indirizzati al Padre, per il fatto che è il fine ultimo, e che nell'Immacolata essi acquistano una purezza immacolata, mentre in Gesù Cristo acqui­stano un valore infinito, degno della maestà santissima del Padre, tanto più essa si infiammerà di amore verso Gesù e Maria», offrendoLe tutto perché possa glorifi­care Dio. Ovviamente, più forte sarà il vincolo d'amore, più grande e perfetta sarà l'identificazione con l'Immaco­lata; quanto più spazio Le si concederà, permettendole assoluta libertà di azione, tanto più sicura e luminosa sarà la vittoria. P. Kolbe, a tal proposito, parla spesso di amore illimitato: l'anima deve tendere, cioè, ad impe­gnarsi ad amare l'Immacolata senza limiti e senza riserve. E questo il segreto di ogni vittoria e successo.

Cos'è, infatti, l'amore illimitato? «Un'amore illimitato all'Imma­colata! Cos'è? L'Immacolata è talmente unita a Dio mediante l'amore che si innalza al di sopra non solo di tutti i santi, ma anche al di sopra degli angeli, degli arcangeli, dei cherubini, dei serafini; perciò un amore illi­mitato verso l'Immacolata ci eleva fino a Lei, e ci con­giunge a Lei mediante l'amore, al di sopra... di tutti costoro... Che cos'è l'amore illimitato all'Immacolata? Ella è vicinissima a Dio, mentre noi siamo vicinissimi a Lei e di conseguenza, attraverso Lei, a Dio stesso. Dio ha dato a noi questa scala bianca e vuole che noi, salendo su di essa, arriviamo fino a Lui, o piuttosto che Ella, dopo averci stretto al suo petto materno, ci porti fino a Dio. (...) Ella è madre, nostra e... di Dio. Dov'è, dun­que, il suo posto? E perciò anche il nostro? (...) Noi apparteniamo veramente a Lei. Perciò, siamo sempre e dovunque con Lei...». Ciò consentirà, appunto, tra l'altro, di partecipare, con più o meno intensità alla sua grazia e potenza, e di renderci invincibili e vittoriosi: «Quanto più uno si avvicina a Lei, tanto più abbondante­mente attinge alle grazie della conoscenza e dell'amore, di un amore generoso verso Dio che per amore è salito fin sulla croce».

Quest'amore illimitato e vittorioso su tutto, anche su tutti i nemici di Dio e della Chiesa, si concretizza praticamente nella e con la consacrazione illimitata e incondzionata all'Inunacolata. Perché?... la risposta ci viene dalla natura stessa della consacrazione. Cos'è, infatti, la consacrazione?

b) La consacrazione totale. La consacrazione totale è la donazione di tutto se stesso a Dio, attraverso l'Im­macolata. Ci si dona, dice P. Kolbe «A Lei completa­mente e sotto ogni aspetto, quali suoi figli, suoi schiavi di amore, suoi servi, suoi strumenti, sotto ogni aspetto, sotto ogni denominazione che qualsiasi persona in qua­lunque tempo potrebbe ancora formulare. E tutto questo come cosa e proprietà a sua completa disposizione, perché Ella si serva di noi e ci sfrutti fino alla nostra completa consumazione».

Specificando meglio, P. Kolbe afferma: «Noi consegniamo a Lei tutto il nostro essere, tutte le facoltà dell'a­nima, vale a dire l'intelletto, la memoria e la volontà; tutte le facoltà del corpo, cioè tutti i sensi e ciascuno singolarmente, le forze, la salute o l'infermità; conse­gniamo a Lei l'intera nostra vita con tutte le sue vicende, piacevoli, tristi o indifferenti. Consegniamo a Lei la nostra morte, in qualsiasi momento, luogo e modo essa ci capiterà. Le consegniamo perfino la nostra eternità. Anzi, noi abbiamo la ferma speranza che solo in paradiso potremo appartenere a Lei in un modo incomparabil­mente più perfetto». Dono vero, a tutti gli effetti, che rende l'Immacolata padrona e signora del nostra essere: «L'anima offre all'Immacolata i propri atti di amore (= e tutto il resto, come detto), non come si consegna un oggetto ad un mediatore qualsiasi, ma in proprietà, in piena ed esclusiva proprietà, poiché com­prende che l'Immacolata offrirà a Gesù tali atti come fos­sero suoi propri, vale a dire li offrirà senza macchia, immacolati; Gesù poi li offrirà al Padre».

Essere, allora, «cosa e proprietà» dell'Immacolata significherà, anche, non avere più alcun diritto su se stesso e i propri atti: «Consacràti a Lei illimitatamente (...) non abbiamo diritto né a pensieri né ad azioni, né a parole nostre. Ella ci governi «dispoticamente». Si degni benevolmente di non rispettare la nostra libera volontà e, qualora noi volessimo in qualsiasi cosa svincolarci dalla Sua mano immacolata, ci costringa». Siamo vera­mente al concetto della «cosa», come si esprimevano i Romani, per es., a proposito degli schiavi. Ad un Frate, P. Kolbe scriveva apppunto così: «Cosa e proprietà. Ella faccia con te ciò che vuole, non si senta legata ad alcuna limitazione derivante dagli obblighi di una madre nei confronti del proprio figlio. Sii cosa, proprietà di Lei, Ella si serva liberamente di te, disponga di te senza alcuna riserva per qualunque cosa Ella voglia. Sia la proprietaria di te, la tua Signora e Regina assoluta. Il servo vende il proprio lavoro; tu, al contrario, offri in dono la fatica, la sofferenza, tutto te stesso. Supplicala affinché non rispetti la tua libera volontà, ma agisca con te sempre liberamente, secondo la sua volontà. Di Lei sii figlio, servo, schiavo d'amore, sotto ogni aspetto e sotto qua­lunque denominazione formulata finora o che potrebbe essere escogitata in questo nostro tempo o in avvenite. In una parola: sii di Lei».

Essere tutto di Lei, come sua cosa e proprietà, senza più alcun diritto personale, costituisce l'essenza stessa della consacrazione, da distinguersi bene da qualsiasi altro elemento, pur buono e utile, ma, decisamente, secondario: «tutte le pratiche che servono per approfondire la cono­scenza dell’Immacolata e uniscono più ad Essa sono molto desiderabili» (...). L'essenza della consacrazione è essere dell'Immacolata come Essa è di Dio: «L'essenza è: essere di Essa illimitatamente. (...) Essa è di Dio. È perfetta­mente di Dio, perfino da diventare quasi una parte della SS. Trinità, benché sia una creatura finita. Anzi non sol­tanto è "ancilla", "figlia", "res", "proprietas" etc. di Dio, ma anche Madre di Dio!... Qui la testa gira... quasi sopra Dio, come la madre è sopra i figli ed essi devono rive­rirla... (...). E noi siamo Suoi, dell'Immacolata, illimitata­mente Suoi, perfettissimamente Suoi, siamo quasi Essa stessa. Essa per mezzo di noi ama il buon Dio. Essa col nostro cuore povero ama il suo divin Figliuolo. Noi diventiamo il mezzo per il quale l'Immacolata ama Gesù, e Gesù vedendo noi proprietà, quasi parte della sua ama­tissima Madre, ama Essa in noi e per noi. Che bellissimi misteri!...»



3. Strumenti vittoriosi del suo amore miseri­cordioso [SM=g27998]

La consacrazione, identificando l'anima con l'Imma­colata, la rende partecipe pure della sua missione vitto­riosa. L'Immacolata è lo strumento di cui si serve Dio, nella sua infinita sapienza e misericordia, per umiliare i «nemici» e far trionfare il suo amore di misericordia: «Ella è strumento di Dio. Con piena consapevolezza si lascia volontariamente condurre da Dio, si conforma alla sua volontà e ciò nel modo più perfetto possibile, senza il minimo difetto, senza alcuna deviazione della propria volontà dalla volontà di Lui. È uno strumento di Dio nel perfetto uso dei poteri e dei privilegi a Lei concessi, per compiere sempre e in tutto, unicamente ed esclusiva­mente la volontà di Dio, per amore verso Dio uno e trino. Questo amore verso Dio raggiunge vette tali che produce frutti divini di amore. La sua unione di amore con Dio giunge fino al punto tale che Ella diviene Madre di Dio». Tutto questo, naturalmente, non senza vistosi e mirabili effetti anche nella lotta ai nemici di Dio e del bene. Infatti - è il principio enunciato dal P. Kolbe e fondamentalmente anche dalla Tradizione cri­stiana - più si è vicini a Dio, più si partecipa della sua santità e del suo amore e della sua onnipotenza vitto­riosa. A Dio nessuno può resistere! Ne consegue che l'Immacolata, avendo raggiunto le vette della partecipa­zione, possibile a creatura, possiede pure, o meglio, può disporre, della stessa forza di Dio. L'inferno, perciò, nelle sue più diversse ramificazioni ed espressioni, è sconfitto precisamente così, attraverso l'Immacolata Madre di Dio.

L'anima, consacrandosi all'Immacolata, diviene anch'essa, in Lei e per Lei, strumento di amore vittorioso. In che senso «strumento» e «strumento di vittoria»? Non si tratta, certo di abdicare completamente alla propria libertà, per divenire automi nelle mani dell'Immacolata. Come sempre, quando si parla di guida dall'alto, l'uomo, pur guidato dall'Immacolata, è mosso in conformità alla sua natura ragionevole. «Siamo degli strumenti - afferma il P. Kolbe -, ma non fisicamente costretti come un pennello nella mano di un pittore, ma guidati attraverso la ragione e la volontà». La perfezione dell'uomo sta, appunto, nell'essere guidato, sapientissimamente ed infal­libilmente, dall'alto, ma nel pieno rispetto della sua libertà. Il santo, che è perfettissimamente uomo, è anche perfettissimamente strumento della grazia. Un mistero che, pur arduo a comprendersi e a spiegarsi, è però chiaramente avvertito da tutti coloro che hanno conosciuto e trattato con qualcuna di quelle creature ecce­zionali, che sono i santi. D'altra parte, chi potrà mai negare che essi erano misteriosamente sospinti dall'alto nelle loro più sorprendenti gesta?... La consacrazione vuol portare a questa perfezione, sull'incomparabile modello che è l'Immacolata, Madre di Dio.

L'Immacolata, poi, è solo e sempre, nelle mani di Dio, strumento di amore misericordioso. Dio, cioè, vuole comunicare attraverso Lei la grazia della salvezza, quella grazia, in effetti, che è anche confusione e sconfitta del male e dei nemici del bene. Consacrata e quasi identificata con Lei, anche l'anima diviene strumento di grazia e di misericordia nelle di Lei mani: «Ella è strumento perfettis­simo nella mano di Dio, nella mano della misericordia divina, del sacratissimo Cuore di Gesù, così noi siamo uno strumento nella mano di Lei. E così, attraverso Lei, siamo lo strumento del sacratissimo Cuore di Gesù, vale a dire della misericordia di Dio».

Ma cosa implica essere strumento nelle mani dell'Im­macolata?

Importa soprattutto lasciarsi guidare dall'alto in tutte le cose, in completa docilità, nella certezza assoluta che non solo chi guida non potrà mai sbagliare; ma nella convinzione anche che è questo l'unico modo per fare il massimo, in ogni campo, anche nella lotta al nemico. P. Kolbe, a questo proposito, è perentorio: «Immagi­niamo di essere un pennello nella mano di un pittore infinitamente perfetto. Che cosa deve fare il pennello, affinché il quadro riesca il più bello possibile? Deve lasciarsi dirigere nel modo più perfetto. Un pennello potrebbe anche avanzare delle pretese di miglioramento da parte di un pittore terreno, limitato, fallibile, ma quando Dio, la Sapienza eterna, si serve di noi quali stru­menti, allora faremo il massimo, nel modo più perfetto, purché ci lasciamo guidare in modo perfettissimo e totale».

Si tratta dunque di fare la volontà di Dio o - il che è praticamente la stessa cosa - la volontà dell'Imma­colata. Ma come conoscere questa volontà?... La si cono­sce unicamente attraverso i comandi e le disposizioni dei legittimi superiori: «Come Dio rivela la propria volontà? Per mezzo dei suoi rappresentanti qui sulla terra. L'obbe­dienza, quindi, e solo la santa obbedienza ci manifesta con certezza la volontà di Dio».

P. Kolbe non ha alcun dubbio in merito: «Attraverso la santa obbedienza si manifesta la volontà certa di Dio, la volontà dell'Immacolata; attraverso la santa obbedienza diventiamo davvero uno strumento nelle mani di Lei (...); attraverso la santa obbedienza la nostra volontà si unisce con la volontà di Lei così come la volontà di Lei è stret­tamente unita con la volontà di Dio». Unendosi per­fettissimamente alla volontà di Dio, alla sua forza onnipo­tente, l'anima diviene più forte di ogni male e di ogni nemico, e perciò arriva a tutte le vittorie e alla sconfitta di tutti i nemici. E, cioè, attraverso l'obbedienza, l'anima arriva sia alla santità, che è la più totale sconfitta del male, che opera nell'uomo e contro l'uomo, e sia ad umi­liare l'inferno e i nemici del bene, ottenendo conversioni clamorose o impedendo o circoscrivendo i disastrosi effetti del male e di coloro che ne sono portatori, diffu­sori ed esaltatori. E, infatti, la via dell'obbedienza assicura la massima gloria a Dio e la più grande santificazione alle anime. P. Kolbe, dopo aver provato che il fine della creazione è la gloria di Dio e la salvezza delle anime, si chiede: «Ma qual'è il modo migliore per rendere a Dio la maggior gloria possibile e guidare alla santità più eccelsa il maggior numero di anime?». Da notare le parole: il «modo migliore» per glorificare Dio; «santità eccelsa» e «il maggior numero» di anime! E risponde che Dio, che è onnisciente e infinitamente sapiente, ben capace perciò di conoscere questo modo, lo addita nel­l'obbedienza.

Per l'obbedienza «noi ci innalziamo al di sopra della nostra pochezza e possiamo agire conforme a una sapienza infinita (senza esagerazione), alla sapienza divina... [SM=g28002] (La via dell'obbedienza) questa e questa sola è la via della sapienza, della prudenza e della potenza infi­nita». P. Kolbe non esita, anzi, di affermare: «Miei cari, voi stessi sperimenterete nella vita, anche su questa terra, che tutta la perfezione della santità, tutto il fervore dell'azione, tutta l'efficacia dell'apostolato missionario fa affidamento non su una grande saggezza, né su un grande ingegno, né su grandi capacità e nemmeno sulla quantità di preghiere e di penitenze, ma unicamente sulla perfe­zione della santa obbedienza. (...) Attraverso la santa obbedienza diventiamo davvero uno strumento nella mano di Lei così come la volontà di Lei è strettamente unita con la volontà di Dio, allora attraverso la santa obbedienza diventiamo rigorosamente, matematicamente, infinitamente saggi nell'agire, infinitamente potenti, saggi e buoni, perché la volontà divina dev'essere sempre infi­nitamente saggia, buona e potente...». E, come riassu­mendo, conclude: «È soprattutto la conformità alla volontà dell'Immacolata il segreto del successo».

Che soprattutto l'obbedienza totale, insita nella con­sacrazione incondizionata, conduca alla santità consumata, P. Kolbe cerca di provarlo con ragione e motivazioni teologiche non prive di valore.

Ecco, dapprima, il principio teologico che la santità consiste nel grado di unione con la volontà di Dio: Il grado di perfezione dipende dall'unione della nostra volontà con la volontà di Dio. Quanto maggiore è la perfezione, tanto più stretta è l'unione». Che se l'Im­macolata, essendo perfettissima, ha raggiunto la più stretta unione con Dio, nell'anima perciò unita a Lei, tutto diventa immacolato e perfetto: «Se noi siamo del­l'Immacolata, allora anche tutto ciò che è nostro appar­tiene a Lei e Gesù accetta tutto ciò che viene da noi come se provenisse da Lei; come appartenente a Lei. In tal caso Ella non può lasciare imperfette quelle azioni, ma le rende degne di sé, cioè immacolate, senza la minima macchia. Di conseguenza, un'anima che è consa­crata a Lei, anche se non rivolge in modo esplicito il proprio pensiero all'Immacolata e offre direttamente al Sacratissimo Cuore di Gesù la preghiera, il lavoro, la sofferenza o qualsiasi altra cosa, tale anima procura al sacratissimo Cuore di Gesù un piacere incomparabilmente maggiore di quello che gli procurerebbe se ella non fosse consacrata all'Immacolata».
Quesra unione santifi­cante, stabilita con la consacrazione, è attualizzata, nella pratica della vita, nell'obbedienza, e cioè nell'adempi­mento perfetto della volontà dell'Immacolata. Si spiega, allora, perché l'obbedienza costituisce il più alto grado di santità: « è proprio vero che il compimento della volontà dell'Immacolata nei minimi particolari e nel modo più esatto» costituisce il più alto grado di santità. Poiché, in effetti, la volontà di Lei è la stessa volontà di Gesù, la volontà di Dio». L'obbedienza costituisce, anzi, l'essenza stessa della santità, essendo la più vera e integrale espressione di amore: «L'obbedienza sopranna­turale, l'unione della nostra volontà con la volontà divina, costituisce l'essenza stessa della santità, ossia dell'amore perfetto».

In concreto, infatti, «l'amore consiste nella santa obbedienza».

Tra le conseguenze che si potrebbero tirare da sì fecondi principi, P. Kolbe ne sottolinea soprattutto una di enorme importanza. E, cioè, il più grande problema, per chi combatte o vuole combattere le battaglie di Dio, è dato da nient'altro che di essere sempre più dell'Imma­colata, e di imparare a dipendere in tutto da Essa: è da questo unico problema che dipendono, oltre alla pro­pria santificazione, anche tutte le altre vittorie sui nemici di Dio. «Con l'atto di consacrazione - afferma P. Kolbe - noi ci siamo offerti all'Immacolata in proprietà asso­luta. Senza dubbio Ella è lo strumento più perfetto nelle mani di Dio, mentre noi, da parte nostra, dobbiamo essere degli strumenti nelle sue mani immacolate. Quando, perciò, debelleremo nel modo più rapido e più perfetto il male nel mondo intero? Ciò avverrà allorché ci lasceremo guidare da Lei nella maniera più perfetta. È questo il problema più importante e unico. Ho detto `unico'. Per la verità, ognuno di noi deve preoccuparsi unicamente di armonizzare, di con­formare, di fondere, per così dire, completamente la pro­pria volontà con la volontà dell'Immacolata, così come la volontà di Lei è completamente unita alla volontà di Dio, il suo Cuore al Cuore del Figlio Gesù. È l'unico problema. Qualunque cosa noi facciamo, fosse anche un atto più che eroico, in grado di sconvolgere le basi di ogni male esistente sulla terra, ha qualche valore unica­mente se, facendo tale atto, la nostra volontà si mette in armonia con la volontà dell'Immacolata e, attraverso Lei, con la volontà di Dio. Una cosa soltanto, quindi, vale a dire, la fusione della nostra volontà con la sua, ha un certo valore, anzi un valore totale. Questa è l'es­senza dell'amore (non il sentimento, benché esso pure sia buono), che ci deve trasformare, attraverso l'Immaco­lata, in Dio, che deve bruciare in noi e, per mezzo nostro, incendiare il mondo e distruggere, consumare in esso ogni forma di male».

Per vincere i nemici di Dio, bisogna arrivare, dun­que, alla più completa e totale conformità di volontà a quella dell'Immacolata. P. Kolbe, perciò, non cesserà di esortare: «Permettiamo a Lei di fare in noi e per mezzo nostro qualunque cosa desidera ed Ella compirà sicura­mente miracoli di grazia: e noi stessi diverremo santi e grandi santi, molto grandi, perché riusciremo a renderci simili a Lei ed Ella conquisterà, per mezzo nostro, il mondo intero ed ogni singola anima».

Che se il bene e la vittoria vengono attuati attraverso l'obbedienza, i rovesci e gli insuccessi apostolici e le vit­torie degli avversari devono ascriversi, evidentemente, almeno spesso, alla mancata conformità alla volontà dell'Immacolata. P. Kolbe è così convinto di tale verità che nulla teme tanto quanto il poter ostacolare, con la sua volontà e le sue iniziative personali, i progetti di Dio e dell'Immacolata. Sarà come un scio chiodo fisso, perciò, quello di implorare preghiere,: quasi in ogni let­tera, perché non incorra in tale sventura.

Ci sarebbe da chiedersi' a questo punto: come mai, pur avendo conscrato tutto se stesso, l'uomo può sempre contrastare o impedire i piani di Dio.

La risposta non è difficile: l'uomo, pur se consa­crato, resta malato, malato soprattutto di amor proprio. Per l'amor proprio egli crede più e, spesso, solo al proprio giudizio; e, non amando essere vincolato a nulla e a nessuno, rifiuta ostinatamente ogni obbe­dienza. È questa la libertà dell'uomo «animale», consi­stente solo nel potere di scelta, indipendentemente da ogni legge e valutazione morale. Una libertà in completa opposizione alla libertà dei «figli di Dio» che, fondata e diretta al vero amore, si muove sempre non solo nell'ambito della legalità e della legittimità, ma arriva, in purissima dedizione, ai vertici dell'eroi­smo e della santità di amore. La libertà dell'animale o della carne è, in fondo, schiavitù, più o meno grande soggezione a istinti e tendenze cieche. La libertà dello spirito, invece, è dominio, governo delle passioni che causa ed è, anche, effetto del ristabilito ordine interiore e in tutto l'essere che, perciò, è completa disponibilità al servizio di Dio e dell'Immacolata. Una meta alla quale bisogna tendere per vivere, fino in fondo, la consacrazione all'Immacolata; e che si rag­giunge solo attraverso sforzi generosi, incessanti soste­nuti dalla grazia. P. Kolbe, a riguardo, così si esprime: «Noi siamo proprietà dell'Immacolata, ma, nonostante questo, ci rimane un amore proprio assai sottile che, all'atto pratico, rende impossibile l'esercizio del governo di Maria su di noi.
Noi possediamo un'indivi­dualità troppo grande per accettare volentieri tutti i progetti che la Madonna ha nei confronti della nostra vita (in pratica ciò si manifesta in modo evidente allorché qualcuno, ad es., decide di commettere un peccato). Di conseguenza riandando con il pensiero al ventennale servizio all'Immacolata, ho dinanzi a me, nella mia mente, coloro che hanno riconosciuto pienamente la loro indipendenza da Maria, si sono sottomessi in tutto ai suoi ordini e sono divenuti in modo sublime uno strumento nelle mani dell'Imma­colata, allo stesso modo dello scalpello nelle mani di uno scultore, del pennello al servizio di un pittore, della truppa disciplinata in attesa degli ordini di un comandante».

Questa coesistenza e persistenza dell'amor proprio, anche nell'anima consacrata all'Immacolata, fa capire che la consacrazione, più che essere un atto passeggero o un sentimento di una pur bella emozione, deve provenire e costantemente radicarsi, sempre più, in un amore di volontà che sfida e vince ogni mutevolezza di sentimenti e di entusiasmi sensibili: «Dell'Immacolata siamo servi, figli, schiavi, cavalieri e tutto, tutto, tutto; in una parola apparteniamo a Lei, siamo Suoi sotto ogni aspetto, Suoi ogni giorno di più! Ma come attuare tutto questo? Non dimentichiamo che l'essenza e la perfezione della nostra consacrazione non sono né il sentimento né la memoria, ma la volontà. Perciò, nel caso che uno non sperimenti per nulla la dolcezza dell'intima familiarità con Lei (ben­ché comunemente sia il contrario) e non sia capace di ricordarsi di Lei e di pensare per lungo tempo a Lei per qualsiasi motivo, se la sua volontà rimane accanto a Lei, se non revoca la propria consacrazione, anzi per quanto può la rinnova, ebbene, stia tranquillo, perché Ella regna nel suo cuore. E la volontà noi la possiamo controllare facilmente. Facciamo attenzione soltanto a conformarla sempre più perfettamente alla sua volontà e a compiere questa sua volontà nel modo più perfetto. Questo è tutto. Impegniamoci, inoltre, come un fanciul­letto, nel riconoscere la nostra totale dipendenza da Lei e, quindi, nello stringerci a Lei, come figli alla mamma».

Qui, come si vede, P. Kolbe tocca un problema ascetico di perenne attualità, interessando l'uomo di ogni tempo e condizione. E, cioé, passato il fervore e l'entusia­smo del momento, resta il «peso» di un impegno che non sempre si è disposti ad accollarsi. Può l'uomo apprendere come, praticamente, divenire «strumento», imparando, cioé, così ad impegnarsi e ad obbedire?... Lasciamo il problema di fondo ai maestri di ascetica. P. Kolbe, a sua volta, lo risolve, una volta di più, con il ricorso all'Immacolata. Così, infatti, si esprime: «Nep­pure io so teoricamente, e tanto meno praticamente, come si debba servire l'Immacolata, essere strumento di Lei, servo, figlio, schiavo, cosa, proprietà e, e... Lei stessa. Ella sola deve istruire ciascuno di noi in ogni istante, deve condurci, trasformarci in Se stessa, di modo che non siamo più noi a vivere, ma Ella in noi come Gesù vive in Lei e il Padre nel Figlio».

Come si vede, P. Kolbe è convinto che la «via» prin­cipale della lotta vittoriosa al male e ai nemici del bene è 1' Immacolata. Egli condivide appieno, senza dubbio, quanto afferma un articolista, del quale riporta il pensiero: «La convinzione che l'unico mezzo di salvezza contro il dominio di satana, che oggi va espandendosi nel mondo, è l'ardente devozione e imitazione dell'Immacolata». E cioé ad ogni anima che vuol salvarsi e santificarsi è necessario il ricorso all'Immacolata; e tutti coloro che, in un modo o in un altro, combattono o vogliono com­battere le battaglie di Dio, non possono fare a meno di Lei. È un'utopia, oltre che illusione pericolosa, voler combattere il male, marciando per vie diverse da quelle stabilite e indicate da Dio stesso. Un monito, questo, da soppesare bene e da approfondire molto, per cavarne tutte le conseguenze possibili e immaginabili.