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3. Una concezione dinamica della fede.

Il segreto del successo di P. Kolbe e della sua vitto­riosa battaglia con i massoni e i nemici della Chiesa deve ritrovarsi, anche, nella sua particolare concezione della fede, che poi, d'altronde, è la sola autentica. E cioè egli è profondamente convinto, contro tutte le affermazioni dei nemici e anche di tanti tiepidi cristiani, che la fede investe tutto l'uomo, in tutte le sue manifestazioni e atti­vità. La fede non è solo teorica accettazione delle verità rivelate; non è neanche solo il vivere, nella propria perso­nale intimità, i fecondissimi rapporti con Dio e l'Immaco­lata: cosa, peraltro, quasi impossibile, giacché una idea profondamente incarnata e vissuta, come già facevamo notare, non può non spingere, prepotentemente, all'a­zione. Le idee «incarnate» o «ossessive» sono, tutte, idee­forze di sorprendente efficacia. P. Kolbe, volendo per la sua Milizia un ruolo di attacco e di conquista, vuole, in fondo, la cosa più logica, nel campo della fede e dell'a­more. È impossibile, cioè, credere fino in fondo alla potenza e all'amore dell'Immacolata, è impossibile amarLa sinceramente, senza voler efficacemente che regni anche su tutti i cuori. È impossibile credere e amare sincera­mente, senza volere che Ella trionfi dei suoi «nemici» e sia amata anche da essi, almeno finché possibile. È pre­cisamente questa dimensione di fede, troppo dimenticata da tanti, che, una volta riscoperta, plasma degli autentici «soldati», tutto presi dal fascino di una guerra santa, fatta soprattutto di amore.

Inoltre, P. Kolbe sa bene che, nella guerra, l'attacco porta sempre, almeno inizialmente, dei vantaggi. Rinchiu­dersi in difesa dei domini e della morale, sotto i reiterati attacchi dei «nemici», se non é già una sconfitta, è per lo meno un grosso svantaggio. La difesa, presto o tardi, deve divenire per lo meno contrattacco, altrimenti finisce per cedere. E così, i successi di P. Kolbe appaiono anche risultato di una psicologica sicurezza, derivante, appunto, dal vivere fino in fondo, il proprio amore e la propria fede. «Il modo più efficace di convertire i Turchi - diceva anche Erasmo da Rotterdam - si avrà se essi vedranno risplendere in noi le parole e l'insegnamento di Cristo; se si accorgeranno che noi non desideriamo i loro imperi, i loro ori e i loro possessi, ma cerchiamo soltanto la loro salvezza e la gloria di Cristo. Questa è la teologia vera, genuina, efficace, che già una volta sottomise a Cristo la -superbia dei filosofi e gli scettri invitti dei principi. Se agiremo così e solo così, Cristo stesso sarà in noi». Un'idea che, in P. Kolbe, è dive­nuta una bandiera e un programma e un metodo di lotta.

E ancora, concezione dinamica della fede, in quanto intesa anche come ininterrotto sforzo di superamento, di tendere alle vette e ai vertici dell'amore, rinnovando, così, una delle più affascinanti caratteristiche del Medioevo, calunniato da tanti, ma pur sempre epoca di autentico progresso e di vita e per la Chiesa e per l'umanità in genere. Nel Medioevo, afferma la Pernoud, profonda conoscitrice di tale epoca, «vi è uno spirito di dépasse­ment, di superamento di se stesso, che trasmette un mes­saggio e una lezione valida per ogni epoca» (35). L'uomo deve sempre trascendere l'uomo, per assicurarne la gran­dezza e la gloria. L'uomo, appiattito all'orizzonte della terra e soddisfatto nei suoi bisogni di piccolo borghese, non merita quasi più di vivere. P. Kolbe ripropone, nella sua Milizia, ideale di lotta e di vittoria, anche l'uomo nella più genuina sua grandezza!

Quanto detto sembra portare ad una conclusione limpida e incontrovertibile: la M.I. è una «via» infallibile di vittoria sui nemici, nonostante la pochezza apparente dei suoi mezzi, perchè poggia graniticamente sulla fede e sull'amore soprannaturale. Una concezione, ancora una volta, profondamente aderente alla realtà e alla verità, sicché P. Kolbe non ha esitato a presentarla, oltre tutto, come una vera e propria concezione di . vita cristiana: «La Milizia dell'Immacolata (...) è una visione globale di vita cattolica sotto forma nuova, consistente nel legame con l'Immacolata, nostra Mediatrice universale presso Gesù».



CONCLUSIONE

Nonostante le vicissitudini di tempi ed eventi, che distanziano già parecchio dalla figura e dall'azione di P. Kolbe, il suo programma combattivo resta, ci pare, sostanzialmente valido, e suscettibile di ottimi sviluppi ed applicazioni. Un programma valido per tutti gli uomini e per tutte le situazioni, perché fondato su un realismo teologico e umano, che nulla può inficiare. L'Immacolata, anello principale che raccorda Cristo agli uomini e gli uomini a Cristo, resta eterno. L'apostolato, ogni apostolato, lo si voglia o no, lo si sappia o no, si svolge «attraverso» l'Immacolata. Noi «dipendiamo (...) dall'Immacolata per il fatto che Dio vuole - come affer­mano i Padri - che noi riceviamo tutto dall'Immacolata. La nostra dipendenza da Maria è maggiore di quanto noi possiamo immaginare. Tutte le grazie, assolutamente tutte, noi le riceviamo da Dio attraverso l'Immacolata, che è la nostra Mediatrice universale presso Gesù».

Programma sempre valido, perché i presupposti, le armi e i mezzi e le finalità di ogni apostolato legittimo sono sempre gli stessi. Chi opera e vince il male princi­palmente non è l'uomo con i suoi mezzi e risorse personali di natura, ma la grazia di Dio. Troppo grande e insidioso è il male perché l'uomo possa farvi fronte e vincerlo da solo! Più si punta, allora, sulla grazia; più si insiste sui mezzi che la ottengono e la alimentano e la moltiplicano, più l'apostolato diviene incisivo, fecondo, prodigioso. Più si guarderà all'Immacolata, come alla necessaria mediatrice di questa grazia, più facilmente e brevemente e integralmente si otterrà vittoria sui nemici. Si tratta di presupposti o di verità eterne che, malaugura­tamente, sotto spinte le più diverse e sconcertanti, l'uomo tende a dimenticare o a depreziare, con troppa fretta e facilità.

Il programma di lotta e la lotta stessa, portata eroica­mente avanti dal P. Kolbe, per anni, con tutto l'ardore e con tutti i mezzi, si rivela così, pure, un pressante invito a tutti i «soldati» di Cristo a riscoprire l'ebbrezza della donazione, e dell'abbandono alla grazia, al sopranna­turale, con l'Immacolata, nell'Immacolata e attraverso l'Immacolata. Un apparente rischio, per l'uomo e la natura, di scomparire, di passare in sott'ordine; chance, invece, privilegiata e certissima di superamento, di vitto­ria e di successo.

I tempi che viviamo - tra i più dissacrati e laicizzati, ad opera soprattutto della massoneria e suoi adepti - sembrano i più adatti per una riscoperta che, decisiva per P. Kolbe, lo sarà non meno per tutta la Chiesa di Dio, sempre alle prese - e oggi più che mai -, con i nemici e il male. È di questo, in fondo, che parlava P. Kolbe quando, a proposito della sua Milizia, la voleva «trascendentale» più che universale. Tutto, infatti, dipende, dallo spirito che anima e lievita la Chiesa nella sua azione e nella sua vita!


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