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I SUFFRAGI: ATTO DI AMORE E AIUTO AI FRATELLI DEFUNTI [SM=g27998]

La liturgia funebre che abbiamo ricordato, mette in evidenza il pressante invito della Chiesa alla preghie­ra e alle «opere buone» in suffragio dei defunti. In realtà i suffragi sono un atto di amore verso coloro che Dio ha chiamato a Sé; e sono l'unico modo per aiutarli nella loro necessità. Essi, infatti, hanno biso­gno di una totale purificazione da ogni penalità dovu­ta per le colpe commesse, che, non compiuta duran­te il pellegrinaggio terreno, deve essere ultimata nel purgatorio. Il suffragio cristiano s'inserisce tra il debito di «pe­nalità» e la totale purificazione per abbreviarne il tempo. I cristiani, battezzati in Cristo, formano il suo «corpo mistico»; e mediante quella misteriosa e reci­proca partecipazione, chiamata «comunione dei san­ti», le opere buone degli uni sono di aiuto agli altri. Questa è la ragione teologica della validità dei suffra­gi, come ha sempre insegnato e praticato la Chiesa.

Le pene del purgatorio non vanno intese come un castigo inflitto da Dio. Esse hanno la loro causa nella tormentosa esperienza dell'anima per la sua forzata lontananza da Dio, sommo bene. Questa pena è cer­tamente la più dolorosa perché l'anima, libera da tutte le pastoie e alienazioni della vita terrena, è so­spinta verso Dio da un innato e insopprimibile desi­derio di essere simili a lui e vederlo faccia a faccia (1 Cor. 13,12) così come egli è (1 Gv. 3,2). Questa visione, chiamata «beatifica», è la ragione dell'estasi eterna dei beati in cielo, della quale le anime del purgatorio sono private fino al compimento della loro totale purificazione.



La purificazione dell'anima dopo la morte

La purificazione dell'anima nel purgatorio ha mol­teplici aspetti e momenti diversi. Prima di tutto: i peccati veniali, se ci fossero, ven­gono cancellati da quell'ardente amore che l'anima, ormai sicura della sua salvezza, nutre verso Dio. È una purificazione istantanea e proviene dallo stesso atto di amore. Secondariamente: le concupiscenze disordinate, le passioni e le inclinazioni al peccato che l'anima non ha combattuto durante la vita e che forse ha coltivato e radicato con i peccati commessi, esigono una più lunga e laboriosa purificazione. In paradiso, infatti, che è Dio stesso, non può entrare nulla d'immondo e d'inquinato. Ora le concupiscenze disordinate, le passioni perverse, le inclinazioni al peccato e altre cose simili sono disordini che Dio, somma santità, non può tollerare: quindi devono essere purificate. Questa purificazione sarà più o meno lunga e laboriosa secon­do il perverso e radicato disordine insito nell'anima. Il terzo caso riguarda la purificazione dei peccati gravi e mortali già perdonati mediante la confessione o, nell'impossibilità di questa, con l'atto di dolore perfetto. Il peccato mortale, anche perdonato come colpa e come castigo eterno, lascia «un debito o una penali­tà» per il disordine che ha portato nell'individuo e, spesso, nella stessa società. Ebbene questi disordini devono essere scontati durante la vita con la peniten­za volontaria o nel purgatorio. Solo l'infinita rettitudine di Dio e la sua infinita giustizia può determinare il tempo e i modi di questa purificazione.



I suffragi: il valore delle «opere buone»

Circa i «suffragi» per i defunti, non tutti i cristiani hanno una retta conoscenza della dottrina della Chie­sa e della sana teologia. Ogni «opera buona e santa» come la santa messa, la comunione, la preghiera, l'umile accettazione delle sofferenze della vita, il dovere quotidiano svolto con fede secondo la volontà di Dio, le volontarie peniten­ze, gli atti di carità fraterna, la pratica delle opere di misericordia corporali e spirituali sono «opere buone e sante» che Dio consiglia e, spesso, comanda e che accetta con benevolenza di Padre. Ebbene queste «opere buone e sante» assumono aspetti e valori di­versi: a) sono opere «latreutiche», cioè glorificano Dio per la sua infinita maestà e gloria; b) sono opere «eucaristiche» in quanto sono un dovuto ringraziamento a Dio per tutti gli aiuti e grazie che continuamente dona all'uomo. Questi due aspetti e valori delle «opere buone» hanno per oggetto diretto lo stesso Dio. c) Il terzo aspetto è «impetratorio». Ecco la parola di Gesù: Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perchè dove sono due o tre radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,19-20). d) L'ultimo valore delle «opere buone» è «soddi­sfattorio» in quanto, in certo modo, ripaga le offese che l'uomo arreca al suo Dio. Questi ultimi due aspetti hanno per oggetto l'uo­mo. Lo stesso sacrificio della croce, l'opera «buona» per eccellenza, ebbe tutti e quattro questi aspetti: due rivolti a Dio e due rivolti all'uomo.

Il cristiano e la comunità cristiana, possono offrire il valore «impetratorio» delle loro opere buone per se stessi o per il bene dei fratelli, secondo l'invito dell'a­postolo Giacomo: Pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza (Gc. 5,16). Questo merito, però, non può essere applicato per i defunti, essendo finito per loro il tempo della prova. D'altra parte, l'unica grazia che i defunti possono ricevere è la «visione beatifica» che, come abbiamo già visto, è solo riman­data alla loro completa purificazione.

Tutto il valore del suffragio cristiano è racchiuso nel quarto aspetto delle «opere buone», cioè nel valo­re «soddisfattorio, che può essere offerto per le ani­me dei defunti a loro purificazione. Come Gesù offrì il sacrificio della croce in «espiazione vicaria» per i peccati dell'umanità, così il cristiano può offrire le sue opere buone per la purificazione delle anime dei defunti. La ragione teologica della validità dei suffragi offer­ti per le anime del purgatorio, proviene dalla miste­riosa relazione che unisce la Chiesa pellegrina in terra a quella del purgatorio e a quella trionfante in cielo. E come la Chiesa dei nostri Santi del cielo «intercede» per la Chiesa terrena, così questa può «espiare e sod­disfare per quella del purgatorio. Pertanto i cristiani che aiutano i fratelli defunti con le «opere buone» che abbiamo ricordato, compiono un meraviglioso atto di carità fraterna, raccomandato dalla Chiesa, accetto a Dio e utile a loro stessi.



I suffragi: le varie specie e loro efficacia

Una forma particolare di aiuto ai defunti è «l'indul­genza». Il suo valore non dipende dalle preghiere o dalle altre opere buone indicate dalla Chiesa per ac­quistarla, ma in quanto la Chiesa stessa mette a dispo­sizione dei fedeli defunti i meriti e le opere sante di Cristo e dei suoi figli migliori: la vergine Maria, i santi, i martiri e gli innumerevoli cristiani, vissuti lungo i secoli, che nel nascondimento, nella penitenza e nella preghiera hanno cercato Dio giorno e notte. Il merito «espiatorio» o «soddisfattorio» dell'indul­genza è proprio di chi l'acquista, ma la Chiesa può disporre che sia applicato anche per i defunti. L'indulgenza infatti è un tesoro che la Chiesa apre quan­do vuole e distribuisce secondo le sue intenzioni, essendone la depositaria. Anche per l'indulgenza, come per i suffragi in ge­nere, è difficile stabilire quanto giovi all'anima per la quale viene applicata. Infatti la Chiesa e la Tradizione non hanno direttive sicure da parte di Dio. Una cosa, però, è certa: la somma giustizia di Dio e la sua infini­ta rettitudine non possono disattendere l'intenzione di chi acquista l'indulgenza. Le rivelazioni private a questo proposito non sono sempre affidabili e non vanno prese come norma generale.

L'insegnamento della Chiesa, interpretato dalla sa­na teologia, presenta alcune verità che riteniamo uti­le ricordare per illuminare tanti interrogativi circa lo stato delle anime del purgatorio e circa i suffragi fatti per loro.

1. I defunti non possono meritare nulla per sé; il tempo della loro prova è finito con la morte. Essi accettano con amore le pene che la misericordia di Dio offre a loro per una totale purificazione; anzi desiderano che siano aumentate per partecipare quanto prima alla visione beatifica di Dio, oggetto ultimo di ogni loro brama. In questo però sono uni­formati alla paterna provvidenza di Dio che tutto dispone con somma giustizia e rettitudine.

2. I defunti in purgatorio possono pregare e offrire le loro pene (= il merito impetrativo) per noi pel­legrini sulla terra, specialmente per quanti pregano per loro. Da ciò si comprende come le opere buone fatte per i defunti, siano assai vantaggiose anche per coloro che le compiono.

3. La santa messa è il massimo dei suffragi perché applica alle anime dei defunti il merito «soddisfatto­rio» dello stesso sacrificio di Gesù, reso attuale nei segni sacramentali sull'altare. Quanto di questo merito sia applicato all'anima per la quale si celebra la messa, è difficile stabilire. La giustizia di Dio e la sua infinita rettitudine tengono certamente conto dell'intenzione del sacerdote e di quella dell'offerente.

4. La messa per i defunti è sempre vantaggiosa a loro per due motivi: Dio ama le anime del purgatorio e desidera liberarle per averle con sé nella gloria del cielo. Deve, però, tener conto del loro cammino di purificazione, richiesto dalla sua somma santità. Le anime, poi, sono più che ben disposte a ricevere la soddisfazione del sacrificio di Cristo, a differenza di noi pellegrini in terra sempre attaccati ai nostri pec­cati.

5. Oltre la santa messa, altri suffragi utilissimi alle anime del purgatorio, sono: la comunione ben fatta, la preghiera, qualche offerta, la penitenza, le indul­genze, la vita cristiana vissuta con impegno, le opere di misericordia corporali e spirituali, ecc.

6. Le «Messe Gregoriane». Per quanto riguarda questo particolare suffragio si devono tener presenti alcuni principi. L'origine: esse si basano su un fatto storico narrato dal papa san Gregorio; il sacrificio, cioè la spesa che fa l'offerente nell'ordinare le trenta messe; il merito di tante messe applicate per lo stesso defunto; infine la tradizione della Chiesa che ha sem­pre considerata valida questa pia pratica. Nonostante tutto questo, il cristiano ben illuminato riconosce che i suffragi offerti per le anime del purgatorio sono distribuiti dalla libera volontà di Dio che certamente tiene conto, per giustizia e rettitudine, dell'intenzio­ne di coloro che li compiono, come abbiamo già affermato.

7. Il precetto della carità fraterna, tanto inculcato da Gesù, spinge delle anime generose a fare «l'atto eroico» a favore delle anime nel purgatorio. Esso consiste nell'offrire per loro le preghiere, i sacrifici i meriti e tutte le altre opere buone fatte durante la vita. Con questo meraviglioso atto di carità fraterna, il cristiano offre la sua vita per i fratelli bisognosi di purificazione nella certezza che Dio, a suo tempo, gli restituirà ogni cosa con un interesse degno di Dio. In conclusione, la devozione alle anime del purga­torio è una pratica che la Chiesa ha sempre favorito e raccomandato. Infatti nella liturgia eucaristica e in quella delle «Ore» non ha mai tralasciato di pregare per i fratelli defunti.



LA VISITA AL CIMITERO: PELLEGRINAGGIO DI SALVEZZA

Una esistenza estroversa e molto dispersiva è la triste condizione dell'uomo moderno. Le preoccupa­zioni, il lavoro, le tensioni per formarsi, conservare o migliorare la sua posizione, le relazioni interpersona­li e cento altre cose gli tolgono il più piccolo spa­zio ai tempo per ritrovare se stesso, per riflettere su progetti personali, spesso, più importanti della vita stessa. Oltre a queste dispersioni esterne e sociali, vi sono quelle interne alla famiglia: la radio, la televisione e le riviste seducenti che penetrano nelle stanze anche chiuse a chiave e incatenano i bambini, gli adulti e gli anziani al punto che la famiglia è ridotta a vivere come sulla veranda prospiciente a un pubblico mer­cato. Fra tanta dispersione e stordito dagli incessanti e contrastanti messaggi, l'uomo d'oggi difficilmente riesce a riflettere e prospettarsi i problemi che riguar­dano il suo spirito e il suo futuro dopo la morte.

Egli vive alla giornata, vittima, in buona parte, delle sedu­zioni materialistiche ed alienanti che la civiltà e la cultura contemporanee di continuo sollecitano. Anche la visita al camposanto per molti cristiani risente di simile vuoto di spiritualità che investe, pur­troppo, non solo la vita individuale, ma anche quella familiare e sociale. A somiglianza di quei turisti che entrano nella casa di Dio e, dopo aver scandagliato ogni angolo, se ne vanno senza aver formulato un semplice pensiero della presenza del Signore, così molti visitatori del cimitero ripartono senza lasciarsi neppure sfiorare dalle meravigliose verità che la fede cristiana offre ai suoi figli e che noi abbiamo cercato di richiamare in queste brevi pagine.

Il cristiano che intende compiere una fruttuosa vi­sita al camposanto deve prepararsi spiritualmente. Deve richiamare alla memoria alcune verità che la fede sottopone alla sua riflessione. Non può, quindi, ridursi a una visita di puro rimpianto, di affetto o di cortesia: portare un fiore, accendere un lume, riasset­tare la tomba. Questi gesti, squisitamente umani, non sono da svalutare, anzi da compiere con amore, ma non sono essenziali, né specificatamente cristiani.



Le attività dell'anima separata dal corpo

La prima verità che la ragione e soprattutto la fede presentano al credente è l'immortalità dell'anima. Quanti cristiani ne dubitano! Senza questa fede nella parola di Dio che l'afferma nel modo più assoluto, l'uomo è ridotto a una dimen­sione puramente materiale che la morte distruggerà per sempre. Allora sulla pietra sepolcrale bisognereb­be scrivere la parola: Fine! In questo caso la visita al cimitero non ha senso, e per un cristiano è un assur­do come rincorrere un sogno notturno! Il cristiano invece crede fermamente che l'anima del defunto continua a sopravvivere in attesa di ritor­nare a vivificare il suo corpo risorto, alla fine dei tempi. La differenza tra la natura angelica e quella dell'ani­ma sta proprio qui: l'angelo vive in sé e per sé; men­tre l'anima, pur vivendo in se stessa, tende natural­mente al rapporto con il suo corpo con il quale forma un'unica realtà: la persona umana.

Quanti interrogativi affollano la mente di coloro che stanno attorno alla tomba dei loro cari!... «Si ricorderanno di noi»?... «Ci saranno vicini»?... «Ci ameranno come prima»? Domande che suscitano tanta angoscia e reclamano una risposta: a) Le facoltà proprie dell'anima sono l'intelletto e la volontà, dalle quali ha origine l'amore. Ebbene, l'anima, anche separata dal corpo, conserva queste doti inalterate e perfette perché costituiscono la sua natura spirituale. b) Durante la vita terrena, l'anima, mediante i sensi del corpo, si era formata delle cognizioni, delle ami­cizie, delle idee e delle esperienze più o meno vaste e complete. È chiaro che tutto questo bagaglio di conoscenze l'anima lo porta con Sé; anzi, liberata dalla remora dei sensi, lo può maggiormente estende­re e perfezionare riflettendo in se stessa. c) La stessa conoscenza «analogica» di Dio che l'anima si era formata durante la vita, ragionando a par­tire dalle cose create, diventerà più perfetta, estesa e penetrante. Questo vale, è chiaro, per le anime del purgatorio che non hanno ancora la «visione beatifi­ca», propria dei santi in cielo. d) La ragione, e soprattutto la fede, attestano que­ste consolanti verità. Infatti le anime dei nostri morti non sono realtà evanescenti, ombre senza vita, ma persone vive e attive. Esse si ricordano di noi, ci amano e ci stanno vicine come quando erano con noi. Solo che, essendo senza il corpo, non possono manifestarsi ai nostri sensi.



La triplice situazione dell'anima separata dal corpo

«Che sarà di loro»? Ecco la domanda che più di ogni altra angoscia il credente! La fede ci assicura che le anime separate dal corpo si trovano di fronte a una triplice situazione. La prima, dolorosa ma possibile, è di coloro che chiudono il tempo della prova terrena con la co­scienza in peccato mortale, e senza aver domandato sinceramente perdono a Dio. Per costoro il giudizio di Dio è chiaro ed inappellabile: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt. 25,41). Queste anime conoscono Dio con la stessa cono­scenza «analogica» che avevano durante la vita, fatta, però, più penetrante e profonda perché libere dai condizionamenti della vita terrena. Tale conoscenza è la ragione della «pena del danno» che costituisce il loro inferno. Conoscono, infatti, il Bene infinito che hanno perduto, senza la speranza di poterlo, un gior­no, possedere. Questo è il più terribile tormento per­ché penetra la stessa natura dell'anima, creata per la conoscenza della verità e per la fruizione del sommo Bene. Oltre a questa pena, ve ne sono delle altre, come il fuoco, ricordato dalla parola di Dio. Per queste anime la Chiesa non prega né può pre­gare perché irreparabilmente perdute.

Il secondo caso, il più fortunato, è di coloro che passano da questa vita, non solo in amicizia con Dio, ma anche con una «perfetta purificazione» da ogni «penalità» dovuta per i peccati. Per costoro si avvera­no le parole che Gesù disse al ladrone sulla croce: In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso (Lc. 23,43). Il cristiano può compiere questa «totale purifica­zione» con il dolore perfetto dei suoi peccati, con l'amore sincero verso Dio, con la penitenza volonta­ria, con l'indulgenza e con tante altre «opere buone» che abbiamo visto trattando dei suffragi, applicando, però, il merito soddisfattorio a se stesso. Queste anime fortunate, lasciato il corpo e giudica­te favorevolmente, riceveranno immediatamente da Dio il dono di una grazia speciale che eleva il loro intelletto e la loro volontà e le rende idonee a «una chiara e intuitiva» conoscenza di Dio così come egli è (1 Gv. 3,2). Questa grazia speciale, propria degli elet­ti, è chiamata dai teologi «lumen gloriae» o «gratia visionis».

Tra la conoscenza naturale o «analogica» di Dio, propria dell'uomo durante la vita, e la conoscenza proveniente dalla visione beatifica, propria degli elet­ti, corre una differenza sostanziale riguardo il modo. La parola di Dio mette in luce questa differenza quan­do insegna: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo a fac­cia afaccia (1 Cor. 13,12). E ancora: Sappiamo che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è (1 Gv. 3,2). Questa conoscenza intuitiva e perfetta di Dio a faccia a faccia, così come egli è, compenetra pro­fondamente la stessa natura dell'anima, creando in essa l'amore beatifico che la mantiene nell'estasi eterna. Il cristiano che crede all'immortalità dell'anima e alla felicità che Dio ha preparato per i suoi amici nel suo paradiso, non guarderà a sacrifici e alla stessa morte pur di sentirsi ripetere le parole di Gesù: Veni­te, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo (Mt. 25,24).

Il terzo caso, forse il più frequente, è di coloro che lasciano questo mondo con la coscienza monda dal peccato grave, ma non completamente purificata, così da essere degni dell'immediata visione di Dio. Per queste anime la misericordia di Dio ha predispo­sto un tempo, più o meno lungo, di purificazione: il purgatorio. L'esistenza del purgatorio ha un duplice fonda­mento. Primo: la debolezza umana sempre peccatri­ce. Afferma, infatti, l'apostolo Giovanni: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la Verità non è in noi (1 Gv. 1,8). Il secondo fondamento è l'infinita santità di Dio che non può ammettere alla sua presenza nulla d'im­mondo. Perciò l'unanime tradizione della Chiesa, che da sempre ha pregato e prega per i defunti, testi­monia l'esistenza del purgatorio dove le anime si pu­rificano per rendersi degne della somma santità di Dio. Inoltre i documenti dei Concili e dei Papi, l'inse­gnamento dei Padri e l'unanime fede dei cristiani confermano che l'esistenza del purgatorio è una veri­tà che fa parte del «patrimonio» rivelato della Chiesa cristiana. Ebbene, le anime che lasciano il loro corpo con dei peccati veniali, con imperfezioni, con disordini e tendenze perverse, oppure con il debito o «penalità» di peccati gravi già perdonati, sono avviate al purga­torio per una «totale e completa purificazione» per essere degne della visione beatifica nel cielo. In que­sta necessaria opera di purificazione, la Chiesa pelle­grina sulla terra può stendere una mano a questi suoi figli e aiutarli con i suffragi, come abbiamo affermato nei capitoli antecedenti. Così i suffragi, oltre che essere un atto di squisita carità fraterna conseguono pure un interesse spiritua­le per coloro che li compiono. Le anime dei defunti, infatti, si ricordano dei loro benefattori e li ripagano con il cento per uno di quanto fanno per abbreviare le loro pene. Questa è la costante e universale Tradizione della Chiesa!

La Chiesa di Gesù è una sola, compaginata nell'a­more, e tuttavia si articola in tre stadi, distinti fra loro non tanto per il fattore tempo, quanto per la loro intima natura. a) La Chiesa gloriosa del cielo, formata dai nostri santi, vive nella visione beatifica di Dio, nell'estasi eterna. Essa intercede per noi pellegrini sulla terra, e noi possiamo pregare i nostri santi come fratelli e imitarne gli esempi. b) La Chiesa del purgatorio è formata dai nostri fratelli bisognosi di purificazione. Essi richiedono i nostri suffragi, e nello stesso tempo intercedono per noi conoscendo le nostre necessità, avendole speri­mentate durante la vita. c) La Chiesa terrena è formata da noi pellegrini nel tempo. Noi, mentre possiamo aiutare la Chiesa del purgatorio, siamo, a nostra volta, fraternamente so­stenuti dalle anime.del purgatorio e specialmente dai nostri santi del cielo. Questa meravigliosa «comunione dei santi» che forma l'unica Chiesa di Cristo, fa comprendere come i nostri morti non sono lontani da noi, ma, vivendo in Cristo, ci sono vicini più di prima e partecipano alla nostra vita e alle nostre necessità materiali e spiri­tuali secondo la volontà di Dio.



Riflessioni pratiche

Il cristiano che valica i cancelli del camposanto, con l'intenzione di compiere una visita fruttuosa per la sua anima, deve richiamare le meravigliose verità che abbiamo ricordato. Allora la sua visita non si risolve nel sostare davanti a dei semplici cadaveri ma in un incontro di anime vive che si conoscono, si parlano e si amano aspettando di riunirsi non solo ai loro corpi, ma anche a tutti noi nell'unica Chiesa dei santi in cielo. Molti vivono come se non dovessero mai morire, preoccupati solo di godersi la vita, di formarsi una posizione o in una alienazione morale indegna del­l'uomo. Ebbene il cimitero ricorda che la morte sta accovacciata ai piedi di ogni vivente, e che le libere scelte dell'uomo saranno giudicate da Dio che tutto vede e renderà a ciascuno secondo le sue opere... perchè presso Dio non c'è parzialità (Rm. 2,6-11). Una terza riflessione riguarda la «caducità» delle realtà umane. Gli uomini, spesso, affidano la loro memoria a un monumento, a una lapide o a cose simili che il tempo finisce per distruggere insieme con il ricordo. Il cristiano, invece, forte nella sua fede, cerca di trafficare i talenti ricevuti da Dio per sentirsi ripetere le parole di Gesù: Bene, servo buono e fedele, ... sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto: prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt. 25,21).

Il cimitero è il luogo consacrato al dolore umano. Il cristiano, però, lo considera «sacro» perché rac­chiude i corpi umani che furono il tempio dello Spi­rio Santo. Questi corpi, che la terra dissolve, sono nell 'attesa della beata speranza (Tt. 2,13) della risurrezione, secondo la parola immortale del Figlio di Dio. In conclusione, il cristiano che visita il camposanto è indotto a fare una verifica personale della propria fede nella vita futura; una verifica della propria spe­ranza di ritrovare i suoi fratelli nella Casa del Padre; una verifica del proprio e sincero amore verso Dio nell'osservanza fedele dei suoi comandamenti; una verifica della propria volontà di una «conversione coraggiosa e permanente» che gli garantisca le parole che Gesù disse al buon ladrone: Oggi sarai con me in paradiso. Solo così, il triste giorno della morte si tramuterà nel giorno più bello della vita.