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COME LEGGERE LA PAROLA DI DIO

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    00 03/09/2009 18:34

    PER LEGGERE LA BIBBIA COME PAROLA DI VITA

    Prof. don Carlo NANNI, Università Pontificia salesiana, Roma

    Leggere, interpretare e comprendere

    Leggere non vuol dire solo capire un testo. Implica anche una comprensione di ciò a cui si fa riferimento leggendo. E comporta anche in qualche modo una ricomprensione e una presa di posizione su noi stessi. Quando diciamo di "leggere" non solo un testo scritto, ma anche quel testo "analogo" che può essere un fatto, un evento, un comportamento, un atteggiamento nostro o altrui, ecc., non solo percepiamo dei segnali sintatticamente ordinati e cogliamo un significato, ma siamo portati anche a vederne le risonanze e le conseguenze pratiche e le estensioni alla realtà da noi già conosciuta o comunque vissuta. Anzi mettiamo anche in atto una sorta di "ermeneutica", vale a dire un processo di interpretazione, comprensione e ricomprensione della realtà e di noi stessi. Ripeto, lo facciamo quando leggiamo un articolo, un libro, un romanzo, ma anche quando leggiamo la condizione giovanile, i fatti che ci capitano, quando cerchiamo di capire i comportamenti nostri o di altre persone con cui veniamo a contatto.
    In ogni caso mettiamo in atto una dinamica, un movimento, un processo di riflessione e spesso di meditazione, vale a dire di considerazione più o meno lunga e attenta attorno a qualcosa, oltre la stessa lettura.
    Questo vale in genere.
    Intuite subito che ciò vale in particolare per una "lettura" religiosa di fatti, persone ed eventi; e più specificamente per quella che oggi comunemente diciamo "parola di Dio" (per la Bibbia in genere) e "parola del Signore" (per il Vangelo in particolare).
    Quando, secondo la tradizione, leggiamo e meditiamo sulla Parola di Dio, indubbiamente siamo portati a considerarla con attenzione, a vederne le implicanze per la nostra condotta e per la nostra vita. Si tratta di una profonda riflessione della mente (e del cuore), intesa a ricercare la verità, le ragioni e il senso religioso della vita. Ma c'è di più! Tutto ciò avviene "nella fede" e "nello Spirito": quello che leggiamo non è più solo parola scritta di Isaia o di Matteo, di Paolo o di Giovanni, ma di Dio, di Gesù!
    Dal letterario e dal cultural-religioso (ma anche dallo spirituale e dall'etico o dal pedagogico) ci eleviamo al piano della relazione con il Dio vivente e con gli altri in Lui: grazie alla luce dello Spirito Santo e dal nostro lasciarci illuminare e "animare" da Lui.

    Fatevi la vostra predica

    Il modo più semplice di "leggere la parola di Dio", lo abbiamo partecipando alla messa. Ascoltando o anche leggendo (magari in contemporanea), su un foglietto o su un messalino, le tre letture della messa, noi abbiamo l'occasione, più unica che rara, nel corso di tre anni, di leggere il meglio di quei "libri" che proclamiamo "parola di Dio".
    Infatti, le letture liturgiche assumono in un ciclo di tre anni (anno A, anno B, anno C) la gran parte della Bibbia e ce la mettono in una prospettiva di celebrazione e di vita. Inoltre, devoti e pazienti (!) ascoltiamo pure la "predica", che, come dice il corrispondente termine tecnico, "omelìa", dovrebbe essere una "pia esortazione" a lodare, ringraziare Dio per quanto ci ha rivelato e ad attuarlo nella celebrazione liturgica e poi, fuori di essa, nella vita quotidiana.
    Ma se si è distratti o il prete non ci basta o non ci soddisfa, occorrerà che ci facciamo da noi stessi la predica! Sarebbe un po' svilire la comunione se non si facesse "eucarestia", cioè azione di grazie per ciò che si è ascoltato e avuto in dono, e non si dovrebbe uscire di chiesa senza un'"idea evangelica" da portare a casa, nel lavoro e nella vita.
    Allora come fare?

    Anzitutto, prima di entrare in chiesa o quando ci stiamo, è importante sapersi raccogliere, ma più importante, anzi fondamentale, è invocare lo Spirito Santo che ci doni, nel partecipare alla messa, una "parola di vita".

    A questo scopo, certo sarà da ascoltare attentamente (non distraendosi troppo!) quanto ci viene letto. E quindi "rileggere" e far proprio quanto ci viene suggerito dal celebrante o da chi, comunque, offre una risonanza alla parola di Dio ascoltata.
    Altrimenti, prima o dopo, si riprendono in mano i testi, si parte dal Vangelo e/o dalla prima lettura, in modo da cogliere quella parte o aspetto della rivelazione che viene messo in evidenza (cioè cosa viene evidenziato del mistero di Dio e del nostro rapporto con Lui; o meglio quale "buona notizia", quale "evangelo" lo Spirito "oggi" ci dona). Quindi si passa alla seconda lettura, che normalmente ci aiuta a vedere alcune concretizzazioni etiche e comportamentali che il Vangelo ci invita ad assumere e a praticare.

    Come leggere da soli la parola di Dio della Bibbia o da un libro devoto?

    Più o meno la stessa tecnica si può praticare (io la pratico da quando ero studente al liceo) quando ci mettiamo a "leggere" o, come dicevamo una volta, a meditare la parola di Dio, direttamente dalla Bibbia, dal Vangelo o da un libro devoto.
    1. Anzitutto prepararsi invocando lo Spirito (non è leggere un romanzo o la Divina Commedia!), magari facendo nostra l'invocazione di sant'Agostino "Che io creda per capire, che io capisca per credere".
    2. Leggere attentamente (caso mai sottolineando o evidenziando parole o frasi interessanti) per capire il testo (e il suo genere letterario: i Salmi non sono lo stesso che il Libro dei Re o quello dei Maccabei).
    3. Cercare per quanto è possibile di immaginare l'ambiente vitale nel quale furono scritti (il contesto cui si riferiscono) e di capire le intenzioni dello scrittore (dell'evangelista in particolare: san Matteo parla a cristiani che vengono dall'ebraismo e per questo abbonda di citazioni dell'Antico Testamento).
    4. Se si tratta di un testo messo dentro la messa o altra forma liturgica, domandarsi il perché dell'inserzione nella liturgia (il che significa essere attenti ai periodi dell'anno liturgico, ad es. al fatto che siamo nel periodo dell'Avvento o del Natale).
    5. Cercare di cogliere il significato originario del testo, magari distinguendolo, se si riesce, dall'eventuale aggiuntivo che la comunità o l'autore vi hanno aggiunto. Per farlo, può essere utile confrontare il testo con passi paralleli o simili dell'uno o l'altro Testamento (antico e Nuovo Testamento). In ogni caso, come si dice, la Bibbia si spiega con la Bibbia: un testo va letto nell'insieme del libro in cui è contenuto e nell'insieme della Bibbia. Anzi per noi cristiani è fondamentale leggerlo "alla luce di Cristo e del suo Spirito" (come si dice nella Costituzione del Concilio Vaticano II, "Dei verbum").
    6. Ma soprattutto c'è da chiedersi: e per me/noi, oggi? Quale aspetto del "mistero" (di Dio, della nostra vita) viene messo in luce? Quali conseguenze per la vita e per l'azione personale e comunitaria (ecclesiale, civile, professionale, di gruppo...)?
    7. Sarà importante ritornarci su durante il giorno e/o durante la settimana per ricordare e fissare nella memoria; per vedere di attuare quanto si è capito per la vita; o per farne fonte di preghiera o di celebrazione nell'eucarestia o nella preghiera comunitaria.

    Il metodo della "lectio divina"

    Oggi va abbastanza di moda per gruppi di cristiani parlare di "lectio divina", una sorta di meditazione della parola di Dio in una situazione di preghiera di gruppo.
    Non sono un grande esperto. Per quello che pratico e so, mi pare che, anche qui, si hanno, grosso modo, gli stessi passaggi.
    1. Anzitutto l'invocazione allo Spirito Santo, perché illumini la mente e riscaldi il cuore (in termini tecnici si dice "epiclesi", cioè preghiera perché lo Spirito "discenda)".
    2. Segue la lettura del testo (quello liturgico, quello scelto o quello tratto da un libro della Bibbia, isolatamente o letto in maniera continuata): così com'è. Una lettura obbediente, che non tralascia nulla, che non applica subito, ma dà il primato all'accoglienza della parola di Dio che risuona e che ci giudica (è lei, non noi a giudicare). Leggere (per "audire", per far "rimbombare" agli orecchi, alla mente e al cuore) e rileggere! C'è chi trascrive e riscrive e chi prova a ridire per vedere cosa sfugge o casa si tralascia o cosa si accentua. C'è chi, più tecnicamente, vede le varianti che spesso i testi critici della Bibbia riportano a lato o in calce. Per questi alcuni pensano all'inizio ad una breve introduzione letteraria ed esegetica (cioè "tecnicamente" esplicativa).
    3. Il terzo passaggio o momento è La "meditazione" vera e propria. Per questo alcuni leggono la Scrittura con la Scrittura (in modo che il testo "cresca" con il testo) e/o vi aggiungono "commentari di Padri della Chiesa (sant'Agostino, sant'Ambrogio, san Gregorio,ecc...). Lo scopo è applicare il testo al "tutto del mistero" di Dio e della vita. Non si deve fare un compulsivo "esame di coscienza" o un estetizzante ripiegarsi su noi stessi o sulla nostra condotta, ma tendere a cogliere la "gloria del Signore" in Lui e in noi. E' una "immersione nel teologale", non un invischiamento moralistico. Solo così si camminerà nelle vie del Signore (o, come dice Michea, si camminerà umilmente con Dio, praticando la giustizia e amando la pietà).
    4. Il quarto momento è quello della preghiera (tecnicamente dell'"oratio"). A partire dalla Parola e dalla storia (Bart diceva che il cristiano doveva avere sempre in tasca la Bibbia e nell'altra il giornale) e accordandosi nel nome di Gesù Cristo, si cercherà di pregare ispirandosi al testo e lasciandosi ispirare da esso anche a riguardo di ciò che si vive. Così, piano piano, ci si abituerà a pregare come Gesù ha pregato, ma anche ad avere gli stessi sentimenti che furono in Gesù. Allora sarà una preghiera grande, che farà anche la mente e il cuore.
    5. Il quinto momento (ma come si vede le cose vanno spesso insieme) è quello della contemplazione. A partire dal mistero di cui si è stati messi a parte dalla "lectio", si cerca di vedere e vedersi nella grandezza del mistero di Dio. Con il tempo e con la pratica di tale modo di meditare la parola di Dio, si è aiutati ad andare verso lo spirito di sintesi (che vede le cose alla grande, nella loro essenzialità e profondità, oltre ogni contingenza e piccolezza), verso lo spirito di grandezza di cuore (quella che è detta la "macrotymia", cioè il cuore grande e generoso, come Dio lo è con noi), verso lo spirito che da dire grazie e vive rendendo grazie (detto per questo spirito "dossologico").
    6. Si conclude con una preghiera comune di ringraziamento e con la domanda o il gesto della benedizione di Dio, con cui, come sempre quando si scioglie un gruppo radunato nel nome di Gesù, si "va in pace".

    Conclusione

    Concludo, ribadendo che le tecniche (anche quelle della meditazione della parola di Dio) sono per noi e non noi per le tecniche; che bisogna cogliere il fine e l'essenziale e non perdersi nell'esercizio e nei particolari, ed anche con uno stile personale o di gruppo.
    Resta, comunque che, come San Girolamo dice, "l'ignoranza della Scrittura è l'ignoranza di Cristo".
    A loro volta, i domenicani,vale a dire i seguaci di san Domenico, hanno fatto loro il motto: "revelata contemplare; contemplata aliis tradere (contemplare le realtà rivelate; trasmettere [donare, consegnare] agli alti ciò che si è contemplato).
    Vale anche per noi, che per professione siamo "anelli di congiunzione" della trasmissione culturale intergenerazionale, e che intendiamo esserlo secondo un'ispirazione cristiana (anche e proprio come cittadini dell'Unione Europea nelle sue radici più profonde).
    Lo Spirito, "che è Signore e dà la vita" (come diciamo nel Credo) ci dia la gioia di "leggere" come parola di vita (e non lettera morta) la parola contenuta in quel libro che denominiamo Bibbia, perché narra la vita di Dio e nostra, che tutti i libri scritti vorrebbero narrare e trasmettere ai loro lettori.
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    Caterina63
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    00 03/09/2009 21:26

    DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
    AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

    Sala dei Papi
    Giovedì, 23 aprile 2009

     

    Signor Cardinale, Eccellenza,

    cari Membri della Pontificia Commissione Biblica,

    sono lieto di accogliervi ancora una volta al termine della vostra annuale Assemblea plenaria. Ringrazio il Signor Cardinale William Levada per il suo indirizzo di saluto e per la concisa esposizione del tema che è stato oggetto di attenta riflessione nel corso della vostra riunione. Vi siete nuovamente radunati per approfondire un argomento molto importante: l'ispirazione e la verità della Bibbia. Si tratta di un tema che riguarda non soltanto la teologia, ma la stessa Chiesa, poiché la vita e la missione della Chiesa si fondano necessariamente sulla Parola di Dio, la quale è anima della teologia e, insieme, ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana. Il tema che avete affrontato risponde, inoltre, a una preoccupazione che mi sta particolarmente a cuore, poiché l'interpretazione della Sacra Scrittura è di importanza capitale per la fede cristiana e per la vita della Chiesa.

    Come Ella ha già ricordato, Signor Presidente, nell'Enciclica Providentissimus Deus Papa Leone XIII offriva agli esegeti cattolici nuovi incoraggiamenti e nuove direttive in tema di ispirazione, verità ed ermeneutica biblica. Più tardi Pio XII nella sua Enciclica Divino afflante Spiritu raccoglieva e completava il precedente insegnamento, esortando gli esegeti cattolici a giungere a soluzioni in pieno accordo con la dottrina della Chiesa, tenendo debitamente conto dei positivi apporti dei nuovi metodi di interpretazione nel frattempo sviluppati. Il vivo impulso dato da questi due Pontefici agli studi biblici, come Lei ha anche detto, ha trovato piena conferma ed è stato ulteriormente sviluppato nel Concilio Vaticano II, cosicché tutta la Chiesa ne ha tratto e ne trae beneficio.

    In particolare, la Costituzione conciliare Dei Verbum illumina ancora oggi l'opera degli esegeti cattolici e invita i Pastori e i fedeli ad alimentarsi più assiduamente alla mensa della Parola di Dio. Il
    Concilio ricorda, al riguardo, innanzitutto che Dio è l'Autore della Sacra Scrittura: «Le cose divinamente rivelate che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa» (Dei Verbum, 11).

    Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, invisibile e trascendente Autore, si deve dichiarare, per conseguenza, che «i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere» (ibid., 11).

    Dalla corretta impostazione del concetto di divina ispirazione e verità della Sacra Scrittura derivano alcune norme che riguardano direttamente la sua interpretazione. La stessa Costituzione Dei Verbum, dopo aver affermato che Dio è l'autore della Bibbia, ci ricorda che nella Sacra Scrittura Dio parla all'uomo alla maniera umana. E questa sinergia divino-umana è molto importante: Dio parla realmente per gli uomini in modo umano. Per una retta interpretazione della Sacra Scrittura bisogna dunque ricercare con attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare tramite parole umane. «Le parole di Dio infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece simile agli uomini» (Dei Verbum, 13).

    Queste indicazioni, molto necessarie per una corretta interpretazione di carattere storico-letterario come prima dimensione di ogni esegesi, richiedono poi un collegamento con le premesse della dottrina sull'ispirazione e verità della Sacra Scrittura. Infatti, essendo la Scrittura ispirata, c'è un sommo principio di retta interpretazione senza il quale gli scritti sacri resterebbero lettera morta, solo del passato: la Sacra Scrittura deve «essere letta e interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta» (Dei Verbum, 12).  

    Al riguardo, il Concilio Vaticano II indica tre criteri sempre validi per una interpretazione della Sacra Scrittura conforme allo Spirito che l'ha ispirata. Anzitutto occorre prestare grande attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura: solo nella sua unità è Scrittura. Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la Sacra Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore (cfr Lc 24,25-27; Lc 24,44-46). In secondo luogo occorre leggere la Scrittura nel contesto della tradizione vivente di tutta la Chiesa. Secondo un detto di Origene, «Sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta» ossia «la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali». Infatti la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale (cfr Origene, Homiliae in Leviticum, 5,5). Come terzo criterio è necessario prestare attenzione all'analogia della fede, ossia alla coesione delle singole verità di fede tra di loro e con il piano complessivo della Rivelazione e la pienezza della divina economia in esso racchiusa.

    Il compito dei ricercatori che studiano con diversi metodi la Sacra Scrittura è quello di contribuire secondo i suddetti principi alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura. Lo studio scientifico dei testi sacri è importante, ma non è da solo sufficiente perché rispetterebbe solo la dimensione umana. Per rispettare la coerenza della fede della Chiesa l'esegeta cattolico deve essere attento a percepire la Parola di Dio in questi testi, all'interno della stessa fede della Chiesa. In mancanza di questo imprescindibile punto di riferimento la ricerca esegetica resterebbe incompleta, perdendo di vista la sua finalità principale, con il pericolo di essere ridotta ad una lettura puramente letteraria, nella quale il vero Autore – Dio – non appare più.

    Inoltre, l'interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa. Questa norma è decisiva per precisare il corretto e reciproco rapporto tra l'esegesi e il Magistero della Chiesa. L'esegeta cattolico non si sente soltanto membro della comunità scientifica, ma anche e soprattutto membro della comunità dei credenti di tutti i tempi. In realtà questi  testi non sono stati dati ai singoli ricercatori o alla comunità scientifica «per soddisfare la loro curiosità o per fornire loro degli argomenti di studio e di ricerca» (Divino afflante Spiritu, EB 566).

    I testi ispirati da Dio sono stati affidati in primo luogo alla comunità dei credenti, alla Chiesa di Cristo, per alimentare la vita di fede e guidare la vita di carità. Il rispetto di questa finalità condiziona la validità e l'efficacia dell'ermeneutica biblica. L'Enciclica Providentissimus Deus ha ricordato questa verità fondamentale e ha osservato che, lungi dall'ostacolare la ricerca biblica, il rispetto di questo dato ne favorisce l'autentico progresso. Direi, un’ermeneutica della fede corrisponde più alla realtà di questo testo che non una ermeneutica razionalista, che non conosce Dio.

    Essere fedeli alla Chiesa significa, infatti, collocarsi nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero, ha riconosciuto gli scritti canonici come parola rivolta da Dio al suo popolo e non ha mai cessato di meditarli e di scoprirne le inesauribili ricchezze. Il Concilio Vaticano II lo ha ribadito con grande chiarezza: «Tutto quello che concerne il modo di interpretare la Scrittura è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio» (Dei Verbum, 12). Come ci ricorda la summenzionata Costituzione dogmatica esiste una inscindibile unità tra Sacra Scrittura e Tradizione, poiché entrambe provengono da una stessa fonte: «La sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano, in un certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine.

    Infatti la Sacra Scrittura è parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo; invece la sacra Tradizione trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli, ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano.

    In questo modo la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono esser accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di riverenza» (Dei Verbum, 9). Come sappiamo, questa parola “pari pietatis affectu ac reverentia” è stata creata da San Basilio, è poi stata recepita nel Decreto di Graziano, da cui è entrata nel Concilio di Trento e poi nel Vaticano II. Essa esprime proprio questa inter-penetrazione tra Scrittura e Tradizione. Soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura di essere compresa come autentica Parola di Dio che si fa guida, norma e regola per la vita della Chiesa e la crescita spirituale dei credenti. Ciò, come ho già detto, non impedisce in nessun modo un’interpretazione seria, scientifica, ma apre inoltre l’accesso alle dimensioni ulteriori del Cristo, inaccessibili ad un’analisi solo letteraria, che rimane incapace di accogliere in sé il senso globale che nel corso dei secoli ha guidato la Tradizione dell'intero Popolo di Dio.

    Cari Membri della Pontificia Commissione Biblica, desidero concludere il mio intervento formulando a tutti voi i miei personali ringraziamenti e incoraggiamenti. Vi ringrazio cordialmente per l'impegnativo lavoro che compite al servizio della Parola di Dio e della Chiesa mediante la ricerca, l'insegnamen­to e la pubblicazione dei vostri studi. A ciò aggiungo i miei incoraggiamenti per il cammino che resta ancora da percorrere. In un mondo dove la ricerca scientifica assume una sempre maggiore importanza in numerosi campi è indispensabile che la scienza esegetica si situi a un livello adeguato.

    E' uno degli aspetti dell'inculturazione della fede che fa parte della missione della Chiesa, in sintonia con l'accoglienza del mistero dell'Incarnazione. Cari fratelli e sorelle, il Signore Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato e divino Maestro che ha aperto lo spirito dei suoi discepoli all'intelligenza delle Scritture (cfr Lc 24,45), vi guidi e vi sostenga nelle vostre riflessioni. La Vergine Maria, modello di docilità e di obbedienza alla Parola di Dio, vi insegni ad accogliere sempre meglio la ricchezza inesauribile della Sacra Scrittura, non soltanto attraverso la ricerca intellettuale, ma anche nella vostra vita di credenti, affinché il vostro lavoro e la vostra azione possano contribuire a fare sempre più risplendere davanti ai fedeli la luce della Sacra Scrittura. Nell’assicurarvi il sostegno della mia preghiera nella vostra fatica, vi imparto di cuore, quale pegno dei divini favori, l’Apostolica Benedizione.