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IL SUCCESSORE DI S. PIETRO

Il Papa è il Vicario di Cristo perché è il Successore di San Pietro quale Vescovo di Roma. San Pietro, infatti, è stato il primo Vicario di Gesù Cristo sulla terra.

Egli venne scelto personalmente da Gesù e posto a capo del Collegio apostolico. Venne a Roma, visse e fu martirizzato a Roma.

Primo tra gli Apostoli nel Collegio dei dodici, San Pietro ha avuto il primato di potere e di onore su tutto il popolo dei cre­denti, come Vicario di Cristo sulla terra: è questa la nostra fede nel Primato di San Pie­tro trasmesso ad ogni Successore di San Pietro, quale Vescovo di Roma.

Nei Vangeli, infatti, San Pietro è nomi­nato 94 volte, e la sua figura appare davve­ro singolare rispetto agli altri apostoli, per ricchezza di episodi e di segni particolari che contraddistinguono la sua presenza già negli anni trascorsi accanto a Gesù.



Gesù ha cura di San Pietro

Dai Vangeli risalta chiaro che Gesù stes­so tratta S. Pietro con riguardi particolari. Se è vero che S. Giovanni evangelista, l'aposto­lo vergine, era il «prediletto» di Gesù, è anche vero che S. Pietro era l'apostolo più importante verso il quale Gesù manifesta un interesse e un'attenzione singolari.

Così, al primo incontro con «Simone figlio di Giona», chiamato dal fratello Andrea (cf Gv 1,40-42), Gesù gli cambia il nome: questo fatto ha una grande importan­za se si considera che nella storia del popo­lo eletto gli unici casi di cambiamento del nome sono stati quello di Abramo (cf Gn 17,5) e di Giacobbe (cf Gn 32,29), e ambe­due ebbero un nome nuovo per svolgere una grande missione.

Anche per S. Pietro, quindi, il cambio del nome da parte di Gesù sta a significare l'affidamento di una missione eccezionale da compiere. E ciò appare subito, fin dal primo incontro fra Gesù e Simone, e non potè certo passare inosservato agli altri pri­mi discepoli di Gesù.

Inoltre, sappiamo che Gesù, lasciata Nazaret per dare inizio alla vita pubblica di predicazione, non avendo più una dimora sua dove riposare, sceglie la casa di S. Pie­tro a Cafarnao per soggiornare durante le peregrinazioni in Galilea (cf Mc 1,29). Lo stesso, per poter predicare alla folla accorsa sulla riva, Gesù sceglie la barca di S. Pietro (cf Le 5,1 ).

Ugualmente, ricordiamo e notiamo che Gesù fa camminare S. Pietro sulle acque (cf Mt 14,29), paga il tributo anche per lui con la moneta cavata dalla bocca del pesce (cf Mt 17,27), lo sceglie per primo, insieme a Giacomo e Giovanni, per assistere alla gua­rigione della figlia di Giairo (cf Mc 5,37), per salire sul Tabor ed essere presente alla Trasfigurazione (cf Mc 9,1-8), per andare a preparare la Pasqua nel Cenacolo (cf Le 22,8), pregare nella terribile notte del Get­semani (cf Mc 14, 33).

Se è vero che in diverse occasioni Gesù non risparmiò a S. Pietro aspri rimproveri (cf Mc 14,37; Mt 14,31; 16,23; 26,31.34; Le 22,61), è anche vero, però, che Gesù prega in modo particolare per S. Pietro (cf Lc 22, 32), lo mette a parte delle rivelazioni più intime (cf Mt 17,1 ss; 26,37), a lui per primo lava i piedi (cf Gv 13,6), a lui appare per primo alla Resurrezione (cf Lc 24,25.34; 1 Cor 15,5), e nel trasmettere un messaggio per la comunità, Gesù evidenzia la singola­rità di S. Pietro con le parole: «Dite ai miei discepoli e a Pietro» (Mc 16,7).



É il primo tra gli Apostoli

Nelle liste degli Apostoli riportate dagli Evangelisti, San Pietro occupa sempre il primo posto, invariabilmente, anche quando varia l'ordine degli altri Apostoli (cf Mt 10,2; Mc 3,16; Le 6,14; At 1,13).

Di fatto, poi, nel comportamento, si rileva chiaramente che gli altri apostoli sono consapevoli della preminenza di San Pietro e la accettano senza creare alcun problema.

Per questo l'evangelista San Marco parla di «Pietro e quelli che erano con lui» (Mc 1,36), esprimendo a chiare lettere la premi­nenza di San Pietro.

Si potrebbero anche ricordare, qui, quei gesti particolari di rispetto e di adesione docile a San Pietro, che leggiamo nel Van­gelo di San Giovanni: il primo, quando all'arrivo nella tomba dove era stato depo­sto Gesù, il giovane San Giovanni, pur arri­vato per primo, non entra subito nella tom­ba, ma aspetta l'arrivo di San Pietro e lascia entrare lui per primo (cf Gv 20,8); il secon­do, quando alla proposta di San Pietro di andare a pescare, gli apostoli acconsentono subito senza esitazione (cf Gv 21,3).

Il fatto molto più importante, però, è che di solito soltanto San Pietro interviene e prende la parola a nome degli altri quando si tratta di esprimere un parere o chiedere qualcosa, come appare dai numerosi passi evangelici (ad esempio, cf Mt 14,28; 16,16­22; 26,33; Mc 10,28; 14,29; Lc 9,20; 18,28; Gv 6,68; 13,4-10,36).

A che cosa era dovuta questa preminenza di San Pietro sugli altri apostoli? Non all'anzianità, perché non risulta chiaramente che S. Pietro fosse il più anziano di tutti; non alla chiamata prima degli altri, perché non fu il primo ad essere chiamato (cf Gv 1,35-42; Mc 1,16-20); non all'ambizione personale, perché ci sarebbe stata quasi certamente una reazione da parte degli apostoli, come ci fu per le pre­tese di Giacomo e Giovanni che ambivano ai primi posti nel Regno dei cieli (cf Mt 20,24).

L'unica spiegazione chiara e convin­cente, quindi, resta la volontà di Gesù che ha voluto San Pietro al primo posto tra gli apostoli con la missione di pastore e guida della sua Chiesa che già aveva il suo primo abbozzo nel gruppo dei dodici.



Gesù annuncia il Primato

S. Pietro ha ricevuto il Primato da Gesù, e l'ha ricevuto, si può dire, in tre tem­pi o in tre fasi diverse: all'inizio, con l'an­nuncio; nel corso della vita pubblica, con la promessa; alla fine, con il conferimento.

Ricordiamo qui, rapidamente, i testi e gli episodi dei tre tempi in cui San Pietro ha ricevuto da Gesù il Primato, partendo dal­l'annuncio dato da Gesù stesso nel primo incontro con lui.

Scrive S. Giovanni, che Andrea, cono­sciuto Gesù, andò a prendere il fratello Simone «e lo condusse da Gesù. Gesù, fis­sando lo sguardo su di lui, disse: `Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)» (Gv 1,42).

L'annuncio del Primato è legato diret­tamente a questo primo incontro di San Pie­tro con Gesù. Questo incontro, infatti, è sta­to veramente eccezionale per un elemento particolare che l'ha caratterizzato in modo tutto singolare. Si tratta, in realtà, del cam­bio del «nome», operato da Gesù: Simone di Gloria non si chiamerà più così, ma si chiamerà «Pietro», Cefa.

Se si tiene presente l'importanza annes­sa al nome proprio secondo la mentalità ebraica, si comprende bene l'eccezionalità della cosa, che in tutto l'antico Testamento ha riscontro solo in due personaggi di pri­missimo piano per la missione straordinaria affidata a loro per il popolo eletto: si tratta del Patriarca Abramo, il «nostro Padre nella fede» (dalla Liturgia romana), e del Patriar­ca Giacobbe con la sua discendenza (cf Gen 17,5; 32,29).

Appare chiaro, quindi, che già dal pri­mo incontro, Gesù, cambiando il nome a «Simone figlio di Giona» e chiamandolo Cefa, vuol presentare San Pietro quale figu­ra eccezionale, con una missione straordina­ria da compiere per il nuovo popolo dei redenti.

Questo è l'annuncio, appunto, del Pri­mato di San Pietro, e c'è da credere che que­sto fatto abbia subito colpito gli altri apo­stoli, ai quali non poteva sfuggire l'eccezio­nalità della cosa che rendeva San Pietro sin­golare rispetto a tutti gli altri discepoli chia­mati da Gesù.



Gesù promette il Primato

Durante la vita pubblica di Gesù, in un giorno di cammino, Gesù portò con sè gli apostoli nella regione di Cesarea di Filippo, e qui si rivolse a loro chiedendo espressa­mente: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qual­cuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché nè la carne nè il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non pre­varranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,13-19).

Due sono le domande di Gesù, una più generale, che vuole preparare la seconda domanda, più personale e impegnativa per gli apostoli, chiamati a manifestare pubbli­camente il loro animo e la loro fede in Lui, a tu per tu con Lui.

San Pietro risponde a nome di tutti: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16); e alla fede esplicita di S. Pietro nel­la divinità del «Figlio del Dio vivente», risponde la solenne promessa del Primato che Gesù fa a San Pietro in termini chiari e con linguaggio immaginoso tipicamente semitico: la carne e il sangue, la pietra e le fondazioni, le porte degli inferi e le chiavi del Regno, legare e sciogliere, terra e cieli: sono espressioni di colore semitico che ser­vono a rendere più viva l'idea del Primato di San Pietro posto a fondamento della Chiesa, a garanzia della sua stabilità. San Pietro verrà investito personalmente del potere supremo di governo e di giudizio espresso simbolicamente dalle metafore delle chiavi, del legare e dello sciogliere che avvengono tra terra e cielo.

A queste solenni parole di Gesù gli apostoli hanno dovuto ben comprendere la portata di quell'annuncio che Gesù aveva già dato del Primato proprio cambiando il nome di Simone in quello di Cefa, ossia Pietro. Ora, in questa solenne promessa del Primato, appare chiaro il significato del cambio del nome: San Pietro è la pietra di fondazione e di sostegno della Chiesa, con un potere di governo e di giudizio che verrà ratificato anche nel Regno dei cieli.



Gesù conferisce il Primato

S. Giovanni evangelista è il privilegia­to testimone oculare che riferisce nel suo Vangelo come avvenne il conferimento del Primato a San Pietro da parte di Gesù, dopo la Resurrezione. Egli non racconta per sen­tito dire, ma trasmette direttamente quel che ha visto con i suoi occhi e ha sentita con le sue orecchie, essendo presente di persona alla scena del conferimento del Primato a San Pietro.

«Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: `Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?'. Gli rispose: `Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene'. Gli dis­se: `Pasci i miei agnelli'. Gli disse di nuovo: `Simone di Giovanni, mi vuoi bene?'. Gli rispose: `Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene'. Gli disse: `Pasci le mie pecorelle'. Gli disse per la terza volta: `Simone di Giovanni, mi vuoi bene?'. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: `Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene'. Gli rispose Gesù: `Pasci le mie pecorelle'» (Gv 21, 15-17).

Per poco che si rifletta, è facile notare subito che nel conferimento del Primato a San Pietro, Gesù si serve di una metafora nuova, agile ed espressiva, quella del «Pastore» che governa e guida il suo gregge ai pascoli della vita, richiamandosi ai Profe­ti che avevano già presentato il Messia Sal­vatore come «Pastore» del popolo di Dio (cf Mi 4,6-7; Sof 3,19; Ger 23,3; Is 40,11; Ez 34,7-24; Zac 11,7-9).

Ma Gesù stesso, del resto, non si era forse presentato come il «buon pastore che dà la vita per le sue pecore?» (Gv 10,11). Questo riferimento è importante perché illu­mina bene il significato del termine «Vica­rio di Cristo». Se Gesù, infatti, «buon Pasto­re», affida a San Pietro il suo gregge, e costituisce San Pietro quale «Pastore» del gregge come Lui, ciò equivale a costituirlo suo diretto «Vicario» in terra, proprio quale «Pastore» con gli stessi poteri di governo e di giudizio, di giurisdizione e di ordine sul popolo dei redenti.

L'annuncio e la promessa del Primato trovano qui il loro compimento, e San Pie­tro, dopo l'Ascensione di Gesù, si trovò subito, di fatto, impegnato nell'esercizio del Primato, presiedendo all'elezione del nuovo apostolo in sostituzione di Giuda Iscariote (cf At 1,15-26) e dando inizio alla predica­zione subito dopo la Pentecoste (cf At 2,14).

Sappiamo, inoltre, che San Pietro ebbe il dono dei miracoli, e operò il primo mira­colo proprio alle porte del Tempio di Geru­salemme (cf At 3,6), e molti altri miracoli avvenivano anche al solo suo passaggio, o addirittura bastava la semplice ombra di San Pietro ad operare prodigi di guarigioni (cf At 5,15).

Quando il Sinedrio si scagliò contro i cristiani, fu San Pietro a rispondere al Sine­drio (cf At 4,8), e in seguito proprio lui ven­ne arrestato da Erode quale capo del movi­mento religioso (cf At 12,3). Quale giudice della comunità, inoltre, egli punì Anania e Saffira per la loro grave trasgressione (cf At 5, 1-11). Quale primo Pastore, del resto, egli visitava le nuove chiese fondate dagli apo­stoli; a lui si recò a far visita San Paolo pri­ma di iniziare la predicazione a cui era stato chiamato e preparato da Gesù stesso (cf Gal 1,18). E così via, fino al Concilio di Gerusa­ lemme, che fu il primo Concilio della Chie­sa e che San Pietro presiedette, manifestan­do in tutto il suo valore la realtà e consisten­za del Primato ricevuto da Gesù Cristo.



Perennità del Primato

Il Primato di San Pietro è una missione di guida e di assistenza, di unità e di peren­nità della Chiesa, che è stata così voluta da Gesù quale novella realtà organica e gerar­chica, a carattere monarchico. Il Primato pontificio ha quindi una funzione sociale costante per tre motivi soprattutto:

1) per la crescita omogenea del corpo, di cui San Pietro è il Capo quale «Vicario di Cristo Capo»;

2) per la stabilità della casa, di cui San Pietro è la «pietra» di fondazione che non verrà mai meno;

3) per il retto cammino del popolo di Dio, di cui San Pietro è il Pastore e guida con il compito di impedire lo sbandamento e la dispersione delle «pecore senza pasto­re» (Mc 6,34).

Non è difficile capire, ora, che senza il Primato di San Pietro la Chiesa si sarebbe presto dissolta nella sua organicità, così come qualsiasi organismo che venga priva­to del capo; sarebbe crollata al primo urto di persecuzioni e lotte, così come una casa crolla al primo urto, se è priva del fonda­mento che la rende stabile; si sarebbe dispersa nella confusione, così come si disperde un gregge senza pastore.

Orbene, se Gesù ha promesso la stabi­lità, la perennità e l'indefettibilità della sua Chiesa edificata sul fondamento del Prima­to di San Pietro («le porte degli inferi non prevarranno»: Mt 16,18), e d'altra parte non ha dato a San Pietro l'immortalità per­sonale, predicendogli anzi la morte e il genere di morte (cf Gv 21,18), ciò significa con chiarezza che il Primato di San Pietro deve continuare nei suoi successori, i Vescovi di Roma, nei quali «fino a oggi, e sempre, vive e giudica», come dissero appunto i legati papali inviati al Concilio di Efeso.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, infatti, insegna che il Papa è «Vescovo di Roma e Successore di San Pietro» (n. 882); e uno dei grandi storici della Chiesa, il Pastore, ha così sintetizzato la perennità del Primato di San Pietro, scrivendo che «per quanto siano differenti le persone dei Papi, è sempre lo stesso Pietro che noi veneria­mo». Ma già San Leone Magno, ai suoi tempi, aveva scritto con frase scultorea: «Pietro è presente e vive nei suoi successo­ri». E S. Roberto Bellarmino così sintetizza storia e teologia del primato romano: «Il Papa è il successore di S. Pietro, perché S. Pietro eresse l'episcopato di Roma in pri­mato su tutta la Chiesa; e, poiché morì vescovo di Roma, chiunque viene eletto vescovo di Roma, con ciò stesso viene elet­to nel primato di Pietro su tutta la Chiesa (De Rom. Pont.; lib. II, c. I).



Non c'è Chiesa senza il Papa

Senza il Primato di San Pietro che uni­fica e rinsalda la compagine, dove troverà mai la Chiesa la sua compattezza e stabilità, la sua organicità e unità? Senza la presenza e l'azione direttiva del Capo, tutto il corpo della Chiesa cade nel disordine e nel caos, prima o poi.

Nella vita di Napoleone Buonaparte si possono leggere episodi ben tristi, ma istrut­tivi, su questo punto in modo speciale. Si possono leggere, ad esempio, tutti gli oltraggi a cui egli sottopose i Sommi Ponte­fici Pio VI e Pio VII; e in particolare leg­giamo che quando tenne prigioniero il Papa Pio VII, volendo un giorno Napoleone risol­vere alcune questioni riguardanti la Chiesa, decise di radunare egli stesso a Parigi i Vescovi della Francia, e voleva imporre loro di deliberare sulle questioni proposte.

La risposta dei Vescovi fu il silenzio assoluto, nonostante le pressioni imperiose dell'imperatore che arrivò anche alle minacce contro i Vescovi, se non avessero deliberato. Il più anziano dei Vescovi allora prese la parola e disse con voce sofferta, ma ferma: «Sire, aspettiamo il Papa. La Chiesa senza il Papa non è la Chiesa». È proprio così, infatti. S. Ambrogio aveva già detto in sintesi scultorea: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia: Dov'è Pietro, ivi è la Chiesa».

Ancora, si legge che in un'altra occa­sione, Napoleone fece chiamare l'Arcive­scovo di Tours, suo parente, e andandogli incontro gli chiese a bruciapelo: «Cugino, non è forse vero che la Chiesa può fare a meno del Papa?».

«Sì, Maestà - rispose l'Arcivescovo con perfetta presenza di spirito - può fare a meno del Papa così come l'esercito può fare a meno di Napoleone».



Ragioni della perennità del Primato

S. Tommaso d'Aquino, il Dottore uni­versale, così ha riassunto le ragioni e i moti­vi della perennità del Primato di San Pietro per il governo della Chiesa, Maestra delle genti:

«Dal momento che il Signore Gesù sta­va per lasciare corporalmente la Chiesa, - scrive il Santo Dottore - fu necessario che affidasse ad un altro la cura della Chiesa intera. Per questo, prima dell'Ascensione, così disse a Pietro: Pasci i miei agnelli... le mie pecore... Non si può dire, però, che, conferita a Pietro questa dignità, essa non si trasmetta da lui ad altri. È chiaro, infatti, che Cristo fondò la Chiesa in modo che per­durasse fino agli ultimi tempi. Appare manifesto, quindi, che Egli costituì i suoi ministri con un potere da trasmettere ai posteri per l'utilità della Chiesa, fino alla fine dei tempi» (Contra Gentiles, IV 76).

E il Concilio Ecumenico Vaticano II ha confermato a chiare lettere questa trasmis­sione del Primato di San Pietro ai vescovi di Roma suoi Successori, affermando che «il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema, universale, che può sempre eserci­tare liberamente» (LG 22).