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Capitolo 6

27. Voi, dunque, o Novaziani, li mettete al bando? Ciò che altro significa se non togliere loro la speranza del perdono? Il Samaritano non abbandonò chi era stato lasciato mezzo morto dai predoni. Curò le sue ferite con l’olio e con il vino. Prima, però, vi versò solo l’olio come lenimento. Caricò il ferito sopra il suo giumento, trasportando su di esso tutti i suoi peccati. Né il pastore abbandonò la pecorella smarrita.
28. Voi, invece, esclamate: “Non mi toccare”. A titolo di giustificazione, dite: “Non è il nostro prossimo” con superbia maggiore di quella del dottore della legge che voleva mettere alla prova Cristo. Infatti, domandò: “Chi è il mio prossimo?”. Rivolge una domanda. Voi, invece, rifiutate di prestare le cure a chi avreste dovuto. Ve ne siete allontanati alla maniera del sacerdote e siete passati oltre noncuranti come il levita. Né date ospitalità nella locanda a colui per il quale Cristo pagò due denari e di cui ti ordina di diventare il prossimo, per potergli più agevolmente usare misericordia. Il tuo prossimo non è chi è stretto a te dai vincoli di identica natura, bensì chi è unito a te da legami di pietà. Tu ostenti, però, di non conoscerlo, innalzandoti “gonfio di vano orgoglio nella mente carnale, senza essere stretto, invece, al capo”. Se ti tenessi stretto al capo, comprenderesti che non devi abbandonare uno “per il quale Cristo è morto”. Ti accorgeresti, ancora, che tutto il corpo, col tenerlo strettamente unito e non con lo smembrarlo, progredisce nella conoscenza di Dio, in virtù del vincolo della carità e mediante il riscatto del peccatore.
29. Quando depauperate la penitenza di ogni frutto, voi non dite altro che questo: Nessuno che sia stato ferito entri nella nostra locanda. Nessuno sia sanato nel grembo della Chiesa. Presso di noi non si prestano cure agli ammalati. Siamo sani, per noi il medico è superfluo. Infatti, Cristo in persona ha detto: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”.