00 05/09/2009 16:41

5. - L'errore:

a)  “Gesù non poteva né voleva dire che il pane diventasse suo corpo perché il corpo di Gesù supera di molto, le dimensioni della pagnotta del pane, che egli aveva nelle mani”.

La verità:

a) Gesù non disse che avrebbe dato in cibo il suo Corpo con le dimensioni naturali di un uomo adulto o di un bambino. La parola “corpo” non indica le dimensioni, ma la “persona”; e non sono le dimensioni che costituiscono la persona. L'uomo è persona, qualunque siano le sue dimensioni anche se minime come quelle di un neo-concepito. La formula “Questo è  il  mio  Corpo” equivale a: “Questo sono io”. Gesù voleva dire: “Con questo pane consacrato io do me stesso”.

b) Qualche immagine ci aiuta a capire. Il pane che noi mangiamo è sempre pane sia che ne prendiamo un boccone sia che ne consumiamo un intero filone. L'oro è sempre oro, qualunque siano le sue dimensioni. E' vero che nel caso dell'oro la quantità accresce il valore. Ma l'essere oro rimane identico, malgrado la quantità. E così pure nel caso del pane.

Nell'Eucaristia il valore salvifico - la nostra comunione col Corpo e col Sangue di Cristo (cf. 1 Corinzi 10,16) - non dipende dalla quantità del pane e del vino. Cristo dà tutto se stesso qualunque siano le dimensioni del pane e del vino.

 

6. - L'errore:

In Matteo 26,29 Gesù dice: “D'ora innanzi non berrò più di questo succo della vite, fino a quel giorno in cui lo berrò con voi, nuovo, nel regno del Padre mio”. Queste parole indicano che Gesù  si  riferì al  contenuto  del  calice  come a “questo succo della vite”, e ciò dopo aver detto “questo è il mio sangue”.

La verità:

a) Bisogna sapere o ricordare che nella Cena pasquale celebrata da Gesù secondo il rituale giudaico erano serviti quattro bicchieri o calici di vino. Gli evangelisti ne ricordano solo uno, - il secondo con precisione - sul quale Gesù disse le parole: “Questo è il mio sangue”. Di tutta la celebrazione pasquale gli evangelisti non dicono altro.

b) Descritto o ricordato solo quel gesto di Gesù, cioè la consacrazione del secondo calice, gli evangelisti ricordano qualche altra espressione di Gesù. Questa espressione, estranea alla Cena, sono appunto le parole ricordate in Matteo 26,29: “Non berrò ecc.”.

Queste parole non si riferiscono al vino del secondo calice consacrato, ma sono un riferimento a tutta la Cena. Finita la Cena, Gesù, mentre forse era fuori la sala, dice: “Non berrò ecc.”, cioè non celebrerò più con voi questo tipo di banchetto pasquale; infatti celebreremo insieme la nuova Pasqua, ossia staremo insieme nella gioia del Regno di Dio. La Cena pasquale, e in generale il banchetto, è un simbolo della gioia del paradiso o Regno di Dio (cf. Matteo 8,11; Luca 13,29; 22,30).

Anziché dire: Non celebrerò più questo tipo di Pasqua, Gesù dice: Non berrò più di questo succo della vite. il vino infatti era un elemento o componente essenziale della Cena.

c) A conferma di quanto detto finora sta il fatto che Luca ricorda questo particolare prima della Cena, cioè senza riferimento al vino del calice consacrato: “Venuta l'ora, Gesù si mise a tavola con gli apostoli e disse loro: Ho ardentemente desiderato di mangiare questa pasqua con voi, prima del mio patire. Vi dico infatti, che non la mangerò più finché essa non sì compia nel Regno di Dio” (Luca 22,14-15).

Luca non parla di succo della vite, ma di banchetto pasquale, e colloca le parole di Gesù prima della consacrazione del vino. Quindi le parole di Gesù: “non berrò ecc.” oppure “Non mangerò questa pasqua ecc.”, non si riferiscono al vino del calice consacrato, ma a tutto il festino pasquale, simbolo e prefigurazione del festino eterno, cioè del paradiso.

La Messa come sacrificio

1. - L'errore:

“Gesù offrì il sacrifìcio di se stesso una volta, non c'è mai bisogno che lo 'rinnovi' - Ebrei 9.24-28; 7:25; 27; 10-'11,12,14-18”.

La verità:

a) Nei testi citati dalla Lettera agli Ebrei l'autore sacro non fa nessun riferimento alla Santa Cena né per affermare né per negare il suo valore sacrificale. Non era sua intenzione parlare di queste cose. Egli concentra il suo argomento sul sacrifìcio della Croce per contrapporlo ai sacrifìci cruenti ,degli Israeliti dell'Antico Patto. Sarebbe perciò un abuso della Parola di Dio voler dedurre che nei testi citati vi sia una formale negazione della natura sacrificale della Santa Cena.

b) Nella Santa Messa non è rinnovato il Sacrificio della Croce nel senso che si offre a Dio un nuovo sacrificio. Cristo si è offerto sulla Croce una volta per tutte (cf. Ebrei 9,7-8) Egli tuttavia ha trovato il modo di essere sempre in mezzo a noi come sacerdote e vittima nel pane e vino consacrati, applicando gli effetti salvifici dell'unico sacrificio della Croce. (Cf. supra pp. 5-7 e 13-15).

 

2. - L'errore:

“Chi ne 'rinnova' di continuo il sacrificio non lo considera di valore maggiore dei sacrifici animali che si facevano sotto la Legge. - Ebrei 10,1-4”.

La verità:

a) La Santa Messa non 'rinnova' il sacrificio cruento del Calvario in senso numerico o quantitativo. Essa è lo stesso unico Sacrificio del Calvario “ricordato” (cf. i Corinzi 11,26) in una forma effettiva mediante la presenza del Signore nel pane e nel vino consacrati. La S. Messa in tanto ha valore in quanto è connessa col sacrificio della Croce: ad esso non aggiunge nulla, ma ne applica il valore saivifico attraverso il tempo.

b) Al contrario, i sacrifici che si facevano sotto la Legge erano indipendenti l'uno dall'altro: il valore salvifìco di uno era limitato e separato dal valore salvifico dell'altro o degli altri. L'autore della Lettera agli Ebrei puntualizza il contrasto tra i sacrifici antichi e quello unico e irripetibile di Cristo, non già tra il Sacrificio della Croce e la S. Messa.

 

3. - L'errore:

“Cristo è in cielo, non è portato quotidianamente nel sacrificio della messa. - Efesini 1:20,21; Ebrei 9:24”.

La verità:

a) Certamente Cristo è in cielo col suo corpo glorioso. Ma essere in cielo non vuol dire essere nella stratosfera, sulle nostre teste, come grossolanamente insinuano i tdG. Essere in cielo non va preso in senso spaziale, ma indica un modo di essere, e vuol dire che Cristo appartiene all'ambito del divino in contrapposizione alla “terra” come ambito del puramente umano.

b) Malgrado questa sua condizione o modo di essere invisibile egli ci ha assicurato di voler essere presente nel pane e nel vino consacrati con una presenza che ricorda in modo effettivo la sua azione salvifica mediante il sacrificio della Croce. Certo, è una presenza misteriosa, che non va accertata o misurata con un ragionamento meramente umano. “E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (Giovanni 6,63). Noi crediamo alla parola di vita del Figlio di Dio come hanno creduto i primi discepoli (cf. Giovanni 6,67-70), tra i quali c'era tuttavia Giuda. Nulla è impossibile a Dio! (cf. Luca 1,37).

 

4. - L'errore:

“Gesù disse: " Continuate a fare questo in ricordo di me , non in sacrificio. - Luca 22: 19”.

La verità:

Il punto è sapere che tipo di commemorazione o ricordo intendeva Cristo. Vi sono infatti vari tipi di commemorazione o ricordo. Si può commemorare una persona con un discorso in suo onore o con una lapide o con un monumento o anche con una visita al cimitero o al luogo del suo martirio ecc.

Gesù ha voluto e l'ha detto espressamente che il ricordo di Lui fosse fatto mediante un'azione, un gesto, un rito, ossia mediante la consumazione in un pasto comunitario, di natura prettamente religiosa, del pane-Corpo e del vino-Sangue.

San Paolo in questo tipo di commemorazione. vedeva il sacrificio proprio   dei cristiani, la comunione al Corpo e al Sangue del Signore, in contrasto coi sacrifici dei pagani e somigliante a quelli degli Israeliti (cf. 1 Corinzi 10,17-21).

 

5. - L'errore:

“Il sacrificio incruento non potrebbe rimettere i peccati. - Ebrei 9,11,12,22; Levitico 17:11”.

La verità:

Cristo ha rimesso i peccati mediante il sacrificio cruento della Croce. La S. Messa in tanto ha valore sacrificale, e quindi di rimettere i peccati, in quanto è connessa col sacrificio cruento della Croce. Nel pane e vino consacrati Cristo è presente come Sacerdote e Vittima, avendo egli trovato il modo misterioso di perpetuare l'azione salvifica del Calvario fino alla sua seconda venuta.

 

6. - L'errore:

“Gesù disse: "il mio sangue sarà sparso", non che fosse stato sparso.  Matteo 26:27,28; Luca 22:20”.

La verità:

a) Del pane-Corpo Gesù ha detto: “Questo è il mio corpo, che è dato (greco didòmenon), participio passato (Luca 22,19,). In 1 Corinzi è detto: “Questo è il mio corpo per voi, oppure, che è per voi (1 Corinzi 11,24). L'una e l'altra formula non indica un tempo meramente futuro, ma presente o appena passato. Parimenti in 1 Corinzi 11,25 san Paolo ricorda le parole del Signore nel modo seguente: “,Questo calice è la nuova Alleanza nel mio sangue”. Non si tratta di un'azione e realtà futura, ma presente o appena passata. Gesù iniziava allora la Nuova Alleanza'

b) Alla luce di queste chiare espressioni anche le formule parallele riguardanti il sangue in Matteo 2,6,27 e Luca 22,20 devono avere lo stesso significato, devono cioè indicare un'azione non meramente futura, ma presente o appena. passata, che si compie cioè mentre Gesù pronunzia quelle parole. Molti traduttori rendono Matteo 26,27 con “versato per molti” e Luca 22,20 “versato per voi”.

La Santa Messa: quante volte?

1. - L'errore: “E' ragionevolmente una celebrazione annuale, come lo fu la Pasqua, che si osservava a ricordo della liberazione recata da Geova a Israele.  Esodo 12:14,18; Levitico 23:4,5”.

La verità:

a) Ragionevolmente qui vuol dire: “secondo il ragionamento settario dei tdG”, non secondo il chiaro insegnamento biblico. Ma contro il ragionamento geovista vi è la inequivocabile affermazione dell'Apostolo che raccomanda ai fedeli di Corinto di celebrare dignitosamente la Cena del Signore “quando vi radunate insieme” (1 Corinzi 11,20). L'espressione originale greca significa sempre che vi radunate.

Ora è certo che i cristiani al tempo di san Paolo e in ogni tempo non si radunavano insieme una volta all'anno, ma assai spesso, specialmente nel giorno del Signore”, ossia la domenica (cf. 1 Corinzi 16,12; Atti 20,7; Apocalisse 1,10). Sempre in quelle riunioni celebravano la Santa Cena (,cf. Atti 20,7-9), quindi più volte all'anno.

b) Oltre alla Santa Cena, più volte all'anno, i cristiani fin dal tempo degli Apostoli celebravano anche la Pasqua una volta all'anno, nell'anniversario della risurrezione del Signore. E' l'antica Pasqua giudaica con un nuovo contenuto. I Giudei celebravano nella Pasqua la loro liberazione dalla schiavitù dei faraoni; i cristiani festeggiano nella Pasqua la loro liberazione dal peccato e dalla morte (cf. 1 Corinzi 5,7-8; Romani '5,25) in virtù della risurrezione del Signore.

Va notato infine che i tdG, mentre dicono che la Santa Cena deve essere celebrata una volta all'anno come la Pasqua, d'altra parte insegnano che la Pasqua è una festa pagana

 

2. - L'errore:

“Poiché l'antitipico Agnello Gesù Cristo morì il giorno di pasqua, il 14 Nisan, e poiché la notte dello stesso giorno egli istituì il pasto serale del Signore, il 14 Nisan di ciascun anno è il solo tempo scritturale per osservarlo”.

Là verità:

a) In nessuna parte della Bibbia è detto che la Santa Cena deve essere celebrata una sola volta all'anno il 14 Nisan. Gesù non assegnò alcun tempo per celebrare la Santa Cena. Egli disse soltanto: “Fate questo in memoria di me”. (Luca 22,19; 1 Corinzi 11,24). Da san Paolo poi sappiamo che i cristiani  celebravano la Santa Cena “sempre che si radunavano insieme” (1 Corinzi 11,20).

b) Lo stesso Apostolo celebrò la Santa Cena in una data che non era certamente il 14 Nisan (cf. Atti 2:9,5-12); e la Didachè c'informa che i primi cristiani celebravano la Santa Cena durante tutto l'anno, il giorno di domenica (cf. supra, pp. 26-30).

La comunione dei santi

1. - L'errore: Uno degli errori più nefasti dei tdG riguarda l'uso degli “emblemi del pane e del vino”, come essi dicono. A loro avviso, solo gli appartenenti alla classe dello “schiavo fedele e discreto”, ossia i santi o unti, che Geova ha destinato al comando per il tempo e l'eternità, possono cibarsi degli emblemi del pane e del vino. E' la comunione dei santi del “credo” geovista.

La verità:

a) La comunione dei santi non è la partecipazione agli emblemi del pane e del vino riservata arbitrariamente e arrogantemente ad alcuni privilegiati, ma la comunità di tutti i discepoli di Cristo, che formano un solo corpo (= comunità) senza sostanziali differenze tra loro. Questo insegna chiaramente san Paolo (cf. i Corinzi 12,12-27) e questo crede la Chiesa Cattolica. Tutti hanno il diritto di cibarsi del Corpo e del Sangue del Signore.

b)  In effetti,  san Paolo  paragona  la  Santa  Cena  ai sacrifici di comunione degli Israeliti: “Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare?” (1 Corinzi 10,18). Ora è assolutamente certo che gli israeliti partecipavano tutti con eguale diritto alla consumazione o comunione delle vittime, erano in comunione con l'altare (cf. 1 Corinzi 10,18). Perché i cristiani, che formano l'Israele di Dio (cf Galati 6,16) e che hanno il loro sacrificio nella Santa Cena, devono essere da meno dell'Israele secondo la carne?

c) Ma vi è molto di più. San Paolo insegna che l'effetto della Santa Cena consiste nel fare di tutti i credenti in Cristo un solo corpo, ossia una perfetta comunità: “Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo: tutti (greco pantes) partecipiamo all'unico pane” (1 Corinzi 10,17). E' assurdo pensare che Cristo abbia cambiato idea al tempo di Rutherford, nel 1935, creando nella sua comunità un deprecabile razzismo.  “Gesù, Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine” (Ebrei 13,-8-9).

d) Il pensiero di Paolo è in perfetta armonia con quello di Gesù, che nel discorso della promessa (cf. supra, pp. 23-24) era stato estremamente esplicito sulla necessità che tutti si cibassero della sua carne e del suo sangue: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Giovanni 6,53). Gesù non parla di una vita eterna in cielo per alcuni, e di una vita eterna sulla terra per altri. San Paolo dirà: “Una sola speranza alla quale siete stati chiamati” (Efesini 4,4).

 

2. - L'errore:

Insistono i geovisti: solo i santi possono ricevere gli emblemi del pane e del vino. Fanno male i cattolici che, benché pieni di difetti e di peccati, fanno la comunione con tanta frequenza.

La verità:

a) Abbiamo già spiegato come, secondo la Bibbia (cf. 1 Corinzi 12,12-27), comunione dei santi non vuol dire che solo alcuni privilegiati, che si autodefiniscono santi, possono ricevere gli emblemi del pane e del vino. Nella Bibbia sono chiamati santi “tutti i battezzati” (cf. 1 Corinzi 1,2; 2 Corinzi 1,1; Colossesi 1,2; Filippesi 4,21-22 ecc.) perché tutti sono stati purificati da Dio, mediante un unico battesimo dì acqua e di Spirito (cf. Giovanni 3,5; Efesini 5,,26-27; Tito 3,5).

b) Tuttavia la purificazione, conferita dal battesimo non significa perfezione. Rimane la debolezza della carne, ossia della natura umana ferita dal peccato di Adamo (cf. Romani 5,12; 7,14-25). San Paolo, benché battezzato (cf. Atti 9,13), diceva  di Se stesso: “Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi   sforzo di correre per conquistarlo...” (Filippesi 3,12).

c) In questa lotta contro il male e le debolezze il Signore Gesù ci ha provveduto la medicina adatta, il nutrimento che veramente ci fortifica dandoci come cibo il suo Corpo e come bevanda il suo Sangue: “Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita” (Giovanni 16,53).

 

3. - L'errore:

Le “altre pecore” non sono incluse nel “nuovo patto” stipulato con l'Israele spirituale né nel “patto (...) per un regno che Gesù fece con quelli scelti per partecipare con lui alla vita celeste, e quindi, appropriatamente, esse non prendono gli emblemi alla Commemorazione. - Luca 22,28-30”.

La verità:

a) Non vi è nella Bibbia nessuna affermazione che limiti il Nuovo Patto a una classe di privilegiati. Al contrario, Dio ha stipulato il Nuovo Patto con tutti i credenti in Cristo, come aveva stipulato l'Antico Patto con tutti gli Israeliti.

In effetti, nell'Antico Patto la circoncisione praticata su ogni bambino israelita otto giorni dopo la nascita (cf. Luca 1,59; 2,21) era il segno di appartenenza al popolo di quel Patto, all'Israele secondo la carne. Nel Nuovo Patto la circoncisione è stata sostituita dal battesimo (cf. Colossesi 2,11- 12), che aggrega: tutti coloro che lo ricevono alla comunità del Nuovo Patto, all'Israele di Dio (cf. Galati 6,16).

b) il patto dunque di cui parla Gesù (Cf - Luca 22,20; i Corinzi 11,23-25) non riguarda solo lo sparuto numero di 144.000 privilegiati. Gesù non distingue un regno celeste  da un regno di Dio sulla terra. Egli parla sempre di Regno, dell'unico Regno di Dio (o dei cieli), che promette a tutti coloro che perseverano con   lui: “Se con lui persevereremo, con lui anche regneremo” (2 Timoteo 2, 12). Vi sono stati e vi sono milioni di credenti in Cristo che hanno perseverato e perseverano con lui fino a essere “decapitati a causa della testimonianza di Gesù” (Apocalisse 20,4).

c) Va notato infine che le parole di Gesù: “Affinché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno” (Luca 22,29-30) non vanno riferite alla Santa Cena, come insinuano i tdG nella loro settaria spiegazione della Bibbia. Esse sono immagini abituali usate da Gesù e dai profeti per indicare la gioia e la pace, di cui godranno tutti i credenti in Cristo, nell'unico Regno di Dio, nella vita futura.


APPENDICE

Il Giorno del Signore

 

1. - Stando alle fonti bibliche, da noi analizzate precedentemente (cf. supra, pp. 26-30), la Santa Cena può essere celebrata in ogni giorno dell'anno. I veri cristiani, fin dai tempi apostolici, la celebravano, sempre che si riunivano (cf. 1 Corinzi 11,18), e le loro riunioni religiose non erano certamente tenute una sola volta all'anno, ma più volte anche durante la stessa settimana. L'autore degli Atti degli Apostoli ci informa che “Tutti coloro che erano diventati credenti (...) ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore” (Atti 2,44-46). Non pochi commentatori vedono qui un chiaro riferimento al rito eucaristico, che non veniva celebrato nel tempio, ma in qualche casa, e non era disgiunto da un vero pasto come risulta anche da 1 Corinzi 11, 20-34 .

Ma altre fonti bibliche ci fanno assistere a una progressiva, ma rapida evoluzione verso un giorno particolare della settimana, che non era il sabato, intorno al quale venne polarizzata l'attenzione e la vita stessa dei cristiani, soprattutto mediante la celebrazione della Santa Cena o Santa Messa.

 

2. - Una delle principali innovazioni introdotte dal Cristianesimo primitivo è la celebrazione della Domenica al posto del sabato. I cristiani dei tempi apostolici hanno abolito il sabato a favore della Domenica senza vedere in questo passaggio nessuna offesa contro il comandamento di Dio (cf. Esodo 20,8). L'hanno fatto certamente in forza d'una ispirazione dall'Alto, mediante la capacità che viene da Dio, “che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita” ( 2 Corinzi 3,5-6).

La ragione di fondo di questa innovazione è il fatto che la Risurrezione del Signore, evento-base della Nuova Alleanza, avvenne “all'alba del primo giorno della settimana, passato il sabato” (Matteo 28,1).

 

3. - E' vero: in nessun passo del Nuovo Testa- mento sta scritto che invece del sabato si debba festeggiare la Domenica. Ma vi sono non pochi testi biblici che inducono necessariamente a questa conclusione.

a) E' significativo il fatto che il primo giorno della settimana, ossia la domenica, era dedicato alle riunioni religiose e liturgiche. In tali riunioni si facevano collette per i bisogni della comunità (cf. 1 Corinzi 16,1-2). Ed è pure significativo la menzione che di tale giorno fa l'autore degli Atti, che scrive: “A Troade ci trattenemmo una settimana. Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro” (Atti 20,6-7). Perché la riunione non fu tenuta durante la settimana di permanenza di Paolo a Troade?

b) La denominazione di “Giorno del Signore” o semplicemente Domenica si incontra per la prima volta in Apocalisse 1,10. Giovanni ebbe la sua estasi “nel giorno del Signore”. “Rapito in estasi, nel Giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese” (Apocalisse

Commenta un biblista: “L'espressione giorno del Signore appare molte volte nell'Antico Testamento per designare un intervento particolare di Dio nella storia (...). Per i cristiani l'espressione giorno del Signore designa nello stesso tempo la commemorazione del trionfo pasquale e l’annunzio della parusìa che sarà la manifestazione piena e definitiva. Molto presto le comunità cristiane hanno celebrato cultualmente ogni domenica, questa commemorazione e questa attesa”.

c) L'antichità della Domenica come giorno festivo al posto del sabato è attestata anche dai più antichi scrittori cristiani. Nella Didachè o Dottrina degli Apostoli, che risale al principi del secondo secolo o alla fine del primo  è scritto: “Ogni domenica, giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro”. Nella Lettera di Barnaba, che va collocata attorno al 1301 viene anche dichiarato il motivo per cui i cristiani celebrano “con gioia” l'ottavo giorno, cioè il primo della nuova settimana, la Domenica: perché in questo giorno “Gesù è risorto da morte”

Attorno all'anno 107 il vescovo martire Ignazio di Antiochia testimonia che i cristiani “non osservano il sabato, ma impostano la loro vita in base alla domenica”. E intorno al 155 il filosofo e martire Giustino racconta:

“Nel giorno che prende il nome del sole tutti coloro che abitano nelle città e nei villaggi si radunano in un luogo per celebrare l'Eucarestia  Noi tutti insieme ci diamo appuntamento la Domenica perché è il primo giorno in cui Dio (...) ha creato il mondo, e ancora perché Gesù Cristo, nostro Redentore, in questo giorno è risorto da morte” .

 

4. - Né vale l'obiezione che fanno alcuni, dicendo che la Chiesa ha abolito il comandamento di Dio: “Ricordati di santificare il sabato” (Esodo 20,8).

In effetti, la Chiesa ha fatto ciò che il Signore ha detto di sé: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti. Sono venuto non per abolirli, ma per portarli a compimento” (Matteo 5,17). La Chiesa adempie, perfeziona e porta a compimento il comandamento del Signore, consacrando a Dio per buone ragioni non il settimo, ma il, primo giorno della settimana.

 Poiché il Signore è risorto nel primo giorno della settimana come glorioso vincitore del peccato e della morte, la Chiesa confessa ininterrottamente, festeggiando la Domenica, che Cristo ha realizzato una nuova creazione e ha istituito nel suo sangue una Nuova Alleanza, di cui l'Antica era solo ombra e  figura.

“Ecco io faccio nuove tutte le cose. Queste parole sono certe e veraci” (Apocalisse 21,5). “Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Corinzi 5,17).