00 06/09/2009 11:35

In un dialogo con un cattolico ad esempio loro non cominciano col dire che la mediazione tra santi (vivi) è possibile, ma partono subito col dire che l’unico mediatore è Gesù, portando alcuni versetti in cui viene detto questo. Se il loro interlocutore si convince allora si fermano qui, ma se per caso il loro interlocutore porta a sua volta altri esempi con i quali dimostra che: vero è che, Gesù è l’unico mediatore, ma anche gli uomini possono assumere tale funzione non vanificando per niente la figura unica di Gesù, perché tutte le mediazioni umane sono a Lui subordinate, allora passano alla fase due cioè cercano di far capire all’interlocutore che le mediazioni sono ammesse solo tra cristiani vivi, portando i versetti del ricco e Lazzaro (Lc 16,18) e di Isaia 8,19 nonostante i versetti da loro indicati non si riferiscano assolutamente all’intercessione dei santi, ma di questo ne parlo nel capitolo dedicato all’intercessione dei santi, pertanto rimando il lettore a tale capitolo. Qui voglio soltanto evidenziare che molti fratelli separati invece di dire subito che loro (e non la Bibbia) non ammettono l’intercessione tra morti e vivi, prima aspettano di vedere come risponde il loro interlocutore, poi, e solo poi, dicono la loro versione completa.

Mi è capitato di dialogare via e-mail con qualche fratello protestante, in particolare mi hanno colpito le risposte (e le accuse) che mi lanciava Renato (protestante pentecostale) egli insisteva col dire che noi cattolici siamo idolatri (anche se non usava questa precisa parola) perché “adoriamo i santi”, a suo dire anche molti preti cattolici adorano i santi, dato che io gli avevo risposto chiaramente che non adoro nessun santo ma solo Gesù Cristo e la Santissima Trinità, mi ha escluso dalle sue accuse, ma la maggior parte degli altri cattolici (secondo lui) adorano i santi.

Mi è sembrato di risentire le risposte che mi dava il pastore pentecostale quando frequentavo la sua comunità (pur rimanendo cattolico, sia chiaro), anche lui mi diceva che io ero un caso isolato e che la maggior parte degli altri cattolici sono idolatri, anche perché la dottrina cattolica (a suo dire) insegna l’idolatria.

Eppure ho chiesto a Renato di provare a fare un inchiesta porta a porta per vedere quanti cattolici gli rispondevano che “adorano” i santi, ma lui invece di rispondermi si svincolava proponendomi altre domande. In una sua lettera mi ha pure menzionato una epistola come segue testualmente: “riguardo alle mie citazioni, quella riguardante Giulio III e il concilio di Tolosa proviene dal libro "Roma Papale", Luigi Desanctis, Firenze 1882, pag. 464-472 (il documento originale di cui si parla, in latino, è conservato nella biblioteca imperiale di Parigi, foglio B. N. 1088,
vol. 2 pag. 641-650, intitolato "Avvisi sopra i mezzi più opportuni a sostenere la Chiesa romana").

Non è una contraffazione, quindi perché la ignori? E perché ignori i secoli di scandali, abominazioni e persecuzioni contro altri cristiani, ad opera di papi che, se fossero dottrinalmente infallibili, dovrebbero conoscere l'amore di Cristo e l'odio del Signore per chi si dà alle
impurità ed è causa di bestemmia del Suo santo nome?

In questa lettera si troverebbe scritto che era meglio per la Chiesa cattolica nascondere la Bibbia al popolo, così gli inganni cattolici potevano rimanere nascosti.

Io gli ho fatto notare che  appena 50 anni addietro in Italia l’analfabetismo era molto diffuso, se andiamo indietro con il tempo ci accorgiamo che effettivamente le persone che sapevano leggere erano pochine, se poi consideriamo il fatto che la Bibbia a quei tempi era scritta in latino e le persone che sapevano leggere il latino erano ancora meno ci accorgiamo che le calunnie che Renato (e molti altri protestanti) vorrebbe lanciare cadono da sole. Oltre a questo quella lettera è un falso scritto da un protestante (Pier Paolo Vergèrio il piccolo) amico di Lutero.

Naturalmente non sto qui ad elencarvi le tante altre accuse (contro la Chiesa cattolica) che mi ha scritto, ma dialogando con lui notavo che il suo modo di ragionare è simile a molti altri pentecostali, essi amano accusare, ma appena qualcuno si permette di rispondergli allora lo etichettano di superficialità, perché magari (questo qualcuno) menziona certi errori che hanno commesso i protestanti in passato, funziona così: loro menzionano anche i fatti storici ma appena gli si risponde con altrettanti fatti storici nei quali si evidenziano gli sbagli dei protestanti si viene accusati di superficialità e di poca spiritualità, in quanto invece di attenerci alla sola Bibbia si vanno a menzionare anche fatti storici, gli errori umani. Ma come? Molti protestanti si riempiono la bocca menzionando papi indegni, stragi, uccisioni ad opera della Chiesa cattolica e poi se gli si fa notare  ad esempio che anche Lutero e i suoi amici commisero (o approvarono) uccisioni e sbagli vari si offendono?

Per essere coerenti con quello che si afferma, è meglio non menzionare errori fatti da persone umane, perché è risaputo che gli uomini in quanto tali possono errare.

Anche gli apostoli sbagliarono!

Non è con gli elenchi di accuse reciproche che si arriva al dialogo chiarificatore mirato all’unione di tutti i cristiani.

 

L’ICONOCLASTIA

In passato (726-842 d.C.)  l’iconoclastia (parola proveniente dal greco e che significa “distruzione delle immagini” fu un’eresia che afflisse la Chiesa per circa 116 anni). Fu uno degli episodi causati dalla intromissione del potere civile nelle questioni ecclesiastiche. In quell’epoca , in Occidente, nei luoghi più vicini e meglio controllati da Roma, non vi furono abusi; ma tra i fedeli d’Oriente vi furono degli eccessi e si giunse anche al fanatismo nella venerazione e nel culto delle immagini sacre. Per reprimere gli abusi, l’imperatore Leone III l’isaurico, usurpando alla Chiesa il diritto di legiferare in merito, ordinò la distruzione di una immagine di Cristo, assai venerata.

Ciò costituì l’inizio di gravi lotte e discordie tra Papi e Imperatori. Finalmente, dopo oltre un secolo di avversioni e lotte, nell’842 l’imperatrice reggente Teodora ristabilì le immagini e permise la loro venerazione. Ci furono anche in Occidente, delle ripercussioni iconoclaste, che però finirono con i due Concili tenutisi a Costantinopoli, nell’859 e nell’870, che diedero l’ultimo colpo all’eresia. Questa rivisse dopo tra alcuni gruppi ereticali (Albigesi, Valdesi, Sussisti, ecc.), ma senza importanza ed in forma sporadica. Purtroppo, con l’avvento del Protestantesimo, nel sec. XVI l’eresia riprese vigore. Si sa che i movimenti non cattolici provengono, tutti, dalla rivoluzione luterana; essi rigettano il culto della immagini credendo di essere coerenti con la Bibbia, mentre è solo vero che Questa non ha mai proibito le immagini in sé e per sé. E’ bene sapere che tutti i movimenti di matrice protestante, sono immersi nello studio della Bibbia per trovarvi tutto ciò che possa opporsi alla Chiesa cattolica. Questo spirito di avversione, preda del pregiudizio, è una delle ragioni principali che fa cadere tanti fratelli nell’errore.

Abbiamo visto che Dio non ha proibito le immagini in senso assoluto, altrimenti si potrebbe pensare che i quadri normalmente appesi nella pareti delle case civili siano anch’essi vietati perché raffigurano uccelli, animali, pesci ecc., ma Dio proibisce l’idolatria non l’uso delle immagini, e idolatria significa “tradimento”, chi adora un scultura (o raffigurazione)  frutto di fantasia umana al posto dell’unico Dio è idolatra. Se io nella mia stanza tengo una immagine del mio (e nostro) Gesù sto forse tradendo Dio?

Jahve come abbiamo visto ha ordinato lui stesso a  Davide (e poi a Salomone) di raffigurare dei cherubini nel tempio, oltre a buoi, e animali vari, tutti rigorosamente realizzati in oro puro. Nessun uomo ha mai visto i cherubini perché esseri celesti, ma Dio ha ordinato che venissero raffigurati. Dio con quell’ordine ha forse spinto il suo popolo a diventare idolatra?

L’idolatria nasce dall’uomo non da Dio, è l’uomo che travisa i comandamenti di Dio, credendolo bugiardo o ignorandolo, costruendosi idoli materiali che Lo offendono.

Praticamente il tempio di Dio era pieno di cherubini, buoi ecc., nelle stoffe, nei muri, nelle sculture d’oro e nessuno dei costruttori e degli artisti veniva accusato di idolatria, nemmeno chi frequentava il tempio veniva tacciato di idolatria.

I fratelli Evangelici saprebbero dirci come mai, mentre al capitolo 20 dell’Esodo Dio proibisce le immagini, al capitolo 25 comanda i cherubini per l’Arca santa? Come spiegare due ordini apparentemente contraddittori di Dio nello stesso libro, a soli 5 capitoli di distanza?

Il capitolo 20 è un testo molto antico, di fattura “eloista” e risalente a circa nove secoli prima di Cristo; vi era allora molto pericolo di politeismo e idolatria per gli Ebrei. Il capitolo 25, invece, fu redatto dopo il ritorno dall’esilio babilonese e quindi quattro secoli più tardi del capitolo 20. Allora la mentalità giudaica era assai purificata per l’opera dei profeti e le sofferenze subite; infatti dopo di allora si avrà il rigido giudaismo, fedele (almeno esteriormente) alla Legge del Dio Unico.

Per cui non era più troppo pericoloso l’uso delle immagini e si ricorse perfino ai cherubini, che erano tra le divinità secondarie dei popoli circonvicini, ma gli ebrei ormai avevano capito che c’era (e c’è) un unico Dio, e che i cherubini erano dei servi di Dio, non dèi. Anche nell’antichissima sinagoga di Dura-Europos si trovano immagini di cherubini nei resti archeologici.

Se dunque già nel quinto secolo avanti Cristo non vi era più pericolo che il popolo ebraico adorasse le  statue e le immagini come divinità, vogliono i protestanti che si cada in questo grossolano errore nel nostro secolo ventunesimo? (cf, Cento Risposte).

Come anche è puerile addurre i versetti di Atti 10,25-26 e 14:18 perché è chiaro che i pagani consideravano gli apostoli come esseri sovraumani, anzi gli abitanti di Listra scambiano addirittura Barnaba per Giove e Paolo per Mercurio!

Ci accusano pure dicendo che la Chiesa cattolica non dovrebbe ricoprire d’oro le sue Chiese ma devolvere ai poveri il ricavato di tali tesori.

Allora Dio ha forse sbagliato ad ordinare che l’interno del tempio fosse rivestito d’oro?

L’oro simboleggia la ricchezza di Dio, la purezza di Dio, il Sio splendore, e faccio notare a molti fratelli separati che l’oro che riveste le pareti di alcune Chiese non se lo portano a casa i preti, ma rimane li, generazione dopo generazione, fino alla fine dei tempi.

Salomone che indubbiamente ricostruì il tempio molto tempo dopo Mosè, come mai rifece i cherubini d’oro?

Queste raffigurazioni ci aiutano a meglio ricordare, sono un ausilio per la nostra mente, anche gli stessi fratelli separati ricorrono all’ausilio delle immagini di santi senza rendersene conto.

Ad esempio quando guardano il film di S.Francesco d’Assisi, essi in realtà stanno vedendo immagini cinematografiche, cioè immagini in movimento, ma sempre immagini sono. Chi guarda la TV non sta leggendo un libro, sta vedendo immagini in movimento, e se quelle immagini stanno rappresentando santi o Gesù stesso, anche questa dovrebbe essere considerata idolatria.

Nella Antico Testamento, a partire da Mosè, troviamo un’organizzazione rigorosa che ha per centro l’Arca dell’Alleanza e il tabernacolo e viene esercitato dal sacerdozio che Mosè istituì e riformò.

Le feste costituivano tempi sacri dedicati in modo speciale al culto. Fanno parte del culto anche i voti o promesse a Dio.

Nella storia del Culto in Israele, hanno notevole importanza i profeti. La ripresa del culto dopo l’esilio oltre alla lotta contro le raffigurazioni (idoli) di Jahwè (2 Crn 11,15-16) e alla introduzione di nuove feste e sacrifici (1 Macc 4,59; Nee 13,31) porta a dare maggiore importanza alla preghiera (Esdra 9,6-7; Sir 51,1-12) alla lettura e meditazione comunitaria della Legge e dei Profeti (Nee 8,3; 9,3). Nel N.T. Gesù segue fedelmente sia il culto della sinagoga che quello del tempio, ma allo stesso tempo ne dimostra l’incompletezza e la provvisorietà. L’incompletezza del culto giudaico è dimostrata da Gesù col permeare gli antichi riti di Israele con il suo spirito di preghiera filiale

(Mt 23,16-23), con la purezza interiore del cuore (Mt 23,25 ss.; 5,8-23). Da parecchi testi come

Gv 4,23-24, si desume che il nuovo culto è lo stesso Cristo. Egli è la nuova realtà che fa irruzione nel mondo e modifica profondamente tutta la gamma dei rapporti con Dio: il sabato, il tempio, la stessa celebrazione della Pasqua nella quale introduce elementi assolutamente nuovi: il suo sacrificio, la sua presenza. Cristo è il nuovo punto di convergenza di tutto il culto.

 

INTERPRETARE CORRETTAMENTE

Il vero problema dunque nasce dall’errata interpretazione che i protestanti danno a molti versetti.

Si credono ispirati e si credono i soli veri cristiani, soprattutto i fratelli pentecostali, nelle loro molteplici denominazioni e nelle loro molteplici diversità dottrinali, ma alcuni di essi non sanno analizzare molti versetti nella loro profondità, non né sanno cogliere i significati più profondi, non conoscono i costumi ebrei e il loro modo di esprimersi e di intendere le cose e le parole, eppure si ergono a maestri biblici, in virtù della loro presunta ispirazione e guida divina.

Ad esempio in Rm 9,13 Dio dice: “Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù.”,

Chiedo ai fratelli pentecostali, Dio può odiare?

Se Dio non può odiare allora cosa significa “…e ho odiato Esaù?”

Se non si conosce il linguaggio ebraico, e il loro modo di usare certi termini, non si capirà mai correttamente la Bibbia, gli ebrei quando dicevano di “odiare” i loro nemici intendevano solo amare meno, amavano meno, non odiavano come oggi noi intendiamo nel nostro linguaggio moderno.

Questo piccolo esempio, vuole ancora ribadire come bisogna intercalarsi nei linguaggi antichi, nei costumi e nel modo di vivere antico, per poter capire correttamente la Bibbia, questo purtroppo moltissimi fratelli separati non lo fanno, e spesso si trovano a non saper dare le precise spiegazioni a molti versetti di significato molto profondo.

Un altro piccolo esempio servirà a far meglio capire come in realtà moltissimi di loro non saprebbero spiegare i seguenti versetti, ma si limiterebbero solo a leggerli superficialmente, non cogliendo il significato più profondo. Non conoscono ma credono di conoscere meglio di altri, quindi vivono serenamente convinti di conoscere bene.

“A considerare pure gli atti di Giacobbe non si troveranno vani, ma pieni di mistero, cominciando dalla sua nascita, in cui teneva il calcagno del fratello e fu chiamato Giacobbe, ossia soppiantatore (Gen 25,25): teneva, e non era tenuto, stringeva il piede e non era stretto, lottava e vinceva, aveva in mano il tallone dell’avversario, cioè la vittoria.

A questo modo nasceva il Signore, la cui nascita (Giacobbe) prefigurava, di cui Giovanni nell’Apocalisse dice: “Uscì il vincitore per vincere” (Ap 6,2). Poi raccolse la primogenitura rifiutata dal fratello (Gen 25,32); così il popolo più giovane (= i pagani) accolse Cristo come primogenito, mentre il popolo più anziano (= gli ebrei) lo respinse dicendo: “Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare” (Gv 19,15).

In Cristo è ogni benedizione; per questo il secondo acquistò in modo surrettizio la benedizione del primo dal Padre, come Giacobbe tolse la benedizione ad Esaù, per il qual motivo subiva insidie e persecuzioni dal fratello, come ora la Chiesa da parte dei Giudei.

In terra straniera nascevano le 12 tribù, i figli d’Israele, perché anche Cristo doveva cominciare la fermezza della Chiesa fondata sulle 12 colonne (= gli apostoli) fuori della sua patria.

Screziate erano le pecore che divenivano proprietà di Giacobbe e la mercede di Cristo sono gli uomini che da varie e differenti nazioni convengono in una sola armata di fede, come il Padre gli promise: “Chiedimi e ti darò in proprietà le nazioni e in tuo potere i confini della terra” (Sal 2,8).

E poiché Giacobbe era il profeta della moltitudine dei figli del Signore, era necessario che egli avesse figli da due sorelle, come Cristo li ebbe da due Leggi (antica e nuova) dello stesso e identico Padre; e altrettanto dalle schiave, significando che Cristo avrebbe fatto figli di Dio tanto i liberi che gli schiavi secondo la carne, dando a tutti lo stesso dono dello Spirito che vivifica. Giacobbe tutto faceva per la più giovane che aveva gli occhi belli, Rachele, figura della Chiesa per la quale Cristo soffrì. Allora egli, mediante i patriarchi e i profeti, prefigurava e preannunciava il futuro preparando la sua parte (= il popolo messianico) all’economia di Dio e assuefacendo la sua eredità ad obbedire a Dio e ad allontanarsi da questo secolo per seguire il suo Verbo e significare a loro volta le cose future. Poiché niente è vano o senza significato presso Dio.”

 

Dall’alto della loro conoscenza molti fratelli separati (divinamente guidati) avrebbero saputo spiegare questi versetti con una tale profondità?

S. Ireneo ci ha spiegato questi versetti, Dio ci ha creati intelligenti, ci ha dotati di capacità intellettive per poter ricercare e trovare la verità, non lasciandoci incatenare dagli uomini, che ci tengono ignoranti per meglio manovrarci, la sete di verità dovrebbe accendersi in qualsiasi cristiano, sentendosi mai appagato da quello che si conosce, la Parola di Dio è un pozzo infinito di sapienza, quindi non ci si deve mai sentire appagati nel conoscerla e nello studiarla.

Purtroppo però oggi, esistono moltissime persone (sia cattoliche che protestanti) che si accontentano di stare nell’ignoranza, ma in effetti molti di loro non si sentono ignoranti, ma paghi di quello che conoscono. Vedo molti cattolici ignorare la Parola di Dio, sconoscerla, vedo molti protestanti ergersi a maestri solo perché seguono studi biblici, ma appena si affonda il coltello nella profondità dei versetti, anche moltissimi fratelli separati non sanno più rispondere, e la loro maestria svanisce come neve al sole.

 

TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE

Ad Ercolano sepolta intorno all’anno 70 d.C. Nel 1939. scavando a Ercolano si è scoperta l’impronta chiarissima di una croce su un muro, nella parte riservata agli schiavi di una villa patrizia. Attorno alla croce, ancora i chiodi per sostenere lo sportello o la tenda che nascondevano il simbolo del culto cristiano, e ai piedi di questo crocifisso c’era un inginocchiatoio, questo è tutt’oggi visionabile presso gli scavi archeologici di tale città.

Nel 1968, a Cafarnao, città di Simon Pietro secondo i vangeli, sotto il pavimento di una chiesa dedicata all’apostolo sin dal V secolo (la più antica che si conoscesse in Palestina) si è trovata quella che gli archeologi hanno provato in modo indiscutibile essere appunto la casa di Pietro.  Si tratta di una povera abitazione, simile in tutto alle altre che la circondano tranne che in un particolare: le mura sono coperte di affreschi e graffiti (in greco, in siriano, in aramaico, in latino) con invocazione a Pietro per chiederne la protezione. E’ accertato che la casa fu trasformata in luogo sacro sin dal primo secolo: è quindi la più antica “chiesa” cristiana conosciuta. Testimonia che prima dell’anno 100 (prima ancora, cioè che la Tradizione si fissasse completamente in testi scritti definitivi) non solo già vigoreggiava il culto di Gesù ma giungeva a maturazione addirittura la “canonizzazione” dei suoi discepoli, già invocati come “santi” protettori”(cfr (Messori, Ipotesi su Gesù). La Tradizione dà ragione alla Chiesa cattolica.

Sempre a proposito di prove archeologiche mi chiedevo da dove spuntasse fuori “il pesce” simbolo dei cristiani evangelici pentecostali (e forse di quale altra confessione protestante); ebbene dopo aver fatto alcune ricerche ho trovato che il simbolo del pesce veniva usato dai primi cristiani, ed è stato ritrovato raffigurato nelle mura delle catacombe dove i cristiani si rifugiavano per sfuggire alle persecuzioni, sono stati trovati diversi disegni raffiguranti il pesce (ma non solo quelli), e le lettere che formano la parola latina ICTUS = pesce  - sono le iniziali delle parole: Iesus Cristu Teos Uio Soter  che in lingua italiana significa: Gesù Cristo Dio Figlio Salvatore; di tutto questo nella Bibbia non vi è traccia, eppure i pentecostali usano il simbolo del pesce, perché?

Come mai il simbolo del pesce secondo loro si può usare e il simbolo della croce no?

Eppure anche diversi disegni della croce sono stati trovati nelle catacombe, come pure diverse raffigurazioni di Gesù, Maria e altri santi, come mai i primi cristiani usavano già dipingere sui muri le figure dei santi e di Gesù?

I protestanti dicono di non adorare il simbolo del pesce, lasciando capire che invece noi cattolici adoriamo la croce, no fratelli, noi cattolici non adoriamo la croce, ma la rispettiamo, la onoriamo come simbolo della nostra cristianità, come simbolo e strumento della nostra salvezza, perché su di lei Gesù ci lavò dal peccato, ma è Gesù Cristo che adoriamo, non il pezzo di legno. Tuttavia il sangue che macchiò il legno della croce dove fu appeso Gesù, ebbe quello va adorato perché prezioso e facente parte di Gesù stesso.

Con l’esempio del pesce, voglio soltanto dimostrare che anche loro attingono dalla Tradizione, ad esempio anche quando citano alcuni padri della Chiesa come Giustino, Policarpo, Clemente, Agostino, Girolamo ecc., prendono qualche stralcio dei loro scritti, lo tolgono dal contesto  e gli fanno dire il contrario di quello che in realtà dicono.

In effetti sia il pesce che la croce sono simboli del cristianesimo, quindi chi li usa non può essere tacciato di idolatria. Resta il fatto che i fratelli che usano il simbolo del pesce, o citano i padri della Chiesa, hanno attinto dalla Tradizione cristiana, peccato che poi lo negano.

Si deve capire che il cattolico guarda e rispetta la croce perché è il simbolo della cristianità, sulla croce Gesù sconfisse la morte, e sulla croce portò i nostri peccati facendo di uno strumento di morte (come lo era stato fino ad allora) un simbolo di vita, di redenzione, di speranza per la resurrezione. Dove sta l’idolatria?

Nel Vecchio Testamento apprendiamo che nessuno aveva mai visto Dio, nemmeno Mosè, e nessuno degli ebrei osava pronunciare il nome di Dio, quando dovevano farlo usavano termini come l’Altissimo, l’Eterno, il Signore degli eserciti, il Signore dei cieli, il regno dei cieli, ecc., essi non pronunciavano mai il nome “Jahvèh”, addirittura essendo che il numero undici, in ebraico comincia con le lettere JA, quando dovevano pronunciare il numero 11 dicevano semplicemente 10+1.

Quindi se gli ebrei non osavano pronunciare il Nome di Dio come potevano costruirsi delle sculture raffiguranti Lui?

Ma quando il Verbo si fece carne tutti lo poterono vedere, Dio si è fatto vedere, si è manifestato agli uomini, è lecito quindi che l’uomo possa fare delle raffigurazioni in suo ricordo.

Signore, grande è la tua misericordia, infinito è il tuo amore, altrimenti avresti disintegrato il mondo con tutte le sue cattiverie.

Guidaci Signore, illuminaci con il bagliore della tua luce. Sperando di essere stato chiaro e di qualche utilità, al fine di conoscere la verità, vi ricordo di leggere pure il capitolo dedicato alla comunione dei santi che è complementare a questo.

 

INCARDONA SALVATORE

 

tratto dal sito www.cristianicattolici.net