00 06/09/2009 11:24

Come abbiamo visto la principale accusa che muovono molti fratelli protestanti verso la Chiesa cattolica, è quella della presunta idolatria (loro “presunta” non lo dicono, moltissimi mostrano solo certezza e spregiudicatezza nel giudicarci idolatri), insegnata dalla Chiesa di Roma ai propri fedeli.

Continueremo quindi ad approfondire l’argomento, di seguito vedremo se alla luce della Bibbia si può parlare di idolatria, o se si tratti di accuse ingiustificate da parte protestante. Innanzitutto non credo proprio che molti pentecostali abbiano chiaro in testa cosa significhi idolatria, ripetono questa parola pesante e altamente offensiva in modo automatico, arrivando a scolpire nelle loro menti l’equivalenza “cattolico=idolatra”.

Mi è capitato di incontrare fratelli pentecostali che criticano aspramente le tradizionali feste di Natale, Pasqua, S.Giuseppe, ecc., e in particolare i cibi che vengono preparati in quei periodi dell’anno, in Sicilia ad esempio vengono fatti i “buccellati” a Natale, “i pupi con l’uovo a Pasqua, e le “cassatelle” per la festa di S. Giuseppe. Poi c’è pure l’usanza di fare lo “sfincione” (una specie di pizza quadrata) per la vigilia della festa dell’immacolata che cade l’8 dicembre; ebbene secondo alcuni pentecostali questi cibi sarebbero immolati agli idoli, quindi da non mangiare assolutamente.

Ma la Bibbia ci dice veramente questo?

Innanzitutto bisogna stabilire quali siano questi idoli, perché Cristo, S.Giuseppe e Maria non mi sembrano affatto idoli, Giuseppe e Maria sono piuttosto dei campioni di fede da rispettare, e se guardiamo le loro azioni, le loro vite, ci spingono verso Cristo e non verso se stessi.

Poi bisogna pure considerare l’ignoranza di molti che si azzardano a puntare il dito senza conoscere per nulla la realtà. Il problema nasceva per i cristiani di Corinto perché nell’antico mondo mediterraneo la maggior parte delle carni macellate e offerte sul mercato era di provenienza sacrificale; sorgeva inoltre continuamente l’alternativa se accettare o no gli inviti di concittadini o parenti pagani a partecipare a conviti sacrificali che dovevano celebrarsi nelle adiacenze di un tempio. Come dovevano regolarsi i cristiani in simili casi?

Paolo nella sua prima lettera gli spiega che Gesù ha abolito ogni distinzione di alimenti, conoscono la vanità degli idoli hanno acquistato, grazie al vangelo, la scienza la vera gnòsis che li ha liberati dall’ignoranza religiosa in cui vivono i loro concittadini.

La netta distinzione quindi tra quello che facevano i pagani sacrificando cibi a idoli di pura invenzione umana, e i cristiani che non sacrificano affatto ad idoli, balza subito agli occhi di chiunque voglia realmente capire la verità. I cibi sacrificati agli idoli erano accompagnati da rituali sacrificali, appositamente studiati dai sacerdoti pagani, non si capisce a quale rituale si appellino alcuni fratelli pentecostali, in riferimento alle “cassatelle” fatte per la festa di s.Giuseppe, o allo sfincione fatto la vigilia dell’Immacolata. Costoro possono forse asserire di aver visto fare rituali sacrificali ai cattolici, nel tentativo di sacrificare le cassatelle a s.Giuseppe e lo sfincione alla Madonna? Direi seccamente di no, la ridicolaggine dei loro rifiuti a non mangiare né cassatelle né sfincione in quei giorni è palese.

Qualche esempio ci può aiutare a capire meglio il tipo di approccio mentale che molti pentecostali hanno nei confronti della dottrina cattolica e della stessa Bibbia.

 

Le accuse:

“Eccoci ad un’altra pratica della chiesa romana che è da riprovare perché menzogna: la venerazione dei corpi dei morti o di alcuni loro resti che essi dicono reliquie. Cominciamo col dire che non è vero che i corpi che essi dicono di venerare siano stati i corpi di uomini veramente santi perché come abbiamo visto per santo la Parola di Dio non intende un uomo che abbia esercitato ‘virtù eroiche’ per guadagnarsi per mezzo di esse il paradiso (perché un tale, secondo la Scrittura, è un peccatore), ma un uomo che ha creduto nel Signore ed é stato giustificato per grazia e santificato mediante lo Spirito Santo. Vi ricordo a tale proposito che Paolo quando scrisse ai santi di Corinto si rivolse a tutti loro come “ai santificati in Cristo Gesù”,[1] e che disse a tutti loro che avevano creduto: “Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?”.[2] Quindi è errato pensare che esista una categoria di perso­ne che dopo che sono morte si possono dichiarare santi perché hanno compiuto delle opere di carità a favore dei deboli al fine di guadagnarsi la vita eterna. Ma noi diciamo pure che quand’anche colui che é morto sia stato durante la sua vita un vero santo, cioè un credente in Cristo Gesù che è stato d’esempio ai credenti perché ha imitato Cristo Gesù, il suo corpo non deve essere affatto venerato come non deve essere affatto visitata periodicamente la sua tomba come se su di essa si potesse ottenere qualche grazia. Questo lo diciamo fondandoci sul fatto che i santi antichi quando morivano dei loro confratelli non cominciavano a venerare per nulla i loro corpi. -Quando morì Giovanni il Battista, (di cui la Scrittura dice che mentre era in vita Erode aveva soggezione “sapendolo uomo giusto e santo”,[3] e che era stato ripieno dello Spirito Santo sin dal seno di sua madre[4]) i suoi discepoli “andarono a prendere il suo corpo e lo deposero in un sepolcro”;[5] ma non é che i suoi discepo­li da allora cominciarono a venerarne il corpo decapitato andando al sepolcro a pregare.

-  Stefano era un uomo pieno di Spirito Santo che faceva gran segni e prodigi fra i Giudei, e quando morì lapidato dai Giudei avvenne che “degli uomini timorati seppellirono Stefano e fecero gran cordoglio di lui”.[6] Ecco che cosa é lecito fare per un morto; seppellirlo con onore e fare cordoglio per lui, ma niente di più.

Andare al sepolcro dove è seppellito un credente che visse santa­mente colla convinzione che toccando la sua tomba si possa otte­nere una grazia da Dio è solo superstizione, quindi un sentimento che non procede da Dio. Un credente ci può aiutare mentre è in vita facendoci del bene, pregando per noi ecc., ma una volta che egli muore non è più in grado di fare alcun ché di buono in nostro favore perché se ne va in cielo alla presenza del Signore: per questo è del tutto illu­sorio affidarsi a sue presunte intercessioni presso Dio o credere che egli può fare dei miracoli a pro dei viventi anche da morto. Noi dobbiamo venerare l’Iddio che ha dimorato nel corpo dei santi e non i loro corpi morti che hanno veduto la corruzione.”

 

 

“fino a che punto la venerazione dei santi può deviare un cattolico da Dio? Oppure, la venerazione dei santi, porta a Dio, o allontana da Lui?”

 

Aggiungo una domanda che sento rivolgermi spesso e che dice circa così:

“Avete mai visto voi nei primi secoli della Chiesa fare le Processioni?....”

 

La risposta a quest’ultima domanda è SI!!

Certo, io non le ho viste, dal momento che sono di questa generazione, ma gli scritti antichi ce lo provano!

 

Cominciamo da un carteggio avuto fra la Chiesa in Oriente ad Occidente, (se cliccate qui avrete tutta la documentazione Un viaggio nelle Catacombe..), che scrive sul martirio di

san Cipriano, dove leggiamo testualmente:

 

“.....E così Cipriano fu condotto nella campagna di Sesti, e qui si spogliò del mantello e del cappuccio, si inginocchiò a terra e si prostrò in orazione al Signore. Si tolse poi la dalmatica (una sopravveste) e la consegnò ai diaconi, restando con la sola veste di lino, e così rimase in attesa del carnefice. ..... Frattanto i fratelli stendevano davanti a lui pezzi di stoffa e fazzoletti

(per raccogliere il sangue come reliquie). Quindi il grande Cipriano con le sue stesse mani si bendò gli occhi, ma siccome non riusciva a legarsi le cocche del fazzoletto, intervennero ad aiutarlo il presbitero Giuliano e il suddiacono Giuliano.

Così il vescovo Cipriano subì il martirio e il suo corpo, a causa della curiosità dei pagani, fu deposto in un luogo vicino dove potesse essere sottratto allo sguardo indiscreto dei pagani. Di là, poi, durante la notte, fu portato via con fiaccole e torce accese e accompagnato fino al cimitero del procuratore Macrobio Candidiano che é nella via delle Capanne presso le piscine......”

 

Da questo tratto prendiamo alcuni spunti:

 

1.    E qui si spogliò del mantello e del cappuccio, era il mantello che contraddistingueva un consacrato da un laico.

2.    Si tolse poi la dalmatica (una sopravveste) e la consegnò ai diaconi.

la dalmatica era la sopravveste che contraddistingueva un VESCOVO.

3.    Frattanto i fratelli stendevano davanti a lui pezzi di stoffa e fazzoletti (per raccogliere il sangue come reliquie).

 

Non so quanto bisogno c'è di spiegare ancora, peccato che molti pentecostali non lo tengano in considerazione.

 

4.    poi, durante la notte, fu portato via con fiaccole e torce accese e accompagnato fino al cimitero.

 

Fiaccole e torce accese non certo perchè faceva semplicemente buio......poiché la frase continua con dire "ACCOMPAGNATO", domandiamoci chi?...il corpo morto di Cipriano....naturalmente.

 

E’ idolatria questa?

O piuttosto è rendere il giusto onore ad un campione di fede, che ha sacrificato la propria vita per testimoniare Cristo?

Ricordare dunque san Cipriano e il suo martirio non porta all’idolatria, bensì ci serve da eccellente esempio cristiano. Serve a fugare le nostre probabile scuse, addotte in casi simili. Se avremmo solo Cristo come riferimento, credo che di scuse per non assolvere i nostri compiti di cristiani, ne accamperemmo moltissime, dicendo “vabbè Cristo in terra fu un uomo perfetto, perché uomo Dio; io non essendo perfetto non posso arrivare a fare altrettanto, mi accontento di ciò che riesco a fare”.

Questo tipo di scusanti sarebbero all’ordine del giorno, per chiunque, ma Cristo da mirabile maestro quale E’ aveva previsto anche questo, ecco perché ci dona tanti mirabili esempi di santità, riscontrabili lungo i secoli, in persone normali, come noi, che con la loro fede e carità imitano Cristo. Per questo non abbiamo scusanti, altre persone normali, e non perfette, come noi, riescono con la preghiera, la fede, e la carità a brillare come gemme al sole.

Onorare dunque un santo, significa riconoscergli la sua fede, certamente superiore alla nostra, sapendo benissimo che quella fede è in Cristo, non in un dio qualsiasi.

 

Nelle catacombe leggiamo:

 

“Nella scena di sinistra il sacerdote stende le mani su un piccolo tavolo recante il pane eucaristico: chiara figurazione dell' atto consacratorio riservato ai ministri; all' altro lato del tavolo, un orante con le braccia alzate ci ricorda che, per andare in cielo, bisogna nutrirsi di quel pane consacrato (l'Eucaristia)

C'è uno scambio di preghiere tra le diverse parti della Chiesa!

 

Centinaia di pellegrini si raccomandano a Pietro e Paolo sepolti nella Memoria della Via Appia Antica (le Catacombe di S. Sebastiano), incidendo brevi preghiere sull' intonaco della triclia (ambiente per banchetti funerari, a cielo aperto): "Paolo e Pietro, pregate per Vittore - Pietro e Paolo, abbiate in mente Sozomeno"

 

Qui stiamo parlando delle Catacombe che come ben sappiamo ebbero vita tra la fine dell'anno 100 e il 200 d.C.,quindi Pietro e Paolo erano morti, i pentecostali come possono allora negare la realtà della venerazione e dell'intercessione dei Santi che era già una realtà vissuta nella Chiesa primitiva?

Questi cristiani, nostri padri nella fede, professavano la sana dottrina, appresa direttamente dagli apostoli, quindi avevano indubbiamente più chiari di noi gli insegnamenti biblici.

La comunione dei santi veniva ben intesa da costoro, purtroppo poi (molti secoli dopo) storpiata dalle interpretazioni protestanti. Ma mettendo in dubbio l’autenticità di tali incisioni, o celandone l’esistenza ai fedeli pentecostali, si evitano tante domande imbarazzanti.

Facendo notare questi importanti riscontri storici ad alcuni pentecostali, la loro risposta è stata: “a me non importa nulla di queste scritte catacombali, mi interessa solo la Bibbia.”

Se inquadriamo bene questo genere di risposte, notiamo come il pentecostale medio scorpori la Bibbia da ogni contesto storico, come se quest’ultima gli sarebbe scesa dal cielo, nella propria stanza, rendendo inutile conoscere come, chi e, quando, qualcuno scelse con estrema cura i Libri veramente Sacri e ispirati, condannando quelli apocrifi.

In questo modo fregandosene della storia cristiana, alla Bibbia si può far dire tutto e il contrario di tutto, ora adottando il sistema letteralistico, ora quello interpretativo. Il cristianesimo, unica religione che può provare con numerosi riscontri storici la veridicità dei fatti accaduti a Cristo e ai suoi seguaci, in mano pentecostale si riduce ad una fede in un Cristo scorporato, spodestato, dai fatti e dalla storia, per cui diventa solo un fatto di fede, la ragione non serve per essere cristiani.

Ma fede e ragione abbinate assieme sono state sempre le caratteristiche costitutive del cristianesimo. Il cristiano non è un illuso, che crede basandosi sulla fantasia di altri credenti più anziani, ma una persona che si rende conto che esistono reali riscontri storici sul Fondatore della Chiesa e sui suoi seguaci. Abbinando fede e ragione diveniamo cristiani! Per cui tutti i riscontri storici utili a dimostrare fatti realmente accaduti ai nostri antenati cristiani, sono importanti per il vero cristiano. Ogni bravo figlio si interessa della vita dei propri antenati, non può dire “io sono nato il……. e tutto il resto che è venuto prima non mi interessa”.

 



[1]1 Cor. 1:2

[2]1 Cor. 3:16

[3]Mar. 6:20

[4]Cfr. Luca 1:15

[5]Mar. 6:29

[6]Atti 8:2